anima mundi - Comune di Raveo

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anima mundi - Comune di Raveo
m a c r o c o s m o
anima mundi
Nadia Marcuzzi
Pubblicazione realizzata grazie al contributo di:
Consorzio dei Comuni del Bacino Imbrifero Montano
del Tagliamento delle Provincie di Udine e Pordenone.
Mostra/evento “Macrocosmo Anima Mundi”
organizzata:
contributo:
Comunità Montana
della Carnia
patrocini:
Comune e Parrocchia di Raveo (UD)
Club Unesco di Udine
Associazione Onlus Smile Again FVG
m a c r o c o s m o
anima mundi
Nadia Marcuzzi
mo s tra i tinera nte Ra ve o
Mostra/evento “Macrocosmo Anima Mundi”
Ideata e realizzata dall'artista Nadia Marcuzzi
Curatore artistico e public relation: Dott.ssa Raffaella Ferrari
www.raffaellaferrari.it - [email protected]
Art Director: Nadia Marcuzzi
Allestimento: Ilaria Rotter, Sandro Nait
Graphic project: Ilaria Rotter
Fotografia: Emilia De Monte, Alessandro Nazzi
Impaginazione&stampa: luglio 2013 - Tipografia Moro Andrea - Tolmezzo
LUOGO DI SILENZIO E DI ASCOLTO
Angelica Bonanni amava definire il complesso della Beata Vergine del Monte Castellano e del convento francescano
come un “luogo di silenzio e di ascolto”: un’oasi di pace e serenità dove poter chiudere le porte alla frenesia e ritrovarsi
in armonia con l’ambiente e con se stessi, lasciandosi avvolgere da infinite emozioni.
Un rifugio ed una sorgente per l’anima che, nonostante la natura abbia gelosamente celato allo sguardo umano, ha per
secoli vegliato in silenzio sul paese di Raveo e sui suoi abitanti, accompagnandoli nelle loro vicende e traversie, dando
sollievo a coloro che da sempre sono alla ricerca della pace e della serenità.
Grazie alle opere di Nadia Marcuzzi abbiamo la possibilità di riscoprire questo luogo incantato e di compiere un viaggio
nella parte più profonda dello spirito umano, con una delicatezza che ci accompagna nei luoghi della natura e dell’anima.
Questo percorso si intreccia con le sensibilità artistiche della nostra beneamata concittadina Angelica Bonanni, maestra,
scrittrice e pittrice, proprio nel luogo a lei più caro, custode delle sue ispirazioni ed emozioni, le quali, passo dopo passo,
potranno essere vissute ed ascoltate dal viandante che saprà lasciarsi avvolgere dalla magia del posto.
Il Sindaco di Raveo
Daniele Ariis
UN SANTUARIO E UN ROMITORIO IN PLAN DI CES
Giacomo Bonanni - Storico
SANTUARIO
Sorto nel 1619 nelle vicinanze di un capitello, che aveva sostituito il masso su cui erano poste due stampe, ampliato da
Battista Pecol a scioglimento di un voto per scampato pericolo d’incendio, sul luogo di un’antica chiesetta dedicata alla
maternità di Maria, è tramandato come luogo di una «magnifica visione o apparizione» dapprima e per due immagini
miracolose che ne fanno memoria poste sopra un masso poi; una prima ‘specializzazione’, terapeutica, per mandar via la
febbre; ‘specializzazioni’ successive in altri campi, dai parti difficili agli incendi, alle temporanee resurrezioni dei bambini morti
senza battesimo agli incidenti, aggressioni, morsi di vipera, epilessia, «mal della pietra», mancanza di latte nelle puerpere.
Si colloca lungo un antico percorso che portava ai luoghi della fienagione in Valide, Luvieis e Pani, e come luogo di sosta
privilegiato per la preghiera. Il santuario, si connotava come luogo di devozione extralocale in quanto meta di pellegrini
attratti dalle vicissitudini miracolose del luogo.
Il 30 aprile 1619 i raveani inviarono al Patriarca una lettera con cui chiedevano l’autorizzazione alla costruzione della chiesa
votiva da dedicare alla Madonna. Il Patriarca Ermolao Barbaro concesse licenza di erigere detta chiesa l’11 maggio dello
stesso anno. I lavori iniziarono immediatamente (5 giugno 1619) con la partecipazione generale della popolazione. Si
lavorò sodo e con perizia. Il 15 marzo 1620 i
lavori erano ultimati (come testimoniano le date
incise su due peducci di pietra grigia, rinvenute
durante il restauro del 1973. Il cameraro, il
podestà e gli uomini di Raveo chiesero il
permesso di trasportare l’immagine della
Madonna dal capitello alla nuova chiesa e che
venissero officiati i riti di consacrazione. Il
Patriarca acconsentì il 1° agosto 1620. Da una
nota derl 1629 risulta che la fabbrica era costata
1600 ducati.
ROMITORIO
Alle spalle della Chiesa si trova l’ex Romitorio
fondato nel 1686 dai Frati francescani.
Odorico Bonano di Raveo chiese ed ottenne dal
Comune di Raveo il 5 giugno 1686, la donazione
di un pezzo di bosco situato nei pressi, e “dopo
aver sradicati molti cespugli e alberi selvatici,
fabbricai a mie spese una celletta per mia
abitazione”. Nel 1689 Odorico fu costretto a
portarsi a Roma dal generale dell’ordine
francescano, per ottenere l’assenso e vestire
l’abito di terziario. Ovvero, Odorico ed i suoi eventuali seguaci sarebbero rimasti dei laici, senza ottenere gli ordini che
ogni altro conventuale avrebbe dovuto conquistare, ma si sarebbero ugualmente impegnati ad osservare la regola ed a
vivere in povertà, castità ed obbedienza. Ciò avvenne nel 1691. Ben presto ebbe il suo primo compagno: Valentino
Bonano giovanetto di dieci anni circa che successivamente venne chiamato fra Felice.
