Un prisma dalle mille facce. Il gioco è fenomeno sociale, culturale
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Un prisma dalle mille facce. Il gioco è fenomeno sociale, culturale
INCHIESTA GiocoCattedraB_GiocoNews 29/04/11 10.37 Pagina 10 Un prisma dalle mille facce. Il gioco è fenomeno sociale, culturale, storico, economico, psicologico…. come tale, ed era ora, è entrato a far parte integrante del mondo accademico italiano. Da nord a sud, dalle facoltà umanistiche a quelle scientifiche, sono sempre più numerosi gli insegnamenti universitari che si occupano di un particolare aspetto del gioco, contribuendo a ‘sdoganarlo’ da quella mera ludicità fine a se stessa, qualche volta guardata anche con sospetto e scetticismo, cui per lungo tempo è stato confinato. E se le università ‘azzardano’ sul gioco, la risposta da parte degli studenti è eccellente. Tanto più che, come detto, il ‘soggetto’ si presta a essere analizzato sotto molteplici punti di vista: economico, studiando per esempio le somiglianze di strategie e fini tra i giocatori di poker e gli amministratori delegati di importanti società; giuridico, con i tanti complicati meandri che interessano in particolare il gioco online; storico, calandolo in contesti assai differenti nel tempo e nello spazio, ma accomunati dalla presenza dell’elemento del divertimento e del tempo libero; per proseguire con le competenze informatiche che servono per progettare un videogioco. In questa inchiesta di Gioco News, un viaggio negli atenei italiani, alla scoperta delle esperienze didattiche sull’argomento più interessanti e innovative, raccontate dagli stessi protagonisti, i docenti che ogni giorno salgono in cattedra per parlare di gioco. di Anna Maria Rengo e Sara Michelucci 10 | Maggio 2011 | www.gioconews.it GiocoCattedraB_GiocoNews 29/04/11 10.37 Pagina 11 Dall’Aglio: “Per pokeristi e amministratori delegati stessi modelli di gioco non cooperativo” I “I modelli della teoria dei giochi si distinguono fra ‘non-cooperativi’ e ‘cooperativi’. A prima vista potrebbe sembrare che i partecipanti al primo tipo di gioco siano cattivi e i secondi buoni. In realtà la distinzione fa riferimento a situazioni diverse: nel primo tipo di gioco si è in presenza di interessi parzialmente o totalmente contrastanti fra i ‘giocatori’: ad esempio se analizziamo una partita a poker o le decisioni di amministratori delegati di aziende operanti nello stesso mercato; nel secondo tipo di gioco siamo di fronte a situazioni nelle quali la cooperazione fra i giocatori è vitale per la sopravvivenza dei giocatori stessi: basti pensare all'interazione fra un compratore ed un venditore, che pur avendo interessi contrapposti, debbono giungere a un accordo onorevole per entrambe le parti affinché avvenga lo scambio di merce contro danaro o al comportamento dei partiti politici che spesso debbono coalizzarsi fra di loro per esercitare qualsiasi tipo di potere. Naturalmente l'interesse dei singoli deve essere comunque salvaguardato anche in questo tipo di modello: nessun giocatore è in genere così altruista da sacrificarsi per il bene degli altri. Il gioco d’azzardo è storicamente e scienti- ficamente dipendente dal calcolo delle probabilità. Sulla base di questa considerazione come valuta l’attuale sistema del gioco pubblico in Italia? “Chiunque organizzi questo tipo di gioco dimostra di conoscere molto bene le regole matematiche sottostanti. Il gioco organizzato da qualsiasi stato non è equo e in questo l'Italia non è un eccezione: basti pensare che ad ogni turno (estrazione dei numeri o emissione di biglietti) il ‘banco’ restituisce ai giocatori una cifra ben inferiore alla somma raccolta (di solito la percentuale oscilla fra il 30% ed il 70%, a seconda del gioco considerato). Il gioco potrebbe diventare equo se il montepremi accumulato nei precedenti turni crescesse raggiungendo cifre elevatissime e questo avviene in circostanze rarissime: per esempio questo non è mai accaduto nel Superenalotto, neanche nel caso delle