murales 1 - Liceo “Gandhi”

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murales 1 - Liceo “Gandhi”
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Giornale di attualità, musica, teatro, cronaca e costume - a cura del Liceo Gandhi
Anno XVII gennaio 2014
E D I TO RI A LE
Mi presento innanzitutto. Sono una persona che crede che note e parole possano
cambiare il mondo benché dicano il contrario. Su questa convinzione si basa il mio
modo d’essere e d’agire quotidiano, credo
nella possibilità di rivoluzionare e cambiare
il mondo. Beh, ragazzi, mi direte che è assurdo vista la situazione in cui ci troviamo,
siamo figli sfortunati di una terra che ci
mette di fronte solo morte e disastro, la
strada per il futuro, quella più cospicua, è
la criminalità e anche la salute, la cosa più
importante, sta per andarsene. Non si sa
dove andremo a finire. Siamo in Italia, in
un Paese senza lavoro, senza guide che ci
aiutino a trovare la nostra strada, senza
giustizia e con un problema in più per chi,
come noi, vive nella cosiddetta Terra dei
fuochi, fuochi che ci stanno bruciando lentamente. La nostra unica arma è la cultura
e dobbiamo sfruttarla al massimo, dobbiamo essere forti e combattere, è questo
il momento in cui sollevarsi e reagire, basta
passività, basta sfuggire alle situazioni,
basta rimandarle, basta dormire, basta indifferenza,
BASTA.
Iniziamo dalla nostra Scuola, proviamo a
dare il nostro contributo, proponiamo
GERENZA
Comitato di Redazione
Direttore Editoriale - Dirigente Scolastico
prof. Gennaro Ruggiero
Direttore Responsabile
Alessandra Ferrara
Vicedirettore
Vincenzo Orsanto
Redattore Capo
Vittorio Perrone
Fotoreporter
Luca Morelli
Redattori - Gli Alunni del Liceo
Polispecialistico Statale "Gandhi" di Casoria (Na)
Coordinatore
Prof. Antonio D'Addio
e-mail: [email protected]
Murales via Aldo Moro, 26 - 80026 Casoria (Na)
Tel/Fax: 0817375850
www.liceogandhi.it - [email protected]
Stampa: EDITRICE CERBONE - 0818354357
nuove iniziative, nuove attività, tentiamo
in tutti i modi di fare qualcosa, qualsiasi
cosa che possa aiutare prima noi e poi gli
altri. Siamo i giovani, il futuro, e la nostra
disillusione, il nostro disinteresse non gioverà di certo al nostro Paese. Potreste chiedervi perché dovremmo aiutare la nostra
Città, il nostro Stato a cambiare, un Paese
che non ci ha dato nulla, o meglio che ci
sta dando tutto il peggio che c’è, perché
non dovremmo cercare lavoro altrove, frequentare università o vivere all’estero,
siamo tenuti a farlo, dobbiamo distinguerci
da loro, un giorno potremo sentirci non
colpevoli se l’Italia si troverà in una situazione pessima, potremo dire di aver fatto
qualcosa, di aver voluto davvero che le
cose cambiassero, di aver messo tutti noi
stessi, aver dato anima e corpo per una
giusta causa. Io ci credo e vorrei tentare di
spiegare a voi l’importanza della cosa,
dobbiamo portare la rivoluzione dentro di
noi per poterla attuare nel mondo e partire
da noi stessi ci aiuterà a comprendere che
realmente ne vale la pena. Vedo nella gestione di Murales l’occasione giusta per
poter condividere con voi le mie idee, per
far in modo che qualcosa cambi, per trovare collaborazione da parte vostra, non ci
hanno sempre insegnato che le grandi rivoluzioni sono partite da piccoli uomini? E’
la prima volta che una ragazza gestisce il
giornalino e per me ha una grande importanza. Vorrei davvero far sì che diventi
un’occasione per la nostra scuola, che sia
lo spazio in cui ognuno possa farsi conoscere, possa esprimere la propria visione
del mondo e possa semplicemente scrivere
ciò che vuole, liberando la propria mente
e la propria anima. Mai abbattersi ragazzi,
seguiamo i nostri sogni e combattiamo
con tutte le nostre forze! “Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo” (Gandhi). Alessandra Ferrara – Direttore responsabile
Sommario
> Editoriale
> Incontri
> Incontri
> Riflessioni
> Iniziative
> Esperienze
> Incontri
> Turismo
> Cronaca
> Incontri
> Cultura
> Libri
> Turismo
> Viaggi
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Incontri
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METTIAMOCI ALL’OPERA
C
on 143 voti favorevoli, 3
contrari e nessun astenuto, il Senato ha promulgato il decreto sul
femminicidio. Tale decreto
si è reso necessario nel nostro Paese dopo
un’attenta analisi delle statistiche: nei
primi sei mesi del 2013 in Italia sono state
uccise 81 donne, di cui il 75% nell’ambito
familiare o affettivo, da persone con cui
ha cantato, lasciandoci tutti incantati,
mentre intonava Gli uomini non cambiano
di Mia Martini, altri hanno ascoltato e appreso un insegnamento fondamentale.
L’autrice, nelle pagine del suo libro, diviene
narratrice di storie aventi come protagoniste cinque donne del Sud, cinque donne
vere, cinque donne che soffrono, cinque
donne che lottano. Luisa Bossa tiene molto
a sottolineare che le vicende raccontate
stavano più a contatto (marito, padre, fratello, ecc..), da persone di cui si fidavano,
da persone che amavano e in luoghi dove
qualsiasi individuo, donna o uomo che sia,
dovrebbe sentirsi al sicuro, al riparo da
brutalità e maltrattamenti, lontani dalla
brutalità e dalla morte. Si tratta di violenze
non esclusivamente fisiche, ma anche psicologiche e verbali. Sono umiliazioni a cui
le donne vengono sottoposte ogni giorno,
quando la loro dignità viene continuamente calpestata, affondata e svenduta. A
tal proposito l’Associazione Clarae Musae,
in collaborazione con Legambiente Casavatore, lo scorso 28 ottobre ha presentato,
presso la biblioteca “B. Perrotta” di Casavatore, il libro Donne in carne ed ossa di
Luisa Bossa. Hanno preso parte all’incontro, oltre all’autrice, il Sindaco di Casavatore Salvatore Sannino, l’Assessore alla
Pubblica Istruzione Mario d’Esposito e Vittoria Caso, docente di Materie Letterarie,
Latino e Greco al Liceo Gandhi di Casoria.
Chi dice che la gioventù non si curi di
quanto ha intorno? L’entusiasmo era alle
stelle: alla kermesse letteraria hanno partecipato numerosi ragazzi del nostro liceo,
alcuni hanno letto dei brani tratti dal libro
con un sottofondo musicale, altri, invece,
hanno svolto un efficace servizio d’ordine,
una nostra compagna, Antonietta Ranieri,
sono reali, per quanto lei abbia tentato di
limarle, in effetti il libro è nato quando
nelle vesti di Sindaco di Ercolano dedicava
ogni mercoledì a ricevere i suoi concittadini e le si presentavano diverse donne,
probabilmente il fatto di essere lei stessa
una donna le incoraggiava a parlare. Non
cercavano una casa né tantomeno un lavoro, avevano bisogno solo di essere ascoltate, solo questo, volevano solo un
conforto, una parola di speranza, parlare
con qualcuno di cosa le tormentava, di
cosa le distruggeva, chiedevano solo di far
conoscere la propria storia. Cercavano
Luisa, Luisa che con le loro vite ha riempito
pagine intere, Luisa che ha fatto delle loro
esperienze una lezione, in quanto come lei
stessa dice, prima di essere una donna impegnata politicamente o un’autrice, innanzitutto è un’insegnante, Luisa che si è
messa a nudo per immedesimarsi completamente in queste donne, che pur essendo
per la maggior parte analfabete, avevano
una gran forza, una gran dignità e alle
quali si è dovuta avvicinare con pudore. La
scrittrice entra nell’animo dei suoi personaggi fino a fondersi, fino a divenire un
tutt’uno, li comprende completamente,
comprende le loro sofferenze, le loro scelte
drammatiche, il loro disagio, le loro umiliazioni, il silenzio e la paura. L’opera di
Luisa Bossa a sostegno delle donne non si
limita qui, infatti, il ricavato delle vendite
delle copie del suo libro, sarà donato alla
“Casa delle Donne” di Nairobi. Sia il Sindaco Sannino che Luisa hanno evidenziato
che c’è un unico modo per combattere e
vincere la violenza, per migliorare il nostro
mondo, per vivere in un Paese cosiddetto
civile, anche senza dover promulgare una
norma specifica contro gli omicidi che
hanno come vittime delle donne: la cultura. “Dovremmo modificare lo slogan del
Ministro degli Interni, Roberto Maroni, da
Tolleranza zero a Ignoranza zero” – afferma la Bossa ed è quello che noi tutti dovremmo capire: siamo noi la società e se
vogliamo cambiarla, se vogliamo il progresso dobbiamo metterci all’opera, subito, qui, adesso.
Alessia Cafaro, Valeria De Stefano,
Marta Fontanella e Anna De Luca IV C LSU
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Incontri
3
INCONTRO CON GLI AUTORI
L
o scorso 28 Ottobre si è
tenuta, presso la biblioteca “B.Perrotta” di Casavatore, la presentazione
del libro “Donne in carne
e ossa” di Luisa Bossa, organizzata dall’associazione “Clarae Musae”, presieduta
dalla professoressa Vittoria Caso, in collaborazione con la sezione Legambiente di
Casavatore. È stato il primo di otto appuntamenti che fanno parte dell’iniziativa
“Appuntamenti con il libro”. La docente
Caso, nella sua relazione introduttiva, ha
ribadito che, nonostante il libro sia diviso
in cinque racconti, ci sia un’unità di intenti
e di messaggi, in quanto le storie sono incentrate su donne maltrattate fisicamente
o psicologicamente e spesso vittime di pregiudizi. La violenza in genere è fatta proprio da persone di famiglia, compagni di
vita che si trasformano in carnefici mentre
dovrebbero difenderle ed amarle, quando
ci sono botte, non c’è amore. All’incontro
hanno partecipato numerose personalità
politiche, che hanno sottolineato quanto
sia fondamentale la cultura, poiché le cattive azioni derivano più dall’ignoranza che
dal fanatismo. Ha moderato Raffaele Ferrara, ex alunno del Liceo Gandhi, presidente di Legambiente Casavatore. In effetti
la presentazione del libro è stata anche un
pretesto per poter criticare e discutere
della violenza sulle donne. Alcuni passi
sono stati letti da Gianluca D’Errico, Martina Del Gatto, Alessandra Galliano e Giuliana Guarino, alunni del
Gandhi,
accompagnati dalla musica sublime di
Mario Scarano. Sicuramente, è stato un
momento culturale assai importante da
ABBASSO LA VIOLENZA
N
elle ultime settimane
due casi di violenza sulle
donne in India hanno
sconvolto il mondo intero. A distanza di pochi
giorni una ragazza è stata sfigurata dal
lancio di acqua bollente sul viso e una
bambina di dodici anni è stata stuprata e
poi bruciata viva. Il primo episodio è avvenuto nel distretto di Muzzaffarpur, Stato
settentrionale di Bihar. Il giovane ricercato
conosceva bene la sua vittima perché
prendeva ripetizioni ogni settimana dal
padre. La ragazza aveva accettato il giovane come amico su Facebook, ma con il
passare del tempo si era stancata di un linguaggio sempre più volgare e allusivo nei
suoi confronti e così lo aveva rimosso dai
propri contatti. Evidentemente per il ragazzo si è trattato di un’onta insopportabile, tanto che ha subito raggiunto la casa
della quindicenne e con una scusa si è
fatto aprire la porta. Non appena si è trovato vicino alla ragazza, le ha rovesciato
sul viso dell’acqua bollente che si era portato da casa. La giovane indiana ha ustioni
gravi sul 20% del viso. Il secondo caso ha
inizio il 26 ottobre scorso, quando sei uomini hanno violentato una bambina
di dodici anni nei pressi di casa sua, a Madhyagram, venticinque chilometri da Calcutta. Il giorno successivo la ragazza era
andata al commissariato per denunciare
alle autorità l’accaduto, ma per un caso
sconcertante è stata violentata nuovamente, questa volta da due uomini. Ma le
disgrazie non erano finite. Il 23
dicembre è stata aggredita una
terza volta, questa volta in
casa sua, da due delle persone
coinvolte negli stupri precedenti. Gli aggressori non si
sono limitati a violentarla, ma
l’hanno bruciata viva, forse per
vendicarsi della denuncia. Le
autorità hanno dichiarato che
tutti i colpevoli sono stati arrestati, ma intanto la piccola è
morta in seguito alle ustioni. In
seguito a questi avvenimenti,
migliaia di persone si sono riversate in varie piazze di città
indiane per manifestare contro
queste barbarie e il governo ha
tutti i punti di vista. Sono state trattate tematiche di capitale importanza, che riguardano noi tutti e che noi tutti non possiamo
ignorare; infatti ancora oggi parecchie
donne sono vittime di violenze ed ingiurie.