Di lì a qualche anno se ne aggiunse un terzo: era questi un fratello di Valentino, Nicolò Bonanni, già sacerdote, che «sin
dalla tenera età haveva nutrito interiormente il genio di tal ritiramento», ma non aveva potuto portarlo ad effetto a causa
dell’opposizione del padre. «Essendo finalmente passato a miglior vita il genitore», si aggregò alla compagnia, con il nome
di padre Bonaventura.
Il romitorio riuscì a sopravvivere alle soppressioni che colpirono un numero considerevole di monasteri fra il 1766 ed il
1770, quando la Repubblica di Venezia intraprese la politica di vasta riduzione del numero del clero regolare. Fu soprattutto
per il carattere particolare del romitorio e dei romiti, non ancora divenuti un vero e proprio monastero; tanto valeva lasciarlo
sopravvivere.
Durante quei decenni, le polemiche e le riserve espresse contro i frati cominciavano ovunque ad accumularsi: troppe la
prerogative ch’erano concesse loro, e troppe le libertà che si arrogavano, in particolare quei gruppi come i terziari che
non erano vincolati da alcuna ordinazione. Va letta anche in questa prospettiva la dura reazione del pievano di Enemonzo
Paolo Verzegnassi alla richiesta avanzata dai romiti nel 1754 di poter celebrare entro il piccolo oratorio che avevano
costruito nel 1710.
Il monastero all’epoca, cresciuto per numero di religiosi, fiorì fino alla soppressione dell’Ordine decretata dalla Legge
italica del 1810. Oggi di proprietà privata, accessibile solo in occasioni particolari.
Prefazione MACROCOSMO ANIMA MUNDI
Raffaella Ferrari - Critico d’arte
L’anello di congiunzione tra la creazione artistica, il luogo d’esposizione, persone, pensieri e sentimenti per la realizzazione
di questo evento, ideato dall’artista Nadia Marcuzzi, è la necessità personale di dare al mondo nuovi spiragli di luce per
affrontare la vita, creando una sorta di sciolto dialogo, che non è altro che l’arte di vivere insieme, tra chi esprime
artisticamente il libero pensiero e chi si mette in ascolto e accetta di interiorizzare il messaggio inviato.
Per questo c’è bisogno di “pacificatori”: donne e uomini che cerchino realisticamente le vie della pace, educhino alla
pace, comunichino uno spirito di pace.
A volte ci poniamo delle domande alle quali il silenzio risponde senza voce...il silenzio più assordante, tagliente e acuto
che si abbia mai sentito prende rumorosamente il sopravvento, ma con il silenzio comunque comunichiamo e lasciamo
spazio alla meditazione personale iniziando spontaneamente un percorso soggettivo e riservato. Talvolta bastano dei
piccoli input per sgranellare una serie di profondi pensieri sulla propria esistenza e sul perché delle cose.
Il mondo di oggi è caratterizzato dalla diffusione della violenza, dal terrorismo e dalle guerre ancora aperte fatalmente
unite alla violenza diffusa e al NON rispetto verso ciò che ci circonda, essa sia natura o genere umano.
Alla luce di ciò bisogna riproporre nuovamente e con serietà il problema della pace nel mondo, del rispetto della Madre
Terra offesa dall’inquinamento e dal depauperamento e giungere ad una profonda considerazione sull’uomo
contemporaneo intaccato dal degrado valoriale con il derivante sfaldamento famigliare e conseguentemente il
disfacimento della società in cui vive.
Da qui dunque tutto nasce con l’artista Nadia Marcuzzi che, dopo un lunghissimo lavoro di “scavo” nella propria anima
e dopo aver risolto fondamentali nodi personali, si proietta con lo “SGUARDO” all’ esterno di se stessa e si lancia
nell’esaminare le ferite materiali e spirituali dell’anima del mondo.
Macrocosmo Anima Mundi racconta l’anima del mondo contemporaneo attraverso l’espressione poetico-scultorea
dell’artista. L’autrice, essendo legata profondamente ad altre forme artistiche come: teatro, danza e musica, decide di
inserire ed entrare in sintonia con queste espressioni scelte e battezza un’incantevole sinergia con il musicista Johnny
Dario e la dance artist Debora Di Centa riuscendo a trasmettere lo stesso “stato d’animo” e lo stesso pensiero in varie
lingue espressive assicurandosi di conseguenza di entrare profondamente nell’intimo di ognuno di noi.
Rispetto all’edizione del 2012, visto che questo progetto comunque è itinerante, e che ha trovato come prima ubicazione
la Pieve di San Pietro, Glesute da Madone, Macrocosmo/Anima Mundi-Microcosmo/Anima Hominis, il palinsesto ora si
rinnova e si arricchisce di una nuova figura che funge da anello di congiunzione tra Nadia e il luogo, il Santuario della
Beata Vergine del Monte Castellano, scelto per la nuova performance unite dal comune Messaggio d’Amore: Angelica
Bonanni, donna, scrittrice, artista esemplare carnica si è adoperata per tutta la vita a favore degli altri e alla continua
ricerca della propria spiritualità. Essa ha liberato energie di pace, sostenuto percorsi di riconciliazione, favorito amicizie e
costantemente parlato d’amore assoluto. Angelica inoltre è stata custode spirituale dell’eremo dei Francescani e a lei
sarà dedicato il concerto del gruppo corale “Villa Chorus” di Villa Santina diretto da Johnny Dario.
Nadia e Angelica hanno fatto un percorso parallelo nella ricerca della loro intima essenza, entrambe attraversano la
sofferenza della propria esistenza con grinta e convinzione che la vita ci riservi momenti di buio intervallati a momenti di
luce. Le due donne con umiltà e determinazione accettano le prove della vita e conquistano, passo dopo passo, la via
dell’elevazione spirituale muovendo verso una strada interiore che porterà alla luce dell’Amore, Dio.
Questa maturazione e saggezza è stata raggiunta e conclusa da Angelica, Nadia invece lentamente e naturalmente
concorre al raggiungimento della pienezza in ogni esperienza del proprio vissuto.
