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Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00 L’OSSERVATORE ROMANO POLITICO RELIGIOSO GIORNALE QUOTIDIANO Non praevalebunt Unicuique suum Anno CLIV n. 137 (46.679) Città del Vaticano mercoledì 18 giugno 2014 . Papa Francesco indica alla diocesi di Roma la missione di essere madre tenera e accogliente Per trovare una soluzione alla crisi ucraina Con la porta aperta Mosca sostiene il ruolo dell’Osce La Chiesa in Italia è forte grazie ai parroci che sono sempre stati vicini alla gente «La sfida grande della Chiesa oggi è diventare madre», una madre «tenera» che «sa accarezzare». Lo ha ricordato Papa Francesco lunedì pomeriggio, 16 giugno, inaugurando nell’Aula Paolo VI il convegno pastorale della diocesi di Roma sul tema: «Un popolo che genera i suoi figli. Comunità e famiglia nelle grandi tappe dell’iniziazione cristiana». L’incontro è stato aperto con gli interventi del cardinale vicario Agostino Vallini, di un parroco e di due catechisti che hanno presentato al Pontefice luci e ombre nella catechesi per la comunione e la cresima. Da parte sua, il vescovo di Roma ha invitato la comunità cristiana a essere accogliente verso tutti e a tenere sempre le porte aperte. La Chiesa, infatti, è una madre che deve essere feconda e non è una ong ben organizzata con tanti piani pastorali. In particolare, Papa gliere con tenerezza, e sappia mandare avanti i suoi figli con la speranza e la pazienza». A conclusione un pensiero particolare di apprezzamento e di incoraggiamento per i parroci. PAGINA 8 Il Pontefice ribadisce i fondamenti etici della professione del magistrato Indipendenza e obiettività PAGINE 7 E 8 Giornata mondiale per la lotta alla siccità Mentre prosegue l’avanzata dei quaedisti Obama annuncia l’invio di soldati a difesa dell’ambasciata a Baghdad Sos desertificazione L’Onu denuncia crimini in Iraq NEW YORK, 17. Sono più di 110 i Paesi oggi potenzialmente a rischio di desertificazione e siccità: per combattere questi pericolosi fenomeni che minacciano il futuro del pianeta, e per sensibilizzare l’opinione pubblicare sulla gravità del problema, le Nazoni Unite hanno istituito la Giornata mondiale della lotta alla desertificazione, che si celebra oggi. L’edizione di quest’anno — il cui slogan è «La terra appartiene al futuro: rendiamola a prova di clima!» — si focalizza particolarmente sull’equilibrio degli ecosistemi e sul rafforzamento dei sistemi naturali y(7HA3J1*QSSKKM( +[!"!.!#!{! Francesco ha indicato l’attualità dell’esortazione apostolica Evangelii nuntiandi di Paolo VI. E, inoltre, ha rimarcato l’importanza «che all’accoglienza segua una chiara proposta di fede; una proposta di fede tante volte non esplicita, ma con l’atteggiamento, con la testimonianza: in questa istituzione che si chiama Chiesa, in questa istituzione che si chiama parrocchia si respira un’aria di fede, perché si crede nel Signore Gesù». Alla sua diocesi il Papa ha chiesto «di studiare bene queste cose che ho detto», puntando in particolare a «far recuperare la memoria di famiglia» e a operare «affinché nelle parrocchie ci sia l’affetto, ci sia la gratuità». Fondamentale è che «la parrocchia non sia una istituzione legata solo alle situazioni del momento» ma promuova «un cammino di conversione pastorale» e «nel presente sappia acco- to di Kiev. Assieme a Grudzenko è stato arrestato un altro separatista. E in Europa, dopo il fallimento dei negoziati tra Mosca e Kiev sul pagamento del debito ucraino, cresce di ora in ora l’allarme sulla possibile penuria di gas. Per ora il flusso del metano russo via Ucraina resta regolare, con Mosca e Kiev che hanno assicurato il loro impegno a fare arrivare in Europa il gas. Ma le crescenti tensioni lungo la linea Mosca-Kiev, però, non lasciano margini di certezza. Il gigante energetico russo Gazprom ha assicurato i massimi sforzi possibili per garantire le forniture all’Europa, ma ha messo le mani avanti, ricordando che l’ucraina Naftogaz è obbligata a garantire il transito del gas verso l’Ue nei volumi previsti in base al contratto in vigore. Da parte sua, il ministro ucraino dell’energia, Yuri Prodan, ha precisato che il flusso del metano verso i Paesi europei proseguirà. L’Europa, però, non molla la presa e, dopo avere manifestato ancora una volta la sua disponibilità a mediare, visti gli interessi economici in campo, ha già messo in agenda per venerdì prossimo una riunione del Gruppo di coordinamento sul gas, istituito dopo la crisi del 2009. La delicata questione sarà anche al centro dei colloqui nel vertice Ue di fine giugno, chiamato ad adottare il piano per la sicurezza energetica proposto dalla Commissione europea, con azioni a breve termine per affrontare il prossimo inverno. L’unica certezza concreta, però, resta per ora quel 65 per cento di riserve europee (Italia al 70 per cento) piene di gas all’inizio dell’estate, con ancora ampi margini di tempo per essere del tutto riempite. KIEV, 17. La Russia appoggia il rafforzamento del ruolo dell’O rganizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce) nella soluzione della crisi ucraina e l’invio di una missione di osservatori. Lo ha detto oggi a Belgrado, dove si trova in visita ufficiale, il ministro degli Esteri russo, Serghiei Lavrov. Parlando in una conferenza stampa congiunta con il collega serbo, Ivica Dačić, il ministro russo si è espresso in termini positivi anche sulla Road Map messa a punto dalla presidenza svizzera dell’O sce, che — ha osservato — «purtroppo la dirigenza ucraina non vuole accettare». Per questo, ha aggiunto Lavrov, i Paesi europei devono fare pressioni sul Governo di Kiev. Nell’est ucraino, intanto, non accennano a diminuire gli scontri a fuoco. Almeno sei persone sono morte a Kramatorsk, bastione filorusso, in seguito alla vasta offensiva militare in corso sulla città da parte delle forze armate di Kiev. Lo ha reso noto all’agenzia Interfax il dipartimento della Salute della regione di Donetsk, controllata dagli insorti secessionisti. Unità dell’esercito di Kiev si sono poi scontrate con la milizia di autodifesa filo-russa nella parte orientale della regione di Lugansk, sempre nell’est. Lo ha riferito il portavoce delle operazioni dell’esercito, secondo il quale negli scontri sono stati uccisi o feriti almeno trenta ribelli separatisti. Poche ore dopo, il ministro dell’Interno ucraino, Arsen Avakov, ha confermato alla stampa l’arresto di Natalia Grudzenko, leader dei separatisti di Mariupol, importante città portuale sul Mar Nero riconquistata alcuni giorni fa dall’eserci- per attenuare gli impatti del surriscaldamento globale. Una gestione sostenibile del territorio — dicono gli esperti del Palazzo di Vetro — aumenta la resistenza degli ecosistemi e delle comunità locali, migliorando inoltre le condizioni della popolazione in particolare nelle zone aride. La desertificazione, insieme ai cambiamenti climatici e alla perdita delle biodiversità, è considerata dalle Nazioni Unite una delle maggiori sfide in vista di uno sviluppo sostenibile. Per questo l’Onu ha dichiarato il 2010-2020 il «decennio per la lotta alla desertificazione». BAGHDAD, 17.Le immagini riportate dai media internazionali delle atrocità commesse dai guerriglieri jihadisti sunniti dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante (Isis) — esecuzioni di massa di circa duemila soldati — sono lo specchio della tragica situazione che l’Iraq sta sperimentando in questo momento: una situazione che si pensava, o comunque si sperava, non potesse avere luogo in un territorio logorato da anni di conflitto. In queste ultime ore l’alto commissario dell’Onu per i diritti umani, Navi Pillay, ha confermato le notizie delle esecuzioni sommarie, non solo di soldati ma anche di civili, compiute dai qaedisti durante la loro avanzata nel nord del Paese. «Nonostante l’impossibilità, al momento, di verificare i dati, questa serie sistematica di esecuzioni a freddo, in gran parte avvenuta nell’area di Tikrit, quasi certamente equivale a crimini di guerra» ha dichiarato Pillay. Dal canto suo il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, ha espresso ferma condanna per le violenze perpetrate in Iraq in questi ultimi giorni e, riguardo alle esecuzioni sommarie, ha sottolineato «l’urgenza di portare i colpevoli di tali crimini davanti alla giustizia». Nello stesso tempo Ban Ki-moon ha invitato i leader iracheni — politici, religiosi e militari — a portare avanti «un piano di sicurezza nazionale inclusiva» e ad adottare misure politiche e sociali adeguate per af- Duecentocinquanta anni dalla nascita dell’eroe uruguaiano José Gervasio Artigas Quella musica che non chiede permesso Il deserto egiziano fotografato dalla stazione spaziale internazionale (Reuters) DANIEL RAMADA PIENDIBENE A PAGINA 4 Una famiglia in fuga dalle zone dei combattimenti (Afp) frontare la grande minaccia che sta ora scuotendo il Paese. Questa mattina intanto i miliziani si sono impadroniti, dopo scontri che hanno causato decine di morti, della maggior parte della regione di Tallafar, a ovest di Mossul. E da questa città, negli ultimi giorni, si sta registrando una fuga di massa da parte dei cristiani, per sottrarsi a nuove violenze. Gli esuli stano trovando rifugio in Giordania, Libano e Turchia. Si stima che i cristiani rimasti a Mossul siano duemila: prima della guerra erano più di 35.000. Sempre oggi vi sono stati scontri attorno a Baaquba: più di quaranta i morti. Ieri il presidente statunitense, Barack Obama, in una lettera al Congresso, ha annunciato il dispiega- mento di 275 militari a protezione dell’ambasciata statunitense a Baghdad che, per il momento, resterà aperta. Nello stesso tempo il segretario di Stato, John Kerry, ha indicato l’eventualità che Washington possa fare ricorso ai droni (velivoli senza pilota) per contrastare l’avanzata dei qaedisti. C’era intanto attesa per l’incontro, ieri sera, tra rappresentanti statunitensi e iraniani a Vienna, a margine della nuova tornata di negoziati sul programma nucleare di Teheran, Fonti diplomatiche hanno riferito che durante l’incontro non si è parlato di collaborazione militare. La Casa Bianca ha poi affermato che resta la disponibilità a parlare con Teheran della crisi irachena, ma ha escluso che si possa realizzare un’azione congiunta a difesa del Governo iracheno. Sempre ieri il ministro degli Esteri britannico, William Hague, parlando alla Camera dei Comuni, ha detto che il Regno Unito non fornirà assistenza militare all’Iraq. Il capo della diplomazia britannica ha comunque tenuto a precisare che Londra è pronta a sostenere il Governo iracheno laddove sia «appropriato e possibile», e a fornire assistenza umanitaria. Che il clima in Iraq sia sempre più critico lo dimostra poi l’intenzione, comunicata ieri dal portavoce del Palazzo di Vetro, Farhan Haq, di trasferire in altri luoghi, per motivi di sicurezza, tutti membri dello staff dell’Onu ora in servizio a Baghdad. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 2 mercoledì 18 giugno 2014 Il presidente eletto annuncia le linee fondamentali del suo secondo mandato L’Istat certifica la crisi demografica Santos scommette sul negoziato per il futuro della Colombia Italia invecchiata di PIERLUIGI NATALIA BO GOTÁ, 17. «È la fine di più di cinquant’anni di violenza nel nostro Paese: oggi inizia una nuova Colombia». Con queste parole Juan Manuel Santos, leader della coalizione centrista Unità nazionale, ha celebrato la sua rielezione alla guida del Paese dopo il ballottaggio di domenica. Santos è tornato a scommettere sulla trattativa di pace con la guerriglia delle Forze armate rivoluzionarie della Colombia (Farc), ma senza dimenticare le molte sfide che restano da affrontare. «È giunto il momento di unirci attorno a un obiettivo comune, a quello che per ogni Nazione è il valore supremo, ossia la ricerca della pace» ha dichiarato nel suo primo discorso il presidente eletto, al suo secondo mandato, dopo la proclamazione dei risultati ufficiali del ballottaggio. «È questo il desiderio e il mandato che ci hanno consegnato i colombiani» ha insistito il presidente. Il dialogo tra il Governo colombiano e le Farc è stato annunciato ufficialmente nell’ottobre 2012, per poi iniziare a Cuba nel novembre dello stesso anno. Smentendo le previsioni dei sondaggi, nel ballottaggio Santos ha distanziato il rivale conservatore Óscar Ivan Zuluaga, candidato del Centro democratico e sostenitore del no al dialogo con le Farc, di circa un mi- Il presidente colombiano (LaPresse/Ap) lione di voti, raggiungendo così il 50,94 per cento contro il 45,19 dell’avversario. Nel primo turno delle elezioni, lo scorso 25 maggio, Zuluaga aveva preceduto Santos con il 29,25 per cento contro il 25,58. «Correggeremo tutto quello che c’è da correggere, aggiusteremo tutto quello che c’è da aggiustare e riformeremo tutto quello che c’è da riformare, perché è a questo che deve servire la pace, a mettere in moto le profonde riforme di cui ha bisogno la Colombia» ha promesso Santos, che ha espresso preoccupazione per il tasso di astensionismo, intorno al sessanta per cento che ha segnato le presidenziali. Merkel e Rousseff rilanciano le trattative per il libero scambio Dopo la sentenza della Corte suprema statunitense sui bond Ue e Mercosur sempre più vicini Buenos Aires esclude il rischio default Angela Merkel e Dilma Rousseff a San Paolo (Afp) BRASILIA, 17. Unione europea e Mercosur sempre più vicini. Dilma Rousseff, presidente del Brasile, e Angela Merkel, cancelliere tedesco, promuovono l’accelerazione delle trattative che mirano a raggiungere un accordo di libero scambio tra l’area del Mercosur (il mercato comune dell’America latina, che include Argentina, Brasile, Paraguay, Uruguay e Venezuela) e l’Unione europea. «Abbiamo il comune interesse che gli accordi di libero scambio tra Mercosur e Ue possano essere raggiunti, e farò il possibile perché ci possa essere un passo avanti» ha dichiarato ieri Merkel, giunta nel Paese sudamericano per assistere al debutto della nazionale tedesca ai mondiali di calcio. Sulla stessa linea la posizione del Brasile. «Ho ribadito la determinazione del Brasile e del Mercosur nel voler progredire nelle negoziazioni dell’accordo di associazione commerciale con l’Unione europea, che ci permetterà di ampliare e diversificare gli scambi commerciali» ha sottolineato Rousseff. Le trattative in vista di un accordo di libero scambio tra Ue e Mercosur hanno subito un’accelerazione negli ultimi mesi. Lo scorso 21 marzo si è