Si parla tanto di sicurezza , ma quella del popolo rom dov`è?
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Si parla tanto di sicurezza , ma quella del popolo rom dov`è?
I campi chi li vuole? I Rom? I politici? le Associazioni? Come si fa a parlare di integrazione se si costruiscono campi in zone isolate e prive di servizi, controllati e sorvegliati come delle prigioni? I campi sono la risposta giusta? Siamo sicuri di aver domandato alle comunità rom come preferiscono vivere e dove? che ne pensano loro? Esiste un’unica risposta al problema socio-abitativo? Quanto costano i campi al comune e quanto spreco esiste dietro? L’autorecupero potrebbe essere una soluzione socio-abitativa? Se si parla tanto di emergenza case, perchè a Roma vi sono quasi 140.000 appartamenti non utilizzati che fanno incrementare gli affitti? Si parla tanto di sicurezza , ma quella del popolo rom dov’è? year 2 | issue 5 International Program Stalker/ON I master pism Plans & Slums. The Roma Right to inhabit across Europe. novembre 2008 | giugno 2009 Learning from Roma and back. Introduzione premessa : oltre i campi L’obiettivo ultimo di questa ricerca è quello di capire cosa si celi dietro la politica dei campi rom a Roma negli ultimi anni. Esistono delle possibili alternative ai campi per un popolo che strumentalmente è considerato nomade e che oramai è stanziale da decenni? Fino ad ora la politica non ha mai dato voce alle esigenze dei Rom, e costantemente si parla di una realtà di cui si conosce ben poco. A seguito di un’analisi dell’evoluzione della geografia dei campi ufficiali, come risultato della politica degli sgomberi adottata negli ultimi decenni che sempre più tende ad allontanare i Rom dalle zone centrali verso le periferie, abbiamo voluto analizzare da un lato un esempio di quella che è la proposta dall’ amministrazione, il ”Villaggio delle Solidarietà” di via di Salone , nella periferia est della città, dall’altro lato un esempio di processo di auto-organizzazione di una comunità che da un anno occupa e sta autorecuperando uno stabile dismesso in via delle Cave di Pietralata. I due casi sono stati messi a confronto sul piano dell’ impianto urbanistico-architettonico e dei costi di costruzione e gestione mettendo in evidenza l’assurdità del modello offerto dal Comune sia da un punto di vista degli ingenti costi da sostenere che dal punto di vista delle problematiche sociali di integrazione causate dal tipo di insediamento e dalla sua localizzazione. Per concludere raccontiamo la nostra esperienza con la comunità rom di Via di Centocelle che da qualche mese ha intrapreso un importantissimo percorso di autodeterminazione per uscire dalla dinamica del “campo” . Per la prima volta una comunità rom comincia un percorso di partecipazione e rivendicazione attiva del proprio diritto ad esistere, ad avere una casa. Con l’appoggio dell’ associazione POPìCA onlus, e di alcuni movimenti per il diritto alla casa a seguito dell’ ennesima minaccia di sgombero arrivata il 17 giugno scorso il pomeriggio del 18 giugno la comunità ha occupato un deposito abbandonato dicendo il suo “no ai campi”. Nonostante l’esito negativo dell’occupazione e il ritorno al campo la comunità è fermamente convinta ad andare avanti nel rivendicare i propri diritti. La pratica dell’autorecupero e la partecipazione attiva a diversi livelli è quello che ci ha portato a pensare e a credere fermamente che esistano alternative possibili che possano aiutarci al superamento dei campi e al superamento del pregiudizio che i Rom vogliano vivere in questa condizione di continuo degrado ed esclusione. Un primo passo è stato fatto e l’ esperienza dei Rom di via Centocelle ne è un chiaro segnale. testo di lorenzo romito 5 prima parte: 1. Il campo come ghetto 8 2. la migrazione dei rom a roma fino agli anni '80 10 3. i rom a roma: dagli anni '80 ad oggi 13 4. Il primo congresso federazione rom e sinti e ruolo della partecipazione 23 5. sintesi: le mappe dei campi dal '96 al 2008 26 seconda parte: Autori: Di Maggio Maria e Pirisi Luisa. Relatore Tesi: Professoressa Elena Mortola Correlatori: Professor Francesco Careri, Lorenzo Romito Ringraziamo: POPìCA Onlus, StalkerON, la comunità rom di 100 Celle,i ragazzi della BPM, la comunità rom di Quintiliani, Prof. Marco Brazzoduro, e tutte persone che ci hanno aiutato e si sono rese disponibili in questo percorso tramite interviste e informazioni ricevute e sostegno. 6. il campo h24 di via di salone a roma 30 7. storia di un' occupazione 46 8. la comunita' di via di 100 celle a roma 52 Riferimenti bibliografici: -Brunello P. ”L’urbanistica del disprezzo. Campi rom e società italiana”, Manifestolibri, Roma, 1996. -Impagliazzo M. ”Il caso zingari”, Leonardo International, Milano, 2008. -Revelli M. “Fuori luogo. Cronaca da un campo rom” Bollati Boringhieri, Torino, 1999. -Amendola G. “Paure in città. Strategie ed illusioni delle politiche per la sicurezza urbana” Liguori Editore, Napoli, 2003 -Fondazione Michelucci, Regione Toscana, a cura di Marcetti C., Mari T., Solimano T., “ Zingari in Toscana. Storia e cultura del popolo rom Zingari e comunità locali. I campi nomadi: l’urbanistica del disprezzo. Orientamento per soluzioni diversificate” Angelo Pontecorboli Editore. -Sigona N. “Figli del ghetto. Gli italiani, i campi nomadi e l’invenzione degli zingari” Non LuoghiLibere Edizioni, Roma, 2002. -“Cronico fratis Hieronymi de Forolivio” in L.A. Muratori, Rerum italico rum scriptores, Tomo XIX P.V. -Antonio Di Niccolò, Cronaca fermana dall’anno 1176 al 1447 -Maria Zuccon, “La legislazione sugli zingari negli Stati Italiani prima della Rivoluzione”, in Lacio Drom 1979, n° 1-2 -Norme di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e la pubblica moralità, Legge n. 1423 del 27/1/1956, art. 1 -Liégeois P. “Rom, Sinti, Kalè… Zingari e Viaggianti in Europa”, Strasburgo Consiglio d’Europa, 1994 -Lacio Drom n. 2/1997 -Mirella Karpati, Lacio Drom 1997, n°2 -Mirella Karpati, “Rastrellamento a Roma” in Lacio Drom 1974, n°32 -Mirella Karpati, “Essere nomadi in città”, in Lacio Drom 1980, n°2 -Autodialogo su stalker e i ‘nomadi’ di francesco careri, Macramè 2008 Firenze University Press -Schiavone G. , “I rom e il diritto d’asilo: il caso italiano negli anni ‘90” da “Rom e Sinti: un’integrazione possibile Italia e Europa a confronto” Napoli 23-24 giugno 2000, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Atti) -Lusi L., “Tavola rotonda: la parola ai politici”, da “Rom e Sinti: un’integrazione possibile Italia e Europa a confronto” Napoli 23-24 giugno 2000, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Atti -Le politiche per i rom e sinti in Italia, Claudio Marta Siti web: -http://nopacchettosicurezza.noblogs.org/ -http://comitatoromsinti.blogspot.com/ -http://coopofficina.splinder.com/post/15776653/Bruxelles.+Conferenza+ERIO.+Re -http://www2.comune.roma.it/dipsociale/immigrazione/pagina_immigrazione_rom.htm -http://www.carta.org/campagne/migranti/rom+e+sinti/12965 -http://www.arci.it/news.php?id=9026&rictext=rom%20quintiliani&f_start=0 -http://www.popica.org/ -Il messaggero -http://www.romatoday.it/municipio/5-tiburtino/tiburtino/stazione-di-salone-bloccata-l-apertura-e-saccheggiata-dai-ladri.html -http://www.unonotizie.it/4221-roma-la-nuova-stazione-di-salone-abbandonata-e-gia-stata-saccheggiata- dai-ladri.php -V dipartimento Ufficio Nomadi -http://www.shelbox.it/ -http://www.maisonsoleil.it/ -Rom a Roma, pratiche di integrazione e controllo: il campo di via Casilina 700 di Monica Rossi premessa: OLTRE I CAMPI di Lorenzo Romito Note per una politica integrata di emancipazione abitativa, civile, culturale, economica e sociale dei Rom in Italia, a partire dal superamento dei campi NOMADI Esiste una profonda e reciproca ignoranza tra Rom e non Rom, ignoranza che è alla base del pregiudizio e del mancato reciproco rispetto. Sono inadeguate, perché priva di corretta conoscenza della materia, le leggi regionali che con sfumature diverse dagli anni Ottanta hanno regolamentato la nascita dei campi in Italia. Si fondano infatti sul carattere “nomade” dei Rom, quando ormai solo una piccola minoranza dei Rom è itinerante. La realtà dei campi è una specificità italiana, che ha già motivato tre condanne all’Italia da parte della Corte Europea. L’aver promosso per via legislativa la costituzione dei campi nomadi, da quasi quarant’anni unica ed esclusiva soluzione abitativa per tutte le diverse realtà Rom presenti in Italia, ha portato ad aver confuso il diritto al transito con il diritto alla casa, il diritto