Si parla tanto di sicurezza , ma quella del popolo rom dov`è?

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Si parla tanto di sicurezza , ma quella del popolo rom dov`è?
I campi chi li vuole?
I Rom? I politici? le Associazioni?
Come si fa a parlare di integrazione se si
costruiscono campi in zone isolate e prive di
servizi, controllati e sorvegliati come delle prigioni?
I campi sono la risposta giusta?
Siamo sicuri di aver domandato alle comunità rom come preferiscono vivere e dove? che ne pensano loro?
Esiste un’unica risposta al problema socio-abitativo?
Quanto costano i campi al comune e quanto spreco esiste dietro?
L’autorecupero potrebbe essere una soluzione socio-abitativa?
Se si parla tanto di emergenza case, perchè a Roma
vi sono quasi 140.000 appartamenti non
utilizzati che fanno incrementare gli affitti?
Si parla tanto di sicurezza , ma quella del popolo rom dov’è?
year 2 | issue 5
International Program
Stalker/ON I master pism
Plans & Slums. The Roma Right to inhabit across Europe.
novembre 2008 | giugno 2009
Learning from Roma and back.
Introduzione
premessa :
oltre i campi
L’obiettivo ultimo di questa ricerca è quello di capire cosa si celi dietro la politica dei campi rom a Roma negli
ultimi anni. Esistono delle possibili alternative ai campi per un popolo che strumentalmente è considerato
nomade e che oramai è stanziale da decenni? Fino ad ora la politica non ha mai dato voce alle esigenze dei
Rom, e costantemente si parla di una realtà di cui si conosce ben poco. A seguito di un’analisi dell’evoluzione
della geografia dei campi ufficiali, come risultato della politica degli sgomberi adottata negli ultimi decenni
che sempre più tende ad allontanare i Rom dalle zone centrali verso le periferie, abbiamo voluto analizzare
da un lato un esempio di quella che è la proposta dall’ amministrazione, il ”Villaggio delle Solidarietà” di via
di Salone , nella periferia est della città, dall’altro lato un esempio di processo di auto-organizzazione di una
comunità che da un anno occupa e sta autorecuperando uno stabile dismesso in via delle Cave di Pietralata. I
due casi sono stati messi a confronto sul piano dell’ impianto urbanistico-architettonico e dei costi di costruzione e gestione mettendo in evidenza l’assurdità del modello offerto dal Comune sia da un punto di vista
degli ingenti costi da sostenere che dal punto di vista delle problematiche sociali di integrazione causate dal
tipo di insediamento e dalla sua localizzazione.
Per concludere raccontiamo la nostra esperienza con la comunità rom di Via di Centocelle che da qualche mese ha intrapreso un importantissimo percorso di autodeterminazione per uscire dalla dinamica del
“campo” . Per la prima volta una comunità rom comincia un percorso di partecipazione e rivendicazione
attiva del proprio diritto ad esistere, ad avere una casa. Con l’appoggio dell’ associazione POPìCA onlus,
e di alcuni movimenti per il diritto alla casa a seguito dell’ ennesima minaccia di sgombero arrivata il 17
giugno scorso il pomeriggio del 18 giugno la comunità ha occupato un deposito abbandonato dicendo il suo
“no ai campi”.
Nonostante l’esito negativo dell’occupazione e il ritorno al campo la comunità è fermamente convinta ad
andare avanti nel rivendicare i propri diritti.
La pratica dell’autorecupero e la partecipazione attiva a diversi livelli è quello che ci ha portato a pensare e
a credere fermamente che esistano alternative possibili che possano aiutarci al superamento dei campi e al
superamento del pregiudizio che i Rom vogliano vivere in questa condizione di continuo degrado ed esclusione. Un primo passo è stato fatto e l’ esperienza dei Rom di via Centocelle ne è un chiaro segnale.
testo di lorenzo romito
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prima parte:
1. Il campo come ghetto
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2. la migrazione dei rom a roma fino agli anni '80
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3. i rom a roma: dagli anni '80 ad oggi
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4. Il primo congresso federazione rom e sinti e ruolo della partecipazione 23
5. sintesi: le mappe dei campi dal '96 al 2008
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seconda parte:
Autori: Di Maggio Maria e Pirisi Luisa.
Relatore Tesi: Professoressa Elena Mortola
Correlatori: Professor Francesco Careri, Lorenzo Romito
Ringraziamo: POPìCA Onlus, StalkerON, la comunità rom di 100 Celle,i ragazzi della BPM, la comunità rom di
Quintiliani, Prof. Marco Brazzoduro, e tutte persone che ci hanno aiutato e si sono rese disponibili in questo
percorso tramite interviste e informazioni ricevute e sostegno.
6. il campo h24 di via di salone a roma
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7. storia di un' occupazione
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8. la comunita' di via di 100 celle a roma
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Riferimenti bibliografici:
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-Mirella Karpati, Lacio Drom 1997, n°2
-Mirella Karpati, “Rastrellamento a Roma” in Lacio Drom 1974, n°32
-Mirella Karpati, “Essere nomadi in città”, in Lacio Drom 1980, n°2
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-Schiavone G. , “I rom e il diritto d’asilo: il caso italiano negli anni ‘90” da “Rom e Sinti: un’integrazione
possibile Italia e Europa a confronto” Napoli 23-24 giugno 2000, Presidenza del Consiglio dei Ministri,
Atti)
-Lusi L., “Tavola rotonda: la parola ai politici”, da “Rom e Sinti: un’integrazione possibile Italia e Europa a confronto” Napoli 23-24 giugno 2000, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Atti
-Le politiche per i rom e sinti in Italia, Claudio Marta
Siti web:
-http://nopacchettosicurezza.noblogs.org/
-http://comitatoromsinti.blogspot.com/
-http://coopofficina.splinder.com/post/15776653/Bruxelles.+Conferenza+ERIO.+Re
-http://www2.comune.roma.it/dipsociale/immigrazione/pagina_immigrazione_rom.htm
-http://www.carta.org/campagne/migranti/rom+e+sinti/12965
-http://www.arci.it/news.php?id=9026&rictext=rom%20quintiliani&f_start=0
-http://www.popica.org/
-Il messaggero
-http://www.romatoday.it/municipio/5-tiburtino/tiburtino/stazione-di-salone-bloccata-l-apertura-e-saccheggiata-dai-ladri.html
-http://www.unonotizie.it/4221-roma-la-nuova-stazione-di-salone-abbandonata-e-gia-stata-saccheggiata-
dai-ladri.php
-V dipartimento Ufficio Nomadi
-http://www.shelbox.it/
-http://www.maisonsoleil.it/
-Rom a Roma, pratiche di integrazione e controllo: il campo di via Casilina 700 di Monica Rossi
premessa:
OLTRE I CAMPI
di Lorenzo Romito
Note per una politica integrata di emancipazione abitativa, civile, culturale,
economica e sociale dei Rom in Italia, a partire dal superamento dei campi NOMADI
Esiste una profonda e reciproca ignoranza tra Rom e non Rom, ignoranza che è alla base del pregiudizio e
del mancato reciproco rispetto. Sono inadeguate, perché priva di corretta conoscenza della materia, le leggi
regionali che con sfumature diverse dagli anni Ottanta hanno regolamentato la nascita dei campi in Italia. Si
fondano infatti sul carattere “nomade” dei Rom, quando ormai solo una piccola minoranza dei Rom è itinerante. La realtà dei campi è una specificità italiana, che ha già motivato tre condanne all’Italia da parte della
Corte Europea. L’aver promosso per via legislativa la costituzione dei campi nomadi, da quasi quarant’anni
unica ed esclusiva soluzione abitativa per tutte le diverse realtà Rom presenti in Italia, ha portato ad aver
confuso il diritto al transito con il diritto alla casa, il diritto d’asilo con la clandestinità, la tutela della diversità
con la discriminazione. La capacità di adattamento e di sopravvivenza interstiziale dei Rom ha portato loro
a trasformare in risorsa questa incertezza e a identificarsi con il regime di esclusione e rifiuto, processo di
“etnogenesi” che ha creato una situazione da cui non è facile uscire.
Il dispositivo campo
I campi nomadi, già campi sosta, campi profughi e
oggi i cosidetti “villaggi della solidarietà” rappresentano il segno evidente di una differenziazione sociale
dei Rom. Sono il simbolo di assistenzialismo ed
esclusione che nulla hanno a vedere con il rispetto
della diversità culturale. Costituiscono il terreno di
coltura del degrado e della discriminazione, favorendo la diffusione della criminalità, lo sfruttamento dei
Rom, la speculazione su di loro e il diffondersi del
razzismo nei loro confronti, nonché rappresentano
un costo e uno spreco inammissibili.
Condivisione della responsabilita' politica
del superamento dei campi
Né destra né sinistra, né laici né cattolici né le associazioni competenti né i media né gli stessi Rom
possono non sentirsi responsabili del degrado economico sociale e culturale in cui versano i Rom in
Italia e di conseguenza l’intera società italiana.
La condivisione della responsabilità politica e
la distribuzione del carico economico (tra Unione
Europea, Governo ed Enti Locali), insieme alla partecipazione sociale (Istituzioni, Rom, Cittadinanza,
Associazioni e Media), sono l’unica strada percorribile per realizzare un tale progetto.
No ai campi
Il superamento dei campi nomadi richiede
l’elaborazione di un percorso di emancipazione abitativa civile,culturale, economica e sociale dei Rom
in Italia che abbisogna di un impegno costante e di
un tempo medio lungo di realizzazione.
Tale
percorso
deve
promuovere
l’autorappresentazione, l’autopromozione e
l’autorappresentanza dei Rom e lo deve fare attraverso nuove forme di cooperazione, passando dalla mediazione, su cu si fonda la pratica di assistenza
ed esclusione, all’attivazione di percorsi emancipazione. in cui sono i Rom a determinarele proprie scelte.
Politiche sociali e politiche di riconoscimento
Per raggiungere l’obiettivo civile di superare i campi
nomadi si devono attivare politiche di sostegno economico e formativo per l’autopromozione abi-
tativa, economica sociale e culturale e politiche
per il riconoscimento dei diritti di cittadinanza
e di minoranza linguistica, e non di paternalistica
assistenza ed esclusione sociale come è avvenuto
sino ad oggi.
Mentre le politiche di autopromozione sociale
non possono essere ad uso esclusivo dei Rom
ma devono riguardare con equità tutta la popolazione in stato di bisogno, proprio per evitare forme
di discriminazione, le politiche di riconoscimento
devono invece essere dirette specificatamente
alle comunità Rom e cancellare quello stato di incertezza giuridica che favorisce la diffusione della
criminalità tra i Rom e alimenta paura e razzismo
nell’opinione pubblica.
Come uscire dai campi? Un percorso a tappe soggetto a verifiche
La questione abitativa
C’è bisogno di soluzioni diversificate e non esclusive, polverizzate e non concentrate, integrate e non separate dalle città.
Il ripensameno dei campi può essere un’ottima occasione per affrontare il sempre più grande fabbisogno
di edilizia abitativa per i ceti a basso reddito, rivitalizzare e recuperare spazi dismessi in città, edifici rurali
e centri abbandonati dell’hinterland, contribuendo a
ridisegnare la nuova scala territoriale dell’Oltrecittà e
seguendo i dettami di una auspicabile mixitè sociale
e culturale, che possa ravvivare le nostre aree metropolitane sempre più parcellizzate e in crisi.
Non esiste un'unica soluzione abitativa ma da delineato un articolato ventaglio di proposte abitative a
seconda delle possibilità e delle esigenze delle persone e dei diversi contesti territoriali:
Perimetrazione, legalizzazione e implementazione di strutture urbane spontanee con caratteri
si solidità e permanenza. Si tratta di alcune delle
strutture urbane autocostruite di più antica data e
con tratti di qualità edilizia, così come erano le borgate abusive poi sanate (zone O, poi toponimi) con la
collaborazione degli abitanti. Stessa strada è indicata
da Un Habitat per gli slums nelle grandi metropoli
mondiali, un progetto con queste caratteristiche è finanziato dal Governo Italiano in Serbia proprio per
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insediamenti rom. C’è bisogno di introdurre innovative forme di cooperazione all’interno dei confini nazionali.
Autorecupero assistito di immobili dismessi.
L’esperienza di alcune occupazioni rom e non rom,
indicano un altro percorso possibile che va fatto
emergere e inquadrato legalmente. Attualmete il
5% degli interventi di edilizia economica e popolare
possono avere quel carattere sperimentale che permetterebbe di realizzare interventi di tale natura, c’è
bisogno di una disponibilità di immobili di proprietà
pubblica da destinare a tal scopo.
Equiparare il diritto d’accesso dei Rom alle
case popolari, riconoscendo parità di punteggio
tra chi è sfrattato da casa e chi è sgomberato da
insediamenti e campi. Sono moltissimi i Rom da anni
in attesa di casa popolare. Quali possano essere le
modalità di riavvio di una politica dell’edilizia popolare è una questione più ampia che va affrontata
nel rispetto del territorio e nell’esigenza di minimizzare il consumo di suolo. Le ipotesi qui riportate per
la questione abitativa dei Rom possono aiutare a
individuare tali urgenti, necessari e innovative soluzioni.
Incentivare forme di co-abitazione che favoriscano l’emancipazione abitativa di chi da anni vivendo
nei campi è aduso a pratiche sociali e familiari di
condivisione e potrebbe trovarsi in difficoltà nei rigidi
schemi di coabitazione dominanti. Tale percorso può
incrociare l’esigenza sociale sempre più diffusa di individuare nuove forme di co-abitazione socialmente
e ambientalmente sostenibile.
L’allargamento dello sguardo al territorio
metropolitano, provinciale e regionale, per la
risoluzione del problema abitativo è auspicabile se non si profila come un allontamento dei
campi dalla città, andando a gravare con strutture
socialmente e ambientamente incompatibili su territori già oppressi dal peso della città. La rivitalizzazione di borghi e paesi dismessi della provincia, il
recupero di manufatti rurali e di piccoli centri storici
possono essere occasione per articolare a livello provinciale e regionale la ricerca di soluzioni abitative
per singoli nuclei familiari o micro comunità a patto
che si valuti e si promuova l’inserimento di tali realtà
nei tessuti sociali ed economici locali.
Quarant'anni di campi
situazioni e ruoli che si sono andati definendo.
La realizzazione e la gestione dei campi in
quarant’anni sono costati molto di più di quanto sarebbe costata la realizzazione di case per
quanti vi risiedono.
Nel tempo i campi hanno avuto la tendenza a ridursi
in numero e a crescere in dimensioni, a comprendere
sempre più realtà diverse, spesso incompatibili ma
sempre e solo rom, ad essere sempre più allontanati dalle città vista l’indisponibilità della cittadinanza
verso tali strutture e ad essere circondati da sempre
più sofisticati, costosi e inutili oltre che illegali dispositivi di sorveglianza.
Nei campi non sono rispettati gli standard abitativi
nazionali, nonché le stesse leggi regionali che li istituiscono, ad esempio la L. della Regione Lazio
talemente per dare una parvenza di consenso alle
determinazioni sulla realizzazione di campi nomadi.
Tra i Rom che hanno prestato servizio con le associazioni e gli enti che si occupano dei campi sono
emerse negli ultimi anni alcune interessanti figure
di mediatori competenti e abili che si iniziano a proporre come autonome figure di riferimento per le
problematiche delle comunità, o che hanno realizzato percorsi che attraverso l’emancipazione lavorativa li stanno portando fuori dal campo, avanguardie
di una auspicabile emancipazione sociale dei Rom.
Negli ultimi mesi è nata a livello nazionale la Federazione Rom e Sinti insieme, che intende realizzare un
terreno comune tra le diverse realtà rom e sinte distribuite sul territorio nazionale, ed è indicatore di una
rinnovata esigenza da parte dei Rom di autorappresentazione, autopromozione e autorappresentanza.
Le associazioni. Per anni associazioni di sinistra e
cattoliche hanno gestito i campi e la scolarizzazione
dei bambini rom, con pratiche e costi che dovrebbero oggi essere analizzati e discussi proprio al fine
di ripensare la necessità e il ruolo di tali mediatori.
L’attuale politica del sindaco Alemanno sta mettendo in discussione il ruolo delle associazioni di solidarietà, questo processo sembra andare incontro al
desiderio di autorappresentanza e di autorganizzazione dei Rom, ma rischia di sancire la definitiva
differenziazione abitativa e sociale dei Rom se non
venisse scardinato il dispositivo campo, cosa che non
è nell’agenda dell’Amministrazione comunale e non
venissero offerti ai Rom quei diritti di cittadinanza
82/85 prevede il limite massimo di 4000 mq. per
i campi e la collocazione vicino a servizi pubblici in
modo da “evitare ogni possibile forma di discriminazione urbanistica”, tutto ciò è regolarmente disatteso.
Dalla legge regionale 82 del 1985 non si è neanche
riusciti in 24 anni a insediare nei campi l’intera popolazione rom residente a Roma, oggi poco più di 7000
persone. Una popolazione sostanzialmente stabile
nei numeri, nonostante le due grandi ondate di arrivi
di rifugiati dalla guerra della ex Jugoslavia (1991 –
1999) e di immigrati in seguito all’ingresso della Romania in Europa (2007). La realtà abitativa dei Rom
a Roma ad eccezione dei Rom italiani insediatisi negli
anni Settanta, alla borgata della Romanina e nelle
case popolari di Spinaceto, è costituita da:
Campi attrezzati: Dei 22 campi ad oggi 7 sono attrezzati e realizzati con container, recintati dati in
gestione ad associazioni non rom che si occupano
anche del controllo e della sicurezza, nonché della
scolazizzazione dei bambini. Tra questi spiccano per
dimensioni i campi di Castel Romano e di Salone,
prototipi dei cosidetti “villaggi della solidarietà” - nati
con l’accordo denominato “patto per la sicurezza” tra
Governo, Regione, Provincia e Comune - che ospitano più di mille persone ciascuno. Castel Romano
a tre anni dalla realizzazione è sprovvisto di acqua
potabile e Salone è provvisto di un dispositivo di videosorveglianza.
Campi semi attrezzati o non attrezzati: Aree di
insediamento temporaneo su cui sono sorte baraccopoli spontanee e in cui vengono erogati spesso acqua
luce, bagni chimici e raccoglitori delle immondizie.
Alcuni di questi come il Casilino 900 sono insediamenti di antica data. C’è da notare che al Casilino con
fine intimidatorio sono state staccate la luce e l’acqua
da quasi un anno.
Insediamenti spontanei estemporanei:
Caratteristici degli ultimi anni, abitati in gran parte da
Rumeni e non solo Rom, per lo più operai “in nero”,
sono sorti in particolar modo lungo il Tevere e l’Aniene,
sotto cavalcavia o lungo gli argini. Sono insediamenti
che vengono sgomberati continuamente senza fornire soluzioni alternative alle persone che li abitano e
che quindi si re-insediano dopo ogni sgombero. Tali
insediamenti sono sempre più invisibili, proprio per
evitare gli sgomberi e realizzati con strutture sempre meno qualificate per gli stessi motivi. La paura
diffusasi tra i Rom Romeni dopo l’omicidio della Sig.
ra Reggiani, la crisi economica che si inizia a sentire nell’edilizia ma anche l’mancipazione dei percorsi
lavorativi stanno riducendo in parte l’entità di tali
insediamenti, anche se la attuale crisi potrebbe favorirne lo sviluppo.
necessari per accedere alla possibilità di un reale
dialogo politico con le Istituzioni. Alcune associazioni
hanno compreso l’importanza e l’esigenza di passare
da un sistema di mediazione tra Istituzioni e Rom
ad un sistema di attivazione di percorsi di emancipazione e quindi di rinnovare le forme e le modalità
della cooperazione in Italia, anche sull’esempio delle
esperienze più avanzate condotte nei paesi in via di
sviluppo.
Le Istituzioni. Il comportamento delle Istituizioni
verso i Rom non è sostanzialmente cambiato nei fatti, profonda ignoranza della questione,disattenzione
abbandono, mancato rispetto delle normative e delle
leggi nella realizzazione dei campi e dei diritti umani,
lottizzazione a soggetti terzi, le associazioni, della
gestione tecnica ed economica dei campi, qualche
singolare caso di buone pratiche.
Molto cambiata è invece l’immagine che le Istituzioni
vogliono dare del loro agire. Si è passati da una immagine solidaristica dedita all’inclusione sociale ad
una securitaria e di criminalizzazione diffusa prima
con Rutelli e poi ancora più fortemente con Veltroni. Alemanno vorrebbe unire i due profili, quello dei
diritti e dei doveri, bastone e carota, forte dell’azione
di un consanguineo governo nazionale che opera
al fine di ridurre drasticamente i diritti dei Rom dei
clandestini e degli immigrati in genere. Dal 2006 con
il patto della sicurezza e con il conseguente commissariamento prefettizzio della questione Rom, si sta
leggittimando l’azione in deroga ai diritti civili e a
qualsiasi legge urbanistica.
La necessaria trasformazione delle relazioni
tra i soggetti coinvolti:
I Rom, le Istituzioni, le Associazioni.
I Rom tutt’oggi non hanno ancora diffusamente sviluppato strutture di auto rappresentanza. Chi tra loro
si è nominato o è stato scelto come rappresentante,
spesso non costruisce forme di dialogo e partecipazione con le persone che rappresenta e coltivando interessi privati, è spesso utilizzato strumen-
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1. Il campo come ghetto
La nostra "insicurezza" e il "problema" Rom
I Rom sono considerati un problema di ordine pubblico, di sicurezza, da affrontare con esercito e polizia, un'emergenza che periodicamente si ripropone
e risveglia politici ed elettorato (sia di destra che di
sinistra). Sono un problema affidato completamente
alle decisione dei prefetti delle nostre città che offrono come unica soluzione lo sgombero con la forza
senza possibli alternative. Famiglie terrorizzate che
non sanno che sarà di loro sono costrette a dormire
vestite con i documenti in tasca per paura di essere
svegliate all'improvviso e di dover abbandonare le
loro baracche e tutto ciò che hanno. Giovani famiglie
con bambini sono costrette spesso a pagare il prezzo
delle nostre paure, quelle dei gagè.
Tutto ciò è rivelatrice del tipo di società in cui intendiamo vivere e il nostro atteggiamento verso di
loro è l'espressione dei nostri problemi. Non solo
loro sono un problema, ma su di essi si scaricano,
(e si rivelano) quelli che sono i nostri problemi. Il
pervadente senso di insicurezza che ci prende, non
è solo un fatto oggettivo, ma è una realtà soggettiva. I Rom sono considerati tra i maggiori agenti della nostra insicurezza e regolamentare e
disciplinare la loro presenza (attraverso leggi nazionali, circolari del Ministero degli Interni o della Polizia, Leggi Regionali di «tutela», Piani Regolatori e
Progetti Urbanistici, prassi amministrative, politiche
di assessorati, «uffici stranieri e nomadi», provveditorati alla pubblica istruzione, uffici d'igiene, forze
dell'ordine, organi della magistratura, istituti per
minori) sembra essere una priorità delle politiche
di sicurezza del nostro Paese. Il tutto è legato alle
incertezze che spesso ci portano a domandarci:
Quale il domani? Quale futuro sognare, sperare?
domande che spesso non trovano risposta e lo zingaro, con la sua diversità, si presta bene ad essere uno
degli elementi che ci insicurizza.
Asociale, mendicante, con comportamenti criminali,
con i furti, presenza invasiva per strada o nei suoi
campi, il gitano è il diverso per eccellenza, talvolta
fastidiosamente diverso. Non è un caso che tanta
parte del discorso sulla sicurezza si rivolga proprio
a loro. Ciò non significa che non esistano problemi
nel mondo zingaro. In una società di diritto, il crimine va punito. Ma è un fatto che riguarda le persone che compiono il crimine, non un popolo nella
sua complessità. E la punizione dei criminali non
ci toglierà di dosso l’ombra dell'insicurezza che ci
inquieta. Per difenderci, per rassicurarci, per garantire la stessa pace, bisogna combattere qualcuno.
Ciò che minaccia il nostro benessere e la nostra
pace è molto complesso, invece avere un nemico
come i Rom è rassicurante e alla fine, poco minaccioso. Combattere qualcuno dà la sensazione di
presidiare attentamente le nostre frontiere sociali o
quelle del futuro. Ciò non significa che non si debbano perseguire i comportamenti criminosi, che non
bisogna prevenire il crimine. Ma urlare troppo problemi (come quello dei Rom o degli immigrati stranieri,
«problema zingari», e che fa completamente a
meno di loro. Si parla sempre di un qualcosa in cui
i Rom, persone in carne ed ossa, non hanno nessuna voce. Ciò che fa sì che questo sistema funzioni
sono i radicati stereotipi, i campi nomadi e qualcuno (i rappresentanti, i volontari, le associazioni) che si prenda la briga di parlare al loro posto.
I campi sono un fenomeno tipicamente italiano, infatti non esistono dappertutto. Non sono una naturale scelta abitativa per i Rom". Nel libro di Nando
Sigona "Figli del ghetto. Gli italiani, i campi nomadi
e l'invenzione degli zingari" sono citati una serie di
documenti e articoli risalenti agli anni '70 in cui per la
prima volta dal dopoguerra si inizia a parlare di campi di sosta per i «nomadi». "Se allora, a causa delle
diverse necessità di Sinti e Rom italiani, certe scelte
potevano essere giustificate (i divieti di sosta per i
gruppi itineranti erano molto diffusi ed impedivano ai
viaggianti di sostare e li costringevano ad un errare
continuo), non è affatto giustificabile che in seguito
si sia applicata la ricetta campo a tutti, viaggianti e
sedentari, profughi di guerra, Rom immigrati e italiani per il solo fatto di appartenere alla comunità Rom
(nell'accezione generica del termine). Questo trend è
stato sostenuto e legittimato dalle leggi regionali a
«tutela» dei Rom, approvate a partire dal 1984 da 11
consigli regionali e dalla provincia autonoma di Trento. Le cosiddette «leggi fotocopia» sono basate su
un canovaccio elaborato dall'Opera Nomadi. Ci sono
elementi importanti e di valore in questi testi, ma
c'è soprattutto il binomio «tutela del nomadismo» e
«costruzione dei campi». Negli articoli iniziali di quasi
tutti i provvedimenti si parla di campi per i Rom:
campi di sosta e campi di transito. I primi per gli
stanziali, i secondi per i nomadi. Questi campi sono
diventati il modello di riferimento per tutte le amministrazioni che sono state costrette ad intervenire.
Come osserva Piero Brunello «Campo» è un termine
con molte connotazioni. In una città, è un terreno
sterile che si presta ad usi disparati e provvisori in
attesa di una destinazione specifica, utile e definitiva . Interessante è l' ambito di significati che viene
dal modo con cui sono stati per lo più allestiti negli
anni i campi «autorizzati» su iniziativa dei comuni.
Le roulotte, i container, i giacconi della Croce Rossa, l'armadietto di medicinali per i primi soccorsi nel
prefabbricato all' entrata del campo. Tutto trasmette
il senso di un'emergenza, di una catastrofe naturale, come un'alluvione o un terremoto. E l'urgenza
richiede interventi immediati «in favore di», senza
andare troppo per il sottile. La questione è lasciata
ai volontari e alla polizia, per le diverse competenze.
Il tutto richiama quindi a condizioni precarie e
provvisorietà, collocazione ai margini, allontanamento, segregazione, pratiche di controllo.
Se da un lato fra i Rom che vivono la realtà dei campi
si vanno rafforzando le tecniche di adattamento e sopravvivenza insieme alla stessa identità culturale, fra
noi gagè si rafforza invece l'accettazione di queste
realtà disumane come scelta politica collettiva fatta
di sgomberi, allontanamento e rifiuto. Scelta questa
che sembra quasi mirata a scoraggiare le persone che
vivono nei campi lasciandole in condizioni disumane
affinchè non si insedino stabilmente in un territorio.