svolta a Bruxelles una riunione tecnica mirata a sbloccare il negoziato, iniziato 15 anni fa. In quell’occasione Rousseff aveva di- chiarato: «Credo che siamo più vicini che mai alla conclusione di un accordo». Gli scambi tra i due blocchi riguardano quaranta Paesi e poco meno di ottocento milioni di persone: sono quantificabili in 130 miliardi di dollari all’anno. L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt 00120 Città del Vaticano [email protected] http://www.osservatoreromano.va BUENOS AIRES, 17. L’Argentina esclude il default: lo ha assicurato ieri la presidente Cristina Fernández, smentendo gli allarmismi di molti analisti. Fernández ha criticato duramente la decisione della Corte suprema statunitense che ha respinto l’appello contro la sentenza che impone a Buenos Aires di pagare oltre 1,3 miliardi di dollari a quei fondi titolari di bond che non hanno aderito all’accordo del 2010, ovvero l’intesa con la quale il Governo argentino, dopo la pesante crisi economica del 2001, aveva offerto nuovi titoli scontati in cambio delle vecchie obbligazioni. In un messaggio registrato a reti unificate, Fernández ha ribadito che il suo Governo «porterà avanti tutte le strategie necessarie affinché chi ha avuto fiducia nel Paese riceva i propri soldi». La presidente ha quindi confermato il rispetto della prossima scadenza dei rimborsi, il 30 giugno, per un ammontare di novecento milioni di dollari, sottolineando inoltre che «la nostra volontà di negoziare è ampiamente dimostrata». E riferendosi alla decisione della Corte supre- Emergenza idrica a San Paolo BRASILIA, 17. Emergenza idrica nella metropoli brasiliana di San Paolo, dove le riserve d’acqua sono scese all’8,4 per cento, record negativo di tutti i tempi. La società Sabesp, che eroga i servizi idrici in città e in 363 comuni dello Stato, è stata costretta a pompare oltre quattrocento milioni di metri cubi di cosiddette «acque morte», quelle, cioè, che restano al di sotto dei cancelli delle dighe, nel grande bacino di Cantareira, che fornisce l’acqua a molti quartieri della capitale paulista, dove vivono oltre venti milioni di persone. Finora, le «acque morte» non sono mai state utilizzate per il consumo umano. La siccità e le temperature sopra la media stagionale stanno aggra- GIOVANNI MARIA VIAN direttore responsabile Carlo Di Cicco vicedirettore Piero Di Domenicantonio vando di giorno in giorno l’emergenza idrica nella più vasta e popolosa città dell’emisfero australe. Nella prima metà di giugno, informa la Sabesp, sono caduti poco più di quindici millimetri di pioggia, contro i cinquantasei della media stagionale. Il governatore di San Paolo, Geraldo Alckmin, ha offerto un bonus economico a chi ridurrà di almeno il 20 per cento l’utilizzo abituale d’acqua e ha imposto sanzioni a chi, invece, consumerà più del solito. La Sabesp ha detto che al momento non è previsto un razionamento, ma gli abitanti di alcuni quartieri della zona settentrionale di San Paolo sostengono di non ricevere acqua durante tutta la notte e in alcune ore del giorno. Servizio vaticano: [email protected] Servizio internazionale: [email protected] Servizio culturale: [email protected] Servizio religioso: [email protected] caporedattore Gaetano Vallini segretario di redazione Servizio fotografico: telefono 06 698 84797, fax 06 698 84998 [email protected] www.photo.va ma, ha dichiarato: «Vogliamo onorare i debiti, ma non vogliamo essere complici di questo modo di fare affari». Con sette voti a favore e uno contrario, la Corte suprema statunitense ha stabilito che i possessori di bond argentini possono far ricorso presso i tribunali per ottenere il rimborso dal Governo di Buenos Aires. Un default argentino — dicono gli analisti internazionali — provocherebbe nuove catastrofi economiche con pesanti conseguenze. Un Paese che invecchia sempre più e dove a frenare il calo demografico non vale neppure l’apporto degli immigrati. Anche l’arrivo di questi ultimi è fra l’altro in diminuzione, mentre al contrario aumenta l’emigrazione, soprattutto di giovani che non vedono prospettive di futuro. È preoccupante il quadro dell’Italia che emerge dal rapporto sulla popolazione pubblicato ieri, lunedì 16 giugno, dall’Istat, l’Istituto nazionale di statistica. Nel 2013 si sono registrate il 3,7 per cento di nascite in meno, a fronte di un aumento della popolazione residente di appena lo 0,1 per cento. In cifra assoluta, al 31 dicembre in Italia c’erano 60.782.668 persone, compresi quattro milioni e novecentomila cittadini di Paesi stranieri, l’8,1 per cento del totale. I numeri certificano una crisi che non è solo economica e finanziaria ma è divenuta anche sociale, culturale e persino identitaria, se è vero che la rinuncia a mettere al mondo figli può essere letta come perdita di fiducia nel futuro. Tra l’altro, il rapporto parte dal censimento del 2011, che aveva registrato al rialzo il numero delle presenze in Italia stimate fino a quel momento. I Comuni hanno infatti rivisto i dati degli uffici anagrafici, con una rettifica di 1.067.373 persone in più, compresi, 370.194 stranieri. L’anno scorso, l’incremento reale della popolazione, dovuto alla dinamica naturale e a quella migratoria, ha registrato una crescita molto modesta, pari ad appena 30.000 unità. Sempre nel 2013 sono state registrate 514.308 nascite, circa ventimila in meno rispetto all’anno precedente, con una diminuzione appunto del 3,7 per cento. Si tratta del picco negativo di sempre nel rapporto tra nascite e decessi in Italia, ancora maggiore di quello del 2012, quando la mortalità fece registrare valori particolarmente elevati nei mesi invernali. Il dato è tanto più significativo, proprio perché i decessi nel 2013, in tutto 600.744, sono stati circa dodicimila in meno. Il saldo naturale, quello dato appunto dal rapporto tra nascite e decessi, è negativo per 86.436 unità. A questo ha contribuito la diminuzione, per la prima volta da decenni, delle nascite di figli d’immigrati — 2.189 in meno del 2012 — che pure rappresentano il 15 per cento del totale. Poiché gli immigrati sono l’8,1 dei residenti, questo dato sulle nascite è essenziale ad arginare in qualche modo il progressivo invecchiamento della popolazione. Ancora in attivo è il dato del movimento migratorio con l’estero, sebbene il numero degli immigrati nel 2013 sia stato di 43.000 unità in meno rispetto all’anno precedente. L’immigrazione in Italia, fatta soprattutto di giovani e donne, è infatti in diminuzione rispetto al passato, dato che smentisce la cosiddetta “invasione” paventata da molti in relazione alle crisi in Africa e nel Vicino oriente. In ogni caso, il numero di quanti sono arrivati in Italia ha superato di circa 182.000 unità quello degli emigrati, stimato in 82.000 persone (14.000 in più rispetto al 2012). A lasciare l’Italia sono soprattutto i giovani con i maggiori livelli di scolarizzazione. Si tratta di un segnale inequivocabile di quanto i giovani italiani si sentano sempre più attratti da altri Paesi dove pensano di poter trovare le opportunità per realizzare il proprio futuro. I giovani italiani che vanno all’estero, tolti casi marginali, non lo fanno per cercare un lavoro qualsiasi, ma perché vedono la possibilità che venga riconosciuto l’alto valore del loro percorso di formazione. Ottantamila emigranti non sembrerebbero di per sé un numero drammatico in un Paese che in passato ne ha avuti decine di milioni. Ma proprio questo non ritrovare in patria risposte al bisogno di futuro di tanti giovani italiani è uno dei dati del rapporto dell’Istat che più sollecita una presa di coscienza. Conferma infatti il cortocircuito tra depressione demografica, depressione economica e riduzione di speranze. Inaugurata a Novo Brdo Una strada per i serbi del Kosovo PRISTINA, 17. «La strada che facciamo insieme»: è quella, progettata dalla forza Nato della Kfor, a favore della comunità serba di Novo Brdo, nel centro del Kosovo. «La realizzazione di questo progetto è una pietra miliare nella direzione della integrazione e della cooperazione tra le diverse anime del Kosovo» ha detto il generale Salvatore Farina, comandante della Kfor, durante la cerimonia di inaugurazione. Il progetto — scaturito dalla collaborazione tra la Kfor, le autorità locali, l’ Organizzazione internazionale per le migrazioni e le ambasciate svedese e britannica — è nato in seguito alla richiesta di una organizzazione non governativa della Chiesa ortodossa serba, Majca Jugovića, che gestisce una fattoria di proprietà del monastero di Gračanica e assiste i cittadini più poveri dell’area attorno a Novo Brdo, distribuendo ogni giorno gratuitamente circa duemila pasti caldi e pane. La realizzazione della strada è dunque particolarmente importante in questo contesto. Non solo perché contribuirà a migliorare la viabilità e la crescita economica della zona ma soprattutto per il suo valore nel segno dell’integrazione e della convivenza pacifica nella regione. Un’anziana di etnia serba durante il recente voto nel Kosovo (Reuters) Segreteria di redazione telefono 06 698 83461, 06 698 84442 fax 06 698 83675 [email protected] Tipografia Vaticana Editrice L’Osservatore Romano don Sergio Pellini S.D.B. direttore generale Tariffe di abbonamento Vaticano e Italia: semestrale € 99; annuale € 198 Europa: € 410; $ 605 Africa, Asia, America Latina: € 450; $ 665 America Nord, Oceania: € 500; $ 740 Abbonamenti e diffusione (dalle 8 alle 15.30): telefono 06 698 99480, 06 698 99483 fax 06 69885164, 06 698 82818, [email protected] [email protected] Necrologie: telefono 06 698 83461, fax 06 698 83675 Altre centinaia di migranti sbarcati in Sicilia ROMA, 17. Non s'interrompono gli arrivi nei porti italiani di migranti salvati in Mediterraneo dalla Marina italiana impegnata nell'operazione Mare nostrum. Oggi ne sono stati sbarcati 280 a Pozzallo e 293 a Catania. Nel frattempo, il ministro della Difesa, Roberta Pinotti, ha ribadito che il Governo di Roma intende chiedere all'Unione europea di trasformare Frontex, l’agenzia per il coordinamento dei controlli di frontiera, in una struttura operativa, con finanziamenti comunitari, che svolga i compiti finora assolti da Mare nostrum. La nuova edizione del Libro dei Fatti ROMA, 17. Più di ventimila notizie, tra le principali del 2013 e dei primi mesi del 2014, in tutti i campi della cronaca: dalla politica allo sport, dall’economia allo spettacolo. È già disponibile in versione cartacea — e presto lo sarà in quella digitale — la nuova edizione del Libro dei fatti pubblicato dall’Adnkronos, che quest’anno dedica ampio spazio al semestre italiano di presidenza europea, ospitando interventi del presidente del Consiglio, Matteo Renzi, e del ministro degli Affari esteri, Federica Mogherini. «Sentiamo tutti — ha scritto Renzi — la necessità di un’Europa diversa, più politica, più semplice, più chiara: un’Europa alleata delle nostre famiglie e delle nostre imprese». Concessionaria di pubblicità Aziende promotrici della diffusione Il Sole 24 Ore S.p.A. System Comunicazione Pubblicitaria Ivan Ranza, direttore generale Sede legale Via Monte Rosa 91, 20149 Milano telefono 02 30221/3003, fax 02 30223214 [email protected] Intesa San Paolo Ospedale Pediatrico Bambino Gesù Banca Carige Società Cattolica di Assicurazione Credito Valtellinese L’OSSERVATORE ROMANO mercoledì 18 giugno 2014 pagina 3 Primo colloquio diretto tra i leader dal 2012 Continua la massiccia offensiva nel Nord Waziristan Netanyahu chiede l’aiuto di Abbas per ritrovare i giovani rapiti Caccia ai talebani TEL AVIV, 17. Collaborazione per ritrovare i tre studenti di una scuola rabbinica rapiti giovedì scorso: questa la richiesta del premier Benjamin Netanyahu al presidente palestinese Mahmoud Abbas avanzata ieri durante un colloquio telefonico. Si è trattato del primo contatto diretto tra i due leader dal 2012. Netanyahu ha detto di aspettarsi l’aiuto del Governo di Ramallah per la cattura dei responsabili del rapimento, «partiti da aree che si trovano sotto il controllo dell’Autorità palestinese» ha precisato. Sul terreno, le ricerche proseguono senza sosta, allargandosi anche alle aree di Hebron e di Nablus. Le forze militari israeliane hanno arrestato ieri altre quaranta persone in Cisgiordania. Sale così a quasi duecento il numero del palestinesi arrestati da venerdì. E questa notte l’aviazione israeliana ha lanciato tre raid aerei contro strutture di addestramento militare e terreni utilizzati per il lancio di razzi dalla Striscia di Gaza, senza provocare vittime. Gli attacchi — riferisce la radio militare — costituiscono la rappresaglia a un razzo lanciato nella notte contro Israele. Rivendicazioni ufficiali del rapimento, al momento, non ci sono, anche se il Governo israeliano continua a seguire la pista di Hamas, il Un drone utilizzato nelle ricerche dei giovani sequestrati (Ansa) movimento islamico che controlla la Striscia di Gaza e che di recente è entrato a far parte del nuovo Governo di unità palestinese. «I rapitori dei tre ragazzi sono membri di Hamas» ha detto Neta- Decine di morti ad Aleppo Non si ferma la strage di civili siriani DAMASCO, 17. Non si fermano le stragi di civili in Siria, Paese ormai ridotto in macerie dal conflitto. L’episodio più cruento delle ultime ore si è registrato sul fronte di Aleppo, la città settentrionale occupata in parte dalle forze governative e in parte da gruppi ribelli di diversa matrice. L’Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria (Ondus), un’organizzazione non governativa, con sede a Londra, considerata espressione degli oppositori in esilio, ha riferito che almeno trenta abitanti della città, compresi numerosi bambini, sono stati uccisi e molti altri sono stati feriti ieri da attacchi degli elicotteri governativi che hanno sganciato barili bomba sui quartieri di As Sukkari e di Ashrafieh, occupati dai Liberato in Sudan leader dell’opposizione KHARTOUM, 17. Dopo quasi un mese di detenzione, è stato liberato in Sudan il capo del partito di opposizione Umma, Sadek al Mahdi. A dare l’annuncio ufficiale della sua scarcerazione è stato il ministro dell’Informazione Yassir Youssef. Al Mahdi, capo della confraternita islamica Al Ansar nonché ex primo ministro rovesciato nel 1989 dall’attuale capo di Stato Omar Hassan el Bashir, era stato arrestato lo scorso 17 maggio dal Servizio nazionale di informazione e sicurezza dopo aver accusato le Rapid Support Forces, le forze speciali sudanesi, di stupri e violenze contro le popolazioni civili della martoriata regione occidentale