Incontro di due anime sulla strada della vita

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Incontro di due anime sulla strada della vita
Incontro di due anime sulla strada della vita
Era l'inverno del 2009, Firenze non era mai stata così gelida, il vento portava via con sé le foglie come
il tempo spazza via i vecchi ricordi. Sporgendosi dal Polo Museale Fiorentino ci si pose davanti agli
occhi il maestoso Ponte Vecchio che predomina sul fiume e che abbraccia la città fiorentina.
Durante questo periodo la città si trasformava in un via vai infinito di anime che, prese dalla foga di
immergersi in quel mondo del tutto materiale, erano portate a spendere e sciupare fino all'ultimo
briciolo di solvibilità.
Molto spesso le persone ignorano ciò che viene loro mostrato dinnanzi agli occhi. Ad esempio in
lontananza si scorgeva un ponte, non meno importante, ma poco noto per un forestiero, il Ponte Santa
Trinita, dove la neve ricopriva soavemente quella che era la strada che avrebbe congiunto due celebri
artisti a prender parte ad una discussione in un’ epoca del tutto nuova.
Sulla stessa prospettiva si intravedeva una figura anziana degna di rispetto, quanto il figlio ne deve al
padre, saggio da poter intavolare una discussione su qualsiasi argomento.
Era un uomo dalla veneranda età, indossava un loden nero, il suo collo era contornato da una sciarpa
del medesimo colore e la prima cosa che si notava a colpo d’occhio era una pregiata pipa che poggiava
sulle labbra con del tabacco aromatizzato al caffè e si nascondeva dietro quell' intenso fumo.
Passeggiava con un'andatura posata e lenta, allo stesso tempo assaporando l'intenso aroma e osservando
ciò che lo circondava. Preso dallo stupore della novità, non badò alla strada davanti a sé e chi vi
camminava, per questo motivo si scontrò con la spalla di un uomo che presso a poco aveva la sua stessa
età, ma indossava comodamente una camicia rossa e una giacca di camoscio color ocra rivestita
all'interno di pelliccia. Lui era lì senza una meta predestinata, con una chitarra sotto il braccio e una
sigaretta appena accesa in bocca, un animo tranquillo ma anticonformista, era Fabrizio De Andrè.
Curioso, nel girarsi incrociò lo sguardo dell'anziano e nel guardarlo lo riconobbe: era appunto Umberto
Saba.
Il cantautore, sorpreso dell’inaspettato incontro con un celebre scrittore rimaste stupito e gli domandò:
"Lei è Umberto Saba?".
Saba, con grande stupore di essere stato riconosciuto in un’era dove la letteratura è posta in secondo
piano, rispose: "Si, mio giovane seguace. Sono molto lieto che ci sia ancora qualcuno che riesca a
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riconoscermi nonostante la modernità di questi tempi. Potrei avere il piacere di conoscere il suo
nome?"
"Mi chiamo Fabrizio De Andrè, piacere di conoscerla, per me è davvero un onore incontrarla." Disse il
cantautore.
I due si osservarono per qualche minuto ma vennero distratti dalla copiosa neve che stava scendendo su
Firenze in quel momento, a dir poco quasi una scena magica e molto particolare.
La nevicata fu di spunto ad entrambi per intraprendere una nuova conversazione.
L'anziano poeta fu preso da una sensazione di nostalgia quando il cantautore sembrava intonare le
parole della sua poesia Inverno.
Emozionato, Saba non esitò a domandare: "Come mai un uomo giovane come lei è a conoscenza di
una poesia ben poco nota?"
" Nonostante la modernità, la poesia come la musica rimangono gli unici due mezzi che danno la
possibilità a tutti di vivere momenti inaspettati, come per esempio la donna che è rappresentata
presumibilmente all’interno del suo componimento.”
E continuando disse: " Lei è persa con la mente nel biancore della neve, ma i suoi occhi fissi fuori dalla
finestra sulla strada intravedono e poi osservano scrupolosamente quella figura che si aggira per il lago
ghiacciato."
Ovviamente il caro Umberto non seppe come rispondere a questa affermazione, perciò cercò di
prendere spunto da un testo del cantautore molto vicino al suo lavoro. Prese spunto dalla canzone
Inverno: a chiunque sembrerebbe un gioco di parole ma era proprio così, stesso titolo ma ovviamente
ambientazioni differenti.
"Mi sembra di aver sentito dire di una sua canzone e posso affermare che lei ha compiuto veramente un
bel lavoro, soprattutto in una determinata parte." E citando proprio dal suo taccuino personale quel
passo:
La terra stanca sotto la neve dorme il silenzio di un sonno greve
l'inverno raccoglie la sua fatica di mille secoli, da un'alba antica.
