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L’OSSERVATORE ROMANO
POLITICO RELIGIOSO
GIORNALE QUOTIDIANO
Non praevalebunt
Unicuique suum
Anno CLIV n. 137 (46.679)
Città del Vaticano
mercoledì 18 giugno 2014
.
Papa Francesco indica alla diocesi di Roma la missione di essere madre tenera e accogliente
Per trovare una soluzione alla crisi ucraina
Con la porta aperta
Mosca sostiene
il ruolo dell’Osce
La Chiesa in Italia è forte grazie ai parroci che sono sempre stati vicini alla gente
«La sfida grande della Chiesa oggi è diventare
madre», una madre «tenera» che «sa accarezzare». Lo ha ricordato Papa Francesco lunedì pomeriggio, 16 giugno, inaugurando nell’Aula Paolo
VI il convegno pastorale della diocesi di Roma sul
tema: «Un popolo che genera i suoi figli. Comunità e famiglia nelle grandi tappe dell’iniziazione
cristiana». L’incontro è stato aperto con gli interventi del cardinale vicario Agostino Vallini, di un
parroco e di due catechisti che hanno presentato
al Pontefice luci e ombre nella catechesi per la comunione e la cresima. Da parte sua, il vescovo di
Roma ha invitato la comunità cristiana a essere
accogliente verso tutti e a tenere sempre le porte
aperte. La Chiesa, infatti, è una madre che deve
essere feconda e non è una ong ben organizzata
con tanti piani pastorali. In particolare, Papa
gliere con tenerezza, e sappia mandare avanti i
suoi figli con la speranza e la pazienza». A conclusione un pensiero particolare di apprezzamento
e di incoraggiamento per i parroci.
PAGINA 8
Il Pontefice ribadisce i fondamenti etici
della professione del magistrato
Indipendenza e obiettività
PAGINE 7
E
8
Giornata mondiale per la lotta alla siccità
Mentre prosegue l’avanzata dei quaedisti Obama annuncia l’invio di soldati a difesa dell’ambasciata a Baghdad
Sos
desertificazione
L’Onu denuncia crimini in Iraq
NEW YORK, 17. Sono più di 110 i
Paesi oggi potenzialmente a rischio
di desertificazione e siccità: per
combattere questi pericolosi fenomeni che minacciano il futuro del
pianeta, e per sensibilizzare l’opinione pubblicare sulla gravità del
problema, le Nazoni Unite hanno
istituito la Giornata mondiale della
lotta alla desertificazione, che si celebra oggi.
L’edizione di quest’anno — il cui
slogan è «La terra appartiene al futuro: rendiamola a prova di clima!»
— si focalizza particolarmente
sull’equilibrio degli ecosistemi e sul
rafforzamento dei sistemi naturali
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Francesco ha indicato l’attualità dell’esortazione
apostolica Evangelii nuntiandi di Paolo VI. E, inoltre, ha rimarcato l’importanza «che all’accoglienza
segua una chiara proposta di fede; una proposta
di fede tante volte non esplicita, ma con l’atteggiamento, con la testimonianza: in questa istituzione che si chiama Chiesa, in questa istituzione
che si chiama parrocchia si respira un’aria di fede,
perché si crede nel Signore Gesù». Alla sua diocesi il Papa ha chiesto «di studiare bene queste
cose che ho detto», puntando in particolare a «far
recuperare la memoria di famiglia» e a operare
«affinché nelle parrocchie ci sia l’affetto, ci sia la
gratuità». Fondamentale è che «la parrocchia non
sia una istituzione legata solo alle situazioni del
momento» ma promuova «un cammino di conversione pastorale» e «nel presente sappia acco-
to di Kiev. Assieme a Grudzenko è
stato arrestato un altro separatista.
E in Europa, dopo il fallimento
dei negoziati tra Mosca e Kiev sul
pagamento del debito ucraino, cresce di ora in ora l’allarme sulla
possibile penuria di gas. Per ora il
flusso del metano russo via Ucraina resta regolare, con Mosca e
Kiev che hanno assicurato il loro
impegno a fare arrivare in Europa
il gas. Ma le crescenti tensioni lungo la linea Mosca-Kiev, però, non
lasciano margini di certezza.
Il gigante energetico russo Gazprom ha assicurato i massimi sforzi
possibili per garantire le forniture
all’Europa, ma ha messo le mani
avanti, ricordando che l’ucraina
Naftogaz è obbligata a garantire il
transito del gas verso l’Ue nei volumi previsti in base al contratto in
vigore. Da parte sua, il ministro
ucraino dell’energia, Yuri Prodan,
ha precisato che il flusso del metano verso i Paesi europei proseguirà.
L’Europa, però, non molla la
presa e, dopo avere manifestato ancora una volta la sua disponibilità
a mediare, visti gli interessi economici in campo, ha già messo in
agenda per venerdì prossimo una
riunione del Gruppo di coordinamento sul gas, istituito dopo la crisi del 2009. La delicata questione
sarà anche al centro dei colloqui
nel vertice Ue di fine giugno, chiamato ad adottare il piano per la sicurezza energetica proposto dalla
Commissione europea, con azioni a
breve termine per affrontare il
prossimo inverno. L’unica certezza
concreta, però, resta per ora quel
65 per cento di riserve europee
(Italia al 70 per cento) piene di gas
all’inizio dell’estate, con ancora
ampi margini di tempo per essere
del tutto riempite.
KIEV, 17. La Russia appoggia il rafforzamento del ruolo dell’O rganizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce) nella soluzione della crisi ucraina e l’invio
di una missione di osservatori. Lo
ha detto oggi a Belgrado, dove si
trova in visita ufficiale, il ministro
degli Esteri russo, Serghiei Lavrov.
Parlando in una conferenza
stampa congiunta con il collega
serbo, Ivica Dačić, il ministro russo
si è espresso in termini positivi anche sulla Road Map messa a punto
dalla presidenza svizzera dell’O sce,
che — ha osservato — «purtroppo
la dirigenza ucraina non vuole accettare». Per questo, ha aggiunto
Lavrov, i Paesi europei devono fare
pressioni sul Governo di Kiev.
Nell’est ucraino, intanto, non accennano a diminuire gli scontri a
fuoco. Almeno sei persone sono
morte a Kramatorsk, bastione filorusso, in seguito alla vasta offensiva militare in corso sulla città da
parte delle forze armate di Kiev.
Lo ha reso noto all’agenzia Interfax il dipartimento della Salute
della regione di Donetsk, controllata dagli insorti secessionisti.
Unità dell’esercito di Kiev si sono poi scontrate con la milizia di
autodifesa filo-russa nella parte
orientale della regione di Lugansk,
sempre nell’est. Lo ha riferito il
portavoce
delle
operazioni
dell’esercito, secondo il quale negli
scontri sono stati uccisi o feriti almeno trenta ribelli separatisti.
Poche ore dopo, il ministro
dell’Interno ucraino, Arsen Avakov,
ha confermato alla stampa l’arresto
di Natalia Grudzenko, leader dei
separatisti di Mariupol, importante
città portuale sul Mar Nero riconquistata alcuni giorni fa dall’eserci-
per attenuare gli impatti del surriscaldamento globale. Una gestione
sostenibile del territorio — dicono
gli esperti del Palazzo di Vetro —
aumenta la resistenza degli ecosistemi e delle comunità locali, migliorando inoltre le condizioni della popolazione in particolare nelle
zone aride. La desertificazione, insieme ai cambiamenti climatici e alla perdita delle biodiversità, è considerata dalle Nazioni Unite una
delle maggiori sfide in vista di uno
sviluppo sostenibile. Per questo
l’Onu ha dichiarato il 2010-2020 il
«decennio per la lotta alla desertificazione».
BAGHDAD, 17.Le immagini riportate
dai media internazionali delle atrocità commesse dai guerriglieri jihadisti
sunniti dello Stato islamico dell’Iraq
e del Levante (Isis) — esecuzioni di
massa di circa duemila soldati — sono lo specchio della tragica situazione che l’Iraq sta sperimentando in
questo momento: una situazione che
si pensava, o comunque si sperava,
non potesse avere luogo in un territorio logorato da anni di conflitto.
In queste ultime ore l’alto commissario dell’Onu per i diritti umani, Navi Pillay, ha confermato le notizie
delle esecuzioni sommarie, non solo
di soldati ma anche di civili, compiute dai qaedisti durante la loro
avanzata nel nord del Paese. «Nonostante l’impossibilità, al momento, di
verificare i dati, questa serie sistematica di esecuzioni a freddo, in gran
parte avvenuta nell’area di Tikrit,
quasi certamente equivale a crimini
di guerra» ha dichiarato Pillay. Dal
canto suo il segretario generale
dell’Onu, Ban Ki-moon, ha espresso
ferma condanna per le violenze perpetrate in Iraq in questi ultimi giorni e, riguardo alle esecuzioni sommarie, ha sottolineato «l’urgenza di
portare i colpevoli di tali crimini davanti alla giustizia».
Nello stesso tempo Ban Ki-moon
ha invitato i leader iracheni — politici, religiosi e militari — a portare
avanti «un piano di sicurezza nazionale inclusiva» e ad adottare misure
politiche e sociali adeguate per af-
Duecentocinquanta anni
dalla nascita dell’eroe uruguaiano
José Gervasio Artigas
Quella musica
che non chiede permesso
Il deserto egiziano fotografato dalla stazione spaziale internazionale (Reuters)
DANIEL RAMADA PIENDIBENE
A PAGINA
4
Una famiglia in fuga dalle zone dei combattimenti (Afp)
frontare la grande minaccia che sta
ora scuotendo il Paese. Questa mattina intanto i miliziani si sono impadroniti, dopo scontri che hanno causato decine di morti, della maggior
parte della regione di Tallafar, a
ovest di Mossul. E da questa città,
negli ultimi giorni, si sta registrando
una fuga di massa da parte dei cristiani, per sottrarsi a nuove violenze.
Gli esuli stano trovando rifugio in
Giordania, Libano e Turchia. Si stima che i cristiani rimasti a Mossul
siano duemila: prima della guerra
erano più di 35.000. Sempre oggi vi
sono stati scontri attorno a Baaquba:
più di quaranta i morti.
Ieri il presidente statunitense, Barack Obama, in una lettera al Congresso, ha annunciato il dispiega-
mento di 275 militari a protezione
dell’ambasciata statunitense a Baghdad che, per il momento, resterà
aperta. Nello stesso tempo il segretario di Stato, John Kerry, ha indicato
l’eventualità che Washington possa
fare ricorso ai droni (velivoli senza
pilota) per contrastare l’avanzata dei
qaedisti.
C’era intanto attesa per l’incontro,
ieri sera, tra rappresentanti statunitensi e iraniani a Vienna, a margine
della nuova tornata di negoziati sul
programma nucleare di Teheran,
Fonti diplomatiche hanno riferito
che durante l’incontro non si è parlato di collaborazione militare. La
Casa Bianca ha poi affermato che
resta la disponibilità a parlare con
Teheran della crisi irachena, ma ha
escluso che si possa realizzare
un’azione congiunta a difesa del Governo iracheno.
Sempre ieri il ministro degli Esteri
britannico, William Hague, parlando
alla Camera dei Comuni, ha detto
che il Regno Unito non fornirà assistenza militare all’Iraq. Il capo della
diplomazia britannica ha comunque
tenuto a precisare che Londra è
pronta a sostenere il Governo iracheno laddove sia «appropriato e possibile», e a fornire assistenza umanitaria. Che il clima in Iraq sia sempre
più critico lo dimostra poi l’intenzione, comunicata ieri dal portavoce
del Palazzo di Vetro, Farhan Haq, di
trasferire in altri luoghi, per motivi
di sicurezza, tutti membri dello staff
dell’Onu ora in servizio a Baghdad.
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 2
mercoledì 18 giugno 2014
Il presidente eletto annuncia le linee fondamentali del suo secondo mandato
L’Istat certifica la crisi demografica
Santos scommette sul negoziato
per il futuro della Colombia
Italia
invecchiata
di PIERLUIGI NATALIA
BO GOTÁ, 17. «È la fine di più di cinquant’anni di violenza nel nostro
Paese: oggi inizia una nuova Colombia». Con queste parole Juan Manuel Santos, leader della coalizione
centrista Unità nazionale, ha celebrato la sua rielezione alla guida del
Paese dopo il ballottaggio di domenica. Santos è tornato a scommettere
sulla trattativa di pace con la guerriglia delle Forze armate rivoluzionarie della Colombia (Farc), ma senza
dimenticare le molte sfide che restano da affrontare.
«È giunto il momento di unirci
attorno a un obiettivo comune, a
quello che per ogni Nazione è il valore supremo, ossia la ricerca della
pace» ha dichiarato nel suo primo
discorso il presidente eletto, al suo
secondo mandato, dopo la proclamazione dei risultati ufficiali del ballottaggio. «È questo il desiderio e il
mandato che ci hanno consegnato i
colombiani» ha insistito il presidente.
Il dialogo tra il Governo colombiano e le Farc è stato annunciato
ufficialmente nell’ottobre 2012, per
poi iniziare a Cuba nel novembre
dello stesso anno.
Smentendo le previsioni dei sondaggi, nel ballottaggio Santos ha distanziato il rivale conservatore Óscar
Ivan Zuluaga, candidato del Centro
democratico e sostenitore del no al
dialogo con le Farc, di circa un mi-
Il presidente colombiano (LaPresse/Ap)
lione di voti, raggiungendo così il
50,94 per cento contro il 45,19
dell’avversario. Nel primo turno delle elezioni, lo scorso 25 maggio, Zuluaga aveva preceduto Santos con il
29,25 per cento contro il 25,58.
«Correggeremo tutto quello che
c’è da correggere, aggiusteremo tutto
quello che c’è da aggiustare e riformeremo tutto quello che c’è da riformare, perché è a questo che deve
servire la pace, a mettere in moto le
profonde riforme di cui ha bisogno
la Colombia» ha promesso Santos,
che ha espresso preoccupazione per
il tasso di astensionismo, intorno al
sessanta per cento che ha segnato le
presidenziali.
Merkel e Rousseff rilanciano le trattative per il libero scambio
Dopo la sentenza della Corte suprema statunitense sui bond
Ue e Mercosur
sempre più vicini
Buenos Aires
esclude il rischio default
Angela Merkel e Dilma Rousseff a San Paolo (Afp)
BRASILIA, 17. Unione europea e
Mercosur sempre più vicini. Dilma
Rousseff, presidente del Brasile, e
Angela Merkel, cancelliere tedesco,
promuovono l’accelerazione delle
trattative che mirano a raggiungere
un accordo di libero scambio tra
l’area del Mercosur (il mercato comune dell’America latina, che include Argentina, Brasile, Paraguay,
Uruguay e Venezuela) e l’Unione
europea.
«Abbiamo il comune interesse
che gli accordi di libero scambio
tra Mercosur e Ue possano essere
raggiunti, e farò il possibile perché
ci possa essere un passo avanti» ha
dichiarato ieri Merkel, giunta nel
Paese sudamericano per assistere al
debutto della nazionale tedesca ai
mondiali di calcio.
Sulla stessa linea la posizione
del Brasile. «Ho ribadito la determinazione del Brasile e del Mercosur nel voler progredire nelle negoziazioni dell’accordo di associazione commerciale con l’Unione europea, che ci permetterà di ampliare
e diversificare gli scambi commerciali» ha sottolineato Rousseff.