Va inoltre detto che le amministrazioni pubbliche sono spesso concordi su una cosa: che an-
europei come i romeni o extra-comunitari) non è conveniente. Non si risolvono a sciabolate. Non si risolve
a sciabolate il problema degli immigrati, in un paese
che ne ha bisogno. Bisogna prima affrontare il problema della sicurezza delle relazioni fra le realtà
che insieme coabitano e coesistono. Questo è ciò che
manca realmante. Fino ad allora qualunque tentativo
di risolvere il problema con i gli strumenti di controllo e repressione non porterà a nessun risultato.
L'elaborazione del concetto di "campo"
E' in quest'atmosfera di insicurezza socio-culturale
che si comprende perchè i Rom, come osserva Leonardo Piasere, oltre a stranieri siano considerati «noncittadini» da emarginare e controllare. Gli zingari
italiani, e più ancora gli stranieri, sono «quasi fuori
sistema», scrive Piasere. La società italiana di questi
ultimi quarant'anni anni di regolamentazione e disciplina della questione Rom ha prodotto una vera e propria «urbanistica del disprezzo» per usare le parole
di Nicola Solimano . Se si riflette sulla localizzazione
dei campi non si può fare a meno di pensare che sia
frutto di una pianificazione urbanistica rovesciata.
Secondo la ricerca «Zingari in Toscana», lo spazio
è l'indicatore attraverso cui si possono leggere
le diverse dinamiche di accoglienza o rifiuto,
di aggregazione, di difesa, di evoluzione
delle identità, di sopravvivenza o sviluppo.
L'insediamento rom come campo semantico presenta una intensità di significati e di nessi che dimostra
la banalità del concetto di campo come contenitore
delle realtà zingare. Lo spazio dell'insediamento rom
evidenzia con chiarezza un atteggiamento diffuso:
gli zingari sono un popolo da allontanare e da cui allontanarsi, a cui imporre la distanza, da cui sgomberare strade, città e periferie. Non c'è una strategia
precisa, ma un insieme di comportamenti e spesso
provvedimenti e ordinanze con cui variamente si opera in forma appena mitigata dalla presenza di Leggi
Regionali di «tutela dell'etnia rom» o dall'azione di
associazioni di difesa.
Il «campo nomadi» è un habitat estraneo alla storia dei Rom, alla loro struttura sociale e familiare.
E' una invenzione del nostro tempo, un esempio
paradigmatico di come lo spazio può diventare un
elemento di violenza contro l'identità di un popolo.
Il concetto stesso di campo sconvolge l'elemento
fondamentale della cultura rom, che si basa sulla
flessibilità delle relazioni e delle strutture. Il campo,
non è pensato come spazio abitativo dei Rom, in cui
possano gestire la loro vita, ma come uno spazio
«comunale» in cui i Rom sono considerati solo ospiti e
in quanto tali devono essere assoggettati a regole, in
modo che lo spazio loro concesso non venga degradato: Il «bene» da salvaguardare è quello immobiliare.
I campi sosta costano e non se ne possono fare molti.
Il campo sosta è un bene raro. Chi vi accede cercherà,
di difendere la posizione privilegiata acquisita.
Il concetto di campo si è andato elaborando nel
tempo come espressione e riflesso della nostra
società, di come noi vediamo la «gestione» del
8
che la minima concessione umanitaria potrebbe
suonare come incentivo. Verrebbe non solo confermato l'insediamento, ma attirerebbe nuovi «ospiti»
indesiderati. La burocrazia locale interpreta e applica
il concetto weberiano di «etica della responsabilità»,
la teoria, cioè, secondo cui, compito del buon politico
non è quello di agire secondo «princìpi», ma tenendo conto delle «conseguenze» dei propri atti per la
propria comunità di riferimento, operando non sulla
base d'intenzioni ritenute buone, ma dei risultati prevedibili. Questa massima ha ispirato e fondato tutta
la politica novecentesca, a destra come a sinistra.
Nel campo, tutto contraddice le normali modalità
di insediamento: manca la motivazione economica,
manca la possibilità di regolarsi sulla base dei rapporti interni. I campi sono il riflesso di una concezione
esterna del modo in cui dovrebbero vivere gli zingari,
mentre la visione zingara non è presa in considerazione. Spesso vi vengono riuniti contro la propria
volontà, contro ogni principio della loro struttura sociale, costretti a forme di coabitazione coatta, in cui
emergono, tra l'altro, tutte le patologie del ghetto.
I Rom chiedono solo di non vivere più con i topi nelle
discariche e nel fango, di usare l'acqua, di avere
documenti in regola, senza la paura di essere continuamente cacciati dalla polizia. Nel momento in
cui in una situazione di tale emergenza interviene
l'amministarzione lo fa chiudendo tutti gli spazi liberi usati come «campi» piccoli, autoregolamentati,
sprovvisti di servizi e aprendo pochi «campi» grandi,
dotati di servizi, spesso controllati dall'esterno, in
cui chi esce per un certo periodo ne viene espulso
e perde qualsiasi diritto. Per chi trova posto, finisce
l'incubo degli sgomberi continui. In più c'è acqua potabile, corrente elettrica, possibilità di stare al caldo
d'inverno, Grazie ai campi, alcuni ricevono permesso
di soggiorno e carta di identità, altri hanno più forza
per rivendicare documenti in regola. Tutto ciò attenua
la diffidenza dei Rom, anche perché non vedono alternative. Viene in mente l'istituzione dei ghetti nelle
città italiane del Cinquecento. Come il ghetto, il campo è un luogo di segregazione che permette la permanenza di persone fino ad allora espulse dalla città
e indesiderabili: rafforza l'identità culturale di chi vi
è rinchiuso; conferisce normalità ad una situazione
percepita come straordinaria ed eccezionale. Quando però si crea un ghetto, bisogna poi presidiarlo,
da cui derivano costi ingenti per l'amministarzione.
I campi li facciamo noi, i nostri architetti, ingegneri, geometri, assessori, e sono una rappresentazione architettonica di come noi vediamo loro, gli zingari.
Rappresentazione, certo, ma non priva di
conseguenze per chi la subisce e vi cresce dentro.
Parlare di campi non ha senso se non in rapporto al
territorio in cui esistono. I campi non sono fuori dal
mondo, come non lo sono i Rom. Nei campi entra
la camorra, entra la droga, entra la guerra, entrano
volontari e funzionari comunali, qualche volta anche
un cardinale o un sindaco. Ma tutto è sempre filtrato. Tutto passa attraverso i cancelli e le recinzioni. Evadere è possibile? Ma da che cosa? Dai campi,
dalle etichette imposte, dalla qualifica di «zingaro»?
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2. LA MIGRAZIONE ROM A ROMA FINO AGLI ANNI '80
DAL DOPOGUERRA
AGLI ANNI ‘80
BREVI CENNI STORICI
primi
insediamenti
nel
dopoguerra a Roma, in una città devastata e da ricostruire, si
registrano in Via del Mandrione,
nei pressi dell’Acquedotto Felice e
intorno a Porta Furba, al Quarticciolo oltre che nelle zone più
periferiche di Settecamini, della
Rustica e dell’Appia Antica. Vengono tollerati perché in quei momenti il paese è troppo impegnato
nello sforzo della ricostruzione e
non c’è spazio per occuparsi di
loro, tanto che né lo stato italiano
né il Comune di Roma emanano
leggi o disposizioni che li riguardano. La Chiesa Cattolica invece
nel 1956 istituisce l’Opera per
l’assistenza spirituale ai nomadi in
Italia, che si occupava della cura
pastorale dei circhi, dei luna-park
e dei nomadi, quest’ultima branchia si è poi trasformata in Ufficio
nazionale pastorale per i Rom e i
Sinti.
Si
calcola che i Rom e i Sinti che
vivono oggi in Italia siano circa
150.000
Circa
il 70% sono
cittadini
italiani, il resto è costituito, in gran
parte, da cittadini extracomunitari
(soprattutto della ex-Jugoslavia
e rumeni) e in misura minore da
cittadini comunitari (es. francesi,
austriaci, tedeschi, ecc.). Solo un
30% circa di questi gruppi si può
considerare ancora nomade, tutti
gli altri sono sedentari, in molti
casi da decenni, o in via di
sedentarizzazione e impropriamente vengono definiti nomadi .
La presenza dei Rom a Roma ha
infatti radici antichissime, le prime
cronache riportano addirittura
all’ anno 1422 quando circa 200
“indiani” o “egiziani” si recano a
Roma per far visita al Papa .
L’incontro deve aver prodotto dei
risultati perché nel 1430 a Fermo
si registra la presenza di “zengani”
che avevano privilegi del Papa “…
per cui potevano andare per il
mondo senza pagare alcun pedaggio o gabella” .
Riguardo invece Roma,una serie di
bandi emessi dai vari Governatori
stanno a dimostrare la presenza
numerosa di Zingari sul territorio; bandi che di solito disponevano allontanamenti temporanei
o lavori forzati come l’impiego ai
remi nelle galere della flotta papale . Pur mantenendo la loro
caratteristica di popolo nomade,
gli zingari a Roma si collocavano
prevalentemente in alcune grotte
della
Suburra nel Rione Monti spostandosi, quando queste
vennero chiuse, nello stesso Rione
in strada delle Carrette, nella salita di San Pietro in Vincoli e soprattutto in Vicolo Cacciabove e Piazza
Padilla, che per questo vennero da
allora chiamate Via e Piazza degli
Zingari.
Era nota la loro abilità come fabbri o mercanti di cavalli e solo
saltuariamente si dedicavano a
lavori agricoli come zappatori,
mentre le donne si dedicavano alla
questua e alla “buona ventura”
che però fu proibita nel 1631. Nella seconda metà del ‘600 vennero
promulgati editti per indurre gli
zingari ad “… abbandonare il
nomadismo, per dedicarsi ad
un lavoro lodevole, pena la
frusta e l’esilio perpetuo”.
La stessa pena veniva comminata alle donne se continuavano a vestirsi alla
maniera zingara e, paradossalmente, il compenso
per questa omologazione
forzata, sarebbe stato che
più nessuno li avrebbe “…
improperati col nome di
Zingari” .
Gli zingari giungevano attratti
dal richiamo della città dagli immediati dintorni: Monterotondo,
Fiano, Tivoli, Palestrina, Velletri,
Albano, Marino, Nettuno, Torricella, ma anche dall’Abruzzo, dalle
Marche, dall’Umbria dalla Sicilia e
dalla Spagna. Nel 1700 parecchi
IL
GENOCIDIO
DEGLI
ZINGARI IN EUROPA DURANTE IL CONFLITTO MONDIALE PORTO’ A CIRCA
500.000 VITTIME.
si definivano “regnicoli”, ossia cittadini del Regno delle Due Sicilie,
il che fa pensare che il grosso degli zingari a Roma fosse costituito
da Rom abruzzesi. Dalla fine del
‘700 l’appellativo “zingaro” viene
sostituito nei documenti da un
cognome, sempre italiano .Non
esistono studi storici sugli zingari
a Roma nel 1800. In quel secolo
erano certamente abbastanza
numerosi i Sinti nomadi,che usavano e usano tuttora svernare
nella città per riprendere con la
bella stagione la loro attività nello
spettacolo viaggiante; musica,
I
ancora oggi in vigore nella legislazione italiana .
All’inizio
del
‘900
cominciano
nuove ondate migratorie
di zingari provenienti dall’Alsazia
(per la cessione di questa alla Germania) e dalla Romania (a seguito
all’emancipazione dalla schiavitù),
ma il flusso raggiunse il culmine
alla fine della prima guerra mondiale, con l’arrivo degli zingari che
fuggivano dai nuovi stati sorti alla
caduta dell’Impero asburgico, soprattutto Rom sloveni e croati.
Il regime fascista considerò gli
zingari come un problema di pubblica sicurezza cercando di limitare nuovi afflussi dall’estero ma
nessun provvedimento particolare fu promulgato nei confronti
di quelli che già risiedevano in
Italia. Le leggi razziali del 1938
erano rivolte soprattutto contro gli
ebrei anche se le famiglie zingare
che risiedevano al confine con la
Jugoslavia vennero trasportate in
Sardegna e nel 1942 furono istituiti due campi di concentramento
per gli zingari a Agnone (Isernia)
e Tossiccia (Teramo) . Il genocidio degli Zingari in Europa durante
il conflitto mondiale portò a circa
500.000 vittime, ma nonostante
questo alla fine della guerra non
vennero adottate misure di sostegno né promulgate leggi a favore del popolo Rom, e tuttora
pochi o quasi nessuno, parlando
dello sterminio dell’ olocausto ricorda insieme al popolo ebreo anche il popolo Rom.
Le prime battaglie alla fine
degli anni ’50 furono condotte per l’iscrizione anagrafica degli Zingari presenti
sul territorio comunale. La mancata iscrizione alla anagrafe comportava l’impossibilità di ottenere
qualsiasi documento e impediva
anche l’inserimento dei minori nella scuola pubblica. Si procedeva
tra mille difficoltà con il perdurare
dell’assenza delle istituzioni e per
arrivare al primo esperimento di
scolarizzazione dei bambini rom,
bisogna aspettare il 1963, quando
vengono formate due classi per i
piccoli rom del Mandrione iscrivendoli alla scuola “Cagliero”, ma per
l’opposizione dei genitori degli altri
bambini, le classi vengono istituite nella vicina parrocchia . Negli
anni successivi tuttavia si cerca di
diffondere la scolarizzazione tra i
piccoli Rom, soprattutto dove ci
sono insediamenti importanti così
si registrano presenze nelle scuole
di San Basilio, del Quarticciolo, di
Via Venezia Giulia, di Settecamini
e del Tiburtino.
Nel settembre del 1965 un grande
pellegrinaggio
internazionale
vede riunirsi a Roma oltre 2000
Zingari arrivati da tutta Europa
per incontrare il Papa Paolo VI.
L’occasione segna una svolta politica e il problema Rom viene pos-
teatro ambulante, animali
ammaestrati e acrobazie tan-
to che i grandi circhi Orfei e Togni
in Italia e
Bouglione in Francia, discendono dai Sinti. In questo secolo in Europa si sviluppano
stati centralizzati, dove l’ordine e
la sicurezza, già allora, vengono
posti in primo piano con misure
contro i dissidenti e i “diversi”. Gli
Zingari rientrano nella categoria
“oziosi e vagabondi”, terminologia
Foto tratta da” La città accogliente”, Fondazione Giovanni
Michelucci
10
to all’attenzione delle istituzioni;
Nel 1965 il ministero della Pubblica Istruzione stipula una convenzione con l’Opera Nomadi per
la scolarizzazione dei bambini rom
(fondata nel 1963 a Bolzano da
Bruno Nicolini) e con l’Università
di Padova (dove era attiva Mirella
Karpati) che porta alla istituzione
di 11 classi speciali per bambini
zingari (2 a Bolzano, 2 a Milano,
1 a Trento, 1 a Reggio Emilia, 2
a Pescara, 1 a Giulianova, 2 a
Roma), mentre in Campidoglio
per la prima volta viene discusso
il problema delle “aree di sosta”.
DI QUI IN POI SARÀ UN
SUSSEGUIRSI DI EVENTI E AVVENIMENTI CHE CONTRAPPONGONO DIMOSTRAZIONI DI APERTURA E ACCOGLIENZA AD ALTRE
DI INTOLLERANZA E VIOLENZA,
COME È SEMPRE STATO NEL DIFFICILE PERCORSO DEL POPOLO
ROM.
Nel maggio del 1967 Paolo VI si
reca a salutare i Rom del Quarticciolo e qualche giorno dopo,
come per risposta, viene distrutta
da
ignoti l’aula che accoglieva
i bambini zingari della scuola
elementare. La stessa aula che da
4 anni era allestita nei locali della
parrocchia per l’atteggiamento di
rifiuto da parte degli altri genitori di far convivere i loro figli con
i rom.Proseguono le iniziative di
volontariato a sostegno soprattutto della scolarizzazione; al campo
del Quarticciolo le suore del Sacro
Cuore aprono un tendone che ospita una scuola materna, nel campo di Via Meda le lezioni si tengono dentro una roulotte mentre
la scuola “Andrea Doria” accetta i
bambini rom e a San Basilio una
grande cappella delle Figlie della
Chiesa ospita doposcuola e corsi
di lavoro femminile .
Piccole iniziative che cercano di
sollecitare l’intervento dei poteri
istituzionali finora assenti o poco
interessati, col risultato di una politica di esclusione e rigetto che
non prende in considerazione ipotesi di integrazione o di assistenza
sociale. Inoltre va considerato anche che negli anni ’60
si era fatta sempre più massiccia
l’immigrazione di Rom dai paesi
dell’est, soprattutto dalla Jugoslavia.
Gli anni Settanta vedono la comparsa di un acceso dibattito tra
sostenitori e oppositori delle classi
speciali. Palestra di questo dibattito la rivista Lacio Drom dove
si registrano i primi interventi
sull’integrazione degli zingari, in
cui la scolarizzazione dei bambini
assumeva priorità assoluta.
Bisogna aspettare il 1973 per
avere dei cenni riguardo la
questione rom e che cenni! Nel
1973 viene inviata a tutti i sindaci d’Italia una circolare in cui si
chiede di abolire i divieti di sosta
ai nomadi e di favorirli in materia
di iscrizione anagrafica, licenze di
lavoro, aree di sosta e scolarizzazione dei bambini. Il presidente del Consiglio Giulio Andreotti
risponde così a una mozione congiunta dell’Opera Nomadi e di un
assemblea di famiglie Rom sulla
condizione dei Rom in Italia: “…
nell’ordinamento giuridico italiano
non esistono disposizioni che vietino il nomadismo… pertanto possono circolare liberamente senza
nessuna
limitazione,restrizione
o speciale autorizzazione”. Una
semplice affermazione di principio
senza alcun impegno o proposito
di mettere mano al problema, ma
il clima era piuttosto differente rispetto a quello di oggi.
A Roma invece la V circoscrizione,
dove si registra una alta presenza di Rom, chiede a dicembre la
collaborazione dell’Opera Nomadi
“per addivenire a soluzioni soddisfacenti in favore dei nomadi”.
A seguito di questi accordi si progetta di intervenire nel campo di
Settecamini,con il concorso della scuola elementare di zona e
l’appoggio manifestato dal Cardinal Poletti che richiede al Sindaco
una sistemazione adeguata per
i nomadi. Invece di favorire la
realizzazione del primo progetto
di sostegno, ad aprile del 1974 i
Carabinieri effettuano lo sgombero del campo, distruggendo le
baracche e facendo allontanare i
rom che si spostano alla Rustica .
Il 1974 si chiude con un ennesimo
atto di intolleranza; nel quartiere
San Basilio l’IACP aveva messo
a disposizione un terreno con
una fontanella pubblica attorno
alla cappella dell’Opera Nomadi
dove sostavano da tempo alcune
famiglie Rom. Nella notte del 21
dicembre alcuni cittadini incendiavano la cappella minacciando i nomadi che si allontanavano scortati
dalla polizia.
Dopo questi episodi molti nomadi
11
si spostano a Pietralata e al Ti- 1982 sancisce la definitiva aboburtino III dove rimangono senza lizione delle classi speciali.
grossi problemi fino ad aprile del Il 13 febbraio 1980 si svolge un
1976, quando circa 300 abitanti convegno promosso dalle Cirindella borgata assaltano il cam- coscrizioni maggiormente
po, incendiano alcune baracche e teressate come presenza, e cioè
roulotte e li costringono ad allon- V,VI,VII e VIII con tema “Essere
nomadi in città”. In quella occatanarsi .
Nonostante
l’altissimo
prez- sione gli amministratori prendevazo pagato dagli zingari durante no l’impegno di “…. trovare una
il nazismo,il primo documen- soluzione globale per rimuovere i
to delle Nazioni Unite in cui gli campi da dove si trovano oggi”.
zingari vengono specificamente A seguito di questo incontro, il
istituisce
menzionati,porta la data del 1977. pro-sindaco Benzoni
Si tratta di una risoluzione della una commissione apposita che
Sottocommissione per la lotta studi il problema e arrivi a delle
contro le misure discriminatorie soluzioni e la commissione alla
e la
profine avanza la
tezione delle
proposta della
m i n o ra n ze .
IL 13 FEBBRAIO 1980 GLI AMMINIScostituzione
In questa TRATORI PRENDEVANO L’IMPEGNO
di un mega
campo al di
r i s o l u z i - DI “…. TROVARE UNA SOLUZIONE
GLOBALE.. LA COMMISSIONE ALLA
fuori del racone,
gli
FINE AVANZA LA PROPOSTA DELLA
cordo anulare
z i n g a r i COSTITUZIONE DI UN MEGA CAMPO
. A distanza
v e n g o n o AL DI FUORI DEL RACCORDO ANUdi 28 anni la
e s p r e s - LARE.
situazione
è
più o meno
samente
definiti la minoranza peggio
trattata nei diversi paesi europei. All’inizio degli anni Ottanta
si verifica un mutamento degli
orientamenti: la convenzione del
la stessa se l’attuale Sindaco Alemanno propone ancora un progetto analogo.
Nel gennaio del 1981 viene abbattuta la baraccopoli del Mandrione
dove alloggiavano i Rom Abruzzesi dal 1937 e il Comune assegna
agli sfollati alcune case popolari
a Spinaceto. Sembrerebbe l’inizio
di una nuova politica abitativa
per i Rom ma si tratta semplicemente di un caso isolato e mai
più
ripetuto.
Lo stesso mese vengono espulse
o disperse le famiglia in sosta
al Flaminio e a novembre del
1982 sgomberato il campo di Via
Filippo Meda che accoglieva rom
sloveni reduci dai campi di concentramento fascisti. Nel mese di
marzo del 1983 vengono espulsi
400 rom prima dal Quarticciolo,
con incendio delle baracche e
roulotte, e successivamente da
Tor Sapienza e da Don Bosco, località dove si erano spostati.
La piena dell’Aniene del febbraio
1984 travolge due insediamenti lasciando senza ricovero 36
famiglie rom, che ottennero dal
presidente della V Circoscrizione
l’autorizzazione a sostare su un terreno comunale in Via Salviati.
Questa fu la prima volta che un
amministratore concedeva formalmente un luogo di sosta, seppur in via eccezionale, a famiglie
Rom.
3. i ROM A ROMA, DAGLI ANNI '80 AI GIORNI NOSTRI
SITUAZIONE LEGISLATIVA, NASCITA DEI CAMPI E LORO LEGITTIMAZIONE
Esiste una storia fascista dei campi, veri e propri campi di concentramento realizzati in base ad una circolare
dell’11 settembre 1940. La storia democratica dei campi nasce molto più tardi. E’ una storia ormai trentennale e si sviluppa attraverso l’elaborazione di diversi dispositivi, risposte strategiche ad emergenze di natura
diversa, dalla scolarizzazione dei bambini rom che ha portato alla creazione dei campi sosta, alla accoglienza
dei profughi dall’ex Jugoslavia tra il 1991 al 1999 che ha portato ad estendere l’idea di campo sosta a quella
di campi profughi. Ultimo passaggio in questa elaborazione del dispositivo campo è l’emergenza determinate
dall’ingresso della Romania, dal primo gennaio 2007, nell’Unione Europea (Francesco Careri)
Si è assistito al carattere irrazionale del trattamento del “problema Rom” da parte delle amministrazioni
locali, a causa dell’investimento ideologico di cui esso è oggetto: nonostante l’ esiguità delle dimensioni
(alcune decine di migliaia di persone in tutta Italia, poche migliaia nelle poche grandi città in cui c’è qualche
concentrazione), nonostante soluzioni semplici e razionali siano a portata di mano, il problema è apparso a
tutte le amministrazioni capitoline intrattabile.
Oggi l’allarme sicurezza amplifica il rifiuto nei confronti dei Rom, spinge le amministrazioni a interventi
incentrati su obiettivi di controllo, nel migliore dei casi legittima i tradizionali interventi in termini di emergenza. Per i Rom questa congiuntura significa degrado delle condizioni abitative e crescita dell’insicurezza
territoriale.
Il campo come prodotto amministrativo rappresenta però una realtà sui generis, che merita una particolare attenzione. La sua matrice ideologica è chiara: è nato da una visione assimilazionistica del rapporto
tra Rom e società locali (ipotesi di sedentarizzazione e di “integrazione”), ed esprime un’intenzione di controllo della presenza degli “zingari” sul territorio, circoscrivendola nello spazio (Piasere 1991, Karpati 1998).
Questa seconda finalità soprattutto segna irreparabilmente l’esperienza dei campi nomadi. Ne determina
l’urbanistica: una “urbanistica del disprezzo”, per citare la fortunata definizione di Corrado Marcetti e Nicola
Solimano (1993).
E così dagli anni ’80 in poi, fino ai nostri giorni, pur cambiando amministrazioni, si legalizza e si giustifica il
campo come ghetto, lo si costruisce lontano dalle aree abitate e dai collegamenti per non far più ritornare
i Rom in città, per renderli invisibili in favelas di container, recintate, e controllate all’ingresso con l’ uso di
telecamere. All’ interno rimane una ambigua sospensione della legalità, come già nei CPT, e nessuno potrà
sapere cosa vi accade, anche per entrare all’ interno ci vogliono permessi speciali.
Arriva Rutelli, poi arriva Veltroni. Poi cade il governo Prodi, e si va al voto, e finisce rovinosamente l’esperienza
di Veltroni che consegna alla destra il paese e la città. Il tema della sicurezza ha rappresentato il cavallo di
battaglia della destra che la sinistra moderata ha cavalcato finendone travolta.
Oggi governo nazionale e amministrazione capitolina marciano a suon di decreti e di ordinanze per la sicurezza e il decoro, e i primi a farne le spese, sono i Rom, e si mascherano ghetti con il nome di “villaggi
della solidarietà”.. come se ripristinassero la sedia elettrica con un occhio all’ ambiente, e la
facessero a pannelli solari.
Nessuna amministrazione ha capito che aiutare a uscire dal disagio le famiglie non è un’impresa troppo
onerosa, ma piuttosto un investimento per il futuro del nostro paese. Una società come quella italiana, che
non si riproduce è una società malata. Tale giudicheremmo qualunque società animale.
ANNI ‘80
Gli anni ’80 aprono le porte alla legittimazione del campo rom, e man mano col passare del tempo lo si
identifica come unica soluzione abitativa per i Rom/Sinti.
C’è da distinguere comunque le leggi che appartengono agli anni ’80 dalla svolta degli anni
’90. Il riconoscimento dello status di minoranza a Rom e Sinti e la tutela della loro cultura, sembra il prin-
cipio guida che ispira le specifiche leggi regionali che vengono emanate a partire dalla metà degli anni Ottanta. A quella della Regione Veneto (1984) fanno seguito quella del Lazio (1985), della Provincia autonoma
di Trento (1985), della Sardegna (1988), del Friuli Venezia Giulia (1988) dell’Emilia Romagna (1988), della
Toscana (1989) e via via di altre regioni.
Elemento comune a queste leggi è il riconoscimento del nomadismo come tratto culturale caratteristico, ne
consegue la tutela del diritto al nomadismo e alla sosta nel territorio regionale.
Anche se non mancano riferimenti ad altri aspetti delle condizioni di vita (sanità, istruzione, lavoro) è centrale nella proposta di intervento (anche per i limiti oggettivi dell’intervento in altri campi) l’allestimento di
aree attrezzate per la sosta dei nomadi.
Nonostante alcuni effetti positivi che queste leggi producono anche a livello nazionale, se non altro perché
attivano la discussione sulla condizione generale di Rom e Sinti nel nostro Paese, rimangono alcuni limiti. Il
12
13
primo ha a che fare con l’idea stessa che il Rom si identifichi con il nomade.
Questo poteva, forse, essere ancora in gran parte vero all’inizio degli anni Ottanta ma certamente non lo è
più oggi. Toscana ed Emilia Romagna hanno apportato nel tempo modifiche al testo della legge per adattarla
alle nuove situazioni (la stanzialità è decisamente in aumento rispetto al nomadismo).
Il secondo limite sta nella frequente ritrosia dei comuni ad applicare le leggi regionali (molti non accedono
nemmeno ai fondi stanziati) o ad allestire campi in base a quanto la regione, in ottemperanza alle disposizioni europee, ha previsto.