Ma tu che stai, perché rimani?
Un altro inverno tornerà domani cadrà altra neve a consolare i campi cadrà altra neve sui
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camposanti.
"Ma come mai lei ha scelto proprio questo passo?"
"Mio caro collega, i nostri lavori hanno qualcosa in comune e io ho ritenuto adeguato citare questo
passo per mostrarti una metafora che non a tutti è familiare come penso a noi due." Affermò il poeta.
Il giovane De Andrè non si sentì per nulla a proprio agio in quel momento perché non sentiva di avere
qualcosa in comune con quell’uomo singolare: aveva l’impressione che fosse solo apparentemente forte
ma la sua interiorità gli sembrava molto fragile.
Il vecchio scrittore di poesie, comprendendo l’imbarazzo del suo giovane interlocutore, non esitò a
continuare con il suo discorso, poi fece cenno al suo collega di intraprendere la strada che portava
all’estremità del ponte e continuando disse: "Quello che stavo cercando di dirle prima, mio caro, era
che la metafora di cui io stavo parlando era appunto la medesima cosa che stiamo percorrendo ora e che
ogni giorno a qualsiasi ora chiunque percorre."
"Non avevo mai pensato alla strada prima d'ora, cioè non che non ne abbia mai parlato nelle mie
canzoni, ma non l'ho mai intesa come metafora di qualcosa."
"Non credo che tu non l'abbia mai intesa come metafora, ma solamente che tu non te ne sia reso conto.
Perché nel mio taccuino ho annotato alcuni passi delle tue canzoni e soprattutto ho colto con grande
interesse questo elemento, la strada, per esempio nella tua canzone Città Vecchia ".
Fabrizio rimase ancora più perplesso, ripensando alle parole del vecchio saggio.
“Quindi lei quale visione ha della strada dal punto di vista metaforico?” Domandò il cantautore.
“Dunque, la strada potrebbe essere considerata sotto molti aspetti una ‘metafora della vita’, se si
considera il cammino della vita dell’uomo, fra la nascita e la morte.
La vita si sviluppa fra sofferenze e gioie, fra delusioni e speranze, fra momenti di entusiasmo e
momenti di fatica, insomma, in un rapporto con gli altri uomini essenziale e necessario, che anch’esso
però è soggetto a tutte le ricchezze e le ambivalenze, come accade per gli incontri sulla strada.”
“Potrebbe essere questo un esempio, ovvero che puramente per caso ci siamo incontrati qui, lungo
questa strada e calpestandola discutiamo di lei.”- Rispose De Andrè meravigliato dalle parole del
vecchio scrittore e proseguì dicendo- “Secondo me nella vita abbiamo un disegno, potrebbe essere un
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progetto, che è frutto della nostra storia, dei nostri desideri, della nostra volontà, espressione della
nostra persona, delle nostre capacità e dei nostri limiti.”
“Certamente, figliuolo, ammiro la tua intelligenza nel giudicare il mondo che ci circonda.”
Ci fu un lungo silenzio, nel quale De Andrè pensava a tutto ciò che avrebbe potuto chiedere al celebre
autore che aveva davanti, dato che non sapeva se l’avrebbe più incontrato nuovamente. Abbassò lo
sguardo, concentrandosi sui suoi pensieri e osservando la sua vecchia cara amica chitarra, che lo
accompagnava ovunque egli andasse. Improvvisamente gli venne in mente la canzone che aveva
composto, Città Vecchia, ispirandosi al poeta che stava dinnanzi a lui.
“Sa, ho composto una canzone intitolata Città Vecchia, l’ha mai sentita? Ecco, lei è stata la mia fonte
d’ispirazione, poiché leggendo il suo Canzoniere, ho scorso tra le sue pagine la poesia che in seguito ha
portato lo stesso titolo della mia canzone.” Accennò De Andrè, rompendo il silenzio che si era posto
come un freddo ostacolo fra i due.