Le trattative in vista di un accordo di libero scambio tra Ue e Mercosur hanno subito un’accelerazione negli ultimi mesi. Lo scorso 21
marzo si è svolta a Bruxelles una
riunione tecnica mirata a sbloccare
il negoziato, iniziato 15 anni fa. In
quell’occasione Rousseff aveva di-
chiarato: «Credo che siamo più vicini che mai alla conclusione di un
accordo». Gli scambi tra i due
blocchi riguardano quaranta Paesi
e poco meno di ottocento milioni
di persone: sono quantificabili in
130 miliardi di dollari all’anno.
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BUENOS AIRES, 17. L’Argentina
esclude il default: lo ha assicurato
ieri la presidente Cristina Fernández,
smentendo gli allarmismi di molti
analisti. Fernández ha criticato duramente la decisione della Corte suprema statunitense che ha respinto
l’appello contro la sentenza che impone a Buenos Aires di pagare oltre
1,3 miliardi di dollari a quei fondi titolari di bond che non hanno aderito all’accordo del 2010, ovvero l’intesa con la quale il Governo argentino, dopo la pesante crisi economica
del 2001, aveva offerto nuovi titoli
scontati in cambio delle vecchie obbligazioni.
In un messaggio registrato a reti
unificate, Fernández ha ribadito che
il suo Governo «porterà avanti tutte
le strategie necessarie affinché chi ha
avuto fiducia nel Paese riceva i propri soldi». La presidente ha quindi
confermato il rispetto della prossima
scadenza dei rimborsi, il 30 giugno,
per un ammontare di novecento milioni di dollari, sottolineando inoltre
che «la nostra volontà di negoziare è
ampiamente dimostrata». E riferendosi alla decisione della Corte supre-
Emergenza idrica
a San Paolo
BRASILIA, 17. Emergenza idrica nella
metropoli brasiliana di San Paolo,
dove le riserve d’acqua sono scese
all’8,4 per cento, record negativo di
tutti i tempi.
La società Sabesp, che eroga i
servizi idrici in città e in 363 comuni dello Stato, è stata costretta a
pompare oltre quattrocento milioni
di metri cubi di cosiddette «acque
morte», quelle, cioè, che restano al
di sotto dei cancelli delle dighe, nel
grande bacino di Cantareira, che
fornisce l’acqua a molti quartieri
della capitale paulista, dove vivono
oltre venti milioni di persone.
Finora, le «acque morte» non sono
mai state utilizzate per il consumo
umano.
La siccità e le temperature sopra
la media stagionale stanno aggra-
GIOVANNI MARIA VIAN
direttore responsabile
Carlo Di Cicco
vicedirettore
Piero Di Domenicantonio
vando di giorno in giorno l’emergenza idrica nella più vasta e popolosa città dell’emisfero australe.
Nella prima metà di giugno, informa la Sabesp, sono caduti poco
più di quindici millimetri di pioggia, contro i cinquantasei della media stagionale. Il governatore di
San Paolo, Geraldo Alckmin, ha offerto un bonus economico a chi ridurrà di almeno il 20 per cento
l’utilizzo abituale d’acqua e ha imposto sanzioni a chi, invece, consumerà più del solito.
La Sabesp ha detto che al momento non è previsto un razionamento, ma gli abitanti di alcuni
quartieri della zona settentrionale di
San Paolo sostengono di non ricevere acqua durante tutta la notte e
in alcune ore del giorno.
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segretario di redazione
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ma, ha dichiarato: «Vogliamo onorare i debiti, ma non vogliamo essere
complici di questo modo di fare affari».
Con sette voti a favore e uno contrario, la Corte suprema statunitense
ha stabilito che i possessori di bond
argentini possono far ricorso presso i
tribunali per ottenere il rimborso dal
Governo di Buenos Aires. Un default argentino — dicono gli analisti
internazionali — provocherebbe nuove catastrofi economiche con pesanti
conseguenze.
Un Paese che invecchia sempre più
e dove a frenare il calo demografico non vale neppure l’apporto degli immigrati. Anche l’arrivo di
questi ultimi è fra l’altro in diminuzione, mentre al contrario aumenta
l’emigrazione, soprattutto di giovani che non vedono prospettive di
futuro.
È preoccupante il quadro dell’Italia che emerge dal rapporto
sulla popolazione pubblicato ieri,
lunedì 16 giugno, dall’Istat, l’Istituto nazionale di statistica. Nel 2013
si sono registrate il 3,7 per cento di
nascite in meno, a fronte di un aumento della popolazione residente
di appena lo 0,1 per cento. In cifra
assoluta, al 31 dicembre in Italia
c’erano 60.782.668 persone, compresi quattro milioni e novecentomila cittadini di Paesi stranieri,
l’8,1 per cento del totale.
I numeri certificano una crisi che
non è solo economica e finanziaria
ma è divenuta anche sociale, culturale e persino identitaria, se è vero
che la rinuncia a mettere al mondo
figli può essere letta come perdita
di fiducia nel futuro.
Tra l’altro, il rapporto parte dal
censimento del 2011, che aveva registrato al rialzo il numero delle
presenze in Italia stimate fino a
quel momento. I Comuni hanno
infatti rivisto i dati degli uffici anagrafici, con una rettifica di 1.067.373
persone in più, compresi, 370.194
stranieri. L’anno scorso, l’incremento reale della popolazione, dovuto
alla dinamica naturale e a quella
migratoria, ha registrato una crescita molto modesta, pari ad appena
30.000 unità.
Sempre nel 2013 sono state registrate 514.308 nascite, circa ventimila in meno rispetto all’anno precedente, con una diminuzione appunto del 3,7 per cento. Si tratta
del picco negativo di sempre nel
rapporto tra nascite e decessi in
Italia, ancora maggiore di quello
del 2012, quando la mortalità fece
registrare valori particolarmente
elevati nei mesi invernali. Il dato è
tanto più significativo, proprio perché i decessi nel 2013, in tutto
600.744, sono stati circa dodicimila
in meno. Il saldo naturale, quello
dato appunto dal rapporto tra nascite e decessi, è negativo per
86.436 unità.
A questo ha contribuito la diminuzione, per la prima volta da decenni, delle nascite di figli d’immigrati — 2.189 in meno del 2012 —
che pure rappresentano il 15 per
cento del totale. Poiché gli immigrati sono l’8,1 dei residenti, questo
dato sulle nascite è essenziale ad
arginare in qualche modo il progressivo invecchiamento della popolazione.
Ancora in attivo è il dato del
movimento migratorio con l’estero,
sebbene il numero degli immigrati
nel 2013 sia stato di 43.000 unità in
meno rispetto all’anno precedente.
L’immigrazione in Italia, fatta soprattutto di giovani e donne, è infatti in diminuzione rispetto al passato, dato che smentisce la cosiddetta “invasione” paventata da
molti in relazione alle crisi in Africa e nel Vicino oriente.
In ogni caso, il numero di quanti sono arrivati in Italia ha superato
di circa 182.000 unità quello degli
emigrati, stimato in 82.000 persone
(14.000 in più rispetto al 2012). A
lasciare l’Italia sono soprattutto i
giovani con i maggiori livelli di
scolarizzazione. Si tratta di un segnale inequivocabile di quanto i
giovani italiani si sentano sempre
più attratti da altri Paesi dove pensano di poter trovare le opportunità per realizzare il proprio futuro.
I giovani italiani che vanno
all’estero, tolti casi marginali, non
lo fanno per cercare un lavoro
qualsiasi, ma perché vedono la
possibilità che venga riconosciuto
l’alto valore del loro percorso di
formazione.
Ottantamila emigranti non sembrerebbero di per sé un numero
drammatico in un Paese che in
passato ne ha avuti decine di milioni. Ma proprio questo non ritrovare in patria risposte al bisogno di
futuro di tanti giovani italiani è
uno dei dati del rapporto dell’Istat
che più sollecita una presa di coscienza. Conferma infatti il cortocircuito tra depressione demografica, depressione economica e riduzione di speranze.
Inaugurata a Novo Brdo
Una strada per i serbi
del Kosovo
PRISTINA, 17. «La strada che facciamo insieme»: è quella, progettata
dalla forza Nato della Kfor, a favore della comunità serba di Novo Brdo, nel centro del Kosovo. «La realizzazione di questo progetto è una
pietra miliare nella direzione della
integrazione e della cooperazione
tra le diverse anime del Kosovo» ha
detto il generale Salvatore Farina,
comandante della Kfor, durante la
cerimonia di inaugurazione.
Il progetto — scaturito dalla collaborazione tra la Kfor, le autorità
locali, l’ Organizzazione internazionale per le migrazioni e le ambasciate svedese e britannica — è nato
in seguito alla richiesta di una organizzazione non governativa della
Chiesa ortodossa serba, Majca Jugovića, che gestisce una fattoria di
proprietà del monastero di Gračanica e assiste i cittadini più poveri
dell’area attorno a Novo Brdo, distribuendo ogni giorno gratuitamente circa duemila pasti caldi e
pane. La realizzazione della strada è
dunque particolarmente importante
in questo contesto. Non solo perché
contribuirà a migliorare la viabilità
e la crescita economica della zona
ma soprattutto per il suo valore nel
segno dell’integrazione e della convivenza pacifica nella regione.
Un’anziana di etnia serba durante il recente voto nel Kosovo (Reuters)
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Altre centinaia
di migranti
sbarcati in Sicilia
ROMA, 17. Non s'interrompono
gli arrivi nei porti italiani di migranti salvati in Mediterraneo
dalla Marina italiana impegnata
nell'operazione Mare nostrum.
Oggi ne sono stati sbarcati 280
a Pozzallo e 293 a Catania. Nel
frattempo, il ministro della Difesa, Roberta Pinotti, ha ribadito
che il Governo di Roma intende
chiedere all'Unione europea di
trasformare Frontex, l’agenzia
per il coordinamento dei controlli di frontiera, in una struttura operativa, con finanziamenti
comunitari, che svolga i compiti
finora assolti da Mare nostrum.
La nuova edizione
del Libro dei Fatti
ROMA, 17. Più di ventimila notizie, tra le principali del 2013 e
dei primi mesi del 2014, in tutti
i campi della cronaca: dalla politica allo sport, dall’economia
allo spettacolo. È già disponibile in versione cartacea — e presto lo sarà in quella digitale — la
nuova edizione del Libro dei fatti
pubblicato dall’Adnkronos, che
quest’anno dedica ampio spazio
al semestre italiano di presidenza europea, ospitando interventi
del presidente del Consiglio,
Matteo Renzi, e del ministro degli Affari esteri, Federica Mogherini. «Sentiamo tutti — ha
scritto Renzi — la necessità di
un’Europa diversa, più politica,
più semplice, più chiara: un’Europa alleata delle nostre famiglie
e delle nostre imprese».
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mercoledì 18 giugno 2014
pagina 3
Primo colloquio diretto tra i leader dal 2012
Continua la massiccia offensiva nel Nord Waziristan
Netanyahu chiede l’aiuto di Abbas
per ritrovare i giovani rapiti
Caccia
ai talebani
TEL AVIV, 17. Collaborazione per ritrovare i tre studenti di una scuola
rabbinica rapiti giovedì scorso: questa la richiesta del premier Benjamin
Netanyahu al presidente palestinese
Mahmoud Abbas avanzata ieri durante un colloquio telefonico. Si è
trattato del primo contatto diretto
tra i due leader dal 2012. Netanyahu
ha detto di aspettarsi l’aiuto del Governo di Ramallah per la cattura dei
responsabili del rapimento, «partiti
da aree che si trovano sotto il controllo dell’Autorità palestinese» ha
precisato.
Sul terreno, le ricerche proseguono senza sosta, allargandosi anche
alle aree di Hebron e di Nablus. Le
forze militari israeliane hanno arrestato ieri altre quaranta persone in
Cisgiordania. Sale così a quasi duecento il numero del palestinesi arrestati da venerdì.
E questa notte l’aviazione israeliana ha lanciato tre raid aerei contro
strutture di addestramento militare e
terreni utilizzati per il lancio di razzi
dalla Striscia di Gaza, senza provocare vittime. Gli attacchi — riferisce
la radio militare — costituiscono la
rappresaglia a un razzo lanciato nella notte contro Israele.
Rivendicazioni ufficiali del rapimento, al momento, non ci sono,
anche se il Governo israeliano continua a seguire la pista di Hamas, il
Un drone utilizzato nelle ricerche dei giovani sequestrati (Ansa)
movimento islamico che controlla la
Striscia di Gaza e che di recente è
entrato a far parte del nuovo Governo di unità palestinese.
«I rapitori dei tre ragazzi sono
membri di Hamas» ha detto Neta-
Decine di morti ad Aleppo
Non si ferma la strage
di civili siriani
DAMASCO, 17. Non si fermano le
stragi di civili in Siria, Paese ormai
ridotto in macerie dal conflitto.
L’episodio più cruento delle ultime
ore si è registrato sul fronte di Aleppo, la città settentrionale occupata
in parte dalle forze governative e in
parte da gruppi ribelli di diversa
matrice.
L’Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria (Ondus), un’organizzazione non governativa, con
sede a Londra, considerata espressione degli oppositori in esilio, ha riferito che almeno trenta abitanti della
città, compresi numerosi bambini,
sono stati uccisi e molti altri sono
stati feriti ieri da attacchi degli elicotteri governativi che hanno sganciato barili bomba sui quartieri di As
Sukkari e di Ashrafieh, occupati dai
Liberato in Sudan
leader
dell’opposizione
KHARTOUM, 17. Dopo quasi un
mese di detenzione, è stato liberato in Sudan il capo del partito di
opposizione Umma, Sadek al
Mahdi. A dare l’annuncio ufficiale della sua scarcerazione è stato
il ministro dell’Informazione Yassir Youssef.
Al Mahdi, capo della confraternita islamica Al Ansar nonché ex
primo ministro rovesciato nel
1989 dall’attuale capo di Stato
Omar Hassan el Bashir, era stato
arrestato lo scorso 17 maggio dal
Servizio nazionale di informazione e sicurezza dopo aver accusato
le Rapid Support Forces, le forze
speciali sudanesi, di stupri e violenze contro le popolazioni civili
della martoriata regione occidentale del Darfur.
Il noto oppositore era stato
quindi incriminato per tradimento, un capo d’accusa punibile, nel
Paese africano, anche con la pena
di morte. In segno di protesta il
suo partito si era ritirato dal dialogo nazionale.
La scorsa settimana era finito
in manette anche Tariq Ibrahim,
difensore dei diritti umani originario del Darfur nonché capo del
partito del Congresso, accusato di
minaccia all’ordine costituzionale
per avere diffuso quelle che le autorità di Karthoum definiscono
bugie dannose.
ribelli. Sulla vicenda non ha dato
notizie la stampa governativa.
Il direttore dell’Ondus, Rami Abdel Rahman, ha dichiarato all’agenzia di stampa France Presse che ad
As Sukkari un primo attacco ha richiamato sul posto medici e residenti del quartiere per trovare sopravvissuti e aiutare i feriti, molti dei quali
in gravi condizioni. Pochi minuti
dopo, sullo stesso obiettivo sono tornati gli elicotteri governativi che
hanno sganciato altri barili bomba,
colpendo la gente che tentava di
fuggire. Secondo l’Ondus, dall’inizio
del 2014 ad Aleppo sono morte circa
duemila persone e più di un quarto
erano bambini.