Il primo appuntamento della rassegna non
ha affatto deluso le aspettative. Un ottimo
inizio che non fa altro che invogliare a partecipare al prossimo incontro in cui sarà
presentato il libro “Misteri, segreti e storie
insolite di Napoli” di Agnese Palumbo e
Maurizio Ponticello.
Alessandro Rega – III B LC
assicurato lo stanziamento di fondi per arginare il fenomeno dilagante della violenza sulle donne. Il problema è
chiaramente culturale. L’India di oggi si
maschera dietro a una facciata buonista
che vede la donna come “madre del
mondo”, ma in effetti è estremamente
maschilista e tratta la donna come un oggetto di proprietà del padre o del marito. Ma il problema della violenza sulle
donne e i bambini non è solamente indiano, è un fenomeno globale che non risparmia il nostro Paese.
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Riflessione
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L’ITALIA CHE NON SA INDIGNARSI
“
L’intelligenza non avrà mai
peso, mai / nel giudizio di
questa pubblica opinione. /
Neppure sul sangue dei
lager, tu otterrai // da uno
dei milioni d’anime della nostra nazione, /
un giudizio netto, interamente indignato: /
irreale è ogni idea, irreale ogni passione,
// di questo popolo ormai dissociato / da
secoli, la cui soave saggezza / gli serve a
vivere, non l’ha mai liberato”. Così ne La
Guinea, contenuta nella raccolta Poesia in
forma di rosa, Pier Paolo Pasolini si mostrava amareggiato nei confronti degli Italiani. Un popolo - secondo l’autore
sta uno scarto intollerabile tra le loro esigenze e le non risposte della classe politica. È vero: a dire che sono tutti uguali si
diventa qualunquisti, ed è troppo comodo
generalizzare. Ma qual è l’impressione dominante, ad osservare un Paese ridotto ai
minimi termini in ambito economico, culturale, scolastico, ambientale, giuridico, civile? Seguiamo con indifferenza
telegiornali e talk-show che raccontano un
perenne stato d’emergenza, e anche le notizie di gesti disperati compiuti dai lavoratori in difficoltà sembrano un fatto
ordinario. Gli Italiani sono in catalessi, e
soprattutto non vogliono uscirne. Le ultime
attori. Aspettiamo le grandi tragedie per
fingerci indignati, e poi – a pantomima
conclusa - torniamo alla passività del nostro vivere quotidiano. È positiva la grande
diffusione che sta avendo la notizia del
dramma della Terra dei Fuochi, affrontato
anche in questo numero di Murales. A
scuola, per strada, in tv se ne parla, e sembra che la portata del problema si sia rivelata pienamente anche ai più distratti. Ma
non si può sorvolare su un dato di fatto:
l’inchiesta Adelphi, nel 1993 (prima di
dieci inchieste sullo smaltimento di rifiuti
tossici in Italia), ha appurato che i Casalesi
hanno iniziato a sversare rifiuti nel 1989.
bolognese - sostanzialmente inerte, incapace di vincere il conformismo dilagante e
di sottrarsi al nascente costume consumistico. A cinquant’anni di distanza la critica
di Pasolini sembra, più che una reazione
forte ai mutamenti di un’epoca, la denuncia di una vera e propria caratteristica antropologica degli Italiani, ben più grave in
quanto trascende il limite di un singolo
momento storico. Nella terribile crisi (non
solo) economica che subiamo oggi, il grido
dei cittadini stanchi sembra diventare sempre più flebile, specialmente fuori dall’isolato centro di potere che esprime
quotidianamente il fallimento di un sistema democratico inadeguato. Da due legislature il Paese è governato da esponenti
politici non votati direttamente dai cittadini, ormai esautorati dalla loro sovranità
popolare sancita dalla Costituzione. E da
vent’anni il malcontento generale manife-
elezioni politiche hanno rivelato l’esigenza
di un rinnovamento, ma quando questo
non si è verificato la rabbia è sembrata calare. Sono troppo pochi coloro che scendono in piazza, si attivano sul web,
organizzano modi e forme per rivendicare
i propri diritti. La maggioranza è catatonica, ripete meccanicamente mantra di cui
non ha convinzione, si lamenta senza davvero indignarsi. Ecco: indignarsi. Manca
“un giudizio netto, interamente indignato”, quello che ricercava lo sconfortato
Pasolini. Gran parte degli Italiani non ha il
cuore per leggere, informarsi, muoversi,
cambiare, agire. E acquista validità l’asserzione per cui ogni popolo ha la classe politica che merita. Occorrerebbe tenere alta
la tensione ogni giorno, svegliarsi e non dimenticare la collera posseduta in precedenza; indignarsi, anche in maniera lucida,
ma autentica. Ed invece noi siamo ottimi
Ventiquattro anni non sono un po’ troppi
per maturare un sentimento di indignazione? Eppure le opportunità di divulgazione non sono mancate. “Terra dei
fuochi” è proprio il titolo dell’ultimo capitolo di Gomorra, in cui Roberto Saviano
analizzava il problema già nel 2006. Carmine Schiavone (che ha rivelato i luoghi in
cui sono stati sversati i rifiuti in Commissione Ecomafie nel 1997, in un’audizione
fino a pochi giorni fa ancora protetta dal
segreto di Stato) ha rilasciato lo scorso
agosto un’intervista a Sky TG 24 in cui ribadiva la veridicità dell’operazione. Ma
non è bastato. Sono state necessarie le telecamere de Le Iene, che con sapiente
competenza hanno mostrato le ferite della
nostra terra al grande pubblico. Sui social
network sono partite petizioni (molte non
ufficiali), e numerosi vip hanno prestato il
proprio volto per sensibilizzare ulterior-
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Riflessione
mente l’opinione pubblica. Tutto questo è
straordinario. Ma il dubbio resta: se i più,
durante tutti questi anni, non si sono accorti del problema, quando i riflettori inevitabilmente caleranno, torneranno alla
loro totalizzante indifferenza? Don Maurizio Patriciello tornerà ad essere un prete
sconosciuto? I cortei perderanno di nuovo
partecipanti? I movimenti ambientalisti e
le manifestazioni culturali sensibili al problema scompariranno dalla lente d’osservazione della massa? E i cittadini, adesso
apparentemente indignati, sapranno distinguere, ai seggi elettorali, le forze politiche che hanno permesso questo scempio
da quelle che hanno tentato, anche minimamente, di contrastarlo? La sensazione
è che l’italiano medio reagisca solo alla
grande tragedia, producendosi in una sterile attività di coinvolgimento emotivo. È
accaduto poche settimane fa, al largo di
Lampedusa, quando 365 eritrei, sudanesi,
etiopi (tra cui donne e 16 bambini) hanno
perso la vita in un naufragio. La notte del
3 ottobre la Sicilia sembrava vicina. Ai migranti si dà ordine di gettare i cellulari in
mare, poi accade l’imprevisto: la pompa di
sentina, che avrebbe dovuto limitare le infiltrazioni d’acqua nello scafo, si rompe. Lo
scafista accende una coperta per segnalare la loro presenza, ma la fiammata scatena il panico. E il peschereccio affonda.
Un peschereccio chiamato Malac 1284,
che in arabo significa “Angelo 1284”: un
angelo con le ali spezzate dalla morte. Alla
tragedia sono seguiti repentinamente i discorsi struggenti dei politici accorsi sul
posto, fra cui anche il presidente della
Commissione Europea José Manuel Durão
Barroso ed il commissario Cecilia Malmström, duramente contestati dagli abitanti di Lampedusa. Sì, perché la tendenza
dei nostri rappresentanti - il vicepremier Alfano in testa - è stata quella di accusare
totalmente l’Unione Europa. La quale, lontana dalle nostre coste e dalle nostre esigenze, ha effettivamente gravissime
responsabilità, oltre a tenere spesso posizioni ambigue: i Paesi membri offrono diritto d’asilo, ma di fatto non offrono
alternative legali ai trafficanti di uomini.
Non si capisce, però, cosa c’entri l’Europa
con tutta una serie di provvedimenti, da
noi adottati, che ostacolano l’accoglienza
e si rivelano assolutamente inadeguati ad
ospitare i rifugiati. Inoltre l’UE ha stanziato, a partire dal 2007, 535 milioni di
euro per migliorare il sistema nazionale di
controllo e di assistenza per i profughi. Ma
questi fondi sono stati in parte inutilizzati,
in parte investiti in ritardo a causa di una
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farraginosa macchina burocratica, e in
parte sprecati (come i 27 milioni spesi per
irrobustire il parco vetture delle forze dell’ordine, che include veicoli destinati al
pattugliamento delle coste e dei porti, talvolta assegnati al servizio scorta di politici
e dirigenti statali). E così, sulla scia delle
emozioni, l’intera (o quasi) scena politica
sembrava pronta e decisa a risolvere almeno i principali orrori legislativi. Inutile
ai fondi pubblici del ministero dell’Interno,
offre poche migliaia di posti a fronte delle
quasi 80 mila richieste. Non si parla dei
nostri rapporti diplomatici con sanguinari
dittatori, come il defunto Gheddafi, l’eritreo Afewerki, il siriano Assad, a cui l’Italia
offre spesso supporti militari ed economici,
né degli accordi di rimpatrio siglati, ad
esempio, con Libia ed Egitto. Non si parla
dell’immigrazione illegale, che costituisce
scrivere che persino la promessa più scontata e dovuta, quella di svolgere i funerali
di Stato, non è stata mantenuta. Molti
corpi sono stati sepolti senza neanche permettere ai familiari il loro riconoscimento.
