Inizio spettacolo ore 10.00

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Inizio spettacolo ore 10.00
Inizio spettacolo ore 10.00
Srebrenica
di Roberta Biagiarelli con Roberta Biagiarelli
venerdì 13 gennaio 2017
Un'attrice sola sul palco per più di un'ora diventa narratrice e protagonista di una storia dove la ragion di
Stato e gli Interessi di Politica Internazionale hanno giocato a Risiko con la vita di decine di migliaia di
persone. Questo spettacolo testimonianza ricorda le vittime e punta il dito sui carnefici: Aggressori e
Aggrediti. Oggi raccontare questa storia è ancora più difficile. Le parole rischiano di semplificare la
complessità di ciò che è accaduto, di offendere il dolore di molti e questo non è nelle nostre intenzioni.
Semplicemente abbiamo tentato di dare una voce agli eventi, di infilare tra le cose dette e taciute il nostro
sguardo.
La dolce guerra
di e con Elena Ferrari e Mariano Arenella
venerdì 3 febbraio 2017
La prima guerra mondiale ha compiuto cento anni.
Un conflitto che nel nostro immaginario collettivo viene ricordato per lo più per le trincee, le città di Trento e
Trieste, e Caporetto, sinonimo di disfatta e poi di rinascita.
Ma non tutti ricordano che per la prima volta nella storia i governi ebbero bisogno del consenso delle
masse per convincere dieci milioni di persone ad abbandonare lo splendore della Belle Epoque e farsi
ammazzare. Nel teatro della guerra fecero il loro debutto, oltre ai gas asfissianti, al carro armato e all’aereo,
la manipolazione del linguaggio, della realtà e dei sogni.
Il neonato cinema e la vecchia scuola ebbero un ruolo fondamentale in questo.
Lo spettacolo “La dolce guerra” ha come protagonisti un pioniere del cinema italiano e una maestra
precorritrice del femminismo e di un modello educativo “diverso”.
Perché sono loro i protagonisti, e non un soldato e una crocerossina, come in “Addio alle armi” di Ernest
Hemingway?
Perché lui ci racconterà come si gira un film di guerra a sfondo patriottico, tra situazioni rocambolesche,
attori improvvisati e set fin troppo realistici.
Perché lei ci racconterà che ogni giorno si trova a dover ammonire i propri alunni a non saltare troppo la
corda per non consumare le suole delle scarpe, a non fare troppe macchie d’inchiostro sui fogli e a cantare
le canzoncine patriottiche davvero e non muovendo solo le labbra..
Perché proprio loro?
Perché loro due, così come la maggior parte degli italiani che non avrebbero mai voluto vivere la guerra, si
troveranno a sostenerla quasi a loro insaputa.
Perché loro due solo attraversando la propria sterminata “terra di nessuno” riusciranno a vedere cosa c’è
oltre le trincee...
Il ritorno di Chimera
di L. Giagnoni
venerdì 17 febbraio 2017
L’incontro con il romanzo La chimera di Sebastiano Vassalli è stato decisivo nella vita, ma
soprattutto nel percorso d’interprete ed autrice di Lucilla Giagnoni che, dopo una riflessione sui Grandi
Testi ( La Divina Commedia, il Libro della Genesi, l’Apocalisse, Pinocchio), alla scoperta della bellezza, della
sapienza, della grandezza che può ancora esprimere l’Umano, ora affronta la storia della tragica vita della
strega di Zardino raccontata da Vassalli.. Dal mistero e dalla nebbia dell'oblio e dal nulla riemerge la vicenda della strega, che subì a Novara un processo e una condanna, "correndo l'anno del Signore 1610",
e del vescovo Bascapè, del boia Bernardo Sasso, dei bambini abbandonati e umiliati nelle case di carità,
dei risaroli schiavi e dei camminanti ribelli, sullo sfondo di un paesaggio storico dominato e oppresso dalla
Controriforma e dall'Inquisizione e
di un paesaggio naturale dove si staglia il Monte Rosa, presenza immane di granito e ghiaccio.