Proprio quello di Aleppo è uno
dei fronti nel quale le organizzazioni
umanitarie hanno maggiori difficoltà
di intervento e minore libertà di movimento, a causa degli ostacoli posti
dalle parti belligeranti. Tra l’altro,
nelle settimane scorse la popolazione
è rimasta priva anche della normale
erogazione dell’acqua potabile, in seguito al blocco dell’acquedotto attribuito ai combattenti islamisti del
Fronte Al Nusra. La vicenda era stata denunciata anche dal segretario
generale delle Nazioni Unite, Ban
Ki-moon, che aveva parlato di violazione di un diritto umano fondamentale.
nyahu: un assunto che potrebbe preludere a operazioni di polizia ancora
più dure.
Dal canto suo, Hamas respinge
ogni accusa: il portavoce Sami Abu
Zuhri — citato dall’agenzia palestine-
Diffuso
il calendario
elettorale
tunisino
TUNISI, 17. Le elezioni legislative
in Tunisia si terranno il 26 ottobre prossimo, mentre le consultazioni presidenziali si svolgeranno
in due turni, il 23 e il 28 novembre 2014. Lo ha reso noto ieri il
presidente dell’Istanza superiore
indipendente per le elezioni (l’organo che si occupa dell’organizzazione del voto), Chafik Sarsar,
che ha consegnato il nuovo calendario elettorale al presidente
dell’Assemblea nazionale costituente, Mostapha Ben Jaafer.
Confermata, dunque, la decisione di tenere le politiche prima
delle presidenziali. La questione
dell’ordine del prossimo voto per
il rinnovo del Parlamento e per
eleggere il nuovo capo dello Stato aveva accentuato le divergenze
tra i vari partiti politici del Paese.
Sono state necessarie molte riunioni del dialogo nazionale per
poter giungere alla decisione, presa, infine, con voto a maggioranza dei due terzi (dodici partiti
contro sei avevano optato per tenere prima le legislative). La commissione elettorale di Tunisi ha
nel frattempo fatto sapere che è
impegnata a ridurre al minimo il
budget necessario per le elezioni,
che dovrebbe aggirarsi sui 10 milioni di dinari, pari a circa 6,3 milioni di dollari.
se Maan — ha spiegato che le dichiarazioni di Netanyahu sono «un bluff
diretto ad acquisire informazioni» e
ha affermato che gli arresti compiuti
dall’esercito di Israele sono mirati «a
colpire Hamas».
Trentaquattro i ministri
Insediato in Egitto
il nuovo Governo
Il premier egiziano, a sinistra, a colloquio con il presidente El Sissi (LaPresse/Ap)
IL CAIRO, 17. Il Governo egiziano
ha prestato giuramento oggi al
Cairo davanti al capo dello Stato,
Abdel Fattah El Sissi. La cerimonia è stata trasmessa in diretta televisiva. L’Esecutivo, guidato da
Ibrahim Mahlab — confermato
nell’incarico di premier dopo un
Uccise quindici persone nel villaggio costiero di Poromoko
Altro attacco di al Shabaab in Kenya
Folla nei pressi del luogo dell’attacco (Ansa)
ISLAMABAD, 17. Per il terzo giorno
consecutivo l’aviazione pakistana
ha bombardato postazioni dei talebani nel Nord Waziristan, territorio
tribale al confine con l’Afghanistan. Il bilancio, riferiscono fonti
locali, è di centoquaranta miliziani
uccisi nelle ultime 48 ore. Questi
raid rientrano nell’ambito dell’offensiva, su vasta scala, decisa dalle
autorità di Islamabad con l’obiettivo di sradicare i talebani anzitutto
in quelle aree dove sono ancora
presenti in forze ed esercitano
un’azione destabilizzante, fatta di
attentati e imboscate.
Già dall’inizio dell’anno le autorità pakistane avevano studiato un
piano per combattere i talebani e
così arginare la loro offensiva. Ma
nello stesso tempo Islamabad ha
cominciato anche a valutare in modo concreto l’opportunità di aprire
un canale diplomatico con la speranza di porre fine alle violenze attraverso il negoziato.
Quando nel maggio dello scorso
anno assunse l’incarico di primo
ministro, Nawaz Sharif chiarì subito che nella sua agenda politica il
dialogo con i talebani avrebbe avuto un’importanza prioritaria. E gli
stessi miliziani, in risposta a questa
apertura, si erano detti disponibili
a trattare. I colloqui, dopo varie
conferme e smentite, sono comin-
NAIROBI, 17. Le milizie radicali
islamiche somale di al Shabaab
hanno rivendicato un nuovo attacco in Kenya, contro il villaggio costiero di Poromoko, non
lontano da Mpeketoni, la cittadina dove in un’analoga incursione
nella notte tra sabato e domenica
erano state uccise 49 persone.
L’attacco ha provocato almeno
quindici morti, secondo fonti locali concordi. Un portavoce di al
Shabaab, Abdulaziz Abu Musab,
ha parlato di venti persone uccise, in maggioranza poliziotti e
ranger del Kenya, ma la polizia
locale non ha dato conferme. Il
Kenya è diventato uno dei principali obiettivi dei miliziani di al
Shabaab, con attacchi armati e
attentati terroristici, da quando il
Governo di Nairobi ha inviato
contro di loro truppe in Somalia.
interim di cinque mesi — è composto da trentaquattro ministri, tra
cui quattro donne e diversi tecnici.
Rispetto al Governo provvisorio,
si contano tredici nuovi ministri.
Subito dopo la cerimonia, El Sissi
ha presieduto la prima riunione
dell’Esecutivo.
Pronti a trattare
i ribelli del Mali
settentrionale
BAMAKO, 17. Un impegno a dialogare con il Governo di Bamako
per cercare una soluzione «politica, pacifica e definitiva» alla crisi
nel nord del Mali è stato assunto
da tre gruppi ribelli, il Movimento
arabo dell’Azawad, il Coordinamento per il popolo dell’Azawad,
una delle organizzazioni tuareg, e
il Coordinamento dei Movimenti
e fronti patriottici di resistenza,
rappresentativo delle comunità nere. I tre gruppi, dopo due settimane di colloqui ad Algeri, hanno siglato un documento che verrà
consegnato al presidente Ibrahim
Boubacar Keïta. Il 23 maggio, gli
stessi gruppi avevano raggiunto
un accordo di tregua con Bamako,
sottoscritto anche dai tuareg del
Movimento nazionale di liberazione dell’Azawad.
ciati (si pensa in una località segreta nei pressi di Islamabad), destando qualche speranza di successo.
Ma sono arrivati i sanguinosi attacchi degli stessi miliziani, tra i quali
la strage di guardie di frontiera a
Karachi, a spegnere eventuali, facili
entusiasmi e quindi a bloccare le
trattative in corso.
E il premier Sharif, pur ribadendo che l’opzione negoziale rimane
comunque sul tavolo, ha deciso, di
fronte ai voltafaccia talebani, di intensificare l’azione militare per ripristinare un sufficiente livello di
ordine e sicurezza nel Paese. Ieri,
dopo la nuova offensiva contro i
miliziani, il primo ministro ha detto che le operazioni continueranno
«fino a quando il terrorismo non
sarà eliminato dal Paese». Gli ha
fatto eco il comandante delle forze
armate, generale Raheel Sharif, il
quale ha dichiarato che non sarà risparmiato nessuno sforzo per piegare definitivamente la strenua resistenza dei miliziani.
Non si è fatta attendere la risposta del principale movimento talebano in Pakistan, il Tehrek-e-Taliban Pakistan (Ttp): il portavoce,
Shahidullah Shahid, ha intimato
agli investitori stranieri, alle compagnie multinazionali e a quelle aeree di lasciare immediatamente il
Paese perché si trova «in stato di
guerra». Lo stesso portavoce, riferisce l’agenzia Ansa, ha poi minacciato attacchi contro i palazzi governativi. Infine Shahid ha detto
che le autorità di Islamabad si troveranno a chiedere, fra breve tempo, di riaprire il dialogo con i miliziani, ma a quel punto i talebani
«non saranno più disponibili».
Al di là dell’attendibilità o meno
di queste affermazioni, è indubbio
che al momento sembra essere naufragato il progetto, messo a punto
da Islamabad, di coinvolgere i miliziani in un processo di ricostruzione del Paese, dopo tanti anni di
sanguinose violenze. E l’impegno
preso dal premier di rilanciare a livello internazionale l’immagine del
Pakistan anche attraverso la gestione della presenza talebana nel territorio si presenta, alla luce degli ultimi sviluppi, particolarmente arduo. E in queste ore intanto si assiste alla fuga di migliaia di persone
dal Nord Waziristan verso l’Afghanistan per sottrarsi alle violenze.
Una realtà, questa, che rischia di
aggravarsi con il passare dei giorni
e che certamente non agevola l’impegno del premier, diretto a fare
del Paese, come egli stesso ha spesso ribadito, un luogo sereno e di
dialogo.
Sfida serrata
per le presidenziali
afghane
KABUL, 17. In attesa dei risultati
definitivi del ballottaggio presidenziale in Afghanistan, previsti non
prima di un mese, si sta configurando uno scenario inatteso, almeno da gran parte degli osservatori.
Infatti due sondaggi condotti in
modo capillare sul territorio danno
in testa lo sfavorito della vigilia,
l’ex ministro delle Finanze, Ashrad
Ghani, che avrebbe fra i sei e gli
otto punti di vantaggio sull’ex ministro degli Esteri, Abdullah Abdullah. Ma, come ha scritto nei
giorni scorsi l’«International New
York Times», Ghani era solo in apparenza dietro ad Abdullah, perché
in realtà durante la campagna elettorale ha saputo guadagnare alla
propria causa ampie fasce di elettorato. Sebbene si tratti solo di sondaggi, per quanto estesi, è da rilevare che in questo momento sembra venire smentito chi pensava
che già sulla base dei primi dati
Abdullah avrebbe potuto contare
su un ampio margine di vantaggio.
Ma in questo scenario fluido un
dato certo c’è, ed è purtroppo negativo: ovvero le violenze compiute
dai talebani contro coloro che si
sono recati alle urne. Ieri il presidente Hamid Karzai, riferisce
l’agenzia di stampa Pajhwok, ha telefonato agli undici elettori della
provincia di Herat ai quali i talebani hanno amputato le dita per aver
sfidato il loro divieto di andare a
votare.
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 4
mercoledì 18 giugno 2014
Un uomo che in circostanze drammatiche
fu chiamato a quarantasette anni
a guidare il suo popolo
E decise di farlo
proteggendo i più poveri ed emarginati
di DANIEL RAMADA PIENDIBENE
l bandoneón è uno strumento
di periferia. Doppiamente di
periferia. Da un lato la sua
musica, in entrambe le rive
del Río de la Plata, fiorisce
dagli arrabales («sobborghi»), dove
fra la metà del XIX secolo e i primi
decenni del XX secolo nascono, un
po’ per bisogno di mano d’opera rustica, un po’ attraverso l’alluvione
migratoria, quelle periferie urbane
fatte di lavoro, amore e sofferenza,
vale a dire, i quartieri bassi. D’altra
parte però non bisogna dimenticare
che il bandoneón nasce come strumento ausiliare per accompagnare le
celebrazioni domenicali nelle piccole
cappelle rurali tedesche, dove non
c’era spazio né denaro per montare
un organo.
L’armonium portatile che nasce
nell’ambito di una liturgia religiosa
di periferia rurale giunge, herido de
sombra (“ferito nell’oscurità”) nella
liturgia artistica e realmente esistenziale della frontiera urbana con il
suo viejo fuelle desinflado (“vecchio
mantice sgonfio”), abbandonato como un pebete en la puerta de un convento (“come un pivello davanti alla
porta di un convento”). Non si sa se
è nel conventillo (“casa popolare”),
dove sussiste la solidarietà spontanea
dei poveri, o in un precario convento di arrabal, sin revoque en las paredes (“senza stucco sui muri”, sono citazioni dal tango Bandoneón arrabalero di Pascual Contursi), dove religiose e religiosi, assieme a fedeli o
vicini anonimi, si prendono cura,
senza ostentazioni, dell’anima e del
debole corpo di tanti bisognosi, orfani, fragili o miserabili.
A questa musica, che ferisce il
cuore e il cui suono invade il sentimento profondo senza chiedere il
permesso, si aggiunge un testo. La
parola di Qoelet (in greco, Ecclesia-
I
Misa por bandoneón per i duecentocinquant’anni dalla nascita dell’eroe uruguaiano José Gervasio Artigas
Quella musica
che non chiede permesso
ste); una parola saggia e allo stesso
tempo polemica e mansueta, che forse sgorga anch’essa dal quel hondo
bajo fondo donde el barro se subleva
(“profondo basso fondo dove il fango si ribella”) in questo caso, contro
la sua propria finitezza o cecità. Vanità di vanità. Inconsistenza dell’apparenza, miraggio che inganna come
un fumo maligno che confonde e seduce con la scusa di fare il bene.
Qoelet e la sua prospettiva sapienziale si muovono in un universo di
età avanzata.
Nella bibbia ebraica l’Ecclesiaste
si annovera fra i Ketuvim, ovvero gli
scritti di maturità midrashica, frutto
di un’epoca nella quale era venuta
meno la profezia — i Cieli si chiusero — e per conoscere la volontà
dell’Altissimo si ricorre solamente alla meditazione della parola scritta,
una Parola definitivamente fissata e
stabilita nel testo canonico. Qoelet,
quale vera raccolta dell’esperienza di
vita, nasce come frutto della contemplazione che aggiorna la Parola nei
nuovi contesti esistenziali, perché
per l’Israele del Secondo Tempio,
essendosi chiusi «i Cieli», rimane
aperta solo la memoria del suo Signore Trascendente nella storia immanente, nella vita del tempo presente che si muove, cambia ed esige
di discernere la volontà del Santo
d’Israele nel deserto della storia.
I libri sapienziali guidano la rivelazione in questa nuova forma di incontro. L’assenza, il silenzio, la perdita proprie del post-esilio e una
presenza ora mediatizzata nel testo
che esige l’intervento responsabile e
complementare dell’uditore della Parola. I fedeli leggono questo libro, lo
ascoltano alla luce di un presente diverso dai tempi profetici in cui il Signore di Israele parlava con la voce
degli uomini, annunziatori carismatici. In certo modo il discernimento
midrashico del Qoelet rappresenta la
democratizzazione della santità. Tutti i membri del popolo di Israele,
senza eccezione, hanno ora la Parola
a portata di mano per contrastarla
con la vita quotidiana attraverso il
discernimento.
Bandoneón, Qoelet, sentimento,
nostalgia, discernimento, saggezza
applicata a congiunture mutanti e,
da ultimo: Artigas. Un uomo che in
forza di circostanze tanto inaspettate
quanto drammatiche fu chiamato a
guidare il suo popolo non nel fuoco
della passione giovanile, ma a quarantasette anni, e decise di farlo proteggendo e difendendo i più poveri
ed emarginati. Un uomo che visse
sin dall’adolescenza lontano dalla
società urbana fra territori di frontiera aspri e insicuri e terre di nessuno,
tra i quilombos (comunità formate da
schiavi africani fuggiti dalle piantagioni) e le tende degli indios che lo
consideravano uno di loro. Un uomo profetico durante il breve decennio di guida carismatica e un uomo
saggio quando, a cinquantasette anni, preferì restituire la sua sciabola e
i suoi galloni per ritirarsi in una località recondita della selva a lavorare
la terra, convertendosi in agricoltore
ed educatore.