E, nel giorno in cui scrivo, lo psicodramma
si è già concluso. Non si parla più degli
scafisti, membri di una mafia capace di gestire i centri di detenzione libici e di controllare le rotte che partono dal nord Africa
e dalla Siria, unica risposta in assenza di
corridoi umanitari. Dai passeggeri del
Malac 1284 i trafficanti hanno intascato
825 mila dollari: tolte le spese per lo scafo
790 mila dollari, al cambio quasi 600 mila
euro. Non si parla del centro di primo soccorso a Lampedusa, dove si dorme per
terra sui materassi, né del suo padiglione
incendiato due anni fa e mai rimesso in
sesto. Non si parla del palazzo Salaam, a
Roma, dove convivono 1250 sopravvissuti,
lontani da città, servizi e diritti. Attendono
la risposta della commissione esaminatrice
nel Paese dove hanno fatto domanda
d’asilo, che per legge dovrebbe arrivare
entro 30 giorni dalla richiesta. Nella realtà
i tempi sono spesso superiori ad un anno.
Non si parla dell’insufficiente numero di
punti d’accoglienza messi a disposizione
dal Sistema di Protezione per Richiedenti
Asilo e Rifugiati (SPRAR), che, accedendo
un reato penale, a differenza che negli ordinamenti francese e britannico, e considera i sopravvissuti a quest’enorme strage
clandestini ancor prima che uomini. Clandestinità il cui favoreggiamento è vietato
dalla legge Bossi-Fini, così che molti si rifiutano di prestare soccorso. Quella stessa
legge che prevede l’espulsione forzata
anche dei richiedenti asilo verso Paesi in
cui potrebbero essere a rischio di gravi
abusi dei diritti umani, e che si avvale dei
Centri di Identificazione ed Espulsione
(CIE)li immigrati, considerati “ospiti”,
sono in realtà detenuti, in attesa dell’identificazione e di una possibile espulsione. Si
dimentica quella fila sterminata di bare,
contrassegnate da numeri che sembrano
sostituirsi all’umanità delle persone: anime
ridotte a numeri scolpiti su casse di legno.
E poi i minuti di raccoglimento, in Parlamento, negli stadi, a scuola, che dovrebbero servire da stimolo di riflessione, e che
invece appaiono funzionali soltanto a
lavarsi le coscienze. Eppure basterebbe
poco, talvolta davvero poco, per tentare
un cambiamento concreto. Sarebbe il caso,
davvero, di imparare ad indignarsi. Magari
cominciando a scuola. Cercando di cambiare finalmente “questo popolo ormai
dissociato / da secoli”.
Roberto Rocco – IV B LC
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Iniziative
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LA TERRA DEI FUOCHI
N
onostante l’articolo
nove della Costituzione
Italiana garantisca la
tutela del paesaggio ed
il bene collettivo a
tutto lo Stato italiano, qui al Sud conviviamo con un grosso problema: La terra
dei fuochi. Una terra distrutta, inquinata,
avvelenata e costretta a risucchiare rifiuti
per anni. Circa trent’anni fa, infatti, i politici del Nord non sapendo come sbarazzarsi dei loro rifiuti pagarono la camorra
per metterli sotto il terreno dei napoletani.
Il risultato è stato che, negli anni, essendo
tutti all’oscuro di tutto, abbiamo coltivato
le nostre terre e mangiato i loro frutti pensando di essere al sicuro; ma solo oggi abbiamo scoperto che tutto ciò che abbiamo
ricavato e tutto ciò che hanno digerito i
nostri animali non era altro che cibo altamente contaminato, tant’è che nella zona
più interessata (Caserta – Acerra – Caivano) una persona su tre, compresi i bambini, ha un tumore. Al giorno d’oggi, infatti,
nella regione Campania abbiamo la più
alta percentuale di morti per tumore in tutt’Italia. E’ possibile non potersi più fidare
di cosa ci dà la natura? Perché tutti hanno
dimenticato quest’articolo della Costituzione. Eppure ci sono anche numerose organizzazioni internazionali, tra cui l’UNEP
(United Nations Environment Programme),
che sono promotrici, o almeno così dovrebbe essere, di iniziative per la tutela del-
l’ambiente adottando il principio “chi inquina paga”, così la direttiva 99/2008
detta disposizioni riguardanti i reati ambientali, prevedendo sanzioni per le attività
che hanno come effetto quello di deteriorare la qualità dell’acqua, dell’aria, del
suolo, della flora e della fauna. Più precisamente, uno dei reati ambientali più gravi
e al quale si dovrebbe fare ricorso è la raccolta, il trasporto, il recupero o lo smaltimento dei rifiuti che possa provocare
lesioni gravi alle persone o danni rilevanti
alla qualità dell’acqua, del suolo o dell’aria. Allora come mai nessuno ne tiene
conto? Perché non si cerca un responsabile? Ormai non potrebbe neanche andare
peggio, il problema non riguarda più solo
il suolo, la flora e la fauna ma si sta estendendo anche nelle acque; difatti nei luoghi
interessati l’acqua dei rubinetti non è più
potabile. C’è solo stata mala politica, corruzione e omertà, nessuna protesta e nessun tentativo di risolvere questo grande
problema. Eppure avendo più di una legge
a nostro favore restiamo a guardare come
questo grande buco nero inghiottisce diritti, salute e bene comune.
Rossella Cassese – II A LSU
SPOT PER LA TERRA DEI FUOCHI
Il progetto “Spot pubblicitario sulla Terra dei fuochi” è nato
dalla necessità di sensibilizzare gli alunni sul grave problema
dell’inquinamento ambientale che si sta vivendo in questi ultimi
tempi, in vista di un convegno da realizzare sul territorio. L’associazione “Libera”, di cui il Liceo Gandhi è presidio territoriale,
ha sposato l’iniziativa e lo utilizzerà nei canali di sua pertinenza.
Il punto di partenza è stato la ricerca di un brano musicale che
potesse sostenere le idee, le canzoni di Edoardo Bennato “La
mia città” e quella di Rocco Hunt “Io posso” sono state ritenute
le più adatte allo scopo. In seguito ho stimolato i ragazzi sul
concetto di rifiuti sommersi che riemergono e delle mani sporche che sporcano il futuro “Pulito” di tutti. Per questo si è insistito molto sulla responsabilità personale di tutti: quelli che
hanno interrato, quelli che lo hanno permesso, quelli che non
hanno denunciato, l’azione sottolinea infatti lo “sporcarsi” reciproco, nessuno è innocente, “L’indifferenza ci rende complici”
è la frase che compare sulle immagini dei roghi. Tuttavia era
fondamentale sottolineare la speranza che si possa e si debba
uscirne: ” La consapevolezza ci rende liberi” è l’aspetto dominante che dà il titolo allo spot. Interamente realizzato in classe,
la VC delle Scienze Sociali, ed in palestra, come la regista ha
voluto, per sottolineare la funzione fondamentale della scuola,
principale agente educativo insieme alla famiglia, per la formazione di cittadini nei quali non debba prevalere l’assenza di
etica.
Carmela Giacometti
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Esperienze
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UNA GITA ELETTRIZZANTE
T
ra impulsi nervosi e sinapsi inizia
il nostro viaggio nei meandri della
ragione umana. Tutto ciò che è intorno a noi, sentimenti, sensazioni, emozioni si cela nel
profondo della mente e ha origine nel cervello,
uno degli organi più complessi del nostro organismo. Città della Scienza, sul finire del 2013,
ha tenuto una mostra che ha permesso ad alcune classi del liceo Gandhi, andate in visita lì,
di toccare con mano l’attività incredibilmente
complessa ed elaborata della “guida del nostro
corpo”. Arrivati verso le nove e mezza, siamo
stati accolti nella struttura, dove è iniziato il nostro cammino all’interno di un vero e proprio
“mondo nascosto”: ogni stanza dell’edificio rappresentava una particolare area del cervello o illustrava una sua particolare funzione attraverso
immagini, modellini e giochi interattivi. La prima
sala era dedicata alla propagazione dell’impulso
nervoso. Esso è la modalità con cui vengono ricevute ed elaborate le informazioni provenienti
dall’interno e dall’esterno del nostro corpo; a loro
volta queste vengono trasmesse mediante neuroni, ovvero cellule nervose, e stimoli chimici,
quando vengono rilasciate specifiche molecole, i
neurotrasmettitori. I neuroni sono costituiti da un
corpo centrale, il soma, dai dendriti e da una
lunga terminazione, l’assone, lungo cui corre
l’impulso elettrico. Tutto ciò è stato simulato attraverso una serie di tubi che, gettata una pallina,
riproducevano la trasmissione del messaggio fino
alle sinapsi, le quali rilasciavano getti d’acqua
come se fossero stati dei veri e propri neurotrasmettitori. In un’altra sala erano esposti dei cervelli, veri, di varie specie animali: un cervello di
cane, di gatto, di squalo, di oca, di delfino, la riproduzione di un cervello di dinosauro e, infine,
un cervello umano. Di quest’ultimo abbiamo esaminato vari disturbi, come il mal di testa, e patologie, come il tumore, e abbiamo scoperto quali
sono gli esami da effettuare in caso di problemi
(ad esempio la TAC, la risonanza magnetica e
l’elettroencefalogramma, simulato attraverso
uno strumento simile a quelli scientifici realmente
utilizzati). Quanti di voi, almeno una volta nel
corso della carriera scolastica, hanno cercato di
studiare un programma intero prima di un’interrogazione? Oppure studiano la mattina prima di
andare a scuola invece del pomeriggio precedente? Grazie a questa visita guidata abbiamo
scoperto che questo è completamente sbagliato:
tutto ciò che apprendiamo, infatti, viene registrato all’interno di una memoria a breve termine; è solo col tempo oppure mediante
un’assidua ripetizione delle informazioni, oppure
ancora per mezzo di un’emozione forte legata
ad alcuni eventi che i solchi scavati nella mente
diventano permanenti e passano così alla memoria a lungo termine. In particolar modo, i percorsi nervosi incisi durante il giorno vengono
seguiti e quindi ricalcati durante una specifica
fase del sonno, la quinta, detta REM (Rapid Eye
Movements) durante la quale si sogna più intensamente e che dura circa dieci minuti. Gli esseri
umani dovrebbero dormire, in media, circa 7-8
ore, durante le quali i cicli di sonno (vigile, delta,
profondo e REM) si ripetono circa 5 volte. Alla
stanchezza conseguente la perdita di ore si
sonno di può porre rimedio dormendo nei giorni
successivi, ma non si può fare altrettanto per gli
importanti processi che non verranno più effettuati per le informazioni e gli avvenimenti di quel
giorno; perciò, studenti, non crediate che dormire
le 24 ore della giornata di Domenica possa compensare le ore piccole della settimana! Infine,
sorprendente è stata la storia di Phineas Gage,
operaio statunitense addetto alla costruzione di
ferrovie, noto per un incidente capitatogli nel
1848: sopravvisse alla ferita infertagli da un’asta
di metallo che gli trapassò il cranio, ma subì un
radicale mutamento della personalità, diventando scontroso e irascibile. A Città della Scienza
è stata realizzata ed esposta una fedele riproduzione del teschio perforato a cui era dedicata
un’intera sala della mostra. A questo punto ci
siamo congedati dalla guida e abbiamo potuto
visitare autonomamente i locali. Senza dubbio,
questa mostra ha dato il via alla rinascita di Città
della Scienza, che sta lottando per recuperare lo
splendore di un tempo e che sempre sarà simbolo e orgoglio della cultura partenopea.