Il risultato è: pochi campi strutturati e a norma di legge, molti campi selvaggi male serviti e che incoraggiano
la ghettizzazione dei rom più che facilitarne l’integrazione.
1985: Nel 1985 UNA SECONDA
CIRCOLARE, che si richiama alla
precedente (quella del 1973), insiste perché sia garantita “una
reale uguaglianza degli appartenenti ai gruppi – tra l’altro in
grande maggioranza di cittadinanza italiana – e gli altri cittadini” e
si fornisca “una adeguata risposta
ai bisogni primari delle popolazioni nomadi, che al contempo
sia
rispettosa della cultura e
delle tradizioni di vita, estremamente diversificate tra l’altro,
delle varie etnie che si ricomprendono nel nomadismo”.
Colpisce positivamente di questa
circolare il riferimento esplicito
alla specificità etnica, alla diversità culturale che Rom e Sinti
esprimono, elemento questo assolutamente non trascurabile se si
vuole affrontare in modo corretto
il problema dell’integrazione di
questi gruppi nella società maggioritaria.
Resta, semmai, tutta aperta, come
si è già detto, la questione di quale
significato attribuire a questa differenza e di quale uso farne nella
programmazione degli interventi.
Il 24.05.1985 nasce la LEGGE REGIONALE n.82 DELLA REGIONE
LAZIO, che “detta le norme per la
salvaguardia del patrimonio culturale e l’ identità dei “Rom” per
evitare impedienti al diritto al nomadismo ed alla sosta all’ interno
del territorio regionale nonché
alla friuzione delle strutture per la
protezione della salute e del benessere sociale”. L’ ubicazione
dei campi, che dovevano avere
una superficie non minore di
2000 mq e non maggiore di
4000 mq, doveva evitare ogni
forma di emarginazione urbanistica ed essere individuata
in modo da facilitare l’ accesso
a servizi pubblici. Era classificata come Zona F .
Inoltre per la prima volta
l’Amministrazione comunale decide di affrontare il problema e il
censimento, con le analisi dei dati
raccolti, rappresenta un punto
di partenza fondamentale per la
comprensione della presenza Rom
a Roma e delle problematiche che
ne conseguono.
La Legge Regionale 82/1985 fu
una legge molto avanzata, ma di
fatto molto inefficace e inapplicata. Il “campo” (che salvaguardava
il diritto al nomadismo), la sua
ubicazione all’interno del tessuto
urbano, il tipo di vigilanza prevista al suo interno erano finalizzati all’integrazione e non, come
si tenterà di fare nelle leggi successive, al controllo e alla sedentarizzazione forzata. Nonostante
ciò continuarono in quegli anni
le attività repressive delle forze
dell’ordine, come l’intervento nello
stesso anno 1985, nel campo autorizzato del Comune di Via Salviati: campo che sarà il primo veramente attrezzato della Giunta
Rutelli e consegnato alle famiglie
rom nel ‘94 (ben dieci anni dopo
l’entrata in vigore della legge).
1986: Nel Gennaio dell’ 86 Il
PRIMO “PIANO CAMPI” in attuazione della legge regionale fu
varato dalla Giunta Comunale. Da
il via all’istituzione di campi sosta
e in attesa della realizzazione di
tali aree, autorizza soste provvisorie dotate di alcuni servizi essenziali (cassonetti per la spazzatura e WC chimici). Da allora sono
seguiti interventi di risanamento
su aree occupate abusivamente
o su terreni male attrezzati. Sono
state spese centinaia di milioni di
vecchie lire non tanto per portare
acqua, luce, fognature, ma semplicemente per rimuovere e bonificare le enormi masse di rifiuti accumulati nei campi.
Nello stesso anno fu istituito
presso l’Assessorato ai Servizi
Sociali L’UFFICIO “STRANIERI E
NOMADI”, denominazione ripresa
da uffici analoghi in altri Comuni
italiani, ma che rischia di
rafforzare il pregiudizio che gli
rilevato che “un
primo
fatto irrefutabile è l’inutilità, anzi la
negatività dei provvedimenti di
espulsione… il numero degli zingari
a Roma non è mai diminuito, anzi
è andato aumentando e negli ultimi tempi in modo notevole(…..)
Un altro dato determinante è l’alto
numero di Rom cittadini di Roma.
Nel campione censito il 37,2%
sono cittadini italiani e il 30,1 %
ha la residenza a Roma…”. Ricordando poi che il censimento era
stato effettuato su base volontaria
e applicando i valori medi di costituzione dei nuclei familiari, si ragionava su numeri notevolmente
diversi e più vicini alla realtà dei
fatti, tanto che “(….) il dato di
3.500 presenze del rilevamento
fatto nel 1980 è da ritenersi accresciuto” (Lacio Drom 1997, n°2)
Sempre nel 1986,il 16 luglio il
ministero della Pubblica Istruzione
emana la CIRCOLARE N. 207 che
segna la fine delle convenzioni e
l’assunzione in pieno, da parte delle istituzioni scolastiche, di tutte
quelle competenze che in passato
erano state attribuite all’Opera Nomadi. La circolare stabiliva il principio fondamentale che la scuola
costituiva sì un obbligo per tutti i
bambini rom ma che lo Stato, dal
canto suo, avrebbe dovuto favorire in tutti i modi l’espletamento
di questo obbligo. Si tratta della
bilateralità dell’obbligo scolastico,
principio fondamentale oggi de-
“Zingari” siano tutti stranieri-quindi rinviabili ad una ipotetica “patria” di provenienza-e tutti nomadi
, il che nell’immaginario collettivo
equivale a devianti, asociali, e
pertanto doverosamente soggetti
a rigorosi controlli di polizia. Inoltre, per poter predisporre una programmazione aderente alla realtà,
l’Assessore dispone una indagine
conoscitiva sulla popolazione Rom
presente sul territorio comunale
affidandola all’Opera Nomadi.
Sempre nell’86 viene effettuato
un
CENSIMENTO che riguarda
Rom e Sinti con abitazioni mobili
e non quelli residenti in abitazioni,
inoltre venivano censiti e registrati su base volontaria, quindi non
comprendeva la totalità dei presenti pur potendosi considerare
abbastanza rappresentativo.
Viene registrata la presenza di
circa 2000 Rom distribuiti in 36
campi, di cui i più popolosi o comunque destinati a soste prolungate erano:
-sul Tevere all’altezza di Via della
Magliana
-in Via Ardeatina, all’interno di
una pineta
-vicino l’Acquedotto Felice, in Torre
del Fiscale
-lungo Via Cristoforo Colombo, in
vari piccoli insediamenti
-in Via Casilina al civico 900
-in Via Salviati
-in Via Tiburtina, sugli argini
dell’Aniene
-in varie aree di parcheggio a Tor
Bella Monaca
-a Dragona e San Giorgio di Acilia
-in Via di Tor Marancia
Altri piccoli insediamenti erano
sparsi a Tiburtino, Centocelle, San
Basilio, Pietralata, Ponte Mammolo
e Casal Bruciato. Alcuni ospitavano brevi soste per famiglie di passaggio che si fermavano qualche
tempo, altri costituiti da famiglie
di giostrai accampati intorno alle
loro giostre.
E’ interessante ricordare l’analisi
dei dati raccolti dai quali viene
cisamente in ombra.
1987: Ormai la questione Rom è
sempre più pressante e nel 1987
la Giunta Signorello delibera la
realizzazione del primo campo
sosta attrezzato in Vicolo Savini,
destinato ad ospitare 40 nuclei
familiari. Si continua comunque
a lavorare sull’emergenza, senza
riuscire a mettere in piedi una
politica omogenea rispetto alla
problematicità dei fatti. I rapporti
tra cittadini e Rom continuano ad
essere tesi e raramente si va oltre
NEL CAMPIONE CENSITO IL 37,2% SONO CITTADINI ITALIANI E IL
30,1 % HA LA RESIDENZA A ROMA…
la diffidenza o addirittura l’aperta
ostilità. Non si riesce a trovare un
punto d’incontro tra le due culture
e si assiste al solito scambio di accuse tra chi non vuole gli “zingari”
perché ladri, sporchi e cattivi e chi
controbatte con accuse di razzismo e tentativi di omologazione.
Le varie amministrazioni succedutesi
alla
guida
della
città
iniziano un percorso per
l’istituzione di campi sosta, ma
si scontrano con l’ostilità dei cittadini e la difficoltà conseguente
a reperire aree perché “nessuno
vuole avere gli zingari nei pressi
delle loro case.”
1989: Con la fine degli anni Ottanta e la CIRCOLARE DEL M.P.I.
N. 301 DELL’8/9/1989 irrompe la
prospettiva interculturale, consolidata poi dalle Pronunce del Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione. In una di queste (quella del
26/6/1993: “Pronuncia in merito
alle minoranze linguistiche”) tra le
cosiddette “isole linguistiche” accanto ad albanesi, catalani, franco-provenzali ecc.,vengono menzionate anche “le due comunità di
stirpe zingara,i Rom e i Sinti”. Dato
di un certo rilievo se si pensa che
a dieci anni di distanza (dicembre
1999) il Parlamento italiano ha
varato una legge (la n. 482), in
applicazione del dettato costituzionale, che non contempla i Rom
e i Sinti tra le minoranze linguistiche storiche da tutelare.
ANNI ‘90
Se il riconoscimento dello status di minoranza a Rom e Sinti e la tutela della loro cultura erano il cavallo
di battaglia delle leggi degli anni ’80 (seppur cavalcato male), gli anni ’90 aprono la strada a ben altre leggi,
con altri toni: si sente parlare solo di sicurezza (non la loro), controllo, telecamere e ancora controllo, ancora
sicurezza; si iniziano a costruire quei famosi campi attrezzati nelle aree più desolate della città, in quella
periferia già piena di focolari sociali...; si sgomberano man mano i campi all’ interno della città con il preciso
obbiettivo di spedire tutti i Rom fuori dal raccordo anulare, una sorta di “classificazione” sociale, (sembrava
sparita ormai da secoli): il ricco qui, il povero la, lo straniero qui, i Rom nel campo.
I Rom intanto sono aumentati in poco tempo, già alla fine degli anni ‘80 infatti si iniziava ad assistere ad un
fenomeno migratorio dall’Est europeo dovuto alla crisi che attraversava il Paese, intensificato poi negli anni
’90, con le guerre nell’ ex Jugoslavia.
Migliaia di Rom fuggono soprattutto dalla Bosnia per sottrarsi ai massacri etnici che stanno avvenendo e
parecchi di loro giungono a Roma. Pur nella condizione di poter essere considerati rifugiati politici come
prevede la legislazione internazionale (persone in fuga dalla conflitto croato-serbo-bosniaco degli anni ’92’95), la maggior parte di loro non ne fa nemmeno richiesta. Anche a chi lo richiede non viene riconosciuto lo
status di rifugiato perché “… la risposta del Governo italiano consiste nel tentativo di ignorare il problema…
Le sedi ufficiali negavano che l’aumento degli accampamenti Rom fosse riconducibile alla guerra nella ex Jugoslavia… negando anche la condizione di sfollati prevista dalla legge 390/92”(G. Schiavone). Insomma
per l’ennesima volta, i Rom erano Rom e pur avendone tutte le caratteristiche, non potevano
essere né rifugiati politici né sfollati . Ciò di fronte alla quale ci troviamo è una situazione
paradossale di profughi di guerra che per il fatto di essere Rom non possono godere degli
stessi diritti di un qualunque cittadino di un qualunque altro stato.
14
15
ad un piano di realizzazione di
campi attrezzati in 9 aree di proprietà del comune. La nuova delibera introduceva per la prima
volta l’ idea di “Campo” : Il campo
diventa un’ area “esclusiva” e vigilata.
L’accesso al campo,che era disciplinato quotidianamente dai Vigili Urbani del competente Gruppo
Circoscrizionale, veniva consentito
alle famiglie Rom in regola previa compilazione di un apposito
modulo indicante le generalità del
capo famiglia, dei componenti il
nucleo familiare, il numero e la
targa delle roulottes e degli automezzi di proprietà del nucleo
stesso nonché gli estremi del permesso di soggiorno.
1994: Nel 1994 il ministero dell’Interno pubblica, a
cura dell’Ufficio centrale per i
problemi delle zone di confine e
delle minoranze etniche,IL PRIMO
RAPPORTO SULLO STATO DELLE
MINORANZE IN ITALIA,con un
capitolo dedicato agli zingari in cui
si legge,tra l’altro:l’inserimento
degli zingari nella comunità nazionale in un processo di lento
assorbimento,non ha finora funzionato, né ha grandi possibilità di
riuscita perché ci si trova di fronte
a un gruppo con caratteristiche di
comportamento e di cultura diverse rispetto ad altre minoranze
linguistiche.Un lungo processo di
maturazione all’interno del gruppo
si rende necessario perché affrontino con serenità il problema della
socializzazione e del rapporto di
convivenza con l’elemento locale a
più immediato contatto. “L’utilizzo
decisamente improprio del termine socializzazione,in questo
caso,svela che l’adattamento cui
qui ci si riferisce è quello ai nostri valori.Quando si dice l’ideologia
della differenza (..)”(C. Marta)
1995: Il RAPPORTO DEL COMITATO EUROPEO SULLE MIGRAZIONI DEL CONSIGLIO D’EUROPA (5
MAGGIO 1995) ribadisce come
siano destinati a fallimento tutti
i progetti che non coinvolgono gli
zingari in prima persona. “Forse
è ormai tempo che noi gagé non
pretendiamo più di sapere che
cosa è bene per gli zingari, ma
che, limitandoci ad affiancarli con
un’azione di sostegno, lasciamo
a loro la parola, perché, soggetti
primi ed accreditati presso i poteri
locali, ottengano il pieno rispetto
La condizione di profugo
1991: La CIRCOLARE DELL’
18/1/1991,dal titolo “Insediamenti di nomadi, zingari ed extracomunitari. Attività di vigilanza e
controllo”,apre il decennio con toni
ben diversi dai precedenti. Pur
deprecando gli episodi di intolleranza e di rifiuto nei confronti degli zingari,che si esprimono –viene
detto– con “atti di aperta e talora
cruenta ostilità”,la circolare sembra volerli quasi giustificare –è
stato fatto notare da Mirella Karpati – con comportamenti e pratiche attribuibili agli stessi zingari
quali: “l’accattonaggio molesto, la
chiromanzia e, nelle ipotesi peggiori, la commissione di reati contro il patrimonio e in materia di
stupefacenti”. Tutto ciò esige,
si sottolinea nella circolare,
una ferma azione di controllo e di vigilanza. Il ministero
dell’Interno torna così al ruolo che
gli è più consono.
1992: Per far fronte alla grave
situazione in cui si trovarono gli
sfollati delle repubbliche sorte
nei territori della ex Jugoslavia, il
governo è autorizzato ad effettuare interventi di carattere straordinario da cui il DECRETO-LEGGE
24 luglio 1992 n.350 (convertito
nella legge n. 390 il 24 settembre
1992): “Interventi straordinari di
carattere umanitario a favore degli sfollati delle repubbliche sorte
nei territori della ex jugoslavia,
nonché misure urgenti in materia
di rapporti internazionali e di italiani all’estero”.
Gli interventi straordinari sono inoltre diretti a fronteggiare le esigenze degli sfollati accolti sul territorio nazionale, connesse alla
ricezione, al trasporto, all’alloggio,
al vitto, al vestiario, all’assistenza
igienico sanitaria, all’assistenza
socio-economica, e a quella in favore dei minori non accompagnati, nonché al rimpatrio o trasferimento degli stessi.
La condizione di profugo è legata al concetto di cittadinanza ossia
all’esistenza dello Stato come lo conosciamo oggi. Fin dai primi
documenti del XV secolo a nostra disposizione appare chiaro
che gli zingari entrano in Europa col preciso progetto (inconscio
probabilmente; ma non per questo meno sentito) di non entrare
e di non essere coinvolti nel meccanismo politico di dominanza/
sottomissione in vigore fra gli europei. In secoli in cui stanno nascendo gli moderni Stati nazionali essi diventano non un grande,
ma certo fastidioso problema da debellare. E’ attorno al concetto
di Stato che si costruisce lo “straniero” nel senso in cui lo intendiamo noi oggi. Lo Stato emana prescrizioni e proscrizioni, le
prime, rivolte ai suoi “cittadini”, le seconde, ai “non-cittadini”. I
non cittadini non sono solo gli stranieri, cioè coloro che abitano al
di là dei confini dello Stato, ma anche quei non stranieri che non
sono riconosciuti degni di avere accesso alle risorse materiali e
giuridiche dei cittadini. Tra questi vi sono i non-sedentari che un
tempo venivano chiamati vagabondi. Ecco perché l’essere nomadi e l’essere stranieri sono spesso equiparati. In questo modo
zingari e nomadi rimangono fuori dallo Stato, considerati pericolosi, “ultimi anarchici”. Questa operazione ha portato i nomadi,
zingari ad occupare un posto limite fra i più lontani da noi, quasi
fuori dal sistema. A tutt’oggi ordinanze e delibere portano questa
analogia zingaro/nomade=straniero fortemente presente anche
nell’immaginario collettivo secondo il quale il nomade=straniero
non deve godere dei diritti di un cittadino. La condizione di profugo invece è quella di un cittadino o quasi cittadino pro-tempore.
Possono gli zingari essere considerati profughi? Se la condizione
dello zingaro è, de jure o de facto, la condizione di non-cittadino,
sia esso uno zingaro nostrano sia esso uno zingaro straniero,
allora certo non può essere un profugo, il quale è sempre un neocittadino, o quasi. I tentativi di applicare questo procedimento
ideologico ai rom profughi dall’ex Jugoslavia è stata una delle
operazioni antizingare più evidenti a cui si abbia assistito durante
quegli anni. (da l’urbanistica del disprezzo.. pagg 23-27)
E’ in questa situazione di forte emergenza che, nel novembre del
1992, l’Amministrazione Comunale di Roma - ultima Giunta Carraro - prende atto della necessità di governare il fenomeno ormai
massiccio degli immigrati e delle comunità di Zingari presenti sul
territorio cittadino, attraverso l’istituzione dell’Ufficio Speciale per
l’Immigrazione, avente principalmente i compiti di attivare servizi di accoglienza e sostegno. Si cerca in questo modo di creare
rispetto alle giunte precedenti una politica di assistenza di tipo
diverso. (da lacio drom-n. 2/1997 pag 10)
Il comma tre specifica che
sono prioritariamente utilizzati immobili o aree demaniali e altri edifici di proprietà
pubblica, all’uopo mantenuti o
rimessi in efficienza, compatibilmente alle esigenze da fronteggiare. Venivano stanziati, per
l’ anno 1992, lire 125 miliardi .
E’ in questa situazione di forte
emergenza che, nel novembre
del 1992, l’Amministrazione Comunale di Roma - ultima Giunta
Carraro - prende atto della necessità di governare il fenomeno
ormai massiccio degli immigrati
e delle comunità Rom presenti
sul territorio cittadino, attraverso
l’istituzione dell’UFFICIO SPECIA-
LE PER L’IMMIGRAZIONE, avente
principalmente i compiti di attivare servizi di accoglienza e sostegno. Si cerca in questo modo di
creare rispetto alle giunte
precedenti una politica di assistenza di
tipo diverso.
1993: Con la Giunta Rutelli a
partire dal 1993 verranno adottati provvedimenti volti a mantenere servizi essenziali presso
i circa 36 insediamenti spontanei esistenti sul territorio cittadino. Di fondamentale importanza sarà l’approvazione nel 1993
del “REGOLAMENTO PER I CAMPI
SOSTA ATTREZZATI DESTINATI
ALLE POPOLAZIONI ROM O DI
ORIGINE NOMADE”, conseguente
16
dei loro diritti fondamentali” (Karpati 1998,). Ma i progetti avviati
in questi anni, i nuovi campi nascenti, non coinvolgono assolutamente le comunità, diciamo che
le amministrazioni non hanno per
niente recepito questo consiglio.
L’amministrazione comunale non
ignora il problema della presenza
Rom sul territorio, in considerazione dell’aumento numerico e delle condizioni in cui sono costretti a
vivere la maggior parte di loro. Al
nuovo campo sosta attrezzato di
Via Salviati realizzato nel 1994 si
aggiungono altri quattro campi nel
1995 e nel novembre dello stesso
anno la Polizia Municipale realizza
un nuovo censimento delle persone presenti.
Nei giorni 14-15-16 NOVEMBRE 1995 i Vigili urbani del Comune di Roma eseguono un
CENSIMENTO delle persone insediate nei vari campi esistenti sul
territorio,rilevando non solo i dati
personali (compresa fotografia) e
la posizione nel nucleo familiare,ma
anche la situazione alloggiativa e
la proprietà di eventuali autoveicoli. Sono stati così censiti in 50
insediamenti 5.467 individui, cifra
che non corrispondeva alla totalità
dei Rom a Roma, in quanto a priori
sono stati esclusi quelli residenti
in case di proprietà o in appartamenti in affitto (più di un migliaio,
nella grande maggioranza Rom
Abruzzesi), mentre i Sinti nomadi
(circa un migliaio a Roma) si sono
rifiutati in generale di farsi censire,
ritenendo tale provvedimento discriminatorio nei loro confronti, in
quanto cittadini italiani con regolare iscrizione anagrafica per molti
a Roma stessa.
Evidentemente si sono sottratte al
censimento anche alcune persone,
che temevano di essere individuate dati i loro precedenti. I Rom
stranieri hanno invece corrisposto
volonterosamente, ritenendo il
censimento un primo passo per
la regolarizzazione della loro posizione.
E’ importante perché per la prima
volta i dati vengono registrati in
maniera ufficiale e in modo omogeneo su tutto il territorio. Ad ogni
nomade viene rilasciata una copia
della “scheda di censimento” che
contiene i dati anagrafici, una foto,
la composizione del nucleo familiare e notizie sulla condizione abitativa. A tutt’oggi le schede hanno
enorme importanza per i Rom, che
la intendono come una sorta di
“certificazione” che attesta la presenza e la regolarità sul territorio,
spesso anche l’unico documento in
loro possesso.
1996: La prima conseguenza del
censimento fu L’ ORDINANZA N.80
DEL 23 GENNAIO 1996 del Sindaco Francesco Rutelli, contenente le
“Direttive per la verifica delle presenze dei nomadi nei campi sosta
e negli insediamenti spontanei
dislocati sul territorio cittadino”.
L’Ordinanza 80 non rileva o aggiunge nuove aree rispetto a quelle
già occupate. Da allora dei 50
campi dell’Ordinanza 80 si è passati a 22 campi ufficiali e non
perchè il numero dei Rom sia diminuito o il problema sia stato
risolto.Secondo l’ordinanza “l’ inserimento e la permanenza dei
nomadi nei campi sosta attrezzati
definitivi o provvisori e in qualunque altro insediamento come
sopra consentito nel territorio cittadino sono subordinati a specifica
autorizzazione da rilasciarsi a cura
dell’Ufficio Speciale Immigrazione
ai sensi dell’Ordinanza n.576 del
26 settembre 1994, previa verifica
dell’Ufficio Stranieri della Questura
del possesso dei prescritti requisiti
soggettivi (regolarità o possibile
regolarizzazione del permesso di
soggiorno) e da parte del XI Dipartimento del rispetto nei confronti
dei minori della normativa relativa
all’assolvimento dell’obbligo scolastico”.
Anche ogni spostamento da un
insediamento all’altro deve essere
previamente autorizzato. Inoltre
“gli insediamenti ritenuti più problematici devono essere presidiati
dai Vigili urbani, in particolare dai
Nuclei Assistenza Emarginazione
(NAE)”. In sostanza provvedimenti
miranti al controllo e alla sedentarizzazione forzata, ben lontani
dalle premesse della Legge Regionale 82/85, che emana norme “per
evitare impedimenti al diritto al
nomadismo e alla sosta all’interno
del territorio regionale” (art. 1) .
Per raggiungere l’obiettivo di una
dignitosa accoglienza delle comunità zingare e per promuovere una
loro integrazione sociale e lavorativa nella città sono stati stanziati
ed utilizzati per l’anno 1996 più di
6 miliardi e mezzo di lire, ai quali
deve aggiungersi un miliardo per il
servizio di integrazione scolastica
dei minori rom.
17
Rispetto al problema abitativo, l’Amministrazione intendeva
proseguire su tre tipi di sistemi
insediativi:
insediamento stabile – per chi
intende fermarsi con container o
roulotte personali e spazi comuni
per la vita collettiva;
aree di transito – per famiglie
itineranti che si fermano per brevi
periodi;
sistemazione residenziali – per
le famiglie che intendevano accedere a sistemazione in appartamenti IACP;
Il Comune di Roma ha affidato
all’Arci Solidarietà e all’Opera Nomadi un piano di interventi di sostegno sociale, di manutenzione
ordinaria e di intermediazione organizzativa con l’obiettivo di ge-
stire i campi sosta realizzati, ma
per i quali non è stato possibile attivare i meccanismi di autogestione e di controllo previsti dal regolamento e dalle delibere istitutive.
E’
stata
scelta
la
strada
dell’affidamento a trattativa
privata per “intervenire preventivamente e tempestivamente sui
processi di degrado dei campi sosta”, ricorrendo ai due organismi
del volontariato che già lavorano
per l’integrazione sociale e scolastica. La convenzione ha coperto il
trimestre ottobre-dicembre 1996
per un impegno di spesa di quasi
150 milioni e mezzo di lire.
Rispetto ai 50 campi censiti, solo
27 di questi, i più grandi, potevano dirsi attrezzati o dotati dei servizi essenziali, mentre tutti gli altri
erano piccoli insediamenti costituiti da roulotte o baracche senza
alcun servizio fornito.
Rispetto invece alla realizzazione
di nuovi campi Luigi Lusi (delegato del Sindaco per i Campi Rom)
dichiara nel 2000: “ ..dalla fine di
marzo 1999 abbiamo cambiato la
linea di intervento per quanto riguarda i rom… d’ora in poi non si
faranno più campi ma villaggi con
acqua, luce, gas e prefabbricati,
moduli abitativi di 33 mq per 5 o 6
persone, con un bagno autonomo”
. Proseguendo con le iniziative intraprese nei campi di Casilino 700
e Salviati 2 e quelle future “…alla
fine di luglio ne apriremo un altro
a Tor de’ Cenci che sarà il campo
migliore non d’Italia ma d’Europa
e… in sostanza apriremo 5 villaggi
per 1300 persone entro il 2000” .
1999: L’ Ufficio centrale per i
problemi delle zone di confine
e delle minoranze etniche cura,
nel 1999, la stesura del rapporto dell’Italia in virtù dell’art. 25,
paragrafo 1, della Convenzione
quadro per la protezione delle minoranze nazionali, che il nostro
Paese ha ratificato il 3/11/97 e
che è in vigore dall’1/3/98 (legge
302 del 28/8/97). Qui si specifica
che secondo il sistema giuridico
italiano la nozione di minoranza è
esclusivamente collegata a quella
di minoranza linguistica sulla base
dell’art. 6 della Costituzione.
Tutti gli altri elementi che possono
caratterizzare una minoranza (etnia, religione, razza ecc.) costituiscono oggetto di altri articoli
a carattere generale della nostra
Costituzione. I Rom e Sinti non
sono citati tra le minoranze linguistiche, a dispetto di quanto affermato, per esempio, dalla Pronuncia del Consiglio Nazionale P.I.
e dal 1° Rapporto sulle minoranze
redatto dallo stesso Ufficio del
ministero dell’Interno.
abusivi abitati anche da Rom di cittadinanza italiana, che non sono stati conteggiati).