Non sembra opportunismo né
adulterazione linguistica affermare
Con la sapienza dell’Ecclesiaste
Il concerto a Palazzo della Cancelleria
Il prossimo 19 giugno ricorre il duecentocinquantesimo anniversario
della nascita dell’eroe della patria orientale José Gervasio Artigas. Si
tratta di una data significativa per i popoli del Río de la Plata.
L’ambasciata dell’Uruguay presso la Santa Sede ha deciso di celebrare la memoria del “protettore dei popoli liberi” e di rendere
omaggio, allo stesso tempo, a Papa Francesco. Il 6 giugno a Roma,
al Palazzo della Cancelleria, è stata eseguita in prima mondiale la
Misa por Bandoneón con testi del libro dell’Ecclesiaste (Qoelet), una
composizione musicale dell’artista uruguaiano Roberto Passarella,
interpretata dall’autore stesso e dal coro ed ensemble filarmonico
della città di Macerata. Pubblichiamo un articolo scritto per l’occasione dall’ambasciatore dell’Uruguay presso la Santa Sede.
comuni alla dirigenza dell’epoca, al termine della sua vita
a più di settant’anni
rimase in esilio volontario, tenace fino
al punto di rifiutare
diverse volte l’offerta di far ritorno con
onori e con una
pensione alla sua
terra natale. Rimase
nella selva paraguaiana, fra i suoi
poveri e i neri banditi, lavorando un
piccolo lotto di terra datagli in prestito, insegnando ai
bambini,
apprendendo e condividendo le arti dell’agricoltura con indios e contadini
creoli. In esilio, a
Monumento a José Gervasio Artigas a La Plata
ottant’anni inoltrati,
morì il 23 settembre
del 1850.
che Artigas fu un personaggio di
L’ambasciata dell’Uruguay presso
“periferia” o, detto in altro modo, la Santa Sede ha celebrato il dueun uomo eccezionalmente attento centocinquantesimo anniversario delnei confronti delle persone emargi- la nascita di Artigas con qualcosa di
nate. I suoi sforzi furono sempre più di una retorica eloquente e di
dalla parte dei più poveri, al punto un’offerta floreale destinata ad apdi abbandonare l’impresa militare e passire nel giro di pochi giorni. Per
consacrare i suoi ultimi trent’anni di questa ragione la commemorazione
vita, la sua vecchiaia, agli indios della sua nascita vuole riferirsi a
guaranì come maestro e catechista.
questo aspetto spesso dimenticato o
Due anni fa, in occasione di que- posto in secondo piano, dove consta ricorrenza, ebbi a dire che l’origi- fluiscono la sensibilità, la memoria,
nalità di Artigas si radica nelle sue la saggia maturità della seconda meattitudini, nei suoi gesti e nelle sue tà della vita e una forma d’arte soscelte, che dicono tanto o più delle nora che evoca esistenze vissute in
parole, che, di per sé, sono già ecce- periferia. Questo solenne e semplice
zionali. A causa di quei gesti quoti- omaggio esprime gratitudine, comudiani fu venerato, lontano dalla sua nione e impegno nei confronti di
terra, da coloro che lo chiamarono quei fragili e piccoli fratelli di carne
con semplicità nativa “padre dei po- e ossa tanto cari al Jefe de los Orienveri”, “padre degli indios” o Uberavá tales e che Gesù di Nazaret proclaKaray, vale a dire, «Signore che ri- mò beati al punto di identificare
splende». E poiché mai accettò di nell’attenzione ai loro bisogni l’unità
entrare a far parte di quei circoli o di misura della fedeltà al suo stesso
logge tipiche degli ambienti colti, messaggio.
Calcio e letteratura anglosassone
di ENRICO REGGIANI
Come e più che in passato, con i mondiali brasiliani da poco iniziati, il ruolo
letterario e culturale del calcio si impone al centro della scena globale. Potrebbe essere una loro conseguenza virtuosa,
visto che sempre meno numerosi, fortunatamente, sembrano essere gli epigoni
di coloro che sdottora(va)no della sua
irrilevanza (quando non addirittura della pericolosità). Se pare ormai condivisa
l’idea che i “rituali” del calcio propongano la «descrizione di una battaglia»
(Alessandro Dal Lago, 1990), ci si è anche spinti fino a considerarlo — non
senza qualche acrobazia concettuale e
analogica — sia «una buona allegoria
del lavoro letterario» (Cristina Taglietti,
2009), sia uno strumento di espressione
della vacuità del lavorio del critico: «La
fedeltà bovina al testo, ai marchingegni
narrativi, alle strutture sociologiche hanno reso la critica tediosa come le trasmissioni calcistiche sulle quali si fa un
gran disquisire sulla differenza tra 4-3-3
e 4-3-1-2» (Alessandro Piperno, 2009).
Saranno pure tediose quisquilie tecniche queste ultime, ma l’affascinante e
prestigiosa Premier League delle culture
anglofone, in cui queste ultime sembrano contendersi il trofeo della miglior
letteratura in lingua inglese, mostra la
sua straordinaria vitalità proprio a partire dalle differenti denominazioni di
schemi, ruoli, zone del campo, tattiche,
strategie e via scorrendo le voci dell’enciclopedia calcistica e le loro declinazioni “glocalizzate”.
Ne fanno fede, ad esempio, la miracolosa concentrazione di un’identità nazionale inclusiva che si respira in termini quali bafana bafana (entusiastico soprannome della nazionale sudafricana,
Quattro giacche a fare i pali
traducibile come “Avanti, ragazzi!
Avanti, ragazzi!”, interpretato spesso
anche alla luce della forte inflessione
comunitaria del concetto africano di
ubuntu) o la fantasiosa intuizione personale del giornalista Tony Horstead, al
quale si deve la differente origine e vicenda del nomignolo dei Socceroos, evidentemente modellato su kangaroo con
Bob Paisley?), oppure «Il calcio è un
elemento fondamentale della cultura
contemporanea», che a detta di molti
sarebbe frutto della mente sapiente e
sorprendente di Thomas S. Eliot! Alcune prosaiche e pignole verifiche incrociate negli scritti di entrambi i giganti
letterari menzionati smentiscono tali
monumentali paternità: ma chi scrive è
prontissimo a ricredersi e attende con impazienza circostanziate e risolutive indica«La palla che lanciai giocando nel parco
zioni bibliografiche.
È invece di paternità sicuAncora non ha raggiunto il suolo»
ra l’idea che «è un segno diÈ un distico scritto nel 1935
stintivo di tutta la nostra
dal genio tumultuoso di Dylan Thomas
epoca moderna che le masse
sono mantenute quiete grazie alle battaglie. Lo sono,
però, perché si tratta della
immediato e costante successo, durante simulazione di una battaglia; pertanto
una serie di partite giocate dalla nazio- la maggioranza di noi sa ormai che il sinale australiana nel Vietnam del Sud stema dei partiti è stato popolare solo
nel 1967.
nel senso in cui è popolare un football
Tanto fascinoso è l’intreccio tra pallo- match». Così Chesterton (nel sedicesimo
ne e parole che bisogna poi fare anche i capitolo della Breve Storia dell’Inghilterconti con l’inesauribile cornucopia di ci- ra, 1917). Verrebbe da chiedergli: nel
tazioni leggendarie che vengono cattu- senso di partita di association football, il
rate in rete e colà replicate senza posa e calcio inglese, o di rugby football ? Accontentiamoci della lungimirante preverifica.
Due, su tutte, meritano menzione in monizione chestertoniana, ma, come si
questa sede per il rilievo dei loro pre- intuisce agevolmente, si tratta di diffesunti autori e per l’efficacia di quanto renza di non poco conto, anche sul piacomunque esprimono: «Il calcio è l’arte no delle implicazioni simboliche, nel
di comprimere la storia universale in quadro della cultura nazionale inglese.
Di autore altrettanto certo è anche
novanta minuti», che la maggioranza
dei citanti riferisce alla penna di George uno splendido distico che conclude un
Bernard Shaw (o è del mitico allenatore testo poetico intitolato Dovessero splen-
dere lanterne, composto nel 1935: «La
palla che lanciai giocando nel parco /
Ancora non ha raggiunto il suolo». È
tipica delle folgoranti corde creative del
genio tumultuoso di Dylan Thomas
(1914-1953), del quale ricorre quest’anno
il centenario della nascita, questa capacità di combinare poeticamente esperienze antropologiche ed epistemologiche in apparenza incompatibili e spesso
sbrigativamente indicate come “surrealistiche”: passato e presente, terra e cielo,
individuo e comunità, regola condivisa
e libertà individuale, potenza e atto, intenzione e incoscienza, silenzio e parola.
Fu una dote, questa, davvero caratteristica del poeta gallese, la cui totalizzante simultaneità non può non richiamare
al lettore attento la “bellezza pezzata”
del meraviglioso Gerard Manley Hopkins, suggerendo persino la necessità di
una più attenta valutazione dell’influenza esercitata sulla poesia di Thomas —
che si definiva un “sacro fattore” — dal
grande codice biblico, dalla sua frequentazione giovanile delle chiese gallesi, nonché da una sua attrazione incompiuta e tutta da sondare nei confronti
della fede cattolica.
Profondamente radicato in Hopkins
è, senza dubbio, anche il poeta irlandese Seamus Heaney, scomparso di recente, al quale si deve il conclusivo, ampio
frammento calcistico (in senso gaelico,
ahimé, ma chi lo cita si augura che bellezza e pertinenza possano giustificare
la licenza): «Con quattro giacche a fare
i quattro pali / marcammo il campo, e
basta. Aree e corner / presenti come la-
titudine / e longitudine sotto gobbe e
cardi, / da convenire o contestare solo /
al bisogno. Poi scegliemmo le squadre /
varcando la linea che l’appello / dei nomi tracciava tra di noi. / Ragazzi urlanti
da squarciar la gola, / la luce muore e
loro vanno avanti, / il gioco ormai si
gioca nella testa; / la palla vera presa a
calci arriva / pesante come in sogno; il
fiato corto / nel buio, le scivolate
Il poeta irlandese Seamus Heaney
sull’erba / hanno un suono di sforzo in
altro mondo... / Era veloce e costante,
un gioco / senza necessità di avere fine.
/ Un qualche limite era stato oltrepassato, / c’era rapidità, progresso e non fatica, / un tempo extra, libero e imprevisto” (Marcamenti. I, traduzione di Gilberto Sacerdoti). Libero — come scrisse
Joseph Ratzinger, in occasione dei
Mondiali in Sudafrica nel 2010 — nel segno della «disciplina della libertà; di
esercitare con se stessi l’affiatamento, la
rivalità e l’intesa nell’obbedienza alla regola».
L’OSSERVATORE ROMANO
mercoledì 18 giugno 2014
pagina 5
Francesco e Caterina patroni d’Italia
«Piede asciutto, piede bagnato»
(2012, dalla serie «Punti cardinali»)
Una terra
patria di santi
di SILVIA GUIDI
Uno stile forte e sintetico come il
monosillabo — Kcho — con cui
ha scelto di farsi chiamare; non
c’è traccia di sentimentalismo o
di oleografia rassicurante nell’opera dell’artista cubano Alexis
Leiva Machado, dedicata prevalentemente al viaggio per mare,
esplorato e descritto in tutte le
sue variabili, tragiche o liriche,
attraverso la pittura, la scultura e
le installazioni. Dipingere è «una
fase della creazione; mi sento un
creatore, nello senso umano della
parola — dice Kcho all’O sservatore Romano — vedo la creazione
come una soluzione. Per me disegnare, scolpire, incidere, installare, costruire è un modo di sentire,
è il mio modo di affrontare ogni
giorno la vita e le sue sfide. È
una forma superiore di dialogo e
di scambio con il mondo che mi
circonda, con il mondo in cui ci
troviamo a vivere».
Ci racconti i suoi primi passi nel
mondo dell’arte. Si è formato a Cuba, dove è nato come pittore...
Come artista sono nato dalle
mie stesse esperienze; gliene potrei raccontare molte. Fin da
quando ero bambino mia madre
ha esercitato su di me una grande
influenza con le sue creazioni in
ceramica e in cartapesta, i suoi
dipinti, le sue lezioni, i suoi consigli, le sue tecniche, il suo sostegno, il suo amore. Anche mio padre lavorava, era falegname, come
mio nonno. Da bambino, e nei
primi anni dell’adolescenza, ho
aiutato mio padre nella falegnameria. Questa tappa della mia
formazione alla vita è stata per
me molto importante e ha avuto
una grande influenza su di me.
Nel mio cammino c’è inoltre stato un episodio fondamentale.
Quando avevo dieci anni, un
giorno, mentre camminavo per
Nuova Gerona — il mio paese natale, nell’isola della Gioventù —,
mi è successo qualcosa d’incredibile, ho avuto una grande sorpresa. Sono entrato nella galleria
d’arte comunale, e vi ho trovato
un tesoro. Le racconto che cos’è
successo: quando sono entrato in
quella piccola casa con un grande
giardino e alberi frondosi, mi sono trovato circondato da un tesoro per me inimmaginabile.
L
A colloquio con il pittore cubano Kcho
Con l’arte accompagno
il cammino di chi soffre
sto del grande scrittore Alejo
Carpentier, premio Miguel de
Cervantes nel 1977, autore dei romanzi El reino de este mundo e El
siglo de las luces. Con i soldi del
premio Carpentier ha comprato
per ogni provincia cubana una
serie di riproduzioni di capolavo-
tura in senso accademico, con
tutto il suo rigore e le sue tecniche, e anche scultura e disegno.
Ho studiato i movimenti e gli artisti a mio giudizio più interessanti dell’arte universale. Ma come le ho detto all’inizio mi piacerebbe parlare dell’atto creativo, e
non solo della pittura. Durante
una fase importante del mio lavoro il disegno è stato essenziale e
centrale quale parte del processo
di pensiero e di costruzione e a
volte di documentazione; con il
tempo la pittura ha però acquisito per me anche un altro significato. Ho cercato di costruire idee
autonome che si esprimessero a
partire da uno spazio pittorico
materico utilizzando diverse tecniche, tra cui quella a olio, ad
acrilico e mista, come supporto
tecnico di una storia che deve essere narrata e alla quale ho dedicato la maggior parte della mia
opera: l’insularità, il mare, l’uomo
e i suoi viaggi, la migrazione
umana, i suoi effetti, le sue ombre e i suoi colori, la sua fragilità,
la sua durezza, i pericoli, l’energia che traevo dai miei disegni,
dai miei dipinti e dalle mie installazioni.
Quindi è dalla sua isola — le sue
coste, le sue pietre, la sua luce piena
di contrasti — che trae ispirazione
per le sue opere?
Cosa ha visto?
All’improvviso ho visto di fronte a me Il giardino delle delizie di
Bosch e alle mie spalle Il 2 Maggio di Goya, e opere di Rembrandt, Rubens, Picasso, Miró, Dalí,
e tutti, persino i tori delle pittografie delle Grotte di Altamira, in
quel piccolo spazio. Ho pensato
che fossero tutte opere originali.