del Darfur. Il noto oppositore era stato quindi incriminato per tradimento, un capo d’accusa punibile, nel Paese africano, anche con la pena di morte. In segno di protesta il suo partito si era ritirato dal dialogo nazionale. La scorsa settimana era finito in manette anche Tariq Ibrahim, difensore dei diritti umani originario del Darfur nonché capo del partito del Congresso, accusato di minaccia all’ordine costituzionale per avere diffuso quelle che le autorità di Karthoum definiscono bugie dannose. ribelli. Sulla vicenda non ha dato notizie la stampa governativa. Il direttore dell’Ondus, Rami Abdel Rahman, ha dichiarato all’agenzia di stampa France Presse che ad As Sukkari un primo attacco ha richiamato sul posto medici e residenti del quartiere per trovare sopravvissuti e aiutare i feriti, molti dei quali in gravi condizioni. Pochi minuti dopo, sullo stesso obiettivo sono tornati gli elicotteri governativi che hanno sganciato altri barili bomba, colpendo la gente che tentava di fuggire. Secondo l’Ondus, dall’inizio del 2014 ad Aleppo sono morte circa duemila persone e più di un quarto erano bambini. Proprio quello di Aleppo è uno dei fronti nel quale le organizzazioni umanitarie hanno maggiori difficoltà di intervento e minore libertà di movimento, a causa degli ostacoli posti dalle parti belligeranti. Tra l’altro, nelle settimane scorse la popolazione è rimasta priva anche della normale erogazione dell’acqua potabile, in seguito al blocco dell’acquedotto attribuito ai combattenti islamisti del Fronte Al Nusra. La vicenda era stata denunciata anche dal segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, che aveva parlato di violazione di un diritto umano fondamentale. nyahu: un assunto che potrebbe preludere a operazioni di polizia ancora più dure. Dal canto suo, Hamas respinge ogni accusa: il portavoce Sami Abu Zuhri — citato dall’agenzia palestine- Diffuso il calendario elettorale tunisino TUNISI, 17. Le elezioni legislative in Tunisia si terranno il 26 ottobre prossimo, mentre le consultazioni presidenziali si svolgeranno in due turni, il 23 e il 28 novembre 2014. Lo ha reso noto ieri il presidente dell’Istanza superiore indipendente per le elezioni (l’organo che si occupa dell’organizzazione del voto), Chafik Sarsar, che ha consegnato il nuovo calendario elettorale al presidente dell’Assemblea nazionale costituente, Mostapha Ben Jaafer. Confermata, dunque, la decisione di tenere le politiche prima delle presidenziali. La questione dell’ordine del prossimo voto per il rinnovo del Parlamento e per eleggere il nuovo capo dello Stato aveva accentuato le divergenze tra i vari partiti politici del Paese. Sono state necessarie molte riunioni del dialogo nazionale per poter giungere alla decisione, presa, infine, con voto a maggioranza dei due terzi (dodici partiti contro sei avevano optato per tenere prima le legislative). La commissione elettorale di Tunisi ha nel frattempo fatto sapere che è impegnata a ridurre al minimo il budget necessario per le elezioni, che dovrebbe aggirarsi sui 10 milioni di dinari, pari a circa 6,3 milioni di dollari. se Maan — ha spiegato che le dichiarazioni di Netanyahu sono «un bluff diretto ad acquisire informazioni» e ha affermato che gli arresti compiuti dall’esercito di Israele sono mirati «a colpire Hamas». Trentaquattro i ministri Insediato in Egitto il nuovo Governo Il premier egiziano, a sinistra, a colloquio con il presidente El Sissi (LaPresse/Ap) IL CAIRO, 17. Il Governo egiziano ha prestato giuramento oggi al Cairo davanti al capo dello Stato, Abdel Fattah El Sissi. La cerimonia è stata trasmessa in diretta televisiva. L’Esecutivo, guidato da Ibrahim Mahlab — confermato nell’incarico di premier dopo un Uccise quindici persone nel villaggio costiero di Poromoko Altro attacco di al Shabaab in Kenya Folla nei pressi del luogo dell’attacco (Ansa) ISLAMABAD, 17. Per il terzo giorno consecutivo l’aviazione pakistana ha bombardato postazioni dei talebani nel Nord Waziristan, territorio tribale al confine con l’Afghanistan. Il bilancio, riferiscono fonti locali, è di centoquaranta miliziani uccisi nelle ultime 48 ore. Questi raid rientrano nell’ambito dell’offensiva, su vasta scala, decisa dalle autorità di Islamabad con l’obiettivo di sradicare i talebani anzitutto in quelle aree dove sono ancora presenti in forze ed esercitano un’azione destabilizzante, fatta di attentati e imboscate. Già dall’inizio dell’anno le autorità pakistane avevano studiato un piano per combattere i talebani e così arginare la loro offensiva. Ma nello stesso tempo Islamabad ha cominciato anche a valutare in modo concreto l’opportunità di aprire un canale diplomatico con la speranza di porre fine alle violenze attraverso il negoziato. Quando nel maggio dello scorso anno assunse l’incarico di primo ministro, Nawaz Sharif chiarì subito che nella sua agenda politica il dialogo con i talebani avrebbe avuto un’importanza prioritaria. E gli stessi miliziani, in risposta a questa apertura, si erano detti disponibili a trattare. I colloqui, dopo varie conferme e smentite, sono comin- NAIROBI, 17. Le milizie radicali islamiche somale di al Shabaab hanno rivendicato un nuovo attacco in Kenya, contro il villaggio costiero di Poromoko, non lontano da Mpeketoni, la cittadina dove in un’analoga incursione nella notte tra sabato e domenica erano state uccise 49 persone. L’attacco ha provocato almeno quindici morti, secondo fonti locali concordi. Un portavoce di al Shabaab, Abdulaziz Abu Musab, ha parlato di venti persone uccise, in maggioranza poliziotti e ranger del Kenya, ma la polizia locale non ha dato conferme. Il Kenya è diventato uno dei principali obiettivi dei miliziani di al Shabaab, con attacchi armati e attentati terroristici, da quando il Governo di Nairobi ha inviato contro di loro truppe in Somalia. interim di cinque mesi — è composto da trentaquattro ministri, tra cui quattro donne e diversi tecnici. Rispetto al Governo provvisorio, si contano tredici nuovi ministri. Subito dopo la cerimonia, El Sissi ha presieduto la prima riunione dell’Esecutivo. Pronti a trattare i ribelli del Mali settentrionale BAMAKO, 17. Un impegno a dialogare con il Governo di Bamako per cercare una soluzione «politica, pacifica e definitiva» alla crisi nel nord del Mali è stato assunto da tre gruppi ribelli, il Movimento arabo dell’Azawad, il Coordinamento per il popolo dell’Azawad, una delle organizzazioni tuareg, e il Coordinamento dei Movimenti e fronti patriottici di resistenza, rappresentativo delle comunità nere. I tre gruppi, dopo due settimane di colloqui ad Algeri, hanno siglato un documento che verrà consegnato al presidente Ibrahim Boubacar Keïta. Il 23 maggio, gli stessi gruppi avevano raggiunto un accordo di tregua con Bamako, sottoscritto anche dai tuareg del Movimento nazionale di liberazione dell’Azawad. ciati (si pensa in una località segreta nei pressi di Islamabad), destando qualche speranza di successo. Ma sono arrivati i sanguinosi attacchi degli stessi miliziani, tra i quali la strage di guardie di frontiera a Karachi, a spegnere eventuali, facili entusiasmi e quindi a bloccare le trattative in corso. E il premier Sharif, pur ribadendo che l’opzione negoziale rimane comunque sul tavolo, ha deciso, di fronte ai voltafaccia talebani, di intensificare l’azione militare per ripristinare un sufficiente livello di ordine e sicurezza nel Paese. Ieri, dopo la nuova offensiva contro i miliziani, il primo ministro ha detto che le operazioni continueranno «fino a quando il terrorismo non sarà eliminato dal Paese». Gli ha fatto eco il comandante delle forze armate, generale Raheel Sharif, il quale ha dichiarato che non sarà risparmiato nessuno sforzo per piegare definitivamente la strenua resistenza dei miliziani. Non si è fatta attendere la risposta del principale movimento talebano in Pakistan, il Tehrek-e-Taliban Pakistan (Ttp): il portavoce, Shahidullah Shahid, ha intimato agli investitori stranieri, alle compagnie multinazionali e a quelle aeree di lasciare immediatamente il Paese perché si trova «in stato di guerra». Lo stesso portavoce, riferisce l’agenzia Ansa, ha poi minacciato attacchi contro i palazzi governativi. Infine Shahid ha detto che le autorità di Islamabad si troveranno a chiedere, fra breve tempo, di riaprire il dialogo con i miliziani, ma a quel punto i talebani «non saranno più disponibili». Al di là dell’attendibilità o meno di queste affermazioni, è indubbio che al momento sembra essere naufragato il progetto, messo a punto da Islamabad, di coinvolgere i miliziani in un processo di ricostruzione del Paese, dopo tanti anni di sanguinose violenze. E l’impegno preso dal premier di rilanciare a livello internazionale l’immagine del Pakistan anche attraverso la gestione della presenza talebana nel territorio si presenta, alla luce degli ultimi sviluppi, particolarmente arduo. E in queste ore intanto si assiste alla fuga di migliaia di persone dal Nord Waziristan verso l’Afghanistan per sottrarsi alle violenze. Una realtà, questa, che rischia di aggravarsi con il passare dei giorni e che certamente non agevola l’impegno del premier, diretto a fare del Paese, come egli stesso ha spesso ribadito, un luogo sereno e di dialogo. Sfida serrata per le presidenziali afghane KABUL, 17. In attesa dei risultati definitivi del ballottaggio presidenziale in Afghanistan, previsti non prima di un mese, si sta configurando uno scenario inatteso, almeno da gran parte degli osservatori. Infatti due sondaggi condotti in modo capillare sul territorio danno in testa lo sfavorito della vigilia, l’ex ministro delle Finanze, Ashrad Ghani, che avrebbe fra i sei e gli otto punti di vantaggio sull’ex ministro degli Esteri, Abdullah Abdullah. Ma, come ha scritto nei giorni scorsi l’«International New York Times», Ghani era solo in apparenza dietro ad Abdullah, perché in realtà durante la campagna elettorale ha saputo guadagnare alla propria causa ampie fasce di elettorato. Sebbene si tratti solo di sondaggi, per quanto estesi, è da rilevare che in questo momento sembra venire smentito chi pensava che già sulla base dei primi dati Abdullah avrebbe potuto contare su un ampio margine di vantaggio. Ma in questo scenario fluido un dato certo c’è, ed è purtroppo negativo: ovvero le violenze compiute dai talebani contro coloro che si sono recati alle urne. Ieri il presidente Hamid Karzai, riferisce l’agenzia di stampa Pajhwok, ha telefonato agli undici elettori della provincia di Herat ai quali i talebani hanno amputato le dita per aver sfidato il loro divieto di andare a votare. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 4 mercoledì 18 giugno 2014 Un uomo che in circostanze drammatiche fu chiamato a quarantasette anni a guidare il suo popolo E decise di farlo proteggendo i più poveri ed emarginati di DANIEL RAMADA PIENDIBENE l bandoneón è uno strumento di periferia. Doppiamente di periferia. Da un lato la sua musica, in entrambe le rive del Río de la Plata, fiorisce dagli arrabales («sobborghi»), dove fra la metà del XIX secolo e i primi decenni del XX secolo nascono, un po’ per bisogno di mano d’opera rustica, un po’ attraverso l’alluvione migratoria, quelle periferie urbane fatte di lavoro, amore e sofferenza, vale a dire, i quartieri bassi. D’altra parte però non bisogna dimenticare che il bandoneón nasce come strumento ausiliare per accompagnare le celebrazioni domenicali nelle piccole cappelle rurali tedesche, dove non c’era spazio né denaro per montare un organo. L’armonium portatile che nasce nell’ambito di una liturgia religiosa di periferia rurale giunge, herido de sombra (“ferito nell’oscurità”) nella liturgia artistica e realmente esistenziale della frontiera urbana con il suo viejo fuelle desinflado (“vecchio mantice sgonfio”), abbandonato como un pebete en la puerta de un convento (“come un pivello davanti alla porta di un convento”). Non si sa se è nel conventillo (“casa popolare”), dove sussiste la solidarietà spontanea dei poveri, o in un precario convento di arrabal, sin revoque en las paredes (“senza stucco sui muri”, sono citazioni dal tango Bandoneón arrabalero di Pascual Contursi), dove religiose e religiosi, assieme a fedeli o vicini anonimi, si prendono cura, senza ostentazioni, dell’anima e del debole corpo di tanti bisognosi, orfani, fragili o miserabili. A questa musica, che ferisce il cuore e il cui suono invade il sentimento profondo senza chiedere il permesso, si aggiunge un testo. La parola di Qoelet (in greco, Ecclesia- I Misa por bandoneón per i duecentocinquant’anni dalla nascita dell’eroe uruguaiano José Gervasio Artigas Quella musica che non chiede permesso ste); una parola saggia e allo stesso tempo polemica e mansueta, che forse sgorga anch’essa dal quel hondo bajo fondo donde el barro se subleva (“profondo basso fondo dove il fango si ribella”) in questo caso, contro la sua propria finitezza o cecità. Vanità di vanità. Inconsistenza dell’apparenza, miraggio che inganna come un fumo maligno che confonde e seduce con la scusa di fare il bene. Qoelet e la sua prospettiva sapienziale si muovono in un universo di età avanzata. Nella bibbia ebraica l’Ecclesiaste si annovera fra i Ketuvim, ovvero gli scritti di maturità midrashica, frutto di un’epoca nella quale era venuta meno la profezia — i Cieli si chiusero — e per conoscere la volontà dell’Altissimo si ricorre solamente alla meditazione della parola scritta, una Parola definitivamente fissata e stabilita nel testo canonico. Qoelet, quale vera raccolta dell’esperienza di vita, nasce come frutto della contemplazione che aggiorna la Parola nei nuovi contesti esistenziali, perché per l’Israele del Secondo Tempio, essendosi chiusi «i Cieli», rimane aperta solo la memoria del suo Signore Trascendente nella storia immanente, nella vita del tempo presente che si muove, cambia ed esige di discernere la volontà del Santo d’Israele nel deserto della storia. I libri sapienziali guidano la rivelazione in questa nuova forma di incontro. L’assenza, il silenzio, la perdita proprie del post-esilio e una presenza ora mediatizzata nel testo che esige l’intervento responsabile e complementare dell’uditore della Parola. I fedeli leggono questo libro, lo ascoltano alla luce di un presente diverso dai tempi profetici in cui il Signore di Israele parlava con la voce degli uomini, annunziatori carismatici. In certo modo il discernimento midrashico del Qoelet rappresenta la democratizzazione della santità. Tutti i membri del popolo di Israele, senza