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1 La casa sull’oceano Una donna che non sia una stupida, presto o tardi incontra un rottame umano e si prova a salvarlo. Qualche volta ci riesce. Ma una donna che non sia una stupida, presto o tardi trova un uomo sano e lo riduce a rottame. Ci riesce sempre. Cesare Pavese, Il mestiere di vivere «Tom, apri!» Il grido si perse nel vento e rimase senza risposta. «Tom, sono io, Milo! Lo so che sei in casa. Esci dalla tua tana, per la miseria!» Malibu Contea di Los Angeles, California Una casa sulla spiaggia Da più di cinque minuti Milo Lombardo picchiava senza posa contro le persiane di legno che davano sulla terrazza della casa del suo migliore amico. «Tom, apri o sfondo la porta. Sai che ne sono capace!» Con la sua camicia stretta, la giacca di buon taglio e gli occhiali da sole sul naso, Milo aveva la faccia dei giorni storti. All’inizio aveva pensato che il tempo avrebbe guarito le ferite di Tom, invece, lungi dal risolversi, la crisi dello scrittore era progressivamente peggiorata. Da alcuni mesi Tom non usciva 15 La ragazza di carta_testo.indd 15 25/11/10 10.34 più di casa: si era barricato nella sua prigione dorata senza rispondere né al cellulare né al citofono. «Te lo chiedo per l’ultima volta, Tom: lasciami entrare!» Ogni sera Milo andava a bussare alla porta della lussuosa villa, ma non otteneva in risposta altro che le invettive dei vicini e l’immancabile intervento della pattuglia di polizia cui spettava vegliare sulla tranquillità dei ricchissimi abitanti di quell’enclave che era Malibu Colony. Stavolta, però, non era più il caso di rimandare: bisognava agire prima che fosse troppo tardi. «E va bene, te la sei cercata», minacciò, togliendosi la giacca e afferrando il piede di porco che gli aveva procurato Carole, la ragazza amica d’infanzia di entrambi e adesso detective del LAPD, la polizia di Los Angeles. Si guardò alle spalle. La spiaggia di sabbia fine sonnecchiava sotto il sole dorato dell’autunno incipiente. Strette l’una accanto all’altra come sardine, le lussuose ville si stendevano davanti al mare, unite nella volontà di impedire l’accesso al lido agli intrusi. Molti uomini d’affari e star dei media e dell’entertainment avevano eletto il loro domicilio lì; per non parlare dei divi del cinema. Tom Hanks, Sean Penn, Leonardo DiCaprio, Jennifer Aniston avevano tutti una casa a Malibu Colony. Accecato dalla luce, strizzò gli occhi. A una cinquantina di metri da lui, appostato davanti a una piccola palafitta con il binocolo incollato agli occhi, l’adone in costume da bagno che svolgeva le funzioni di maestro di nuoto pareva ipnotizzato dalle forme delle surfiste che affrontavano le possenti onde del Pacifico. Ritenendo di avere campo libero, Milo si mise all’opera. Inserì l’estremità curva della leva metallica in una fenditura del telaio e spinse con tutte le forze per far saltare i listelli delle persiane. 16 La ragazza di carta_testo.indd 16 25/11/10 10.34 Abbiamo davvero il diritto di difendere da se stessi i nostri amici? si chiese penetrando in casa. Ma il caso di coscienza non lo tormentò nemmeno per un secondo: a parte Carole, Milo non aveva mai avuto altro amico che Tom, ed era deciso a tentare di tutto per fargli dimenticare il suo dolore e restituirgli il gusto di vivere. «Tom!» Il pianterreno in penombra era immerso in un torpore sospetto, ed era difficile capire se vi dominasse di più l’odore di muffa o il tanfo di chiuso. Il lavello della cucina era pieno di tonnellate di piatti e il soggiorno era devastato come dopo una rapina: mobili rovesciati, vestiti sparsi in terra, fondine e bicchieri rotti. Milo scavalcò i cartoni della pizza, le confezioni di piatti pronti cinesi, le bottiglie di birra vuote e aprì le finestre per far entrare la luce e l’aria. Costruita a forma di L, la casa a due piani era dotata di una piscina sotterranea. Nonostante il disordine, i mobili di acero, il parquet chiaro e l’abbondante luce naturale trasmettevano un senso di quiete. Nell’arredamento, un po’ vintage un po’ di design, si alternavano mobili moderni a mobili tradizionali, tipici dell’epoca in cui Malibu era solo una spiaggia per surfisti e non ancora il rifugio dorato di miliardari. Tom, rannicchiato in posizione fetale sul divano, aveva un aspetto spaventoso: irsuto, spento, con il viso invaso da una barba alla Robinson Crusoe, non assomigliava all’uomo delle