Si è ormai di fatto concluso il flusso proveniente dai Paesi della ex Jugoslavia (Bosnia, Serbia), ed in forte aumento negli ultimi anni quello proveniente dalla Romania, soprattutto dopo che, nel 2007, la Romania entra
nell’ Unione Europea. Intanto cresce sempre di più il clima di terrore nel quale si vive giornalmente, sembra
che la caccia allo straniero, il soggetto più debole, sia il problema politico più importante da affrontare in
Italia. In nome della tanto acclamata sicurezza e decoro si cerca di allontanare sempre più in aree distanti
dal centro ciò che crea disturbo, fingendo che non esista semplicemente perchè non lo si vede. “In realtà
dietro ogni sgombero esiste un interesse economico molto forte in relazione al valore del terreno sulla base
della presenza o meno di un un campo rom nei dintorni. (Francesco Careri)”
2002: Nel 2002 nasce il PIA-
NO DI INTERVENTO“finalizzato
all’integrazione delle comunità
rom/sinti”. Il presente documento si pone in continuità con le
strategie di intervento definite dalla delibera di Consiglio Comunale
n.31/99 “Linee programmatiche
di indirizzo per gli interventi
dell’Amministrazione
Comunale
finalizzati all’integrazione delle
popolazioni Rom, Sinti e Camminanti”.
La Delibera Consiliare 31/99 individuava due tipologie base per la
prima accoglienza delle popolazioni Rom/sinti sul territorio cittadino
(“campo sosta” e “villaggio attrezzato”).
Riprendendo quanto previsto dalla
Delibera, “La permanenza nelle
aree di sosta e nei villaggi deve
essere pertanto considerata una
soluzione provvisoria, di breve o
medio termine,in vista del passaggio ad una soluzione abitativa stabile in civile abitazione
da
realizzarsi secondo regole e
modalità comuni a tutti i cittadini.
Ed il villaggio stesso, essendo il
luogo nel quale questa transizione
deve avvenire, va quindi concepito come un “incubatore” di quel
processo di integrazione socio
culturale al quale si faceva riferimento. Risulta del tutto ovvio che,
affinché ciò sia possibile, una volta
realizzata materialmente la struttura abitativa, essa dovrà essere
accuratamente e costantemente
gestita e dovranno essere realizzate tutte le forme progettuali di
intervento sociale che possano,
attivando le risorse del territorio
circostante e quelle interne alla
comunità ospite, perseguire
Una delle questioni ancora irrisolte rimaneva quella dei vincoli della
L.R. n.82/1985, che considerava adatte per i campi sosta attrezzati
le sole aree finalizzate a servizi ( zone omogenee F, infatti la legge
cercava in questo modo di “evitare ogni emarginazione urbanistica”) Ma il Comune, ha più volte sollecitato l’approvazione di una
nuova legge organica, i cui aspetti più significativi sarebbero dovuti
essere:
- la possibilità di localizzare i campì anche in aree destinate dal
piano regolatore a verde e ad uso agricolo, distinguendo inoltre le
aree per la residenzialità e quelle per il transito;
- la possibilità di attrezzare campi sosta provvisori;
- la necessità di adottare un piano regionale dei campi sosta e
transito per stabilire una razionale distribuzione su tutto il territorio
regionale;
- l’individuazione di competenze e procedure per l’orientamento al
lavoro, la formazione professionale e il sostegno all’occupazione;
- la disciplina del problema della scolarizzazione;
- l’assistenza sanitaria per i Rom e Sinti esclusi dal Servizio Sanitario Nazionale la necessità dì adeguati finanziamenti per i campi e
i servizi.
ANNI 2000
La presenza Rom a Roma si trasforma definitivamente assumendo i connotati della stanzialità. Spariscono
i vecchi mestieri che avevano caratterizzato il popolo Rom, l’artigianato del ferro e del rame, l’arte circense,
la cura dei cavalli e con loro scompare una parte della tradizione. Le nuove generazioni in moltissimi casi non
hanno mai abbandonato il territorio comunale e quando lo fanno è solo per brevi periodi.
Nei 6 anni successivi al censimento del 1995 la situazione è andata modificandosi sia per le dinamiche interne alle varie comunità, ma anche per gli interventi di natura istituzionale che hanno portato alla chiusura
di numerosi insediamenti (da 51 insediamenti ai 22 attuali). L’Amministrazione ha continuato a monitorare
la situazione mediante una serie di censimenti condotti nel corso del tempo sui singoli insediamenti.
Dall’integrazione dei dati originari del censimento cittadino del 1995 con quelli acquisiti su scala locale negli
anni successivi risulta che il numero totale delle presenze sul territorio comunale assomma a circa 6.500
unità distribuite in 22 insediamenti.(Esistono una serie di “microinsediamenti” costituiti da roulottes, o campi
l’obiettivo della graduale
fuoriuscita delle famiglie dal
villaggio verso una soluzione abitativa stabile, legata
ad un effettivo inserimento
socio-economico”.
18
Si prevedevano tre diverse tipologie, che si sviluppavano in diversi
modelli alloggiativi e differenti livelli di azione socio-integrativa:
1) Le aree di sosta temporanea: dove era prevista H24 anche
con l’eventuale supporto di personale di istituti di vigilanza privata. Le aree di sosta erano intese
come insediamenti temporanei e
non strutturati. Si prevedeva nel
triennio la realizzazione di 6 aree
della superficie media di circa
1.5/2 et-tari l’una. L’obiettivo era
comunque quello di predisporre
un accoglienza per circa 3.000
persone, circa 80 nuclei familiari.
2) I Villaggi attrezzati: Si trattava di aree attrezzate con opere
di urbanizzazione e prefabbricati
mono familiari assegnati ai nuclei
Rom. Dovevano essere dotate di
spazi comuni, prefabbricati per uffici ed infermerie. La permanenza
era di 36 mesi, eventualmente
rinnovabile. “Lo scopo è infatti
quello di avviare un percorso integrativo finalizzato ad inserimento
abitativo (“Terza Tipologia”)”.
Era previsto un servizio di vigilanza H24, con il supporto costante
della Polizia Municipale.
Le Aree erano di circa 1 ettaro
di estensione. Non richiedono
requisiti di edificabilità gra-
zie all’utilizzo di moduli abitativi prefabbricati (conside-
rati mobili). L’estensione prevista
permette di creare spazi verdi e
spazi comuni,oltre ad una viabilità
interna adeguata. Il modello urbanistico era analogo a quello già
sperimentato negli ultimi villaggi
realizzati (Candoni, Tor de Cenci,
ecc…). Si prevedeva nel triennio
l’attivazione complessiva di 12 villaggi attrezzati. Quattro sono già
realizzati, due in via di completamento. Era quindi necessario
realizzare altri 6 villaggi. Per ogni
Villaggio Attrezzato si prevedeva
una accoglienza per circa 250 persone, per un totale – in 12 Villaggi
– di circa 3.000 persone.
3)
L’inserimento abitativo:
Era necessario mettere i Rom in
condizioni di accedere ai diversi
strumenti previsti (buoni casa,
contributi all’affitto, ecc). Ciò attraverso un percorso di tutoraggio
da sviluppare durante il periodo
(36 mesi) di permanenza nei villaggi attrezzati.
Nei villaggi attrezzati esistevano
già nuclei in grado di sostenere
anche economicamente una simile
soluzione. In sintesi, il programma prevede che Roma, nel prossimo triennio, sia dotata di 6 aree
di sosta temporanea e 12 Villaggi
"Io capisco Alemanno, e condivido perfino alcune
cose che vuole fare in materia di sicurezza. Per
il sindaco deve sapere che se vuole cacciarci via
tutti, se vuole mandarmi via dal mio paese, dove
sono cresciuta e dove e' nato da otto mesi anche mio nipote, se vuole spedirmi non so dove
perche' questa e' la mia terra, allora deve cacciare anche i nostri morti che sono sepolti al
cimitero di Prima Porta". (Parla Umiza Halilovic, prima
donna eletta portavoce di un campo rom a Roma, il Cesare Lombroso, che sorge in pieno XIX municipio, nel quadrante nord-ovest
della capitale, e dove vivono 155 persone di cui 80 minorenni.)
19
attrezzati, per un totale di 18 insediamenti.
Seppur nasca nell’ ambito della
costruzione del Piano Regolatore
Sociale della città di Roma, mirato all’integrazione delle comunità Rom/Sinti, il piano pone delle
norme rigide sulla sosta nei campi, accesso, permanenza, nei “villaggi”. Il campo che dovrebbe essere un luogo di transito, un luogo
in cui si è soltanto degli “ospiti”,
per molti Rom ormai stanziali è
diventato l’unico posto dove poter
stare. La soluzione trovata è solo
“temporanea” e per i Rom, che
nomadi ormai non lo sono più da
anni, sembra non esistano soluzioni a lungo termine. Il numero
delle persone presenti supera di
gran lunga le 250 previste, addirittura in alcuni posti è triplicato,
così come la grandezza dell’ area,
e la sosta all’ interno del campo,
che ha superato i 36 mesi previsti. In questa legge si svincola il
problema dell’ ubicazione dei campi (al contrario di quella dell’ 85),
e si lascia libera l’ amministrazione di poter spostare un
campo dove vuole.
L’ inserimento abitativo, poi, non
si è mai sviluppato tranne pochi
casi isolati.
2005: Il 14 settembre 2005,
a seguito dell’ordinanza 209 del
12 settembre del sindaco Veltroni, il Comune di Roma sgombera
150 famiglie Rom
di nazionalità bosniaca dal campo attrezzato di Vicolo Savini, nel quartiere Marconi, vicino alla Basilica
di San Paolo fuori le Mura, e le
trasferisce al campo di Castel Romano, in località Monte Melara.
La nuova destinazione dei Rom
si trova lungo la Pontina, assai
fuori dal raccordo anulare, più
vicino a Pomezia che al centro di
Roma, all’ interno di un’area naturale protetta. Il 21 febbraio del
2007 il comune sgombera il campo abusivo di Tor Pagnotta, nel
XII Municipio, lo stesso di Castel
Romano, e trasferisce i 140 montenegrini lì presenti nella Riserva,
dietro il campo ufficiale. E’ chiaro
che questi villaggi della solidarietà vanno a rendere edificabili
porzioni di campagna romana e a
far abbassare i prezzi delle aree.
2007: I dati del CENSIMENTO
DEL NOVEMBRE 2007 mostrano un
quadro molto cambiato e rispetto
al 1995. La presenza di nomadi o
rom a Roma passa da 5.500 ad oltre 12.000; di questi 6.500 alloggiati nei campi dell’Ord. 80 mentre
quasi 6.000 in insediamenti abusivi. Un dato impressionante perché
i campi “storici” fanno registrare
solo un piccolo aumento di presenze, ma quasi lo stesso numero
di persone vive in nuovi insediamenti abusivi.
Si tratta dell’effetto Romania:
l’ingresso del paese nella UE ha
provocato la migrazione di migliaia di persone che, acquisito lo
status di cittadini comunitari, sperano di trovare a Roma possibilità
di vita migliori. Negli insediamenti
vivono in prevalenza Rom rumeni,
mentre gli altri cittadini rumeni
di solito vivono in appartamenti,
anche riunendosi in più nuclei.
Molti dei Rom rumeni, prima di arrivare in Italia, abitavano in una
casa. La città sembra non reggere
un tale afflusso; “per i rom non ci
sono spazi, non c’è possibilità di
lavoro”,dicono, e il fatto che riempiano di baracche le periferie della
città contribuisce all’insofferenza
nel loro confronti. Come al solito
vengono considerati “brutti, sporchi e ladri”. Il clima che si respira
in città è pesante e peggiora ancora di più a seguito di due episodi. Il 17 agosto 2007 Luigi Moriccioli, un pensionato, viene aggredito
da due rumeni all’altezza di Tor di
Valle. Dopo due mesi, il 31 ottobre, nei pressi della stazione di Tor
di Quinto un altro rumeno violenta
e uccide Giovanna Reggiani, una
donna di mezz’età che stava tornando a casa. I giornali non fanno
che parlare di questo, anche se le
notizie vanno avanti, e nonostante
in Italia casi del genere se ne sono
di Maria Elena Vincenzi
21 Febbraio 2009: Via alle
ronde nei campi abusivi “Le
forze dell’ordine non bastano” A coordinare l’iniziativa che va avan-
ti da circa un mese e mezzo e si chiama
“ronde a Roma a partire dal XII Municipio”.
cui al decreto del Presidente del dopo le 22.
Consiglio dei Ministri del 21 mag- Divieto di accendere fuogio 2008, citato in premessa, nel chi fuori dalle aree autorterritorio della regione Lazio, con izzate.
particolare riferimento alle aree Messo a punto dal prefetto
urbane del Comune di Roma e alle Giuseppe Pecoraro nella
sua veste di commissario
zone circostanti”.
Quest’ ordinanza è molto impor- per l’emergenza nomadi,
si tratta del primo “testo
tante poiché da questo momento,
unico” dei campi romani.
tutto ciò che riguarda i Rom è di
L’obbiettivo è chiaro: disdiretta competenza del prefetto,
ciplinare in modo univoco
in questo modo nemmeno i munila gestione e le regole di
cipi possono mettere bocca.
condotta cui i Rom devo2009: Nasce invece a febbraio no attenersi se vogliono
2009, il nuovo “REGOLAMENTO DEI essere ammessi negli
CAMPI”. Proprio in quest’ultimo insediamenti
autorizperiodo forze dell’ordine e amzati, che il Campidoglio gestirà
ministrazione stanno portando
insieme a un Comitato consultivo
avanti i censimenti per controllare
di cui fanno parte, oltre ai rappree requisiti dei Rom ad acquisire il
sentanti del Comune, Asl, vigili del
DAST ( Documento di Autorizza- fuoco, polizia, carabinieri e un delzione allo Stazionamento Tempo- egato rom. Gli unici dove i nomadi
raneo).
potranno vivere, una volta che
Il nuovissimo strumento norma- la nuova disciplina entrerà in vitivo introduce una novità sig- gore. Per conquistare la “residennificatica. Nell’Art. 2.4 dove si za” nel villaggio, che sarà valida
parla di vigilanza sembrerebbe per due anni,bisognerà ricevere
intenzione del Comune affidare l’autorizzazione del Dipartimento
il presidio, fino ad ora assegnato alle Politiche sociali. Chi però ha
a cooperative e associazioni, a subìto una condanna definitiva o
“soggetti selezionati della un periodo di detenzione superiore
vigilanza privata”...”Nel peri- a due anni, non si presenti nemmetro esterno si prevedono, al- meno: verrà respinto. Pesante la
sanzione per
tresì, forme
chi
sgarra:
di vigilanza
l
’
e
s
p
u
lsione
delle Forze
Il campo che dovrebbe essere
dal
campo
dell’Ordine
un luogo di transito, un luogo
entro
48
ore
da
attuare
in
cui
si
è
soltanto
degli
“ospidalla
revoca
con le moti”, per molti Rom ormai stan- (articolo
di
dalità
riteGiovanna
Viziali è diventato l’unico posto
nute più opportune dal
dove poter stare. La soluzione tale)”.
Questore...”
trovata è solo “temporanea” e Cosa questa
assurda, poi. Il presidio
per
i
Rom,
che
nomadi
ormai
ché a nessuno
di vigilanza
non
lo
sono
più
da
anni,
semè mai venuto
fisso
sarà
bra non esistano soluzioni a in mente di
fatto
quintogliere
la
di da vigili
lungo termine.
casa
popolare
urbani
e/o
a chi “sgarra”.
da vigilanza
privata, inizialmente, fin quando STRASBURGO, 25 APRILE 2009.
l’ amministrazione non assumerà CONSIGLIO D’ EUROPA, l’Italia
nuovi vigili.
è seconda in Europa per
“Doppio cordone di sicurezza 24
violazioni dei Diritti Umani
ore su 24: dentro e lungo il periprecipita verso il primato
metro del campo nomadi. Obbligo e
di identificare chiunque entri: sia dell’ orrore..
i residenti, cui verrà
rilas- Nel 2006 era nella media europea:
ciato un tesserino con fotografia e non certo un Paese esemplare, in
dati anagrafici, sia i visitatori oc- quanto rispetto delle minoranze,
casionali. Obbligo di annotare tutti ma neanche una nazione da addigli ingressi su due registri appos- tare per le politiche disumane. Nel
iti. Divieto di accesso, parcheggio 2007 è salita al settimo posto in
e transito di veicoli e motoveicoli. quella che va definita la “classifica
Divieto di ospitare parenti o amici dell’orrore”. Settima su 47 Stati
verificati parecchi, anche da parte
di Italiani. Ma è la goccia finale;
contro i rumeni e i rom in genere si
scatena la furia generale di politici
e cittadini. Si promuovono incontri
tra i Ministri degli Esteri dei due
stati e il Sindaco di Roma vola a
Bucarest per trovare rimedi congiunti al problema. In città intanto
lanciano bottiglie molotov contro
le baracche di rumeni accampati
a Ponte Mammolo sulle sponde
dell’Aniene. La situazione è insostenibile e il Comune promuove
una doppia serie di iniziative: da
una parte si sgomberano gli insediamenti abusivi in collaborazione
con la Questura e dall’altra, tramite l’Ufficio Immigrazione, si propone ai rom rumeni un rimpatrio
assistito con l’assicurazione di un
posto di lavoro in patria.
Dopo le due operazioni congiunte le presenze scendono dalle
5.800 di ottobre 2007 alle 2.500
di aprile 2008, ma la spinta migratoria non si esaurisce. La presenza dei Rom rumeni rappresenterà una costante e come è stato
fatto a suo tempo con i profughi
della ex - Jugoslavia, si proporrà la stessa soluzione campo. A
questo proposito secondo gli ultimi rilievi effettuati dalla Polizia
Municipale a tutto il 2007, i campi
storici dell’Ordinanza 80, attrezzati o semiattrezzati, passano da
27 a 21, i campi diminuiscono ma
nello stesso tempo si ingrandiscono quelli presenti, raggiungendo
le 700 persone, e nascono nuovi
piccoli campi abusivi nei luoghi più
malsani della città, privi di qualsiasi servizio.
2008: ORDINANZA DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI
MINISTRI 30 maggio 2008 “Disposizioni urgenti di protezione
civile per fronteggiare lo stato di
emergenza in relazione agli insediamenti di comunita’ nomadi nel
territorio della regione Lazio”,..
“Considerato che detti insediamenti, a causa della loro estrema
precarieta’, hanno determinato
una situazione di grave allarme
sociale, con possibili gravi ripercussioni in termini di ordine
pubblico e sicurezza per le popolazioni locali” … “Il Prefetto di
Roma e’ nominato Commissario delegato per la realizzazione di tutti gli interventi
necessari al superamento
dello stato di emergenza di
20
membri Ue, un volo verso il basso
che le organizzazioni per i Diritti
Umani percepirono con sconcerto,
perché gli abusi raggiungevano le
fasce più vulnerabili della popolazione, i migranti e le etnie “non
italiche” sia da parte del governo
che da parte delle amministrazioni locali, senza differenze, in
quanto ad efferatezza persecutoria, fra destra e sinistra. Nel 2008
l’Italia è “salita” - come attesta il
Rapporto dell’Ue sull’esecuzione
delle sentenze della Corte europea
dei diritti dell’uomo - al secondo
posto, dietro la Romania, con un
distacco ridottissimo.
La campagna “Sicurezza” è stata in modo infame utilizzata (dal
sindaco di Roma Veltroni ai sindaci leghisti passando per quelli
berlusconiani) per arrivare al tristemente famoso “PACCHETTO SICUREZZA”, del maggio 2009, e
con questo terminiamo la carrellara di leggi proposta.Il pacchetto
introduce il reato di clandestinità
per chi entra o soggiorna illegalmente in Italia, rende legali le
ronde, vieta alle straniere irregolari senza passaporto di riconoscere i propri figli, aumenta a sei
i mesi di permanenza nei centri
d’identificazione
ed espulsione.
Con l’introduzione del reato di
clandestinità, in particolare, tutti gli stranieri senza permesso di
soggiorno rischiano di perdere i
più semplici diritti fondamentali,
come l’iscrizione all’anagrafe dei
figli, mandarli a scuola, farsi curare da un medico e la possibilità di
sposarsi. Si comprende lo schifo a
cui sta assistendo la nostra povera
Italia, immobile, priva di politici
che non si “incazzano” del fatto
che si ripropongono leggi raziali
che sembravano ormai superate,
e misure definibili, senza alcun
21
dubbio, discriminatorie e xenofobe. Si pretendono ronde, tolleranza zero, e poi si danno picconate e si rischia il concreto pericolo
di produrre insicurezza con problemi ben più importanti come la
casa e il lavoro. Se invece si imbocca la via della chiusura e della
repressione nelle leggi e nelle misure amministrative, una tentazione diffusa non solo tra i conservatori, bisogna essere consapevoli
dei rischi morali e politici che essa
comporta. La discriminazione e il
razzismo diventano tanto più pericolosi quando più o meno palesemente si fanno leggi dello Stato,
perché questa istituzionalizzazione della
discriminazione
viene percepita come una pubblica
autorizzazione e legittimizzazione
alla brutalità. Essa può innescare
una spirale di violenza difficile da
fermare.
Questo è il clima odierno, e
vorremmo ricordare la bellissima poesia, “Alla mia nazione”, di P.Paolo
Pasolini, sempre attuale:
4. Il primo congresso Rom e Sinti (22-23 Aprile 2009)
D
opo tanti
anni, Rom e
Sinti chiedono politiche
differenti,
chiedono l’ abbandono di assistenzialismo ed esclusione, e chiedono di essere i primi interlocutori all’
interno della sfera politica.
Questo è quello che ne viene fuori anche dal primo
congresso della Federazione Rom e Sinti insieme,
nata a Mantova nel maggio 2008, da diciannove realtà associative rom e sinte.
Il primo congresso, svoltosi il 22 e 23 aprile 2009 a
Roma ha visto una partecipazione ampia di Rom e
Sinti provenienti da tutta l’ Italia, e con parlamentari
di diversa estrazione politica e rappresentanti della
società civile, sulle loro condizioni economico sociali
e sulle loro aspirazioni.
Il congresso si è svolto all’insegna di due slogans:
1.
Dalla mediazione alla partecipazione attiva
2.
Ieri la nostra cultura per una politica, oggi e
domani una politica per la nostra cultura.
Il congresso ha approvato una mozione che individua
sei obbiettivi strategici:
1.
Riconoscimento dello status di minoranza storico-linguistica
2.
Accesso alla cittadinanza secondo il principio
dello ius soli
3. Superamento dei campi nomadi e individuazione
di soluzioni abitative
4.
Denuncie e contrasto dell’anti-ziganismo montante
5. Promozione di politiche di formazione professionale e occupazioni stabili
6. Impegno per la diffusione della conoscenza delle culture rom e sinte per combattere pregiudizi e
discriminazioni
Ha detto
Nazzareno Guarnieri presidente della
federazione – “Per i Rom e Sinti l’obiettivo della partecipazione attiva deve essere percepito come un
fine che investe processi di trasformazione culturale
e sociale di portata collettiva, un processo sociale di
azioni attraverso le quali gli individui, le comunità e
le organizzazioni guadagnano padronanza sulle loro
vite nel contesto di cambiare il loro ambiente sociale
e politico per migliorare l’equità e la qualità di vita».
Il riconoscimento di minoranza linguistica per Rom e
Sinti, la diffusione e la conoscenza della loro cultura,
abbandonare la politica dei campi nomadi “subito”
utilizzando le risorse già disponibili per campi nomadi ed altre nazionali e comunitarie, per avviare una
politica abitativa pubblica per tutti i cittadini, Rom e
Sinti compresi, abbandonare ogni forma politica differenziata e le forme di assistenzialismo culturale e
definire un ruolo propositivo per Rom e Sinti. Sono
queste le principali richieste emerse nel primo giorno
di apertura del primo congresso.
RICONOSCIMENTO DELLO STATUS DI MINORANZA STORICO-LINGUISTICA
La legge 15 dicembre 1999, n. 482, definisce il
quadro generale per l’attuazione dell’articolo 6 della
Costituzione, affidando alle regioni e ai comuni precisi compiti di programmazione e di intervento in
materia di tutela della lingua e della cultura delle minoranze linguistiche storiche.
La legge 15 dicembre 1999, n. 482 bisognerebbe
modificarla per poter estendere alle minoranze rom
e sinte la tutela assicurata dalla medesima legge alle
popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche,
slovene e croate e a quelle parlanti il francese, il
franco-provenzale, il friulano, il ladino, l’ occitano e
il sardo.
Durante l’iter parlamentare della legge (atto Camera
n. 169 della XIII legislatura), il riferimento alle minoranze sinte e rom fu stralciato dal provvedimento,
nonostante più di una proposta di legge abbinata
ne tenesse giustamente conto. La grave omissione
da parte del legislatore fu denunciata all’indomani
dell’approvazione della legge n. 482 del 1999, da
quella parte della cosiddetta «società civile» sensibile alle problematiche relative a tali minoranze.
Oggi come allora la considerazione che lo stralcio
fosse coerente con le norme tipiche della legge risulta infatti insufficiente. Quel pregiudizio culturale,
che storicamente e socialmente accompagna l’idea
dei rom e dei sinte, sembrò infatti prevalere su un
Non popolo arabo, non popolo balcanico, non popolo antico
ma nazione vivente, ma nazione europea:
e cosa sei? Terra di infanti, affamati, corrotti,
governanti impiegati di agrari, prefetti codini,
avvocatucci unti di brillantina e i piedi sporchi,
funzionari liberali carogne come gli zii bigotti,
una caserma, un seminario, una spiaggia libera, un casino!
Milioni di piccoli borghesi come milioni di porci
pascolano sospingendosi sotto gli illesi palazzotti,
tra case coloniali scrostate ormai come chiese.
Proprio perché tu sei esistita, ora non esisti,
proprio perché fosti cosciente, sei incosciente.
E solo perché sei cattolica, non puoi pensare
che il tuo male è tutto male: colpa di ogni male.
Sprofonda in questo tuo bel mare, libera il mondo.
Pier Paolo Pasolini - 1959
22
approccio più moderno e coerente ad una, seppur
complessa, realtà sociale. La conseguenza di questa decisione fu quella di rinviare ad una legislazione
ad hoc (peraltro mai varata) le realtà rom e sinte,
respingendo in una sorta di «ghetto culturale» un
mondo ricco di esperienze e di fermenti propri.
Oggi siamo in presenza di una evidente disparità di
condizioni per lo stato di inferiorità nella considerazione pubblica e nella condizione giuridica delle comunità rom e sinte, per le quali sono stati disposti
perfino speciali regolamenti che ne limitano diritti e
libertà personali. È necessario quindi ridurre questo stato di disparità agendo su diversi fronti, quello
sociale, quello culturale ma soprattutto su quello
istituzionale. Su quest’ultimo è necessaria una legge
che riconosca ai rom e ai sinti lo statuto di minoranza
etnica e linguistica come è per altre minoranze presenti sul territorio nazionale.
23
il ruolo della partecipazione
DALLA CONFERENZA ERIO. RELAZIONE “ROM E SINTI IN ITALIA. LE BUONE
PRATICHE: LA MEDIAZIONE CULTURALE”
“La
politica
dell’indifferenza
ha
prodotto
l’assistenzialismo culturale, sostenuto e realizzato
dalle associazioni pro rom/sinti, composte da cittadini Italiani, le quali dagli anni ’60 si sono avvicinate alle nostre minoranze per migliorare le nostre
condizioni di vita e cercando di interpretare i nostri bisogni, la nostra realtà, la nostra cultura, hanno
proposto agli enti locali soluzioni e collaborato alla
loro realizzazione, soluzioni che certamente hanno
posto la questione Rom e Sinta all’attenzione della
politica italiana attraverso un drammatico disastro.
Per esempio. Queste associazioni hanno teorizzato la politica abitativa dei campi nomadi, secondo la loro interpretazione “il campo nomade era la
risposta abitativa ai bisogni culturali dei Rom”, ma
questa interpretazione non è stata corretta e la
drammaticità di questa scelta politica è oggi evidente e drammaticamente vissuta da Rom e Sinti.
Potrei fare altri esempi di scelte politiche sbagliate
per documentare il fallimento “dell’assistenzialismo
culturale” in Italia, e le cause del fallimento sono
da addebitare ad una errata lettura della realtà e dei bisogni delle minoranze Rom e Sinte.