vincite multimilionarie che hanno riempito le prime pagine dei quotidiani nazionali negli ultimi anni. Detto questo bisogna bandire la schedina? Sicuramente bisogna evitare di spendere cifre significative che intacchino il benessere di una persona perché il gioco inteso come investimento finanziario è una pessima idea. Rimane il piacere del gioco, che è anche descritto e analizzato dalla moderna teoria economica. Se una persona percepisce un reddito regolare può essere giustificato spendere un euro alla settimana per fantasticare di tanto in tanto su una favolosa vincita, ma non bisognerebbe mai perdere il senso della realtà. Chiunque distolga percentuali significative del proprio reddito da altri consumi più necessari o dal risparmio non sta salvaguardando il proprio benessere. Lo dice il calcolo delle probabilità”. www.gioconews.it | Maggio 2011 | 11 INCHIESTA l gioco, o meglio ancora, la teoria dei giochi cooperativi e non cooperativi è ‘materia’ di studio anche alla facoltà di Economia dell’Università Luiss Guido Carli di Roma. Ne è docente Marco Dall’Aglio, professore associato di ‘Metodi matematici dell'economia e delle scienze attuariali e finanziarie’. “Il nome della materia ‘Teoria dei giochi’ – spiega - deriva da un importantissimo libro ‘The theory of games and economic behavior’ (La teoria dei giochi e dei comportamenti economici) scritto nel 1944 da un matematico, John Von Neumann e da un economista, Oskar Morgenstern. Il libro descriveva quei modelli nei quali le azioni di ciascuna persona avranno conseguenze sul proprio, ma anche sull'altrui benessere. Chiaramente è particolarmente naturale includere in questa modellistica i giochi, in particolare quei giochi di carte o di scacchiera con regole chiare e completamente definite, nei quali una carta giocata o una pedina mossa condizionerà il resto del gioco e quindi il suo esito finale, ma anche qualsiasi ambito delle scienze economiche e sociali nelle quali l'azione di un’entità individuale (ad esempio la decisione di un'impresa di aprire un nuovo impianto) ha conseguenze ben definite sulle altre entità individuali, che potrebbero essere favorite o danneggiate dall'azione della prima. Naturalmente queste relazioni sono reciproche: anche ogni altra entità individuale influenzerà con la propria azione il benessere della prima entità (benessere inteso come ricchezza, vantaggio strategico o addirittura felicità se facciamo riferimento ad una persona) Ben presto dal titolo del libro è caduta la seconda e più significativa parte che faceva riferimento ai comportamenti economici ed è rimasto l'esclusivo riferimento ai giochi. L'aspetto ludico non mi dispiace e forse rende la materia più interessante, ma è opportuno notare che la teoria dei giochi è alla base di numerosi modelli economici, tanto che il premio Nobel per l'Economia è stato finora insignito a ben 8 studiosi il cui interesse precipuo riguarda la teoria dei giochi e numerosi altri premi Nobel si sono serviti di questa disciplina per i loro risultati”. Quale differenza c’è dal punto di vista teorico e per ciò che riguarda le implicazioni economiche e statistiche tra i giochi cooperativi e quelli non cooperativi? GiocoCattedraB_GiocoNews 29/04/11 10.38 Pagina 12 Sbordoni (diritto dell’Informatica Univ. della Tuscia Viterbo): “Normalizzare il gioco vuol dire conoscerlo” i r i tto d e l l ’ i nfo r m a t i ca , co n u n o sguardo al gioco online. L’avvocato Stefano Sbordoni, esperto internazionale di gaming, è titolare presso l'Università della Tuscia di Viterbo della cattedra di diritto dell’informatica presso la facoltà di Scienze Politiche. Il corso è diviso in due moduli e uno fa riferimento proprio al settore del gioco via web. “Credo che sia l’unico corso in Italia che si occupa di diritto dell’informatica con un taglio sul gioco online. Oggetto di studio è l’organizzazione pubblica del gioco. Il corso in realtà coinvolge tutte le branche del diritto, dato che il gioco ha un raggio d’azione molto ampio. Diciamo