sofisticate foto che comparivano sulla quarta di copertina dei suoi romanzi. «Ehi, alzati in piedi, forza!» ruggì Milo. Si avvicinò al divano. Il tavolino basso era pieno di varie ricette piegate e sgualcite: prescrizioni della dottoressa Sophia 17 La ragazza di carta_testo.indd 17 25/11/10 10.34 Schnabel, la «psichiatra delle star», il cui studio di Beverly Hills riforniva a buona parte del jet set psicofarmaci più o meno legali. «Tom, svegliati!» gridò Milo. Esaminò con diffidenza le etichette dei tubetti di medicine sparpagliate in terra e sul tavolo. Vicodin, Valium, Xanax, Zoloft, Stilnox. Un infernale miscuglio di analgesici, ansiolitici, antidepressivi e sonniferi: il cocktail fatale del ventunesimo secolo. «Per la miseria!» Preso dal panico, temendo un’intossicazione da farmaci, afferrò l’amico per le spalle e cercò di farlo uscire dal suo sonno artificiale. Scosso come un albero, lo scrittore aprì gli occhi. «Che cazzo ci fai, qui?» borbottò. 18 La ragazza di carta_testo.indd 18 25/11/10 10.34 2 Due amici Recitavo le eterne litanie che si ripetono quando si tenta di aiutare un cuore spezzato, ma le parole non servono a nulla. Niente di quello che si può dire renderà mai felice chi si sente una merda perché ha perso la donna che ama. Richard Brautigan «Che cazzo ci fai, qui?» borbottai. «Mi preoccupo, Tom! Sono due mesi che te ne stai qui chiuso ad abbrutirti con i tranquillanti.» «È un problema mio», proclamai tirandomi su. «No, Tom: i tuoi problemi sono anche i miei. L’amicizia non consiste forse in questo?» Seduto sul divano con il viso tra le mani, alzai le spalle un po’ per la vergogna un po’ per la disperazione. «In ogni caso», riprese Milo, «non sperare che incoraggi questo tuo lasciarti andare a causa di una donna.» «Non sei mio padre», ribattei alzandomi a fatica. Colto da vertigini, non riuscivo a stare in piedi e dovetti appoggiarmi allo schienale del divano. «È vero, ma se non ci pensiamo Carole e io ad aiutarti, chi ci penserà mai?» Gli voltai le spalle senza neanche tentare di rispondere. Ancora in mutande, attraversai la sala e andai in cucina a versarmi un bicchiere d’acqua. Seguendomi, Milo prese un grande sacco della spazzatura e aprì il frigo per scegliere la roba da buttare via. «A meno che tu non abbia intenzione di suicidarti con lo yo19 La ragazza di carta_testo.indd 19 25/11/10 10.34 gurt scaduto, ti consiglierei di sbarazzarti di questi latticini», disse annusando un vasetto di formaggio fresco dall’odore sospetto. «Non ti costringo mica a mangiarlo.» «E quest’uva, sei sicuro che Obama fosse già presidente quando l’hai comprata?» Cominciò a mettere un po’ d’ordine in soggiorno, raccogliendo i rifiuti più voluminosi, le confezioni degli alimenti e le bottiglie vuote. «Perché conservi questa roba?» chiese in tono di rimprovero indicando una cornice digitale che permetteva di visualizzare varie foto di Aurore. «Perché sono a casa mia e a casa mia non devo rendere conto di niente a te.» «Sarà, ma questa ragazza ti ha fatto a pezzi. Non credi sia ora di farla scendere dal piedistallo?» «Senti, Milo, tu non l’hai mai amata...» «È vero, non l’apprezzavo affatto. E a dirla tutta, ho sempre saputo che avrebbe finito per mollarti.» «Ah sì? Vorresti dirmi il perché?» Le parole che Milo aveva nel cuore da tempo gli uscirono di bocca con violenza. «Perché Aurore non è come noi. Perché, essendo nata e cresciuta nella bambagia, ci disprezza. Perché per lei la vita è sempre stata un gioco, mentre per noi è sempre stata una lotta.» «Come se fosse così semplice. Tu non la conosci.» «Smettila di venerarla. Guarda come ti ha ridotto!» «Certo, a te non capiterebbe mai di farti ridurre così. A parte le oche giulive che ti porti a letto, non hai mai lasciato spazio all’amore, nella tua vita.» Senza che lo volessimo davvero, avevamo alzato la voce e ormai stavamo urlando. «Ma il tuo sentimento non ha niente a che vedere con l’amo20 La ragazza di carta_testo.indd 20 25/11/10 10.34 re», si arrabbiò Milo. «È un’altra cosa: un condensato di sofferenza e passione distruttiva.» «Io almeno corro dei rischi, mentre tu...» «Io non ne corro? Mi sono lanciato con il paracadute dalla cima dell’Empire State Building, e il video ha fatto il giro della Rete.» «E che cosa ci hai guadagnato, a parte una salatissima multa?» Come se non avesse udito, Milo continuò a elencare: «Sono sceso con gli sci dalla Cordigliera Bianca del Perù, mi