Saba improvvisamente ebbe un flashback e ricordò il periodo durante il quale aveva scritto Città
Vecchia e pensò per quale motivo aveva scelto la strada come punto di riferimento. Continuando disse:
"Caro Fabrizio, la strada, ora che ci penso, almeno quella descritta da me nella mia poesia che ti ha
ispirato, è la strada di Trieste, la mia cara città natale. Quella strada caratterizzata da così tante cose e
persone abbandonate da tutti, tranne che dall'unica cosa che regge in piedi quella piccola parte di
mondo che ancora è viva, ovvero Dio. Ed io sono vicino a quelle povere persone che soffrono
costantemente le ingiustizie della vita e provo un sentimento di compassione verso di loro"
De Andrè, scombussolato delle parole dell'autore, provò ad analizzare mentalmente alcuni versi della
sua canzone, notando che in qualche punto le due descrizioni coincidevano ma non del tutto, perciò
senza esitare disse: "Scusi, io la ammiro molto e credo che questo sia ormai chiaro, ma io penso che per
quanto riguarda questa sua ultima affermazione sarei un po' contrario. Posso dirle che, nonostante la
strada presa in considerazione sia quella di Genova e non di Trieste, anche io ho considerato quella
parte di mondo che la caratterizza, ma penso diversamente da lei, che queste persone siano vittime di
tutto ciò che le circonda per volere di chi è più in alto di loro, perché è impegnato a pensare agli altri."
"La strada, mio ormai fidato compagno, offre esperienze di vita personale e sociale di grande
profondità e ricchezza per chi la sappia vivere nel modo giusto e secondo le modalità che ritiene più
opportune, perciò come persona di grande rigore accetto la sua opinione, ma ritengo che con il passare
del tempo lei forse potrà cambiare idea."
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Così si chiuse quel discorso molto controverso tra i due grandi artisti e compositori. Ma i due non
persero tempo e da lì, intrapresero un'altra tematica presente in entrambe le loro opere. Fabrizio,
voltandosi verso Saba con grande ammirazione, gli propose di fare una bella passeggiata per riscaldarsi
un po’ dato che l’aria si faceva sempre più fredda.
Improvvisamente, forse per reagire al grande freddo o perché si sentivano sempre più infervorati nella
conversazione, il tono dei due uomini si fece più acceso.
“Ah queste vie quanto mi mancano... Sono anni che non le percorro… Anzi, ormai sono decenni… Sin
da quando negli anni della Seconda Guerra Mondiale dovetti lasciare la mia amata Trieste per sfuggire
alle leggi razziali e mi venni a rifugiare qui…Pensa che il mio primo viaggio a Firenze, nel 1905, fu
una grande delusione per me: non mi trovavo bene in questa città, mi sembrò una città morta. Per non
parlare poi dei suoi abitanti: un volgo antipatico e ciarlatano. Dopo invece, quando mi rifugiai qui per
sfuggire a chi mi perseguitava perché ero ebreo, la città mi nascose come una madre nel suo grembo. ”
Così il fumatore di pipa interruppe quel gelido silenzio che si era venuto a creare tra i due. “La guerra,
che tempi... Mi sto sentendo vecchio, molto vecchio… Mi sento antico come si sente antico un vaso di
terracotta rossa quando, dopo essere stato utilizzato per molti anni, ora si ritrova lì, nell’angolo del
ripiano più alto dell’armadio, dove non lo vede più nessuno tanto che non viene neanche pulito e per
questo si sta riempiendo di ragnatele… e giorno dopo giorno si sente sempre più inutile… e
preferirebbe essere stato rotto o essere stato dato a qualcun altro invece che lì a non far nulla… Ed
eccomi qui, camminando all’angolo di questa strada con lei e sentendo adolescenti e adulti parlare di
me, delle mie poesie… E non poter dir nulla riguardo ai miei pensieri, le mie opere e a tutto ciò che
loro credono di interpretare bene ma invece sbagliano…. Sono inutile… Vecchio e inutile…”
I due continuarono a passeggiare ma Saba non trovava commento da parte di De Andrè alle sue parole,
così proseguì: “E lei?”
De Andrè: “Io cosa?”
“Lei non si sente vecchio?... Vecchio e inutile?”