Un "macigno bianco" per Dino Campana, che lo vide una mattina di settembre da dietro le sbarre di un
carcere novarese: " un'immagine inafferrabile e lontana - scrive Vassalli - come quell'amore che lui allora
stava inseguendo e che non avrebbe mai raggiunto, perché non esisteva...Una chimera!"
La storia vera raccontata dal compianto Sebastiano Vassalli si è svolta nel 1610 nel territorio di Novara e lo
spettacolo mette in scena la tragica vita di Antonia, abbandonata ancora bambina davanti alla porta della
Casa della Carità e cresciuta poi da una coppia di contadini nel villaggio di Zardino.
Accusata di essere una strega, venne processata e, dopo aver subito violenze e torture,
condannata al rogo. Tutto sullo sfondo di un paesaggio storico dominato e oppresso dalla Controriforma e
di un ambiente naturale dove si staglia il Monte Rosa. Lucilla Giagnoni porta in scena una figura femminile
di struggente bellezza e sensualità attraverso un monologo avvincente, dal quale scaturisce anche la
condanna di un presente che continuiamo a vivere con dolore.
Mi chiamo Aram e sono italiano – Storie da Synagosyty
di Gabriele Vacis e Aram Kian con Aram Kian
venerdì 24 febbraio 2017
Una classica infanzia degli anni Ottanta, vissuta nella periferia industriale di una grande città del Nord,
fra tegolini del Mulino Bianco e compagni di scuola strafottenti; una banale adolescenza anni Novanta,
condita di musica grunge, cortei studenteschi e serate in discoteca; una comune giovinezza a cavallo del
nuovo secolo, fatta di inconcludenti anni universitari e lavoro che non si trova. Ritratto tipico di un trentenne
italiano. Solo che, quando il trentenne in questione si chiama Aram e ha un padre iraniano, le cose si
complicano un po’... “Io sono uno di quelli che si riempiono lo zainetto di esplosivo e fanno saltare la
metropolitana di Londra… Se uno alto, biondo venisse qui a dirti: ho lo zainetto pieno di bombe… tu ti
metteresti a ridere, no?… Ma se te lo dico io? Un brivido ti viene, no? Solo perché sono basso e nero.
Che poi non sono neanche tanto nero, al limite un po' olivastro…" In bilico fra incanto, ironia e tragedia,
Synagosyty racconta la storia dei nuovi italiani, i figli degli immigrati, le cosiddette "seconde generazioni".
Attraverso la voce dell’attore protagonista, Aram Kian, Gabriele Vacis costruisce un testo che è uno stralcio
di vita e di memoria e, insieme, uno sguardo al futuro di una società che impara, giorno per giorno, a dare
un significato all’aggettivo “multietnica”.
La Terra vista dalla Luna
di Vincenzo Picone con Micaela Casalboni, Paride Cicirello, Giulia Franzaresi,
Silvia Lamboglia, Gian Marco Pellecchia
venerdì 10 marzo 2017
Tra i seggiolini di un luogo apparentemente abbandonato, rassomigliante ad una vecchia
lavanderia a gettoni, si muovono, muti, alcuni personaggi invecchiati dal tempo e dalle rughe. In quel posto
il tempo sembra essersi fermato ad osservare la gravità della centrifuga, la gravità di una terra lontana, la
gravità di piccole storie appartenenti ad un mondo distante che, visto da lì, sembra una piccola biglia blu.
La Terra vista dalla Luna — titolo di pasoliniana memoria — muove le premesse drammaturgiche da alcuni
testi di Friederich Dürrenmatt, lo stesso autore che negli anni ’50 si interrogava sul senso del teatro in
rapporto ad una società mutata e radicalmente cambiata dopo l’avvento della seconda guerra mondiale, e
in particolar modo da Ritratto di un pianeta dove alcuni biblici personaggi, con sguardo disinvolto e spesso
incredulo, come in una telecronaca calcistica, assistono al disfacimento del mondo terrestre.