Ne avevo già viste alcune ma solo
nei libri della biblioteca che visitavo molto spesso, dato che una
delle mie sorelle maggiori lavorava lì. Ho sempre provato grande
curiosità per Hieronymus Bosch
e la sua visione, la sua tecnica e
la sua composizione. Vedere
quelle riproduzioni così splendide
di tanti capolavori dell’arte universale è stato per me un regalo
meraviglioso, che ho avuto l’opportunità di conoscere e di apprezzare grazie al bellissimo ge-
a sollecita cura della
Chiesa universale, che Ci
è stata commessa dal divino Redentore, Ci spinge sempre a procurare
quanto più Ci è possibile il bene di
tutti i Fedeli sparsi per tutta la terra; ma, poiché la Divina Provvidenza ha voluto che la cattedra Romana di S. Pietro fosse stabilita in Italia, la Nostra volontà non può rivolgersi in modo particolare a promuovere i vantaggi spirituali degli
italiani; e perciò appena ce ne è data l’occasione ci disponiamo ad eseguire con solerte cura tutte quelle
cose che ci sembrano le più opportune al fine prodotto. Sicché, nelle
difficoltà dei tempi, che da ogni
parte premono anche le genti d’Italia, nessun’altra cosa è più conforme al Nostro ufficio pastorale, nonché all’ufficio che nutriamo verso i
Nostri connazionali, quanto l’assegnare loro presso il Signore particolari Patroni celesti, i quali ne siano
come i custodi e i difensori. Chi di
noi invero potrebbe mai dubitare di
non essere aiutato giorno per gior-
«Naufragio» (2011)
ri dell’arte universale e un’enciclopedia sull’arte, per illuminare
migliaia di persone; io sono stato
uno di questi, quella luce mi accompagna ancora, e lo ringrazio
per il suo gesto.
Da qui la passione per il disegno.
Ho iniziato il mio percorso di
studi prima nella Scuola elementare d’arte, nell’Isola della Gioventù, poi nella Scuola nazionale
d’arte all’Avana. Ho studiato pit-
Sono portatore dell’energia di
un popolo illuminato dal sole e
dal mare dell’isola di Nuestra Señora de la Caridad del Cobre, la
patrona dei cubani. L’emigrazione è un problema globale e permanente. L’uomo si muoverà
sempre in una Via Crucis (ndr il
suo ultimo ciclo di opere, «Via
Crucis», è esposto al Palazzo della Cancelleria di Roma fino al 22
giugno), la via dolorosa che per
molti inizia nel viaggio, una via
incerta ma per milioni di persone, in tutto il mondo, improrogabile. Credo che quello che l’arte
non tocca con la sua luce rischi
di venire dimenticato, e ciò ovunque, a Gibilterra, nel Pacifico, a
Lampedusa, nel Rio Grande, nel
Mar dei Caraibi. In questi viaggi
dalla destinazione incerta ma necessaria sta il mio cammino. Sento di dover continuare il mio
viaggio lungo il cammino che ho
scelto. Sento che la mia opera accompagna i viaggiatori, quegli
uomini, donne e bambini che rischiano la propria vita per trasformare un sogno in realtà.
Creare è una responsabilità che
mi emoziona e senza la quale
non posso vivere.
Quali artisti ammira di più?
Quelli che hanno dedicato le
proprie opere o le proprie energie
ad accompagnare l’umanità nel
suo cammino di apprendimento
per una vita migliore. Perciò per
me Michelangelo è e sarà sempre
l’artista imprescindibile della storia. La politica culturale mondiale attuale ha bisogno di meno
mercato e più umanità; di essere
meno fabbrica di denaro e più
forgiatrice di valori, di amore e di
solidarietà, di maggiore tolleranza
e cultura, che faranno sempre del
mondo un luogo migliore per
tutti. Vorrei continuare a creare
con forza e intelligenza e a dare
tutto il possibile, a partire dalla
mia opera e dalle mie energie, ai
progetti di carattere artistico, culturale e sociale che realizzo a Cuba e nel mondo, tenendo conto
che tutto il lavoro noi lo svolgiamo nel nostro Laboratorio per
l’arte nel quartiere Romerillo
dell’Avana, un ente culturale senza fini di lucro i cui obiettivi sono la sperimentazione, lo sviluppo e la diffusione delle arti e
dell’intesa umana. È uno spazio
per il dialogo, la cultura, la conoscenza e la pace. Il nostro proposito in questo laboratorio è di sviluppare progetti con un marcato
profilo sociale, educativo e culturale, volti al miglioramento umano e a difendere i valori della nostra cultura nazionale, e anche il
suo ruolo e il suo contributo al
concerto globale. Entro fine anno
ho altri progetti in Messico, Italia, Croazia e Stati Uniti; il prossimo anno parteciperò alla Biennale di Vancouver e alla Biennale
dell’Avana.
18 giugno 1939
Settantacinque anni fa, il 18 giugno
1939, Papa Pio XII emanava
un Breve pontificio, a firma del
cardinale segretario di Stato Luigi
Maglione, con il quale proclamava
san Francesco d’Assisi e santa
Caterina da Siena patroni primari
d’Italia. Pubblichiamo la
traduzione del documento così
come apparve sull’O sservatore
Romano del 19-20 giugno.
no dal patrocinio dei Santi presso
Dio, specialmente quando, trovandosi in angustie, si appoggia alla
intercessione dai Santi, invoca il Signore e sente subito che il Signore
lo esaudisce? E questo tanto più
giustamente può dirsi di quel patrocinio, col quale i Santi proteggono
le genti e le Nazioni, specie quelle
I riconoscimenti a due biblisti
Per la prima volta a una donna il premio Ratzinger
È morto Settimio Cipriani
Apripista negli studi
su san Paolo
Il 16 giugno è morto a Bibbiena
monsignor Settimio Cipriani,
biblista che è stato negli ultimi
decenni uno dei primi studiosi
italiani delle lettere di san Paolo.
«Il suo commento alle epistole
paoline, nei primi anni Sessanta —
ci ha detto il biblista Romano
Penna — era una vera novità e mi
ha avviato allo studio
approfondito dell’apostolo delle
genti». Nato a Pratovecchio nel
1919, Cipriani era stato preside
della Facoltà teologica di Napoli e
aveva insegnato, tra l’altro, alla
Pontificia università lateranense. È
stato anche collaboratore
dell’Osservatore Romano dal 1961
al 1986.
Sono Anne-Marie Pelletier, che insegna ermeneutica ed esegesi biblica, e monsignor
Waldemar Chrostowski, anch’egli biblista oltre che impegnato nel dialogo cattolicogiudaico, i due studiosi che riceveranno il prossimo 22 novembre il Premio Ratzinger, giunto alla sua quarta edizione.
La notizia è stata data nel corso della presentazione di due appuntamenti promossi
dalla Fondazione Joseph Ratzinger Benedetto XVI — il premio 2014, appunto, e un convegno intitolato «Il rispetto per la vita, cammino per la pace», che si svolgerà nella Pontificia università bolivariana di Medellín, in
Colombia, dal 23 al 24 ottobre. La conferenza stampa di presentazione è stata ospitata
nella mattina del 17 giugno dalla Sala Stampa della Santa Sede alla presenza del cardinale Camillo Ruini, presidente del Comitato
scientifico della fondazione, monsignor Giuseppe Scotti, presidente della fondazione, e
Germán Cardona Gutiérrez, ambasciatore di
Colombia presso la Santa Sede.
«Anne-Marie Pelletier è la prima donna
che consegue il Premio Ratzinger — ha detto
il cardinale Ruini illustrando il curriculum
della studiosa —, si è occupata molto anche
della questione delle donne nel cristianesimo
e nella Chiesa». Tra gli altri, il porporato ha
ricordato due libri: Le christianisme et les femmes. Vingt siècles d’histoire (Paris, Cerf, 2001,
tradotto in italiano da Jaca Book con il titolo Il Cristianesimo e le donne) e Le signe de la
femme (Paris, Cerf, 2007), oltre a molti articoli. Pelletier è stata anche vicepresidente
del Servizio informazione e documentazione
giudei-cristiani di Parigi ed è autrice di vari
studi e interventi sul tema. È dunque, ha
detto il cardinale, «una personalità di forte
rilievo nel cattolicesimo francese contemporaneo, che unisce a un meritato prestigio
scientifico e a una grande e versatile vivacità
culturale un’autentica dedizione a cause assai importanti per la testimonianza cristiana
nella società». Monsignor Chrostowski è invece redattore generale della rivista di teologia polacca «Collectanea Theologica» e dal
2004 è preside dell’Associazione dei biblisti
polacchi. «La sua produzione, sia scientifica
sia divulgativa — ha aggiunto Ruini —, è
quanto mai abbondante. Sono moltissimi gli
articoli a sua firma nei dizionari ed enciclopedie, oppure pubblicati su riviste bibliche e
teologiche. Il suo campo di lavoro preferito
è l’Antico Testamento, in particolare i profeti, ma anche la letteratura giudaica intertestamentaria e il giudaismo rabbinico e i suoi
rapporti con il cristianesimo». Chrostowski
insegna dal 1987 alla Facoltà di Teologia
dell’Accademia di Varsavia, ora università
Cardinale Stefan Wyszyński, e in varie altre
università, ma è anche un infaticabile divulgatore della conoscenza della Bibbia, attraverso corsi di formazione, esercizi spirituali,
pellegrinaggi.
«In questi tre anni — ha aggiunto monsignor Scotti, illustrando le varie attività della
Fondazione — vi è stata una partecipazione
attiva e interessata di ben 275 università di
ogni continente e un coinvolgimento in progetti di riflessione e ricerca di oltre 1600 persone fra docenti e studenti. L’appuntamento
di ottobre a Medellín è in sintonia con questo cammino».
alle quali si sforzarono in tanti modi e in tante particolari circostanze
di portare aiuto, mentre ancora essi
erano in terra, spinti dall’amor di
patria. Senza alcun dubbio ciò si
deve affermare di San Francesco
d’Assisi e di S. Caterina da Siena,
che, italiani ambedue, in tempi
straordinariamente difficili, illustrarono, mentre vivevano, con nitido
fulgore di opere e di virtù e beneficarono abbondantemente questa loro e Nostra patria, in ogni tempo
madre di Santi. Difatti S. Francesco, poverello ed umile vera immagine di Gesù Cristo, diede insuperabili esempi di vita evangelica ai
cittadini di quella sua tanto turbolenta età, e ad essi anzi, con la costituzione del suo triplice Ordine,
aprì nuove vie e diede maggiori
agevolezze per la correzione dei
pubblici e privati costumi, e per un
più retto senso dei principii della
vita cattolica. Né altrimenti si adoperò S. Caterina, la fortissima e
piissima vergine, che valse efficacemente a ridurre e a stabilire la concordia degli animi nelle città e contrade della sua patria, e che, mossa
da continuo amore, con suggerimenti e preghiere fece tornare alla
sede di Pietro in Roma i Romani
Pontefici, che quasi in esilio vivevano lontani in Francia; tanto da essere considerata a buon diritto il
decoro e la difesa della patria e della religione.
Ora poi il Signor Cardinale Carlo Salotti, Prefetto della S. Congregazione dei Riti, Ci ha detto che gli
Arcivescovi e Vescovi d’Italia, assecondando il comune desiderio dei
fedeli, fanno voti e ci rivolgono anzi supplici preci, affinché S. Francesco d’Assisi e S. Caterina da Siena
vengano da Noi dichiarati e costituiti Patroni Primari d’Italia, con
l’intento di riaccendere l’avita pietà
a farla maggiormente crescere. A
questi voti si aggiunge anche l’ampiissima commendatizia dello stesso
Porporato, e perciò, considerate attentamente tutte le ragioni e le circostanze, ben volentieri abbiamo
deciso di annuirvi.
Pertanto di Nostro «Motu proprio», di certa scienza e dopo matura deliberazione, colla pienezza
della Nostra Apostolica potestà, in
virtù delle presenti Lettere, dichiariamo da questo momento e costituiamo in perpetuo S. Francesco
d’Assisi e S. Caterina da Siena Patroni Primari d’Italia. Colla stessa
autorità e in forza delle presenti da
valere in perpetuo, decretiamo inoltre che in Italia e nelle isole adiacenti, si celebrino ogni anno,
dall’uno e dall’altro clero, nei giorni
stabiliti, le feste degli stessi Patroni,
con la relativa Messa ed Officio in
rito doppio di prima classe, ma senza ottava. Nonostante qualsiasi cosa
in contrario. Ciò benevolmente ordiniamo e decretiamo, comandando
che le presenti Lettere rimangano
sempre ferme, valide e in tutta la
loro efficacia; che ottengano i loro
pieni ed interi effetti; che se ne possano pienamente valere oggi ed in
futuro quelli cui spetta o potrà
spettare; e così doversi esattamente
giudicare e stabilire, dichiarando fin
d’ora irrita ed inane qualsiasi cosa
che al riguardo, da chiunque o da
qualsiasi autorità, scientemente o
ignorantemente, possa essere attentata in contrario.
Dato a Roma, presso S. Pietro,
sotto l’anello del Pescatore, il XVIII
giugno dell’anno MD CCCCXXXIX,
primo del Nostro Pontificato.
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 6
mercoledì 18 giugno 2014
Il campanile
della cattedrale di Funchal
Messa del Pontefice a Santa Marta
Peccatori
con i guanti bianchi
La porta di uscita dalla corruzione è
la richiesta di perdono, il pentimento. Lo ha sottolineato Papa Francesco stamattina, martedì 17 giugno,
tornando ad affrontare il tema della
corruzione durante la messa celebrata nella cappella di Santa Marta.
«Quando noi leggiamo sui giornali
— ha detto in proposito — che questo è corrotto, che quell’altro è un
corrotto, che ha fatto reato di corruzione e che la tangente va di qua e
di là, e anche tante cose di alcuni
prelati», è «nostro dovere di cristiani chiedere perdono per loro», domandare al Signore che «dia loro la
grazia di pentirsi, che non muoiano
con il cuore corrotto». Dunque
«condannare i corrotti, sì; chiedere
la grazia di non diventare corrotti,
sì»; ma «anche pregare per la loro
conversione!».
Il brano biblico proposto dalla liturgia che ha ispirato la riflessione
del Pontefice è quello del martirio
di Nabot, tratto dal primo libro dei
Re (21, 17-29). In esso Francesco ha
individuato tre aspetti «che farà bene meditare»: la definizione della
corruzione, il destino dei corrotti e
la possibilità che questi ultimi hanno di salvarsi.
Riguardo al primo, è lo stesso
profeta Elia, protagonista del racconto, a dire «chiaramente cosa fa il
corrotto» rivolgendosi al re Acab,
responsabile della lapidazione di
Nabot che si rifiutava di vendergli
una vigna: «Hai assassinato e ora
usurpi... Ti sei venduto!». Infatti,
ha commentato il vescovo di Roma,
«il corrotto, quando entra in questa
strada della corruzione, oggi fa una
cosa, domani un’altra. Toglie la vita,
usurpa e si vende, continuamente».
In pratica, ha aggiunto ricorrendo a
un’immagine evocativa, «è come se
lasciasse di essere una persona e diventasse una merce». Anzi, il corrot-
Il cardinale Baldisseri a Pisa
Servitori
a tutto campo
«Dinanzi a tanta gente bisognosa, che non sa come sbarcare il
lunario e che soffre per le ingiustizie, per le paure, gli abbandoni, c’è tanto bisogno di comprensione, di accettazione, di accoglienza, di misericordia e di perdono». Lo ha detto il cardinale
Lorenzo Baldisseri, segretario generale del Sinodo dei vescovi, celebrando martedì 17 giugno, nella
cattedrale di Pisa, la messa per la
festa di san Ranieri, patrono della città e dell’arcidiocesi.