d’asilo con la clandestinità, la tutela della diversità con la discriminazione. La capacità di adattamento e di sopravvivenza interstiziale dei Rom ha portato loro a trasformare in risorsa questa incertezza e a identificarsi con il regime di esclusione e rifiuto, processo di “etnogenesi” che ha creato una situazione da cui non è facile uscire. Il dispositivo campo I campi nomadi, già campi sosta, campi profughi e oggi i cosidetti “villaggi della solidarietà” rappresentano il segno evidente di una differenziazione sociale dei Rom. Sono il simbolo di assistenzialismo ed esclusione che nulla hanno a vedere con il rispetto della diversità culturale. Costituiscono il terreno di coltura del degrado e della discriminazione, favorendo la diffusione della criminalità, lo sfruttamento dei Rom, la speculazione su di loro e il diffondersi del razzismo nei loro confronti, nonché rappresentano un costo e uno spreco inammissibili. Condivisione della responsabilita' politica del superamento dei campi Né destra né sinistra, né laici né cattolici né le associazioni competenti né i media né gli stessi Rom possono non sentirsi responsabili del degrado economico sociale e culturale in cui versano i Rom in Italia e di conseguenza l’intera società italiana. La condivisione della responsabilità politica e la distribuzione del carico economico (tra Unione Europea, Governo ed Enti Locali), insieme alla partecipazione sociale (Istituzioni, Rom, Cittadinanza, Associazioni e Media), sono l’unica strada percorribile per realizzare un tale progetto. No ai campi Il superamento dei campi nomadi richiede l’elaborazione di un percorso di emancipazione abitativa civile,culturale, economica e sociale dei Rom in Italia che abbisogna di un impegno costante e di un tempo medio lungo di realizzazione. Tale percorso deve promuovere l’autorappresentazione, l’autopromozione e l’autorappresentanza dei Rom e lo deve fare attraverso nuove forme di cooperazione, passando dalla mediazione, su cu si fonda la pratica di assistenza ed esclusione, all’attivazione di percorsi emancipazione. in cui sono i Rom a determinarele proprie scelte. Politiche sociali e politiche di riconoscimento Per raggiungere l’obiettivo civile di superare i campi nomadi si devono attivare politiche di sostegno economico e formativo per l’autopromozione abi- tativa, economica sociale e culturale e politiche per il riconoscimento dei diritti di cittadinanza e di minoranza linguistica, e non di paternalistica assistenza ed esclusione sociale come è avvenuto sino ad oggi. Mentre le politiche di autopromozione sociale non possono essere ad uso esclusivo dei Rom ma devono riguardare con equità tutta la popolazione in stato di bisogno, proprio per evitare forme di discriminazione, le politiche di riconoscimento devono invece essere dirette specificatamente alle comunità Rom e cancellare quello stato di incertezza giuridica che favorisce la diffusione della criminalità tra i Rom e alimenta paura e razzismo nell’opinione pubblica. Come uscire dai campi? Un percorso a tappe soggetto a verifiche La questione abitativa C’è bisogno di soluzioni diversificate e non esclusive, polverizzate e non concentrate, integrate e non separate dalle città. Il ripensameno dei campi può essere un’ottima occasione per affrontare il sempre più grande fabbisogno di edilizia abitativa per i ceti a basso reddito, rivitalizzare e recuperare spazi dismessi in città, edifici rurali e centri abbandonati dell’hinterland, contribuendo a ridisegnare la nuova scala territoriale dell’Oltrecittà e seguendo i dettami di una auspicabile mixitè sociale e culturale, che possa ravvivare le nostre aree metropolitane sempre più parcellizzate e in crisi. Non esiste un'unica soluzione abitativa ma da delineato un articolato ventaglio di proposte abitative a seconda delle possibilità e delle esigenze delle persone e dei diversi contesti territoriali: Perimetrazione, legalizzazione e implementazione di strutture urbane spontanee con caratteri si solidità e permanenza. Si tratta di alcune delle strutture urbane autocostruite di più antica data e con tratti di qualità edilizia, così come erano le borgate abusive poi sanate (zone O, poi toponimi) con la collaborazione degli abitanti. Stessa strada è indicata da Un Habitat per gli slums nelle grandi metropoli mondiali, un progetto con queste caratteristiche è finanziato dal Governo Italiano in Serbia proprio per 5 insediamenti rom. C’è bisogno di introdurre innovative forme di cooperazione all’interno dei confini nazionali. Autorecupero assistito di immobili dismessi. L’esperienza di alcune occupazioni rom e non rom, indicano un altro percorso possibile che va fatto emergere e inquadrato legalmente. Attualmete il 5% degli interventi di edilizia economica e popolare possono avere quel carattere sperimentale che permetterebbe di realizzare interventi di tale natura, c’è bisogno di una disponibilità di immobili di proprietà pubblica da destinare a tal scopo. Equiparare il diritto d’accesso dei Rom alle case popolari, riconoscendo parità di punteggio tra chi è sfrattato da casa e chi è sgomberato da insediamenti e campi. Sono moltissimi i Rom da anni in attesa di casa popolare. Quali possano essere le modalità di riavvio di una politica dell’edilizia popolare è una questione più ampia che va affrontata nel rispetto del territorio e nell’esigenza di minimizzare il consumo di suolo. Le ipotesi qui riportate per la questione abitativa dei Rom possono aiutare a individuare tali urgenti, necessari e innovative soluzioni. Incentivare forme di co-abitazione che favoriscano l’emancipazione abitativa di chi da anni vivendo nei campi è aduso a pratiche sociali e familiari di condivisione e potrebbe trovarsi in difficoltà nei rigidi schemi di coabitazione dominanti. Tale percorso può incrociare l’esigenza sociale sempre più diffusa di individuare nuove forme di co-abitazione socialmente e ambientalmente sostenibile. L’allargamento dello sguardo al territorio metropolitano, provinciale e regionale, per la risoluzione del problema abitativo è auspicabile se non si profila come un allontamento dei campi dalla città, andando a gravare con strutture socialmente e ambientamente incompatibili su territori già oppressi dal peso della città. La rivitalizzazione di borghi e paesi dismessi della provincia, il recupero di manufatti rurali e di piccoli centri storici possono essere occasione per articolare a livello provinciale e regionale la ricerca di soluzioni abitative per singoli nuclei familiari o micro comunità a patto che si valuti e si promuova l’inserimento di tali realtà nei tessuti sociali ed economici locali. Quarant'anni di campi situazioni e ruoli che si sono andati definendo. La realizzazione e la gestione dei campi in quarant’anni sono costati molto di più di quanto sarebbe costata la realizzazione di case per quanti vi risiedono. Nel tempo i campi hanno avuto la tendenza a ridursi in numero e a crescere in dimensioni, a comprendere sempre più realtà diverse, spesso incompatibili ma sempre e solo rom, ad essere sempre più allontanati dalle città vista l’indisponibilità della cittadinanza verso tali strutture e ad essere circondati da sempre più sofisticati, costosi e inutili oltre che illegali dispositivi di sorveglianza. Nei campi non sono rispettati gli standard abitativi nazionali, nonché le stesse leggi regionali che li istituiscono, ad esempio la L. della Regione Lazio talemente per dare una parvenza di consenso alle determinazioni sulla realizzazione di campi nomadi. Tra i Rom che hanno prestato servizio con le associazioni e gli enti che si occupano dei campi sono emerse negli ultimi anni alcune interessanti figure di mediatori competenti e abili che si iniziano a proporre come autonome figure di riferimento per le problematiche delle comunità, o che hanno realizzato percorsi che attraverso l’emancipazione lavorativa li stanno portando fuori dal campo, avanguardie di una auspicabile emancipazione sociale dei Rom. Negli ultimi mesi è nata a livello nazionale la Federazione Rom e Sinti insieme, che intende realizzare un terreno comune tra le diverse realtà rom e sinte distribuite sul territorio nazionale, ed è indicatore di una rinnovata esigenza da parte dei Rom di autorappresentazione, autopromozione e autorappresentanza. Le associazioni. Per anni associazioni di sinistra e cattoliche hanno gestito i campi e la scolarizzazione dei bambini rom, con pratiche e costi che dovrebbero oggi essere analizzati e discussi proprio al fine di ripensare la necessità e il ruolo di