eccezione, hanno ora la Parola a portata di mano per contrastarla con la vita quotidiana attraverso il discernimento. Bandoneón, Qoelet, sentimento, nostalgia, discernimento, saggezza applicata a congiunture mutanti e, da ultimo: Artigas. Un uomo che in forza di circostanze tanto inaspettate quanto drammatiche fu chiamato a guidare il suo popolo non nel fuoco della passione giovanile, ma a quarantasette anni, e decise di farlo proteggendo e difendendo i più poveri ed emarginati. Un uomo che visse sin dall’adolescenza lontano dalla società urbana fra territori di frontiera aspri e insicuri e terre di nessuno, tra i quilombos (comunità formate da schiavi africani fuggiti dalle piantagioni) e le tende degli indios che lo consideravano uno di loro. Un uomo profetico durante il breve decennio di guida carismatica e un uomo saggio quando, a cinquantasette anni, preferì restituire la sua sciabola e i suoi galloni per ritirarsi in una località recondita della selva a lavorare la terra, convertendosi in agricoltore ed educatore. Non sembra opportunismo né adulterazione linguistica affermare Con la sapienza dell’Ecclesiaste Il concerto a Palazzo della Cancelleria Il prossimo 19 giugno ricorre il duecentocinquantesimo anniversario della nascita dell’eroe della patria orientale José Gervasio Artigas. Si tratta di una data significativa per i popoli del Río de la Plata. L’ambasciata dell’Uruguay presso la Santa Sede ha deciso di celebrare la memoria del “protettore dei popoli liberi” e di rendere omaggio, allo stesso tempo, a Papa Francesco. Il 6 giugno a Roma, al Palazzo della Cancelleria, è stata eseguita in prima mondiale la Misa por Bandoneón con testi del libro dell’Ecclesiaste (Qoelet), una composizione musicale dell’artista uruguaiano Roberto Passarella, interpretata dall’autore stesso e dal coro ed ensemble filarmonico della città di Macerata. Pubblichiamo un articolo scritto per l’occasione dall’ambasciatore dell’Uruguay presso la Santa Sede. comuni alla dirigenza dell’epoca, al termine della sua vita a più di settant’anni rimase in esilio volontario, tenace fino al punto di rifiutare diverse volte l’offerta di far ritorno con onori e con una pensione alla sua terra natale. Rimase nella selva paraguaiana, fra i suoi poveri e i neri banditi, lavorando un piccolo lotto di terra datagli in prestito, insegnando ai bambini, apprendendo e condividendo le arti dell’agricoltura con indios e contadini creoli. In esilio, a Monumento a José Gervasio Artigas a La Plata ottant’anni inoltrati, morì il 23 settembre del 1850. che Artigas fu un personaggio di L’ambasciata dell’Uruguay presso “periferia” o, detto in altro modo, la Santa Sede ha celebrato il dueun uomo eccezionalmente attento centocinquantesimo anniversario delnei confronti delle persone emargi- la nascita di Artigas con qualcosa di nate. I suoi sforzi furono sempre più di una retorica eloquente e di dalla parte dei più poveri, al punto un’offerta floreale destinata ad apdi abbandonare l’impresa militare e passire nel giro di pochi giorni. Per consacrare i suoi ultimi trent’anni di questa ragione la commemorazione vita, la sua vecchiaia, agli indios della sua nascita vuole riferirsi a guaranì come maestro e catechista. questo aspetto spesso dimenticato o Due anni fa, in occasione di que- posto in secondo piano, dove consta ricorrenza, ebbi a dire che l’origi- fluiscono la sensibilità, la memoria, nalità di Artigas si radica nelle sue la saggia maturità della seconda meattitudini, nei suoi gesti e nelle sue tà della vita e una forma d’arte soscelte, che dicono tanto o più delle nora che evoca esistenze vissute in parole, che, di per sé, sono già ecce- periferia. Questo solenne e semplice zionali. A causa di quei gesti quoti- omaggio esprime gratitudine, comudiani fu venerato, lontano dalla sua nione e impegno nei confronti di terra, da coloro che lo chiamarono quei fragili e piccoli fratelli di carne con semplicità nativa “padre dei po- e ossa tanto cari al Jefe de los Orienveri”, “padre degli indios” o Uberavá tales e che Gesù di Nazaret proclaKaray, vale a dire, «Signore che ri- mò beati al punto di identificare splende». E poiché mai accettò di nell’attenzione ai loro bisogni l’unità entrare a far parte di quei circoli o di misura della fedeltà al suo stesso logge tipiche degli ambienti colti, messaggio. Calcio e letteratura anglosassone di ENRICO REGGIANI Come e più che in passato, con i mondiali brasiliani da poco iniziati, il ruolo letterario e culturale del calcio si impone al centro della scena globale. Potrebbe essere una loro conseguenza virtuosa, visto che sempre meno numerosi, fortunatamente, sembrano essere gli epigoni di coloro che sdottora(va)no della sua irrilevanza (quando non addirittura della pericolosità). Se pare ormai condivisa l’idea che i “rituali” del calcio propongano la «descrizione di una battaglia» (Alessandro Dal Lago, 1990), ci si è anche spinti fino a considerarlo — non senza qualche acrobazia concettuale e analogica — sia «una buona allegoria del lavoro letterario» (Cristina Taglietti, 2009), sia uno strumento di espressione della vacuità del lavorio del critico: «La fedeltà bovina al testo, ai marchingegni narrativi, alle strutture sociologiche hanno reso la critica tediosa come le trasmissioni calcistiche sulle quali si fa un gran disquisire sulla differenza tra 4-3-3 e 4-3-1-2» (Alessandro Piperno, 2009). Saranno pure tediose quisquilie tecniche queste ultime, ma l’affascinante e prestigiosa Premier League delle culture anglofone, in cui queste ultime sembrano contendersi il trofeo della miglior letteratura in lingua inglese, mostra la sua straordinaria vitalità proprio a partire dalle differenti denominazioni di schemi, ruoli, zone del campo, tattiche, strategie e via scorrendo le voci dell’enciclopedia calcistica e le loro declinazioni “glocalizzate”. Ne fanno fede, ad esempio, la miracolosa concentrazione di un’identità nazionale inclusiva che si respira in termini quali bafana bafana (entusiastico soprannome della nazionale sudafricana, Quattro giacche a fare i pali traducibile come “Avanti, ragazzi! Avanti, ragazzi!”, interpretato spesso anche alla luce della forte inflessione comunitaria del concetto africano di ubuntu) o la fantasiosa intuizione personale del giornalista Tony Horstead, al quale si deve la differente origine e vicenda del nomignolo dei Socceroos, evidentemente modellato su kangaroo con Bob Paisley?), oppure «Il calcio è un elemento fondamentale della cultura contemporanea», che a detta di molti sarebbe frutto della mente sapiente e sorprendente di Thomas S. Eliot! Alcune prosaiche e pignole verifiche incrociate negli scritti di entrambi i giganti letterari menzionati smentiscono tali monumentali paternità: ma chi scrive è prontissimo a ricredersi e attende con impazienza circostanziate e risolutive indica«La palla che lanciai giocando nel parco zioni bibliografiche. È invece di paternità sicuAncora non ha raggiunto il suolo» ra l’idea che «è un segno diÈ un distico scritto nel 1935 stintivo di tutta la nostra dal genio tumultuoso di Dylan Thomas epoca moderna che le masse sono mantenute quiete grazie alle battaglie. Lo sono, però, perché si tratta della immediato e costante successo, durante simulazione di una battaglia; pertanto una serie di partite giocate dalla nazio- la maggioranza di noi sa ormai che il sinale australiana nel Vietnam del Sud stema dei partiti è stato popolare solo nel 1967. nel senso in cui è popolare un football Tanto fascinoso è l’intreccio tra pallo- match». Così Chesterton (nel sedicesimo ne e parole che bisogna poi fare anche i capitolo della Breve Storia dell’Inghilterconti con l’inesauribile cornucopia di ci- ra, 1917). Verrebbe da chiedergli: nel tazioni leggendarie che vengono cattu- senso di partita di association football, il rate in rete e colà replicate senza posa e calcio inglese, o di rugby football ? Accontentiamoci della lungimirante preverifica. Due, su tutte, meritano menzione in monizione chestertoniana, ma, come si questa sede per il rilievo dei loro pre- intuisce agevolmente, si tratta di diffesunti autori e per l’efficacia di quanto renza di non poco conto, anche sul piacomunque esprimono: «Il calcio è l’arte no delle implicazioni simboliche, nel di comprimere la storia universale in quadro della cultura nazionale inglese. Di autore altrettanto certo è anche novanta minuti», che la maggioranza dei citanti riferisce alla penna di George uno splendido distico che conclude un Bernard Shaw (o è del mitico allenatore testo poetico intitolato Dovessero splen- dere lanterne, composto nel 1935: «La palla che lanciai giocando nel parco / Ancora non ha raggiunto il suolo». È tipica delle folgoranti corde creative del genio tumultuoso di Dylan Thomas (1914-1953), del quale ricorre quest’anno il centenario della nascita, questa capacità di combinare poeticamente esperienze antropologiche ed epistemologiche in apparenza incompatibili e spesso sbrigativamente indicate come “surrealistiche”: passato e presente, terra e cielo, individuo e comunità, regola condivisa e libertà individuale, potenza e atto, intenzione e incoscienza, silenzio e parola. Fu una dote, questa, davvero caratteristica del poeta gallese, la cui totalizzante simultaneità non può non richiamare al lettore attento la “bellezza pezzata” del meraviglioso Gerard Manley Hopkins, suggerendo persino la necessità di una più attenta valutazione dell’influenza esercitata sulla poesia di Thomas — che si definiva un “sacro fattore” — dal grande codice biblico, dalla sua frequentazione giovanile delle chiese gallesi, nonché da una sua attrazione incompiuta e tutta da sondare nei confronti della fede cattolica. Profondamente radicato in Hopkins è, senza dubbio, anche il poeta irlandese Seamus Heaney, scomparso di recente, al quale si deve il conclusivo, ampio frammento calcistico (in senso gaelico, ahimé, ma chi lo cita si augura che bellezza e pertinenza possano giustificare la licenza): «Con quattro giacche a fare i quattro pali / marcammo il campo, e basta. Aree e corner / presenti come la- titudine / e longitudine sotto gobbe e cardi, / da convenire o contestare solo / al bisogno. Poi scegliemmo le squadre / varcando la linea che l’appello / dei nomi tracciava tra di noi. / Ragazzi urlanti da squarciar la gola, / la luce muore e loro vanno avanti, / il gioco ormai si gioca nella testa; / la palla vera presa a calci arriva / pesante come in sogno; il fiato corto / nel buio, le scivolate Il poeta irlandese Seamus Heaney sull’erba / hanno un suono di sforzo in altro mondo... / Era veloce e costante, un gioco / senza necessità di avere fine. / Un qualche limite era stato oltrepassato, / c’era rapidità, progresso e non fatica, / un tempo extra, libero e imprevisto” (Marcamenti. I, traduzione di Gilberto Sacerdoti). Libero — come scrisse Joseph Ratzinger, in occasione dei Mondiali in Sudafrica nel 2010 — nel segno della «disciplina della libertà; di esercitare con se stessi l’affiatamento, la rivalità e l’intesa nell’obbedienza alla regola». L’OSSERVATORE ROMANO mercoledì 18 giugno 2014 pagina 5 Francesco e Caterina patroni d’Italia «Piede asciutto, piede bagnato» (2012, dalla serie «Punti cardinali») Una terra patria di santi di SILVIA GUIDI Uno stile forte e sintetico come il monosillabo — Kcho — con cui ha scelto di farsi chiamare; non c’è traccia di sentimentalismo o di oleografia rassicurante nell’opera dell’artista cubano Alexis Leiva Machado, dedicata prevalentemente al viaggio per mare, esplorato e descritto in tutte le sue variabili, tragiche o liriche, attraverso la pittura, la scultura e le installazioni. Dipingere è «una fase della creazione; mi sento un creatore, nello senso umano della parola — dice Kcho all’O sservatore Romano — vedo la creazione come una soluzione. Per me disegnare, scolpire, incidere, installare, costruire è un modo di sentire, è il mio modo di affrontare ogni giorno la vita e le sue sfide. È una forma superiore di dialogo e di scambio con il mondo che mi circonda, con il mondo in cui ci troviamo a vivere». Ci racconti i suoi primi passi nel mondo dell’arte. Si è formato a Cuba, dove è nato come pittore... Come artista sono nato dalle mie stesse esperienze; gliene potrei raccontare molte. Fin da quando ero bambino mia madre ha esercitato su di me una grande influenza con le sue creazioni in ceramica e in cartapesta, i suoi dipinti, le sue lezioni, i suoi consigli, le sue tecniche, il suo sostegno, il suo amore. Anche mio padre lavorava, era falegname, come mio nonno. Da bambino, e nei primi anni dell’adolescenza, ho aiutato mio padre nella falegnameria. Questa tappa della mia formazione alla vita è stata per me molto importante e ha avuto una grande influenza su di me. Nel mio cammino c’è inoltre stato un episodio fondamentale. Quando avevo dieci anni, un giorno, mentre camminavo per Nuova Gerona — il mio paese natale, nell’isola della Gioventù —, mi è successo qualcosa d’incredibile, ho avuto una grande sorpresa. Sono entrato nella galleria d’arte comunale, e vi ho trovato un tesoro. Le racconto che cos’è successo: quando sono entrato in quella piccola casa con un grande giardino e alberi frondosi, mi sono trovato circondato da un tesoro per me inimmaginabile. L A colloquio con il pittore cubano Kcho Con l’arte accompagno il cammino di chi soffre sto del grande scrittore Alejo Carpentier, premio Miguel de Cervantes nel 1977, autore dei romanzi El reino de este mundo e El siglo de las luces. Con i soldi del premio Carpentier ha comprato per ogni provincia cubana una serie di riproduzioni di capolavo- tura in senso accademico, con tutto il suo rigore e le sue tecniche, e anche scultura e disegno. Ho studiato i movimenti e gli artisti a mio giudizio più interessanti dell’arte universale. Ma come le ho detto all’inizio mi piacerebbe parlare dell’atto creativo, e non solo della pittura. Durante una fase importante del mio lavoro il disegno è stato essenziale e centrale quale parte del processo di pensiero e di costruzione e a volte di documentazione; con il tempo la pittura ha però acquisito per me anche un altro significato. Ho cercato di costruire idee autonome che si esprimessero a partire da uno spazio pittorico materico utilizzando diverse tecniche, tra cui quella a olio, ad acrilico e mista, come supporto tecnico di una storia che deve essere narrata e alla quale ho dedicato la maggior parte della mia opera: l’insularità, il mare, l’uomo e i suoi viaggi, la migrazione umana, i suoi effetti, le sue