Le strategie organizzative delle organizzazioni pro rom/sinti Italiane si sono contraddistinte:
1.assenza di partecipazione attiva di Rom e Sinti
2.assenza di collaborazione con esperti Rom/Sinti
3.si
sono
arrogati
il
diritto
di
sostituirsi a rappresentare Rom e Sinti a tutti i livelli
4.si occupano quasi esclusivamente di Rom stranieri
5.nulla
hanno
fatto
per
incentivare la partecipazione attiva di Rom e Sinti
6.spesso
hanno
soffiato
sul
fuoco
della
divisione
tra
gli
stessi
Rom”
(
…
.
)
Per quasi mezzo secolo le minoranze Rom e Sinte Italiane sono state considerate a tutti i livelli un OGGETTO da utilizzare e sfruttare, mai
un SOGGETTO ATTIVO con cui relazionarsi, confrontarsi, concertare e condividere un obiettivo.
Alle organizzazioni di volontariato pro rom/sinte Italiane va riconosciuto il merito di aver posto la questione Rom in Italia, Rom e Sinti ringraziano questi amici
per la loro sensibilità umana, ma … “grazie per quello
che avete fatto per noi, ma per favore fermatevi…”.
Decenni di assistenzialismo culturale contraddistinta da incompetenza e disinteresse hanno permesso la realizzazione di scelte politiche sbagliate
che hanno favorito l’attecchire di pregiudizi, intolleranza, discriminazione, razzismo, lasciando
incancrenire il degrado in devianza, l’esclusione
sociale in ghettizzazione, il problema sociale in
questione d’ordine pubblico; una questione sociale,
culturale e politica, è stata ridotta ad un problema
di ordine pubblico e di gestione della criminalità.
Questo accade in un contesto fatto di negazione
della partecipazione attiva e arrogante sostituzione a Rom e Sinti, di inadempienza delle normative
che regolano l’integrazione e la protezione delle minoranze etnico linguistiche. “ (Nazzareno Guarnieri)
24
25
ord. 80/96 censimento 1995 presenze tot. 5.467
2001 presenze tot. 6.523
2002 presenze tot. 5.602
2008 presenze tot. 5.701
n.
mun.
campo
n. persone
n.
mun.
campo
N.persone
nazionalita'
etnie
tipologia campo
proprieta' area
strutture PUBBLICHE
n.
mun.
campo
N.persone
nazionalita'
etnie
tipologia campo
proprieta' area
strutture PUBBLICHE
n.
mun.
campo
N.persone
nazionalita'
etnie
tipologia campo
proprieta' area
strutture PUBBLICHE
1
I
Campo Boario
116
1
I
Campo Boario 200
Italia
Kalderasha
comunale
fontanella pubblica
1
I
Campo Boario 105
Italia
Kalderasha
insediamento
spontaneo
comunale
fontanella pubblica
1
II
Foro Italico
89
Semi
attrezzato
Metroferro
wc chimici - acqua
2
II
Foro Italico
128
Serbia
Croazia
Montenegro
Kanjarja
insediamento
spontaneo
Metroferro
wc chimici - acqua
2
II
Foro Italico
128
Serbia
Croazia
Montenegro
Kanjarja
insediamento
spontaneo
Metroferro
wc chimici - acqua
Serbia
Croazia
Montenegro
Kanjarja
128
insediamento
spontaneo
2
IV
Camping
Nomentano
204
Romania
Serbi
Camping privato
convenzionato
Bagni – docceacqua- luce
3
V
Salviati 1
76
Romania
Serbia
Rudari
Attrezzato con
moduli abitativi
comunale
lavatoi comuni mon.
igienici
acqua - luce utenze
individuali
3
V
Salviati 1
76
Romania
Serbia
Rudari
Attrezzato con
moduli abitativi
comunale
3
V
Salviati 1
69
Romania
Serbia
Rudari
Attrezzato con
moduli abitativi
comunale
4
V
Salviati 2
273
Bosnia
Khorakanè
Rudari
Attrezzato
con moduli
abitativi
comunale
lavatoi comuni - mon.
igienici - acqua - luce
- utenze individuali legnaia
lavatoi comuni
- monoblocchi
igienici - acqua
- luce - utenze
individuali
lavatoi comuni
- monoblocchi
igienici - acqua
- luce - utenze
individuali
4
V
Salviati 2
273
Bosnia
Khorakanè
Attrezzato con
moduli abitativi
comunale
4
V
Salviati 2
336
Bosnia
Khorakanè
Attrezzato con
moduli abitativi
comunale
acqua - luce utenze individuali
- legnaia
5
V
La Martora
208
Romania
Serbia
Rudari
Semi attrezzato
comunale
wc chimici - lavatoi
- acqua
lavatoi comuni
- monoblocchi
igienici - acqua
- luce - utenze individuali - legnaia
5
V
La Martora
207
Romania
Serbia
Rudari
Semi attrezzato
comunale
wc chimici - lavatoi
- acqua
6
V
Spellanzon
87
Italia
Sinti giostrai
insediamento
spontaneo
comunale
wc chimici
7
VI
Gordiani
194
Romania
Serbia
Rudari
insediamento
spontaneo
Iacp
wc chimici
8
VII
Casilino 900
705
Bosnia
Macedonia
Marocco
Khorakanè
insediamento
spontaneo
comunale
wc chimici - acqua
- illuminazione
pubblica
wc chimici
2
II
Foro italico
3
II
Stadio Flaminio
9
4
IV
Monte Amiata
48
5
V
Salviati
72
6
V
Martora
174
Palombini (più Cicogna)
109
7
V
8
V
Compagna
9
V
Mirtillo (Casal Caletto)
60
10
V
Cervara (Casal Caletto)
20
92
11
V
Spellanzon
12
V
Serenissima
48
13
V
Casal Tidei
39
87
14
VI
Gordiani
154
15
VI
St. Prenestina
127
16
VI
Hortis ( più Tolmezzo)
27
17
VII
Casilina 700
927
18
VII
Casilina 900
293
19
VII
Centocelle
44
20
VII
Olmi
13
21
VII
Togliatti
19
22
VII
Dameta ( più Naide)
49
23
VII
Nono
30
24
VIII
Acqua Vergine (Collatina 1,2)
489
25
IX
Arco Travertino
31
26
X
Scintu
52
27
X
Vignali
110
28
X
Rapolla
50
29
X
Viviani
30
30
X
Pelizzi
13
31
X
Procaccini
8
32
XI
Savini
496
33
XI
Vasca Navale
73
34
XI
Sette Chiese
18
35
XII
Tor di Valle
229
36
XII
Tor Pagnotta
78
37
XII
Mezzocamino
22
38
XII
Butera
4
39
XII
Castel Romano
106
40
XIII
Ortolani (Acilia)
97
41
XIII
Lenormant
6
42
XV
Candoni
314
43
XV
Muratella
75
44
XV
Mazzacurati
18
45
XVIII
Monachina
54
46
XVIII
Boccea ( Fosso Acqua Fredda)
10
47
XVIII
Moricca (Albergotti)
9
48
XIX
Lombroso ( S.M.Pietà)
141
49
XX
Tor di Quinto ( Baiardo)
231
50
XX
Gigli
18
5. Sintesi le mappe dei campi dal'96 al 2008
6
V
Spellando
87
Italia
Sinti
giostrai
insediamento
spontaneo
comunale
wc chimici
7
VI
Gordiani
194
Romania
Serbia
Rudari
insediamento
spontaneo
Iacp
wc chimici in corso di
trasformazione di villaggio attrezzato
8
VII
Caslino 900
703
Bosnia
Macedonia
Marocco
Khorakanè
insediamento
spontaneo
comunale
wc chimici - acqua - illuminazione pubblica
wc chimici
V
La Martora
298
Romania
Serbia
Rudari
Semi
attrezzato
comunale
wc chimici - lavatoi - acqua
V
Spellanzon
(Colli Anniene)
67
Italia
Sinti Giostrai
Semi attrezzato
comunale
wc chimici - acqua
con fontanella
pubblica
7
VI
Gordiani
190
Serbia
Rudari
Attrezzato con
moduli abitativi
Iacp
Prefabbricati- illuminazione
pubblica
8
VII
Naide
30
Semi
attrezzato
comunale
wc chimici acqua
9
VII
Togliatti
30
Romania
Serbia
Rudari
insediamento
spontaneo
comunale
9
VII
Togliatti
30
Romania
Serbia
Rudari
insediamento
spontaneo
comunale
9
VII
Casilino 900
611
Bosnia
Macedonia
Marocco
Khorakanè
Semi
attrezzato
comunale
wc chimici - acqua
10
VII
Via Da meta
61
Serbia
Croazia
Montenegro
Kanjarja
insediamento
spontaneo
comunale
10
VII
Via Dameta
61
Serbia
Croazia
Montenegro
Kanjarja
insediamento
spontaneo
comunale
10
VII
Dameta
38
Serbia
Croazia
Montenegro
Kanjarja
Semi
attrezzato
comunale
wc chimici acqua
11
VII
Via Taide
19
Serbia
Croazia
Montenegro
Kanjarja
insediamento
spontaneo
comunale
11
VII
Via Naide
19
Serbia
Croazia
Montenegro
Kanjarja
insediamento
spontaneo
comunale
11
VIII
Salone
696
Serbia
Bosnia
Romania
Kanjarja
Khorakanè
Rudari
Attrezzato con
moduli abitativi
privata
Prefabbricati- illuminazione
pubblica
12
VII
Luigi Nono
40
Italia
Sinti
insediamento
spontaneo
comunale
wc chimici - illuminazione pubblica
12
VII
Luigi Nono
40
Italia
Sinti
insediamento
spontaneo
comunale
wc chimici - illuminazione pubblica
12
IX
Arco di
Travertino
38
Bosnia
Khorakanè
Semi
attrezzato
comunale
13
VIII
Acqua
Vergine
245
Serbia
Croazia
Montenegro
Kanjarja
insediamento
spontaneo
privata
wc chimici
13
VIII
Acqua
Vergine
243
Serbia
Croazia
Montenegro
Kanjarja
insediamento
spontaneo
privata
wc chimici
wc chimici - illuminazione
pubblica
13
X
La Barbuta
341
Bosnia
Khorakanè
Sinti
Semi
attrezzato
comunale
14
VIII
Salone
1000
Serbia
Croazia
Montenegro
Romania
Kanjarja
Khorakanè
Rudari
Semi attrezzato
privata
wc chimici - illuminazione pubblica - acqua
14
VIII
Salone
729
Serbia
Croazia
Montenegro
Romania
Kanjarja
Khorakanè
Rudari
Semi attrezzato
privata
wc chimici - illuminazione pubblica
- acqua
wc chimici - luce
- illuminazione
pubblica
14
XI
Sette Chiese
26
Italia
Sinti
Semi
attrezzato
comunale
wc chimici - acqua
15
XII
Tor dé Cenci
352
Bosnia
Khorakanè
Attrezzato con
moduli abitativi
comunale
lavatoi comuni
- monoblocchi
igienici - acqua
- luce - utenze
individuali -campo sportivo
- prefabbricati per
servizi
16
XII
Castel
Romano
773
Bosnia
Khorakanè
Villaggio
attrezzato
Privato in
affitto
Prefabbricati- illuminazione
pubblica - locali
comuni
17
XIII
Ortolan
Lenormat
61
Serbia
Croazia
Montenegro
Kanjarja
Semi
attrezzato
comunale
wc chimici - acqua
con fontanella
pubblica
18
XV
Candoni
601
Romania
Serbia
Rudari - Korakané
Attrezzato con
moduli abitativi
comunale
acqua - luce utenze individuali
- legnaia - campo
sportivo - prefabbricati per servizi
15
IX
Arco di Travertino
41
Bosnia
Khorakanè
semi attrezzato
16
X
Schiavo netti
100
Italia
Sinti
insediamento
spontaneo
17
X
La Barbuta
294
Khorakanè
Sinti
semi attrezzato
comunale
comunale
wc chimici - illuminazione pubblica
wc chimici - luce - illuminazione pubblica
18
XI
Sette Chiese
18
Italia
Sinti
Semi attrezzato
comunale
wc chimici
19
XI
Vicolo Savina
750
Bosnia
Khorakanè
Semi attrezzato
Terza Università
monoblocchi igienici illuminazione pubblica - lavatoi
20
21
XII
Terricola
100
Bosnia
Khorakanè
insediamento
spontaneo
privata
roulotte
Tor de Cenci
264
Bosnia
Macedonia
Khorakanè
Kanjarja
Attrezzato con
moduli abitativi
comunale
lavatoi comuni mon.
igienici acqua - luce
utenze individuali
legnaia campo sportivo
prefabbricati per servizi
22
XII
Tor Pagnotta
105
Bosnia
Khorakanè
Insediamento
spontaneo
privata/comunale
wc chimici - acqua con
fontanella pubblica
23
XIII
Ortolani
106
Serbia
Croazia
Montenegro
Kanjarja
Insediamento
spontaneo
comunale
wc chimici - acqua con
fontanella pubblica
Romania
Rudari
24
XV
Candoni
268
Attrezzato
con moduli
abitativi
comunale
Fonti ufficiali
-ordinanza 80/'96 fornita dal V dipartmento del comune di roma-ufficio nomadi
dati aggiornati al 1995
-Piano di intervento finalizzato all'integrazione delle comunita' rom/sinti del 02/04/2002
dati aggiornati al gennaio 2001
-pubblicazione sul sito del comune di roma dell' elenco dei campi aggiornato al 2002
-elenco campi fornito dall'ufficio nomadi con i dati aggiornati al 2008
5
6
lavatoi comuni mon.
igienici
acqua luce utenze
individuali legnaia campo sportivo prefabbrcati per servizi
15
IX
Arco di Travertino
41
Bosnia
Khorakanè
Semi
comunale
wc chimici - illuminazione pubblica
16
X
La Barbuta
252
Bosnia Italia
Khorakanè
Sinti
Semi attrezzato
comunale
wc chimici - luce
- illuminazione
pubblica
17
XI
Sette Chiese
18
Italia
Sinti
Semi attrezzato
comunale
wc chimici
18
XI
Vicolo Savini
640
Bosnia
Khorakanè
Semi attrezzato
Terza Università
monoblocchi igienici
- illuminazione pubblica - lavatoi
19
XII
Tor dé Cenci
264
Bosnia
Khorakanè
Attrezzato con
moduli abitativi
comunale
lavatoi comuni
- monoblocchi
igienici - acqua
- luce - utenze
individuali - legnaia
- campo sportivo
- prefabbricati per
servizi
20
XII
Tor Pagnotta
105
Bosnia
Khorakanè
Insediamento
spontaneo
privata
wc chimici - acqua
con fontanella
pubblica
21
XIII
Ortolan
106
Serbia
Croazia
Montenegro
Kanjarja
Insediamento
spontaneo
comunale
wc chimici - acqua
con fontanella
pubblica
22
XV
Candoni
264
Romania
Serbia
Rudari
Attrezzato con
moduli abitativi
comunale
lavatoi comuni
- monoblocchi
igienici - acqua
- luce - utenze
individuali - legnaia
- campo sportivo
- prefabbricati per
servizi
25
XV
Muratella
437
Bosnia
Khorakanè
Insediamento
spontaneo
comunale
wc chimici - acua con
fontanella pubblica
26
XV
Bellosguardo
158
Romania
Rumeni
Semi attrezzato
provvisorio
comunale
Container leggeri
27
XVIII
Monachina
94
Bosnia
Khorakanè
Insediamento
spontaneo
comunale
wc chimici - acqua con
autobotte
28
XIX
Lombroso
189
Bosnia
Khorakanè
Attrezzato con
moduli abitativi
comunale
lavatoi - acqua - luce
- utenze individuali legnaia
26
29
XX
Tor di Quinto
335
Serbia
Croazia
Montenegro
Kanjarja
Insediamento
spontaneo
Demaniale
wc chimici
26
23
XV
Muratella
438
Bosnia
Khorakanè
Insediamento
spontaneo
comunale
wc chimici - acua
con fontanella
pubblica
24
XVIII
Monachina
94
Bosnia
Khorakanè
25
XIX
Lombroso
189
Bosnia
Khorakanè
Insediamento
spontaneo
comunale
wc chimici - acqua
con autobotte
Attrezzato con
moduli abitativi
comunale
lavatoi - acqua
- luce - utenze individuali - legnaia
XX
Tor di Quinto
294
Serbia
Croazia
Montenegro
Kanjarja
Insediamento
spontaneo
Demaniale
wc chimici
19
XVIII
Monachina
104
Bosnia
Romania
Khorakanè
Semi
attrezzato
comunale
wc chimici - acqua
con autobotte
20
XIX
Lombroso
150
Bosnia
Khorakanè
Attrezzato con
moduli abitativi
comunale
lavatoi - acqua
- luce - utenze
individuali legnaia
21
XX
Tor di Quinto
227
Serbia
Croazia
Montenegro
Kanjarja
Semi
attrezzato
Demaniale
wc chimici
22
XX
Camping
River
400
Romania
Camping privato
convenzionato
Bagni – docceacqua- luce
27
i campi ufficiali
quadro legislativo dal 1985 ad oggi:
LEGGE REGIONALE n. 82 del 24-05-1985
REGIONE LAZIO. Norme in favore dei Rom
LEGGE 24 settembre 1992, n. 390 (GU n. 227 del
26/09/1992)
N.
Mun.
LOCALIZZAZIONE
SERVIZI
SOSTA PRECEDENTE
N.U.
W.C.
LUCE
1
II
FORO ITALICO
2
10
x
x
2
IV
CAMPING
NOMENTANO
4
x
x
3
V
SALVIATI
x
MON.
x
x
V.TIBURTINA
4
V
SALVIATI 2
4
MON.
x
x
CASILINO 700
5
V
MARTORA
3
44
x
x
6
V
SPELLANZON
2
6
7
VI
GORDIANI
2
MON.
x
x
8
VII
NAIDE
NOTE
TIPOLOGIA
TERRENO
GRUPPO APPARTENENZA
N.
persone
KANIARJA
89
ATTREZZATO
PRIVATO
SLAVI-RUMENI
150+54
ATTREZZATO
RUDARI
69
ATT.
CONTAINERS
KHORAKANE'/
RUDARI
280+56
RUDARI
298
ASS. PRESIO
SOCIALE
ASS.
GUARDIANIA
Opera
Nomadi
FI.BI.DA.BI.
H2O
ATTREZZATO
SINTI
67
RUDARI
190
DELIBERAZIONE COMMISSARIO
STRAORDINARIO del 3 Giugno 1993 n. 117
“Regolamento per i campi sosta attrezzati destinati alle
popolazioni rom o di origine nomade.”
Ermes
Bottega Solidale
Ermes
Bottega Solidale
30
9
VII
CASILINA 900
6
140+1
x
x
KHORAKANE'
10
VII
DAMETA
2
6
x
x
KANIARJA
38
11
VIII
VIA
DI SALONE
10
MON.
ATTREZZATO
KANIARJA / KHORAKANE'/ROMENI
696
12
IX
ARCO DI
TRAVERTINO
2
MON.
x
x
ATTREZZATO
KHORAKANE'
38
13
X
LA BARBUTA
2
45+9
x
x
KHORAKANE' /
SINTI
341
14
XI
V. SETTECHIESE
1
1
x
x
SINTI
26
15
XII
TOR DE CENCI
MON.
x
x
KHORAKANE'-MACEDONI
352
16
XII
CASTEL
ROMANO
MON.
x
x
17
XIII
ORTOLANI
LENORMANT
2
7+1
+mon.
x
x
18
XV
CANDONI
4
MON.
x
x
x
x
19
XVIII
MONACHINA
2
19
20
XIX
LOMBROSO
S.M.PIETA'
4
MON.
21
XX
T.DI QUINTO
(BAIARDO)
4
47
22
XX
CAMPING
RIVER
ACQUA VERGINECESARINA
ATT.
CONTAINERS
VICOLO SAVINI
TOR PIGNATTARA
ATT.
CONTAINERS
KANIARJA
61
ATT.
CONTAINERS
RUMENI-KHORAKANE'
601
KHORAKANE'
104
ATT.
CONTAINERS
KHORAKANE'
150
KANIARJA
227
RUMENI
400
x
MONTE ANTENNE
EX SNIA VISCOSA
611
773
ATTREZZATO
PRIVATO
Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge
24 luglio 1992, n. 350, recante interventi straordinari di
carattere umanitario a favore degli sfollati delle Repubbliche sorte nei territori della ex Jugoslavia, nonché misure
urgenti in materia di rapporti internazionali e di italiani
all’estero
ORDINANZA DEL SINDACO N.80 del 23gennaio 1996
S.P.Q.R COMUNE DI ROMA
Direttive per la verifica delle presenze dei nomadi nei
campi sosta e negli insediamenti spontanei dislocati nel
territorio cittadino
LEGGE 6 marzo 1998, n. 40.
Disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello
straniero
LEGGE 15 dicembre 1999, n. 482
Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche
storiche
PIANO DI INTERVENTO TRIENNALE 2 aprile 2002
finalizzato all’integrazione delle comunità rom/sinti
Approvato dalla Giunta Comunale
Impegno
per la
promozione
Impegno per
la promozione
ARCI
ARCI
ARCI
ARCI
ISOLA
VERDE
ONLUS
ISOLA VERDE
ONLUS
DECRETO LEGISLATIVO 6 febbraio 2007 n. 30
Attuazione della direttiva 2004/38/ce relativa al diritto dei
cittadini dell’unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli stati membri
DECRETO-LEGGE 1 novembre 2007 n. 181
Disposizioni urgenti in materia di allontanamento dal territorio nazionale per esigenze di pubblica sicurezza
DISEGNO DI LEGGE IN MATERIA DI SICUREZZA URBANA
30 ottobre 2007
DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
21 maggio 2008
Dichiarazione dello stato di emergenza in relazione agli
insediamenti di comunita’ nomadi nel territorio delle regioni
Campania, Lazio e Lombardia
ORDINANZA DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI
MINISTRI 30 maggio 2008
Disposizioni urgenti di protezione civile per fronteggiare lo
stato di emergenza in relazione agli insediamenti di comunità nomadi nel territorio della regione Lazio (ordinanza
3676)
CAMPI h24 ATTREZZATI CON CONTAIners
CAMPI semi-ATTREZZATI
REGOLAMENTO del 18 febbraio 2009
per la gestione dei villaggi attrezzati per le comunità
nomadi nella Regione Lazio
CAMPI autorizzati ma con baracche autocostruite
28
29
considerata una soluzione
provvisoria, di breve o medio termine, in vista del passaggio ad
una soluzione abitativa stabile in
civile abitazione da realizzarsi secondo regole e modalità comuni a
tutti i cittadini (…)”
Adesso siamo nel 2009, e quella soluzione
che doveva essere soltanto provvisoria e'
diventata definitiva, anzi, le previsioni future sono addirittura quelle di sostituire
le poche aree comuni con altri container,
andando a distruggre quei pochi equilibri
che a fatica si sono riusciti ad ottenere.
6. il campo rom h24 di
L’accampamento di Via Salone
è sull’ estremo lato orientale di
Roma, fuori dal Raccordo Anulare.
Il campo esiste dal 1996. Molti
degli occupanti del campo di Casilino 700, quando fu sgombrato,
vennero mandati qui.
A questi, negli anni, si aggiunsero
persone provenienti dallo sgombero di Acqua Vergine, che a sua
volta erano stati precedentemente
sgomberati da Tor Bella Monaca,
Così nel 2000 all’interno del campo di Salone vivevano quasi 2000
persone, in condizioni igienico
sanitarie disastrose. Non c’era
elettricità, nè impianto fognario,
solo due cannelle per acqua, e
grandi ratti ovunque.
Il campo occupava sia la zona
dove adesso si trova l’ attuale
campo attrezzato, sia l’ area accanto, tutta area a destinazione
agricola.
Continuarono a vivere qui fino al
2004 quando uscì un bando per
via di salone a roma
un campo semi-attrezzato inizialmente.
Il campo venne quindi ridimensionato e l’ area, di proprietà dei
Gianni, acquistata dal comune.
Parte dell’ accampamento “illegale” viene demolito e gli abitanti
trasferiti tutti insieme nell’area
accanto, per permettere l’ inizio
dei lavori .
Per prima cosa venne recintata
l’ intera area, una gabbia. Una
ventina di operai della Chebesà si
misero al lavoro per fare strade,
impianti fognari e illuminazione,
marciapiedi e parcheggio esterno,
e per ultimo arrivarono i container
in sostituzione alle baracche.
A giugno del 2006 si iniziano a
fare i censimenti.
Qui c’erano circa 2000 persone,
ma il campo era stato pensato per
140 famiglie, quindi “sono andati
a tirare fuori le persone più serie”
e hanno fatto una cernita per 134
famiglie; le rimanenti persone si
sono sparpagliate per tutta Roma.
Pronto il nuovo campo, hanno
sgomberato l’ area dove vivevano
momentaneamente i Rom, e per
circa un mese operai dell’ Ama,
del Comune e vigili urbani hanno provvisto alla rimozione, con
le ruspe, delle roulotte abusive e
delle carcasse di auto , alla distruzione delle baracche e alle opere
di bonifica.
Il campo è completato, e con Veltroni si realizza l’ idea del nuovo
“Villaggio della Solidarietà” fiore
all’ occhiello della giunta.
Veltroni, infatti, col piano d’ intervento del 2002, riprende La Delibera Consiliare 31/99 approvata
dall’ amministrazione Rutelli, che
“ individua due tipologie base per
la prima accoglienza delle popolazioni Rom/Sinti sul territorio cittadino (“campo sosta” e “villaggio
attrezzato”) (..)
La permanenza nelle aree di sosta
e nei villaggi deve essere pertanto
il vecchio campo di via di salone, prima dello sgombero
Le foto sono tratte da un progetto del consorzio alberto bastiani
Sono state chiamate "sicurezza e solidarieta'.. il nuovo motto
per i nuovi villaggi. Quello di salone e' stato infatti considerato un villaggio "sperimentale".
30
31
Foto del vecchio campo di via di salone
Alcuni Rom collaborano alla manutenzione del campo retribuiti da
borse lavoro erogate dal Comune,
altri collaborano come volontari.
In ogni caso, per 24 ore su 24 il
campo è letteralmente sorvegliato
da un operatore dell'associazione,
tramite 27 telecamere, 26 fisse e
una che ruota a 360° tipo dome
proprio sopra la fontanella, nel
piazzale d’ingresso, davanti al
container che ospita il posto di
polizia municipale.. Il campo
rimane chiuso dalle 22,00 di
sera alle 6,00 del mattino.. ed
in queste ore è vietato l’ accesso
ad amici o parenti (cenerentola
arrivava a mezzanotte!). Sulla
tipologia di campo sorvegliato
H24 l'operatore è alquanto soddisfatto e
favorevole. Sostiene sia “meglio per tutti”, sia per
i Rom che vengono sorvegliati,
controllati, schedati, che secondo
lui smettono di delinquere e sono
più tranquilli, sia per gli abitanti
che vivono intorno e che in questo
modo si sentono più sicuri.
Ciò che dall'esterno salta all'occhio
è tanto, tantissimo cemento. Fa
parte del campo un'area verde
visibile dalla strada, paradossalmente recintata e che sembra fatta apposta per mostrare un certo
distacco e una parvenza di ordine.
visite al campo
(...) adotta i provvedimenti del caso fino alla cancellazione della residenza e
all’allontanamento immediato nei confronti dei responsabili di eventuali trasgressioni al regolamento stesso (garantendo la tutela e l’accoglienza dei minori
facenti parte del nucleofamiliare).
Servizi presenti
Tutti i servizi di urbanizzazione (i presenti pagheranno una quota mensile di
rimborso utenze). Presenti anche servizi specifici di formazione ed alfabetizzazione (scuola serale per adulti). Ambulatorio medico a giorni prefissati. Servizio di
scolarizzazione con operatori delle associazioni..