Il testo/preghiera che narra in chiave la poetica artistica di Nadia Marcuzzi e il punto cruciale da cui ha fine e inizio questo
emblematico percorso è: “Il Signore Pietà”, in cui l’artista dopo un importante lavoro di indagine sulle ferite del mondo, in
cui denuncia l’uomo di aver distrutto la natura a causa del proprio egoismo, di non guardare più agli altri ma solo a se
stesso, accusa ulteriormente le violenze sulle donne e i loro figli , sulle persone meno fortunate fino ad arrivare al massacro
delle nostre anime e chiede, umilmente a Dio, di riportarci sulla via dell’amore. Queste parole divengono in sintesi il trait
d’union tra la produzione artistica e il pensiero “parlato” dell’artista. Nadia dapprima concepisce le opere senza un filo
logico anche se poi tutto si incastra magicamente e trova propria forma e senso.
Dal caos all’ordine, dal buio alla luce, tutto segue una naturale evoluzione un suo percorso.
L’artista così smette di fare un’esplorazione introspettiva classica per gli artisti informali e volge ad un’analisi verso il mondo
contemporaneo, letto secondo una chiave soggettiva, e le sue ferite intime e profonde, redigendo il testo: “Signore Pietà”,
il testo, scritto di getto, è associato ad una serie di tavole in ceramica, dittici e trittici, incisi, graffiati e trattati con colori a
spruzzo, che ricordano le stazioni della Via Crucis.
Un testo carico di amore e di umana sofferenza non poteva non essere associato che al senso generale dato alla “Via
della Pace” di Angelica, in cui venivano inseriti nel percorso che portava da Raveo al Convento dei Frati Romiti messaggi
d’amore, atti a risvegliare l’amore e l’umana fratellanza, nella condivisione e nel non egoismo. Se da una parte dunque
c’è la rivelazione oggettiva e acuta di ciò che non funziona in questo mondo, dall’altra ci sono una serie di consigli di
come farsi sommergere dall’amore e di come vivere in sintonia e nel rispetto con gli altri.
In fin dei conti l’uomo adulto è libero, consapevole, responsabile e in grado di relazionarsi con gli altri esseri umani in
modo profondo ed autentico, l’importante è non smarrire queste vitali viste per poter sinceramente condividere le cose
della vita. Cosicché l’uomo necessita di percorrere un proprio cammino spirituale, lungo il quale si avanza per conseguire
un obiettivo determinato, quale ad esempio un più alto stato di consapevolezza, il raggiungimento della saggezza o la
comunione col divino in termini di trascendenza o di immanenza, il che solitamente presuppone una qualche forma di
liberazione dalla materialità e non solo.
Se parliamo di spiritualità dunque essa è anche descritta come un processo in due fasi: la prima relativa alla crescita
interiore, e la seconda relativa alla manifestazione di questo risultato nell’esperienza quotidiana del mondo; essendo così
l’esperienza di Nadia nei confronti del mondo rispetto a quella di Angelica storicamente diversa, la cosa piacevole è
comunque che entrambe concorrano allo stesso fine dato dal rispetto e amore.
Un ulteriore importante considerazione riguarda i vari cammini che si possono percorrere durante il fluire della nostra vita,
non sempre riusciamo ad imboccare le strade giuste, a volte continuiamo recidivi a camminare e scegliere vie sbagliate
cosicché, l’uomo alla ricerca della propria spiritualità, necessariamente chiede a qualcuno a lui superiore di condurlo con
l’amore a superare il proprio cieco egoismo restituendolo all’umiltà e consapevolezza verso se stesso e orientandolo verso
la retta Via. In fondo tutti noi almeno una volta nella vita assaggiamo quel sapore acre del dolore, sapore che non viene
levato dall’acqua e ne lenito dalle parole altrui, ma che ti porta a sprofondare o a inseguire vie da noi credute della
resurrezione che non sempre sono corrette solo perché siamo confusi dalla paura. Con la consapevolezza possiamo uscire
dal baratro, questa personale esperienza si può applicare a tutte le ferite individuali che poi possono essere universalizzate.
Le tavole di Nadia divengono così tracce di vita, pagine di libri, emozioni impresse ed estese ai propri intimi pensieri e
sono rese fruibili a tutti in un aperto dialogo.
La Marcuzzi dice: “Ho compreso che questo mio fare ha portato alla “luce” linee di conflitto, deflagrazioni sedimentate
nella mia anima e quello stesso lavoro ha consegnato alla mia consapevolezza”. La saggezza altresì raggiunta da Angelica
in vita ed espressa attraverso il suo Testamento Spirituale nel quale ringrazia il Signore per averle concesso lunga vita in
questo mondo, di averla costantemente sostenuta nel bene e nel male, di averle dato una famiglia amorosa e di aver
incontrato nel lungo percorso tante persone che l’hanno amata e sostenuta, si unisce emblematicamente al senso del
rispetto e amore ricercato nel “Signore Pietà” di Nadia, unica differenza è che Angelica ha trovato Dio e invece Nadia
ancora lo cerca. Forse la scelta del luogo tanto caro ad Angelica, la magia della natura che timidamente si apre e fa
scorrere la luce tra i suoi anfratti, il verde degli alberi e l’azzurro del cielo, il mistero del luogo fatto di preghiere, apparizioni,
antichi profumi e spiriti/fantasmi di preghiere, lavoro e umiltà contorneranno amorevolmente tutto il cammino fatto fin ora
dall’artista e dalle persone che tanto hanno creduto in lei e nella sua idea.
Le condizioni in uno scenario naturale e storico tale permette sicuramente la contemplazione del messaggio dell’evento
nel silenzio. Oltretutto questo luogo è tanto caro all’artista in quanto da ragazza usava trascorrere molto tempo in
questi spazi.
Sicuramente i canti composti e musicati dal maestro Johnny Dario in onore di Angelica e in favore di Nadia renderanno
quest’incontro spirituale tra le due donne, risvegliando in noi sentimenti e consapevolezze che per essere in questo mondo
inevitabilmente bisogna cercare la comunione, bisogna cercare di uscire dall’isolamento, dalla solitudine, e portarci a
scoprire che la vera comunione e la condivisione sono possibili, che si possono abbattere barriere tra popoli e uomini per
cercare un mondo migliore iniziando principalmente dal rispetto che è sinonimo di amore.