Vissuto nel XII secolo, figlio di
un ricco mercante pisano, il giovane si trasferì come pellegrino
in Terra santa soggiornandovi a
lungo nella mortificazione. E il
recente viaggio di Papa Francesco negli stessi luoghi ha ispirato
al porporato una riflessione soprattutto sull’importanza del
Santo sepolcro e del Cenacolo. Il
primo, ha ricordato con parole
del Pontefice, è «il luogo da cui
parte l’annuncio della Risurrezione», che «è il cuore del messaggio cristiano». Il secondo, ha aggiunto, è quello in cui è nata la
Chiesa missionaria. E «l’appello
alla missione che ci viene oggi rivolto — ha commentato attualizzando il discorso — diventa urgenza di servizio alla gente».
Dunque «missione per la Chiesa» significa essenzialmente «offrire con le proprie mani l’aiuto a
tutti». Ma, ha avvertito il cardinale Baldisseri, questa «uscita
missionaria non è una camminata
o una maratona o un viaggio turistico. Le periferie di cui parla
Papa Francesco sono in casa, sul
tram, nell’ospedale, nel lavoro,
dietro l’angolo». Da qui l’urgenza del servizio ai «poveri, agli
abbandonati, agli esclusi, da assistere, consolare e amare», perché
— ha concluso — «essere battezzati significa essere portatori di
fede e speranza e servitori a tutto
campo di chi ci sta d’intorno».
to «è proprio una merce! Compra e
vende: “Quest’uomo, sì, costa tanto:
tu puoi comprarlo e puoi venderlo!”. Questa è la definizione: è una
merce!».
Quanto al secondo aspetto — cosa
farà il Signore con i corrotti — il Papa ha anzitutto ricordato le tre categorie indicate nell’omelia del giorno
precedente: «il corrotto politico, il
corrotto affarista e il corrotto ecclesiastico», spiegando che «tutti e tre
facevano del male agli innocenti, ai
poveri, perché sono i poveri che pagano la festa dei corrotti! Il conto
va a loro». Quindi, tornando alla
questione del destino dei corrotti,
ha evidenziato che è il Signore stesso a dire nella lettura odierna «chiaramente cosa farà: “Io farò venire su
di te una sciagura e ti spazzerò via.
Sterminerò ad Acab ogni maschio,
schiavo o libero in Israele... Perché
tu mi ha irritato e hai fatto peccare
Israele!». Infatti «il corrotto irrita
Dio e fa peccare il popolo». Per
questo il Signore ricorre a espressioni forti nei confronti di Acab, archetipo di tutti i corrotti, quando Elia
gli profetizza che «nel luogo ove
lambirono il sangue di Nabot, i cani
lambiranno anche il tuo sangue!».
Non a caso, ha proseguito il Papa,
«Maria, quando legge nel suo canto
di lode la storia di salvezza, dice
che il Signore disperde i potenti e
rovescia i superbi». E il motivo lo
ha spiegato Gesù stesso: «Ognuno
di voi o qualcuno di voi che dà
scandalo, sarebbe stato meglio per
lui che lo buttassero in mare». Proprio così: «il corrotto scandalizza,
scandalizza la società, scandalizza il
popolo di Dio». E allora «il Signore è un po’ arrabbiato con i corrotti,
perché scandalizzano, perché sfruttano quelli che non possono difendersi, schiavizzano». Come Acab,
dunque, «il corrotto si vende per fare il male, ma lui non sa: lui crede
che si vende per avere più soldi, più
potere. Ma si vende per fare il male,
per uccidere».
Certo, ha precisato Papa Francesco, «quando noi diciamo: “Quest’uomo è un corrotto; questa donna
è una corrotta...”», dovremmo fermarci un po’ a riflettere, chiedendo-
ci se abbiamo le prove di quanto affermiamo. Perché, ha spiegato, «dire
a una persona che è un corrotto o
una corrotta, è dire questo; è dire
che è condannata; è dire che il Signore l’ha cacciata via». Ed essendo
traditori, gente che ruba e che uccide, essi rischiano di incorrere nella
«maledizione di Dio, perché hanno
sfruttato gli innocenti, coloro che
non possono difendersi; e lo hanno
fatto con i guanti bianchi, da lontano, senza sporcarsi le mani».
In ogni caso, esiste «una porta
d’uscita per i corrotti». È la stessa
lettura a proporla: «Quando sentì
tali parole, Acab si stracciò le vesti,
indossò un sacco sul suo corpo e digiunò. Si coricava con il sacco e
camminava a testa bassa. Cominciò
a fare penitenza». Il Pontefice ha
paragonato l’esperienza di Acab a
quella di «quell’uomo tanto buono,
ma che era caduto in corruzione: il
santo Davide. “Ho peccato!”. E
piangeva e faceva penitenza; si pentiva». Dunque «chiedere perdono»
è «la porta di uscita per i corrotti,
per i corrotti politici, per i corrotti
affaristi e per i corrotti ecclesiastici». Infatti «al Signore piace questo»: perdona, ma lo fa «quando i
corrotti fanno quello che ha fatto
Zaccheo: “Ho rubato, Signore. Darò
quattro volte quello che ho rubato!”». Da qui l’invito conclusivo a
pregare per tutti i corrotti, chiedendo perdono per loro affinché ottengano «la grazia di pentirsi».
Il prefetto di Propaganda inviato speciale del Papa a Madeira
Per un rilancio
dello spirito missionario
«Rilanciare lo spirito missionario»
che «distingue in modo significativo» la diocesi di Funchal «fin
dall’inizio della sua creazione». È
questa la consegna che il cardinale
Fernando Filoni ha lasciato alla comunità cattolica dell’arcipelago portoghese di Madeira, dove nel pomeriggio di domenica 15 giugno ha
presieduto come inviato speciale di
Papa Francesco le celebrazioni conclusive del quinto centenario di fondazione.
Alla presenza dell’ordinario locale, monsignor António José Cavaco
Carrilho, del nunzio apostolico in
Portogallo, arcivescovo Rino Passigato, di numerosi sacerdoti, religiosi
e laici, il prefetto della Congrega-
zione per l’evangelizzazione dei popoli ha celebrato la messa nella solennità della Santissima Trinità.
«Come l’amore trinitario di Dio —
ha detto — anche l’amore ecclesiale
deve uscire fuori da sé stesso e donarsi agli altri. In primo luogo, a
quanti non conoscono l’amore di
Dio, o sono lontani da lui, o non si
sentono umanamente degni di essere amati, perché si sentono peccatori». Questo, ha aggiunto, «è il vostro programma e l’impegno al quale Gesù chiama oggi la Chiesa di
Funchal».
Fondata da Leone X nel 1514 e
poco dopo elevata al rango arcivescovile, la diocesi divenne presto
molto estesa, «comprendendo anche
il territorio brasiliano». A ricordarlo
è la lettera con cui Papa Francesco
ha nominato il prefetto del dicastero
missionario suo inviato speciale alle
celebrazioni, protrattesi dal 13 al 16
giugno. Esse hanno costituito il momento culminante dell’assemblea
diocesana giubilare convocata allo
stadio dos Barreiros a conclusione
del triennio pastorale 2011-2013, tutto indirizzato alla preparazione
dell’avvenimento.
All’omelia il cardinale Filoni ha
ricordato tali iniziative, miranti a rivitalizzare le radici missionarie di
Funchal, con l’obiettivo di costruire
«comunità cristiane vive». Questo
aspetto della missionarietà della
Chiesa — ha detto in proposito — «è
molto caro a Papa Francesco, che ne
fa oggetto di riflessione e di incoraggiamento continuo», come testimonia bene l’esortazione apostolica
Evangelii gaudium. L’azione e la storia della diocesi di Funchal, dunque, non solo sono «in sintonia con
la visione del Pontefice sulla Chiesa
di oggi» ma ne proiettano «la vita
in una nuova dinamica».
Infine il porporato ha espresso
gratitudine alla Chiesa locale «per
aver aiutato e sostenuto migliaia di
missionari che sono passati da queste isole, prima del grande salto,
con le navi del tempo, verso l’America, l’Africa e l’Asia». Quindi, attualizzando il discorso, ha chiesto
alla comunità cattolica «una testimonianza coerente in una società
multiculturale in crisi di valori morali e spirituali, caratterizzata dal fenomeno delle migrazioni e del turismo». E il primo ambiente sociale
in cui occorre ravvivare tale fede è
la famiglia, per contrastare l’attuale
tendenza a indebolirla.
L’OSSERVATORE ROMANO
mercoledì 18 giugno 2014
pagina 7
Il Papa ribadisce i fondamenti etici della professione del magistrato
Indipendenza e obiettività
E indica le figure di Bachelet e Livatino come modelli da seguire
Certezza del diritto ed equilibrio dei
poteri in una società democratica
trovano la loro sintesi nel principio di
legalità, a difesa del quale il
magistrato opera con indipendenza e
obiettività. Lo ha ribadito il Papa
rivolgendosi questa mattina, martedì
17 giugno, ai membri del Consiglio
superiore della Magistratura. All’inizio
dell’udienza il Papa si è scusato per il
mancato incontro di lunedì scorso, 9
giugno, a causa di un leggero malore.
Mi scuso dell’altra volta, davvero. A
metà mattina ho avuto un malore,
febbre, e ho dovuto tagliare gli appuntamenti. Mi scuso di quello.
Do il mio benvenuto a voi, che
componete il Consiglio Superiore
della Magistratura, ai collaboratori e
ai familiari. Ringrazio il Prof. Michele Vietti per le sue cortesi parole;
e rivolgo un caro pensiero al Presidente della Repubblica, che presiede questa Istituzione.
Il compito a voi affidato a servizio della Nazione è finalizzato al
buon funzionamento di un settore
vitale della convivenza sociale. Pertanto desidero esprimervi la mia stima e il mio incoraggiamento per la
vostra attività e per quanti sono impegnati in tale settore con retta co-
Nel saluto di Vietti
Al servizio
della giustizia
Gli insegnamenti del Papa «inducono credenti e non credenti a
riflettere sul senso della propria
vita e del proprio ruolo, specie
quando — come per i magistrati
— si tratta di un ruolo delicato e
di profondo impatto sociale». È
con queste parole che il vice presidente del Consiglio superiore
della magistratura, Michele Vietti, si è rivolto al Pontefice all’inizio dell’udienza, che, ha detto,
costituisce una «preziosa opportunità di incontro».
Nelle parole di Papa Francesco, ha affermato Vietti, «echeggiano con accenti nuovi i capisaldi della tradizionale dottrina sociale: solidarietà, sussidiarietà,
bene comune». E all’interno di
quella cultura del «dialogo»,
spesso evocata dal Pontefice,
«una interlocuzione con il governo autonomo della magistratura
— ha detto Vietti — è un’occasione unica di confronto e di conforto per il nostro lavoro». Infatti, ha proseguito, «chi è chiamato
a esercitare funzioni pubbliche si
trova a dover quotidianamente
sostenere il peso di un servizio
faticoso, talora misconosciuto, in
un tempo in cui il senso delle
norme rischia di smarrirsi, nel
contesto di un Paese provato dalla crisi economica, incerto nei riferimenti etici e con scarsa fiducia nelle istituzioni».
Ricordando, in particolare, le
indicazioni pratiche sulla figura
del giudice suggerite dal Papa
nel discorso alla Rota romana, il
vice presidente del Consiglio superiore della magistratura ha detto di aver imparato dai suoi insegnanti gesuiti dell’Istituto sociale
di Torino «che cultura, morale e
azioni non sono sezionabili ma
connotano unitariamente l’uomo
in tutto il suo operato, specie
quando assume responsabilità
collettive».
Al Pontefice, dunque, si è presentata «una comunità di uomini
e donne che lavorano per il servizio della giustizia, presidio della
legalità nello Stato democratico,
nel quadro dei valori etici fondamentali iscritti nella nostra Costituzione, che rappresenta la base
civile e morale della nostra convivenza organizzata».
«Abbiamo voluto questo incontro — ha concluso Vietti —
convinti che, aiutati da lei a
guardare in alto, non saremo distolti dal nostro quotidiano cammino, ma sapremo percorrerlo
con passo più sicuro».
scienza e con profondo senso di responsabilità giuridica e civica.
Vorrei soffermarmi sull’aspetto etico che l’ufficio del magistrato incarna. In ogni Paese le norme giuridiche sono destinate a tutelare la libertà e l’indipendenza del magistrato, affinché possa adempiere con le
necessarie garanzie il suo importante e delicato lavoro. Ciò vi pone in
una posizione di particolare rilievo,
per rispondere con adeguatezza
all’incarico che la società vi affida,
per mantenere una imparzialità sempre inconfutabile; per discernere
con obiettività e prudenza basandovi unicamente sulla giusta norma
giuridica, e soprattutto per rispondere alla voce di una indefettibile
coscienza che si fonda sui valori
fondamentali. L’indipendenza del
magistrato e l’obiettività del giudizio da questi espresso richiedono
un’attenta e puntuale applicazione
delle leggi vigenti. La certezza del
diritto e l’equilibrio dei diversi poteri di una società democratica trovano la loro sintesi nel principio di legalità, a presidio del quale il magistrato opera.
Dal giudice dipendono decisioni
che non soltanto incidono sui diritti
e sui beni dei cittadini, ma che at-
tengono alla loro stessa esistenza.
Di conseguenza il soggetto giudicante, ad ogni livello, deve possedere qualità intellettuali, psicologiche
e morali che diano garanzia di affidabilità per una funzione tanto rilevante. Fra tutte le qualità, quella
dominante e direi specifica del giudice è la prudenza. Che non è una
virtù per restare fermo: «Io sono
prudente: sono fermo», no! È una
virtù di governo, una virtù per portare avanti le cose, la virtù che inclina a ponderare con serenità le ragioni di diritto e di fatto che debbono stare alla base del giudizio. Si
avrà più prudenza se si possederà
un elevato equilibrio interiore, capace di dominare le spinte provenienti
dal proprio carattere, dalle proprie
vedute personali, dai propri convincimenti ideologici.
La società italiana si aspetta molto dalla magistratura, specialmente
nell’attuale contesto caratterizzato,
tra l’altro, da un inaridimento del
patrimonio valoriale e dall’evoluzione degli assetti democratici. Sia vostro impegno non deludere le legittime attese della gente. Sforzatevi di
essere sempre più un esempio di integra moralità per l’intera società.
Non mancano insegnamenti e modelli di grande valore a cui ispirarvi.
Desidero menzionare la luminosa figura di Vittorio Bachelet, che guidò
il Consiglio Superiore della Magistratura in tempi di grandi difficoltà
e cadde vittima della violenza dei
cosiddetti “anni di piombo”; e quella di Rosario Livatino, ucciso dalla
mafia, del quale è in corso la causa
di beatificazione. Essi hanno offerto
una testimonianza esemplare dello
stile proprio del fedele laico cristiano: leale alle istituzioni, aperto al
dialogo, fermo e coraggioso nel difendere la giustizia e la dignità della
persona umana.
Il Signore, giusto Giudice e Padre di misericordia, illumini le vostre vite e le vostre azioni. La sua
benedizione accompagni e sostenga
ciascuno di voi e il vostro lavoro
collegiale, come pure i vostri colleghi magistrati e le vostre famiglie.
Grazie.