Amelia Casolaro e Alessia Mollame - IV D LS
ALLA SCOPERTA DEL MUSEO DI SAN MARTINO
“
Cave d’oro” e non “cave di veleno”: così dovremmo essere
definiti a dispetto dei grossi titoli che, invece, campeggiano
su tutti i giornali. La nostra
terra è ricca di tesori a noi ignoti, siamo un
grande mosaico con tasselli mancanti, infatti
non conosciamo tutto ciò che possediamo
come patrimonio culturale, ma per nostra
fortuna, alcune tessere di questo grande mosaico si stanno aggiungendo. Grazie alla
scuola, che ci consente visite guidate, infatti
abbiamo avuto l’occasione di esplorare da
vicino il Museo di San Martino, noi ragazzi
abbiamo potuto osservare e toccare con
mano tutto ciò che avevamo conosciuto
dalle pagine di un libro. Studiare quelle macchie di inchiostro sulle pagine bianche dei
testi scolastici ci sembrava tanto stressante
quanto noioso, ma una volta sul posto tutto
è parso ai nostri occhi come un qualcosa di
surreale e magico. Una volta entrati nel
Museo, la guida ci ha spiegato tutto ciò che
ha segnato il corso della storia. Abbiamo apprezzato oggetti di alto valore, giochi di colori e di materiali, immense pareti dipinte,
legno pregiato, pietre preziose, marmi, era
questo ciò che ci circondava, in quel momento non esistevano smog, immondizia,
urla: era tutto così bello, tranquillo, serafico.
Ricordare i resti di un’epoca passata attraverso armi, carrozze e navi reali, che un
tempo hanno fatto parte della nostra storia,
ci hanno riportato in atmosfere tanto lontane, ma che in quel momento sembravano
tanto vicine! Un altro momento importante
del nostro percorso è stata la visita al magnifico presepe, dono di Michele Cuciniello,
con la scena della Natività di Cristo e i suoi
preziosissimi pastori del ‘700 napoletano,
tutti rigorosamente realizzati a mano, una
vera meraviglia. Per non parlare, poi, della
chiesa che è parte integrante del museo.
Essa è in stile barocco, è abbellita da stucchi
dorati, marmi preziosi e quadri di pittori importanti . Poca gente conosce questa realtà
di Napoli, tutti, purtroppo, sono convinti che
noi siamo solo “Camorra e Spazzatura”, ma
non è cosi. QUESTO POSTO NON DEVE MORIRE, LA MIA GENTE NON DEVE PARTIRE, IL
MIO ACCENTO SI DEVE SENTIRE. LA STRAGE
DEI RIFIUTI DEVE CESSARE, DOBBIAMO
BLOCCARE L’AUMENTO DEI TUMORI.
SIAMO LA TERRA DEL SOLE, NON LA TERRA
DEI FUOCHI!!!
Ilaria Iannuzzelli - Rossella Nocera IIIA LSU
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Incontri
8
APPUNTAMENTO CON IL MISTERO
“
L’amore per la cultura esoterica di Napoli è la più assoluta risorsa che abbiamo a
disposizione”: sono queste
le parole con cui Agnese
Palumbo, storiofila giornalista e scrittrice
partenopea, ha aperto la presentazione di
“Misteri, segreti e storie insolite di Napoli”
presso la Biblioteca comunale di Casavatore, lo scorso 13 Novembre. Affiancata
dall’altro autore del libro, Maurizio Ponticello, scrittore e giornalista, l’appassionata
di storia napoletana ha saputo, in poche
battute, ricordare l’importanza dei culti
mistici della nostra città, lasciando la
parola al suo collega, che, poco dopo, ha
ricordato le loro
intenzioni nella
realizzazione di
questo avvincente diario della
nostra città. I
loro interventi
sono stati intervallati
dalle
sagge parole del
sindaco di Casavatore, Salvatore
Sannino, che ha
sottolineato quanto si debba risparmiare
su tutto, ma non sulla cultura, e dall’appassionante discorso della docente Vittoria
Caso, che ha saputo descrivere a chiare
lettere il libro presentato, richiamando all’attenzione degli studenti lì presenti
nozioni di storia classica. L’incontro si è
protratto a lungo, passando da fugaci letture di passi dell’opera ad inserti iconografici e filmici, realizzati dagli alunni della
professoressa Caterina Lerro, moderatrice
del dibattito. È stato questo il secondo dei
dieci incontri mensili previsti dalla
rassegna culturale “Appuntamenti col
libro”, proposta dall’associazione culturale
“Clarae Musae” e dal circolo locale di
Legambiente: l’appuntamento pomeridiano ha scosso pienamente le coscienze di
tutti coloro che, presenti in sala, non avevano ancora avuto modo di apprezzare un
libro, che, dalle “capuzzelle di morto” al
mito del calcio, Maradona, affronta con lucida fermezza le grandi contraddizioni di
Napoli, tanto vicina al mito del “munaciello” quanto al sangue di San Gennaro,
così legata alla sacralità della Vergine
quanto al profano culto del “dio” del calcio. Interessati e pienamente entusiasti
dell’incontro, molti ragazzi hanno rag-
giunto lo scrittore del libro, per cercare di
approfondire brevemente alcuni passi particolarmente interessanti del testo,
sperando in un prossimo appuntamento
con il duo Ponticello - Palumbo.
Francesco Toraldo - V C LS
I GIOVANI E LA FEDE
C
hi è Dio? Chi crede in
Dio? Cos’è la fede? Molte
persone si pongono varie
domande sull’argomento,
ma non trovano risposte.
Nel mondo esistono tante Comunità che
aiutano nel cammino di fede e a trovare
risposte ai dubbi sulla fede e sulla religione. Qui, a Casoria,compie dieci anni la
Comunità “Amici di Madre Giulia”, un
luogo di incontro tra ragazzi curiosi che,
oltre a cercare risposte a tante domande e
interrogativi, si avvicinano alla chiesa sentendosi liberi di esprimere le proprie opinioni senza il timore di essere giudicati da
una società che sempre più di frequente li
ghettizza. Questo gruppo è vicino alla
crescita di ogni ragazzo, lo aiuta a superare le difficoltà dell’adolescenza e gli offre
l’opportunità di sentirsi a proprio agio perchè in Comunità non esistono pregiudizi e
si rispetta il prossimo con i propri pregi e i
propri difetti facendo emergere il proprio
carattere e rafforzando la propria identità.
Durante i vari incontri, oltre ad una crescita
spirituale, i ragazzi svolgono anche attività
ricreative di ogni tipo, tra cui, ad esempio,
calcio, pallavolo, balli, giochi di società,
tornei, cineforum, pizza party, feste a tema
e così via. Le attività sono divise in fasce
di età per garantire ad ogni individuo di
seguire il proprio percorso con i coetanei.
Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, la Comunità non è rivolta solo ai credenti anzi si rende disponibile a chiunque
abbia dei dubbi su Dio e voglia aprirsi ad
un mondo parallelo fatto di cammino di
fede. Il gruppo laico “Amici di Madre Giulia” è nato nel febbraio del 2004, quasi un
anno dopo la Beatificazione di Madre Giulia Salzano. In piena e libera adesione, i
membri abbracciano il Carisma dell’Evangelizzazione, attratti dal fulgido esempio
della Beata Giulia. Tale peculiarità conferisce una particolare unione con la Congregazione delle Suore Catechiste del
Sacro Cuore che a Casoria, come in molti
altri luoghi d’Italia e del mondo, annuncia
con gioia ed entusiamo la Parola del Signore e diffonde con fervore la devozione
al Sacro Cuore di Gesù. Il Gruppo rappresenta una piccola oasi di preghiera e di
spiritualità, ma anche di impegno, di lavoro, di condivisione, di gioia, di spensieratezza.
Alessia Pezzella - Martina Pezzella - Marica
Del Mondo - Giuseppe Pisaniello IV B LC
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Turismo
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CIMITERO DELLE FONTANELLE
C
umoli di teschi, croci di ossa,
tombe scoperte con scheletri
scomposti: il Cimitero delle
Fontanelle, a Napoli, nel cuore
della Sanità, tra via Foria e la
collina di Capodimonte, è uno dei luoghi più
suggestivi e misteriosi di tutto il mondo. In questo ossario, che raccoglie oltre 40.000 resti, si
può capire il rapporto che i napoletani hanno
con la religione, la morte, i defunti, il destino e
la fortuna. Il nome trae origine dalla presenza,
nel quartiere, in tempi remoti, di sorgenti d’acqua. Quest’ossario si fa risalire al XVI secolo
quando la città fu flagellata da tre rivolte popolari, tre carestie, tre terremoti, cinque eruzioni del Vesuvio e tre epidemie, essendo il
luogo isolato, vennero raccolti qui i cadaveri
delle vittime. Dal 1837 il posto rimase abbandonato fino al 1872 quando fu il parroco della
chiesa di Materdei, Don Gaetano Barbati, che
con l’aiuto di popolane devote, mise in ordine
le ossa nello stato in cui ancora oggi si vedono.