Se un uomo non passa attraverso un... risveglio spirituale, non può conoscere Dio, vivere è amare le persone e il loro
Creatore.
L’indagine dell’artista Nadia Marcuzzi parte da ciò, ed emblematicamente incide nelle sue tavole, attraverso particolari e
personalissimi grafemi, una sorta di libro dei suoi pensieri. L’opera di Nadia si fa grande e assume forza nel momento in
cui viene inserita in un contesto, in un luogo immerso nello spirito della natura, della storia, delle radici della vita e affronta,
con determinazione e coraggio oltre che con grande energia positiva, un viaggio che conduce ad un messaggio d’amore.
Per comprendere l’opera dell’artista ci si deve affidare al proprio cuore e alla nostra personale sensibilità, attraverso le
parole e le opere inevitabilmente riaffiora in tutti noi il nostro vissuto e la nostra individuale esperienza di vita portandoci
necessariamente ad immedesimarci nella narrazione visiva e scritta. Il senso globale dell’opera è così completa perché
fruibile e compiuta, l’atteggiamento importante del fruitore è quello di accettare di percorrere la strada indicata e alimentare
la propria voglia di immergersi e capire lo spirito e il messaggio dell’artista.
Per la Marcuzzi l’arte è una sorta di terapia di guarigione: grazie all’ opera materializzata dall’ispirazione riconosce i propri
sentimenti e agisce su se stessa superando i nodi esistenziali raggiungendo così a mezzo del silenzi la consapevolezza
della sua esistenza. L’autrice subisce passo passo una sorta di catarsi che la innalza alla pienezza dello spirito, ossia
verso Dio.
Dopo questi terremoti emozionali e creativi Nadia, raggiunta la piena maturazione, è così pronta a condividere con gli altri
il proprio percorso augurandosi, attraverso la rivelazione avuta, di consegnare risolutamente al prossimo la propria missiva
d’amore.
m a c r o c o s m o
anima mundi
Pietà Signore
... per noi Pietà
per aver decimato
l'ape
la lucciola
e il maggiolino
e tutti i piccoli esseri dell'aria
che allietavano la bellezza dei nostri prati 1
Pietà signore
per noi Pietà
per aver distrutto la foresta
per la nostra affamata idea
di costruire
buttare...., e costruire 2
Signore
per noi Pietà
per aver violentato i mari con il petrolio
e le radiazioni
e aver disseminato in lui
i corpi dei nostri fratelli più disperati 3
Signore
per noi Pietà
per le inutili guerre e massacri
che continuiamo a ripetere
senza saperci fermare 4
...e perchè fagocitati
dal bisogno di prendere e fare
non sappiamo più cos'è un gesto d'Amore 5
Per le nostre unioni dissacrate
...Signore
gli uomini dimentichi
i figli dimenticati
le madri implose
le donne massacrate 6
Il massacro più grande
è quello delle nostre anime
….Signore 7
Pietà Signore
ti prego
Pietà
prendici per mano
e riportaci sulla Via dell'Amore
di Cuore in Cuore
Signore
...non posso vedere la nostra fine
e quella di questo paradiso
dove tu ci hai dato di abitare 8
Pietà Signore
per me...Pietà
che ho fatto ben poco in questa Vita
ma lasciami dire
con la scintilla di talento che mi hai dato
lasciami almeno parlare d' Amore
...o della sua nostalgia. 9
NADIA MARCUZZI_via dell’Amore
Raffaella Ferrari - Critico d’arte
Il percorso creativo di Nadia Marcuzzi ha inizio nel 1986 e, dopo un’iniziale periodo di sperimentazione volto alle varie
forme artistiche, la Marcuzzi approda e approfondisce la sua espressione realizzata sulla terracotta. Libera ed
incontaminata da qualsiasi tendenza artistica l’autrice persegue e segue solamente ciò che le chiede il cuore e, presa da
tumultuosi pensieri ed emozioni vivissime, principia il proprio cammino con il primo ciclo a titolo: “Bruma di Mare”.
Attraverso questa serie di tavole scalfite, modellate, segnate l’artista si avvicina teneramente e in punta di piedi ai quattro
elementi: acqua, terra, fuoco e aria, in una sorta di reset mentale atto ad allontanare la propria esperienza di vita in favore
dell’appropriamento necessario della realtà oggettiva quindi dell’origine delle cose. Attuato questo primo aggancio con
gli elementi primordiali l’artista ripone nel suo messaggio la consapevolezza dell’essere donna/madre e nell’acqua distingue
il suo elemento principale in quanto il viaggio dentro sé è stato condotto dal fluire di sensazioni profonde, l’acqua è il
principio di tutte le cose, l’acqua è fonte di spiritualità,
scintillante goccia di luce divina, l’acqua è flessibile, umida e
feconda, per questo rappresenta il femminile per eccellenza.
L’acqua è estremamente adattabile, passiva e ricettiva.
Anche per questo il linguaggio della Marcuzzi passa in questo
ciclo da un figurativo ben accennato per riversarsi, già da
allora, in una rilettura dell’opera informale carica di profondi
significati spirituali e metafisici. E proprio questi moti
dell’anima sono tradotti tecnicamente nei bassorilievi d’acqua
attraverso una lavorazione più o meno concitata della
materia, dove risultano campiture pure che fanno trasparire
l’essenza vera, grezza dell’argilla opposte ad altre soluzioni
più elaborate.
L’artista affronta così un primo viaggio con esiti sicuramente
di grossa caratura all’interno di sé e del suo essere donna.
Il secondo periodo vien da se in quanto il primo percorso
artistico accenna e porta inevitabilmente ad approfondire ed
appuntare ulteriori considerazioni rivolte all’essere femminile
da qui nasce: “Femminile Singolare”, viaggio all’interno di sé.