“Se le devo dire la verità non mi sento così… Sarà perché il tempo che ho passato lontano da questi
luoghi è poco rispetto al suo e quindi non provo questo forte sentimento di esclusione e vecchiaia…
Comunque infastidisce anche me questa presunzione che trovo in quest’aria fredda di Firenze… Le
persone che ci stanno camminando a fianco credono di conoscerci e di poter immaginare perché
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abbiamo scritto ciò che abbiamo scritto…. Perché invece non si limitano a leggere le nostre opere e
commentare con ciò che queste ultime suscitano in loro?!.... Eppure ai nostri tempi non c’era tutta
questa presunzione”
“Si ma ai nostri tempi non c’era neanche tutta questa libertà nel fare delle affermazioni e tanto meno
c’erano tutte queste persone che sapevano leggere e scrivere… O meglio, tutto questo accadeva ai miei
tempi piuttosto che ai suoi, in cui il tasso di alfabetizzazione era davvero basso… ”
Con in volto un’espressione molto pensierosa, il suo compagno di passeggiata fece un affermazione:
“Quanto è cambiata la società…Se solo si pensa a tutti i progressi industriali, scientifici, tecnologici…”
“Ma no!” Il grande poeta antinovecentista, preso dall’immensa voglia di argomentare la sua risposta,
proseguì unendo a ciascuna parola dei gesti veloci e ripetitivi. “Non serve prendere in considerazione
soggetti così fuori dalla quotidianità per poter notare i terribili cambiamenti che sono avvenuti. È
sufficiente osservare i comportamenti delle persone per vedere i cambiamenti della società!... Anche se
poi i protagonisti di questa vita sono sempre quelli… Come se ci fossero dei personaggi che devono
essere presenti costantemente nelle varie società…” Fece un grande respiro e, posizionandosi davanti al
cantautore, lo fece fermare e, agitando le braccia in modo molto teatrale, riprese: “«Qui prostituta e
marinaio, il vecchio che bestemmia, la femmina che bega, il dragone che siede alla bottega del
friggitore, la tumultuante giovane impazzita d’amore»... Gliel’ho detto, il modello da rispettare è
sempre il solito, è stato solo un po’ modificato: le prostitute prima si trovavano nelle case, ora affollano
la strada. I marinai che in passato, in caso di pericolo, avrebbero salvato le vite degli altri anche a costo
di sacrificare la propria, oggi giorno preferiscono salvare la propria e sacrificare quella altrui. Il vecchio
che bestemmia ora vicino a lui ha molti giovani che lo imitano. La femmina che bega adesso non ci
pensa due volte ad uccidere. Il dragone non è più seduto nella bottega di paese ma è costretto a partire
per andare a sganciare bombe, magari su dei poveri civili. La giovane ancora impazzisce d’amore…
probabilmente lei è l’unica che non è molto cambiata”
“Credo che lei abbia davvero ragione, signor Umberto… Sto provando a convincermi del brutto
cambiamento che il mio «diciottenne alcolizzato» ha fatto… E’ vero che si beveva già nell’età
adolescenziale anche quando noi eravamo piccoli, infatti non mi sconvolge il fatto che ora non si
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aspetta di avere diciotto anni per bere, ma mi scandalizza che al giorno d’oggi si è convinti che prima si
diventa alcolisti, prima si dà prova a tutti della propria forza… Che poi, cosa ci sarà di forte io non lo
capisco…”
“Questo è ciò che reputano forte?!... Sono basito! Ai miei tempi era forte colui che non si lasciava
abbattere dalla difficoltà della vita ma andava avanti… E questo accadeva non a trent’anni, perché oggi
è questa l’età in cui la maggior parte dei giovani trova lavoro e inizia a preoccuparsi di affrontare da
solo le difficoltà, ma accadeva a ragazzi di quindici anni… Sono cambiati i tempi! Sì, sono davvero
cambiati i tempi.”
“Ha perfettamente ragione, ma le consiglio solamente di aggiungere una premessa a tutto ciò che ha
detto” aggiunse l’uomo dalla giacca di camoscio color ocra.
“Sì, mi dica.”
“Molti situazioni negative che lei ha evidenziato sono causate dalle autorità, dalle grandi difficoltà in
cui i governi passati hanno lasciato questo paese e che quelli contemporanei non riescono a risolvere.
Questa non deve essere una giustificazione anzi, dovrebbe essere una motivazione in più per spingere i
giovani ad impegnarsi per migliorare la società in cui vivono e in cui dovranno vivere sicuramente
molto più di noi, non più così freschi. Ma purtroppo quest’impegno da parte loro io personalmente
ancora non l’ho individuato e mi dispiace molto.”
Il sole stava giocando a nascondino tra le nuvole e nel frattempo con i suoi potenti raggi aveva
riscaldato l’aria, ma nonostante ciò continuava a scendere una leggera neve. Era un’atmosfera molto
particolare e affascinante, piuttosto rara a vedersi. Sembrava come se fosse presente in quel giorno
proprio per incorniciare questo incontro epico tra queste due figure di rilevante importanza per la
cultura italiana e per dare a Firenze quel tocco di bellezza e di gioia in più. I due grandi poeti
proseguivano il loro profondo discorso, o meglio il profondo confronto tra le società in cui avevano
vissuto e quella odierna, quando, trovandosi ormai su “Lungarno Corsini”, entrarono in una trattoria di
pesce “Bistrò del Mare” per pranzare. Nel bel mezzo del pranzo lo scrittore triestino fece notare un
particolare avvenimento al cantante genovese.
"Ha sentito cosa diceva quel signore alla signora seduta di fronte a lui?”