Tipologia delle aree
Aree di circa 1 ettaro di estensione, urbanizzabili ovvero dotabili di allaccio in
fogna ed allaccio idrico. Le aree non richiedono requisiti di edificabilità grazie
all’utilizzo di mo-duliabitativi prefabbricati (considerati mobili). L’estensione
prevista permette di creare spazi verdi e spazi comuni, oltre ad una viabilità interna adeguata. Il modello urbanisti-co è analogo a quello già sperimentato negli
ultimi villaggi realizzati (Candoni, Tor de
Cenci, ecc…).
Numeri dei Villaggi Attrezzati
Si prevede nel triennio l’attivazione complessiva di 12 villaggi attrezzati. Quattro
sono già realizzati, due in via di completamento. E’ quindi necessario realizzare
altri 6 vil-laggi.
Numero delle persone accolte
Per ogni Villaggio Attrezzato si prevede una accoglienza per circa 250 persone,
per un totale – in 12 Villaggi – di circa 3.000 persone.
Terza Tipologia: L’inserimento abitativo
La maggior parte dei Rom presenti a Roma non è nomade ed ha sempre abitato,
nel Paese di origine, in abitazioni. In tal senso è necessario prevedere che il percorso di inte-grazione sociale preveda come ultimo step formule di inserimento
abitativo che garantiscano anche l’integrazione sociale.
D’altro canto non si può pensare di realizzare percorsi agevolati o diversi da
quelli che già la legge e il Comune di Roma prevedono.
E’ però necessari mettere i Rom in condizioni di accedere ai diversi strumenti
previsti (buoni casa, contributi all’affitto, ecc). Ciò attraverso un percorso di
tutoraggio a svi luppare durante il periodo (36 mesi) di permanenza nei villaggi
attrezzati.
Sono da prevedersi anche percorsi di accompagno per l’affitto sul mercato
privato, ed attività di sostegno durante il primo periodo in abitazione.
L’intento è quello di accelerare questo processo, considerando che a Roma sono
già al-meno 2.000 i Rom/Sinti che vivono in abitazione, e che nei villaggi attrezzati esistono già nuclei in grado di sostenere anche economicamente una simile
soluzione.
Per quanto inizialmente si possa lavorare su un numero ridotto di situazioni,
innescare questo processo è fondamentale al fine di raggiungere il risultato
concreto sia di gestire il turn over di inserimento nei Villaggi, che di realizzare
concretamente l’inserimento sociale.
Comune di Roma Assessorato alle Politiche Sociali e Promozione della Salute
PIANO DI INTERVENTO finalizzato all'integrazione delle comunità rom/sinti Approvato dalla Giunta Comunale 2 aprile 2002
30/3/2009
“Via di Salone si trova tra la Strada
dei Parchi e la Collatina, fuori dal
GRA. Lo raggiungiamo dopo aver
percorso una zona molto desolata.
Accanto non si notano né servizi,
né supermercati, né autobus. Si
può vedere solo una stretta strada
a due corsie altamente trafficata, lungo la quale notiamo alcuni
agazzi che camminano probabilmente per raggiungere la fermata
del bus più vicina. All'ingresso del
campo c'è un grosso parcheggio
dove si vedono numerosi furgoni con cui vanno a raccogliere il
ferro e altri materiali...anche noi
parcheggiamo lì. Tutto intorno al
campo spicca un'alta recinzione
metallica da cui svettano numerose telecamere che video-sorvegliano 24 ore su 24.
Oltre l'ingresso ci sono alcuni container di servizio, uno di Bottega
solidale, l'associazione che si occupa del controllo e della manutenzione, uno della polizia municipale,
e uno di Ermes e Capodarco , le
associazioni che si occupano del
presidio sociale nel campo.
All’interno vi è uno sportello di
consulenza legale e uno sportello
di accoglienza socio-sanitaria, ci
dicono, infatti, che almeno una
volta a settimana arriva un medico
e un avvocato, basta prenotarsi.
Ciò di cui si occupa la Bottega
Solidale è tutto ciò che compete
l'ordine in caso di risse, la pulizia
delle aree comuni, la manutenzione in caso di guasto, e il controllo
ferreo di chi entra e chi esce dal
campo, tramite un tesserino con
foto, nome e cognome, data di
nascita della persona e container
in cui abita.
31/3/2009
Il giorno 31 marzo 2009 torniamo
al campo e finalmente riusciamo a
parlare con l'operatrice di Ermes
che si occupa del presidio sociale.
La cooperativa Ermes è presente
all’ interno del campo dal 1999,
quando ancora vi era il grande
campo abusivo. Ci spiega che la
cooperativa opera su un fronte
completamente differente rispetto
a Bottega Solidale . Al momento
32
nuovo campo di via di salone alcuni dati
Unità abitative
Bosniaci (Khorakhanè)
Serbi (Dasikhanè)
Rumeni
Totale abitanti
134
204
179
314
687
6 di Servizio
36 famiglie
25 famiglie
56 famiglie
hanno in corso diversi progetti e
attività:
Progetto Integra_corsi di formazione lavoro per elettricista, idraulico e muratore per circa 20
ragazzi, grazie alla 20 borse di
studio vinte 10 da bottega solidale, e 10 da Ermes, a Pomezia.
A questi ragazzi è rilasciato un attestato di partecipazione e sono
andati estremamente bene.
Asilo per i bambini_il quale non
funziona come un vero e proprio
asilo poiché risulterebbe un ghetto per i bambini, ma serve come
pre-accoglienza o asilo-ponte rispetto a quelli comunali, i quali accolgono per ora solo due bambini
rom all'anno poiché le maestre
sostengono di non essere in grado
di gestire i bambini rom, troppo
abituati a stare tra di loro, girare
nudi etc., quindi non appena si
libera un posto, i bimbi, dal campo, possono finalmente accedere
alle strutture comunali.
Presidio sanitario per le donne_che
spesso sono disinformate rispetto
ai problemi della gravidanza, portata a termine senza neanche un'
ecografia di controllo.
Prima che il campo diventasse
H24 l'associazione gestiva solo il
progetto di scolarizzazione, bando
che è stato vinto per il prossimo
anno dalla Casa dei Diritti Sociali.
I bambini in età scolare vanno dai
6 ai 14 anni e sono circa 220-230.
La mattina arrivano 4 pullman da
50 posti e accompagnano i ragazzi
in 6/7 scuole differenti. Ci racconta un operatore di Bottega solidale che non tutti i bambini vanno
tutti i giorni a scuola, tradizionalmente infatti la scuola non fa
parte della cultura rom, dove si
tramanda tutto per via orale. L’ integrazione però è molto più facile
con i bambini che con i grandi, con
le nuove generazioni. Ci racconta
infatti che l’ anno scorso grazie
ad un accordo col proprietario, si
sono allenati nel campetto da calcio limitrofo, e hanno fatto una
scuola calcio, con un allenatore
che veniva 2 volte a settimana.
Tre bambini sono andati a giocare
all’ atletico Fidene e hanno completato tutto il campionato. Quest’
anno la scuola calcio non c’è, ma
2 bambini hanno continuato a fare
il torneo .
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fermata o40 distanza dal campo 1,5 km
Mappa del territorio dove e' inserito il
campo di via di salone
in evidenza i percorsi che bisognano fare
a piedi per prendere un mezzo pubblico di
collegamento, lo 040 o il trenino alla
rustica; in evidenza anche decathlon, il
supermercato piu' vicino dove si va a fare
la spesa.
la fermata del treno vicina di via di salone
e' chiusa nonostante sia perfettamente ristrutturata e funzionante
fermata trenino la rustica distanza 2,00 km
"dobbiamo fare 2km a piedi di notte per prendere l'autobus, in una strada dove non
Riusciamo a fare un primo giro
per il campo. Visitiamo l'asilo dei
bimbi, con alcune operatrici, fra
cui anche delle donne rom. L'area
sul retro, area giochi dell'asilo,
fortunatamente viene usata anche
dagli altri bambini del campo, infatti è l'unica zona attrezzata per
i bimbi. Il campo è quasi totalmente cementato, tranne che per
alcune piccole aree verdi sul retro
dei container.
Queste piccole aree verdi possono
essere utilizzate soltanto a scopo
decorativo, non è permesso, infatti , di piantare all’ interno alberi,
ortaggi, ma solo fiori.
Le aree comuni presenti sono
composte da tre tendoni di cui
due situati nella parte centrale del
campo, e il terzo nell’ area più ad
est del campo, chiuso da rete e
cancello, utilizzato solo in occasioni speciali.
Notiamo durante il giro tre diverse
tipologie di container grossi al
massimo 30-35 mq ciascuno. La
diversità di forma non riflette una
diversità di dimensioni, sono tutti
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c'e' marciapiede, ne' illuminazione pubblica!"
molto piccoli. L'unica suddivisione
è per gruppo etnico. Ne visitimo
uno, approfittando dell'invito per
un buonissimo caffè. Il container
è costituito da uno spazio soggiorno-sala da pranzo, due stanze e un
bagno. L'ingresso, sala da pranzocucina è uno spazio molto piccolo
con un tavolo e due panche a parete dove ci accomodiamo. Riusciamo a stare seduti in cinque, ma
piuttosto stretti.
L’ intero container è grande
più o meno come il nostro soggiorno. Famiglie di 8 persone,
quando dormono, per non morire asfissiate mettono tutto fuori,
anche le scarpe, ma se piove e si
bagnano, i bambini non possono
andare a scuola.
A sinistra c'è la stanza da letto
matrimoniale, ben al di sotto degli standard abitativi imposti da
un qualunque regolamento edilizio, mentre a destra abbiamo la
stanza per i figli, anch'essa molto
piccola dove sono disposti 3 letti,
due con struttura a castello e uno
normale. Lo spazio è a malapena
sufficiente per potersi girare ed è
così esiguo che la maggior parte
delle persone deve tenere la lavatrice e il frigorifero fuori dalla propria abitazione. Qui vive Zoritza
con suo marito e i suoi quattro figli. Vengono dalla Serbia e vivono
in Italia dal 1984. Fino al 2006 vivevano nel campo abusivo sostituito poi da quello attualmente attrezzato e controllato H24. Zorizta
puntualizza fieramente il fatto di
non possedere neanche un precedente penale. Domandiamo a
Zoritza come si trovi attualmente
nel campo e mi risponde dicendo
che stava molto meglio prima nel
campo abusivo, in quanto aveva
una casa più grande fatta da loro
dove poteva ospitare chiunque
dei suoi parenti volesse andare a
trovarla. Nella vecchia casa aveva
un numero di stanze sufficienti ad
ospitare tutta la famiglia e una
zona soggiorno molto grande. Nel
container dove ci troviamo il soggiorno-cucina è talmente piccolo
che non può ospitare neanche il
nucleo famigliare di 6 persone intorno al tavolo. Zoritza ci dice che
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se ha degli ospiti i bambini devono
lasciare la stanza e si lamenta che
nessun parente può fermarsi a
dormire contrariamente a quanto
succedeva normalmente in passato. I bambini più piccoli sono
inoltre costretti a dormire sulle
sedute imbottite in cucina poiché il figlio più grande reclama
la propria stanza indipendente.
La situazione socio-abitativa in cui
i Rom si trovano ha portato a rare
piccole forme di protesta: la presenza di telecamere puntate anche
verso l’interno delle case ha causato molte lamentele. Al momento
infatti molte di esse non funzionano perché rotte dagli stessi Rom.
Altra protesta è stata quella legata
alla chiusura dei mercatini di roba
usata,una delle fonti di guadagno
principali per loro, protesta realizzata impedendo alle associazioni di portare i bambini a scuola.
Gli strumenti di protesta che generalmente siamo abituati ad immaginare e ad utilizzare a seguito
di un lungo processo di consapevolezza dei nostri diritti sono totalmente assenti nella cultura rom.
La stazione di Salone, rassomigliante ad una cattedrale nel deserto, sarebbe pronta ma il Ministero dell'interno non ne consentirebbe l'apertura per motivi di sicurezza dovuti al vicino Campo
nomadi. I lavori di ristrutturazione di questa stazione, costati 3
milioni di euro, erano iniziati nell' ottobre 2007, ed erano stati
ultimati nel dicembre 2008. Tale rapidita' di esecuzione si giustificava con l'urgenza di rendere disponibile un trasporto su ferro
in vista dell' inizio dei lavori per il raddoppio della Tiburtina. Era
prevista anche la delocalizzazione del campo nomadi di Salone.
Al suo posto, sarebbe stato realizzato un grande parcheggio.
dal documento rilasciatoci
dall' ufficio nomadi e dalla
visura catastale risulta un'
incongruenza sulla destinazione d' uso dell' area:
dal primo l' area sarebbe
un' "area destinata all'
edificazione e ad insediammenti", dal secondo documento la destinazione e' a
seminativo.
"Esiste un pulmino che mette a disposizione l' associazione, ma
non passa sempre, e smette le corse alle cinque del pomeriggio..
e se vogliamo uscire dopo come dobbiamo fare?
Perche’ non riaprono la stazione che e’ vicina al campo,
che e’ costata 3 milioni di
euro, e ci danno la possibilita’ di poterci muovere? E se
non vogliono aprirla perchè
non potenziano la linea dgli
autobus?”
Non solo la decisione di decentrare i campi in estrema periferia e' sbagliata
poiche' tende a creare zone di omologazione e non favorisce un' integrazione
reciproca, ma, lontani dalle linee di trasporto pubblico, i piu' grandi per fare la
spesa devono percorrere 1,5 km a piedi se sprovvisti di mezzo di trasporto, e i piu'
piccoli sono altresi' lontani da qualsiasi luogo di aggregazione che non sia la
scuola la mattina.
ESTRATTO DI DOCUMENTO IDENTIFICATIVO DEL PATRIMONIO
IMMOBILIARE
fONTE : DIPARTIMENTO v UFFICIO NOMADI -
FOTO DI camilla sanguinetti
ESTRATTO DI MAPPA CATASTALE E VISURA DELL' IMMOBILE
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ESTRATTO DI MAPPA CATASTALE E VISURA DELL' IMMOBILE
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gli spazi all' interno del campo
verde presente
VERDE PUBBLICO PRESENTE TRA I CONTAINER, UTILIZZABILE SOLO PER ORNAMENTO
Verde appartenente alla proprieta' del campo ma non utilizzabile,
poiche' chiuso da un recinto
COLLEGAMENTI
parcheggio di servizio al campo (circa 70 posti)
intero edificato presente
strada pubblica di collegamento al campo
strada interna al campo
container di servizio
container di gestione ( magazzino, uffici per bottega solidale,
vigili urbani, ermes capodarco)
container dove si tiene 1 volta a settimana un corso di
informatica per 10 ragazzi
Spazio con Asilo nido, chiuso da cancellata
SPAZI PRIVATI
spazi pubblici
spazio appartenente al campo con un tendone, chiuso da cancellata
Spazio non appartenente al campo, dove i ragazzi si allenano e
giocano a pallone grazie ad un accordo col proprietari. Chiuso da
cancellata
Spazi pubblici del campo, dove vi sono due tendoni, non utilizzati
Spazio con Asilo nido, chiuso da cancellata
38
39
TIPOLOGIE ABITATIVE ogni container e' stato assegnato ad ogniuna delle tre etnie presenti
in media 30 mq a famiglia, 6 mq a pensona
4,82 m x 6,14 m (29,6 mq)
I CONTAINER DEI BOSNIACI
I CONTAINER DEI Romeni
I CONTAINER DEI Serbi
All' interno del campo di Salone esistono 3 tipologie di container, di cui due sono casette mobili; Ogni tipo di container e' stato assegnato
a una delle tre diverse etnie presenti nel campo: Serbi, Rumeni e Bosniaci. I container in grigio sono quelli di servizio.
Le imprese produttrici sono la Maison Solail , con sede a Garlate (LC), che si e' occupata anche demontaggio in luogo, e la Shelbox,
con sede a castelfiorentino (fi).
11,80 m x 2,95 m (34,8 mq)
7,10 m x 3,00 m (21,3 mq)
- Pannelli esterni in sandwich
con aspetto a doghe di dimensioni di 0,35cm-colore beige;
- Finestre in pvc;
- Porta esterna in alluminio;
- Persiane solo decorative;
- Rivestimento in acciaio;
- Finiture/gronde in pvc.
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41
la proposta iniziale
costi
l'impianto dell'insediamento presenta enormi differenze rispetto alla proposta progettuale iniziale (di cui non siamo riusciti ad ottenere
una copia) la quale prevedeva 84 moduli tutti uguali come questo sotto indicato, piu' aree comuni piu' grandi, e un area per un campo
sportivo. al progetto sono stati fatti diversi tagli e modifiche al momento dell'esecuzione che hanno riguardato il numero e i modelli di
containers usati. al momento sono infatti 134 di cui una parte comprati di seconda mano da privati. e' quindi difficile riuscire a capire i
costi esatti di costruzione e progettazione del campo. cio' ci fa pensare che molti piu' soldi siano stati spesi di quanto se ne sarebbero
potuti spendere con una progettazione coerente dall'inizio alla fine.
QUANTO COSTANO I CAMPI AL COMUNE di roma?
I campi, si sa, costano parecchio all’amministrazione che ogni
anno stanzia milioni di euro per la loro gestione e manutenzione.
Secondo l’indagine effettuata dai giornalisti della trasmissione
“Un mondo a colori” andata in onda su Rai Tre il 26 giugno
scorso si spendono ben 13 milioni di euro ogni anno solo
per la gestione e manutenzione dei campi in tutta Roma
di cui
3 milioni per la scolarizzazione
1 milione e mezzo per l’ama che raccoglie i rifiuti
1 milione e mezzo per le utenze di acqua ed elettricità
4 milioni gestione affidata alle associazioni
3 milioni per la manutenzione e lavori vari
Alcuni campi come quello di Vicolo Savini, trasferito a Castel Romano nonostante si sia discusso per anni su dove trasferirlo è stato
costruito secondo un criterio di emergenza con il pretesto delle condizioni igienico sanitarie dei Rom e il coinvolgimento della Protezione Civile. Il tutto ha fatto aumentare notevolmente i costi come
se si trattasse di un’emergenza temporanea causata da catastrofe naturale come un terremoto. Nel caso di interventi urgenti non
vengono indette gare d’appalto per la costruzione dei campi come
sarebbe previsto dalla normativa europea.
Analizzando più da vicino i dati (documentati dall’ Ufficio Nomadi
del V dipartimento del Comune di Roma) che riguardano i costi
totali di costruzione e di gestione del campo di Via di Salone
non sono facilmente reperibili per via del fatto che hanno concorso
alla sua realizzazione parecchie imprese con bandi diversi. La storia della costruzione del campo risulta quindi un po’ controversa.
I lavori di intervento di urbanizzazione primaria sono stati
eseguiti in momenti diversi e distintamente per i differenti containers che erano destinati ai differenti gruppi etnici.
Tre bandi sono stati vinti da tre diverse imprese per un totale di
circa 1 milione di euro. Le unità abitative nuove e di recupero
sono costate invece circa 650 mila euro. Oltre a questi costi
se ne possono dedurre altri legati agli impianti di sicurezza e dei
sistemi di video sorveglianza che non sono stati però documentati.
Per quel che riguarda invece i costi di gestione legati alle due
cooperative Bottega solidale e Cooperativa Bastiani che si occupano rispettivamente di guardiania/manutenzione e presidio sociale
la spesa affrontata dal Comune è rispettivamente di 28 mila euro
al mese per la guardiania e manutenzione e 25 mila euro al
mese per il presidio sociale.
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di realizzazione e
di gestione del campo di
via di salone
- lavori relativi alla costruzione
della recinzione del campo e all’
acquisto e posa in opera di cancello con apertura automatica.
- lavori relativi alla realizzazione dell’ allaccio in fogna ed altri lavori di ristrutturazione.
- lavori relativi alla realizzazione dell’ allaccio dell’ acqua.
-lavori relativi alla realizzazione dell’ allaccio della corrente
elettrica.
- Realizzazione di impianto di
videosorveglianza.
- interventi connessi alle operazioni di sgombero di occupanti
delle zone limitrofe al campo
nomadi
- esecuzione di lavori di pavimentazione in cls
(strada interna, marciapiedi,
piazzole)
- acquisto e posa in opera di
unità abitative mobili .
- Interventi di manutenzione
straordinaria.
- Impegno fondi per il servizio
di vigilanza e manutenzione ordinaria affidati alla cooperativa
sociale Bottega solidale.
- Impegno fondi per il servizio
di presidio sociale affidato all’
associazione Ermes. Capodarco.
- finanziamento erogato per la
scolarizzazione dei bambini affidato a Casa dei Diritti Sociali
- spese effettuate per la somministrazione di acqua
-Spese erogate per il trasporto
dei bambini
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Bando di licitazione a procedura accelerata per acquisto moduli abitativi per campi nomadi - ottobre 1999
COMUNE DI ROMA
DIPARTIMENTO V - V U.O.
Ufficio Speciale Immigrazione
Piazza S. Chiara 14 00186 Roma
Tel. 0668806880 0668806481 fax 0668891203
BANDO DI LICITAZIONE
A PROCEDURA ACCELERATA
1) ENTE APPALTANTE :
Comune di Roma - Dipartimento V° - Ufficio Speciale Immigrazione - Piazza S. Chiara,14 - 00186 Roma - Telefono 0668806880 0668806481, Fax 0668861203, indice una gara mediante licitazione privata ai sensi della normativa di cui al Decreto Legislativo n° 358
del 24 luglio 1992, con la procedura accelerata di cui all’art. 7, comma 4, motivata dall’urgenza di allestire con moduli prefabbricati ad
uso abitativo campi nomadi compresi nel territorio del Comune di Roma, in tempi immediati rispetto all’esecuzione dei lavori progettuali
finalizzati a realizzare campi attrezzati, nei quali trasferire la popolazione “Rom” del campo “Casilino 700”, dove il degrado ambientale ed
igienico-sanitario, nonché la tensione sociale hanno raggiunto apici di drammaticità.
2) DESCRIZIONE DELLA FORNITURA :
L’appalto riguarda la fornitura e posa in opera di n° 150 moduli prefabbricati ad uso abitativo.
Importo a base d’asta £ 3.600.000.000 (Euro 1.859.244,24)
3) LUOGO DI ESECUZIONE :
L’installazione e la posa in opera della fornitura di n° 150 moduli prefabbricati ad uso abitativo saranno effettuate presso aree che verranno destinate a Campi Nomadi, che saranno individuate nell’ambito del territorio ricadente nel Comune di Roma.
4) TERMINE DI CONSEGNA :
La fornitura dovrà essere consegnata nei tempi e con le modalità specificate dall’art.6 del Capitolato Speciale di Fornitura.
5) FORMA GIURIDICA DEL RAGGRUPPAMENTO DEGLI IMPRENDITORI :
Sono ammessi a presentare offerta anche i raggruppamenti d’Imprese, ai sensi dell’ art. 10 del Decreto Legislativo n° 358/92 citato.
In tal caso, in allegato alla domanda di partecipazione, sottoscritta da tutte le Imprese partecipanti al raggruppamento, ciascuna Impresa
dovrà presentare, con separato atto, apposita dichiarazione con la quale s’impegna, in caso di aggiudicazione, a far parte del raggruppamento che dovrà essere costituito ai sensi e con modi di cui al citato art. 10 del Decreto legislativo 358/92.
6) TERMINE ULTIMO PER LA RICEZIONE DELLE DOMANDE DI PARTECIPAZIONE:
Le Ditte che abbiano interesse a partecipare alla gara dovranno far pervenire domanda di partecipazione redatta in lingua italiana, entro
e non oltre le ore 12,00 del giorno 13 ottobre 1999 al seguente indirizzo : Comune di Roma - Dipartimento V° - Ufficio Speciale Immigrazione - Piazza S. Chiara,14 - 00186 - Roma.
Sulla busta dovrà essere riportata l’indicazione: “ Licitazione privata per la fornitura e posa in opera di n° 150 moduli prefabbricati ad uso
abitativo.
7) TERMINE DI RICEZIONE DELLE OFFERTE:
L’Amministrazione inviterà le Ditte risultate idonee a presentare l’offerta secondo i termini indicati all’art. 7, comma 4 del Decreto Legislativo 358/92.
8) CONDIZIONI MINIME :
Per partecipare alla gara le Imprese dovranno allegare alla richiesta di partecipazione, a pena di esclusione, la seguente dichiarazione,
sottoscritta dal legale rappresentante o dai titolari dell’ Impresa, e successivamente verificabile, attestante:
1) di non trovarsi in alcuna delle condizioni di esclusione di cui all’art. 11 del Decreto Legislativo 358/92;
2) di essere in possesso di idonee referenze bancarie attestanti la solidità finanziaria ed economica dell’Impresa;
3) che alla gara non concorrano singolarmente o in raggruppamento Società o Imprese nei confronti delle quali sussistono rapporti di collegamento e controllo determinati in base ai criteri di cui all’art.2359 del c.c.;
4) di essere in regola - ove dovuto - con la legge 482/68 in materia di assunzioni obbligatorie;
5) di aver conseguito un fatturato globale, nell’ultimo triennio - anno 1996/ 1997/ 1998 - IVA esclusa, non inferiore a £.7.200.000.000
(setteimiliardiduecentomilioni) pari ad Euro 3.718.489,67;
6) di essere iscritti alla Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura, o analogo registro professionale dello Stato di residenza per le Imprese straniere.
Da tale dichiarazione dovrà risultare l’attività dell’ Impresa che dovrà essere pertinente ai materiali oggetto del presente appalto;
7) l’inesistenza di una delle cause di decadenza, di divieto e di sospensione di cui all’ art.10 della legge 31/05/1965, n° 575 e successive
modificazioni, nonché del Decreto Legislativo 358/92;
8) dichiarazione contenente l’ elenco delle forniture di prodotti pertinenti a quelli richiesti con il presente bando relativi agli anni - 1996/
1997/ 1998, effettuate a favore di Enti Pubblici e/o privati, da comprovarsi, successivamente, con le relative attestazioni degli enti
medesimi ovvero con le copie delle fatture per un importo minimo di £ 3.600.000.000 (Euro 1.859.244,24);
9) certificazione sistemi di qualità normativa ISO 9000;
N.B. Ai soli fini informativi l’Impresa dichiarerà di essere in regola con il disposto di cui all’art.9 legge 125/91 relativo alla situazione del
personale maschile e femminile in organico.
Le dichiarazioni innanzi citate dovranno essere prodotte, pena l’esclusione, unitamente a copia fotostatica, leggibile e non autenticata, di
un documento d’identità in corso di validità del soggetto che ha sottoscritto la dichiarazione stessa.
In caso di consorzio o associazione temporanea d’Imprese, le dichiarazioni di cui ai punti 1 -2 - 3 - 4 - 6 - 7 debbono riferirsi a ciascuna
Impresa associata o consorziata.
Il requisito di cui al punto 9) dovrà essere posseduto da almeno una impresa o dall’Impresa mandataria, quest’ultima dovrà possedere
altresì almeno il 50% dei requisiti di cui ai punti 5) e 8), che s’intendono cumulabili, mentre le altre imprese dovranno detenere almeno il
20% per ognuno di essi, in modo tale da coprire il 100% dei requisiti.
La dichiarazione innanzi indicata deve essere di data non anteriore ai 6 (sei) mesi rispetto a quella fissata per la ricezione delle domande
di partecipazione.
La non presentazione, la tardiva presentazione, la non rispondenza anche di un solo elemento rispetto a quanto sopra richiesto, determinerà l’esclusione dalla partecipazione della gara.
L’ idoneità delle Ditte per essere invitate alla gara sarà determinata dall’ Amministrazione con Determinazione Dirigenziale.
Successivamente all’ approvazione delle Ditte idonee, le stesse saranno invitate a presentare offerta al : SEGRETARIATO GENERALE - UFFICIO CENTRALE DI CORRISPONDENZA - Via del Campidoglio n° 4 - 00186 Roma, nei modi e nei termini indicati nella lettera d’invito.
9) AGGIUDICAZIONE :
L’aggiudicazione dell’appalto verrà effettuata ai sensi dell’ art. 19 comma 1 lettera a) del Decreto Legislativo n° 358/92, e successive
modificazioni con Decreto Legislativo 402/98 a favore della Ditta che avrà offerto il maggior ribasso percentuale del prezzo a base d’asta.