L’artista attraverso la realizzazione delle sue opere mette alla
luce l’oggetto della sua essenza e affronta con
determinazione i viluppi e le ferite del suo percorso facendo
emergere decisa le esperienze di vita da troppo tempo
mascherate o volutamente accantonate per riuscire a trovare
un contatto con la propria consapevolezza atta a restituirle, attraverso questo lungo lavoro di levigatura, le soluzioni e le
giustificazioni necessarie e utili per capire a tutto tondo se stessa. Proprio con questo ciclo la Marcuzzi inizia ad imprimere
nella “sfoglia”di argilla i nodi cruciali della sua definitiva poetica inserendo marcatamente bozzoli e reti da un chiaro e netto
significato intrinseco. La “rete” impressa è recuperata ogni dove e simboleggia metaforicamente l’esistenza e la nostra
provenienza dal momento in cui nasciamo e veniamo immessi in una famiglia e conseguentemente in un contesto sociale.
La stessa rete ti imprigiona ma anche ti da modo di liberarti e la redenzione avviene solo ed esclusivamente quando
troviamo in noi la sorgente dell’amore, in quel momento ci trasformiamo in luce, Dio.
Il filo che rileviamo associato alle reti e sempre presente nelle tavole di Nadia, è l’unione trascendentale tra noi e l’universo,
ossia il tutto. In questo stesso ciclo inoltre scorgiamo un ulteriore elemento fondante che verrà sviluppato in maniera più
approfondita nei successivi cicli dell’artista: “Il Bozzolo” . Esso è figurato ed è un agglomerato, un punto a superficie
variabile che mette in luce le costrizioni, i nostri doveri nei confronti degli altri e di noi stessi, le paure che ci imbozzolano,
insicurezze ed anche le promesse e le aspettative depositateci da chi ci circonda convogliandoci in una via di enorme
responsabilità. Una matassa dunque costituita da indubbi problemi e considerazioni intrappolate in questo nodo contenuto
e intrappolato nella rete da sbrogliare solo ed esclusivamente attraverso la consapevolezza e la forza personale, grazie a
ciò il bozzolo inizia a prendere altre forme, si liquefa e si trasforma in luce conquistando la propria libertà e autonomia
svincolandosi di conseguenza dalla rete. Interpretati questi tre fondanti emblemi della poetica artistica di Nadia ossia:
Rete, Filo e Bozzolo e capite le loro interazioni e simbologie penetriamo e semplifichiamo il nostro importante impegno di
decodificazione dei messaggi inviati dall’artista riuscendo così a trovare un punto di contatto e dialogo con Nadia
interfacciandoci e facendo nostre le sue esperienze. A conclusione di questo ciclo una frase dell’artista è illuminante: “In
questo lavoro si rivela la forza dell’anima che spinge alla luce ferite antiche, per consegnarle alla mia consapevolezza,
come se la “mia bimba interiore” (che non è altro che l’essenza) pretendesse l’attenzione e l’amore necessari per vivere…
.attraverso queste tavole ho potuto esprimere la mia unicità di persona prima che di artista”.
Il terzo periodo intitolato: “Il Canto del Bue alla Luna”, è un viaggio nel mondo emozionale, sensoriale e creativo dell’artista
raffigurato attraverso tutte le possibili sfumature date dalle ombre e luci della notte che catturano e amplificano le emozioni
forti come paura, passione, gioia ed estasi. Il Bue e la Luna, avvolti dal silenzio della notte dialogano a distanza (e’ una
metafora tra il piccolo uomo e il grande universo)cullati e accompagnati dagli occhi della natura che li circonda, tutti
concorrono nell’intendimento volto alla ricerca di antichi segni/tracce di esistenza. Come la terra, assorbita l’umidità della
notte, si fa accogliente e assimila in se le tracce del bue errante e come dimostrato nei secoli, ha sempre accettato di
essere la destinataria di qualsiasi forma di vita che la calpesti o che la penetri custodendola gelosamente, nella sua
essenza, tracce di vita consegnate così all’eternità.
Il quarto ciclo, a me molto caro, è denominato: “Terra della memoria”, è la raffigurazione di un viaggio di Nadia nella
memoria famigliare in cui vengono a galla ricordi, compassione, tenerezza e amore relazionati alle origini della vita
dell’artista e alla personale esperienza nell’ambito della propria famiglia. La raccolta comprende una serie di pezzi
delicatamente lavorati a imprimitura. Le formelle hanno una storia da raccontare, ogni pezzo non è fine a se stesso, ma
ha bisogno di essere completato e sostenuto dagli altri elementi per raggiungere un proprio equilibrio interno. L’artista,
attraverso il gesto d’arte, raggiunge la definizione dell’argomento affrontato a mezzo della materializzazione dello spirito
trasportando cose, gesti, sentimenti ed emozioni nelle tavolette.
Il filo conduttore del dialogo tra le formelle è il “rammendo”, visto come devozione verso la preziosità della trama del
tessuto, gioiello unico aggiunto alla sontuosa semplicità delle tele. Il rammendo assume un significato anacronistico
rispetto alla legge dettata dal consumismo. Attraverso la visione di questi documenti d’arte i nostri ricordi e la nostra
fantasia non possono fuggire alla magia della storia d’un tempo. Il mondo ricreato da Nadia, il suo dialogo con il passato
diventa così storia, riprende i fiochi colori, le emozioni e i sentimenti in un unico gesto fatto dalla mano e lo imprime nelle
sue formelle affinché il tempo non cancelli per sempre questi piccoli, ma significativi gesti d’amore.
Una favola vissuta e sofferta intimisticamente dall’artista, un riaffiorare di ricordi continuo mano mano che Nadia riesuma
tessuti di famiglia, un fluttuare di evocazioni; imprimendo nei trittici i guanti della madre sposa, loghi di famiglia ricamati in
strofinacci o la camicina di cotone crudo che evoca il contatto avvenuto tra la ruvidezza del tessuto e l’epidermide delicata
del papà/bambino, l’artista rende eterni i segni/ricordo del passaggio in questa terra della sua famiglia e proprio il senso
di queste tracce della memoria ricollegano quest’ultimo ciclo a quello appena succitato.