“No, mi perdoni ero intendo a percepire quali gustose spezie si trovano nei miei spaghetti allo scoglio.”
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“Non si preoccupi, comunque ha detto «Questi giovani d’oggi dovevano vivere all’epoca mia, lì sì che
si sarebbero imparati cos’è la vita e come affrontarla.» Credo che si stesse riferendo alla scena di quei
due ragazzi che stavano prendendo a calci quel pezzo di pane che era sotto il loro tavolino… Sembra
come se quel signore volesse darci conferma che tutto ciò di cui stavamo parlando prima in strada fosse
vero.”
“Sì, sembra che sia così. Sa, mentre lei mi riferiva tale accaduto, mi è venuta in mente una sua
meravigliosa poesia: Avevo. Se la ricorda?”
“Certamente, pensa che potrei dimenticare le mie poesie? ”
“Dunque, stavo pensando che chi aveva veramente molto eravamo noi… Anzi forse la sua generazione
e anche le successive avevano davvero poco o nulla… Ma le generazioni che nacquero a ridosso e
successivamente al Secondo Conflitto Mondiale avevamo molto… Non mi riferisco a cose materiali
ma ai valori che vennero loro donati… e forse come per lei «Tutto mi portò via il fascista abbietto ed il
tedesco lurco», credo che oggi qualcuno a questi ragazzi abbia davvero portato via, o meglio non
donato, qualcosa di magnifico… I valori… Anche se grazie a Dio ci sono ancora ragazzi a cui sono
stati donati…”
“Davvero un’acuta osservazione! Concordo totalmente con lei signor De Andrè.”
I compagni di cammino finirono di gustare le loro portate a base di pesce e dopo aver pagato uscirono
dal bistrò. Per digerire il lungo pranzo e poter proseguire i loro discorsi decisero di continuare la loro
camminata.
La neve aveva ricominciato ad imbiancare la città, cominciava a farsi tardi, i lampioni ormai erano già
accesi, le loro fioche luci squarciavano la nebbia che da ore si era posata su quel paesaggio e in questa
surreale atmosfera tutto taceva. Anche i due poeti, che tanto avevano avuto da conversare fino ad
allora, sembravano aver esaurito gli argomenti. E allora continuavano a camminare, ancora e ancora,
avvolti nel silenzio. Finché, attraversate diverse vie, queste non cominciarono a divergere per far spazio
alla stazione.
“«Addio Bocca di Rosa, con te se ne parte la primavera»” disse con un filo di voce Saba.
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De André era scioccato, certo non credeva che un autore di tale importanza potesse conoscere una delle
sue canzoni, né tanto meno che ne pronunciasse i versi in quel momento…
Saba, accortosi dell’espressione sbalordita del giovan, disse: “Credevi non la conoscessi? Sai, mi ha
sempre interessato questo personaggio, è un personaggio che mi è molto caro poiché rappresenta gli
oppressi, «le lavoranti scontano la pena /della vita: innocenti prigioniere /cuciono tetre le allegre
bandiere.», oppressi che nelle mie opere ho così strenuamente difeso e di cui io stesso faccio parte. E
anche lei, Bocca di Rosa, nonostante sia costretta ad andarsene, sceglie di mantenere la sua unicità,
sceglie di non chinare la sua testa davanti a nessuno.”
“No, certo, è solo che non mi aspettavo la citasse in questo momento…” De Andrè fece una pausa,
come per cercare di ricordare le parole della canzone, ma poi continuò “Sì, infatti, in molte mie canzoni
ho condannato la falsa gloria dei potenti, il loro egoismo e l’ingiustizia delle loro azioni che hanno
condannato i vinti. E Bocca di Rosa ne è la portavoce.”
“Dopo queste sue parole, caro ragazzo, mi sento ancora più un vinto, mi sento un fratello per questi
semplici e poveri uomini, sciagurati come me, come me vittime.” rispose il poeta quasi commosso,
ripensando a quello che la vita gli aveva riservato, a quei dolori che in pochi sono riusciti a sopportare.
Però il cantautore quasi non se ne accorse e continuò il suo discorso “Dunque se a questi uomini è
attribuibile una colpa, è quella di aver lottato, per non aver accettato di essere burattini in mano a un
burattinaio.”
Al suo voltarsi, soddisfatto di ciò che era riuscito a esprimere, trovò un Saba in lacrime, ma con un
sorriso stampato sulla bocca.
E asciugandosi gli occhi rispose: “Lei è un bravo ragazzo Fabrizio, è per questo che le sue canzoni
saranno ricordate, per la passione che ha messo nello scriverle, come solo i veri poeti sanno fare.”