Aperto il convegno pastorale diocesano di Roma
L’«Evangelii nuntiandi»
degli anni duemila
Un confronto aperto, a cinque voci,
su luci e ombre della catechesi a
Roma per la preparazione alla comunione e alla cresima. Sono stati
proprio il vescovo di Roma con il
suo vicario generale, un parroco e
due catechisti a dar vita a questo
dialogo, aprendo il convegno pastorale diocesano nel tardo pomeriggio
di lunedì 16 giugno, nell’aula Paolo
VI. I contenuti del confronto sono
ripresi nella giornata di martedì 17,
a partire dalle ore 19, in tredici laboratori che si tengono al Laterano. Il
terzo e conclusivo momento del
convegno — il cui tema centrale è
«Un popolo che genera i suoi figli.
Comunità e famiglia nelle grandi
tappe dell’iniziazione cristiana» —
sarà lunedì 15 settembre, sempre al
Laterano.
Ad aprire il dibattito è stato il
cardinale vicario Agostino Vallini
presentando a Papa Francesco i dodicimila presenti, «tutti impegnati
nella trasmissione della fede attraverso gli itinerari di iniziazione cristiana». Tutta la diocesi «si è preparata — ha detto il porporato — a
questo convegno pastorale studiando e cercando di fare nostro lo spirito e la passione per il Signore Gesù che anima l’esortazione apostolica Evangelii gaudium e gli orientamenti in essa contenuti che abbiamo
accolto com una vera luce sul nostro
cammino di Chiesa». L’obiettivo,
come si legge proprio nell’esortazione del Papa, è «avanzare nel cammino di una conversione pastorale e
missionaria, che non può lasciare le
cose come stanno», nella convinzione «che quando la Chiesa chiama
all’impegno evangelizzatore non fa
altro che indicare ai cristiani il vero
dinamismo della realizzazione personale».
Il cardinale Vallini ha quindi riconosciuto che «generare alla fede le
nuove generazioni non è né scontato né facile». Infatti «il contesto sociale e culturale di avanzata secolarizzazione domanda il coraggio di
rimettere in discussione modelli di
catechesi e prassi pastorali che oggi
Inizio della missione
del nunzio apostolico in Lituania
Monsignor Pedro López Quintana,
arcivescovo titolare di Agropoli, è
giunto a Vilnius il 14 aprile, dove è
stato accolto all’aeroporto dal direttore del Protocollo del ministero degli Affari Esteri, l’ambasciatore Rasa
Kairienė, che gli ha dato il benvenuto a nome del Governo lituano.
Erano presenti quasi tutti i vescovi
del Paese, fra cui il presidente della
Conferenza episcopale, monsignor
Sigitas Tamkevičius, arcivescovo di
Kaunas, e monsignor Gintaras
Grušas, arcivescovo di Vilnius, come
anche il consigliere della nunziatura
apostolica, monsignor Giovanni Gaspari, e una rappresentanza dei religiosi e delle religiose del Paese.
Prima di arrivare alla sede della
nunziatura a Vilnius, accompagnato
da monsignor Grušas e dal vescovo
di Telšiai, monsignor Jonas Boruta,
il rappresentante pontificio ha fatto
una sosta presso il santuario di Nostra Signora della Porta dell’Aurora
(Aušgros Vartai), per affidare alla
Vergine Maria, qui venerata con il
titolo di Madre della Misericordia,
la sua missione nelle tre Repubbliche baltiche.
Il 16 aprile, dopo averne consegnato copia all’ambasciatore Kai-
rienė, monsignor López Quintana
ha presentato le lettere credenziali al
presidente della Repubblica, signora
Dalia Grybauskaitė. La cerimonia
ha avuto luogo nella White Hall del
palazzo presidenziale.
Nel successivo colloquio, la presidente Grybauskaitė ha ringraziato
per i voti augurali del Pontefice e
ha ricordato con piacere l’udienza
avuta con Benedetto XVI in Vaticano, nel dicembre 2010. Da parte
sua, il rappresentante pontificio ha
trasmesso i fraterni saluti e i fervidi
auguri di pace e prosperità da parte
di Papa Francesco al popolo lituano; toccando il tema della cooperazione tra la Chiesa cattolica e lo
Stato, ha sottolineato la necessità
della costruzione del bene comune
del Paese e della collaborazione per
il consolidamento del patrimonio di
fede e di civiltà, basato sulla tradizione cristiana, che da secoli costituisce l’identità del popolo lituano.
L’atto ufficiale nel palazzo della
Presidenza è stato completato, nel
pomeriggio, dalle visite al ministro
degli Affari Esteri, Linas Linkevičius, e al direttore del dipartimento per gli Affari Europei del ministero degli Affari Esteri, Tomas Gul-
binas. Il ministro Linkevičius ha ricordato con gratitudine l’incontro
avuto in Vaticano, lo scorso mese di
gennaio, con il segretario di Stato, il
cardinale Pietro Parolin, e con il segretario per i Rapporti con gli Stati,
l’arcivescovo Dominique Mamberti.
Nella cattedrale di Vilnius, il Giovedì santo, l’arcivescovo di Vilnius
ha invitato monsignor López Quintana alla concelebrazione della messa del Crisma, durante la quale lo
ha presentato al clero e ai fedeli
convenuti in gran numero. È stata
l’occasione per il rappresentante
pontificio per porgere ai presenti il
saluto di Papa Francesco e per
esprimere la gioia che lo guida nella
missione di rappresentare il Pontefice in terra lituana.
Nei giorni successivi, monsignor
López Quintana ha incontrato il
primo ministro, Algirdas Butkevičius, e la presidente del Seimas
(Parlamento), la signora Loreta
Graužinienė, nonché con i leader
delle comunità cristiane locali, l’arcivescovo ortodosso Inokenti e il vescovo luterano Mindaugas Sabutis,
e con il capo della comunità ebraica
in Lituania, la signora Faina Kukliansky.
non rispondono più alla sensibilità
del nostro tempo». E, ha rilevato,
«le famiglie, affannate da tanti problemi, non sempre sono vicine alla
comunità ecclesiale né attente al bene spirituale dei loro figli».
Ed ecco che «dopo aver dedicato
due anni alla pastorale battesimale e
all’accompagnamento dei genitori
che chiedono il battesimo per i loro
figli», registrando «una nuova sensibilità pastorale», il convegno di
quest’anno, ha affermato il vicario
generale, «vuole interrogarsi sull’impegno della comunità e della famiglia nelle grandi tappe dell’ammissione alla mensa eucaristica e della
confermazione dei bambini e dei ragazzi». Dunque, ha detto al Papa,
«vogliamo riflettere con lei sulla nostra identità di popolo che genera i
suoi figli, perché vogliamo essere
per tutti, e in modo particolare per i
bambini, i ragazzi e le loro famiglie,
una Chiesa madre che evangelizza,
comunicando e condividendo la
straordinaria bellezza della vita del
Vangelo».
Il canto Veni, creator Spiritus ha
introdotto gli interventi di don
Gianpiero Palmieri, parroco di San
Frumenzio ai Prati Fiscali, e di due
catechisti, Ada e Pierpaolo, che hanno dato voce alle esperienze maturate sul campo. I loro interventi non
hanno nascosto i limiti della catechesi e della pastorale per i ragazzi
e le loro famiglie. E hanno rimarcato anche gli aspetti nuovi e positivi,
«frutto della stagione ecclesiale nata
dal vento dello spirito del concilio
Vaticano II».
In
particolare,
ripercorrendo
quanto avvenuto a Roma e in Italia,
don Palmieri ha indicato due eventi
centrali: la pubblicazione del documento base della catechesi nel 1970,
e l’esortazione apostolica Evangelii
nuntiandi firmata da Paolo VI nel
1975. A Roma poi, secondo don Palmieri, hanno avuto un ruolo importante le prime scuole di formazione
per i catechisti, il Sinodo diocesano
concluso nel 1993, la missione cittadina per il Giubileo del 2000 e, da
ultimo, la risposta all’«emergenza
educativa» indicata da Benedetto
XVI.
Per don Palmieri oggi si avverte
«una certa stanchezza» nella pastorale, anche perché «la parrocchia
non si è trasformata fino in fondo
come avremmo sperato». Per di più
abbiamo di fronte quella che viene
definita «la prima generazione incredula», cresciuta nel mondo
dell’informatica. Invece «nelle parrocchie c’è un invecchiamento» e
soprattutto «una fuga dall’impegno
comunitario». È tempo di prendere
atto, ha detto il parroco di San Frumenzio, che è definitivamente «tramontato il tradizionale processo di
comunicazione della fede». Resta
comunque il fatto «che, al di là di
tutte le analisi pessimistiche, il Vangelo nudo si diffonde da sé». E un
forte sostegno in proposito, ha concluso, viene proprio dalla predicazione di Papa Francesco, accolta anche da non credenti, e dall’Evangelii
gaudium «che è l’Evangelii nuntiandi
degli anni duemila!».
Quindi, a nome dei catechisti,
Ada ha parlato di «entusiasmo e
realismo senza pessimismo», di «sfide e opportunità». Riguardo alla
preparazione della prima comunione, «ci sono limiti nonostante gli
sforzi». Infatti «l’incontro con i
bambini non è sempre felice», forse
anche perché «nelle parrocchie non
c’è un clima caldo e accogliente»
come dovrebbe essere sempre in una
comunità cristiana aperta «verso
tutti e soprattutto verso i più piccoli». A volte, ha fatto notare Ada, la
parrocchia appare «un freddo ufficio burocratico». Lo stile, invece,
dovrebbe essere quello di «una vera
tenerezza» e del coinvolgimento diretto delle famiglie, proponendo anche a loro il Vangelo e andando comunque oltre «vecchi modelli di apprendimento scolastico».
Due soluzioni pratiche, ha suggerito la catechista, potrebbero essere
quelle di imboccare decisamente «la
via della bellezza» e di fare un uso
consapevole dei «nuovi strumenti
tecnologici». Insomma, non bisogna
scoraggiarsi e neppure accontentarsi
del «si è fatto sempre così».
L’analisi di Ada è stata ripresa
quindi da Pierpaolo, che ha affrontato in particolare la questione della
catechesi in preparazione alla cresima, rivolta ai ragazzi tra i dodici e i
quattordici anni. E ha presentato un
dato eloquente: la metà dei ragazzi
dopo la comunione non continua il
percorso di catechesi verso la cresima. Non si è riusciti a creare dunque «itinerari permanenti di fede in
ogni parrocchia». Ma, è stato notato, la continuità maggiore si registra
laddove a fare catechismo sono giovani o giovani coppie.
L’impressione, ha affermato Pierpaolo, è che «questa sia anche la
prima generazione di adolescenti
abbandonati a se stessi anche dalla
Chiesa». Sono «giovani di cui anche la comunità cristiana sembra
aver deciso di non interessarsi perché non prendono parte al percorso
di iniziazione cristiana».
È ora perciò, ha aggiunto il catechista, di «scrollarci dal nostro torpore» cercando «forme e modi nuovi di evangelizzare» che tocchino
realmente «le grandi questioni che
interessano i giovani». In sostanza
«ai bambini sappiamo ancora parlare, invece con gli adolescenti sembra
che ci manchino le parole giuste».
Una strada affascinante, è il suo
suggerimento conclusivo, potrebbe
essere la proposta «di vivere esperienze di carità e servizio».
Nel suo discorso Papa Francesco
ha quindi ripreso quanto emerso dagli interventi del cardinale Vallini,
di don Palmieri e dei due catechisti.
«Le sue indicazioni saranno ora studiate nei laboratori centrati su tredici temi specifici» spiega monsignor
Andrea Lonardo, direttore dell’Ufficio catechistico diocesano. L’incontro nell’aula Paolo VI è proseguito
con il canto Tu sei Cristo, eseguito
dal coro della diocesi di Roma che
celebra i suoi trent’anni di attività, e
si è concluso con le intercessioni di
preghiera e la recita del Padre Nostro. La benedizione del Pontefice e
il canto dell’antifona mariana hanno
chiuso la prima giornata del convegno, che è stato anche interamente
tradotto nella lingua dei segni per i
tanti disabili presenti.
†
Il Vescovo di Fiesole, Mons. Mario
Meini, il Vescovo emerito Mons. Luciano Giovannetti, insieme ai confratelli
sacerdoti accompagnano con la preghiera il ritorno alla Casa del Padre di
Mons. Dott.
SETTIMIO CIPRIANI
ricordando con riconoscenza il Suo
lungo e fedele ministero sacerdotale
speso con zelo allo studio e all’insegnamento della Bibbia, in modo particolare nella specializzazione delle lettere di San Paolo. Il Signore doni a Lui
il premio del servo buono e fedele.
Il rito funebre sarà celebrato nella
Chiesa Parrocchiale di Pratovecchio
(Arezzo) mercoledì 18 giugno 2014 alle
ore 15.30.
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 8
mercoledì 18 giugno 2014
Papa Francesco indica alla diocesi di Roma la missione di essere madre tenera e accogliente
Con la porta aperta
La Chiesa in Italia è forte grazie ai parroci che sono sempre stati vicini alla gente
Sono contento di essere tra voi.
Ringrazio il Cardinale Vicario per
le parole di affetto e di fiducia che
mi ha rivolto a nome di tutti voi.
Grazie anche a Don Gianpiero Palmieri e ai due catechisti Ada e Pierpaolo, che hanno illustrato la situazione. Io ho detto loro: «Avete detto
tutto voi! Io do la benedizione e me
ne vado». Sono bravi.
Vorrei dire una cosa, senza dubbio: mi è piaciuto tanto che tu, don
Gianpiero, abbia menzionato l’Evangelii nuntiandi. Anche oggi è il documento pastorale più importante, che
non è stato superato, del post-Concilio. Dobbiamo andare sempre lì. È
un cantiere di ispirazione quell’Esortazione Apostolica. E l’ha fatta il
grande Paolo VI, di suo pugno. Perché dopo quel Sinodo non si mettevano d’accordo se fare una Esortazione, se non farla...; e alla fine il relatore — era san Giovanni Paolo II —
ha preso tutti i fogli e li ha consegnati al Papa, come dicendo: «Arrangiati tu, fratello!». Paolo VI ha
letto tutto e, con quella pazienza che
cile. Non è umano. Quando ero Arcivescovo nell’altra diocesi avevo
modo di parlare più frequentemente
di oggi con i ragazzi e i giovani e mi
ero reso conto che soffrivano di orfandad, cioè di orfanezza. I nostri
bambini, i nostri ragazzi soffrono di
orfanezza! Credo che lo stesso avvenga a Roma. I giovani sono orfani
di una strada sicura da percorrere, di
un maestro di cui fidarsi, di ideali
che riscaldino il cuore, di speranze
che sostengano la fatica del vivere
quotidiano. Sono orfani, ma conservano vivo nel loro cuore il desiderio
di tutto ciò! Questa è la società degli orfani. Pensiamo a questo, è importante. Orfani, senza memoria di
famiglia: perché, per esempio, i nonni sono allontanati, in casa di riposo, non hanno quella presenza, quella memoria di famiglia; orfani, senza
affetto d’oggi, o un affetto troppo di
fretta: papà è stanco, mamma è stanca, vanno a dormire... E loro rimangono orfani. Orfani di gratuità:
quello che dicevo prima, quella gratuità del papà e della mamma che
sanno perdere il tempo per giocare
con i figli. Abbiamo bisogno di senso di gratuità: nelle famiglie, nelle
parrocchie, nella società tutta. E
quando pensiamo che il Signore si è
rivelato a noi nella gratuità, cioè come Grazia, la cosa è molto più importante. Quel bisogno di gratuità
umana, che è come aprire il cuore
alla grazia di Dio. Tutto è gratis:
che si fa e si deve fare e noi abbiamo la grazia ancora di poterlo fare.