Da quel momento è nata una fortissima devozione popolare per questi defunti, che si è rafforzata nel periodo della grande guerra, in cui
le persone che avevano i propri cari al fronte
andavano a pregare per loro instaurando una
specie di rapporto con le ossa, una sorta di “io
mi prendo cura di te e tu ti prendi cura di una
persona a me cara”. I fedeli cominciarono ad
identificare nelle anime bisognose di cura ed
attenzione i propri cari, tanto che alcuni teschi
furono “adottati” da devoti, i quali adibirono
teche per meglio conservare i resti, a volte
anche attribuendogli dei nomi. Queste ossa
anonime sono diventate per la gente le anime
abbandonate, le anime pezzentelle, un ponte
tra il mondo dei morti e quello dei vivi, che prevedeva l’adozione e la sistemazione di un cranio (detta capuzzella), al quale corrispondeva
un’anima abbandonata in cambio di protezione e di grazie. L’infinità di resti umani conservati sono tutti anonimi ad esclusione di due,
Filippo Carafa, Conte di Cerreto dei Duchi di
Maddaloni, morto il 17 luglio 1797 e Donna
Margherita Petrucci, entrambi riposti in bare
protette da vetri. L’ingresso della cava cimiteriale è racchiuso nella Chiesa di Maria SS. Del
Carmine, che custodisce già le prime tombe,
probabilmente di bambini. L’ossario chiuso nel
1969, per il preoccupante feticismo che il culto
andava denotando, è stato riaperto nel maggio
del 2010. Non potevano mancare storie esoteriche legate a questo luogo magico, la più
famosa riguarda i fantasmi del Capitano e dei
Due Sposi. Si racconta che un giovane guappo
per dimostrare di non avere paura dei teschi
ne prese uno e lo calciò come fosse un pallone,
lanciandogli una sfida: “Se è vero quello che
dicono ti aspetto al mio matrimonio”. Passa
del tempo, arriva il giorno delle nozze e al banchetto si presenta un ospite alto col mantello
nero e cappuccio che gli copre il viso. Lo sposo
gli chiese di qualificarsi. Quello abbassa il cappuccio e dice: “Sono colui che tempo fa hai invitato alla festa” e con una risata
agghiacciante da quel corpo cade a terra un
teschio. Alla vista di questo spettacolo, i due
sposi e gli invitati cadono fulminati”. Altre capuzzelle emblematiche sono quella
del “monaco” o “A’ cap e Pascal” (La testa di
Pasquale), che era in grado di fornire i numeri
vincenti al gioco del lotto, a chi si fosse preso
cura di lui. E ancora, “donna Concetta” nota
come “a’ cap ch’ sur” ( la testa che suda) un
teschio sempre lucido sul quale non si posa
mai polvere, adorata dalle donne, specie le novelle spose per la sua peculiarità di aiutare le
giovani ad avere figli, per verificare se ciò avverrà, basta toccarla e verificare se la propria
mano si bagna. Spesso il napoletano si reca
sul posto, adotta un teschio particolare che
l’anima le aveva indicato nel sogno. Da questo
punto in poi il cranio diventa parte della famiglia del devoto. Suggestivo il cerimoniale che
accompagna il rito: il cranio veniva pulito e lucidato, e poggiato su dei fazzoletti ricamati lo
si adornava con lumini e dei fiori. Al fazzoletto
si aggiungeva il rosario, messo al collo del teschio per formare un cerchio; in seguito il faz-
zoletto veniva sostituito da un cuscino, spesso
ornato di ricami e merletti. I fedeli sceglievano
chi pregare e a chi offrire i lumini nelle loro visite costanti e regolari. Solo allora il morto appariva in sogno e si faceva riconoscere. In
sogno comunque la richiesta delle anime è
sempre la stessa: tutte hanno bisogno di refrisco, cioè di refrigerio grazie a preghiere e suffragi. Se il teschio era particolarmente
generoso si ricorreva addirittura a metterlo in
sicurezza, chiudendo la cassetta con un lucchetto.I teschi, inoltre, non venivano mai ricoperti con delle lapidi, perché fossero liberi di
comparire in sogno, di notte. L’unico mezzo di
comunicazione tra i vivi e i morti era il sogno,
dai sogni spesso nascono così varie personificazioni delle anime pezzentelle, ed ecco moltiplicarsi le diverse figure di giovinette morte
subito prima del matrimonio, di uomini morti
in guerra o comunque in circostanze drammatiche e singolari.Il culto fu particolarmente vivo
negli anni del secondo conflitto mondiale e del
primo dopoguerra: la guerra aveva diviso famiglie, allontanato parenti, provocato morti,
disgrazie, distruzioni, miseria. Non potendo
aspettarsi aiuto dai vivi, il popolo lo chiedeva
ai morti, e l’evocazione delle anime purganti
diventa insieme la concreta rappresentazione
della memoria e la speranza di sottrarsi miracolosamente all’infelicità e alla miseria.
La Redazione
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Cronoca
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STAI CALMO!
S
tai calmo! è la parola d’ordine
del corso di antiaggressione
femminile, Donne al Sicuro,
svoltosi nella palestra dell’ITC
Torrente di Casoria, in collaborazione con l’Assessore alla Pubblica
Istruzione del Comune di Casoria, la professoressa Luisa Marro e con l’ausilio del
promotore del corso, il maestro Cristiano
Curti e di tutti gli istruttori. Al corso, che
sarebbe dovuto durare poche settimane ma
che poi si è protratto per tanti mesi e che
tuttora continua, hanno partecipato donne
di diverse età. Molto spesso si è scettici sui
corsi di difesa personale ed affini, in
quanto vengono considerati troppo tecnici,
inoltre si pensa che le varie sequenze siano
difficili da mettere in pratica nel momento
del bisogno, quando lo stress e la paura
prendono inevitabilmente il sopravvento.
Ciò accade perché la maggior parte delle
persone non sa affrontare una violenza,
uno scippo o una molestia e si trova impreparata a gestire questo tipo di situazioni
dal punto di vista psicologico, ma è proprio
questo che gli istruttori cercano di far ca-
pire sin dalla prima lezione.
Nonostante l’argomento “violenza” sia
molto delicato, soprattutto per quel che riguarda l’universo femminile, i maestri del
corso riescono a conciliare il divertimento
con l’informazione e l’applicazione delle
tecniche basilari per potersi difendere ade-
pensare a tutti gli episodi di violenza, femminicidi e quant’altro che ormai sono all’ordine del giorno. Ancor più frequenti, poi,
sono i casi in cui le donne per amore, ignoranza o paura non denunciano la violenza
subita.
Lo scopo di questo progetto e di altre ini-
guatamente, tecniche fattibili per le donne
di tutte le età. “Donne al sicuro” perchè al
giorno d’oggi le donne hanno bisogno di
sicurezza e protezione, una protezione che,
purtroppo, non sempre è garantita, basti
ziative simili è quello di mettere fine a tutto
ciò e di fare in modo che le donne si armino per tutelare e difendere se stesse, i
loro sogni e la loro vita!
Anna Genovese V A LSS
UNA SANA DIETA VEGETARIANA
L
a dieta vegetariana/vegana
non è una moda salutistica,
una tendenza new age per fricchettoni o un fanatismo. La
scelta vegetariana è stata
adottata da diversi personaggi ben noti a noi
studenti quali Pitagora, Leonardo Da Vinci, Lev
Tolstoi e il più grande leader indiano, Gandhi.
Ma anche oggi sono diversi i personaggi famosi ad aver scelto questo stile di vita: Paul
McCartney, Natalie Portman, Pamela Anderson, Brad Pitt, Orlando Bloom, Jovanotti. Penso
che il diventare vegetariani non sia una scelta,
ma un comportamento naturale. Esserlo vuol
dire semplicemente rispettare la vita di ogni
essere vivente. Gli animali sono creature con
una volontà propria e non è giusto imporgli la
nostra solo perché possiamo farlo. Essere vegetariani vuol dire non partecipare alla morte
voluta di esseri viventi. Come si può allevare
la vita? Molti affermano che l’uomo è carni-
voro per natura, che la carne è necessaria e
non si può sopravvivere senza. Questo è
quanto diffondono i programmi televisivi e ciò
che le nostre nonne dicono, ma la scienza ha
smentito e motivato tutto ciò. L’uomo non è
carnivoro, ma onnivoro, termine con il quale si
indica un organismo che si nutre di una ampia
varietà di alimenti; inoltre i valori nutrizionali
della carne sono facilmente assimilabili attraverso fonti vegetali senza incorrere in danni
salutari. La scelta vegetariana non è però solo
una scelta etica. In molti adottano questa
scelta anche per impegnarsi nella lotta contro
la fame del mondo e per motivi salutari. Riguardo il primo caso la motivazione è semplice: per produrre carne c’è bisogno di
coltivare terreni con cereali o soia per nutrire
il bestiame, poi vengono uccisi gli animali
per mangiarne la carne. Statisticamente mangiando carne una persona riesce a sopravvivere mentre tanti altri muoiono di fame.
Limitandosi invece alla coltivazione di cereali,
soia, patate, mais per soli scopi umani possono
sopravvivere un numero maggiore di persone.
Per il secondo aspetto è stato scientificamente dimostrato che una dieta
vegetariana/vegana ben equilibrata sia salutare. Non a caso in alcune persone con specifici
problemi di salute viene prescritto di non mangiarne carne e prodotti contenenti grassi ani-
mali. Spesso si rimane shockati dalla notizia
che nella cucina tradizionale cinese ci siano cadaveri di cani e gatti e ciò porta a pensare che,
decisamente, proprio i cinesi non amino gli
animali. Perché in occidente si consuma abitualmente carne di animali ‘’non da compagnia’’ e si trova inconcepibile solo l’idea di
mangiare un cane? Com’ è possibile amare
più i cani dei maiali, più i gatti dei conigli, più
i cavalli delle mucche? E soprattutto perché si
decide quali animali amare e quali mangiare
seguendo quella che viene definita cultura
quando è solo questione di abitudine? Immaginate un terrificante allevamento di cani, in
Cina potreste vederlo. Un cinese in Italia potrà
vedere allevamenti di maiali. Un italiano vedendo la macellazione di cani dirà che i cinesi
non amano gli animali. Ma non rischiamo che
un cinese, vedendo ammazzare i maiali, possa
dire che gli italiani non sono affatto amanti
degli animali, come affermano, ma solo
degli incomprensibili ipocriti? Manuela Cascarino V A LSS
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Incontri
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LA MALAMUSIK DI PIETRA MONTECORVINO
L
unedì 21 ottobre 2013, ore
18:00. La Biblioteca Comunale di Casoria è affollata di
persone di tutte le età.
Un’auto della Rai sosta nel
cortile. Si vedono due uomini trasportare
un grosso strumento musicale, che riconosciamo essere un contrabbasso, all’interno
della Sala Conferenze; poi un violino ed
una chitarra. Tutti sembrano in attesa; sono
in abiti eleganti ed abbastanza irrequieti:
sembrano aspettare una qualche celebrità.
Ed, infatti, è proprio così. Alle 18:10, un’altra auto entra nel cortile della biblioteca e
sosta nel parcheggio, tra applausi, urla
emozionate e foto continue. L’incontro può
cominciare. Mentre ci dirigiamo nella Sala
Conferenze, udiamo l’inizio di una melodia.
Pietra Montecorvino ha deciso di esibirsi.
Tutto si apre con un discorso del sindaco di
Casoria, Vincenzo Carfora, che, salutando
cordialmente i presenti, passa la parola
all’Assessore alla Pubblica Istruzione, Luisa
Marro, che dà, ufficialmente, inizio all’ anno
culturale. Lei corrisponde a quel modello di
cultura a cui, da sempre, mi ispiro, così
parla l’assessore, rivolgendosi a Pietra
Montecorvino, la cantante, che, in occasione della pubblicazione del suo ultimo
libro “Malamusik”, ha concesso agli alunni
del Liceo Polispecialistico Gandhi, dell’Istituto Andrea Torrente e della Scuola Media
King, ma anche a chiunque volesse partecipare all’incontro, di ascoltare alcuni dei
suoi scritti e di essere deliziati dal suono
della sua possente voce. Con la presenza
della cantante ma anche delle favolose foto
di Damiano Pitigliano, è iniziato l’ anno culturale: Una biblioteca non deve essere considerata solo un luogo dove si prendono e
si depositano libri, ma, soprattutto, un
luogo di aggregazione, di unione – afferma
la professoressa Marro, che esprime, in
questo modo, il progetto portato avanti durante il suo assessorato a Casoria. La parola viene passata ad Enrico Ferrigno,
giornalista de “Il Mattino”, che presenta la
figura della cantante.