De Andrè chinò lo sguardo dall’imbarazzo. Certo non si aspettava un simile complimento da un uomo
così importante e ricominciò a camminare nel silenzio. Saba accennò un sorriso e imitò il cantautore
nella sua marcia silenziosa.
Immersi nei loro pensieri i due uomini continuarono a camminare per pochi minuti nel silenzio, anche
se sembrarono ore, finché lo scroscio dell’acqua portata dall’Arno non ruppe quel silenzio. Si
fermarono sul Ponte Santa Trinita.
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Osservando lo scorrere del fiume il grande poeta chiese gentilmente: “Caro Fabrizio, potrebbe suonare
una canzone?”
Il giovane cantautore, non senza un po’ di titubanza, tirò la chitarra fuori dal fodero, cominciò ad
accordarla e nel farlo chiese: “Quale canzone vorrebbe che suonassi?”
Città Vecchia rispose rapidamente Saba voltandosi.
“Prima diceva di sentirsi un vinto, di aver mantenuto la sua unicità, come Bocca di Rosa; in questi
minuti ci ho ragionato sopra e forse ho capito.” Cominciò De André. “Lei ha sofferto molto, è stato
costretto a fuggire da Trieste, da tutto ciò che aveva di più caro. Però ha mantenuto le sue idee, il suo
modo di essere, ha reagito, ha scritto, ma non ha mai veramente fatto parte di un movimento letterario.
La sua vera forza è stata quella di riuscire a mantenere continuamente e costantemente una rara fedeltà
al suo mondo ed al suo timbro.”
Il viso del vecchio si illuminò di un ampio sorriso e rispose con un semplice: “Sono contento che abbia
capito.” Che valeva più di mille versi.
“Nei quartieri dove il sole del buon Dio non dà i suoi raggi…” Accompagnato dalla sua chitarra il
giovane cominciò a suonare e a cantare, anche lui sorridente, come non era da molto.
Erano ore ormai che la neve scendeva senza mai fermarsi su Firenze, coprendola con un bellissimo telo
bianco. I due autori stavano dialogando ancora sul Ponte Santa Trinita con il manto cereo che si
adagiava soavemente e andava ad appoggiarsi su di loro e sul ponte, tanto che Umberto sentì il
desiderio di muoversi e chiese a De Andrè con un tono di voce molto basso: “Fabrizio le andrebbe di
incamminarci per quel sentiero che inizia alla fine del ponte?”
De Andrè, sorpreso dalla richiesta di Saba, rispose: “Dottor Saba sarei molto felice di fare una
passeggiata insieme a lei; mi dia il tempo di mettere la chitarra dentro la custodia e la raggiungo.”
Lo scrittore attese cinque minuti, il tempo che De Andrè impiegò a riporre la chitarra dentro la custodia
e poi domandò: “E’ pronto per partire adesso Fabrizio?”
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“Si, dopo aver cantato quella vecchia ma a me cara canzone, come d’altronde anche le altre, ho davvero
voglia di confrontarmi ancora con lei su nuovi temi. Dopo di lei.” Ed egli fece un gesto di galanteria
per cedere il passo allo scrittore.
I due artisti cominciarono ad incamminarsi, immersi in un’atmosfera silenziosa, quasi surreale per
quanta neve cadeva incessantemente su Firenze. A quel punto i due artisti si guardarono intorno ed
ammirarono la bellezza di quell’antica e maestosa città che ora dopo ora diventava sempre più bianca.
Con l’espressione di chi è innamorato perso di ciò che vede, Saba diede inizio a un nuovo argomento.
“Non so se ha notato ma con la neve tutto il paesaggio diventa ancora più magnifico e puro rispetto al
solito: le vie lattee assomigliano ad alcune dei grandi film di Natale e questo fiume con la sua
incantevole bellezza ti lascia riflettere sulla grandiosità della natura. Lei che ne pensa?” .
“Si è vero, la natura è qualcosa di eccezionale, secondo i cristiani è stata creata da Dio e invece qual è il
suo pensiero al riguardo?”
Lo scrittore a quel punto rispose: “Io, anche se sono ebreo, sono d’accordo con i cristiani! Lei cosa
sostiene invece?”
“Per me Dio è un mito idealizzato dalla Chiesa, infatti io penso che Dio è un uomo come tutti noi e che
sia stata la Chiesa a farlo passare alla storia come il “Salvatore”, per ingannarci.” affermò il cantante.
“Mi scusi, ma lei non ha scritto una canzone che parlava di Dio? Non si contraddice con quello che mi
sta dicendo?”