Conversione non è facile, perché è
cambiare la vita, cambiare metodo,
cambiare tante cose, anche cambiare
l’anima. Ma questo cammino di conversione ci darà l’identità di un popolo che sa generare i figli, non un
popolo sterile! Se noi come Chiesa
non sappiamo generare figli, qualcosa non funziona! La sfida grande
della Chiesa oggi è diventare madre:
madre! Non una Ong ben organizzata, con tanti piani pastorali... Ne
abbiamo bisogno, certo... Ma quello
non è l’essenziale, quello è un aiuto.
A che cosa? Alla maternità della
Chiesa. Se la Chiesa non è madre, è
brutto dire che diventa una zitella,
ma diventa una zitella! È così: non è
feconda. Non solo fa figli la Chiesa,
la sua identità è fare figli, cioè evangelizzare, come dice Paolo VI nell’
Evangelii nuntiandi. L’identità della
Chiesa è questa: evangelizzare, cioè
fare figli. Penso a nostra madre Sara,
che era invecchiata senza figli; penso
ad Elisabetta, la moglie di Zaccaria,
invecchiata senza figli; penso a Noemi, un’altra donna invecchiata senza
discendenza... E queste donne sterili
hanno avuto figli, hanno avuto discendenza: il Signore è capace di
farlo! Ma per questo la Chiesa deve
fare qualcosa, deve cambiare, deve
convertirsi per diventare madre. Deve essere feconda! La fecondità è la
grazia che noi oggi dobbiamo chie-
stro amore di figli. Essere nella
Chiesa è essere a casa, con mamma;
a casa di mamma. Questa è la grandezza della rivelazione.
È un invecchiamento che... credo... — non so se Don Gianpiero o il
Cardinale — ha parlato di fuga dalla
vita comunitaria, questo è vero: l’individualismo ci porta alla fuga dalla
vita comunitaria, e questo fa invecchiare la Chiesa. Andiamo a visitare
un’istituzione che non è più madre,
ci dà una certa identità, come la
squadra di calcio: «Sono di questa
squadra, sono tifoso della cattolica!». E questo avviene quando c’è la
fuga dalla vita comunitaria, la fuga
dalla famiglia. Dobbiamo recuperare
la memoria, la memoria della Chiesa
che è popolo di Dio. A noi oggi
manca il senso della storia. Abbiamo
paura del tempo: niente tempo,
niente percorsi, niente, niente! Tutto
adesso! Siamo nel regno del presente, della situazione. Soltanto questo
spazio, questo spazio, questo spazio,
e niente tempo. Anche nella comunicazione: luci, il momento, telefonino, il messaggio... Il linguaggio più
abbreviato, più ridotto. Tutto si fa di
fretta, perché siamo schiavi della situazione. Recuperare la memoria
nella pazienza di Dio, che non ha
avuto fretta nella sua storia di salvezza, che ci ha accompagnato lungo la storia, che ha preferito la storia
aveva, cominciò a scrivere. È proprio, per me, il testamento pastorale
del grande Paolo VI. E non è stata
superata. È un cantiere di cose per
la pastorale. Grazie per averla menzionata, e che sia sempre un riferimento!
In questo anno, visitando alcune
parrocchie, ho avuto modo di incontrare tante persone, che spesso fugacemente ma con grande fiducia mi
hanno espresso le loro speranze, le
loro attese, insieme alle loro pene e
ai loro problemi. Anche nelle tante
lettere che ricevo ogni giorno leggo
di uomini e donne che si sentono disorientati, perché la vita è spesso faticosa e non si riesce a trovarne il
senso e il valore. È troppo accelerata! Immagino quanto sia convulsa la
giornata di un papà o di una mamma, che si alzano presto, accompagnano i figli a scuola, poi vanno a
lavorare, spesso in luoghi dove sono
presenti tensioni e conflitti, anche in
luoghi lontani. Prima di venire qui,
sono andato in cucina a prendere un
caffè, c’era il cuoco e gli ho detto:
«Tu per andare a casa tua di quanto
tempo hai bisogno?»; «Di un’ora e
mezza...». Un’ora e mezza! E torna
a casa, ci sono i figli, la moglie... E
devono attraversare Roma nel traffico. Spesso capita a tutti noi di sentirci soli così. Di sentirci addosso un
peso che ci schiaccia, e ci domandiamo: ma questa è vita? Sorge nel nostro cuore la domanda: come facciamo perché i nostri figli, i nostri ragazzi, possano dare un senso alla loro vita? Perché anche loro avvertono
che questo nostro modo di vivere a
volte è disumano, e non sanno quale
direzione prendere affinché la vita
sia bella, e la mattina siano contenti
di alzarsi.
Quando io confesso i giovani sposi e mi parlano dei figli, faccio sempre una domanda: «E tu hai tempo
per giocare con i tuoi figli?». E tante volte sento dal papà: «Ma, Padre,
io quando vado a lavorare alla mattina, loro dormono, e quanto torno,
alla sera, sono a letto, dormono».
Questa non è vita! È una croce diffi-
Lui viene e ci dà la sua grazia. Ma
se noi non abbiamo il senso della
gratuità nella famiglia, nella scuola,
nella parrocchia ci sarà molto difficile capire cosa è la grazia di Dio,
quella grazia che non si vende, che
non si compra, che è un regalo, un
dono di Dio: è Dio stesso. E per
questo sono orfani di gratuità.
Gesù ci ha fatto una grande promessa: «Non vi lascerò orfani» (Gv
14, 18), perché Lui è la via da percorrere, il maestro da ascoltare, la
speranza che non delude. Come non
sentire ardere il cuore e dire a tutti,
in particolare ai giovani: «Non sei
orfano! Gesù Cristo ci ha rivelato
che Dio è Padre e vuole aiutarti,
perché ti ama». Ecco il senso profondo dell’iniziazione cristiana: generare alla fede vuol dire annunziare
che non siamo orfani. Perché anche
la società rinnega i suoi figli! Per
esempio a quasi un 40% dei giovani
italiani non dà lavoro. Cosa significa? «Tu non mi importi! Tu sei materiale di scarto. Mi spiace, ma la vita è così». Anche la società rende orfani i giovani. Pensate cosa significa
che 75 milioni di giovani in questa
civiltà Europea, giovani dai 25 anni
in giù, non abbiano lavoro... Questa
civiltà li lascia orfani. Noi siamo un
popolo che vuole far crescere i suoi
figli con questa certezza di avere un
padre, di avere una famiglia, di avere una madre. La nostra società tecnologica — lo diceva già Paolo VI —
moltiplica all’infinito le occasioni di
piacere, di distrazione, di curiosità,
ma non è capace di portare l’uomo
alla vera gioia. Tante comodità, tante cose belle, ma la gioia dov’è? Per
amare la vita non abbiamo bisogno
di riempirla di cose, che poi diventano idoli; abbiamo bisogno che Gesù
ci guardi. È il suo sguardo che ci dice: è bello che tu viva, la tua vita
non è inutile, perché a te è affidato
un grande compito. Questa è la vera
sapienza: uno sguardo nuovo sulla
vita che nasce dall’incontro di Gesù.
Il Cardinale Vallini ha parlato di
questo cammino di conversione pastorale missionaria. È un cammino
dere allo Spirito Santo, perché possiamo andare avanti nella nostra
conversione pastorale e missionaria.
Non si tratta, non è questione di andare a cercare proseliti, no, no! Andare a suonare al citofono: «Lei vuol
venire a questa associazione che si
chiama Chiesa cattolica?...». Bisogna
fare la scheda, un socio di più... La
Chiesa — ci ha detto Benedetto XVI
— non cresce per proselitismo, cresce
per attrazione, per attrazione materna, per questo offrire maternità; cresce per tenerezza, per la maternità,
per la testimonianza che genera sempre più figli. È un po’ invecchiata la
nostra Madre Chiesa... Non dobbiamo parlare della “nonna” Chiesa, ma
è un po’ invecchiata... Dobbiamo
ringiovanirla! Dobbiamo ringiovanirla, ma non portandola dal medico
che fa la cosmetica, no! Questo non
è il vero ringiovanimento della Chiesa, questo non va. La Chiesa diventa
più giovane quando è capace di generare più figli; diventa più giovane
quanto più diventa madre. Questa è
la nostra madre, la Chiesa; e il no-
lunga per noi, di tanti anni, camminando con noi.
Nel presente — ne parlerò dopo,
se ho tempo — una sola parola dirò:
accoglienza. Ecco, l’accoglienza. E
un’altra che avete detto voi: tenerezza. Una madre è tenera, sa accarezzare. Ma quando noi vediamo la povera gente che va alla parrocchia con
questo, con quell’altro e non sa come muoversi in questo ambiente,
perché non va spesso in parrocchia,
e trova una segretaria che sgrida, che
chiude la porta: «No, Lei per fare
questo deve pagare questo, questo e
questo! E deve fare questo e questo... Prenda questa carta e deve fare...». Questa gente non si sente a
casa di mamma! Forse si sente
nell’amministrazione, ma non a casa
della madre. E le segretarie, le nuove
“ostiarie” della Chiesa! Ma segretaria
parrocchiale vuol dire aprire la porta
della casa della madre, non chiuderla! E si può chiudere la porta in tante maniere. A Buenos Aires era famosa una segretaria parrocchiale:
«La sfida grande della Chiesa oggi è
diventare madre», una madre
«tenera» che «sa accarezzare». Lo ha
ricordato Papa Francesco lunedì
pomeriggio, 16 giugno, aprendo
nell’Aula Paolo VI il convegno
pastorale della diocesi di Roma.
Prima di tutto, buonasera a tutti!
Don Camillo in una vignetta di Giovannino Guareschi
René Magritte, «La calma» (1962)
tutti la chiamavano la “tarantola”...
non dico di più! Saper aprire la porta nel presente: accoglienza e tenerezza.
Anche i preti, i parroci e i viceparroci hanno tanto lavoro e io capisco
che a volte sono un po’ stanchi; ma
un parroco che è troppo impaziente
non fa bene! A volte io capisco, capisco... Una volta ho dovuto sentire
una signora, umile, molto umile, che
aveva lasciato la Chiesa da giovane;
adesso era madre di famiglia, è tornata alla Chiesa, e dice: «Padre, io
ho lasciato la Chiesa perché in parrocchia, da ragazzina — non so se
andava alla Cresima, non sono sicuro... — è venuta una donna con un
bambino e ha chiesto al parroco di
fare il Battesimo... — questo tanto
tempo fa e non qui a Roma, da
un’altra parte —, e il parroco ha detto di sì, ma che doveva pagare...
«Ma non ho i soldi!». «Vai a casa
tua, prendi quello che hai, portamelo e io ti battezzo il figlio». E quella
donna mi parlava in presenza di
Dio! Questo succede... Questo non
significa accogliere, questo è chiudere la porta! Nel presente: tenerezza e
accoglienza.
E per il futuro, speranza e pazienza. Dare testimonianza di speranza,
andiamo avanti. E la famiglia? È pazienza. Quella che san Paolo ci dice:
sopportarvi a vicenda, l’un l’altro.
Sopportarci. È così.
Ma torniamo al testo. La gente
che viene sa, per l’unzione dello Spirito Santo, che la Chiesa custodisce
il tesoro dello sguardo di Gesù. E
noi dobbiamo offrirlo a tutti. Quando arrivano in parrocchia — forse mi
ripeto, perché ho fatto una strada
diversa e mi sono allontanato dal testo —, quale atteggiamento dobbiamo avere? Dobbiamo accogliere
sempre tutti con cuore grande, come
in famiglia, chiedendo al Signore di
farci capace di partecipare alle difficoltà e ai problemi che spesso i ragazzi e i giovani incontrano nella loro vita.
Dobbiamo avere il cuore di Gesù,
il quale «vedendo le folle ne sentì
compassione, perché erano stanche e
sfinite come pecore che non hanno
pastore» (Mt 9, 36). Vedendo le folle, ne sentì compassione. A me piace
sognare una Chiesa che viva la compassione di Gesù. Compassione è
“patire con”, sentire quello che sentono gli altri, accompagnare nei sentimenti. È la Chiesa madre, come
una madre che carezza i suoi figli
con la compassione. Una Chiesa che
abbia un cuore senza confini, ma
non solo il cuore: anche lo sguardo,
la dolcezza dello sguardo di Gesù,
che spesso è molto più eloquente di
tante parole. Le persone si aspettano
di trovare in noi lo sguardo di Gesù,
a volte senza nemmeno saperlo,
quello sguardo sereno, felice che entra nel cuore. Ma — come hanno
detto i vostri rappresentanti — deve
essere tutta la parrocchia ad essere
una comunità accogliente, non solo i
sacerdoti e i catechisti. Tutta la parrocchia! Accogliere...
Dobbiamo ripensare quanto le nostre parrocchie sono accoglienti, se
gli orari delle attività favoriscono la
partecipazione dei giovani, se siamo
capaci di parlare i loro linguaggi, di
cogliere anche negli altri ambienti
(come ad esempio nello sport, nelle
nuove tecnologie) le possibilità per
annunciare il Vangelo. Diventiamo
audaci nell’esplorare nuove modalità
con cui le nostre comunità siano delle case dove la porta è sempre aperta. La porta aperta! Ma è importante che all’accoglienza segua una
chiara proposta di fede; una proposta
di fede tante volte non esplicita, ma
con l’atteggiamento, con la testimonianza: in questa istituzione che si
chiama Chiesa, in questa istituzione
che si chiama parrocchia si respira
un’aria di fede, perché si crede nel
Signore Gesù.
Io chiederò a voi di studiare bene
queste cose che ho detto: questa orfanezza, e studiare come far recuperare la memoria di famiglia; come
fare affinché nelle parrocchie ci sia
l’affetto, ci sia la gratuità, che la parrocchia non sia una istituzione legata solo alle situazioni del momento.
No, che sia storica, che sia un cammino di conversione pastorale. Che
nel presente sappia accogliere con
tenerezza, e sappia mandare avanti i
suoi figli con la speranza e la pazienza.
Io voglio tanto bene ai sacerdoti,
perché fare il parroco non è facile. È
più facile fare il vescovo che il parroco! Perché noi vescovi sempre abbiamo la possibilità di prendere le
distanze, o nasconderci dietro il
“Sua Eccellenza”, e quello ci difende! Ma fare il parroco, quando ti
bussano alla porta: «Padre, questo,
padre qua e padre là...». Non è facile! Quando ti viene uno a dire i problemi della famiglia, o quel morto, o
quando vengono a chiacchierare le
cosiddette “ragazze della caritas”
contro le cosiddette “ragazze delle
catechesi”... Non è facile, fare il parroco!
Ma voglio dire una cosa, l’ho detta un’altra volta: la Chiesa italiana è
tanto forte grazie ai parroci! Questi
parroci che — adesso avranno un altro sistema — dormivano col telefono
sopra il comodino e si alzavano a
qualsiasi ora per andare a trovare un
ammalato... Nessuno moriva senza i
Sacramenti... Vicini! Parroci vicini! E
poi? Hanno lasciato questa memoria
di evangelizzazione...
Pensiamo alla Chiesa madre e diciamo alla nostra madre Chiesa
quello che Elisabetta ha detto a Maria quando era diventata madre, in
attesa del figlio: «Tu sei felice, perché hai creduto!».
Vogliamo una Chiesa di fede, che
creda che il Signore è capace di farla
madre, di darle tanti figli. La nostra
Santa Madre Chiesa. Grazie!