tali mediatori. L’attuale politica del sindaco Alemanno sta mettendo in discussione il ruolo delle associazioni di solidarietà, questo processo sembra andare incontro al desiderio di autorappresentanza e di autorganizzazione dei Rom, ma rischia di sancire la definitiva differenziazione abitativa e sociale dei Rom se non venisse scardinato il dispositivo campo, cosa che non è nell’agenda dell’Amministrazione comunale e non venissero offerti ai Rom quei diritti di cittadinanza 82/85 prevede il limite massimo di 4000 mq. per i campi e la collocazione vicino a servizi pubblici in modo da “evitare ogni possibile forma di discriminazione urbanistica”, tutto ciò è regolarmente disatteso. Dalla legge regionale 82 del 1985 non si è neanche riusciti in 24 anni a insediare nei campi l’intera popolazione rom residente a Roma, oggi poco più di 7000 persone. Una popolazione sostanzialmente stabile nei numeri, nonostante le due grandi ondate di arrivi di rifugiati dalla guerra della ex Jugoslavia (1991 – 1999) e di immigrati in seguito all’ingresso della Romania in Europa (2007). La realtà abitativa dei Rom a Roma ad eccezione dei Rom italiani insediatisi negli anni Settanta, alla borgata della Romanina e nelle case popolari di Spinaceto, è costituita da: Campi attrezzati: Dei 22 campi ad oggi 7 sono attrezzati e realizzati con container, recintati dati in gestione ad associazioni non rom che si occupano anche del controllo e della sicurezza, nonché della scolazizzazione dei bambini. Tra questi spiccano per dimensioni i campi di Castel Romano e di Salone, prototipi dei cosidetti “villaggi della solidarietà” - nati con l’accordo denominato “patto per la sicurezza” tra Governo, Regione, Provincia e Comune - che ospitano più di mille persone ciascuno. Castel Romano a tre anni dalla realizzazione è sprovvisto di acqua potabile e Salone è provvisto di un dispositivo di videosorveglianza. Campi semi attrezzati o non attrezzati: Aree di insediamento temporaneo su cui sono sorte baraccopoli spontanee e in cui vengono erogati spesso acqua luce, bagni chimici e raccoglitori delle immondizie. Alcuni di questi come il Casilino 900 sono insediamenti di antica data. C’è da notare che al Casilino con fine intimidatorio sono state staccate la luce e l’acqua da quasi un anno. Insediamenti spontanei estemporanei: Caratteristici degli ultimi anni, abitati in gran parte da Rumeni e non solo Rom, per lo più operai “in nero”, sono sorti in particolar modo lungo il Tevere e l’Aniene, sotto cavalcavia o lungo gli argini. Sono insediamenti che vengono sgomberati continuamente senza fornire soluzioni alternative alle persone che li abitano e che quindi si re-insediano dopo ogni sgombero. Tali insediamenti sono sempre più invisibili, proprio per evitare gli sgomberi e realizzati con strutture sempre meno qualificate per gli stessi motivi. La paura diffusasi tra i Rom Romeni dopo l’omicidio della Sig. ra Reggiani, la crisi economica che si inizia a sentire nell’edilizia ma anche l’mancipazione dei percorsi lavorativi stanno riducendo in parte l’entità di tali insediamenti, anche se la attuale crisi potrebbe favorirne lo sviluppo. necessari per accedere alla possibilità di un reale dialogo politico con le Istituzioni. Alcune associazioni hanno compreso l’importanza e l’esigenza di passare da un sistema di mediazione tra Istituzioni e Rom ad un sistema di attivazione di percorsi di emancipazione e quindi di rinnovare le forme e le modalità della cooperazione in Italia, anche sull’esempio delle esperienze più avanzate condotte nei paesi in via di sviluppo. Le Istituzioni. Il comportamento delle Istituizioni verso i Rom non è sostanzialmente cambiato nei fatti, profonda ignoranza della questione,disattenzione abbandono, mancato rispetto delle normative e delle leggi nella realizzazione dei campi e dei diritti umani, lottizzazione a soggetti terzi, le associazioni, della gestione tecnica ed economica dei campi, qualche singolare caso di buone pratiche. Molto cambiata è invece l’immagine che le Istituzioni vogliono dare del loro agire. Si è passati da una immagine solidaristica dedita all’inclusione sociale ad una securitaria e di criminalizzazione diffusa prima con Rutelli e poi ancora più fortemente con Veltroni. Alemanno vorrebbe unire i due profili, quello dei diritti e dei doveri, bastone e carota, forte dell’azione di un consanguineo governo nazionale che opera al fine di ridurre drasticamente i diritti dei Rom dei clandestini e degli immigrati in genere. Dal 2006 con il patto della sicurezza e con il conseguente commissariamento prefettizzio della questione Rom, si sta leggittimando l’azione in deroga ai diritti civili e a qualsiasi legge urbanistica. La necessaria trasformazione delle relazioni tra i soggetti coinvolti: I Rom, le Istituzioni, le Associazioni. I Rom tutt’oggi non hanno ancora diffusamente sviluppato strutture di auto rappresentanza. Chi tra loro si è nominato o è stato scelto come rappresentante, spesso non costruisce forme di dialogo e partecipazione con le persone che rappresenta e coltivando interessi privati, è spesso utilizzato strumen- 6 7 1. Il campo come ghetto La nostra "insicurezza" e il "problema" Rom I Rom sono considerati un problema di ordine pubblico, di sicurezza, da affrontare con esercito e polizia, un'emergenza che periodicamente si ripropone e risveglia politici ed elettorato (sia di destra che di sinistra). Sono un problema affidato completamente alle decisione dei prefetti delle nostre città che offrono come unica soluzione lo sgombero con la forza senza possibli alternative. Famiglie terrorizzate che non sanno che sarà di loro sono costrette a dormire vestite con i documenti in tasca per paura di essere svegliate all'improvviso e di dover abbandonare le loro baracche e tutto ciò che hanno. Giovani famiglie con bambini sono costrette spesso a pagare il prezzo delle nostre paure, quelle dei gagè. Tutto ciò è rivelatrice del tipo di società in cui intendiamo vivere e il nostro atteggiamento verso di loro è l'espressione dei nostri problemi. Non solo loro sono un problema, ma su di essi si scaricano, (e si rivelano) quelli che sono i nostri problemi. Il pervadente senso di insicurezza che ci prende, non è solo un fatto oggettivo, ma è una realtà soggettiva. I Rom sono considerati tra i maggiori agenti della nostra insicurezza e regolamentare e disciplinare la loro presenza (attraverso leggi nazionali, circolari del Ministero degli Interni o della Polizia, Leggi Regionali di «tutela», Piani Regolatori e Progetti Urbanistici, prassi amministrative, politiche di assessorati, «uffici stranieri e nomadi», provveditorati alla pubblica istruzione, uffici d'igiene, forze dell'ordine, organi della magistratura, istituti per minori) sembra essere una priorità delle politiche di sicurezza del nostro Paese. Il tutto è legato alle incertezze che spesso ci portano a domandarci: Quale il domani? Quale futuro sognare, sperare? domande che spesso non trovano risposta e lo zingaro, con la sua diversità, si presta bene ad essere uno degli elementi che ci insicurizza. Asociale, mendicante, con comportamenti criminali, con i furti, presenza invasiva per strada o nei suoi campi, il gitano è il diverso per eccellenza, talvolta fastidiosamente diverso. Non è un caso che tanta parte del discorso sulla sicurezza si rivolga proprio a loro. Ciò non significa che non esistano problemi nel mondo zingaro. In una società di diritto, il crimine va punito. Ma è un fatto che riguarda le persone che compiono il crimine, non un popolo nella sua complessità. E la punizione dei criminali non ci toglierà di dosso l’ombra dell'insicurezza che ci inquieta. Per difenderci, per rassicurarci, per garantire la stessa pace, bisogna combattere qualcuno. Ciò che minaccia il nostro benessere e la nostra pace è molto complesso, invece avere un nemico come i Rom è rassicurante e alla fine, poco minaccioso. Combattere qualcuno dà la sensazione di presidiare attentamente le nostre frontiere sociali o quelle del futuro. Ciò non significa che non si debbano perseguire i comportamenti criminosi, che non bisogna prevenire il crimine. Ma urlare troppo problemi (come quello dei Rom o degli immigrati stranieri, «problema zingari», e che fa completamente a meno di loro. Si parla sempre di un qualcosa in cui i Rom, persone in carne ed ossa, non hanno nessuna voce. Ciò che fa sì che questo sistema funzioni sono i radicati stereotipi, i campi nomadi e qualcuno (i rappresentanti, i volontari, le associazioni) che si prenda la briga di parlare al loro