che il mondo del gioco visto con l’occhio del giurista è un microcosmo, da considerarsi una palestra utile a comprenderne i vari aspetti”. Il gioco è infatti sempre più protagonista della vita degli italiani, tanto da diventare un’importante fonte erariale oltre che un INCHIESTA D vero e proprio settore industriale. E così anche all’Università si pone attenzione al settore. “Ci sono state già due tesi sul gioc o o n l i n e , e o ra è p r o n t a u n a t e r z a . L’interesse dei ragazzi – continua Sbordoni - è alto per una materia di questo tipo: soprattutto colpiscono quegli aspetti pub- blici e legali poco conosciuti di un comparto in costante evoluzione e di grande interesse per la società. Avere dei solidi riferimenti giuridici poi è importante, soprattutto per non incappare in qualunquismi e ovvietà quando si parla di questo settore. Troppo spesso si parla di gioco, mentre chi ha i fondamentali fa parte di una ristretta minoranza. L’Università studia dunque il gioco come fenomeno da valutare sotto vari aspetti e punti di vista, verificandone gli effetti, e non solo gli aspetti patologici dunque - che sono assolutamente importanti -, ma fanno parte di un mondo fatto di differenti aspetti. Normalizzare il settore del gioco significa affrontarlo sulla base di conoscenze”. Oggi il corso è una realtà consolidata che si propone di affrontare le tematiche legate allo sviluppo ed all'organizzazione della raccolta del gioco pubblico attraverso tecniche di comunicazione a distanza. (Sm) Fusiello (Dip. Informatica Univ. di Verona): “Videogioco, interesse tecnologico per ingegneri e informatici” econdo anno per il master in Computer Game Development promosso dall’Università degli Studi di Verona. Il corso è diretto dal professore Andrea Fusiello. Si rivolge ai laureati in Informatica o Ingegneria e si propone di formare programmatori di applicazioni videoludiche e multimediali interattive. Il corso è progettato per rispondere alle esigenze del mercato ed è orientato a fornire le abilità legate alla realizzazione di video- S 12 | Maggio 2011 | www.gioconews.it giochi con un approccio pratico che include insegnamenti tenuti da professionisti provenienti dal settore industriale. “Era un po’ di tempo che volevo realizzare un master di questo tipo – afferma Fusiello – e cercavo un’azienda che credesse in questo progetto. Alla fine abbiamo trovato alcune aziend e p a r t n e r, c o m e l a I d o r u d i Pa o l o Giacomello e il progetto ha visto la luce. Il videogioco, per un informatico, è interessante dal punto di vista tecnologico dato che ha una complessità a livello di programmazione, è multidisciplinare ed è difficile perché l’hardware a disposizione è ‘limitato’, cioè non è esattamente quello di ultima generazione”. Quanti alunni hanno aderito al master? “L’anno scorso 18, quest’anno sono 16 e se ci saranno nuove iscrizioni ci sarà anche un terzo anno. La componente maschile è prevalente, c’è solo una ragazza che segue il master, ma comunque anche l’altra metà del cielo è rappresentata”, racconta. L’Università ha accettato subito un master di questo tipo? “Si, abbiamo un preside lungimirante che ha subito accolto bene questa iniziativa. Il master è autofinanziato con l’iscrizione degli studenti e ha una partecipazione piuttosto variegata a livello regionale. Una caratteristica decisamente importante e che gli conferisce un peso maggiore”. (Sm) GiocoCattedraB_GiocoNews 29/04/11 10.38 Pagina 14 Ortalli (Storia sociale europea, Univ. Ca’ Foscari Venezia): , “Gioco componente della vita delle società” arco non può stare sempre teso! Anche la mente ha bisogno di riposo e il gioco svolge un ruolo fondamentale in tal senso. È una componente, da sempre, della vita delle società, anche se ovviamente cambiano nel tempo e nei contesti le sue caratteristiche, e non occuparsene significherebbe tagliare fuori una parte importante della nostra storia e modo di essere”. Il professor Gherardo Ortalli, docente alla facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, spiega così la decisione di aprire un corso in ‘Storia sociale del gioco e del tempo libero’ tra le materie del Corso di laurea specialistica in ‘Storia sociale europea, dal Medioevo all’età contemporanea’: “Avviato nell’anno accademico 2010-2011 lo hanno seguito una quarantina di studenti e, nonostante tratti di gioco, il livello scientifico scelto è stato senz’altro ‘pesante’. Ci occupiamo di gioco, ma non per gioco!”