L’aggiudicazione avverrà solo ed esclusivamente in presenza di almeno due offerte valide.
L’aggiudicazione è impegnativa per l’Impresa aggiudicataria ma non per l’Amministrazione fino a quando non saranno perfezionati gli atti
in conformità alle vigenti disposizioni.
10) ALTRE INFORMAZIONI :
a) Richiesta d’informazioni e copia Capitolati indirizzo di cui al punto 1).
b) Termine per la richiesta d’informazioni e Capitolati: fino a 7 (sette) giorni prima della scadenza della presentazione delle offerte.
Per ricevere copia dei Capitolati a mezzo posta, si dovrà inviare all’indirizzo riportato al punto 1):domanda corredata dal versamento di
£.4.160 (Euro 2,15) a mezzo bonifico bancario a favore del Monte dei Paschi di Siena - filiale di Roma - Tesoreria Comunale cod. banca
1030 CAB 03226.8, con la causale “ Diritto invio copia Capitolati, gara per la fornitura e posa in opera di n°150. moduli prefabbricati ad
uso abitativo “.
11) DATA INVIO DEL BANDO :
Il presente bando è stato spedito all’ Ufficio Pubblicazioni della Comunità Economica Europea in data 24 settembre 1999.
12) DATA RICEZIONE DEL BANDO :
Il presente bando è stato ricevuto dall’ Ufficio Pubblicazioni della Comunità Economica Europea in data ................................................
...................
IL DIRETTORE
( Giovanni Roberto Roberti )
Le foto sono tratte da un progetto del consorzio alberto bastiani
Sembrava terminato il periodo dei lager, invece adesso ve ne sono altri "piu' democratici e solidali".. nomi diversi, e per vivere in condizioni igienico-sanitarie civili si e' dovuta barattare la cosa piu' importante
per un essere umano: il diritto alla liberta'.
E le previsioni per il futuro sono ancora peggiori.
Il nuovo regolamento per la gestione dei villaggi attrezzati per le comunita’ nomadi della Regione Lazio del 2009 recita
"Nel perimetro esterno si prevedono, altresi', forme di vigilanza delle Forze dell'
Ordine da attuare con le modalita' ritenute piu' opportune dal Questore.
Il Presidio di vigilanza e' composto da unita' appartenenti alla Polizia Municipale,
ovvero da soggetti selezionati della vigilanza privata, alle dirette dipendenze di un
Coordinatore nominato dalla Amministrazione comunale".
Ciò significa che a vigilare il campo non ci sarà più Bottega Solidale,
ma vere e proprie forze dell’ ordine anche private fornite di armi.
Questa viene chiamata accoglienza, integrazione, e appunto la si fa
con telecamere e vigilanza.
Per vivere in nome della sicurezza la società decide di omologarsi,
e la paura del diverso ci porta a non vedere e distinguere i sapori, gli
odori.. ma si sa, in natura non esiste niente di identico, la serialità del
prodotto è stata soltanto un’ invezione dell’ uomo moderno.
I campi controllati, sorvegliati, e rinchiusi attraverso “il muro difensivo” rappresentano i nuovi confini, ed hanno una capacità grande di
accrescere e rendere visibili le differenze sociali, ridurre le possibilità
di integrazione, rafforzare gli stereotipi a causa della scarsa conoscenza reciproca, in un mondo ormai “globalizzato e, dicono, senza
frontiere” .
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“Una politica che ha anche
messo in difficoltà cooperative come la Ermes, che
si sono trovate a fare da
cuscinetto tra le istituzioni e
i Rom: «Non possiamo fare
riduzione del danno – dice
Salvo Di Maggio, presidente
della Ermes – I campi possono essere al massimo un
posto di accoglienza, una
situazione di transito, invece c’è gente che vive così
da trent’anni o anche più».
«Non ci fanno uscire – dice
Rasema – Mio figlio ha ventisei anni, è nato qui, non
parla nemmeno serbo, l’ho
sempre mandato a scuola
ma poi non c’è lavoro per
noi. Prima ci dicono che
vogliono che cambiamo vita,
ma quando cerchiamo di
cambiare, ci dicono che dobbiamo stare nel campo». È
la politica della dipendenza”.
(Da Carta Geografica di
Enzo Mancini)
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7. storia di un occupazione...
I rom dell 'ex campo di Quintiliani occupano un capannone in Via delle cave di Pietralata a roma
Quando si pensa ai Rom automaticamente si pensa
ai campi. Non si è in grado di vedere oltre quello che
l’ombra del pregiudizio è in grado di mostrare.
Ancora prima di cominciare il nostro percorso di ricerca, e forse è stato questo uno dei motivi per cui
abbiamo deciso di intraprenderlo, non riuscivamo a
capire perché i Rom vivessero nei campi. Chiunque
risponda a tale domanda, come alla maggior parte delle questioni che riguardano i Rom, lo fa attraverso dei luoghi comuni, senza sapere di cosa
parla, senza conoscere i desideri delle persone che
ogni giorno vivono sulla loro pelle l’emarginazione,
"mi sono svegliato asciutto..."
L’esperienza che vogliamo raccontare è un chiaro esempio di
come insieme, Rom e gagè possano costruire un percorso comune di convivenza all’interno di
uno stesso quartiere. Attraverso
l’occupazione e auto-recupero di
un piccolo capannone industriale
e degli uffici adiacenti ormai dismessi e abbandonati di proprietà
del comune , la comunità di circa
60 Rom rumeni che fino all’anno
scorso viveva nel campo di Quintiliani, ha trovato una soluzione
all’emergenza abitativa. La comunità sentiva l’esigenza di trovare un luogo stabile dove poter
vivere e far crescere i propri figli,
una fissa dimora che permettesse
ai più piccoli di frequentare una
scuola ed avviare, fin dove è possibile, quella famosa ancora insipida, integrazione, asse portante
dell’ormai stradiscusso fenomeno
dell’immigrazione.
Quintiliani si trova a pochi passi
dalla Via Tiburtina, un quartiere
piuttosto popolare e popoloso. Da
tempo, come ci racconterà il Prof.
Marco Brazzoduro, che ha seguito insieme ad alcune associazioni
l’iter dell’occupazione, si faceva
sempre più impellente l’esigenza
dei Rom che si erano insediati nel
campo abusivo di Quintiliani, di
trovare un altro spazio abitativo
dal momento che girava voce che
sarebbero stati sgomberati.
14-02-2008
la povertà e la vergogna costante delle umiliazioni
subite, solo perché Rom, zingari. Nessuno ama vivere nell’immondizia, in mezzo ai ratti e al fango e
pensare che i Rom vogliano vivere nei campi perché
fa parte della loro cultura è frutto del pregiudizio comune, fa parte delle nostre politiche di segregazione
e del nostro considerarli erroneamente e ignorantemente ancora nomadi. Molti Rom hanno detto basta,
uscendo allo scoperto e rivendicando un alloggio, che
dovrebbe essere un diritto di ogni cittadino, attraverso lo strumento dell’autorecupero.
“Siamo andati in giro con loro, abbiamo visto che il territorio del V
municipio era pieno di casolari e
fabbriche abbandonati. Ci eravamo informati sulla destinazione
di questi edifici; alcuni erano stati
destinati ad accogliere associazioni che si occupano di recupero
di ex detenuti, tossicodipendenti.
Andando per esclusione era stata
individuata questa località, capannone utilizzato come deposito
oramai abbandonato da anni e
circondato da cumuli di immondizia. Era destinato ad area verde
46
e parcheggio, il terreno era pubblico, già espropriato...(tra la decisione e la realizzazione passano
decenni).”
Il fatto che il terreno fosse pubblico rassicurò un po’ tutti in
quanto l’occupazione di un edificio
privato in genere viene bloccata
immediatamente
non
appena
il proprietario denuncia. In questo
caso c’è la possibilità di entrare in
trattativa se si riesce ad avere un
appoggio politico all’interno del
municipio.
La notte del 14/2/2008 si portò
a compimento l’ occupazione
scavalcando il muro della recinzione. Erano circa le 22:30. In pochi
minuti l’ambiente è interamente
illuminato, le donne organizzano
letti e coperte (...). La notte passa tranquilla e l’indomani, alle
nove del mattino, il luogo sembra
trasformato, ripulito e ordinato
con le poche e vecchie cose raccattate un po’ in giro(...)
La mattina dopo, prosegue raccontando Brazzoduro, partirono
subito le denunce da parte dei dirimpettai seppur molto distanti ma
su palazzi molto alti che avevano
visto questo movimento.
“Si è presentata subito la polizia
seppur in borghese che ha subito
chiesto i documenti agli Italiani,
visto che i Rom si erano fatti aiutare da alcuni volontari vicini
alle loro esigenze, i quali avevano
aiutato dando un appoggio, una
presenza per rendere una testimonianza precisa e un impegno (…).
Poi non è successo praticamente
niente, ogni tanto veniva qualche
poliziotto o vigile urbano a vedere,
ma vista anche la tranquillità dell’
insediamento non hanno fatto
niente.
Abbiamo anche cercato l’ appoggio della parrocchia, siamo andati
a parlare col parroco che già li
conosceva, insomma per tessere
una rete di possibili alleanze, in
modo tale che se interviene la forza pubblica per un’ azione di re-
pressione non ottiene nulla.”
Durante il primo congresso nazionale della “Federazione Rom e
Sinti insieme”, tenutosi a Roma il
22-23 Aprile scorsi, Cristina Formica, che da anni lavora con i
Rom e che sta fondando insieme a
Marco Brazzoduro e alla comunità
di Quintiliani l’associazione Grifina
(dal nome della figlia di 12 anni
del portavoce Decebal) , racconta
che il percorso con i Rom comincia
molto prima, nell’inverno 2007,
quando la comunità rom rumena
chiese un appoggio politico.
Decisero di dare solo quello, e non
era poco per i Rom, in quanto fra
i gagè che appoggiavano questa
occupazione c’era anche diverse
associazioni piccole e grandi
(ARCI IMMIGRAZIONE, POPICA)
“...non
volevamo
assolutamente prendere fondi per questa
attività, eventualmente veicolarli
per i Rom perché abbiamo fatto
una serie di riflessioni sui progetti,
perché siamo in disaccordo con
le politiche del comune di Roma
non solo di Alemanno ma anche
di Veltroni, perché abbiamo provato ad impedire degli sgomberi
e quindi...naturalmente siamo arrivati a dare questo appoggio. La
cosa che più mi ha colpito la mattina dopo alle 8,00 quando siamo
tornati all’occupazione, mentre
c’era il primo controllo dei vari
che si sono susseguiti nei mesi da
parte delle forze di polizia, vigili
urbani, digos, è stato il commento
di una persona dell’occupazione
che disse “mi sono svegliato asciutto” . Passare dalla baracca ad
un posto che è solamente un piazzale con un capannone ha significato per queste persone svegliarsi
asciutti e non bagnati dall’umidità
dei campi abusivi...questa la dice
tutta sulla condizioni abitative (…)
47
dall'occupazione ad oggi...fuori dal campo
maggio 2009
La comunità di rom rumeni che
ora risiede in Via delle Cave di
Pietralata durante quest’anno di
occupazione ha svolto un percorso di notevole importanza per
quel che riguarda l’emancipazione
e il superamento dei campi.
Ciò dà realmente prova della
volontà di lavorare per migliorare la
qualità della vita del popolo rom e
soprattutto
può
essere
un
esempio di buona pratica da
seguire e di buona convivenza
fra culture diverse nello stesso
ambito
socio-territoriale.
Dal
momento in cui la comunità
ha occupato l’area, i Rom hanno lavorato tanto per sistemare tutto con le proprie forze;
hanno dimostrato di volere e
poter coabitare con i gagé del
quartiere e sono entrati in ottimi rapporti sia con i cittadini che
con le autorità del V municipio.
visione d'insieme dell'area
1. capannone
2. tettoia
3. garage+wc+locale di servizio
4-5. palazzina+edificio di pertinenza
capannone recuperato e in uso
garage+wc+ locale di servizio recuperati e in uso
Le
persone
che
risiedono
nell'occupazione sono circa 60,
provengono tutte dalla citta' di
Craiova in Romania e vivono in
italia da circa 10 anni. Hanno
vissuto per qualche tempo in un
palazzo occupato di proprieta' delle FS. Dopo essere stati costretti a
lasciare lo stabile si sono trasferiti nell’ex-campo abusivo di Quintiliani. Un anno fa, prima dello
sgombero del campo hanno occupato il capannone e gli edifici di
Via delle Cave di Pietralata.
tettoia recuperata e in uso
palazzina+edificio di pertinenza
ancora da recuperare
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49
L'autorecupero...
L’intera area è costituita da un capannone che doveva servire da deposito da un lato , una tettoia, un
edificio che probabilmente doveva
servire da locale di servizio con i
relativi spogliatoi e servizi igienici, due garage e due edifici isolati
in condizioni ancora oggi degradate, in uno dei quali vivono degli
italiani che prima di loro occuparono l’area.
L’edificio disposto sul lato sud è
stato recuperato sistemando per
il momento soltanto uno dei due
garage, il quale accoglie 6 alloggi.
Il locale dei servizi igienici è stato
ripristinato con un nuovo allaccio
fognario e piccoli lavori di manutenzione.
Il locale di servizio è stato trasformato in un ampio appartamento
con una zona giorno e una zona
notte adattati alle esigenze della
famiglia di Decebal (il portavoce
della comunità). I lavori interni a
questa parte si sono limitati alla
pulitura, stuccatura e pittura delle
pareti.
la tettoia è stata convertita in uno
spazio ad uso comune e dei bimbi,
con una cucina che viene utilizzata per le feste.
Tutte le lavorazioni sono state es-
eguite in circa due mesi. Per la
pulizia dell’intera area dalla presenza di enormi quantità di spazzatura sono stati riempiti circa
2000 sacchi. Date la presenza di
varie competenze all’interno della
comunità fra cui elettricisti, carpentieri, muratori, la manodopera
non ha avuto costi di alcun genere. L’allaccio alla rete idrica è stata
fatto abusivamente mentre per
l’elettricità si utilizza un gruppo
elettrogeno, al quale ogni famiglia
contribuisce con una quota per
l’acquisto del carburante.
tettoia che accoglie la cucina comune e lo spazio bimbi
rilievo del 06-05-2009
Il capannone è stato sistemato dividendo lo spazio
interno in una decina di minialloggi disposti a corte,
ognuno dei quali dispone del suo angolo cottura esterno che dà sull’area comune. In questo spazio centrale tutti insieme mangiano e trascorrono insieme i
momenti di socialità. La realizzazione degli alloggi
all’interno del capannone e uno dei due garage è
stata eseguita con materiali sia nuovi che di recupero. In particolare le coperture sono state realizzate
con dei nuovi pannelli di truciolato e isolate termicamente con una guaina. Lo stesso isolante è stato
usato per la realizzazione delle pareti.
garage suddiviso in 6 minialloggi
servizi igienici comuni
elenco dei materiali usati E COMPRATI DAI ROM
fino ad oggi per i lavori:
pannelli di truciolato, spray isolante, tubi per
nuovo allaccio fognario, nuove rubinetterie, stucco,
tinte per interni, materiale di recupero
casa di decebal
costo totale dei lavori:
rilievo del 20-05-2009
5.00o euro
Obiettivi per il futuro:
Al momento alcuni dei Rom di Quintiliani insieme ad
alcuni gagè stanno fondando una cooperativa per la
promozione sociale dei Rom (GRIFINA). Fra le finalità e obiettivi futuri, oltre all’aspetto sociale, c’è anche l’idea di creare una cooperativa di autorecupero
che permetterebbe di accedere ai finanziamenti per
i lavori che ancora sono necessari. La cooperativa
con le diverse competenze al suo interno sarebbe un
utile strumento per la formazione lavorativa dei più
giovani.
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8. il campo rom di via di 100
celle a roma
Il territorio su cui sorge il campo rom di Via di Centocelle si trova lungo il “canalone” all’ interno dell’ area
dell’ex aereoporto di Centocelle, situata nella periferia sud est di Roma, i suoi confini lambiscono quattro
diversi Municipi: VI, VII, VIII, X.
In passato nella medesima area si trovava il più grande campo rom d’ Europa, con i suoi 1400 residenti, il
vecchio Casilino 700 , una baraccopoli multietnica, dove la popolazione zingara era molto giovane, anche
perché a causa delle drammatiche condizioni di vita il tasso di longevità era il più basso in Europa. Gli abitanti di Casilino 700 erano, in ordine di consistenza numerica, Bosniaci e Montenegrini, Rumeni, Macedoni.
Ancora prima accoglieva quel sottoproletariato di siciliani e calabresi immortalato dai vividi racconti e romanzi di Pier Paolo Pasolini. Il 17 ottobre 2000 venne sgomberato: tutti coloro i quali dimostrarono di essere
in regola con i permessi di soggiorno vennero trasferiti nel nuovo campo costruito vicino a via Collatina e che
aveva preso il nome di Via Salviati 2 , una parte fu trasferita di forza in un altro campo a Tor De’ Cenci per
permettere lo sgombero totale dell’area, altre nelle aree abusive di Salone e Casilino 900 dove, nel corso
degli anni, si erano accampati altri Rom. Viene così peggiorata la situazione di accampamenti di per sé già
indecenti. Si allontanano dal centro della città verso aree periferiche isolate e prive di servizi.
la nostra esperienza a 100 celle
Era nostro interesse affrontare
il problema della situazione abitativa dei Rom e cercare di capire insieme a loro quale potesse
essere un’ alternativa possibile
ai campi, per esempio tramite l’
occupazione e l’ auto recupero di
un’ aree dismesse.
Abbiamo conosciuto la comunità
di Centocelle nel mese di febbraio, dal momento in cui abbiamo iniziato a collaborare con i
ragazzi dell’ associazione POPìCA Onlus che opera nel settore
d’intervento sulle problematiche
dell’infanzia violata con lo specifico obiettivo di approfondire e
affrontare il problema presso le
popolazioni dell’Europa Balcanica, sia sul territorio nazionale
che estero.
L’ associazione aveva già avuto
un’ esperienza con la comunità
di Rom rumeni dell’ ex campo di
Quintiliani, che da un anno ha
auto recuperato un’ area in Via
delle Cave di Pietralata nel V municipio.
Grazie a loro siamo entrati in
contatto con la comunità di Cento
Celle.
Il campo è formato da circa 150
persone. Sono quasi tutti giovanissimi, tanto che l’ età media è di
22 anni, quasi tutti provenienti da
Călăraşi, distretto della Romania,
Sono circa 100 lungo il fossato
e 50 nella parte alta. In tutto ci
sono 42 baracche più quelle sopra
il fossato.
Parla Gianluca, dell' associazione POPICA
“Siamo arrivati qui circa ad ottobre. Abbiamo partecipato al bando
della scolarizzazione come partner
della CDS, col compito di occuparci dei cosiddetti insediamenti
abusivi, iniziando a mappare quelli presenti nella zona del settimo
municipio.
A via di Centocelle siamo arrivati
per caso. Erano le sette e mezzo
di sera quando, assieme a Christian, responsabile della scolarizzazione per la nostra Associazione,
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abbiamo incontrato un gruppo di
ragazzini rom che ci hanno indicato dov’era il campo.
Abbiamo scelto di calarci per
quello che sembrava essere il sentiero d’ingresso, finendo invece
in un insidioso dirupo che ci ha
fatto finire col sedere per terra,
trovandoci di fronte ad un gruppo di sudamericani che ci hanno
indicato la strada per il campo.
Siamo arrivati e ci sono venuti
tutti incontro, un po’ incuriositi,
un po’ per capire cosa volevamo a
quell’ora. Abbiamo spiegato loro
che non eravamo poliziotti ed eravamo lì per collaborare con loro
qualora ne avessero avuto voglia.
Sono stati tutti entusiasti soprattutto per la possibilità di mandare
i bambini a scuola.
Nessuno di loro frequentava.
L’iscrizione scolastica é stata la
prima forma di collaborazione
che
hanno voluto con noi. Si
sono autocensiti, ci hanno voluto
mostrare i loro documenti, hanno
accompagnato i bambini a vaccinarsi, sono venuti con noi ad iscriverli alle scuole e hanno cominciato ad accompagnare i propri
figli quotidianamente in classe,
senza bisogno di accompagnatori o pulmini. Si é instaurata una
catena tra di loro, cosicché i primi
insegnavano ai secondi cosa
dovevano fare.
In particolare in questo percorso
abbiamo avuto un gran sostegno
dal portavoce dell’insediamento,
Ion, che ha creduto da subito
nella nostra idea di autorecupero
ed indipendenza. La nostra idea é
sempre stata quella di non sostituirci ai Rom nel servizio che gli
compete (come genitori o come
cittadini) ma di dargli gli strumenti perché siano loro gli unici
protagonisti. I risultati sono stati
Al Sindaco di Roma Gianni Alemanno;
all’Ass.re alle Politiche Sociali del Comune di Roma Sveva Belviso;
all’Ass.re alla Scuola, alla Famiglia e all’Infanzia del Comune di Roma Laura Marsilio;
all’Ass.re alle Politiche Culturali del Comune di Roma Umberto Croppi;
al Presidente del Municipio VI Giammarco Palmieri;
al Presidente del Municipio VII Roberto Mastrantonio;
alla Giunta del Municipio VI;
alla Giunta del Municipio VII;
ai cittadini ed alle cittadine dei Municipi VI e VII;
alla Comunità civile tutta.
OGGETTO: CHIEDIAMO UNA SOLUZIONE PER L’INSEDIAMENTO DI VIA DI CENTOCELLE
Siamo le famiglie di rom romeni che vivono nell’insediamento spontaneo in via di
Centocelle a Roma, siamo gli insegnanti delle scuole del VI Municipio dove ogni giorno
i piccoli dell’insediamento vengono accolti per costruire il loro futuro, siamo operatori
che si adoperano per la costruzione di un percorso di reale interazione sociale con
il popolo rom. Collaboriamo ormai da diversi mesi per cercare di costruire un indispensabile cammino di auto-recupero che possa essere strumento unico per lo sviluppo
autonomo della Comunità.
Nell’insediamento vivono oggi 25 nuclei familiari per un totale di 78 persone, con un
eta` media di 22 anni, che abitano in baracche di fortuna inadatte a contrastare il
freddo e le intemperie di questo rigido inverno. Le condizioni igienico-sanitarie sono
ben al di sotto della soglia minima di vivibilità: non vi é ne` acqua ne` corrente
elettrica, non esistono servizi igienici ed il campo é ormai letteralmente invaso dai
ratti, totalmente indifferenti al quotidiano tentativo di arginarli con veleni e trappole.
Nonostante ciò, per volontà della stessa comunità, abbiamo intrapreso un percorso
di interazione sociale che é partito dalla pre-scolarizzazione e scolarizzazione di tutti i
bambini di eta compresa tra i 6 e i 13 anni. Ad oggi cinque bambini frequentano regolarmente la scuola dell’infanzia, cinque la scuola elementare presso il “126° circolo
Iqbal Masiq” e tre la scuola media presso la “S.M.S. G. Massaia”. Altri bambini rimangono in attesa della disponibilità di posti per essere iscritti nelle scuole dell’infanzia.
Le scuole e l’Associazione Popica o.n.l.u.s. che ne segue la scolarizzazione, hanno potuto riscontrare risultati egregi, ottenuti principalmente grazie all’encomiabile impegno
ed interesse delle famiglie e dei bambini stessi. La positività di questi risultati é confermata anche dall’assidua frequenza alle lezioni, come dimostrato dall’ottenimento di
ben quattro borse di studio ottenute dai bambini della scuola elementare.
Gli adulti dell’insediamento hanno sempre dimostrato la volontà di migliorare la
propria condizione attraverso un atteggiamento propositivo ed autonomo fondato su
principi di rispetto e di legalità, come confermato anche dai continui controlli delle
forze dell’ordine che non hanno mai rilevato alcuna forma di violazioni di Legge.Alla
luce di ciò, chiediamo alle Istituzioni competenti:
- che si facciano ufficialmente carico della condizione di questa comunità, che fino
ad oggi é stata costretta all’invisibilità in uno stato di evidente violazione dei Diritti
Umani;
- che venga proposta quanto prima una soluzione abitativa la cui vivibilità rispetti la
dignità umana;
- che la comunità non venga sradicata dal territorio con la conseguente e drammatica
interruzione dei percorsi scolastici magnificamente intrapresi dai bambini e dalle loro
famiglie;
- che si possa creare uno specifico Tavolo comune tra le Istituzioni, la popolazione
interessata, la comunità rom di via di Centocelle, gli operatori che vi collaborano e le
scuole del Municipio, affinché si arrivi a soluzioni condivise.
Comunità rom romeni di via di Centocelle
Associazione Popica Onlus
Scuola Secondaria di I grado “G.Massaia”
Simonetta Salacone – Dirigente Scolastico 126° Circolo Didattico
Luciano Ventura – Presidente del Consiglio 126° Circolo Didattico
Collegio Docenti 126° Circolo Didattico
Studentesse Master in Progettazione Partecipata PISM – Roma3
Stalker – OsservatorioNomade
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da subito strabilianti. Tutti i bambini in eta`di scuola elementare e
media sono stati iscritti ed hanno
frequentato con frequenza altissima ed enorme soddisfazione degli insegnanti, quelli della scuola
d’infanzia dopo una lunga lista
d’attesa sono stati inseriti, ad eccezione dei bambini in eta`da nido
che purtroppo non avendo trovato
posto sono stati costretti a restare
al campo con le mamme.”
A differenza di grandi comunità
questa e’ una piccola comunità
molto tranquilla, fatto che ha permesso un' organizzazione interna
al campo ottima. Non hanno mai
avuto problemi con le persone del
vicinato.
Se ci si mette all’ entrata, si può
osservare un via vai continuo di
ragazzi che con le loro bici vanno
a lavorare raccogliendo ferro, alluminio per poi rivenderlo. Via vai
che comincia alle 4 del mattino e
finisce alle 7 di sera.
La cosa che inizialmente ci ha colpito entrando nel campo è stata
l’ estrema pulizia, anche perché
non ci si può immaginare che difficoltà ci siano a mantenere puliti
sia l’ ambiente circostante, sia se
stessi in una condizione in cui si
devono fare sempre lunghi viaggi
per prenderla l’acqua.
Il campo non possiede servizi
igienici, tantomeno bagni chimici.
E’ inserito proprio nel fossato presente all’ interno dell’ aereoporto di Centocelle, e le condizioni
igienico-sanitarie sono pessime,
soprattutto per la presenza di
grandi ratti, da cui le uniche difese
sono una pulizia estrema all’ interno delle baracche, e la presenza di alcuni cani che fanno il loro
lavoro benissimo, anche se uno di
questi è rimasto sfregiato.
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Lucica, moglie di ion, ci racconta che bisogna non
lasciare niente da mangiare in giro, stare attentissime specie dentro le baracchine, soprattutto
per i bambini piccoli la paura e' enorme, anche
perche' hanno ancora la crosta lattea.
Circa un mese fa, infatti, il figlio piu' piccolo e'
stato morso da un topo, e' stato portato subito al
prontosoccorso, la paura e' stata grande, ma per
fortuna e' andato tutto bene.
E se d’ inverno c’è il problema
enorme del freddo e del fango,
in estate c’è quello della polvere
continua e dell’ estremo caldo
asfissiante, poiché nel fossato non
filtra una bava di vento.
Per questo ed altri motivi,
sottolineando più volte e chiaramente che “non è per noi, noi
possiamo arrangiarci, ma è per
i nostri figli!” questa comunità
ha iniziato ad intraprendere un
percorso di lotta per la casa, grazie alla collaborazione dei ragazzi
di POPìCA. Con loro e con la comunità abbiamo avuto la fortuna
di collaborare in tutti questi mesi.
All’ inizio la necessità di spostarsi
dal campo era soprattutto per la
paura dello sgombero. Più volte,
infatti, polizia ed esercito sono
andati al campo minacciandoli
di sgomberarli e di togliere loro
l’ affidamento dei bambini...e
si sa...le maniere che hanno
in questi casi non sono tra le
più democratiche, in particolare
l’ esercito che riesce in un attimo
grazie alle ruspe a distruggere il
poco che hanno, passando sulle
baracche senza nemmeno permettere loro di prendere qualcosa
dall’ interno.