Ultimo ciclo e attuale percorso dell’artista: “Le Ferite del Mondo” è abbondantemente descritto nella prefazione a questo
catalogo e riporterei a proposito solo un pensiero fondante e rivelativo dell’artista: “con l’arte ho metabolizzato tutto…
soprattutto la mia parte d’ombra… misteriosa incomprensibile anche a me stessa…l’arte mi ha dato delle risposte, mi
ha fatto crescere capire me e il mondo”. Un ulteriore dato importante per capire ed entrare nella persona Nadia e tutte le
sue sfaccettature è la personale polivalenza nel campo delle espressioni artistiche che vanno dal teatro, alla musica e
poesia. Difatti, la Marcuzzi, oltre che esprimersi con l’arte, che comunque per ora rimane ed è la forma artistica prediletta,
si proietta e mette in gioco la propria creatività anche in queste altre forme artistiche. Inizialmente, con il primo ciclo ad
esempio, affiancò le sue opere ai testi sui miti amazzonici della poetessa brasiliana Marcia Theophilo e ai nudi artistici
del fotografo Gino Durisotti , “Femminile Singolare” viene aperta invece da una performance in sintonia con i contenuti
della mostra liberamente elaborata e interpretata da tre attrici e un percussionista. Nel 2007, in compenetrazione con la
mostra a Casa Turoldo, Nadia decide di portare i suoi testi poetici che per la prima volta vengono recitati in pubblico
In Macrocosmo Anima Mundi lo scorso anno costruisce parallelamente con la dance artist Debora Di Centa e il musicista
Jhonny Dario una performance che ha come struttura i suoi testi poetici recitati da lei stessa..
A conclusione e principio di Macrocosmo Anima Mundi è necessario e fondamentale capire i come e i perché delle origini
della realizzazione del progetto di questa edizione a Raveo riportando le iniziali intenzioni della Marcuzzi: “…Quest’estate
percorrendo una strada acciottolata della mia terra, un’antica strada romanica, per partecipare ad una festa di ferragosto
a Raveo, mi sono ritrovata in un luogo dopo molti anni…lo spazio incontaminato di incomparabile bellezza dove si
incastona il Santuario di S. Maria e l’Eremo Francescano del ‘600 dei Frati Francescani, meta di molte mie passeggiate.
Per l’occasione l’Eremo era aperto e l’emozione, entrando dopo tanto tempo è stata fortissima,…la povertà degli arredi
intatti,…la semplicità delle stanze. E’ riemerso anche il lontano ricordo di Angelica Bonanni tante volte incontrata in questo
luogo molti anni fa, custode amorevole del monastero, che nello spazio antistante aveva disposto gentilmente scritti e
pensieri di pace, che ora avevo ritrovato all’interno. La Via della Pace. Ancora una volta le radici chiamano…ho sentito
che quel luogo doveva accogliere Anima Mundi con i suoi contenuti, per ricreare quella sinergia artistico spirituale a
servizio del suo messaggio contenuta anche nella mia Via dell’Amore”.
ANGELICA BONANNI_via della pace
Raffaella Ferrari - Critico d’arte
Angelica Bonanni è nata a Raveo un piccolo paese della Carnia (Friuli Venezia Giulia) il 15 dicembre 1905 e morta a Raveo
nel 2002 all’età di 97 anni. Pittrice, scrittrice è stata presente in qualsiasi attività sociale del suo comune. La figura di
Angelica, ancora oggi, vive e palpita nel ricordo di chi l’ha conosciuta e apprezzata durante la sua lunga vita.
Angelica Bonanni figlia di Giusto Bonanni, perito e segretario comunale e Maria Ariis, principia i suoi studi grazie a volontari
che insegnavano a leggere e scrivere ai bambini, visto che all’epoca nel suo paese non c’erano le scuole elementari.
Durante la prima guerra mondiale, la famiglia Bonanni composta da Madre, Padre e cinque figli, dapprima si trasferisce
a Milano per poi raggiungere Marina di Pisa dove, nel collegio locale, Angelica completa il suo ciclo di scuola elementare
e i tre anni di scuola complementare per poi seguire gli studi superiori presso il collegio Scrosoppi a Udine. Nel 1922
consegue il diploma di maestra elementare.
A 18 anni intraprende la carriera di maestra segnando un lungo percorso di insegnamento in varie scuole come: la scuola
di Avaglio (Ud) unica docente in una pluriclasse con 50 alunni, la scuola di Colza-Maiaso di Enemonzo e di Raveo, Corsi
complementari per Emigranti, istituiti dalla Società Umanitaria di Milano, dove ha insegnato fino al 1970 completando un
ciclo di insegnamento durato ben 47 anni senza alcuna interruzione e conseguendo meritatamente il riconoscimento,
alla sua lunga e appassionata carriera, con la medaglia d’oro.
Angelica oltre al suo lavoro aveva molti e altri svariati interessi tra cui: pittura, natura, la propria famiglia, scrittura, amava
parlare in francese e, per tenere allenata la memoria, ripeteva tutte le sere poesie dei classici italiani come: Leopardi e
San Francesco. Si batteva per far valere tutti i diritti dei cittadini del suo paese recandosi a volte anche personalmente a
Roma, nei ministeri preposti per discutere la causa sia del paese che dei suoi paesani.
Durante il periodo del terremoto (1976) si è prodigata affinché ci fosse una corretta ricostruzione del paese gravemente
colpito, cercando di salvaguardare il patrimonio artistico del luogo.
Angelica inoltre era sempre presente in qualsiasi avvenimento all’interno della comunità, esso fosse drammatico o gioioso,
i suoi discorsi andavano sempre a coronare una qualsiasi attività svolta a Raveo essendo, essa stessa, sempre pronta a
conversare in modo aperto e moderno e su qualsiasi argomento gli si presentasse. Grazie a questa apertura e umiltà nei
confronti della vita, il suo buon cuore trovava sempre le parole adatte per ogni tipo di persona, sia come ceto che come
età, elargendo per tutti parole d’aiuto e incoraggiamento.