Barbara D’Alessandro, conosciuta in
tutta Napoli con lo pseudonimo di Pietra
Montecorvino, debutta nel 1983 con un famosissimo film di Renzo Arbore, “FF.SS.” Cioè “... che mi hai portato a fare sopra a
Posillipo se non mi vuoi più bene?”; nel
1988 incide il primo 45 giri, Una città che
vola/Tutta pe’ mme; nel 1992 partecipa al
Festival di Sanremo con Peppino di Capri,
con la canzone Favola Blues, e nel 2008 ritorna sul famosissimo palco, duettando con
il marito Eugenio Bennato nella canzone
Grande Sud. Attrice, cantante e donna dello
spettacolo, con l’incontro del 21 ottobre,
Pietra Montecorvino si è dimostrata essere
anche una grande scrittrice, avendo pubblicato, in “Malamusik”, un insieme di pensieri ed aforismi, accompagnati da tre
racconti, di cui vengono interpretati da Eva
De Rosa, durante l’incontro, i punti principali. Scrivo di notte, afferma umilmente Pietra, perché la notte è tranquilla e mi
permette di riflettere. Ma perché proprio
“Malamusik”? Beh, Malamusik, perché è
la musica cantata a Napoli, la musica che
rappresenta questa città. Alla domanda ri-
voltale da Enrico Ferrigno: “Cosa cambieresti di Napoli?”, l’artista riflette per qualche secondo, poi afferma, scoppiando a
ridere: A dire la verità, non cambierei proprio nulla di Napoli, perché la Napoli di
oggi è la Napoli che mi ha fatta nascere.
Un incontro letterario diverso da tutti gli
altri: un continuo alternarsi di musica e di
pensieri; applausi e risate. Tra le domande
rivolte all’autrice, vi è l’improvvisa richiesta
da parte di una sua fan di cantare una canzone. Hai deciso di mettermi nei guai, afferma divertita Pietra, prima di prendere il
microfono, sussurrare ai suoi collaboratori
qualche istruzione tecnica e cominciare a
cantare. Durante tutta la serata, Pietra è
stata molto disponibile con il suo pubblico:
era felice di partecipare all’incontro e per
nulla annoiata. Come inizio per questo
anno culturale, possiamo dire che sia andato tutto molto bene: l’attenzione dei presenti era rivolta all’artista, e,
fortunatamente, a differenza degli altri
anni, non ci sono stati sbadigli...
Gabriele Cobucci – II A LC
UN PEZZO DI CIELO SULLA TERRA
Q
uest’anno ho avuto la
possibilità di effettuare
un viaggio meraviglioso,
che mi ha lasciato una
scia di emozioni straordinarie: Lourdes! Sono partita con curiosità
per un luogo così importante, famoso, visitato da milioni di persone provenienti da
diversi paesi. Sono partita alla ricerca di
quella magia che solo la Grotta può trasmettere. Ma subito ho capito che non sarebbe stata l’unica cosa che avrei trovato.
Dinanzi alla Grotta osservavo gli altri e restavo affascinata davanti a tanta pace,
preghiera e silenzio. Il vero miracolo di
Lourdes lo senti dentro, ti travolge corpo e
anima, ti cambia. Provi una serenità ed
una felicità che conservi nel cuore, insieme
al ricordo delle giornate trascorse. Arrivata
lì ho capito subito che c’era qualcosa di diverso. E in quel soave silenzio è come se si
sentissero i cuori pregare. E nonostante la
presenza di numerosi ammalati, non vedevo sofferenza, ma solo tanta fede, pace
e zero disperazione. E quella Madonna,
così bella per cui vale la pena di aspettare
ore di fila per toccarla, pregarla e affidarle
la vita. Un momento particolare è stato il
bagno nelle vasche. Quando è arrivato il
mio turno l’emozione aumentava a dismisura, le mani mi sudavano, consapevole di
vivere un momento così unico, accompagnato dalla dolcezza del personale. Tale
era l’emozione che al momento dell’im-
mersione completa non riesco a ricordare
cosa ho pensato, ricordo solo una scia di
calore che mi avvolgeva. Commossa e incredula del mio corpo asciutto facevo fatica a rivestirmi. Grazie a Lourdes la mia
vita spirituale ha subito dei cambiamenti.
Sono partita ignara di ciò che avrei trovato
e provato, ma al termine sono salita su
quell’aereo portando con me un pezzo di
quella bellezza e maturando la consapevolezza che la Fede è un dono di Dio, da
accogliere. E a distanza di mesi sento ancora in me la presenza di quelle emozioni
vissute durante quei giorni, quella Fede incrollabile che non muore mai, che è presente e viva anche nei momenti bui.
Rosaria Laudiero – V A LSS
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Cultura
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La storia di Yvan Sagnet, bracciante a Nardò
V
oglio raccontarvi la storia di Yvan Sagnet,
un ragazzo camerunense, emigrato in Italia
per studiare, che si è ritrovato a fare il bracciante, trattato come uno schiavo, a Nardò,
nelle campagne pugliesi. Yvan ha raccontato la sua storia nel libro “Ama il tuo sogno”. Non poteva
scegliere titolo migliore. Infatti, era innamorato dell’Italia
e del calcio italiano. Così, decise di continuare i suoi studi
nel Paese che tanto amava. Erano i primi giorni di Luglio
2011, quando i soldi della borsa di studio finirono e alcuni
amici gli consigliarono di
andare a lavorare al Sud
come bracciante. Così si
trasferì a Nardò, dove sapeva di una masseria che
accoglieva braccianti che
lavoravano come stagionali, togliendoli dalla
strada, dove spesso dormivano accampati sotto gli
alberi, dentro case di cartone, senza acqua né corrente elettrica. Appena
arrivati, i caporali requisivano i documenti ai braccianti e li usavano per
procurarsi altra mano
d’opera, altri immigrati, ma clandestini. Il rischio che i documenti andassero persi era altissimo e quando accadeva
i braccianti diventavano schiavi. Le condizioni di lavoro
erano agghiaccianti: diciotto ore consecutive, di cui molte
sotto il sole cocente. Chi sveniva non era assistito e se voleva raggiungere l’ospedale doveva pagare il trasporto ai
caporali. Il guadagno era di appena 3,5 euro a cassone,
un cassone era da tre quintali e per riempirlo ci voleva
molto tempo, ore. Si lavorava con questi ritmi anche durante il Ramadan, quando molti lavoratori di religione islamica non bevono e non mangiano. Si crede che
i ragazzi africani siano abituati ad una vita di
disumanità, sporcizia, nulla di più falso. Yvan
scrisse: “Mentre nel mio paese la dignità è
sacra, a tutti i livelli della scala sociale, il sistema
dei campi di lavoro è studiato per togliere ai
braccianti la loro dignità, la loro umanità”. Ma
accadde qualcosa che i caporali non avevano
previsto. I braccianti in genere strappavano le
piantine alla radice per batterle sulle cassette
così che i pomodori cadessero tutti. Ma quel
giorno il caporale impose un altro metodo. Servivano pomodori da vendere ai supermercati per
le insalate, quindi dovevano essere presi e selezionati uno a uno. Si trattava di riempire gli
stessi cassoni di sempre, ma selezionare i pomodori significava raddoppiare la fatica. Il ca-
porale imponeva tutto questo lavoro allo stesso prezzo:
Yvan e gli altri braccianti si ribellarono e Masseria Boncuri
ne diventò il simbolo. Lo sciopero non era facile da gestire,
gli unici ad esprimersi in italiano erano i tunisini; per gli
altri era necessario parlare in inglese e francese; altri capivano solo l’arabo. Eppure, nonostante le diversità, lo sciopero continuò e si guadagnò un’eco nazionale. Gli Italiani
sembrarono prendere finalmente coscienza delle condizioni difficili di chi lavorava nei campi e le Istituzioni furono
costrette ad ammettere che il problema del caporalato esisteva e così, grazie ad Yvan, fu dichiarato come reato. Yvan
è stato un grande esempio, ha protestato contro i caporali
e la condizione subumana dei braccianti. Vorrei concludere
dicendo che per ottenere quel che si vuole si deve lottare,
proprio come ha fatto questo umile ragazzo camerunense.
Alfonso Petrellese I A LC
CRESCERE PER STRADA: TUPAC SHAKUR
A
l giorno d’oggi crescere per
strada è paragonabile ad una
gabbia da cui non si può
uscire e che non aiuta a realizzare le proprie ambizioni.
Eppure vi sono esempi di uomini che, pur
crescendo in condizioni di disagio familiare
e sociale, sono riusciti ad emergere e ad entrare in contatto con il mondo della musica,
influenzandone profondamente un genere.
Un esempio è Tupac Shakur, rapper, attivista
e poeta statunitense. Tupac nasce a New
York nel giugno del 1971, figlio di Afeni Shakur, esponente dell’organizzazione rivoluzionaria delle Pantere Nere. Trascorse l’infanzia
in condizioni di estrema povertà, con la
madre e la sorella frequentava mense per
poveri e ricoveri per senzatetto. Ebbe poche
amicizie e si dedicò esclusivamente alla composizione di poesie. All’età di 15 anni, si trasferì con la famiglia a Baltimora, dove ebbe
l’opportunità di frequentare la Baltimore
School for the Arts. Conquistò il rispetto degli
altri ragazzi per i suoi atteggiamenti da duro,
e in questo periodo compose il suo primo
rap, dal titolo MC New York. La canzone,
ispirata alla morte di un amico, trattava il
problema delle armi da fuoco e del loro controllo. Successivamente fu costretto a trasferirsi in California, dove provò a sostentarsi
spacciando droga. Tupac raccontò che gli
stessi spacciatori gli consigliarono di lasciare
l’attività per dedicarsi solo alla musica rap.
Dopo aver ottenuto un contratto con la Digital Underground, nel 1991 lanciò il suo
disco d’esordio 2Pacalypse Now, in cui trattava argomenti come droga, razzismo e
ghetto. L’album ottenne il disco d’oro, e la
canzone Brenda’s got a baby, che narra la
storia vera di una ragazza madre assassinata, divenne un autentico successo tra i giovani americani. Nel 1994, nei pressi di uno
studio musicale di New York, Tupac fu raggiunto da 5 colpi di pistola. Egli stesso, in
un’intervista rilasciata successivamente, dichiarò di aver notato due uomini che si aggiravano vestiti da militari e che obbligarono
il rapper e i suoi amici a distendersi sul pavimento. Poi lo posero in un ascensore e lo fecero salire al piano di sopra, dove lo
attendevano i suoi amici Notorious B.I.G.,
Little Ceasar e Puffy Daddy. Shakur sostenne
di aver visto i tre uomini meravigliati, quasi
come se non si aspettassero di trovarlo ancora in vita. Tupac uscì indenne da quell’incidente, ma i rapporti con Notorious,
accusato di essere il mandante dell’attentato, cambiarono rapidamente. Con la canzone Hit’em up, Shakur accusò
pubblicamente il rivale, il quale rispose con
il singolo Who shot ya?. Raggiunse l’apice
del successo con l’album All Eyez on me. Ma
il 7 settembre del 1996, all’uscita di un Casinò di Las Vegas, fu colpito da altri 5 pro-
iettili. Morì dopo una settimana di agonia, a
25 anni. Le sue tematiche non riguardano
l’amore per i piaceri carnali (alcool e gioco
d’azzardo), ma denunciano la vita del ghetto,
come avviene nel suo singolo più famoso,
Changes. Paradossalmente, malgrado il suo
atteggiamento da duro e i suoi continui problemi con la legge, è considerato uno dei più
influenti uomini di colore del Novecento,
quasi al pari di Malcolm X e Martin Luther
King, per la sua voglia rivoluzionaria di porre
uomini bianchi e neri sullo stesso piano.