Notizie reali e storie inventate si susseguono in una serie di quadri grotteschi e surreali che diventano,
di volta in volta, specchio distorto e per questo (inquietantemente) veritiero della realtà. Come uno specchio la Luna riflette, distorti, vizi e virtù dell’umanità; al suo sguardo tutto sembra avere la stessa importanza e tutto sembra reclamare la stessa necessità: l’acquisizione leopardiana del niente, del nulla.
Novecento
di Alessandro Baricco con Eugenio Allegri
giovedì 23 marzo 2017
Dopo il debutto avvenuto al Festival di Asti 16, nel giugno del 1994, sono ormai circa 500 le repliche e più
di 200 mila gli spettatori per un monologo divenuto un “cult” della scena italiana. Questi i numeri di "Novecento", che prosegue la sua rotta, come il transatlantico Virginian, attraccando nei porti di piccole e grandi
città, in piccoli e grandi teatri.
Lo spettacolo riparte dagli andamenti musicali della parola, dai gesti surrerali, dalle evocazioni magnetiche
che lo resero, al debutto, apprezzato dalla critica e amato dal grande pubblico.
Acquadoro
di L. Giagnoni con Lucilla Giagnoni e Marco Tamagni
venerdì 7 aprile 2017
All’indomani della Seconda Guerra Mondiale molte persone patirono la fame. Il lavoro
scarseggiava e la ripresa economica tardava ad arrivare, così alcuni si ingegnarono, creando nuove occasioni, costituendo il movimento cooperativistico, unendo le forze e anche impegnandosi in mestieri antichi,
quasi mitici, come la ricerca dell’oro.
Lungo le sponde del Ticino, nella provincia novarese, i cercatori d’oro tornarono a setacciare la sabbia,
per una stagione tanto breve quanto intesa nella storia italiana, una stagione di cambiamento, d’innovazione: la diffusione capillare del telefono, l’avvento della televisione, l’acqua corrente in tutte le case. L’Italia,
pian piano, si stava risollevando, stavano aprendo nuove industrie, si registravano le prime battaglie
sindacali, aumentava il grado di istruzione e così il mestiere mitico e sognato della ricerca dell’oro veniva
presto dimenticato. Una parte della memoria del territorio sembrava morta per sempre.
Lo spettacolo Acqua d’oro nasce dalla necessità di raccontare il territorio, in un periodo
importante della storia italiana. Il testo da cui partire è stato individuato in L’oro del mondo di Sebastiano
Vassali, poiché con lucidità traccia i contorni di una storia e dei suoi personaggi, unendo eroicità e meschinità, come solo un grande autore sa fare. I cercatori, i trasportatori di pietre, gli operai delle concerie,
i venditori a domicilio, i reduci della guerra sono solo alcune delle figure che intrecciano le loro vite in una
locanda vicino al fiume, un crocevia un tempo importante per i rapporti umani ed oggi dimenticato.
Accanto alla parola, la musica dal vivo è un sottofondo continuo: canzoni popolari, successi dell’epoca e
composizioni blues che riscoprono l’autenticità stessa del genere parlando del lavoro nella lingua dei
lavoratori, il dialetto. Acqua d’oro è la narrazione, in forma di recital, di un mito che fa vivere la terra e la
racconta, cercandone i suoni e le voci.
ABBONAMENTI E BIGLIETTI
ABBONAMENTI
È possibile sottoscrivere gli abbonamenti dal 1 al 30 ottobre
Carnet 3 spettacoli: Euro 15,00
La dolce guerra (03/02) - Chimera (17/02) - Novecento (23/03)
Carnet 4 spettacoli: Euro 20,00
Srebrenica (13/01) - Mi chiamo Aram e sono italiano (24/02) - La terra vista dalla luna
(10/03) - Acquadoro (07/04)
BIGLIETTI
È possibile acquistare i biglietti per il singolo spettacolo, dopo il 30 ottobre
Biglietto: Euro 8,00
info
[email protected]
www.teatrofaraggiana.it
Fondazione Nuovo teatro Faraggiana è disponibile a valutare singole situazioni di alunni
che non possono sostenere il costo del biglietto.
Gli insegnanti accompagnatori non pagano.