posto. I campi sono un fenomeno tipicamente italiano, infatti non esistono dappertutto. Non sono una naturale scelta abitativa per i Rom". Nel libro di Nando Sigona "Figli del ghetto. Gli italiani, i campi nomadi e l'invenzione degli zingari" sono citati una serie di documenti e articoli risalenti agli anni '70 in cui per la prima volta dal dopoguerra si inizia a parlare di campi di sosta per i «nomadi». "Se allora, a causa delle diverse necessità di Sinti e Rom italiani, certe scelte potevano essere giustificate (i divieti di sosta per i gruppi itineranti erano molto diffusi ed impedivano ai viaggianti di sostare e li costringevano ad un errare continuo), non è affatto giustificabile che in seguito si sia applicata la ricetta campo a tutti, viaggianti e sedentari, profughi di guerra, Rom immigrati e italiani per il solo fatto di appartenere alla comunità Rom (nell'accezione generica del termine). Questo trend è stato sostenuto e legittimato dalle leggi regionali a «tutela» dei Rom, approvate a partire dal 1984 da 11 consigli regionali e dalla provincia autonoma di Trento. Le cosiddette «leggi fotocopia» sono basate su un canovaccio elaborato dall'Opera Nomadi. Ci sono elementi importanti e di valore in questi testi, ma c'è soprattutto il binomio «tutela del nomadismo» e «costruzione dei campi». Negli articoli iniziali di quasi tutti i provvedimenti si parla di campi per i Rom: campi di sosta e campi di transito. I primi per gli stanziali, i secondi per i nomadi. Questi campi sono diventati il modello di riferimento per tutte le amministrazioni che sono state costrette ad intervenire. Come osserva Piero Brunello «Campo» è un termine con molte connotazioni. In una città, è un terreno sterile che si presta ad usi disparati e provvisori in attesa di una destinazione specifica, utile e definitiva . Interessante è l' ambito di significati che viene dal modo con cui sono stati per lo più allestiti negli anni i campi «autorizzati» su iniziativa dei comuni. Le roulotte, i container, i giacconi della Croce Rossa, l'armadietto di medicinali per i primi soccorsi nel prefabbricato all' entrata del campo. Tutto trasmette il senso di un'emergenza, di una catastrofe naturale, come un'alluvione o un terremoto. E l'urgenza richiede interventi immediati «in favore di», senza andare troppo per il sottile. La questione è lasciata ai volontari e alla polizia, per le diverse competenze. Il tutto richiama quindi a condizioni precarie e provvisorietà, collocazione ai margini, allontanamento, segregazione, pratiche di controllo. Se da un lato fra i Rom che vivono la realtà dei campi si vanno rafforzando le tecniche di adattamento e sopravvivenza insieme alla stessa identità culturale, fra noi gagè si rafforza invece l'accettazione di queste realtà disumane come scelta politica collettiva fatta di sgomberi, allontanamento e rifiuto. Scelta questa che sembra quasi mirata a scoraggiare le persone che vivono nei campi lasciandole in condizioni disumane affinchè non si insedino stabilmente in un territorio. Va inoltre detto che le amministrazioni pubbliche sono spesso concordi su una cosa: che an- europei come i romeni o extra-comunitari) non è conveniente. Non si risolvono a sciabolate. Non si risolve a sciabolate il problema degli immigrati, in un paese che ne ha bisogno. Bisogna prima affrontare il problema della sicurezza delle relazioni fra le realtà che insieme coabitano e coesistono. Questo è ciò che manca realmante. Fino ad allora qualunque tentativo di risolvere il problema con i gli strumenti di controllo e repressione non porterà a nessun risultato. L'elaborazione del concetto di "campo" E' in quest'atmosfera di insicurezza socio-culturale che si comprende perchè i Rom, come osserva Leonardo Piasere, oltre a stranieri siano considerati «noncittadini» da emarginare e controllare. Gli zingari italiani, e più ancora gli stranieri, sono «quasi fuori sistema», scrive Piasere. La società italiana di questi ultimi quarant'anni anni di regolamentazione e disciplina della questione Rom ha prodotto una vera e propria «urbanistica del disprezzo» per usare le parole di Nicola Solimano . Se si riflette sulla localizzazione dei campi non si può fare a meno di pensare che sia frutto di una pianificazione urbanistica rovesciata. Secondo la ricerca «Zingari in Toscana», lo spazio è l'indicatore attraverso cui si possono leggere le diverse dinamiche di accoglienza o rifiuto, di aggregazione, di difesa, di evoluzione delle identità, di sopravvivenza o sviluppo. L'insediamento rom come campo semantico presenta una intensità di significati e di nessi che dimostra la banalità del concetto di campo come contenitore delle realtà zingare. Lo spazio dell'insediamento rom evidenzia con chiarezza un atteggiamento diffuso: gli zingari sono un popolo da allontanare e da cui allontanarsi, a cui imporre la distanza, da cui sgomberare strade, città e periferie. Non c'è una strategia precisa, ma un insieme di comportamenti e spesso provvedimenti e ordinanze con cui variamente si opera in forma appena mitigata dalla presenza di Leggi Regionali di «tutela dell'etnia rom» o dall'azione di associazioni di difesa. Il «campo nomadi» è un habitat estraneo alla storia dei Rom, alla loro struttura sociale e familiare. E' una invenzione del nostro tempo, un esempio paradigmatico di come lo spazio può diventare un elemento di violenza contro l'identità di un popolo. Il concetto stesso di campo sconvolge l'elemento fondamentale della cultura rom, che si basa sulla flessibilità delle relazioni e delle strutture. Il campo, non è pensato come spazio abitativo dei Rom, in cui possano gestire la loro vita, ma come uno spazio «comunale» in cui i Rom sono considerati solo ospiti e in quanto tali devono essere assoggettati a regole, in modo che lo spazio loro concesso non venga degradato: Il «bene» da salvaguardare è quello immobiliare. I campi sosta costano e non se ne possono fare molti. Il campo sosta è un bene raro. Chi vi accede cercherà, di difendere la posizione privilegiata acquisita. Il concetto di campo si è andato elaborando nel tempo come espressione e riflesso della nostra società, di come noi vediamo la «gestione» del 8 che la minima concessione umanitaria potrebbe suonare come incentivo. Verrebbe non solo confermato l'insediamento, ma attirerebbe nuovi «ospiti» indesiderati. La burocrazia locale interpreta e applica il concetto weberiano di «etica della responsabilità», la teoria, cioè, secondo cui, compito del buon politico non è quello di agire secondo «princìpi», ma tenendo conto delle «conseguenze» dei propri atti per la propria comunità di riferimento, operando non sulla base d'intenzioni ritenute buone, ma dei risultati prevedibili. Questa massima ha ispirato e fondato tutta la politica novecentesca, a destra come a sinistra. Nel campo, tutto contraddice le normali modalità di insediamento: manca la motivazione economica, manca la possibilità di regolarsi sulla base dei rapporti interni. I campi sono il riflesso di una concezione esterna del modo in cui dovrebbero vivere gli zingari, mentre la visione zingara non è presa in considerazione. Spesso vi vengono riuniti contro la propria volontà, contro ogni principio della loro struttura sociale, costretti a forme di coabitazione coatta, in cui emergono, tra l'altro, tutte le patologie del ghetto. I Rom chiedono solo di non vivere più con i topi nelle discariche e nel fango, di usare l'acqua, di avere documenti in regola, senza la paura di essere continuamente cacciati dalla polizia. Nel momento in cui in una situazione di tale emergenza interviene l'amministarzione lo fa chiudendo tutti gli spazi liberi usati come «campi» piccoli, autoregolamentati, sprovvisti di servizi e aprendo pochi «campi» grandi, dotati di servizi, spesso controllati dall'esterno, in cui chi esce per un certo periodo ne viene espulso e perde qualsiasi diritto. Per chi trova posto, finisce l'incubo degli sgomberi continui. In più c'è acqua potabile, corrente elettrica, possibilità di stare al caldo d'inverno, Grazie ai campi, alcuni ricevono permesso di soggiorno e carta di identità, altri hanno più forza per rivendicare documenti in regola. Tutto ciò attenua la diffidenza dei Rom, anche perché non vedono alternative. Viene in mente l'istituzione dei ghetti nelle città italiane del Cinquecento. Come il ghetto, il campo è un luogo di segregazione che permette la permanenza di persone fino ad allora espulse dalla città e indesiderabili: rafforza l'identità culturale di chi vi è rinchiuso; conferisce normalità ad una situazione percepita come straordinaria ed eccezionale. Quando però si crea un ghetto, bisogna poi presidiarlo, da cui derivano costi ingenti per l'amministarzione. I campi li facciamo noi, i nostri architetti, ingegneri, geometri, assessori, e sono una rappresentazione architettonica di come noi vediamo loro, gli zingari. Rappresentazione, certo, ma non priva di conseguenze per chi la subisce e vi cresce dentro. Parlare di campi non ha senso se non in rapporto al territorio in cui esistono. I campi non sono fuori dal mondo, come non lo sono i Rom. Nei campi entra la camorra, entra la droga, entra la guerra, entrano volontari e funzionari comunali, qualche volta anche un cardinale o un sindaco. Ma tutto è sempre filtrato. Tutto passa attraverso i cancelli e le recinzioni. Evadere è possibile? Ma da che cosa? Dai campi, dalle etichette imposte, dalla qualifica di «zingaro»? 