In quel momento il cantautore si sentì in difficoltà nel rispondere, dato che non sapeva cosa dire, però
trovò le parole giuste e disse: “Sì è vero, ho scritto una canzone che parlava di Dio ed in un primo
momento potrebbe sembrare una contraddizione la mia, però analizzando bene la mia opera si capisce
che ho scritto di Dio per smitizzare la sua figura, infatti io lo immagino come mio fratello, non come
mio padre!”
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“Sono parole molto forti quelle che hai appena detto, sei sicuro di queste tue affermazioni?” disse lo
scrittore con espressione stupefatta in volto.
“Sì, sono certo di ciò che ho detto e non credo che cambierò mai il mio pensiero, inoltre posso
aggiungere che tutti gli emarginati, quindi anche le vittime della povertà, non sono protette dalla luce di
Dio, che ha troppi impegni nel difendere tutti coloro che non lo sono.” Rispose De Andrè molto sicuro
di sé.
“Vede, Fabrizio, io non sono d’accordo con lei, in quanto io vedo la natura come nostra madre, vedo
Dio come nostro creatore e Gesù come nostro compagno di cammino, infatti, nella poesia A mia moglie
dissi che le femmine degli animali che si trovano in natura sono le uniche creature che avvicinano a
Dio.” Affermò lo scrittore dopo un lungo silenzio di riflessione, mentre si guardava intorno e ammirava
la bellezza della natura in quell’atmosfera magica creata dalla neve.
“Vedo che su questo concetto di Dio abbiamo idee opposte, però io rispetto la sua:”
I due artisti stettero in silenzio per un po’ di tempo dopo lo scambio di opinioni su Dio. Nonostante ciò
continuarono a camminare ed erano arrivati più o meno a metà strada quando sentirono delle campane
di una chiesa al rintocco e in quell’istante ripresero a conversare.
“Queste sono le campane di una chiesa! Non mi aspettavo che si sentissero fin qui!” esclamò con
stupore De Andrè
“Eh già… Perché non ci avviciniamo ed andiamo a vedere di quale chiesa si tratta?”
“Sì, perché no…Firenze è ricca di belle chiese; possiamo ammirare la loro monumentalità e bellezza in
questo modo” Rispose il cantautore.
Quando giunsero alla fine della via che avevano intrapreso, i due artisti si ritrovarono in Piazza Santo
Spirito, in cui trovarono la chiesa che li aveva incuriositi, ma non conoscendo tale luogo di culto,
chiesero informazioni in giro, alle persone che accidentalmente si trovavano sulla piazza.
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“Mi scusi se disturbo, mi saprebbe dare informazioni su questo monumento?” chiese lo scrittore ad un
signore seduto su una panchina della piazza.
“Questa è la basilica di Santo Spirito, non è una chiesa come tutte le altre, in quanto è stata costruita nel
1488 sui resti del convento agostiniano che fu distrutto nel 1471 da un incendio.” Rispose molto
gentilmente il signore a cui erano state chieste informazioni.
I due artisti allora cominciarono ad osservare da fuori la basilica, ammirandone la monumentalità e la
bellezza artistica, quando ad un certo punto Saba vide due ragazzi che stavano entrando in chiesa e lo
fece notare a De Andrè, dicendo: “Fabrizio guardi, due adolescenti stanno per entrare in chiesa, che
cosa ne pensa se li seguiamo e vediamo che cosa fanno?”
Il cantautore accettò e disse: “E’ un’azione inaspettata e per questi tempi è anche un po’ fuori moda
quindi sì, andiamo a vedere che cosa fanno.”
Seguendo i ragazzi entrarono nella basilica e si accorsero che era di stile gotico e divisa in tre navate
formate da colonne. I due ragazzi si misero in ginocchio e cominciarono a pregare in silenzio davanti al
Santissimo Sacramento. Dopo quaranta minuti i giovanotti uscirono dalla basilica ed incontrarono altri
amici che cominciarono a prenderli in giro dicendo: “Ma perché andate in chiesa a pregare? Siete dei
poveri illusi, tanto Dio non esiste e se anche fosse, di noi non gli interessa niente! Quindi tutte le vostre
preghiere sono inutili, venite con noi a giocare piuttosto che andare in chiesa a pregare!”
Uno dei due ragazzi si fece convincere facilmente e disse all’altro: “Per me hanno ragione, sono anni
che vado a Messa e non ricevo niente, quindi non verrò mai più in chiesa a pregare.”