. Il gioco con vincita in denaro è solo una delle forme in cui la ludicità si manifesta: “Partiamo dal presupposto che il gioco è una pulsione innata, incomprimibile. A seconda del quadro sociale e dei tempi può consistere nel semplice non far niente come pure, all’estremo opposto, in attività assai articolate e costose. Per quanto poi riguarda quello d’azzardo, nasce nei termini in cui lo conosciamo fra il secolo XIII e il XIV, quando decollano le nuove concezioni INCHIESTA “L’ 14 | Maggio 2011 | www.gioconews.it economiche ancora oggi correnti: si ragiona di giusto prezzo, di lucro cessante e danno emergente, di partecipazioni finanziarie, bancogiro, lettera di credito e così via. È allora che in tutt’Europa le autorità pubbliche cominciano a mettere a profitto quello che prima era visto soltanto come un vizio gestendolo in via diretta o dandolo in appalto. I giudizi morali non si modificano ma lo Stato diventa maestro del gioco e biscazziere e nascono allora in sostanza le case da gioco ufficiali, pubbliche: gli antenati del casinò”. Dalla storia alla contemporaneità: “Oggi assistiamo a una svolta importantissima per ciò che riguarda la socialità del gioco: attraverso i sistemi informatici non è più necessaria la vicinanza fisica tra i giocatori, come sempre si è verificato per quelli che prevedono la partecipazione di più per- sone. I tempi che cambiano modificano i caratteri e i modi del giocare”. La storia sociale del gioco è scandita anche da periodi in cui il fenomeno è stato soggetto a dure critiche: “Penso per esempio al XIX secolo, quando le ragioni della politica e della fede (tanto l’etica cattolica quanto quella socialista e quella liberale) aprono la fortissima polemica contro il lotto, dal quale occorreva difendere i ceti popolari che buttavano quattrini correndo dietro a un’illusione. E questi sussulti continueranno a esserci anche in futuro contro il gioco o determinati giochi, specialmente se chi ne è responsabile (le autorità in primo luogo) non sapranno gestirlo nel quadro delle pratiche fondamentali della vita della società”. (Amr) GiocoCattedraB_GiocoNews 29/04/11 10.38 Pagina 16 , Videogioco, il linguaggio della modernità. Parola di Carlo Lucarelli di Sara Michelucci crivere una sceneggiatura per un videogioco non è cosa affatto facile. Per questo si è pensato di realizzare un corso in sceneggiatura per videogiochi che sarà attivato nel 2012 grazie alla collaborazione tra la 'Bottega Finzioni' di Carlo Lucarelli e l'Archivio videoludico della Cineteca di Bologna. Carlo Lucarelli spiega a Gioco News come nasce l’idea. “L’obiettivo della Bottega Finzioni - racconta - che abbiamo fondato a Bologna con Giampiero Rigosi e Michele Cogo, è quello di approfondire tutte le forme della narrazione e della scrittura di mestiere. Il videogioco, per come si è evoluto, è entrato prepotentemente tra i fenomeni culturali che necessitano di scrittori preparati e specifici. Abbiamo colto questa esigenza e abbiamo deciso di arricchire il 2012, secondo anno di attività della Bottega, di un progetto di scrittura per videogame, in collaborazione con l’Archivio Videoludico della Cineteca di Bologna e con Piero Di Domenico, docente di tecnologie multimediali al Dams di Bologna. Applicheremo al progetto la formula già avviata in questo primo anno di attività della bottega di narrazione, ovvero offrire la possibilità agli iscritti di lavorare gomito a gomito con professionisti della scrittura di mestiere, con l’obiettivo di confezionare progetti pronti per essere prodotti”. Il linguaggio dei videogiochi