9 2. LA MIGRAZIONE ROM A ROMA FINO AGLI ANNI '80 DAL DOPOGUERRA AGLI ANNI ‘80 BREVI CENNI STORICI primi insediamenti nel dopoguerra a Roma, in una città devastata e da ricostruire, si registrano in Via del Mandrione, nei pressi dell’Acquedotto Felice e intorno a Porta Furba, al Quarticciolo oltre che nelle zone più periferiche di Settecamini, della Rustica e dell’Appia Antica. Vengono tollerati perché in quei momenti il paese è troppo impegnato nello sforzo della ricostruzione e non c’è spazio per occuparsi di loro, tanto che né lo stato italiano né il Comune di Roma emanano leggi o disposizioni che li riguardano. La Chiesa Cattolica invece nel 1956 istituisce l’Opera per l’assistenza spirituale ai nomadi in Italia, che si occupava della cura pastorale dei circhi, dei luna-park e dei nomadi, quest’ultima branchia si è poi trasformata in Ufficio nazionale pastorale per i Rom e i Sinti. Si calcola che i Rom e i Sinti che vivono oggi in Italia siano circa 150.000 Circa il 70% sono cittadini italiani, il resto è costituito, in gran parte, da cittadini extracomunitari (soprattutto della ex-Jugoslavia e rumeni) e in misura minore da cittadini comunitari (es. francesi, austriaci, tedeschi, ecc.). Solo un 30% circa di questi gruppi si può considerare ancora nomade, tutti gli altri sono sedentari, in molti casi da decenni, o in via di sedentarizzazione e impropriamente vengono definiti nomadi . La presenza dei Rom a Roma ha infatti radici antichissime, le prime cronache riportano addirittura all’ anno 1422 quando circa 200 “indiani” o “egiziani” si recano a Roma per far visita al Papa . L’incontro deve aver prodotto dei risultati perché nel 1430 a Fermo si registra la presenza di “zengani” che avevano privilegi del Papa “… per cui potevano andare per il mondo senza pagare alcun pedaggio o gabella” . Riguardo invece Roma,una serie di bandi emessi dai vari Governatori stanno a dimostrare la presenza numerosa di Zingari sul territorio; bandi che di solito disponevano allontanamenti temporanei o lavori forzati come l’impiego ai remi nelle galere della flotta papale . Pur mantenendo la loro caratteristica di popolo nomade, gli zingari a Roma si collocavano prevalentemente in alcune grotte della Suburra nel Rione Monti spostandosi, quando queste vennero chiuse, nello stesso Rione in strada delle Carrette, nella salita di San Pietro in Vincoli e soprattutto in Vicolo Cacciabove e Piazza Padilla, che per questo vennero da allora chiamate Via e Piazza degli Zingari. Era nota la loro abilità come fabbri o mercanti di cavalli e solo saltuariamente si dedicavano a lavori agricoli come zappatori, mentre le donne si dedicavano alla questua e alla “buona ventura” che però fu proibita nel 1631. Nella seconda metà del ‘600 vennero promulgati editti per indurre gli zingari ad “… abbandonare il nomadismo, per dedicarsi ad un lavoro lodevole, pena la frusta e l’esilio perpetuo”. La stessa pena veniva comminata alle donne se continuavano a vestirsi alla maniera zingara e, paradossalmente, il compenso per questa omologazione forzata, sarebbe stato che più nessuno li avrebbe “… improperati col nome di Zingari” . Gli zingari giungevano attratti dal richiamo della città dagli immediati dintorni: Monterotondo, Fiano, Tivoli, Palestrina, Velletri, Albano, Marino, Nettuno, Torricella, ma anche dall’Abruzzo, dalle Marche, dall’Umbria dalla Sicilia e dalla Spagna. Nel 1700 parecchi IL GENOCIDIO DEGLI ZINGARI IN EUROPA DURANTE IL CONFLITTO MONDIALE PORTO’ A CIRCA 500.000 VITTIME. si definivano “regnicoli”, ossia cittadini del Regno delle Due Sicilie, il che fa pensare che il grosso degli zingari a Roma fosse costituito da Rom abruzzesi. Dalla fine del ‘700 l’appellativo “zingaro” viene sostituito nei documenti da un cognome, sempre italiano .Non esistono studi storici sugli zingari a Roma nel 1800. In quel secolo erano certamente abbastanza numerosi i Sinti nomadi,che usavano e usano tuttora svernare nella città per riprendere con la bella stagione la loro attività nello spettacolo viaggiante; musica, I ancora oggi in vigore nella legislazione italiana . All’inizio del ‘900 cominciano nuove ondate migratorie di zingari provenienti dall’Alsazia (per la cessione di questa alla Germania) e dalla Romania (a seguito all’emancipazione dalla schiavitù), ma il flusso raggiunse il culmine alla fine della prima guerra mondiale, con l’arrivo degli zingari che fuggivano dai nuovi stati sorti alla caduta dell’Impero asburgico, soprattutto Rom sloveni e croati. Il regime fascista considerò gli zingari come un problema di pubblica sicurezza cercando di limitare nuovi afflussi dall’estero ma nessun provvedimento particolare fu promulgato nei confronti di quelli che già risiedevano in Italia. Le leggi razziali del 1938 erano rivolte soprattutto contro gli ebrei anche se le famiglie zingare che risiedevano al confine con la Jugoslavia vennero trasportate in Sardegna e nel 1942 furono istituiti due campi di concentramento per gli zingari a Agnone (Isernia) e Tossiccia (Teramo) . Il genocidio degli Zingari in Europa durante il conflitto mondiale portò a circa 500.000 vittime, ma nonostante questo alla fine della guerra non vennero adottate misure di sostegno né promulgate leggi a favore del popolo Rom, e tuttora pochi o quasi nessuno, parlando dello sterminio dell’ olocausto ricorda insieme al popolo ebreo anche il popolo Rom. Le prime battaglie alla fine degli anni ’50 furono condotte per l’iscrizione anagrafica degli Zingari presenti sul territorio comunale. La mancata iscrizione alla anagrafe comportava l’impossibilità di ottenere qualsiasi documento e impediva anche l’inserimento dei minori nella scuola pubblica. Si procedeva tra mille difficoltà con il perdurare dell’assenza delle istituzioni e per arrivare al primo esperimento di scolarizzazione dei bambini rom, bisogna aspettare il 1963, quando vengono formate due classi per i piccoli rom del Mandrione iscrivendoli alla scuola “Cagliero”, ma per l’opposizione dei genitori degli altri bambini, le classi vengono istituite nella vicina parrocchia . Negli anni successivi tuttavia si cerca di diffondere la scolarizzazione tra i piccoli Rom, soprattutto dove ci sono insediamenti importanti così si registrano presenze nelle scuole di San Basilio, del Quarticciolo, di Via Venezia Giulia, di Settecamini e del Tiburtino. Nel settembre del 1965 un grande pellegrinaggio internazionale vede riunirsi a Roma oltre 2000 Zingari arrivati da tutta Europa per incontrare il Papa Paolo VI. L’occasione segna una svolta politica e il problema Rom viene pos- teatro ambulante, animali ammaestrati e acrobazie tan- to che i grandi circhi Orfei e Togni in Italia e Bouglione in Francia, discendono dai Sinti. In questo secolo in Europa si sviluppano stati centralizzati, dove l’ordine e la sicurezza, già allora, vengono posti in primo piano con misure contro i dissidenti e i “diversi”. Gli Zingari rientrano nella categoria “oziosi e vagabondi”, terminologia Foto tratta da” La città accogliente”, Fondazione Giovanni Michelucci 10 to all’attenzione delle istituzioni; Nel 1965 il ministero della Pubblica Istruzione stipula una convenzione con l’Opera Nomadi per la scolarizzazione dei bambini rom (fondata nel 1963 a Bolzano da Bruno Nicolini) e con l’Università di Padova (dove era attiva Mirella Karpati) che porta alla istituzione di 11 classi speciali per bambini zingari (2 a Bolzano, 2 a Milano, 1 a Trento, 1 a Reggio Emilia, 2 a Pescara, 1 a Giulianova, 2 a Roma), mentre in Campidoglio per la prima volta viene discusso il problema delle “aree di sosta”. DI QUI IN POI SARÀ UN SUSSEGUIRSI DI EVENTI E AVVENIMENTI CHE CONTRAPPONGONO DIMOSTRAZIONI