L’altro ragazzo, forte della sua fede disse: “Secondo me non hanno ragione per niente, Dio non è un
mago, non ha la bacchetta magica, non è che tutto ciò che desideri lo esaudisce: Lui agisce perché
vuole il nostro bene e ci darà tutto quello che a noi serve per fare il bene non per fare il male, quindi se
vuoi vai, ma io non rinuncerò ad incontrare nostro Padre”.
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Usciti dalla basilica, Saba e De Andrè osservarono ed ascoltarono questa discussione tra i due ragazzi.
Si stupirono del fatto che certi ragazzi riescano a farsi convincere tanto facilmente per essere accettati
dagli amici.
“I ragazzi quest’oggi prendono di mira chi crede e chi porta avanti la sua fede, portando chi ha poco
carattere a fare ciò che fanno loro ed allontanandoli da Dio” affermò lo scrittore
Il cantautore, sconsolato per quello che aveva visto, disse: “Ha perfettamente ragione, chi non ha un
carattere forte è portato sulla cattiva strada ed è portato a lasciare ciò in cui crede per seguire la massa,
mentre chi ha un carattere forte continua a credere nei suoi ideali e continua a manifestare la sua fede
senza problemi.”
Ormai eravamo arrivati anche noi in quel luogo che fu teatro dell’incontro tra i due e inoltre loro primo
argomento di confronto, la strada. Più precisamente ci trovavamo al lato della fontana di piazza Santo
Spirito e continuavamo ad osservare e ascoltare quei due giganti della letteratura italiana che ci stavano
facendo provare davvero molta gioia nel darci la possibilità di poter sentire ciò di cui parlavano. Con
molta stima l’uno dell’altro si strinsero la mano e con parole molto eleganti si salutarono per poi
incamminarsi verso due vie diverse di Firenze.
Così facendo i poeti portarono a termine una chiacchierata durata un’intera giornata che diede a noi
cinque ragazzi molto spunti per ragionare. Infatti ancora oggi, a distanza di mesi da quell’accaduto
continuiamo a parlarne. Sì, quelle due meravigliose personalità ci hanno fatto capire che il tempo passa
e con esso le persone cambiano, ma ciò che non deve mai cambiare è la capacità di pensare, ragionare e
decidere con la nostra testa, proprio come fanno loro due. Nello stesso tempo ci hanno dato anche un
altro importante impulso: quello di non essere ostinati. Se vogliamo veramente modificare e migliorare
questa società, dobbiamo mutare anche noi, crescendo e avendo la forza di cambiare rotta se ci
rendiamo conto di aver sbagliato.. Ma attenzione, dobbiamo cambiare non nella forma, ma nei
contenuti, infatti anche secondo i due compagni di passeggiata, ciò a cui si deve ritornare sono i valori
che le persone avevano alcuni anni fa e che ora si sono un po’ persi. Abbiamo appreso dai due grandi
artisti la capacità di essere se stessi, senza farsi condizionare dalle correnti trainanti e dalla logica
dell’opportunismo..
Due grandi uomini non piegati al pregiudizio e per questo liberi, unici, indipendenti.
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BIBLIOGRAFIA
Umberto Saba, Il Canzoniere, Einaudi, Torino, 2014
Umberto Saba, Wikipedia (http://it.wikipedia.org/wiki/Umberto_Saba)
Fabrizio De Andrè, Wikpedia (http://it.wikipedia.org/wiki/Fabrizio_De_Andr%C3%A9)
Avevo, Umberto Saba, Poeti e libertà
(https://resistenzaoraesempre.wordpress.com/2011/07/07/umberto-saba-avevo/)
Testo Inverno di Fabrizio De Andrè, Angolo testi
(http://www.angolotesti.it/F/testi_canzoni_fabrizio_de_andre_1059/testo_canzone_inverno_33036.html
)
Testo La Città vecchia di Fabrizio De Andrè, Angolo testi
(http://www.angolotesti.it/F/testi_canzoni_fabrizio_de_andre_1059/testo_canzone_la_citta_vecchia_33
100.html)
Testo La cattiva strada di Fabrizio De Andrè, Angolo testi
(http://www.angolotesti.it/F/testi_canzoni_fabrizio_de_andre_1059/testo_canzone_la_cattiva_strada_3
3107.html)
Testo Bocca di rosa di Fabrizio De Andrè, Angolo testi
(http://www.angolotesti.it/F/testi_canzoni_fabrizio_de_andre_1059/testo_canzone_bocca_di_rosa_330
29.html)
Album discografici di Fabrizio De Andrè
Tesi di laurea riguardante Fabrizio De Andrè (http://deandre.altervista.org/tesi/tesi.html)
Sito ufficiale della Basilica di Santo Spirito (http://www.basilicasantospirito.it/)
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