sono lanciato in parapendio dalla cima dell’Everest, sono una delle poche persone al mondo che abbiano scalato il K2...» «È vero che sei molto bravo a giocare al kamikaze, ma io stavo parlando del rischio di amare, il rischio che non hai mai corso nemmeno con...» «Basta!» sbottò, afferrandomi per il collo per impedirmi di terminare la frase. Restò così qualche secondo, con le mani contratte e lo sguardo malvagio, finché non si rese conto di quanto stava facendo: era venuto per aiutarmi e stava quasi per tirarmi un pugno in faccia. «Scusa», disse, mollando la stretta. Alzai le spalle e uscii sulla grande terrazza affacciata sull’oceano. La casa, al riparo dagli sguardi, aveva accesso alla spiaggia attraverso una scala privata; sui gradini c’erano vasi di terracotta pieni di piante moribonde che da mesi non avevo la forza di innaffiare. Per proteggermi dalla luce, inforcai un vecchio paio di RayBan dimenticati sul tavolo giavanese di tek e mi lasciai cadere sulla sedia a dondolo. Dopo essere passato dalla cucina, Milo mi raggiunse con due tazze di caffè e me ne porse una. Con lo sguardo perso nel vuoto, non opposi resistenza. In quel momento avevo un unico desiderio: che mi dicesse il più in fretta possibile quello che era venuto a dirmi e se ne andasse, 21 La ragazza di carta_testo.indd 21 25/11/10 10.34 lasciandomi vomitare il dolore con la testa nel water e riprendere una manciata di pillole che mi proiettasse lontano dalla realtà. «Da quanto tempo ci conosciamo, Tom? Venticinque anni?» «Più o meno», risposi bevendo un sorso di caffè. «Fin dall’adolescenza, tu sei sempre stato la voce della ragione», disse. «Quante volte mi hai impedito di fare delle cazzate! Senza di te, sarei da un pezzo in prigione o forse addirittura al cimitero. Senza di te, Carole non sarebbe mai diventata un’agente di polizia. Senza di te, non avrei potuto comprare una casa a mia madre. Insomma so che ti devo tutto.» Imbarazzato, liquidai il discorso con un gesto della mano. «Se sei venuto a rifilarmi queste menate...» «Non sono menate. Abbiamo resistito a tutto, Tom: alla droga, alla violenza delle gang, a un’infanzia marcia.» Stavolta le sue parole fecero centro e mi provocarono un brivido. Nonostante il successo e l’ascesa sociale, con una parte di me avevo sempre quindici anni e non avevo mai lasciato MacArthur Park, con i suoi spacciatori, i suoi emarginati, le sue gabbie dell’ascensore attraversate da grida. Né avevo lasciato la paura, che serpeggiava in tutto il quartiere. Voltai la testa e il mio sguardo si perse sull’oceano. L’acqua limpida brillava di infinite sfumature, che andavano dal turchese al blu oltremare. Il Pacifico era mosso solo da poche onde armoniose e regolari; una quiete che contrastava con il caotico fragore della nostra adolescenza. «Siamo puliti», riprese Milo. «Ci siamo guadagnati i nostri soldi onestamente. Non portiamo la pistola sotto il giubbotto. Non ci sono gocce di sangue sulle nostre camicie, né tracce di cocaina sulle nostre banconote.» «Non vedo bene quale nesso ci sia con...» «Abbiamo tutto quello che occorre per essere felici, Tom. La salute, la gioventù, un lavoro che ci appassiona. Non puoi rovinare tutto per una donna. È troppo stupido. E poi lei non 22 La ragazza di carta_testo.indd 22 25/11/10 10.34 lo merita. Serba la tua pena per i tempi in cui busseranno alla porta le vere disgrazie.» «Aurore era la donna della mia vita, non capisci? Non riesci proprio a rispettare il mio dolore?» Con un sospiro, Milo replicò: «Vuoi proprio sentirti dire che, se fosse davvero la donna della tua vita, ci sarebbe lei qui, oggi, con te, per impedirti di precipitare in questo devastante delirio?» Bevve in un sorso il suo espresso e continuò: «Hai fatto di tutto per riconquistarla. L’hai supplicata, hai tentato di ingelosirla, ti sei umiliato davanti al mondo intero. È finita: Aurore non tornerà da te. Ha voltato pagina e sarà meglio che tu faccia altrettanto». «Non ci riesco», ammisi. Parve riflettere un istante, poi assunse un’espressione insieme preoccupata e misteriosa. «In realtà credo tu non abbia più scelta.» «Come sarebbe?» «Fatti una doccia e vestiti.» «Per andare dove?» «A mangiare una costata da Spago.» «Non ho fame.» «Non è per ingozzarti che ti porto là.» «Per che cosa, allora?» «Per il tonico di cui avrai bisogno quando ti dirò tutto quello che devo dirti.» 23 La ragazza di carta_testo.indd 23 25/11/10 10.34