Vittorio Perrone III A LC
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Libri
13
VOLTA PAGINA
Q
uanti di voi non hanno mai
iniziato a leggere un libro,
senza neanche conoscerne
la trama, perché pensavano
fosse noioso, banale o infantile? Oppure semplicemente perché l’autore compariva sul libro di letteratura
italiana? Niente di più sbagliato: mai giudicare un libro dalla copertina, perché molti
dei libri che ignoriamo, consigliatici da amici
o professori, possono rivelarsi invece più significativi di quanto a primo impatto il titolo
o l’autore ci inducano a credere. In questo
numero commenteremo due trilogie tra loro
apparentemente agli antipodi. La prima è I
Nostri Antenati di Italo Calvino, che rientra
nella categoria dei libri mai aperti solo perché consigliati dai professori; la seconda è
Hunger Games di Suzanne Collins, che fa
parte di quella categoria di libri che scegliamo di nostra iniziativa. Cosa hanno in comune questi due autori? Il fatto che le loro
storie possano essere spesso sottovalutate a
causa delle loro trame surreali, ma noi vi dimostreremo il contrario.
I NOSTRI ANTENATI
La trilogia I Nostri Antenati di Italo Calvino è composta da tre libri, Il Visconte Dimezzato, Il Barone Rampante e Il Cavaliere
Inesistente, che furono scritti separatamente,
nel 1952, nel 1957 e nel 1959 e che furono
riuniti solo successivamente in questa raccolta dall’autore stesso. I tre protagonisti
sono accomunati dal fatto di vivere situazioni surreali.
Ne Il Visconte Dimezzato sono narrate le
avventure Medardo, un cavaliere che, partito
per la guerra contro i Turchi, ritorna scisso in
due metà diametralmente opposte, una
buona e una cattiva.
Ne Il Barone Rampante il protagonista è
Cosimo di Rondò, un ragazzo che, per scappare dalla sua famiglia, si rifugia sugli alberi;
ciò che inizia come un capriccio infantile diventa però una scelta di vita che perseguirà
fino alla morte, rinunciando persino alla ragazza che ama.
Il protagonista de Il Cavaliere Inesistente
è invece Agilulfo, un uomo che non ha corpo:
la sua armatura è una corazza vuota tenuta
insieme da ideali cavallereschi e forza di volontà, è un uomo che non c’è, eppure lotta
con tutto sé stesso per esistere.
Il filo conduttore di questi tre romanzi,
che è il motivo per cui Calvino li ha riuniti
sotto la stessa raccolta, è la ricerca di se
stessi. Medardo rappresenta l’uomo che vive
in uno stato di perenne conflitto interiore;
Calvino, attraverso la metafora di due metà
agli antipodi, ci mostra come la nostra condizione di essere umani sia una continua ricerca di un equilibro tra bene e male. Cosimo
di Rondò è un esempio dell’uomo che ricerca
se stesso attraverso il distacco dagli altri,
dagli schemi e dalle convenzioni imposte
dalla società. Agilulfo, invece, è la volontà
dell’ essenza umana di imporsi sul conformismo e la finzione, volontà che spesso però
non è abbastanza forte per affermarsi e destreggiarsi in quella giungla di idee e voci diverse che è il mondo in cui viviamo. Questi
libri possono essere letti anche come una
metafora politica e per comprenderla è importante ricordare il complesso periodo storico in cui Calvino visse: gli anni della Guerra
Fredda, che spaccò l’Europa a metà per più
di quarant’anni. Medardo, quindi, diventa
l’allegoria di un mondo che, se diviso due
blocchi distinti, non potrà mai raggiungere
un equilibrio o trovare pace, mentre Agilulfo
è la metafora di uno stato che appare forte
di ideali, ma in realtà poggia su fondamenta,
deboli, sul punto di crollare da un momento
all’altro.
HUNGER GAMES
Hunger Games (I Giochi della Fame) è
una trilogia, scritta da Suzanne Collins, composta da: Hunger Games, Catching Fire (La
Ragazza di Fuoco), Mockingjay (Il canto della
rivolta). I romanzi sono ambientati nell’America del Nord in un’era post apocalittica in
cui esiste solo “Panem”, un luogo diviso in
dodici distretti, dove regnano la povertà e i
soprusi, che lavorano e producono beni primari per Capitol City, la ricca e lussuosa capitale. Ogni anno si celebrano gli Hunger
Games, uno show televisivo in cui ventiquattro ragazzi, due per ogni distretto, vengono
sorteggiati e radunati in un’ arena per combattere fino alla morte. Gli Hunger Games
sono la principale fonte di intrattenimento
per Panem ma anche un modo per punire i
distretti per un’antica ribellione scoppiata
molti anni prima. Quando Primrose Everdeen
viene scelta per rappresentare il distretto dodici ai giochi, sua sorella Katniss si offre volontaria per salvarla da una morte certa. Ben
presto, tuttavia, la giovane si rivela molto più
di una semplice pedina di Capitol City: il suo
sfacciato gesto di sfida nei confronti del governo, che si conclude con la vittoria di due
tributi anziché uno, non può passare inos-
servato. Tuttavia, neanche le minacce del
presidente Snow riusciranno ad estinguere
l’incendio che coinvolgerà tutta Panem, perché Katniss è stata solo la scintilla che il popolo aspettava per ribellarsi ancora. La
ragazza si troverà quindi costretta a combattere in una guerra di cui diventerà il simbolo
e l’epicentro del terremoto che raderà al
suolo il mondo così come l’ha sempre conosciuto. Anche in questa storia ricorre il tema
della ricerca dell’ “io” perché Katniss, senza
volerlo, diventa il volto della ribellione dei
dodici distretti e da comune ragazza, che
lotta contro la povertà, si trasforma in una
celebrità in cui tutto il popolo soppresso ripone speranza, ma prima di poter essere di
qualche aiuto per gli altri deve esserlo per sé
stessa e capire chi è davvero. Dal punto di
vista politico, come nei libri di Calvino,
emerge una forte critica sociale nei confronti
di un mondo dove le masse sono sempre più
sfruttate a vantaggio di un’elite ristretta di
persone che ne trae beneficio. Panem rappresenta un governo degenerato e, quando
finalmente i suoi cittadini si ribellano, tutti
sono costretti a schierarsi: non esiste una via
di mezzo o la possibilità di rimanere neutrale,
proprio come accadde nell’Italia di Calvino,
nel momento in cui i cittadini si ribellarono
contro il governo e le sue scelte politiche,
come l’alleanza con i tedeschi o la dittatura
di Mussolini, che il popolo non poteva più
tollerare.
Ed eccoci alla conclusione del primo numero di questa rubrica, in cui abbiamo dimostrato che in realtà anche due libri
apparentemente molto diversi possono presentare punti in comune. Soprattutto, però,
che “giudicare un libro dalla copertina”
spesso può rivelarsi un errore, inoltre anche
i libri con ambientazioni fantastiche e trame
inverosimili possono fornire interessanti
spunti di riflessione, in quanto, potendo essere letti come tante allegorie della storia e
della condizione umana, lasciano molta libertà di interpretazione al lettore e mostrano
ai suoi occhi una realtà che può essere analizzata sotto diversi punti di vista.
Guardiamo le stesse stelle e vediamo
cose diverse. {George R. R. Martin}
Amelia Casolaro - Emanuela Storti IV D LS
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Turismo
14
Napoli “di sotto”: la faccia nascosta della città
T
utti conoscono e apprezzano le bellezze, l’arte e la
cultura della città di Napoli
ma pochi conoscono la storia del suo sottosuolo. Incuriosite e desiderose di scoprirlo, il giorno
12 dicembre 2013, le classi 3A e 3B del
Liceo Classico, accompagnate dai professori D’Addio e Della Pia, si sono addentrate nella “Napoli Sotterranea”, il
cosiddetto “ventre di Napoli”. Il percorso
è iniziato nei pressi della Basilica di San
Paolo Maggiore, in Piazza San Gaetano, è
proseguito con la visita al Teatro GrecoRomano ed è terminato con la passeggiata
per la pittoresca via di San Gregorio Armeno. Dopo il viaggio in treno, in metropolitana e il tratto a piedi da Piazza Cavour
a Via Duomo, siamo giunti in Piazza San
Gaetano, all’accesso al sottosuolo che, a
dire il vero, è parso a noi studenti la porta
degli inferi! La discesa di 140 gradini ci ha
portati a 40 metri sotto il manto stradale
in uno dei luoghi, certamente, più suggestivi e affascinanti del capoluogo campano. Questo mondo sotterraneo si
sviluppa sotto l’intero centro storico di Napoli e si articola in un confuso dedalo di
cavità e cunicoli scavati nel sottosuolo di
tufo giallo, materiale tipico della città di
Napoli. Qui sono stati rinvenuti numerosi
ambienti e reperti archeologi. Le prime testimonianze risalgono a circa 5.000 anni
fa, quasi alla fine dell’era preistorica; successivamente i Greci estrassero grosse
quantità di tufo per la costruzione di mura
e templi e crearono degli ambienti funerari. I Romani, in epoca augustea, costruirono un acquedotto e varie gallerie. Sotto
gli Angioini, Napoli conobbe una grande
espansione e per questo fu proibita l’estrazione di tufo, per evitare che ci fosse un
aumento incontrollato delle costruzioni. I
napoletani invece, con il loro ingegno e la
loro furbizia, grazie ai pozzi già esistenti,
resero le cisterne sottostanti più ampie, ricavando così altro tufo. E’ proprio questo
tipo di pratica ad aver reso fragili le strade
di Napoli che si aprono come voragini nei
giorni di forte pioggia. E’ intorno al 1600
che il vecchio acquedotto e le innumerevoli
cisterne pluviali furono sostituite da un
nuovo acquedotto, costruito per dissetare
la grande città. Agli inizi del ‘900 l’articolato sottosuolo venne abbandonato ma lo
scoppio della Seconda guerra mondiale gli
ridiede importanza. Infatti, i cunicoli molti
stretti sono stati adoperati per accogliere
la popolazione durante i bombardamenti.
Da allora, però, e fino agli anni ottanta, le
gallerie e i cunicoli sono stati sepolti dall’immondizia, scaricata abusivamente dai
pozzi in superficie. Oggi, invece, questo
luogo, dopo essere stato recuperato, permette di compiere un viaggio nel tempo e
di apprezzare le varie cisterne, le cave, i rifugi anti-aereo e il passaggio, molto emozionante, in alcuni spazi illuminati solo con
le candele, perché veramente molto bui. In
alcuni posti vi è un alto tasso di umidità,
circa il 90%, che inevitabilmente ha causato dolori sparsi solo ai fragili e delicati
alunni. Risalire alla luce ci ha riportato nel
presente e nel caos della città sovrastante,
dove abbiamo potuto ammirare due massicce arcate del Teatro Greco-Romano in
cui Nerone amava esibirsi, risalente al periodo compreso tra il IV sec. A.C. e il II sec.