DI APERTURA E ACCOGLIENZA AD ALTRE DI INTOLLERANZA E VIOLENZA, COME È SEMPRE STATO NEL DIFFICILE PERCORSO DEL POPOLO ROM. Nel maggio del 1967 Paolo VI si reca a salutare i Rom del Quarticciolo e qualche giorno dopo, come per risposta, viene distrutta da ignoti l’aula che accoglieva i bambini zingari della scuola elementare. La stessa aula che da 4 anni era allestita nei locali della parrocchia per l’atteggiamento di rifiuto da parte degli altri genitori di far convivere i loro figli con i rom.Proseguono le iniziative di volontariato a sostegno soprattutto della scolarizzazione; al campo del Quarticciolo le suore del Sacro Cuore aprono un tendone che ospita una scuola materna, nel campo di Via Meda le lezioni si tengono dentro una roulotte mentre la scuola “Andrea Doria” accetta i bambini rom e a San Basilio una grande cappella delle Figlie della Chiesa ospita doposcuola e corsi di lavoro femminile . Piccole iniziative che cercano di sollecitare l’intervento dei poteri istituzionali finora assenti o poco interessati, col risultato di una politica di esclusione e rigetto che non prende in considerazione ipotesi di integrazione o di assistenza sociale. Inoltre va considerato anche che negli anni ’60 si era fatta sempre più massiccia l’immigrazione di Rom dai paesi dell’est, soprattutto dalla Jugoslavia. Gli anni Settanta vedono la comparsa di un acceso dibattito tra sostenitori e oppositori delle classi speciali. Palestra di questo dibattito la rivista Lacio Drom dove si registrano i primi interventi sull’integrazione degli zingari, in cui la scolarizzazione dei bambini assumeva priorità assoluta. Bisogna aspettare il 1973 per avere dei cenni riguardo la questione rom e che cenni! Nel 1973 viene inviata a tutti i sindaci d’Italia una circolare in cui si chiede di abolire i divieti di sosta ai nomadi e di favorirli in materia di iscrizione anagrafica, licenze di lavoro, aree di sosta e scolarizzazione dei bambini. Il presidente del Consiglio Giulio Andreotti risponde così a una mozione congiunta dell’Opera Nomadi e di un assemblea di famiglie Rom sulla condizione dei Rom in Italia: “… nell’ordinamento giuridico italiano non esistono disposizioni che vietino il nomadismo… pertanto possono circolare liberamente senza nessuna limitazione,restrizione o speciale autorizzazione”. Una semplice affermazione di principio senza alcun impegno o proposito di mettere mano al problema, ma il clima era piuttosto differente rispetto a quello di oggi. A Roma invece la V circoscrizione, dove si registra una alta presenza di Rom, chiede a dicembre la collaborazione dell’Opera Nomadi “per addivenire a soluzioni soddisfacenti in favore dei nomadi”. A seguito di questi accordi si progetta di intervenire nel campo di Settecamini,con il concorso della scuola elementare di zona e l’appoggio manifestato dal Cardinal Poletti che richiede al Sindaco una sistemazione adeguata per i nomadi. Invece di favorire la realizzazione del primo progetto di sostegno, ad aprile del 1974 i Carabinieri effettuano lo sgombero del campo, distruggendo le baracche e facendo allontanare i rom che si spostano alla Rustica . Il 1974 si chiude con un ennesimo atto di intolleranza; nel quartiere San Basilio l’IACP aveva messo a disposizione un terreno con una fontanella pubblica attorno alla cappella dell’Opera Nomadi dove sostavano da tempo alcune famiglie Rom. Nella notte del 21 dicembre alcuni cittadini incendiavano la cappella minacciando i nomadi che si allontanavano scortati dalla polizia. Dopo questi episodi molti nomadi 11 si spostano a Pietralata e al Ti- 1982 sancisce la definitiva aboburtino III dove rimangono senza lizione delle classi speciali. grossi problemi fino ad aprile del Il 13 febbraio 1980 si svolge un 1976, quando circa 300 abitanti convegno promosso dalle Cirindella borgata assaltano il cam- coscrizioni maggiormente po, incendiano alcune baracche e teressate come presenza, e cioè roulotte e li costringono ad allon- V,VI,VII e VIII con tema “Essere nomadi in città”. In quella occatanarsi . Nonostante l’altissimo prez- sione gli amministratori prendevazo pagato dagli zingari durante no l’impegno di “…. trovare una il nazismo,il primo documen- soluzione globale per rimuovere i to delle Nazioni Unite in cui gli campi da dove si trovano oggi”. zingari vengono specificamente A seguito di questo incontro, il istituisce menzionati,porta la data del 1977. pro-sindaco Benzoni Si tratta di una risoluzione della una commissione apposita che Sottocommissione per la lotta studi il problema e arrivi a delle contro le misure discriminatorie soluzioni e la commissione alla e la profine avanza la tezione delle proposta della m i n o ra n ze . IL 13 FEBBRAIO 1980 GLI AMMINIScostituzione In questa TRATORI PRENDEVANO L’IMPEGNO di un mega campo al di r i s o l u z i - DI “…. TROVARE UNA SOLUZIONE GLOBALE.. LA COMMISSIONE ALLA fuori del racone, gli FINE AVANZA LA PROPOSTA DELLA cordo anulare z i n g a r i COSTITUZIONE DI UN MEGA CAMPO . A distanza v e n g o n o AL DI FUORI DEL RACCORDO ANUdi 28 anni la e s p r e s - LARE. situazione è più o meno samente definiti la minoranza peggio trattata nei diversi paesi europei. All’inizio degli anni Ottanta si verifica un mutamento degli orientamenti: la convenzione del la stessa se l’attuale Sindaco Alemanno propone ancora un progetto analogo. Nel gennaio del 1981 viene abbattuta la baraccopoli del Mandrione dove alloggiavano i Rom Abruzzesi dal 1937 e il Comune assegna agli sfollati alcune case popolari a Spinaceto. Sembrerebbe l’inizio di una nuova politica abitativa per i Rom ma si tratta semplicemente di un caso isolato e mai più ripetuto. Lo stesso mese vengono espulse o disperse le famiglia in sosta al Flaminio e a novembre del 1982 sgomberato il campo di Via Filippo Meda che accoglieva rom sloveni reduci dai campi di concentramento fascisti. Nel mese di marzo del 1983 vengono espulsi 400 rom prima dal Quarticciolo, con incendio delle baracche e roulotte, e successivamente da Tor Sapienza e da Don Bosco, località dove si erano spostati. La piena dell’Aniene del febbraio 1984 travolge due insediamenti lasciando senza ricovero 36 famiglie rom, che ottennero dal presidente della V Circoscrizione l’autorizzazione a sostare su un terreno comunale in Via Salviati. Questa fu la prima volta che un amministratore concedeva formalmente un luogo di sosta, seppur in via eccezionale, a famiglie Rom. 3. i ROM A ROMA, DAGLI ANNI '80 AI GIORNI NOSTRI SITUAZIONE LEGISLATIVA, NASCITA DEI CAMPI E LORO LEGITTIMAZIONE Esiste una storia fascista dei campi, veri e propri campi di concentramento realizzati in base ad una circolare dell’11 settembre 1940. La storia democratica dei campi nasce molto più tardi. E’ una storia ormai trentennale e si sviluppa attraverso l’elaborazione di diversi dispositivi, risposte strategiche ad emergenze di natura diversa, dalla scolarizzazione dei bambini rom che ha portato alla creazione dei campi sosta, alla accoglienza dei profughi dall’ex Jugoslavia tra il 1991 al 1999 che ha portato ad estendere l’idea di campo sosta a quella di campi profughi. Ultimo passaggio in questa elaborazione del dispositivo campo è l’emergenza determinate dall’ingresso della Romania, dal primo gennaio 2007, nell’Unione Europea (Francesco Careri) Si è assistito al carattere irrazionale del trattamento del “problema Rom” da parte delle amministrazioni locali, a causa dell’investimento ideologico di cui esso è oggetto: nonostante l’ esiguità delle dimensioni (alcune decine di migliaia di persone in tutta Italia, poche migliaia nelle poche grandi città in cui c’è qualche concentrazione), nonostante soluzioni semplici e razionali siano a portata di mano, il problema è apparso a tutte le amministrazioni capitoline intrattabile. Oggi l’allarme sicurezza amplifica il rifiuto nei confronti dei Rom, spinge le amministrazioni a interventi incentrati su obiettivi di controllo, nel migliore dei casi legittima i tradizionali interventi in termini di emergenza. Per i Rom questa congiuntura significa degrado delle condizioni abitative e crescita dell’insicurezza territoriale. Il campo come prodotto amministrativo rappresenta però una realtà sui generis, che merita una particolare attenzione. La sua matrice ideologica è chiara: è nato da una visione assimilazionistica del rapporto tra Rom e società locali (ipotesi di sedentarizzazione e di “integrazione”), ed esprime un’intenzione di controllo della presenza degli “zingari” sul territorio, circoscrivendola nello spazio (Piasere 1991, Karpati 1998). Questa