è sempre più presente nella società contemporanea, coinvolgendo soprattutto le nuove generazioni. Qual è la sua forza? “La forza – continua Lucarelli sta nel mettere insieme tante cose: la multimedialità, la dimensione narrativa, il gioco, e anche l’insegnamento, se pensiamo ai tanti videogame educativi in circolazione. Tutte queste cose insieme hanno creato un linguaggio che è un concentrato veloce, divertente, moderno. Direi che il linguaggio dei videogiochi potrebbe essere chiamato semplicemente il linguaggio della modernità”. Quanto è importante che anche l’accademia, la scuola aprano a linguaggi di questo tipo? “Non è importante: è importantissimo. La scuola deve aprirsi a tutti i linguaggi. Una volta sui banchi si studiava solo la letteratura, era quello l’unico lin- INCHIESTA S 16 | Maggio 2011 | www.gioconews.it guaggio oggetto di approfondimento. Oggi non è più così, per fortuna, perché ritengo sia necessario che i ragazzi abbiano la possibilità di studiare tutti i modelli narrativi, e tutte le forme di scrittura. Compresa quella del videogioco”. Si è mai appassionato a un videogioco o ha mai pensato di affidare a questo medium una storia? “Se mi sono appassionato a un videogioco? Certo che sì. A volte ho attacchi quasi compulsivi e riesco a stare sveglio a giocare fino alle cinque di mattina. Invece quando scrivo, dopo tre-quattro ore devo alzarmi, distrarmi. Quando gioco riesco a stare incollato per ore. Però non ho mai pensato di affidare una storia a un videogioco, anche perché non capivo cosa volesse dire scrivere per i videogame, se fosse uguale a scrivere un romanzo. Poi però, mentre giocavo, ho iniziato a pensare a cosa sarebbe successo dopo, nel gioco, e lì ho capito l’importanza della scrittura per un videogame. Quindi se prima non sapevo neanche come si facesse, ad affidare a questo strumento una storia, adesso forse potrebbe essere il momento giusto per farlo”. Gli allievi lavoreranno a un progetto che possa avere uno sbocco produttivo, in questo caso quindi diventare la storia per un'avventura digitale. Piero Di Domenico, che insegna al Daams di Bologna Te c n o l o g i e m u l t i m e d i a l i e d è u n o d e i docenti del corso sottolinea: “L’idea nasce dall’aver percepito un’esigenza. Il linguaggio del videogioco ha subito delle modifiche, soprattutto a livello di narrazione in alcuni suoi generi. C’è bisogno allora di nuove figure professionali di riferimento. Le sceneggiature dei videogame di solito sono state affidate a figure che appartengono al mondo del cinema, del fumetto, etc. il videogioco per il suo stesso dna ha delle caratteristiche peculiari e la nostra analisi è partita proprio da questo elemento: formare figure professionali specifiche che si muovono in questo mondo. Partire allora da analisi sul campo, entrando in ambito accademico. La novità è quella di far entrare a contatto il videogioco con lo studio umanistico, dato che solitamente sono più le facoltà tecniche ad approcciarsi ad esso. Il videogioco oggi costituisce uno dei motori più potenti di creazione dell’immaginario collettivo e i fili che si annodano tra videogame e altri linguaggi sono sempre più intrecciati”. Michele Cogo, tra i fondatori della Bottega afferma: “Da sceneggiatore mi ha sempre incuriosito la struttura del videogioco. Scrivere una storia e giocarla è un rapporto molto interessante. Si approfondisce e si s co p re l a s t r u tt u ra d i u n v i d e o g i o co. Rispetto alla sceneggiatura di un film, quella del videogioco credo che abbia una struttura molto più ramificata, tipo quella di un libro game, con una storia in divenire”. Un assaggio della novità si può avere partecipando al workshop dedicato alla sceneggiatura per videogiochi. Si tratta di tre incontri con professionisti del settore, aper ti ai 45 par tecipanti alla Bottega Finzioni di quest’anno e a chiunque sia curioso di scoprire i dettagli di questa ennesima sfaccettatura del mestiere di raccontare. Tutte le informazioni su www.bottegafinzioni.it .