Per scelta Angelica non si è mai sposata, raccontava timidamente che custodiva nel cuore un grande amore nei confronti
di un capitano morto in Grecia. Forse per questo divenne anche madrina del battaglione degli Alpini di Venzone. Il suo
“modus vivendi” la portò anche ad affrontare il dolore con una propria e personale dignità, serenità e forza, riuscendo
così a sdrammatizzare ciò che la colpiva direttamente. Grazie a questo atteggiamento nei confronti della vita portò sempre
in rilievo il suo personale insegnamento in merito alle proprie esperienze della vita, sottolineando ancora una volta che
essa deve essere apprezzata ed accettata sempre per quello che offre, sia nel bene che nel male.
La grande forza di Angelica è stata la fede. L’originale personalità della Bonanni era ancor più evidenziata nel modo di
vestire, essa usava indossare abiti molto estrosi e personali, foulard di seta, raffinati merletti e gioielli d’epoca. In
qualsiasi occasione indossava scarpe con il tacco e impiegava truccarsi attentamente per poi profumarsi rigorosamente
con il profumo “Chanel n° 5”.
Angelica scrittrice. Ha pubblicato tre libri tra cui: “Il mio canto alla donna Carnica”, premiato a livello nazionale, in cui
esprime la sua stima per le donne dei tempi passati, lodando la loro integrità e semplicità, umiltà e mirabile temerarietà.
Altro testo dal titolo: “Un’antica Presenza” Alcune costumanze della Carnia, edito dalla casa editrice Andrea Moro Editore,
Tolmezzo (Ud), 1999, in cui vengono descritti usi e costumi della Carnia, in cui si delinea per ogni tema affrontato origine,
progressione, mutazioni ed infine tramonto dei costumi carnici.
La composizione di questi due libri per Angelica non sono altro che storie raccontate con semplicità, verità ed affetto e
sono dedicati alla meravigliosa popolazione della Carnia.
Per concludere il libro: “Storia del Convento dei Frati Francescani di Raveo”, ed. Andrea Moro Editore, Tolmezzo (Ud). Il
romitorio ereditato da Angelica dalla madre, si trova poco distante da Raveo. Dopo il terremoto del 1976 Angelica, a sue
spese, aveva fatto eseguire alcuni lavori di ripristino, senza mai accettare l’intervento delle Belle Arti.
Ogni primavera Angelica usava andare al suo convento e lo apriva agli ospiti di passaggio. La strada di andata e di ritorno
la faceva leggendo Socrate e sugli alberi che costeggiavano il sentiero appendeva biglietti con pensieri e poesie d’amore
e di pace facendo così denominare questo percorso: “La via dell’amore e della pace”.
Questo luogo divenne così un luogo di intimità, spiritualità e umanità, da dove lo spirito di Angelica ancora oggi fa giungere
i suoi messaggi. Una frase emblematica di Angelica racchiude il suo pensiero in merito al suo amore nei confronti di questi
luoghi: “Finché tu, passando per un bosco, ti fermerai a sentire la voce del silenzio, finché ti incanterai davanti a un
tramonto o al sorgere del sole, o ascolterai con commozione il vento che sussurra tra le foglie e ti esalterai a guardare il
cielo stellato e i colori dei fiori, tu sei un’anima buona; la solitudine non la conoscerai; una vita felice, nonostante tutte le
vicende che ti coinvolgeranno, sarà il tuo destino”.
Angelica Pittrice. Innamorata della sua terra e della tanta natura che cerchia e si insinua a Raveo, Angelica si dedica
anche alla pittura e dopo corsi con insigni maestri incontrati in corsi tra Venezia e Firenze, raggiunge una notevole e
spiccata capacità espressiva a mezzo della pittura figurativa. I temi trattati nell’opera pittorica ovviamente sono le bellezze
naturali che vanno dalla semplice realizzazione di mazzi di fiori e nature morte, curati ma dal tratto veloce ed istintivo, fino
ad arrivare alla realizzazione di vedute con prospettive profonde quasi a esternare la profondità del suo pensiero.
Le viste di paesaggi espressi a mezzo di una visone dell’anima e ancora palpitanti di quell’antica emozione e fresco
compiacimento nel ritrarli, trapelano una ricerca molto profonda per quegli anni. Nel suo Atelier, come lo chiamava lei,
ubicato in una casa a Raveo che aveva adibito a laboratorio artistico, aveva un pianoforte a coda che spesso suonava.
Ha partecipato a mostre in Italia e all’estero ottenendo notevoli riconoscimenti dalla critica e dai fruitori.
Prostrata davanti alla visione della Maestà Suprema ,
ai confini dell ’infinito ,
ammirata ,
riconoscente,
conscia del mistero che ci avvolge ,
e dal quale sorge la soggezione del
Creatore di tutte le cose ovunque sparse ,
in questo rosso tramonto
che è lo specchio del tramonto della mia età ,
dolcemente ,
senza nessun rancore verso nessuno ,
ringrazio Dio
di avermi concessa questa lunga vita ,
di avermi salvaguardata da mille pericoli
durante il tempo presentatomi dal mio destino ,
di aver trovato lungo il cammino tante persone
che mi hanno amata e che io ho amato ,
di avermi dato coraggio nelle peripezie incontrate ,
serenità nei dolori ,
fede nel destino , nella bontà di Dio e nell ’avvenire ,
di aver avuto una famiglia amorosa
che mi ha fatto compagnia per tutta la vita ,
di aver avuto soddisfazioni nel mio lavoro , aiuto e protezione da molti ,
di essere stata entusiasta anche delle piccole soddisfazioni ,
di aver avuto sempre dalla vita visioni rosee ,
anche se dietro le nuvole era nascosto l ’uragano.
Mio Dio grazie per tutto .
Ora rivedrò tutti i miei Cari che mi hanno preceduta .
15 dicembre 1997 da Casa Paterna
Angelica Bonanni
Macrocosmo Anima Mundi_opere
Tavole di terracotta
trattate con colori naturali a spruzzo e cristalline
1_trittico
2_pezzo unico
3_dittico
4_dittico
5_dittico
6_trittico
7_dittico.