seconda finalità soprattutto segna irreparabilmente l’esperienza dei campi nomadi. Ne determina l’urbanistica: una “urbanistica del disprezzo”, per citare la fortunata definizione di Corrado Marcetti e Nicola Solimano (1993). E così dagli anni ’80 in poi, fino ai nostri giorni, pur cambiando amministrazioni, si legalizza e si giustifica il campo come ghetto, lo si costruisce lontano dalle aree abitate e dai collegamenti per non far più ritornare i Rom in città, per renderli invisibili in favelas di container, recintate, e controllate all’ingresso con l’ uso di telecamere. All’ interno rimane una ambigua sospensione della legalità, come già nei CPT, e nessuno potrà sapere cosa vi accade, anche per entrare all’ interno ci vogliono permessi speciali. Arriva Rutelli, poi arriva Veltroni. Poi cade il governo Prodi, e si va al voto, e finisce rovinosamente l’esperienza di Veltroni che consegna alla destra il paese e la città. Il tema della sicurezza ha rappresentato il cavallo di battaglia della destra che la sinistra moderata ha cavalcato finendone travolta. Oggi governo nazionale e amministrazione capitolina marciano a suon di decreti e di ordinanze per la sicurezza e il decoro, e i primi a farne le spese, sono i Rom, e si mascherano ghetti con il nome di “villaggi della solidarietà”.. come se ripristinassero la sedia elettrica con un occhio all’ ambiente, e la facessero a pannelli solari. Nessuna amministrazione ha capito che aiutare a uscire dal disagio le famiglie non è un’impresa troppo onerosa, ma piuttosto un investimento per il futuro del nostro paese. Una società come quella italiana, che non si riproduce è una società malata. Tale giudicheremmo qualunque società animale. ANNI ‘80 Gli anni ’80 aprono le porte alla legittimazione del campo rom, e man mano col passare del tempo lo si identifica come unica soluzione abitativa per i Rom/Sinti. C’è da distinguere comunque le leggi che appartengono agli anni ’80 dalla svolta degli anni ’90. Il riconoscimento dello status di minoranza a Rom e Sinti e la tutela della loro cultura, sembra il prin- cipio guida che ispira le specifiche leggi regionali che vengono emanate a partire dalla metà degli anni Ottanta. A quella della Regione Veneto (1984) fanno seguito quella del Lazio (1985), della Provincia autonoma di Trento (1985), della Sardegna (1988), del Friuli Venezia Giulia (1988) dell’Emilia Romagna (1988), della Toscana (1989) e via via di altre regioni. Elemento comune a queste leggi è il riconoscimento del nomadismo come tratto culturale caratteristico, ne consegue la tutela del diritto al nomadismo e alla sosta nel territorio regionale. Anche se non mancano riferimenti ad altri aspetti delle condizioni di vita (sanità, istruzione, lavoro) è centrale nella proposta di intervento (anche per i limiti oggettivi dell’intervento in altri campi) l’allestimento di aree attrezzate per la sosta dei nomadi. Nonostante alcuni effetti positivi che queste leggi producono anche a livello nazionale, se non altro perché attivano la discussione sulla condizione generale di Rom e Sinti nel nostro Paese, rimangono alcuni limiti. Il 12 13 primo ha a che fare con l’idea stessa che il Rom si identifichi con il nomade. Questo poteva, forse, essere ancora in gran parte vero all’inizio degli anni Ottanta ma certamente non lo è più oggi. Toscana ed Emilia Romagna hanno apportato nel tempo modifiche al testo della legge per adattarla alle nuove situazioni (la stanzialità è decisamente in aumento rispetto al nomadismo). Il secondo limite sta nella frequente ritrosia dei comuni ad applicare le leggi regionali (molti non accedono nemmeno ai fondi stanziati) o ad allestire campi in base a quanto la regione, in ottemperanza alle disposizioni europee, ha previsto. Il risultato è: pochi campi strutturati e a norma di legge, molti campi selvaggi male serviti e che incoraggiano la ghettizzazione dei rom più che facilitarne l’integrazione. 1985: Nel 1985 UNA SECONDA CIRCOLARE, che si richiama alla precedente (quella del 1973), insiste perché sia garantita “una reale uguaglianza degli appartenenti ai gruppi – tra l’altro in grande maggioranza di cittadinanza italiana – e gli altri cittadini” e si fornisca “una adeguata risposta ai bisogni primari delle popolazioni nomadi, che al contempo sia rispettosa della cultura e delle tradizioni di vita, estremamente diversificate tra l’altro, delle varie etnie che si ricomprendono nel nomadismo”. Colpisce positivamente di questa circolare il riferimento esplicito alla specificità etnica, alla diversità culturale che Rom e Sinti esprimono, elemento questo assolutamente non trascurabile se si vuole affrontare in modo corretto il problema dell’integrazione di questi gruppi nella società maggioritaria. Resta, semmai, tutta aperta, come si è già detto, la questione di quale significato attribuire a questa differenza e di quale uso farne nella programmazione degli interventi. Il 24.05.1985 nasce la LEGGE REGIONALE n.82 DELLA REGIONE LAZIO, che “detta le norme per la salvaguardia del patrimonio culturale e l’ identità dei “Rom” per evitare impedienti al diritto al nomadismo ed alla sosta all’ interno del territorio regionale nonché alla friuzione delle strutture per la protezione della salute e del benessere sociale”. L’ ubicazione dei campi, che dovevano avere una superficie non minore di 2000 mq e non maggiore di 4000 mq, doveva evitare ogni forma di emarginazione urbanistica ed essere individuata in modo da facilitare l’ accesso a servizi pubblici. Era classificata come Zona F . Inoltre per la prima volta l’Amministrazione comunale decide di affrontare il problema e il censimento, con le analisi dei dati raccolti, rappresenta un punto di partenza fondamentale per la comprensione della presenza Rom a Roma e delle problematiche che ne conseguono. La Legge Regionale 82/1985 fu una legge molto avanzata, ma di fatto molto inefficace e inapplicata. Il “campo” (che salvaguardava il diritto al nomadismo), la sua ubicazione all’interno del tessuto urbano, il tipo di vigilanza prevista al suo interno erano finalizzati all’integrazione e non, come si tenterà di fare nelle leggi successive, al controllo e alla sedentarizzazione forzata. Nonostante ciò continuarono in quegli anni le attività repressive delle forze dell’ordine, come l’intervento nello stesso anno 1985, nel campo autorizzato del Comune di Via Salviati: campo che sarà il primo veramente attrezzato della Giunta Rutelli e consegnato alle famiglie rom nel ‘94 (ben dieci anni dopo l’entrata in vigore della legge). 1986: Nel Gennaio dell’ 86 Il PRIMO “PIANO CAMPI” in attuazione della legge regionale fu varato dalla Giunta Comunale. Da il via all’istituzione di campi sosta e in attesa della realizzazione di tali aree, autorizza soste provvisorie dotate di alcuni servizi essenziali (cassonetti per la spazzatura e WC chimici). Da allora sono seguiti interventi di risanamento su aree occupate abusivamente o su terreni male attrezzati. Sono state spese centinaia di milioni di vecchie lire non tanto per portare acqua, luce, fognature, ma semplicemente per rimuovere e bonificare le enormi masse di rifiuti accumulati nei campi. Nello stesso anno fu istituito presso l’Assessorato ai Servizi Sociali L’UFFICIO “STRANIERI E NOMADI”, denominazione ripresa da uffici analoghi in altri Comuni italiani, ma che rischia di rafforzare il pregiudizio che gli rilevato che “un primo fatto irrefutabile è l’inutilità, anzi la negatività dei provvedimenti di espulsione… il numero degli zingari a Roma non è mai diminuito, anzi è andato aumentando e negli ultimi tempi in modo notevole(…..) Un altro dato determinante è l’alto numero di Rom cittadini di Roma. Nel campione censito il 37,2% sono cittadini italiani e il 30,1 % ha la residenza a Roma…”. Ricordando poi che il censimento era stato effettuato su base volontaria e applicando i valori medi di costituzione dei nuclei familiari, si ragionava su numeri notevolmente diversi e più vicini alla realtà dei fatti, tanto che “(….) il dato di 3.500 presenze del rilevamento fatto nel 1980 è da ritenersi accresciuto” (Lacio Drom 1997, n°2) Sempre nel 1986,il 16 luglio il ministero della Pubblica Istruzione emana la CIRCOLARE N. 207 che segna la fine delle convenzioni e l’assunzione in pieno, da parte delle istituzioni scolastiche, di tutte quelle competenze che in passato erano state attribuite all’Opera Nomadi. La circolare stabiliva il principio fondamentale che la scuola costituiva sì un obbligo per tutti i bambini rom ma che lo Stato, dal canto suo, avrebbe dovuto