ombre e i suoi colori, la sua fragilità, la sua durezza, i pericoli, l’energia che traevo dai miei disegni, dai miei dipinti e dalle mie installazioni. Quindi è dalla sua isola — le sue coste, le sue pietre, la sua luce piena di contrasti — che trae ispirazione per le sue opere? Cosa ha visto? All’improvviso ho visto di fronte a me Il giardino delle delizie di Bosch e alle mie spalle Il 2 Maggio di Goya, e opere di Rembrandt, Rubens, Picasso, Miró, Dalí, e tutti, persino i tori delle pittografie delle Grotte di Altamira, in quel piccolo spazio. Ho pensato che fossero tutte opere originali. Ne avevo già viste alcune ma solo nei libri della biblioteca che visitavo molto spesso, dato che una delle mie sorelle maggiori lavorava lì. Ho sempre provato grande curiosità per Hieronymus Bosch e la sua visione, la sua tecnica e la sua composizione. Vedere quelle riproduzioni così splendide di tanti capolavori dell’arte universale è stato per me un regalo meraviglioso, che ho avuto l’opportunità di conoscere e di apprezzare grazie al bellissimo ge- a sollecita cura della Chiesa universale, che Ci è stata commessa dal divino Redentore, Ci spinge sempre a procurare quanto più Ci è possibile il bene di tutti i Fedeli sparsi per tutta la terra; ma, poiché la Divina Provvidenza ha voluto che la cattedra Romana di S. Pietro fosse stabilita in Italia, la Nostra volontà non può rivolgersi in modo particolare a promuovere i vantaggi spirituali degli italiani; e perciò appena ce ne è data l’occasione ci disponiamo ad eseguire con solerte cura tutte quelle cose che ci sembrano le più opportune al fine prodotto. Sicché, nelle difficoltà dei tempi, che da ogni parte premono anche le genti d’Italia, nessun’altra cosa è più conforme al Nostro ufficio pastorale, nonché all’ufficio che nutriamo verso i Nostri connazionali, quanto l’assegnare loro presso il Signore particolari Patroni celesti, i quali ne siano come i custodi e i difensori. Chi di noi invero potrebbe mai dubitare di non essere aiutato giorno per gior- «Naufragio» (2011) ri dell’arte universale e un’enciclopedia sull’arte, per illuminare migliaia di persone; io sono stato uno di questi, quella luce mi accompagna ancora, e lo ringrazio per il suo gesto. Da qui la passione per il disegno. Ho iniziato il mio percorso di studi prima nella Scuola elementare d’arte, nell’Isola della Gioventù, poi nella Scuola nazionale d’arte all’Avana. Ho studiato pit- Sono portatore dell’energia di un popolo illuminato dal sole e dal mare dell’isola di Nuestra Señora de la Caridad del Cobre, la patrona dei cubani. L’emigrazione è un problema globale e permanente. L’uomo si muoverà sempre in una Via Crucis (ndr il suo ultimo ciclo di opere, «Via Crucis», è esposto al Palazzo della Cancelleria di Roma fino al 22 giugno), la via dolorosa che per molti inizia nel viaggio, una via incerta ma per milioni di persone, in tutto il mondo, improrogabile. Credo che quello che l’arte non tocca con la sua luce rischi di venire dimenticato, e ciò ovunque, a Gibilterra, nel Pacifico, a Lampedusa, nel Rio Grande, nel Mar dei Caraibi. In questi viaggi dalla destinazione incerta ma necessaria sta il mio cammino. Sento di dover continuare il mio viaggio lungo il cammino che ho scelto. Sento che la mia opera accompagna i viaggiatori, quegli uomini, donne e bambini che rischiano la propria vita per trasformare un sogno in realtà. Creare è una responsabilità che mi emoziona e senza la quale non posso vivere. Quali artisti ammira di più? Quelli che hanno dedicato le proprie opere o le proprie energie ad accompagnare l’umanità nel suo cammino di apprendimento per una vita migliore. Perciò per me Michelangelo è e sarà sempre l’artista imprescindibile della storia. La politica culturale mondiale attuale ha bisogno di meno mercato e più umanità; di essere meno fabbrica di denaro e più forgiatrice di valori, di amore e di solidarietà, di maggiore tolleranza e cultura, che faranno sempre del mondo un luogo migliore per tutti. Vorrei continuare a creare con forza e intelligenza e a dare tutto il possibile, a partire dalla mia opera e dalle mie energie, ai progetti di carattere artistico, culturale e sociale che realizzo a Cuba e nel mondo, tenendo conto che tutto il lavoro noi lo svolgiamo nel nostro Laboratorio per l’arte nel quartiere Romerillo dell’Avana, un ente culturale senza fini di lucro i cui obiettivi sono la sperimentazione, lo sviluppo e la diffusione delle arti e dell’intesa umana. È uno spazio per il dialogo, la cultura, la conoscenza e la pace. Il nostro proposito in questo laboratorio è di sviluppare progetti con un marcato profilo sociale, educativo e culturale, volti al miglioramento umano e a difendere i valori della nostra cultura nazionale, e anche il suo ruolo e il suo contributo al concerto globale. Entro fine anno ho altri progetti in Messico, Italia, Croazia e Stati Uniti; il prossimo anno parteciperò alla Biennale di Vancouver e alla Biennale dell’Avana. 18 giugno 1939 Settantacinque anni fa, il 18 giugno 1939, Papa Pio XII emanava un Breve pontificio, a firma del cardinale segretario di Stato Luigi Maglione, con il quale proclamava san Francesco d’Assisi e santa Caterina da Siena patroni primari d’Italia. Pubblichiamo la traduzione del documento così come apparve sull’O sservatore Romano del 19-20 giugno. no dal patrocinio dei Santi presso Dio, specialmente quando, trovandosi in angustie, si appoggia alla intercessione dai Santi, invoca il Signore e sente subito che il Signore lo esaudisce? E questo tanto più giustamente può dirsi di quel patrocinio, col quale i Santi proteggono le genti e le Nazioni, specie quelle I riconoscimenti a due biblisti Per la prima volta a una donna il premio Ratzinger È morto Settimio Cipriani Apripista negli studi su san Paolo Il 16 giugno è morto a Bibbiena monsignor Settimio Cipriani, biblista che è stato negli ultimi decenni uno dei primi studiosi italiani delle lettere di san Paolo. «Il suo commento alle epistole paoline, nei primi anni Sessanta — ci ha detto il biblista Romano Penna — era una vera novità e mi ha avviato allo studio approfondito dell’apostolo delle genti». Nato a Pratovecchio nel 1919, Cipriani era stato preside della Facoltà teologica di Napoli e aveva insegnato, tra l’altro, alla Pontificia università lateranense. È stato anche collaboratore dell’Osservatore Romano dal 1961 al 1986. Sono Anne-Marie Pelletier, che insegna ermeneutica ed esegesi biblica, e monsignor Waldemar Chrostowski, anch’egli biblista oltre che impegnato nel dialogo cattolicogiudaico, i due studiosi che riceveranno il prossimo 22 novembre il Premio Ratzinger, giunto alla sua quarta edizione. La notizia è stata data nel corso della presentazione di due appuntamenti promossi dalla Fondazione Joseph Ratzinger Benedetto XVI — il premio 2014, appunto, e un convegno intitolato «Il rispetto per la vita, cammino per la pace», che si svolgerà nella Pontificia università bolivariana di Medellín, in Colombia, dal 23 al 24 ottobre. La conferenza stampa di presentazione è stata ospitata nella mattina del 17 giugno dalla Sala Stampa della Santa Sede alla presenza del cardinale Camillo Ruini, presidente del Comitato scientifico della fondazione, monsignor Giuseppe Scotti, presidente della fondazione, e Germán Cardona Gutiérrez, ambasciatore di Colombia presso la Santa Sede. «Anne-Marie Pelletier è la prima donna che consegue il Premio Ratzinger — ha detto il cardinale Ruini illustrando il curriculum della studiosa —, si è occupata molto anche della questione delle donne nel cristianesimo e nella Chiesa». Tra gli altri, il porporato ha ricordato due libri: Le christianisme et les femmes. Vingt siècles d’histoire (Paris, Cerf, 2001, tradotto in italiano da Jaca Book con il titolo Il Cristianesimo e le donne) e Le signe de la femme (Paris, Cerf, 2007), oltre a molti articoli. Pelletier è stata anche vicepresidente del Servizio informazione e documentazione giudei-cristiani di Parigi ed è autrice di vari studi e interventi sul tema. È dunque, ha detto il cardinale, «una personalità di forte rilievo nel cattolicesimo francese contemporaneo, che unisce a un meritato prestigio scientifico e a una grande e versatile vivacità culturale un’autentica dedizione a cause assai importanti per la testimonianza cristiana nella società». Monsignor Chrostowski è invece redattore generale della rivista di teologia polacca «Collectanea Theologica» e dal 2004 è preside dell’Associazione dei biblisti polacchi. «La sua produzione, sia scientifica sia divulgativa — ha aggiunto Ruini —, è quanto mai abbondante. Sono moltissimi gli articoli a sua firma nei dizionari ed enciclopedie, oppure pubblicati su riviste bibliche e teologiche. Il suo campo di lavoro preferito è l’Antico Testamento, in particolare i profeti, ma anche la letteratura giudaica intertestamentaria e il giudaismo rabbinico e i suoi rapporti con il cristianesimo». Chrostowski insegna dal 1987 alla Facoltà di Teologia dell’Accademia di Varsavia, ora università Cardinale Stefan Wyszyński, e in varie altre università, ma è anche un infaticabile divulgatore della conoscenza della Bibbia, attraverso corsi di formazione, esercizi spirituali, pellegrinaggi. «In questi tre anni — ha aggiunto monsignor Scotti, illustrando le varie attività della Fondazione — vi è stata una partecipazione attiva e interessata di ben 275 università di ogni continente e un coinvolgimento in progetti di riflessione e ricerca di oltre 1600 persone fra docenti e studenti. L’appuntamento di ottobre a Medellín è in sintonia con questo cammino». alle quali si sforzarono in tanti modi e in tante particolari circostanze di portare aiuto, mentre ancora essi erano in terra, spinti dall’amor di patria. Senza alcun dubbio ciò si deve affermare di San Francesco d’Assisi e di S. Caterina da Siena, che, italiani ambedue, in tempi straordinariamente difficili, illustrarono, mentre vivevano, con nitido fulgore di opere e di virtù e beneficarono abbondantemente questa loro e Nostra patria, in ogni tempo madre di Santi. Difatti S. Francesco, poverello ed umile vera immagine di Gesù Cristo, diede insuperabili esempi di vita evangelica ai cittadini di quella sua tanto turbolenta età, e ad essi anzi, con la costituzione del suo triplice Ordine, aprì nuove vie e diede maggiori agevolezze per la correzione dei pubblici e privati costumi, e per un più retto senso dei principii della vita cattolica. Né altrimenti si adoperò S. Caterina, la fortissima e piissima vergine, che valse efficacemente a ridurre e a stabilire la concordia degli animi nelle città e contrade della sua patria, e che, mossa da continuo amore, con suggerimenti e preghiere fece tornare alla sede di Pietro in Roma i Romani Pontefici, che quasi in esilio vivevano lontani in Francia; tanto da essere considerata a buon diritto il decoro e la difesa della patria e della religione. Ora poi il Signor Cardinale Carlo Salotti, Prefetto della S. Congregazione dei Riti, Ci ha detto che gli Arcivescovi e Vescovi d’Italia, assecondando il comune desiderio dei fedeli, fanno voti e ci rivolgono anzi supplici preci, affinché S. Francesco d’Assisi e S. Caterina da Siena vengano da Noi dichiarati e costituiti Patroni Primari d’Italia, con l’intento di riaccendere l’avita pietà a farla maggiormente crescere. A questi voti si aggiunge anche l’ampiissima commendatizia dello stesso Porporato, e perciò, considerate attentamente tutte le ragioni e le circostanze, ben volentieri abbiamo deciso di annuirvi. Pertanto di Nostro «Motu proprio», di certa scienza e dopo matura deliberazione, colla pienezza della Nostra Apostolica potestà, in virtù delle presenti Lettere, dichiariamo da questo momento e costituiamo in perpetuo S. Francesco d’Assisi e S. Caterina da Siena Patroni Primari d’Italia. Colla stessa autorità e in forza delle presenti da valere in perpetuo, decretiamo inoltre che in Italia e nelle isole adiacenti, si celebrino ogni anno, dall’uno e dall’altro clero, nei giorni stabiliti, le feste degli stessi Patroni, con la relativa Messa ed Officio in rito doppio di prima classe, ma senza ottava. Nonostante qualsiasi cosa in contrario. Ciò benevolmente ordiniamo e decretiamo, comandando che le presenti Lettere rimangano sempre ferme, valide e in tutta la loro efficacia; che ottengano i loro pieni ed interi effetti; che se ne possano pienamente valere oggi ed in futuro quelli cui spetta o potrà spettare; e così doversi esattamente giudicare e stabilire, dichiarando fin d’ora irrita ed inane qualsiasi cosa che al riguardo, da chiunque o da qualsiasi autorità, scientemente o ignorantemente, possa essere attentata in contrario. Dato a Roma, presso S. Pietro, sotto l’anello del Pescatore, il XVIII giugno dell’anno MD CCCCXXXIX, primo del Nostro Pontificato. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 6 mercoledì 18 giugno 2014 Il campanile della cattedrale di Funchal Messa del Pontefice a Santa Marta Peccatori con i guanti bianchi La porta di uscita dalla corruzione è la richiesta di perdono, il pentimento. Lo ha sottolineato Papa Francesco stamattina, martedì 17 giugno, tornando ad affrontare il tema della corruzione durante la messa celebrata nella cappella di Santa Marta. «Quando noi leggiamo sui giornali — ha detto in proposito — che questo è corrotto, che quell’altro è un corrotto, che ha fatto reato di corruzione e che la tangente va di qua e di là, e anche tante cose di alcuni prelati», è «nostro dovere di cristiani chiedere perdono per loro», domandare al Signore che «dia loro la grazia di pentirsi, che non muoiano con il cuore corrotto». Dunque «condannare i corrotti, sì; chiedere la grazia di non diventare corrotti, sì»; ma «anche pregare per la loro conversione!». Il brano biblico proposto dalla liturgia che ha ispirato la riflessione del Pontefice è quello del martirio di Nabot, tratto dal primo libro dei Re (21, 17-29). In esso Francesco ha individuato tre aspetti «che farà bene meditare»: la definizione della corruzione, il destino dei corrotti e la possibilità che questi ultimi hanno di salvarsi. Riguardo al primo, è lo stesso profeta Elia, protagonista del racconto, a dire «chiaramente cosa fa il corrotto» rivolgendosi al re Acab, responsabile della lapidazione di Nabot che si rifiutava di vendergli una vigna: «Hai assassinato e ora usurpi... Ti sei venduto!». Infatti, ha commentato il vescovo di Roma, «il corrotto, quando entra in questa strada della corruzione, oggi fa una cosa, domani un’altra. Toglie la vita, usurpa e si vende, continuamente». In pratica, ha aggiunto ricorrendo a un’immagine evocativa, «è come se lasciasse di essere una persona e diventasse una merce». Anzi, il corrot- Il cardinale Baldisseri a Pisa Servitori a tutto campo «Dinanzi a tanta gente bisognosa, che non sa come sbarcare il lunario e che soffre per le ingiustizie, per le paure, gli abbandoni, c’è tanto bisogno di comprensione, di accettazione, di accoglienza, di misericordia e di perdono». Lo ha detto il cardinale Lorenzo Baldisseri, segretario generale del Sinodo dei vescovi, celebrando martedì 17 giugno, nella cattedrale di Pisa, la messa per la festa di san Ranieri, patrono della città e dell’arcidiocesi. Vissuto nel XII secolo, figlio di un ricco mercante pisano, il giovane si trasferì come pellegrino in Terra santa soggiornandovi a lungo nella mortificazione. E il recente viaggio di Papa Francesco negli stessi luoghi ha ispirato al porporato una riflessione soprattutto sull’importanza del Santo sepolcro e del Cenacolo. Il primo, ha ricordato con parole del Pontefice, è «il luogo da cui parte l’annuncio della Risurrezione», che «è il cuore del messaggio cristiano». Il secondo, ha aggiunto, è quello in cui è nata la Chiesa missionaria. E «l’appello alla missione che ci viene oggi rivolto — ha commentato attualizzando il discorso — diventa urgenza di servizio alla gente». Dunque «missione per la Chiesa» significa essenzialmente «offrire con le proprie mani l’aiuto a tutti». Ma, ha avvertito il cardinale Baldisseri, questa «uscita missionaria non è una camminata o una maratona o un viaggio turistico. Le periferie di cui parla Papa Francesco sono in casa, sul tram, nell’ospedale, nel lavoro, dietro l’angolo». Da qui l’urgenza del servizio ai «poveri, agli abbandonati, agli esclusi, da assistere, consolare e amare», perché — ha concluso — «essere battezzati significa essere portatori di fede e speranza e servitori a tutto campo di chi ci sta d’intorno». to «è proprio una merce! Compra e vende: “Quest’uomo, sì, costa tanto: tu puoi comprarlo e puoi venderlo!”. Questa è la definizione: è una merce!». Quanto al secondo aspetto — cosa farà il Signore con i corrotti — il Papa ha anzitutto ricordato le tre categorie indicate nell’omelia del giorno precedente: «il corrotto politico, il corrotto affarista e il corrotto ecclesiastico», spiegando che «tutti e tre facevano del male agli innocenti, ai poveri, perché sono i poveri che pagano la festa dei corrotti! Il conto va a loro». Quindi, tornando alla questione del destino dei corrotti, ha evidenziato che è il Signore stesso a dire nella lettura odierna «chiaramente cosa farà: “Io farò venire su di te una sciagura e ti spazzerò via. Sterminerò ad Acab ogni maschio, schiavo o libero in Israele... Perché tu mi ha irritato e hai fatto peccare Israele!». Infatti «il corrotto irrita Dio e fa peccare il popolo». Per questo il Signore ricorre a espressioni forti nei confronti di Acab, archetipo di tutti i corrotti, quando Elia gli profetizza che «nel luogo ove lambirono il sangue di Nabot, i cani lambiranno anche il tuo sangue!». Non a caso, ha proseguito il Papa, «Maria, quando legge nel suo canto di lode la storia di salvezza, dice che il Signore disperde i potenti e rovescia i superbi». E il motivo lo ha spiegato Gesù stesso: «Ognuno di voi o qualcuno di voi che dà scandalo, sarebbe stato meglio per lui che lo buttassero in mare». Proprio così: «il corrotto scandalizza, scandalizza la società, scandalizza il popolo di Dio». E allora «il Signore è un po’ arrabbiato con i corrotti, perché scandalizzano, perché sfruttano quelli che non possono difendersi, schiavizzano». Come Acab, dunque, «il corrotto si vende per fare il male, ma lui non sa: lui crede che si vende per avere più soldi, più potere. Ma si vende per fare il male, per uccidere». Certo, ha precisato Papa Francesco, «quando noi diciamo: “Quest’uomo è un corrotto; questa donna è una corrotta...”», dovremmo fermarci un po’ a riflettere, chiedendo- ci se abbiamo le prove di quanto affermiamo. Perché, ha spiegato, «dire a una persona che è un corrotto o una corrotta, è dire questo; è dire che è condannata; è dire che il Signore l’ha cacciata via». Ed essendo traditori, gente che ruba e che uccide, essi rischiano di incorrere nella «maledizione di Dio, perché hanno sfruttato gli innocenti, coloro che non possono difendersi; e lo hanno fatto con i guanti bianchi, da lontano, senza sporcarsi le mani». In ogni caso, esiste «una porta d’uscita per i corrotti». È la stessa lettura a proporla: «Quando sentì tali parole, Acab si stracciò le vesti, indossò un sacco sul suo corpo e digiunò. Si coricava con il sacco e camminava a testa bassa. Cominciò a fare penitenza». Il Pontefice ha paragonato l’esperienza di Acab a quella di «quell’uomo tanto buono, ma che era caduto in corruzione: il santo Davide. “Ho peccato!”. E piangeva e faceva penitenza; si pentiva». Dunque «chiedere perdono» è «la porta di uscita per i corrotti, per i corrotti politici, per i corrotti affaristi e per i corrotti ecclesiastici». Infatti «al Signore piace questo»: perdona, ma lo fa «quando i corrotti fanno quello che ha fatto Zaccheo: “Ho rubato, Signore. Darò quattro volte quello che ho rubato!”». Da qui l’invito conclusivo a pregare per tutti i corrotti, chiedendo perdono per loro affinché ottengano «la grazia di pentirsi». Il prefetto di Propaganda inviato speciale del Papa a Madeira Per un rilancio dello spirito missionario «Rilanciare lo spirito missionario» che «distingue in modo significativo» la diocesi di Funchal «fin dall’inizio della sua creazione». È questa la consegna che il cardinale Fernando Filoni ha lasciato alla comunità cattolica dell’arcipelago portoghese di Madeira, dove nel pomeriggio di domenica 15 giugno ha presieduto come inviato speciale di Papa Francesco le celebrazioni conclusive del quinto centenario di fondazione. Alla presenza dell’ordinario locale, monsignor António José Cavaco Carrilho, del nunzio apostolico in Portogallo, arcivescovo Rino Passigato, di numerosi sacerdoti, religiosi e laici, il prefetto della Congrega- zione per l’evangelizzazione dei popoli ha celebrato la messa nella solennità della Santissima Trinità. «Come l’amore trinitario di Dio — ha detto — anche l’amore ecclesiale deve uscire fuori da sé stesso e donarsi agli altri. In primo luogo, a quanti non conoscono l’amore di Dio, o sono lontani da lui, o non si sentono umanamente degni di essere amati, perché si sentono peccatori». Questo, ha aggiunto, «è il vostro programma e l’impegno al quale Gesù chiama oggi la Chiesa di Funchal». Fondata da Leone X nel 1514 e poco dopo elevata al rango arcivescovile, la diocesi divenne presto molto estesa, «comprendendo anche il territorio brasiliano». A ricordarlo è la lettera con cui Papa Francesco ha nominato il prefetto del dicastero missionario suo inviato speciale alle celebrazioni, protrattesi dal 13 al 16 giugno. Esse hanno costituito il momento culminante dell’assemblea diocesana giubilare convocata allo stadio dos Barreiros a conclusione del triennio pastorale 2011-2013, tutto indirizzato alla preparazione dell’avvenimento. All’omelia il cardinale Filoni ha ricordato tali iniziative, miranti a rivitalizzare le radici missionarie di Funchal, con l’obiettivo di costruire «comunità cristiane vive». Questo aspetto della missionarietà della Chiesa — ha detto in proposito — «è molto caro a Papa Francesco, che ne fa oggetto di riflessione e di incoraggiamento continuo», come testimonia bene l’esortazione apostolica Evangelii gaudium. L’azione e la storia della diocesi di Funchal, dunque, non solo sono «in sintonia con la visione del Pontefice sulla Chiesa di oggi» ma ne proiettano «la vita in una nuova dinamica». Infine il porporato ha espresso gratitudine alla Chiesa locale «per aver aiutato e sostenuto migliaia di missionari che sono passati da queste isole, prima del grande salto, con le navi del tempo, verso l’America, l’Africa e l’Asia». Quindi, attualizzando il discorso, ha chiesto alla comunità cattolica «una testimonianza coerente in una società multiculturale in crisi di valori morali e spirituali, caratterizzata dal fenomeno delle migrazioni e del turismo». E il primo ambiente sociale in cui occorre ravvivare tale fede è la famiglia, per contrastare l’attuale tendenza a indebolirla. L’OSSERVATORE ROMANO mercoledì 18 giugno 2014 pagina 7 Il Papa ribadisce i fondamenti etici della professione del magistrato Indipendenza e obiettività E indica le figure di Bachelet e Livatino come modelli da seguire Certezza del diritto ed equilibrio dei poteri in una società democratica trovano la loro sintesi nel principio di legalità, a difesa del quale il magistrato opera con indipendenza e obiettività. Lo ha ribadito il Papa rivolgendosi questa mattina, martedì 17 giugno, ai membri del Consiglio superiore della Magistratura. All’inizio dell’udienza il Papa si è scusato per il mancato incontro di lunedì scorso, 9 giugno, a causa di un leggero malore. Mi scuso dell’altra volta, davvero. A metà mattina ho avuto un malore, febbre, e ho dovuto tagliare gli appuntamenti. Mi scuso di quello. Do il mio benvenuto a voi, che componete il Consiglio Superiore della Magistratura, ai collaboratori e ai familiari. Ringrazio il Prof. Michele Vietti per le sue cortesi parole; e rivolgo un caro pensiero al Presidente della Repubblica, che presiede questa Istituzione. Il compito a voi affidato a servizio della Nazione è finalizzato al buon funzionamento di un settore vitale della convivenza sociale. Pertanto desidero esprimervi la mia stima e il mio incoraggiamento per la vostra attività e per quanti sono impegnati in tale settore con retta co- Nel saluto di Vietti Al servizio della giustizia Gli insegnamenti del Papa «inducono credenti e non credenti a riflettere sul senso della propria vita e del proprio ruolo, specie quando — come per i magistrati — si tratta di un ruolo delicato e di profondo impatto sociale». È con queste parole che il vice presidente del Consiglio superiore della magistratura, Michele Vietti, si è rivolto al Pontefice all’inizio dell’udienza, che, ha detto, costituisce una «preziosa opportunità di incontro». Nelle parole di Papa Francesco, ha affermato Vietti, «echeggiano con accenti nuovi i capisaldi della tradizionale dottrina sociale: solidarietà, sussidiarietà, bene comune». E all’interno di quella cultura del «dialogo», spesso evocata dal Pontefice, «una interlocuzione con il governo autonomo della magistratura — ha detto Vietti — è un’occasione unica di confronto e di conforto per il nostro lavoro». Infatti, ha proseguito, «chi è chiamato a esercitare funzioni pubbliche si trova a dover quotidianamente sostenere il peso di un servizio faticoso, talora misconosciuto, in un tempo in cui il senso delle norme rischia di smarrirsi, nel contesto di un Paese provato dalla crisi economica, incerto nei riferimenti etici e con scarsa fiducia nelle istituzioni». Ricordando, in particolare, le indicazioni pratiche sulla figura del giudice suggerite dal Papa nel discorso alla Rota romana, il vice presidente del Consiglio superiore della magistratura ha detto di aver imparato dai suoi insegnanti gesuiti dell’Istituto sociale di Torino «che cultura, morale e azioni non sono sezionabili ma connotano unitariamente l’uomo in tutto il suo operato, specie quando assume responsabilità collettive». Al Pontefice, dunque, si è presentata «una comunità di uomini e donne che lavorano per il servizio della giustizia, presidio della legalità nello Stato democratico, nel quadro dei valori etici fondamentali iscritti nella nostra Costituzione, che rappresenta la base civile e morale della nostra convivenza organizzata». «Abbiamo voluto questo incontro — ha concluso Vietti — convinti che, aiutati da lei a guardare in alto, non saremo distolti dal nostro quotidiano cammino, ma sapremo percorrerlo con passo più sicuro». scienza e con profondo senso di responsabilità giuridica e civica. Vorrei soffermarmi sull’aspetto etico che l’ufficio del magistrato incarna. In ogni Paese le norme giuridiche sono destinate a tutelare la libertà e l’indipendenza del magistrato, affinché possa adempiere con le necessarie garanzie il suo importante e delicato lavoro. Ciò vi pone in una posizione di particolare rilievo, per rispondere con adeguatezza all’incarico che la società vi affida, per mantenere una imparzialità sempre inconfutabile; per discernere con obiettività e prudenza basandovi unicamente sulla giusta norma giuridica, e soprattutto per rispondere alla voce di una indefettibile coscienza che si fonda sui valori fondamentali. L’indipendenza del magistrato e l’obiettività del giudizio da questi espresso richiedono un’attenta e puntuale applicazione delle leggi vigenti. La certezza del diritto e l’equilibrio dei diversi poteri di una società democratica trovano la loro sintesi nel principio di legalità, a presidio del quale il magistrato opera. Dal giudice dipendono decisioni che non soltanto incidono sui diritti e sui beni dei cittadini, ma che at- tengono alla loro stessa esistenza. Di conseguenza il soggetto giudicante, ad ogni livello, deve possedere qualità intellettuali, psicologiche e morali che diano garanzia di affidabilità per una funzione tanto rilevante. Fra tutte le qualità, quella dominante e direi specifica del giudice è la prudenza. Che non è una virtù per restare fermo: «Io sono prudente: sono fermo», no! È una virtù di governo, una virtù per portare avanti le cose, la virtù che inclina a ponderare con serenità le ragioni di diritto e di fatto che debbono stare alla base del giudizio. Si avrà più prudenza se si possederà un elevato equilibrio interiore, capace di dominare le spinte provenienti dal proprio carattere, dalle proprie vedute personali, dai propri convincimenti ideologici. La società italiana si aspetta molto dalla magistratura, specialmente nell’attuale contesto caratterizzato, tra l’altro, da un inaridimento del patrimonio valoriale e dall’evoluzione degli assetti democratici. Sia vostro impegno non deludere le legittime attese della gente. Sforzatevi di essere sempre più un esempio di integra moralità per l’intera società. Non mancano insegnamenti e modelli di grande valore a cui ispirarvi. Desidero menzionare la luminosa figura di Vittorio Bachelet, che guidò il Consiglio Superiore della Magistratura in tempi di grandi difficoltà e cadde vittima della violenza dei cosiddetti “anni di piombo”; e quella di Rosario Livatino, ucciso dalla mafia, del quale è in corso la causa di