D.C. ; attraverso un tipico “basso napoletano” e una botola sono visibili i suoi resti.
La visita si è conclusa con la passeggiata
per una antica e storica via della città, nota
oggi per le tante botteghe artigiane che l’hanno resa famosa nel mondo: via San
Gregorio Armeno, la via degli artigiani del
presepe. Sicuramente una bella giornata
alla scoperta del patrimonio storico ed artistico di Napoli.
Giulia Casucci – III A LC
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Turismo
15
Viaggio tra le bellezze Napoletane
I
l giorno 3 dicembre le classi III A
e I A del Liceo Scientifico hanno
partecipato ad una visita guidata
alla scoperta delle bellezze napoletane. La prima tappa è stata la
chiesa di San Giovanni a Carbonara, di
epoca trecentesca e forse poco nota e insolita per la sua posizione al di fuori delle
mura. L’ingresso è preceduto da una scalinata aperta di puro scopo scenografico
realizzata da Ferdinando Sanfelice. La facciata presenta un portale gotico mentre la
struttura interna della chiesa è a croce latina, con un unica navata rettangolare, il
soffitto a capriate e numerose cappelle. Il
monumento funebre dedicato al re Ladislao è il monumento centrale della chiesa.
Esso si trova nell’abside e presenta una
piccola apertura nella parte inferiore che
da l’accesso ad una cappella retrostante.
Nella parte inferiore del monumento appaiono le quattro virtù, Temperanza, Fortezza, Prudenza e Magnanimità a
sostenere il defunto, mentre sulla sommità
troviamo la figura del re rappresentato
come un guerriero, per celebrare non tanto
la sacralità, piuttosto richiamando la vita
terrena. La chiesa è ancora oggi poco conosciuta, ma non per questo meno importante, considerando anche al suo interno
la presenza di opere del grande Vasari.
Possiamo trovare altri affreschi di questo
importante pittore anche nella seconda
tappa del nostro percorso: la chiesa di Sant’Anna dei Lombardi. Particolarmente suggestiva al suo interno è stata la sacrestia
affrescata dal Vasari. Essa era precedentemente il refettorio degli Olivetani mentre
oggi rappresenta una grande testimonianza del rinascimento fiorentino. Particolari all’interno sono le volte, divise tutte
in tre quadranti, dedicati alla Fede, alla Re-
ligione e all’Eternità. Proseguendo il percorso e spostandoci verso il centro di Napoli è stato possibile giungere a piazza del
Gesù dove ad ovest dell’antico decumano
inferiore abbiamo ammirato la facciata
della chiesa del Gesù Nuovo. Questa facciata è molto particolare perché presenta
delle bugne simili a punte di diamante.
Poiché queste bugne presentano particolari incisioni è stata tramandata a Napoli
una leggenda che è basata sulla credenza
popolare che esistessero a Napoli maestri
della pietra capaci, attraverso quegli stessi
simboli, di convogliare le energie positive
a favore di un luogo. Secondo questa leggenda infatti, colui che aveva fatto costruire la chiesa aveva anche ordinato ai
maestri della pietra di tenere lontano le
energie negative e di portare una buona
sorte dall’esterno verso l’interno. Sfortunatamente viste le disgrazie che in realtà colpirono la chiesa si arrivò alla conclusione
che quei segni erano stati fatti in modo
scorretto e che l’effetto ottenuto era stato
quello opposto. La parte più emozionante
di tutta la visita è stata il percorso da
piazza del Gesù fino a San Gregorio Armeno. In questo tratto è condensata tutta
la storia di Napoli e soprattutto il carattere
napoletano, accogliente e generoso. Non
a caso c’è un miscuglio di vari stili. Si percepisce fin da subito la grande vivacità e
soprattutto in questo periodo l’aria natalizia e il fermento per i preparativi. È interessante e bello sapere che per un giorno
abbiamo percorso strade progettate tantissimi anni fa ovvero i cardini e i decumani, che ancora oggi mantengono la
propria originaria posizione. Infine, Piazza
San Gaetano che rappresenta la zona in
cui sorgeva precedentemente l’agorà
greca. Al centro di questa piazza troviamo
la chiesa di San Lorenzo Maggiore, una
delle chiese più antiche, ma forse anche
una delle più belle e uniche di Napoli. La
facciata che presenta un portale gotico, è
settecentesca di epoca barocca ed è attribuita a Sanfelice mentre l’interno presenta
un’unica navata. È possibile notare che la
parte iniziale della chiesa segue uno stile
più povero, mentre nella parte finale è possibile ammirare lo stile gotico francese
nell’abside poligonale e nel deambulatorio
con cappelle radiali illuminate da alte finestre trifore e bifore. L’emozione che si
prova entrando in questa chiesa è veramente indescrivibile. La nostra visita guidata è stata un viaggio attraverso la storia
che dà a tutti un senso di appartenenza.
Spesso la nostra generazione riesce ad
emozionarsi difficilmente, ma questa volta
tutti abbiamo provato forti emozioni. Forse
è proprio questo il vero scopo, non la visita
di per sé, ma il sapersi emozionare alla
scoperta di magnifici luoghi che abbiamo
nella nostra stessa città.
Federica Ferrara – Martina Ricciardielli III A LS
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Viaggi
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BERLINO: UNA CITTÀ DAI MILLE VOLTI
S
crivere di Berlino in poche
righe è difficile. Una settimana è ben poca cosa per
comprendere una città, ma
sufficiente per costruirsi
un’immagine approssimativa del suo essere e del suo divenire. Una città dal passato straziante, che vive il presente in vista
di un futuro migliore. Berlino, la capitale
della Repubblica federale, è la meta turistica principale della Germania, una città
in continua evoluzione. Arrivo in città alle
23:30 del 24 agosto, prima differenza: il
clima più rigido e fresco, beh si avvertiva a
malapena considerando la forte adrenalina
scatenata dalla consapevolezza di essere
in una delle metropoli più belle d’Europa.
Sveglia all’alba, zaino in spalla, macchina
fotografica al collo e finalmente l’inizio di
un viaggio che si è rivelato indimenticabile.
La città si presenta subito rumorosa, frenetica, caotica, inaspettata e quasi discontinua, se il termine riesce a rendere bene
il concetto. La discontinuità si vede nei
quartieri che sembrano appartenere a
tante realtà diverse, nelle architetture a
tratti moderne, in vetro e metallo, a tratti
antiche in materiali modesti, si legge nei
volti della gente, donne chic e uomini d’affari, punk e giovani dallo stile stravagante,
nei luoghi di ristoro che si alternano da ristoranti e birrerie tipiche pieni di turisti e
gente del posto che consuma il pasto in
relax e simpatia a minuscoli negozi turchi
di kebab con file chilometriche. E’ proprio
questa “intermittenza” il tratto caratteristico della città, la sua vera essenza. L’importanza politica e culturale di questa
capitale ha fatto sì che nel corso dei secoli
si accumulassero notevoli capolavori d’arte
favorendo la nascita di una quantità
enorme di monumenti e musei. Berlino è
sempre stata culturalmente molto vivace,
e oggi lo è più che mai trovandosi in una
fase di rinascita e ristrutturazione da tutti
i punti di vista. Risiedevamo tra il Mitte e
Charlottenburg e le nostre escursioni si
sono concentrate principalmente in questi
due quartieri. Il Mitte, “centro” in tedesco,
che ha un suo ruolo culturale, finanziario
e politico, si estende dalla famosa Alexanderplatz allo Zoo, dalla piazza di tre ettari
riconoscibile da qualsiasi punto della città
per la caratteristica torre della televisione,
al giardino zoologico più grande della Germania ed alla stazione adiacente emblema
del famoso romanzo “Noi, i ragazzi dello
zoo di Berlino”. Tra i due il meraviglioso
Tiergarten il polmone verde della città,
posto preferito dai Berlinesi nelle giornate
estive; la colonna della Vittoria, 250 scalini
ed una vista panoramica totale di tutta
Berlino; la Potsdammerplatz dall’architettura ultramoderna; la Unter den
linden; Gendarmenmarkt, una bellissima
piazza, dallo stile rinascimentale italiano
con le due famose cattedrali gemelle e il
teatro musicale Konzerthaus Berlin ed al
centro la statua di Schiller con il viso rivolto
verso un cielo metafisico e sostenuto dalle
quattro dee della sapienza. Ed ancora,
“l’isola dei musei”, cinque importanti
musei, la cui unione costituisce una grande
opera d’arte in sé per sé; la Porta di Brandeburgo, simbolo della città e della Germania e alle sue spalle il Memoriale
dell’olocausto degli ebrei, percorso che su-
scita nel turista un senso di oppressione
ed impotenza. Charlottenburg deve invece
il nome alla principessa Sophie Charlotte,
moglie di Federico III che alla fine del ‘600
scelse la città per costruire la propria residenza estiva, da qui un quartiere che sembra ancora appartenere ad un’altra epoca,
pieno di romanticismo con il bellissimo
Schloss dalle caratteristiche ed uniche
stanze, i giardini ed il Rathaus, il municipio.
Il Kreuzberg è totalmente diverso dai due
quartieri precedenti, è un crogiolo di cul-
ture che si fondono dando vita ad un clima
di allegria: muri pieni di graffiti, edifici colorati ed un’aria di felicità che si respira
giubilante sino all’incontro col muro e alla
visione delle Tipografie del terrore; proprio
qui il cuore si raggela di fronte alle immagini raffiguranti la storia del terrore diffuso
in Germania dal 1933 al 1945 in seguito
alla presa di potere dei nazionalsocialisti,
ed un’improvvisa sensazione di rabbia
mista a dolore pervade l’animo e la mente
si ferma per più di un istante provando
anche solo ad immaginare cotanto dolore.
I frammenti del muro si trovano in sei parti
della città e sbucano tra quelli che oggi
sono una piazza moderna, un’edicola ed
un ristorante o tra un negozio di souvenir
ed una mostra di arte contemporanea,
come a voler dire ai Berlinesi “Dove ero
qui io, un tempo, c’era solo divisione e terrore, oggi c’è e dev’esserci unità tra voi,
son crollato e vi siete riunificati, ricorda per
quale motivo mi hai abbattuto, io crollo, tu
ritrovi e costruisci la tua felicità” . Primo
settembre, partenza per l’Italia. Arrivederci
Berlino, meravigliosa città dai mille colori,
dalle mille emozioni, tu, la città della trasgressione, quella dai mille volti, dove tutto
sembra possibile, dove poter essere chiunque, dove poter semplicemente ESSERE,
grazie per aver preso una parte di me e per
avermene regalata una nuova, arrivederci,
spero di rivederti presto. Da consigliare agli
studenti dell’ultimo anno per il loro viaggio
d’istruzione.
Alessandra Ferrara – IV B LC