L`inganno della torta

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L`inganno della torta
economia
L'inganno della torta
di Silvano Toppi
Se qui dovessi subito aggiungere che i
«salari» dei dirigenti, sull'onda di
quanto è capitato lo scorso anno,
hanno invece una prospettiva di crescita che va dal 20 al 40% (lo scorso
anno si è registrato persino un 241%)
partendo comunque da livelli plurimilionari, mi pioverebbero subito addosso, da ambienti economici e
politici che contano, due immancabili
critiche: una, scontata, di sinistrismo
demagogico; l'altra di ignoranza della
realtà economica, in quanto non considero fattori essenziali (le alte qualifiche richieste a un manager, l'enorme
responsabilità addossatagli soprattutto nei confronti degli azionisti, il
maggior valore che crea a vantaggio
anche dei lavoratori, la legge del mercato e la concorrenza che lo rendono
un volatile da non lasciar scappare).
Nonostante questo, insisto. Anche
perché alcune realtà non si possono
mettere in soffitta. In sette anni i salari
dei membri delle direzioni di banche,
assicurazioni, industrie sono aumentati in media del 126%; quindi una
media ufficiale del 18% all'anno (ma
con tutte le dimenticanze che fanno
parte del sistema, dalle spese generali
ai bonifici, fino alle più facili fughe fiscali). Nello stesso periodo di tempo,
stando all'indice ufficiale dei salari
(più vero e controllabile), l'aumento
medio dei salari nominali è stato del
10,4%. In termini reali (dedotto il rincaro) scendiamo al 3,7%, neppure uno
0,5% all'anno.
Non approdo alla conclusione consueta: il limite agli stipendi alti (il rapporto 1/12 dell'iniziativa dei giovani
socialisti), il tragicomico ping pong del'iniziativa sui bonus, la fiscalità gene-
rosa sugli straguadagni. Approdo invece al teorema più
beota e disarmante
che, dopo il crollo
delle ideologie, si è
imposto come dogma unico, indiscutibile e irrinunciabile, cioè il «teorema della crescita
come condizione»,
che ha incantato
persino la sinistra.
Infatti è più o meno
l'equivalente
di
quanto un socialdemocratico importante, Helmut
Schmidt, vendeva
come assioma: i
profitti di oggi sono gli investimenti di
domani e i posti di lavoro di dopodomani. Quindi sotto con i profitti! Abbiamo già sperimentato, con qualche
tragedia, come finisce. La variante o
la metafora del teorema è quella che
ha avuto maggior corso: bisogna aumentare la torta (la crescita economica) se si vuole creare o mantenere
il lavoro, se si vogliono applicare le
politiche sociali. Corre parallela a questa variante la richiesta continua,
tanto a livello federale quanto a livello
cantonale, di sgravi fiscali su alti redditi, dividendi, profitti, utili affinché la
torta possa essere accresciuta, convinti che gli sgravi significhino concorrenza, promovimento economico,
occupazionale, lievitazione di altre entrate fiscali. La realtà, proprio quella
raffigurata nelle statistiche ufficiali,
sta dimostrando il contrario: crescono
sempre più le disparità o le diseguaglianze nella distribuzione della torta.
Gli economisti classici, quando spiegano le regole del mercato, usano una
frase di scuola: «Data una certa distribuzione della ricchezza eccetera eccetera».
Vogliono
dire
che
la
distribuzione del reddito e della ricchezza è determinante non solo nel
formare il sistema dei prezzi o l'allocazione delle risorse, ma anche nel
formare una società coesa e democratica. In una società fondata su redditi
fortemente diseguali si va da una sola
parte, che è però a fondo cieco. Insomma, quella frase non è da prendere sottogamba, anzi è il centro
dell'economia politica, la quale, non a
caso, abbina quel sostantivo (economia) a quell'aggettivo (politica). Se la
politica è solo serva dell'economia,
come si è visto, le cose si mettono
sempre male.
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Un aumento nominale dei salari dell'1,6% e un
rialzo dei salari minimi dello 0,3% per l'anno
in corso è una grande notizia? No, non è una
grande notizia. Forse, tenuto conto del contesto economico in cui si opera (o si è costretti a
operare), è una notizia ritenuta «normale». Ce
l'ha data l'Ufficio Federale di Statistica alla
fine di giugno, tenendo conto delle principali
convenzioni collettive di lavoro firmate dai
partner sociali e che riguardano quasi un milione e mezzo di salariati nel settore secondario (industrie varie) e nel terziario
(commercio, ristorazione, trasporti). Se teniamo conto delle previsioni ufficiali di rincaro
per il 2011 (stimate ottimisticamente nell'ordine dello 0,7%), è chiaro che l'aumento del salario reale (tolto quindi quanto porta via
l'inflazione) non sarà superiore allo 0,9%.