beatificazione. Essi hanno offerto una testimonianza esemplare dello stile proprio del fedele laico cristiano: leale alle istituzioni, aperto al dialogo, fermo e coraggioso nel difendere la giustizia e la dignità della persona umana. Il Signore, giusto Giudice e Padre di misericordia, illumini le vostre vite e le vostre azioni. La sua benedizione accompagni e sostenga ciascuno di voi e il vostro lavoro collegiale, come pure i vostri colleghi magistrati e le vostre famiglie. Grazie. Aperto il convegno pastorale diocesano di Roma L’«Evangelii nuntiandi» degli anni duemila Un confronto aperto, a cinque voci, su luci e ombre della catechesi a Roma per la preparazione alla comunione e alla cresima. Sono stati proprio il vescovo di Roma con il suo vicario generale, un parroco e due catechisti a dar vita a questo dialogo, aprendo il convegno pastorale diocesano nel tardo pomeriggio di lunedì 16 giugno, nell’aula Paolo VI. I contenuti del confronto sono ripresi nella giornata di martedì 17, a partire dalle ore 19, in tredici laboratori che si tengono al Laterano. Il terzo e conclusivo momento del convegno — il cui tema centrale è «Un popolo che genera i suoi figli. Comunità e famiglia nelle grandi tappe dell’iniziazione cristiana» — sarà lunedì 15 settembre, sempre al Laterano. Ad aprire il dibattito è stato il cardinale vicario Agostino Vallini presentando a Papa Francesco i dodicimila presenti, «tutti impegnati nella trasmissione della fede attraverso gli itinerari di iniziazione cristiana». Tutta la diocesi «si è preparata — ha detto il porporato — a questo convegno pastorale studiando e cercando di fare nostro lo spirito e la passione per il Signore Gesù che anima l’esortazione apostolica Evangelii gaudium e gli orientamenti in essa contenuti che abbiamo accolto com una vera luce sul nostro cammino di Chiesa». L’obiettivo, come si legge proprio nell’esortazione del Papa, è «avanzare nel cammino di una conversione pastorale e missionaria, che non può lasciare le cose come stanno», nella convinzione «che quando la Chiesa chiama all’impegno evangelizzatore non fa altro che indicare ai cristiani il vero dinamismo della realizzazione personale». Il cardinale Vallini ha quindi riconosciuto che «generare alla fede le nuove generazioni non è né scontato né facile». Infatti «il contesto sociale e culturale di avanzata secolarizzazione domanda il coraggio di rimettere in discussione modelli di catechesi e prassi pastorali che oggi Inizio della missione del nunzio apostolico in Lituania Monsignor Pedro López Quintana, arcivescovo titolare di Agropoli, è giunto a Vilnius il 14 aprile, dove è stato accolto all’aeroporto dal direttore del Protocollo del ministero degli Affari Esteri, l’ambasciatore Rasa Kairienė, che gli ha dato il benvenuto a nome del Governo lituano. Erano presenti quasi tutti i vescovi del Paese, fra cui il presidente della Conferenza episcopale, monsignor Sigitas Tamkevičius, arcivescovo di Kaunas, e monsignor Gintaras Grušas, arcivescovo di Vilnius, come anche il consigliere della nunziatura apostolica, monsignor Giovanni Gaspari, e una rappresentanza dei religiosi e delle religiose del Paese. Prima di arrivare alla sede della nunziatura a Vilnius, accompagnato da monsignor Grušas e dal vescovo di Telšiai, monsignor Jonas Boruta, il rappresentante pontificio ha fatto una sosta presso il santuario di Nostra Signora della Porta dell’Aurora (Aušgros Vartai), per affidare alla Vergine Maria, qui venerata con il titolo di Madre della Misericordia, la sua missione nelle tre Repubbliche baltiche. Il 16 aprile, dopo averne consegnato copia all’ambasciatore Kai- rienė, monsignor López Quintana ha presentato le lettere credenziali al presidente della Repubblica, signora Dalia Grybauskaitė. La cerimonia ha avuto luogo nella White Hall del palazzo presidenziale. Nel successivo colloquio, la presidente Grybauskaitė ha ringraziato per i voti augurali del Pontefice e ha ricordato con piacere l’udienza avuta con Benedetto XVI in Vaticano, nel dicembre 2010. Da parte sua, il rappresentante pontificio ha trasmesso i fraterni saluti e i fervidi auguri di pace e prosperità da parte di Papa Francesco al popolo lituano; toccando il tema della cooperazione tra la Chiesa cattolica e lo Stato, ha sottolineato la necessità della costruzione del bene comune del Paese e della collaborazione per il consolidamento del patrimonio di fede e di civiltà, basato sulla tradizione cristiana, che da secoli costituisce l’identità del popolo lituano. L’atto ufficiale nel palazzo della Presidenza è stato completato, nel pomeriggio, dalle visite al ministro degli Affari Esteri, Linas Linkevičius, e al direttore del dipartimento per gli Affari Europei del ministero degli Affari Esteri, Tomas Gul- binas. Il ministro Linkevičius ha ricordato con gratitudine l’incontro avuto in Vaticano, lo scorso mese di gennaio, con il segretario di Stato, il cardinale Pietro Parolin, e con il segretario per i Rapporti con gli Stati, l’arcivescovo Dominique Mamberti. Nella cattedrale di Vilnius, il Giovedì santo, l’arcivescovo di Vilnius ha invitato monsignor López Quintana alla concelebrazione della messa del Crisma, durante la quale lo ha presentato al clero e ai fedeli convenuti in gran numero. È stata l’occasione per il rappresentante pontificio per porgere ai presenti il saluto di Papa Francesco e per esprimere la gioia che lo guida nella missione di rappresentare il Pontefice in terra lituana. Nei giorni successivi, monsignor López Quintana ha incontrato il primo ministro, Algirdas Butkevičius, e la presidente del Seimas (Parlamento), la signora Loreta Graužinienė, nonché con i leader delle comunità cristiane locali, l’arcivescovo ortodosso Inokenti e il vescovo luterano Mindaugas Sabutis, e con il capo della comunità ebraica in Lituania, la signora Faina Kukliansky. non rispondono più alla sensibilità del nostro tempo». E, ha rilevato, «le famiglie, affannate da tanti problemi, non sempre sono vicine alla comunità ecclesiale né attente al bene spirituale dei loro figli». Ed ecco che «dopo aver dedicato due anni alla pastorale battesimale e all’accompagnamento dei genitori che chiedono il battesimo per i loro figli», registrando «una nuova sensibilità pastorale», il convegno di quest’anno, ha affermato il vicario generale, «vuole interrogarsi sull’impegno della comunità e della famiglia nelle grandi tappe dell’ammissione alla mensa eucaristica e della confermazione dei bambini e dei ragazzi». Dunque, ha detto al Papa, «vogliamo riflettere con lei sulla nostra identità di popolo che genera i suoi figli, perché vogliamo essere per tutti, e in modo particolare per i bambini, i ragazzi e le loro famiglie, una Chiesa madre che evangelizza, comunicando e condividendo la straordinaria bellezza della vita del Vangelo». Il canto Veni, creator Spiritus ha introdotto gli interventi di don Gianpiero Palmieri, parroco di San Frumenzio ai Prati Fiscali, e di due catechisti, Ada e Pierpaolo, che hanno dato voce alle esperienze maturate sul campo. I loro interventi non hanno nascosto i limiti della catechesi e della pastorale per i ragazzi e le loro famiglie. E hanno rimarcato anche gli aspetti nuovi e positivi, «frutto della stagione ecclesiale nata dal vento dello spirito del concilio Vaticano II». In particolare, ripercorrendo quanto avvenuto a Roma e in Italia, don Palmieri ha indicato due eventi centrali: la pubblicazione del documento base della catechesi nel 1970, e l’esortazione apostolica Evangelii nuntiandi firmata da Paolo VI nel 1975. A Roma poi, secondo don Palmieri, hanno avuto un ruolo importante le prime scuole di formazione per i catechisti, il Sinodo diocesano concluso nel 1993, la missione cittadina per il Giubileo del 2000 e, da ultimo, la risposta all’«emergenza educativa» indicata da Benedetto XVI. Per don Palmieri oggi si avverte «una certa stanchezza» nella pastorale, anche perché «la parrocchia non si è trasformata fino in fondo come avremmo sperato». Per di più abbiamo di fronte quella che viene definita «la prima generazione incredula», cresciuta nel mondo dell’informatica. Invece «nelle parrocchie c’è un invecchiamento» e soprattutto «una fuga dall’impegno comunitario». È tempo di prendere atto, ha detto il parroco di San Frumenzio, che è definitivamente «tramontato il tradizionale processo di comunicazione della fede». Resta comunque il fatto «che, al di là di tutte le analisi pessimistiche, il Vangelo nudo si diffonde da sé». E un forte sostegno in proposito, ha concluso, viene proprio dalla predicazione di Papa Francesco, accolta anche da non credenti, e dall’Evangelii gaudium «che è l’Evangelii nuntiandi degli anni duemila!». Quindi, a nome dei catechisti, Ada ha parlato di «entusiasmo e realismo senza pessimismo», di «sfide e opportunità». Riguardo alla preparazione della prima comunione, «ci sono limiti nonostante gli sforzi». Infatti «l’incontro con i bambini non è sempre felice», forse anche perché «nelle parrocchie non c’è un clima caldo e accogliente» come dovrebbe essere sempre in una comunità cristiana aperta «verso tutti e soprattutto verso i più piccoli». A volte, ha fatto notare Ada, la parrocchia appare «un freddo ufficio burocratico». Lo stile, invece, dovrebbe essere quello di «una vera tenerezza» e del coinvolgimento diretto delle famiglie, proponendo anche a loro il Vangelo e andando comunque oltre «vecchi modelli di apprendimento scolastico». Due soluzioni pratiche, ha suggerito la catechista, potrebbero essere quelle di imboccare decisamente «la via della bellezza» e di fare un uso consapevole dei «nuovi strumenti tecnologici». Insomma, non bisogna scoraggiarsi e neppure accontentarsi del «si è fatto sempre così». L’analisi di Ada è stata ripresa quindi da Pierpaolo, che ha affrontato in particolare la questione della catechesi in preparazione alla cresima, rivolta ai ragazzi tra i dodici e i quattordici anni. E ha presentato un dato eloquente: la metà dei ragazzi dopo la comunione non continua il percorso di catechesi verso la cresima. Non si è riusciti a creare dunque «itinerari permanenti di fede in ogni parrocchia». Ma, è stato notato, la continuità maggiore si registra laddove a fare catechismo sono giovani o giovani coppie. L’impressione, ha affermato Pierpaolo, è che «questa sia anche la prima generazione di adolescenti abbandonati a se stessi anche dalla Chiesa». Sono «giovani di cui anche la comunità cristiana sembra aver deciso di non interessarsi perché non prendono parte al percorso di iniziazione cristiana». È ora perciò, ha aggiunto il catechista, di «scrollarci dal nostro torpore» cercando «forme e modi nuovi di evangelizzare» che tocchino realmente «le grandi questioni che interessano i giovani». In sostanza «ai bambini sappiamo ancora parlare, invece con gli adolescenti sembra che ci manchino le parole giuste». Una strada affascinante, è il suo suggerimento conclusivo, potrebbe essere la proposta «di vivere esperienze di carità e servizio». Nel suo discorso Papa Francesco ha quindi ripreso quanto emerso dagli interventi del cardinale Vallini, di don Palmieri e dei due catechisti. «Le sue indicazioni saranno ora studiate nei laboratori centrati su tredici temi specifici» spiega monsignor Andrea Lonardo, direttore dell’Ufficio catechistico diocesano. L’incontro nell’aula Paolo VI è proseguito con il canto Tu sei Cristo, eseguito dal coro della diocesi di Roma che celebra i suoi trent’anni di attività, e si è concluso con le intercessioni di preghiera e la recita del Padre Nostro. La benedizione del Pontefice e il canto dell’antifona mariana hanno chiuso la prima giornata del convegno, che è stato anche interamente tradotto nella lingua dei segni per i tanti disabili presenti. † Il Vescovo di Fiesole, Mons. Mario Meini, il Vescovo emerito Mons. Luciano Giovannetti, insieme ai confratelli sacerdoti accompagnano con la preghiera il ritorno alla Casa del Padre di Mons. Dott. SETTIMIO CIPRIANI ricordando con riconoscenza il Suo lungo e fedele ministero sacerdotale speso con zelo allo studio e all’insegnamento della Bibbia, in modo particolare nella specializzazione delle lettere di San Paolo. Il Signore doni a Lui il premio del servo buono e fedele. Il rito funebre sarà celebrato nella Chiesa Parrocchiale di Pratovecchio (Arezzo) mercoledì 18 giugno 2014 alle ore 15.30. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 8 mercoledì 18 giugno 2014 Papa Francesco indica alla diocesi di Roma la missione di essere madre tenera e accogliente Con la porta aperta La Chiesa in Italia è forte grazie ai parroci che sono sempre stati vicini alla gente Sono contento di essere tra voi. Ringrazio il Cardinale Vicario per le parole di affetto e di fiducia che mi ha rivolto a nome di tutti voi. Grazie anche a Don Gianpiero Palmieri e ai due catechisti Ada e Pierpaolo, che hanno illustrato la situazione. Io ho detto loro: «Avete detto tutto voi! Io do la benedizione e me ne vado». Sono bravi. Vorrei dire una cosa, senza dubbio: mi è piaciuto tanto che tu, don Gianpiero, abbia menzionato l’Evangelii nuntiandi. Anche oggi è il documento pastorale più importante, che non è stato superato, del post-Concilio. Dobbiamo andare sempre lì. È un cantiere di ispirazione quell’Esortazione Apostolica. E l’ha fatta il grande Paolo VI, di suo pugno. Perché dopo quel Sinodo non si mettevano d’accordo se fare una Esortazione, se non farla...; e alla fine il relatore — era san Giovanni Paolo II — ha preso tutti i fogli e li ha consegnati al Papa, come dicendo: «Arrangiati tu, fratello!». Paolo VI ha letto tutto e, con quella pazienza che cile. Non è umano. Quando ero Arcivescovo nell’altra diocesi avevo modo di parlare più frequentemente di oggi con i ragazzi e i giovani e mi ero reso conto che soffrivano di orfandad, cioè di orfanezza. I nostri bambini, i nostri ragazzi soffrono di orfanezza! Credo che lo stesso avvenga a Roma. I giovani sono orfani di una strada sicura da percorrere, di un maestro di cui fidarsi, di ideali che riscaldino il cuore, di speranze che sostengano la fatica del vivere quotidiano. Sono orfani, ma conservano vivo nel loro cuore il desiderio di tutto ciò! Questa è la società degli orfani. Pensiamo a questo, è importante. Orfani, senza memoria di famiglia: perché, per esempio, i nonni sono allontanati, in casa di riposo, non hanno quella presenza, quella memoria di famiglia; orfani, senza affetto d’oggi, o un affetto troppo di fretta: papà è stanco, mamma è stanca, vanno a dormire... E loro rimangono orfani. Orfani di gratuità: quello