8_dittico
9_pezzo unico
70x38 cm
75x40 cm
76x40 cm
70x36 cm
52x34 cm
52x25 cm
48x23 cm
75x35 cm
60x34 cm
MARCUZZI NADIA/percorso espositivo
La visibilità del percorso espressivo risale al 1990 con "Bruma di mare" , personale tenuta a Lignano Riviera, dove
compaiono i primi bassorilievi di terracotta ispirati a geografie d'acqua e di sabbia da cui emergono a volte evanescenti
forme di donna. Le prime sculture appaiono in "tra forma e colore" alla galleria del Volto a Grado.
Nel 1993, con il fotografo Gino Durisotti prosegue la sua narrazione sul mondo femminile scegliendo come compagna di
viaggio la poetessa brasiliana Marcia Theophilo. Così "D... come onda" mostra allestita nella torre di S.Maria – Museo della
Città di Udine è presentata dal critico Sabrina Zannier. Nello stesso anno partecipa alla rassegna_- censimento regionale
"Parola e Silenzi", organizzato dal D.A.R.S. negli spazi del C.F.A.P. Di Udine.
Nel 1996 è con Femminile Singolare ai Colonos di Villacaccia di lestizza ( UD) con pannelli a imprimitura di reti e reticoli
metallici a raccontare, in soliloquio, vissuti profondi e lacerati. L'evento che viene introdotto da una performance teatrale e
viene riproposto a Udine in "Segnali della Città"-Artisti che si affacciano a cura di Paolo Toffolutti, a Gradisca d'Isonzo nell'
enoteca Serenissima e nel Castello di Dobrovo,Museo Civico in Slovenia. Nel'2000 presenta "Suggestioni" alla galleria La
Cella Campanile di Carpenedo Venezia, a cura di Giulio Gasparotto, un ciclo di opere di terracotta solcata da segni, erosioni
che rimandano ad arcaiche tracce. Due anni dopo la narrazione completa viene ospitata a Villa Giacomini aVarmo (UD)
con il titolo "Il canto del bue alla luna" presentata dal critico Vito Sutto e promossa dalla Provincia di Udine.
Tra le riedizioni Fienile del Castello a Keutschach am See (Austria).
Nel 2003 partecipa alla mostra "Ispezioni"a Simbach a Inn(Austria)
In tempi paralleli realizza a Palazzo Frisacco di Tolmezzo la mostra antologica"Strade di terra" a cura di Enzo Santese e
nella quale presenta l'ultima serie a imprimitura "Tra le pieghe del tempo" terrecotte con imprimiture di indumenti lisi e tele
rammendate di famiglia. Memoria. Queste opere vengono riproposte a Sala Barbazza a Spinea.
Nel 2004 partecipa con AREA51 a "Segni del nuovo Millennio" presso lo Sala SpazioEventi "Mondadori" a Venezia.
Nel 2006, a cura di Maria Lisa Valloppi Basso a Casa Turoldo Coderno di Sedegliano (UD) apre le porte a "da
lontano...tracce impronte", raccolta di un decennio di lavori di imprimitura su tavole, in questa occasione la Marcuzzi porta
per la prima volta al pubblico i suoi testi poetici scritti parallelamente alle opere di terracotta.
Nel 2007 interviene alla Mostra Internazionale di Arte Sacra "Le Beatitudini" a Sesto al Reghena , e alla collettiva Donne e
Arte "Il Sogno Necessario" a cura di Isabella Deganis, a Muzzana del Turgnano (UD)
Nel 2008 con ARTEFORTE è nuovamente presente a Venezia Sala SpazioEventi Mondadori, nella collettiva "Autoritratto
Psicologico tra Realtà e Metafora" replicata poi a Lavarone(TN).
Nel 2009 la Galleria Clocchiatti di Udine la presenta in "Anteprima" nuove proposte internazionali d'arte contemporanea
Nel 2010 a Rovereto (TN) presso la fondazione Campana dei Caduti è invitata a partecipare a " human Rights" rassegna
in cui à stata selezionata, con un centinaio di artisti provenienti da tutto il mondo, a interpretare con la propria arte i diritti
umani, evento promosso da AMNESTY International.
Nel 2012 allestisce negli spazi della Chiesetta della Madonna nella Pieve di Zuglio la mostra MACROCOSMO Anima Mundi,
percorso rappresentato da una serie di opere che attraversano simbolicamente le ferite dell'Anima del Mondo. La mostra
viene aperta al pubblico dalla performance poetico teatrale MICROCOSMO Anima Hominis, che ha come struttura il diario
poetico della Marcuzzi recitato da lei stessa, diario che narra il suo percorso esistenziale contemporaneo. La performance
viene costruita nella splendida scenografia naturale dello spazio esterno della Pieve con la coreografia e l'interpretazione
del movimento della dance artist Debora Di Centa, e l'intervento e interpretazione musicale del musicista Jhonny Dario.
NADIA MARCUZZI è nata a Tolmezzo nel 1958, dove vive.
Nel 1986 inizia la sua ricerca nel campo artistico e si iscrive
alla Scuola d'arte Giovanni da Udine a Udine dove segue il
corso quadriennale di ceramica con Licia Annibaldi e la guida
artistica teorica di Dora Bassi, Isabella Deganis e Luciano
Perissinotto.
Conclude la scuola frequentando un anno di pittura con
Paolo Toffolutti.
Successivamente integra la sua formazione con corsi d'arte
e stage di grafica e pittura con vari maestri: Franco Dugo,
Giovanni Cavazzon, Zeno Zanetti, e Sergio Favotto.
Ha allestito diverse personali e partecipato a collettive di
rilievo in Italia e all'estero.
Dal 1997 si dedica anche alla promozione e alla conduzione
di percorsi espressivi con l'argilla, da lei ideati, per coltivare
la creatività nei bambini.
La sua attività è stata menzionata da quotidiani, cataloghi e
riviste specializzate.
tel 0433.40707 - cell 347.9974073
[email protected]
Si ringrazia Jhonny Dario per la composizione musicale inedita di “Un canto per Angelica”
e la partecipazione con il suo gruppo corale “Villa Chorus” di Villa Santina
Enrico Basaldella per l’interpretazione del testo “Signore Pietà”
e un particolare ringraziamento a Bonanni Carmela e famiglia