Inutilmente si è fatta richiesta al
sindaco, al municipio, alla comunità civile tutta di risolvere la questione abitativa di questa comunità,
ma a tale richiesta non è seguita
alcuna risposta. Per questo motivo
insieme ai ragazzi di POPìCA abbiamo sostenuto la loro volontà
di trovare un altro luogo, eventualmente dismesso e da autorecuperare nella zona in prossimità
del campo. Hanno scelto zone non
troppo lontane dall’insediamento
per permettere ai bambini di continuare a frequentare le scuole
dove finalmente sono riusciti ad
inserirsi
dopo
le
difficoltà
iniziali, ma che grazie all’ aiuto
di “insegnanti illuminati” che più
volte hanno sostenuto la comunità, hanno ottenuto dei risultati
eccellenti grazie ai quali quattro
bambini hanno vinto una borsa di
studio. La città di Roma è piena di
immobili dismessi e case sfitte, ed
è altrettanto piena di persone che
non hanno casa e sono costrette a
vivere in condizioni disagiate.
Occupare è reato, ma lo è altrettanto fare vivere le persone ai
limiti di ogni diritto umano considerando che esistono a Roma
140 mila appartamenti vuoti.
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il campo di via di centocelle
sono circa 42 baracche
Ionut racconta:
“Tutte le baracchine le abbiamo
costruite noi, i
materiali li abbiamo recuperati
nell’ immondizia,
andiamo col carrello, col camion,
e
vediamo
se
c’è qualcosa che
ci può servire.
E’ tutto legno,
iniziamo
dalla
base, poi alziamo
le pareti, alla fine
la mettiamo copertura.
All’ interno mettiamo le lenzuola
nelle pareti. Adesso non fa freddo
ma per l’ inverno
poniamo la plastica sulla copertura
per la pioggia che
se no entrerebbe
dentro. La cucina
la teniamo fuori. Noi sappiamo
lavorare
molto
bene, certo, non
tutti, ma qui ci
sono persone che
sanno fare un po’
di tutto, elettricisti,
muratori..
e non spendiamo
tanto per i materiali perchè li recuperiamo.. non
avremmo
alcun
problema a sistemare e fare dei
lavori di recupero
in un edificio.”
edifici non utilizzati e abbandonati all' interno dell' area analizzata
Si sgombera troppo spesso e molto facilmente, senza
prevedere alcuna soluzione abitativa. Ma queste persone che cosa devono fare?... Sparire?... ovviamente
dovranno occupare un nuovo posto, poichè non ne posseggono uno. Quando i Rom di Centocelle andavano a
vedere dei posti liberi presenti vicino alle scuole Ion all’
inizio ci portava anche in nuove aree libere, non costruite, ma man mano che è passato il tempo il desiderio
di una casa, di sicurezza, e anche di indipendenza è
aumentato, ed insieme a questo hanno iniziato un percorso politico di rivendicazione dei propri diritti.
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BASTA SGOMBERI SENZA ALTERNATIVE ABITATIVE DEGNE
La mattina del 24 aprile 2009 forze dell’ordine e militari hanno annunciato alla comunità di rom romeni che vivono nell’insediamento di via di Centocelle lo sgombero
per il 29 aprile 2009. In base a quanto comunicato, oltre alla minaccia di distruggere le baracche con tutto ciò che vi si troverà all’interno, le famiglie rischierebbero
anche la sottrazione dei propri figli e l’affidamento ai servizi sociali.
Non sono state previste alcune soluzioni abitative alternative.
Non esiste ad oggi alcuna risposta alla richiesta scritta inoltrata, già alcuni mesi fa,
da parte della comunità a tutte le istituzioni competenti (di qualsiasi appartenenza
politica), per raggiungere una soluzione condivisa alla loro invivibile condizione
abitativa.
In questi mesi la comunità ha continuato ad accompagnare tutti i propri figli a scuola con un’altissima frequenza in classe, che è valsa anche quattro borse di studio.
Non siamo disposti ad accettare passivamente l’ennesima violazione evidente dei
Diritti Umani e dell’Infanzia. Già troppe volte siamo stati costretti ad assistere a
sgomberi senza prospettive di soluzioni reali per le comunità e per chi li circonda,
sgomberi violenti che si sono limitati al feroce abbattimento di interi villaggi senza
la previsione di sistemazioni alloggiative alternative.
Come cittadini, riconoscendoci nei Valori della Costituzione, diffidiamo
l’Amministrazione dall’interrompere i percorsi delle vite di questi individui che
sempre hanno dato prova di lavorare per la propria interazione sociale attraverso
percorsi di auto-recupero e di scolarizzazione autonoma dei più piccoli.
Per questo, mercoledì 29 aprile 2009, saremo, per l’intera giornata, accanto alla comunità dei rom di via di Centocelle al fine d’impedire lo sgombero, al fine d’impedire
quest’ennesima violazione dei Diritti Umani.
Promotori:
POPICA ONLUS - Studenti/esse PISM ROMA3 - ARCI ROMA - STALKER OsservatorioNomade - Casa dei
Diritti Sociali FOCUS - FEDERAZIONE ROM E SINTI - Antica Sartoria Rom - GRUPPO EVERYONE GRUPPO WATCHING THE SKY - Associazione ANNE’S DOOR - Sezione A.N.P.I. “Giordano Sangalli”
Roma7 - Lega Missionaria Studenti - Laboratorio Sociale 100celle - Comitato Donne 100celle e dintorni - Sportello Popolare Quarticciolo - Roma` Onlus - Associazione TERRA TERRA - Centro d’iniziativa
popolare Centocelle Alessandrino - Centro Informazione, Ricerca e Cultura Internazionale - MISSIONE
CATTOLICA ROM E SINTI - Coordinamento Giovani in Lotta - Coordinamento per la difesa del Parco
Tor Tre Teste Alessandrino - Spazio Sociale 100celle APERTE - SCUP Spazio Culturale Peperino - “Una
scuolina per crescere” ARPJ-Tetto
maggio dei precari, sono andati
alle assemblee di lotta per la casa,
sia gli uomini che le donne, inLa necessità di spostarsi com’è sieme ad altri migranti, e hanno
nata?
parlato pubblicamente di fronte a
“E’ stato uno dei primi desideri, queste assemblee, e i Rom sono
anche se all’ inizio erano molto sempre assenti da questo giro.
impauriti. Quando siamo arrivati Rappresentano “dei Rom anomali”,
la comunità non usciva mai dal rifiutano l’ assistenzialismo e tencampo, le donne e i bambini rima- dono a dialogare con l’ esterno,
nevano sempre nell’insediamento, vogliono essere parte attiva.”
avevano paura di portarli ai
semafori, gli uomini uscivano per
lavorare.
Poi pian piano si sono affacciati
al mondo esterno, si sono abituati ad accompagnare i bambini
a scuola come prima fase, poi
con l’ assistenza sanitaria hanno
imparato a portare i bambini all’
ospedale, al pronto soccorso del
policlinico, hanno imparato a fare
le cose senza essere assistiti o
accompagnati sempre, abbiamo
scelto di informarli e dare loro
un’ istruzione sui diritti dei quali
godevano, perché stando chiusi
qui dentro non li conoscevano.
I protagonisti restano loro, noi
possiamo essere dei partner,
un sostegno, e quindi devono essere solo responsabilizzati a chiedere e pretendere le cose.
Hanno iniziato a fare delle rivendicazioni di carattere politico, hanno
partecipato alla MAY DAY, il primo
Parla Gianluca, dell' associazione POPICA
Che ne pensi dei campi attrezzati?
“Noi come Popica abbiamo collaborato all’occupazione dei Rom
di Quintiliani in via Cave di Pietralata, dove continuiamo ad essere,
e, prima, in Via Aldobrandeschi,
un’ altro campo abusivo, che è
stato sgomberato. Ma non siamo
mai intervenuti in campi attrezzati. L’intervento di scolarizzazione
arriva anche a Casilino 900 con i
bambini che non vanno a scuola
per una la scuola all’interno del
campo, in maniera tale che non
appena si liberano i posti i bambini non arrivano completamente
impreparati.
Io credo che a conti fatti il campo attrezzato rimanga meglio del
campo abusivo, poiché andando
per gradi qui si è a livello zero,
non ci sono condizioni sanitarie, di
sicurezza, qui sei dimenticato da
tutti, qui non ci sono progetti su
di te, quindi non ci sono fondi economici stanziati.
Sicuramente l’attrezzato è un
livello migliore, anche se con tante
limitazioni, ma bisognerebbe prevedere il superamento anche di
questo, andando per gradi. Il container non può essere una soluzione definitiva, ma solamente di
passaggio verso una situazione
più stabile.
Qui i Rom sono inseriti nel territorio fin quando “li lasciano stare”,
tra pochi giorni verranno mandati
via, come limite ultimo hanno dato
la chiusura delle scuole, e senza
una soluzione alternativa dovranno ricominciare da capo, inter-
rompendo tutte le relazioni che
hanno costruito: c’è un’ insicurezza totale, e la vera sicurezza che
manca e’ proprio la loro sicurezza, quella dei Rom, soprattutto
dei Rom che vivono in un campo
abusivo. Il campo attrezzato va
superato, poiché è un luogo spersonalizzato, un non- luogo, una
prigione libera. Un campo abusivo
è molto più personalizzato anche
a livello architettonico, ma barattare la sicurezza dei bambini, la
possibilità domani di esserci per
questo mi sembra sbagliato. La
vera insicurezza è infatti la loro,
anche se si parla sempre di quella
degli altri, tanto che ogni volta che
c’è un crimine i primi campi che
vengono setacciati sono questi.”
C’è una soluzione che possa
funzionare magari che sia alternativa al campo abusivo o
attrezzato?
““Io non credo che ci sia una
soluzione univoca per tutti i Rom,
va studiato caso per caso, Rom di
provenienza differente hanno esigenze differenti, ma anche storie
ed esigenze abitative differenti.
Venerdi' 1 maggio 2009, circa 60 rom
romeni tra uomini, donne e bambini,
dell' insediamento romano di via di
Centocelle, hanno deciso di partecipare al corteo della MayDay con
un proprio spezzone aperto da uno
striscione sul quale era scritto:
"SIAMO ROM, NON SIAMO NOMADI
VOGLIAMO LA CASA. I Rom e le Romni'
di via di 100celle." Durante il percorso della manifestazione, nella
quale si rivendicava casa e reddito
per tutti e tutte, la comunita' ha
anche diffuso un volantino nel
quale veniva illustrata la propria
volonta' di uscire allo scoperto e a
rivendicare i propri diritti.
in preparazione per la manifestazione della may day..
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Credo che il passo finale possa
no essere le case, come per tutti gli altri, in alcuni casi come per
loro la richiesta è quella di vivere
in una casa, quindi l’obiettivo
deve sempre essere quello che
chiedono loro, C’è chi può chiedere un campo, un camper, un terreno, generalizzare tutto è quello
che è stato fatto fin ora, come il
costruire un campo nomadi perché sono nomadi, quando in realtà
non è così, alcuni sono nomadi ma
non tutti, la maggioranza non lo
è. Uno studio di carattere abitativo deve essere fatto di comunità
in comunità, analizzando quello
che vuole un Marius, uno Ion, cercando di capire se vogliono stare
insieme perché fanno parte della
stessa comunità, perché magari
vogliono essere divisi in nuclei
famigliari, in più contesti, quindi
un’ analisi completa di ciascuno.
A volte purtroppo abbiamo la presunzione di sapere quello che vogliono senza domandarglielo”.
Parla Maria
“Noi stiamo a casa con i bambini, i mariti vanno a lavoro, alcune di noi lavorano, ma l’ importante è che qualcuno rimanga
al campo. Noi abbiamo paura che viene la polizia e magari ci
portano via i bambini e non ci stanno i genitori. Mia marito va a
lavoro in giro per trovare ferro e alluminio per rivenderlo.
La mattina facciamo la pulizia tutti insieme, poi accompagnamo i
bambini a scuola.
Le decisioni per la famiglia vengono prese insieme ai mariti.
Io sto qui da 8/9 mesi e ho tre figli, una femminuccia di 4 anni e
due maschi di 7 e 2 anni
Io ho 27 anni, mia sorella Lucica 24.
Spero di andare in un posto migliore, specie per i miei figli, poiché qui ci sono troppi topi, e non possiamo tenere niente in giro
dentro le baracchine.
Adesso ci hanno chiuso una fontanella dentro il parco, e dobbiamo fare più strada, arrivare dopo il Todis, per prendere l’ acqua.
Avvolte bisogna fare più viaggi, e qui abbiamo pochi molti mezzi
di trasporto, la maggior parte sono bici.
C’è bisogno di aria fresca, e qui nel fosso l’ aria non è fresca, già
quando andiamo a fare la spesa respiriamo meglio, e con una
casa riusciremmo a fare come vogliamo, anche se ci sono persone che disturbano non dobbiamo per forza conviverci.
Quando abitavo in Romania abitavo in una casa, vorremmo tornare nei nostri paesi ma non ci sono le condizioni.
Sperimo e preghiamo tutte le notti per andare in un posto
migliore.
da carta 18 anno xi 22-28 maggio 2009
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3 giorni di occupazione
18,19,20 giugno 2009
la comunita' rom di via di centocelle occupa
uno stabile in Via Gordiani dopo l’ennesima
minaccia di sgombero del campo, col
supporto dei Blocchi Precari Metropolitani, e di POPìCA Onlus.
Hanno
appoggiato
la
comunità molte persone del quartiere,
associazioni, genitori ed insegnanti
delle scuole frequentate dai bambini.
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FOTO 1. 2. 3. 4. 7. DI michele palazzi
FOTO 5. 6. DI max intrisano
2.
1.
FOTO 8. 9. 10 DI michele palazzi
FOTO 11. 12. 13 DI max intrisano
5.
8.
9.
4.
3.
COMUNICATO STAMPA DI POPICA ONLUS SULL'OCCUPAZIONE
ABITATIVA DEI ROM E DELLE ROMNI` DI VIA DI 100CELLE
Il pomeriggio di giovedì 18 Giugno, circa 100 rom e romnì
provenienti dalla Romania, adulti e bambini, che da oltre un
anno erano costretti a vivere in una baraccopoli di via di
Centocelle a Roma, hanno deciso di occupare un edificio da
tempo abbandonato nel VI Municipio, rivendicando il proprio
diritto alla casa.
Già da diversi mesi la comunità ha intrapreso un percorso
di rivendicazione dei propri diritti sostenendo convintamente
di essere rom e non nomadi, respingendo così il pregiudizio
secondo il quale i rom debbano obbligatoriamente essere
senza radici. In questo percorso hanno solidarizzato con altri
italiani e migranti sempre nella propria autonomia di persone
auto-sufficienti. Le richieste presentate sin da febbraio alle
Istituzioni competenti, di qualsiasi parte politica, sono sempre rimaste senza alcuna risposta, nonostante la comunità,
con la scolarizzazione autonoma dei bambini e il rispetto
della legge degli adulti, abbia voluto sempre dimostrare una
convinta volontà di interazione con il quartiere e la società.
Proprio alla luce di questo percorso, nell'imminenza di un
ennesimo sgombero, in rete altre importanti realtà sociali
di questa città, i membri della comunità rom hanno deciso
di riappropriarsi del proprio diritto ad esistere e vivere dignitosamente dentro una casa e non rinchiusi in un campo.
POPICA ONLUS, alla luce di un
percorso umano intrapreso un
anno fa con questa
comunità, che ha portato a
condividere soddisfazioni e
sofferenze, esprime la
totale solidarietà ai rom ed
alle romnì che hanno voluto
riaffermare il proprio diritto alla
casa e all’esistenza.
6.
La
mattina
del
17
giugno scorso alle 9 circa ci arriva una chiamata di Gianluca:
“Ragazze, correte al campo. Ci
sono i militari!!!!” Subito di corsa
ci mettiamo in moto. Immaginiamo già cosa stia succedendo.
Qualche mese prima, il 24
Aprile, i militari erano già stati al campo per effettuare lo
sgombero che fortunatamente si
è riusciti a impedire grazie alla
mobilitazione di tutte le associazioni e la scuola almeno per continuare a permettere ai bambini
di finire l’anno scolastico in corso.
Il 17 giugno i militari sono tornati
ad avvertire la comunità rom che
entro 48 ore avrebbero dovuto
lasciare il campo di loro spontanea volontà, o sarebbero stati
sgomberati con la forza....minacciando inoltre di togliere loro i
bambini e affidarli ai servizi sociali.
11.
7.
Ci allertiamo immediatamente. E’
giunto il momento di preparare
tutte le “forze” per l’ occupazione
entro le 48 ore, in caso contrario
la comunità verrà sgomberata e
allontanata dal territorio in cui da
mesi ha cominciato ad inserirsi.
Immediatamente discutiamo sul
da farsi con i BPM, i Blocchi Precari Metropolitani, con i quali la
comunità ha intanto nei mesi intrapreso un percorso di lotta per
la casa,
prendendo coscienza
dei propri diritti. Nè noi ne loro
sapremmo gestire l’ occupazione
soprattutto a livello politico....ognuno in fondo mette in campo le
proprie competenze. Il pomeriggio
del 18 giugno, per un centinaio dei
loro, dopo una concitatissima corsa
lungo Via dei Gordiani e dopo aver
tagliato le catene all’ingresso, si è
aperta insieme ai cancelli dell’exdeposito Heineken la speranza di
un tetto vero. Il deposito è in stato di abbandono da dieci anni e su
di esso mirano interessi speculativi
non indifferenti. Esiste il progetto
dell’ennesimo supermercato, alla
cui costruzione si stà opponendo
la cittadinanza. Tutta la comunità
è coraggiosissima nell’affrontare
la situazione. Sin da subito si auto-organizzano benissimo, hanno
cominciato a svuotare lo stabile,
raccogliendo in un unico mucchio una marea di immondizia.
Il clima dall’ altra parte è
molto teso per quello che succederà in seguito. “L’edificio
appartiene ad un privato e i
Rom qua non ci possono stare...
occupare è un atto di piena
illegalità” ci viene ripetuto
più e più volte. Dall’altra parte invece tanta solidarietà da
associazioni, insegnanti, genitori e
rappresentanti del centrosinistra.
12.
13.
POPICA ONLUS
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10.
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1.
2.
ROM: NON E’ UNA QUESTIONE DI ORDINE PUBBLICO
Questa mattina i rom che due giorni fa avevano occupato l’ex
deposito Heineken in via dei Gordiani 40, per reagire alla
minaccia di sgombero, hanno deciso di tornare al campo di
via di Centocelle.
La decisione è stata presa dopo l’intervento del Prefetto, della
Questura e del Comune di Roma che, dopo avere definitivamente bloccato lo sgombero, hanno garantito l’apertura di
un tavolo formale lunedì mattina per trovare una soluzione
abitativa a tutti gli abitanti del campo, 300 persone in tutto.
Prima di rientrare nell’insediamento di via di Centocelle, il Comune ha provveduto a portare l’acqua, 10 bagni, i cassonetti
e a ripulire la zona dai rifiuti. Nei prossimi giorni verrà predisposta la derattizzazione dell’area.
E’arrivato dunque un segnale differente, ma è evidente che a
partire dalla vicenda dei rom di via di Centocelle la città tutta
deve alzare la testa per ribellarsi alle politiche di ghettizzazione nei campi e chiedere per i rom un’accoglienza diversa.
La lotta che la comunità di via di Centocelle porta avanti da
diversi mesi per il diritto alla casa e alla dignità proseguirà
perché non è sufficiente migliorare le condizioni nei campi per
vivere decentemente. Così come proseguirà la battaglia per
rimanere all’interno del territorio nel quale questa comunità si
è inserita, come dimostra il meccanismo di solidarietà che si
è sviluppato intorno all’occupazione in questi giorni, a partire
dal Municipio VI e dalle scuole, frequentate regolarmente dai
bambini fuori dalle logiche assistenzialiste presenti in molti
campi.
Lunedì mattina alle ore 12 chiederemo al Prefetto di avviare
un ragionamento generale sull’accoglienza e sulle richieste
sollevate con l’occupazione di via dei Gordiani: il diritto alla
casa prima di tutto, negato a migliaia di italiani e di migranti
in questa città, e il diritto a rimanere sul territorio per non disperdere il percorso di inserimento sociale avviato da questa
comunità in maniera autorganizzata.
Vannisanti, vice-presidente del VI
municipio. Nel mentre , almeno per
questa notte possono dormire lì.
La giornata successiva trascorre
tra la continua incertezza e timore
di dover lasciare lo stabile e la
speranza invece di poterci rimanere. Le persone hanno comunque
preso in mano al situazione, si
organizzano i turni di guardia , si
dettano le regole per la gestione
dell’occupazione, si puliscono gli
interni con la candeggina...qualcuno progetta già...“Sistemiamo
i vetri, lo pitturiamo, lo facciamo diventare nuovo, non abbiamo bisogno di nessuno, qui
dentro ci sono persone capaci
di fare qualsiasi tipo di lavoro”.
Gli aiuti e il sostegno arrivano da
diverse parti, dal centro sociale
Forte Prenestino arrivano ben tre
bagni chimici che sono stati collocati all’ interno della struttura,
arrivano persino medicinali e vestiti. Alla sera ci giunge la cattiva
notizia che il Prefetto e la Questura non sono disposti a scendere
a compromessi e nel giro di poco
la situazione si ribalta finchè verso le 23 arriva la “proposta” del
Sindaco Alemanno, che riguarderà
però solo donne e bambini. Si può
ben immaginare cosa potrebbe
succedere. La soluzione porterebbe allo smembramento di tutte le
famiglie. Proposta alla quale qua-
Roma, 20 giugno 2009
3.
tocelle è sospesa fino a che non
emerga una soluzione abitativa alternativa. Nel frattempo si è fatto
carico di procedere alla richiesta
di generatori elettrici e di inoltrare
la domanda per la riapertura della
fontanella del Parco di Centocelle
attualmente chiusa, oltre a confermare gli impegni già precedentemente assunti per rendere sostenibile la momentanea collocazione
(WC chimici, cisterna d’acqua
potabile, derattizzazione, bonifica del territorio e installazione
dei cassonetti dell’immondizia)”,
come si può leggere sul comunicato di POPìCA del 22 giugno.
Nonostante lo sforzo di venirci incontro, purtroppo, l’unica proposta
alternativa che ci viene dal Prefetto è quella che deriva dall’ ultimo
“Regolamento dei campi” del febbraio scorso. Unica soluzione offerta contro “l’emergenza” rom è, e
continua ad essere, da parte delle
amministrazioni, l’inserimento nei
campi attrezzati. Campi-ghetto
che vorremmo abolire e superare.
Nei giorni seguenti, durante le visite al campo, tra pagelle dei bimbi,
genitori orgogliosi, speranzosi per
il futuro, gioia per l’acqua appena arrivata si riparte. Tutti sanno
che è una soluzione provvisoria.
La strada è ancora lunga, ma la
volontà e la tenacia ci sembrano altrettanto grandi. Si ricomincia da qui!
-Rom e Romnì di via di Centocelle
-Blocchi Precari Metropolitani
-Popica onlus
5.
4.
Stavolta la
situazione ha letteralmente colto di
sorpresa Polizia, Folgore e Comune
di Roma, già pronti a sgomberare il campo. Si sono resi conto
tutti che di fronte all’imminente
minaccia di sgombero stavolta i
Rom non hanno atteso rassegnati ,
si sono mossi, hanno finalmente alzato la testa, gridando l’incapacità
dell’amministrazione di affrontare il tema dell’accoglienza e
dell’ integrazione con i loro slogan
lunque persona con un minimo di
sensibilità e animo umano verso
il prossimo e la famiglia si opporrebbe. La nostra posizione è
un no categorico a questo tipo di
scelta. La situazione a quel punto
è molto difficile da gestire e proprio nel momento in cui sembra
oramai persa ogni speranza di
trattativa ci giunge la notizie che
Prefetto e Questura sono disposti
a portare wc, acqua e a derattizzare l’area se si lascierà lo stabile
il giorno seguente, con la garanzia
di apertura di un Tavolo formale
il lunedi seguente, finalizzato a
trovare una soluzione definitiva.
I Rom accettano con l’amaro in
bocca la proposta fattagli , e se
anche l’ occupazione è durata solo
tre giorni il risultato è ottimo. E’
tristissimo guardare gli occhi di
quelle persone che prima erano
piene di speranza, la speranza di
poter migliorare la loro condizione
di vita, ma soprattutto quella dei
loro figli, quando capiscono che
bisogna tornare indietro. “L’aria
al campo è stagnante” ci dicono “qui è meglio, si respira”
il Tavolo svoltosi il lunedì mattina, nonostante le posizioni
ferree del prefetto sull’illegalità
dell’occupazione e sulla gestione
dei
campi,
garantisce
“che ogni operazione di sgombero
dell’insediamento di Via di Cen-
“Il nostro pacchetto sicurezza,
casa diritti, libertà per tutti”,
“Siamo rom, non siamo nomadi, vogliamo la casa” . Di fronte
a questa situazione lo sgombero
delle persone che sono rimaste al
campo è bloccato. Da un punto di
vista mediatico sgomberali sarebbe
ammettere l’incapacità politica di
affrontare la situazione ancora una
volta senza trovare una soluzione.
Nella piena consapevolezza che
i Rom non possono stare lì, la
richiesta successiva è quella di
aprire immediatamente un Tavolo
di trattativa affinchè si trovi una
soluzione dignitosa e a lungo termine. Le persone lascieranno lo
stabile per tornare al campo solo
con la garanzia di condizioni migliori, wc e acqua, ma soprattutto la garanzia di aprire un
Tavolo per risolvere in maniera
più definitiva la situazione, senza
sgomberi insensati. Per l’indomani
mattina è previsto l’incontro con
7.
6.
FOTO 1. DI michele palazzi
FOTO 2. 3. 6. 7. DI max intrisano
liberta' e' partecipazione
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INCONTRO CON IL PREFETTO DI ROMA IN MERITO ALLA SITUAZIONE DEI ROM E DELLE
ROMNI’ DI VIA DI CENTOCELLE
Oggi, 22 Giugno 2009, come precedentemente annunciato, si è svolto l’incontro in Prefettura per
avviare un ragionamento generale sull’accoglienza e sulle richieste sollevate dopo l’occupazione
di via dei Gordiani. Oltre al Prefetto e due sue collaboratrici, era presente una delegazione di
rappresentanti dei Rom e delle Romnì di Via di Centocelle, dei Blocchi Precari Metropolitani e
dell’Associazione Popica onlus. Il Prefetto ha dato garanzia che ogni operazione di sgombero
dell’insediamento di Via di Centocelle è sospesa fino a che non emerga una soluzione abitativa
alternativa. Nel frattempo si è fatto carico di procedere alla richiesta di generatori elettrici e di
inoltrare la domanda per la riapertura della fontanella del Parco di Centocelle attualmente chiusa,
oltre a confermare gli impegni già precedentemente assunti per rendere sostenibile la momentanea collocazione (WC chimici, cisterna d’acqua potabile, derattizzazione, bonifica del territorio e
installazione dei cassonetti dell’immondizia).
Il Prefetto ha inoltre dichiarato di non essere stato direttamente responsabile di interventi dei
militari negli insediamenti Rom della Capitale.
Nell’apprezzare la volontà della Prefettura di ricercare una soluzione condivisa alla condizione
della comunità Rom di Via di Centocelle, ribadiamo la nostra assoluta contrarietà alla politica
dei campi nomadi che anziché garantire il Diritto alla casa, rimangono inaccettabili strumenti di
ghettizzazione sociale.
Per questo continueremo a discutere, lavorare e lottare per il diritto ad un’esistenza degna di
questa comunità.
Roma, 22 Giugno 2009
Rom e Romnì di via di Centocelle
Blocchi Precari Metropolitani
Popica onlus
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FOTO 4. 5. DI max intrisano
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