che dicevo prima, quella gratuità del papà e della mamma che sanno perdere il tempo per giocare con i figli. Abbiamo bisogno di senso di gratuità: nelle famiglie, nelle parrocchie, nella società tutta. E quando pensiamo che il Signore si è rivelato a noi nella gratuità, cioè come Grazia, la cosa è molto più importante. Quel bisogno di gratuità umana, che è come aprire il cuore alla grazia di Dio. Tutto è gratis: che si fa e si deve fare e noi abbiamo la grazia ancora di poterlo fare. Conversione non è facile, perché è cambiare la vita, cambiare metodo, cambiare tante cose, anche cambiare l’anima. Ma questo cammino di conversione ci darà l’identità di un popolo che sa generare i figli, non un popolo sterile! Se noi come Chiesa non sappiamo generare figli, qualcosa non funziona! La sfida grande della Chiesa oggi è diventare madre: madre! Non una Ong ben organizzata, con tanti piani pastorali... Ne abbiamo bisogno, certo... Ma quello non è l’essenziale, quello è un aiuto. A che cosa? Alla maternità della Chiesa. Se la Chiesa non è madre, è brutto dire che diventa una zitella, ma diventa una zitella! È così: non è feconda. Non solo fa figli la Chiesa, la sua identità è fare figli, cioè evangelizzare, come dice Paolo VI nell’ Evangelii nuntiandi. L’identità della Chiesa è questa: evangelizzare, cioè fare figli. Penso a nostra madre Sara, che era invecchiata senza figli; penso ad Elisabetta, la moglie di Zaccaria, invecchiata senza figli; penso a Noemi, un’altra donna invecchiata senza discendenza... E queste donne sterili hanno avuto figli, hanno avuto discendenza: il Signore è capace di farlo! Ma per questo la Chiesa deve fare qualcosa, deve cambiare, deve convertirsi per diventare madre. Deve essere feconda! La fecondità è la grazia che noi oggi dobbiamo chie- stro amore di figli. Essere nella Chiesa è essere a casa, con mamma; a casa di mamma. Questa è la grandezza della rivelazione. È un invecchiamento che... credo... — non so se Don Gianpiero o il Cardinale — ha parlato di fuga dalla vita comunitaria, questo è vero: l’individualismo ci porta alla fuga dalla vita comunitaria, e questo fa invecchiare la Chiesa. Andiamo a visitare un’istituzione che non è più madre, ci dà una certa identità, come la squadra di calcio: «Sono di questa squadra, sono tifoso della cattolica!». E questo avviene quando c’è la fuga dalla vita comunitaria, la fuga dalla famiglia. Dobbiamo recuperare la memoria, la memoria della Chiesa che è popolo di Dio. A noi oggi manca il senso della storia. Abbiamo paura del tempo: niente tempo, niente percorsi, niente, niente! Tutto adesso! Siamo nel regno del presente, della situazione. Soltanto questo spazio, questo spazio, questo spazio, e niente tempo. Anche nella comunicazione: luci, il momento, telefonino, il messaggio... Il linguaggio più abbreviato, più ridotto. Tutto si fa di fretta, perché siamo schiavi della situazione. Recuperare la memoria nella pazienza di Dio, che non ha avuto fretta nella sua storia di salvezza, che ci ha accompagnato lungo la storia, che ha preferito la storia aveva, cominciò a scrivere. È proprio, per me, il testamento pastorale del grande Paolo VI. E non è stata superata. È un cantiere di cose per la pastorale. Grazie per averla menzionata, e che sia sempre un riferimento! In questo anno, visitando alcune parrocchie, ho avuto modo di incontrare tante persone, che spesso fugacemente ma con grande fiducia mi hanno espresso le loro speranze, le loro attese, insieme alle loro pene e ai loro problemi. Anche nelle tante lettere che ricevo ogni giorno leggo di uomini e donne che si sentono disorientati, perché la vita è spesso faticosa e non si riesce a trovarne il senso e il valore. È troppo accelerata! Immagino quanto sia convulsa la giornata di un papà o di una mamma, che si alzano presto, accompagnano i figli a scuola, poi vanno a lavorare, spesso in luoghi dove sono presenti tensioni e conflitti, anche in luoghi lontani. Prima di venire qui, sono andato in cucina a prendere un caffè, c’era il cuoco e gli ho detto: «Tu per andare a casa tua di quanto tempo hai bisogno?»; «Di un’ora e mezza...». Un’ora e mezza! E torna a casa, ci sono i figli, la moglie... E devono attraversare Roma nel traffico. Spesso capita a tutti noi di sentirci soli così. Di sentirci addosso un peso che ci schiaccia, e ci domandiamo: ma questa è vita? Sorge nel nostro cuore la domanda: come facciamo perché i nostri figli, i nostri ragazzi, possano dare un senso alla loro vita? Perché anche loro avvertono che questo nostro modo di vivere a volte è disumano, e non sanno quale direzione prendere affinché la vita sia bella, e la mattina siano contenti di alzarsi. Quando io confesso i giovani sposi e mi parlano dei figli, faccio sempre una domanda: «E tu hai tempo per giocare con i tuoi figli?». E tante volte sento dal papà: «Ma, Padre, io quando vado a lavorare alla mattina, loro dormono, e quanto torno, alla sera, sono a letto, dormono». Questa non è vita! È una croce diffi- Lui viene e ci dà la sua grazia. Ma se noi non abbiamo il senso della gratuità nella famiglia, nella scuola, nella parrocchia ci sarà molto difficile capire cosa è la grazia di Dio, quella grazia che non si vende, che non si compra, che è un regalo, un dono di Dio: è Dio stesso. E per questo sono orfani di gratuità. Gesù ci ha fatto una grande promessa: «Non vi lascerò orfani» (Gv 14, 18), perché Lui è la via da percorrere, il maestro da ascoltare, la speranza che non delude. Come non sentire ardere il cuore e dire a tutti, in particolare ai giovani: «Non sei orfano! Gesù Cristo ci ha rivelato che Dio è Padre e vuole aiutarti, perché ti ama». Ecco il senso profondo dell’iniziazione cristiana: generare alla fede vuol dire annunziare che non siamo orfani. Perché anche la società rinnega i suoi figli! Per esempio a quasi un 40% dei giovani italiani non dà lavoro. Cosa significa? «Tu non mi importi! Tu sei materiale di scarto. Mi spiace, ma la vita è così». Anche la società rende orfani i giovani. Pensate cosa significa che 75 milioni di giovani in questa civiltà Europea, giovani dai 25 anni in giù, non abbiano lavoro... Questa civiltà li lascia orfani. Noi siamo un popolo che vuole far crescere i suoi figli con questa certezza di avere un padre, di avere una famiglia, di avere una madre. La nostra società tecnologica — lo diceva già Paolo VI — moltiplica all’infinito le occasioni di piacere, di distrazione, di curiosità, ma non è capace di portare l’uomo alla vera gioia. Tante comodità, tante cose belle, ma la gioia dov’è? Per amare la vita non abbiamo bisogno di riempirla di cose, che poi diventano idoli; abbiamo bisogno che Gesù ci guardi. È il suo sguardo che ci dice: è bello che tu viva, la tua vita non è inutile, perché a te è affidato un grande compito. Questa è la vera sapienza: uno sguardo nuovo sulla vita che nasce dall’incontro di Gesù. Il Cardinale Vallini ha parlato di questo cammino di conversione pastorale missionaria. È un cammino dere allo Spirito Santo, perché possiamo andare avanti nella nostra conversione pastorale e missionaria. Non si tratta, non è questione di andare a cercare proseliti, no, no! Andare a suonare al citofono: «Lei vuol venire a questa associazione che si chiama Chiesa cattolica?...». Bisogna fare la scheda, un socio di più... La Chiesa — ci ha detto Benedetto XVI — non cresce per proselitismo, cresce per attrazione, per attrazione materna, per questo offrire maternità; cresce per tenerezza, per la maternità, per la testimonianza che genera sempre più figli. È un po’ invecchiata la nostra Madre Chiesa... Non dobbiamo parlare della “nonna” Chiesa, ma è un po’ invecchiata... Dobbiamo ringiovanirla! Dobbiamo ringiovanirla, ma non portandola dal medico che fa la cosmetica, no! Questo non è il vero ringiovanimento della Chiesa, questo non va. La Chiesa diventa più giovane quando è capace di generare più figli; diventa più giovane quanto più diventa madre. Questa è la nostra madre, la Chiesa; e il no- lunga per noi, di tanti anni, camminando con noi. Nel presente — ne parlerò dopo, se ho tempo — una sola parola dirò: accoglienza. Ecco, l’accoglienza. E un’altra che avete detto voi: tenerezza. Una madre è tenera, sa accarezzare. Ma quando noi vediamo la povera gente che va alla parrocchia con questo, con quell’altro e non sa come muoversi in questo ambiente, perché non va spesso in parrocchia, e trova una segretaria che sgrida, che chiude la porta: «No, Lei per fare questo deve pagare questo, questo e questo! E deve fare questo e questo... Prenda questa carta e deve fare...». Questa gente non si sente a casa di mamma! Forse si sente nell’amministrazione, ma non a casa della madre. E le segretarie, le nuove “ostiarie” della Chiesa! Ma segretaria parrocchiale vuol dire aprire la porta della casa della madre, non chiuderla! E si può chiudere la porta in tante maniere. A Buenos Aires era famosa una segretaria parrocchiale: «La sfida grande della Chiesa oggi è diventare madre», una madre «tenera» che «sa accarezzare». Lo ha ricordato Papa Francesco lunedì pomeriggio, 16 giugno, aprendo nell’Aula Paolo VI il convegno pastorale della diocesi di Roma. Prima di tutto, buonasera a tutti! Don Camillo in una vignetta di Giovannino Guareschi René Magritte, «La calma» (1962) tutti la chiamavano la “tarantola”... non dico di più! Saper aprire la porta nel presente: accoglienza e tenerezza. Anche i preti, i parroci e i viceparroci hanno tanto lavoro e io capisco che a volte sono un po’ stanchi; ma un parroco che è troppo impaziente non fa bene! A volte io capisco, capisco... Una volta ho dovuto sentire una signora, umile, molto umile, che aveva lasciato la Chiesa da giovane; adesso era madre di famiglia, è tornata alla Chiesa, e dice: «Padre, io ho lasciato la Chiesa perché in parrocchia, da ragazzina — non so se andava alla Cresima, non sono sicuro... — è venuta una donna con un bambino e ha chiesto al parroco di fare il Battesimo... — questo tanto tempo fa e non qui a Roma, da un’altra parte —, e il parroco ha detto di sì, ma che doveva pagare... «Ma non ho i soldi!». «Vai a casa tua, prendi quello che hai, portamelo e io ti battezzo il figlio». E quella donna mi parlava in presenza di Dio! Questo succede... Questo non significa accogliere, questo è chiudere la porta! Nel presente: tenerezza e accoglienza. E per il futuro, speranza e pazienza. Dare testimonianza di speranza, andiamo avanti. E la famiglia? È pazienza. Quella che san Paolo ci dice: sopportarvi a vicenda, l’un l’altro. Sopportarci. È così. Ma torniamo al testo. La gente che viene sa, per l’unzione dello Spirito Santo, che la Chiesa custodisce il tesoro dello sguardo di Gesù. E noi dobbiamo offrirlo a tutti. Quando arrivano in parrocchia — forse mi ripeto, perché ho fatto una strada diversa e mi sono allontanato dal testo —, quale atteggiamento dobbiamo avere? Dobbiamo accogliere sempre tutti con cuore grande, come in famiglia, chiedendo al Signore di farci capace di partecipare alle difficoltà e ai problemi che spesso i ragazzi e i giovani incontrano nella loro vita. Dobbiamo avere il cuore di Gesù, il quale «vedendo le folle ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore» (Mt 9, 36). Vedendo le folle, ne sentì compassione. A me piace sognare una Chiesa che viva la compassione di Gesù. Compassione è “patire con”, sentire quello che sentono gli altri, accompagnare nei sentimenti. È la Chiesa madre, come una madre che carezza i suoi figli con la compassione. Una Chiesa che abbia un cuore senza confini, ma non solo il cuore: anche lo sguardo, la dolcezza dello sguardo di Gesù, che spesso è molto più eloquente di tante parole. Le persone si aspettano di trovare in noi lo sguardo di Gesù, a volte senza nemmeno saperlo, quello sguardo sereno, felice che entra nel cuore. Ma — come hanno detto i vostri rappresentanti — deve essere tutta la parrocchia ad essere una comunità accogliente, non solo i sacerdoti e i catechisti. Tutta la parrocchia! Accogliere... Dobbiamo ripensare quanto le nostre parrocchie sono accoglienti, se gli orari delle attività favoriscono la partecipazione dei giovani, se siamo capaci di parlare i loro linguaggi, di cogliere anche negli altri ambienti (come ad esempio nello sport, nelle nuove tecnologie) le possibilità per annunciare il Vangelo. Diventiamo audaci nell’esplorare nuove modalità con cui le nostre comunità siano delle case dove la porta è sempre aperta. La porta aperta! Ma è importante che all’accoglienza segua una chiara proposta di fede; una proposta di fede tante volte non esplicita, ma con l’atteggiamento, con la testimonianza: in questa istituzione che si chiama Chiesa, in questa istituzione che si chiama parrocchia si respira un’aria di fede, perché si crede nel Signore Gesù. Io chiederò a voi di studiare bene queste cose che ho detto: questa orfanezza, e studiare come far recuperare la memoria di famiglia; come fare affinché nelle parrocchie ci sia l’affetto, ci sia la gratuità, che la parrocchia non sia una istituzione legata solo alle situazioni del momento. No, che sia storica, che sia un cammino di conversione pastorale. Che nel presente sappia accogliere con tenerezza, e sappia mandare avanti i suoi figli con la speranza e la pazienza. Io voglio tanto bene ai sacerdoti, perché fare il parroco non è facile. È più facile fare il vescovo che il parroco! Perché noi vescovi sempre abbiamo la possibilità di prendere le distanze, o nasconderci dietro il “Sua Eccellenza”, e quello ci difende! Ma fare il parroco, quando ti bussano alla porta: «Padre, questo, padre qua e padre là...». Non è facile! Quando ti viene uno a dire i problemi della famiglia, o quel morto, o quando vengono a chiacchierare le cosiddette “ragazze della caritas” contro le cosiddette “ragazze delle catechesi”... Non è facile, fare il parroco! Ma voglio dire una cosa, l’ho detta un’altra volta: la Chiesa italiana è tanto forte grazie ai parroci! Questi parroci che — adesso avranno un altro sistema — dormivano col telefono sopra il comodino e si alzavano a qualsiasi ora per andare a trovare un ammalato... Nessuno moriva senza i Sacramenti... Vicini! Parroci vicini! E poi? Hanno lasciato questa memoria di evangelizzazione... Pensiamo alla Chiesa madre e diciamo alla nostra madre Chiesa quello che Elisabetta ha detto a Maria quando era diventata madre, in attesa del figlio: «Tu sei felice, perché hai creduto!». Vogliamo una Chiesa di fede, che creda che il Signore è capace di farla madre, di darle tanti figli. La nostra Santa Madre Chiesa. Grazie!