favorire in tutti i modi l’espletamento di questo obbligo. Si tratta della bilateralità dell’obbligo scolastico, principio fondamentale oggi de- “Zingari” siano tutti stranieri-quindi rinviabili ad una ipotetica “patria” di provenienza-e tutti nomadi , il che nell’immaginario collettivo equivale a devianti, asociali, e pertanto doverosamente soggetti a rigorosi controlli di polizia. Inoltre, per poter predisporre una programmazione aderente alla realtà, l’Assessore dispone una indagine conoscitiva sulla popolazione Rom presente sul territorio comunale affidandola all’Opera Nomadi. Sempre nell’86 viene effettuato un CENSIMENTO che riguarda Rom e Sinti con abitazioni mobili e non quelli residenti in abitazioni, inoltre venivano censiti e registrati su base volontaria, quindi non comprendeva la totalità dei presenti pur potendosi considerare abbastanza rappresentativo. Viene registrata la presenza di circa 2000 Rom distribuiti in 36 campi, di cui i più popolosi o comunque destinati a soste prolungate erano: -sul Tevere all’altezza di Via della Magliana -in Via Ardeatina, all’interno di una pineta -vicino l’Acquedotto Felice, in Torre del Fiscale -lungo Via Cristoforo Colombo, in vari piccoli insediamenti -in Via Casilina al civico 900 -in Via Salviati -in Via Tiburtina, sugli argini dell’Aniene -in varie aree di parcheggio a Tor Bella Monaca -a Dragona e San Giorgio di Acilia -in Via di Tor Marancia Altri piccoli insediamenti erano sparsi a Tiburtino, Centocelle, San Basilio, Pietralata, Ponte Mammolo e Casal Bruciato. Alcuni ospitavano brevi soste per famiglie di passaggio che si fermavano qualche tempo, altri costituiti da famiglie di giostrai accampati intorno alle loro giostre. E’ interessante ricordare l’analisi dei dati raccolti dai quali viene cisamente in ombra. 1987: Ormai la questione Rom è sempre più pressante e nel 1987 la Giunta Signorello delibera la realizzazione del primo campo sosta attrezzato in Vicolo Savini, destinato ad ospitare 40 nuclei familiari. Si continua comunque a lavorare sull’emergenza, senza riuscire a mettere in piedi una politica omogenea rispetto alla problematicità dei fatti. I rapporti tra cittadini e Rom continuano ad essere tesi e raramente si va oltre NEL CAMPIONE CENSITO IL 37,2% SONO CITTADINI ITALIANI E IL 30,1 % HA LA RESIDENZA A ROMA… la diffidenza o addirittura l’aperta ostilità. Non si riesce a trovare un punto d’incontro tra le due culture e si assiste al solito scambio di accuse tra chi non vuole gli “zingari” perché ladri, sporchi e cattivi e chi controbatte con accuse di razzismo e tentativi di omologazione. Le varie amministrazioni succedutesi alla guida della città iniziano un percorso per l’istituzione di campi sosta, ma si scontrano con l’ostilità dei cittadini e la difficoltà conseguente a reperire aree perché “nessuno vuole avere gli zingari nei pressi delle loro case.” 1989: Con la fine degli anni Ottanta e la CIRCOLARE DEL M.P.I. N. 301 DELL’8/9/1989 irrompe la prospettiva interculturale, consolidata poi dalle Pronunce del Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione. In una di queste (quella del 26/6/1993: “Pronuncia in merito alle minoranze linguistiche”) tra le cosiddette “isole linguistiche” accanto ad albanesi, catalani, franco-provenzali ecc.,vengono menzionate anche “le due comunità di stirpe zingara,i Rom e i Sinti”. Dato di un certo rilievo se si pensa che a dieci anni di distanza (dicembre 1999) il Parlamento italiano ha varato una legge (la n. 482), in applicazione del dettato costituzionale, che non contempla i Rom e i Sinti tra le minoranze linguistiche storiche da tutelare. ANNI ‘90 Se il riconoscimento dello status di minoranza a Rom e Sinti e la tutela della loro cultura erano il cavallo di battaglia delle leggi degli anni ’80 (seppur cavalcato male), gli anni ’90 aprono la strada a ben altre leggi, con altri toni: si sente parlare solo di sicurezza (non la loro), controllo, telecamere e ancora controllo, ancora sicurezza; si iniziano a costruire quei famosi campi attrezzati nelle aree più desolate della città, in quella periferia già piena di focolari sociali...; si sgomberano man mano i campi all’ interno della città con il preciso obbiettivo di spedire tutti i Rom fuori dal raccordo anulare, una sorta di “classificazione” sociale, (sembrava sparita ormai da secoli): il ricco qui, il povero la, lo straniero qui, i Rom nel campo. I Rom intanto sono aumentati in poco tempo, già alla fine degli anni ‘80 infatti si iniziava ad assistere ad un fenomeno migratorio dall’Est europeo dovuto alla crisi che attraversava il Paese, intensificato poi negli anni ’90, con le guerre nell’ ex Jugoslavia. Migliaia di Rom fuggono soprattutto dalla Bosnia per sottrarsi ai massacri etnici che stanno avvenendo e parecchi di loro giungono a Roma. Pur nella condizione di poter essere considerati rifugiati politici come prevede la legislazione internazionale (persone in fuga dalla conflitto croato-serbo-bosniaco degli anni ’92’95), la maggior parte di loro non ne fa nemmeno richiesta. Anche a chi lo richiede non viene riconosciuto lo status di rifugiato perché “… la risposta del Governo italiano consiste nel tentativo di ignorare il problema… Le sedi ufficiali negavano che l’aumento degli accampamenti Rom fosse riconducibile alla guerra nella ex Jugoslavia… negando anche la condizione di sfollati prevista dalla legge 390/92”(G. Schiavone). Insomma per l’ennesima volta, i Rom erano Rom e pur avendone tutte le caratteristiche, non potevano essere né rifugiati politici né sfollati . Ciò di fronte alla quale ci troviamo è una situazione paradossale di profughi di guerra che per il fatto di essere Rom non possono godere degli stessi diritti di un qualunque cittadino di un qualunque altro stato. 14 15 ad un piano di realizzazione di campi attrezzati in 9 aree di proprietà del comune. La nuova delibera introduceva per la prima volta l’ idea di “Campo” : Il campo diventa un’ area “esclusiva” e vigilata. L’accesso al campo,che era disciplinato quotidianamente dai Vigili Urbani del competente Gruppo Circoscrizionale, veniva consentito alle famiglie Rom in regola previa compilazione di un apposito modulo indicante le generalità del capo famiglia, dei componenti il nucleo familiare, il numero e la targa delle roulottes e degli automezzi di proprietà del nucleo stesso nonché gli estremi del permesso di soggiorno. 1994: Nel 1994 il ministero dell’Interno pubblica, a cura dell’Ufficio centrale per i problemi delle zone di confine e delle minoranze etniche,IL PRIMO RAPPORTO SULLO STATO DELLE MINORANZE IN ITALIA,con un capitolo dedicato agli zingari in cui si legge,tra l’altro:l’inserimento degli zingari nella comunità nazionale in un processo di lento assorbimento,non ha finora funzionato, né ha grandi possibilità di riuscita perché ci si trova di fronte a un gruppo con caratteristiche di comportamento e di cultura diverse rispetto ad altre minoranze linguistiche.Un lungo processo di maturazione all’interno del gruppo si rende necessario perché affrontino con serenità il problema della socializzazione e del rapporto di convivenza con l’elemento locale a più immediato contatto. “L’utilizzo decisamente improprio del termine socializzazione,in questo caso,svela che l’adattamento cui qui ci si riferisce è quello ai nostri valori.Quando si dice l’ideologia della differenza (..)”(C. Marta) 1995: Il RAPPORTO DEL COMITATO EUROPEO SULLE MIGRAZIONI DEL CONSIGLIO D’EUROPA (5 MAGGIO 1995) ribadisce come siano destinati a fallimento tutti i progetti che non coinvolgono gli zingari in prima persona. “Forse è ormai tempo che noi gagé non pretendiamo più di sapere che cosa è bene per gli zingari, ma che, limitandoci ad affiancarli con un’azione di sostegno, lasciamo a loro la parola, perché, soggetti primi ed accreditati presso i poteri locali, ottengano il pieno rispetto La condizione di profugo 1991: La CIRCOLARE DELL’ 18/1/1991,dal titolo “Insediamenti di nomadi, zingari ed extracomunitari. Attività di vigilanza e controllo”,apre il decennio con toni ben diversi dai precedenti. Pur deprecando gli episodi di intolleranza e di rifiuto nei confronti degli zingari,che si esprimono –viene detto– con “atti di aperta e talora cruenta ostilità”,la circolare sembra volerli quasi giustificare –è stato fatto notare da Mirella Karpati – con comportamenti e pratiche attribuibili agli stessi zingari quali: “l’accattonaggio molesto, la chiromanzia e, nelle ipotesi peggiori, la commissione di reati contro il patrimonio e in materia di stupefacenti”. Tutto ciò esige, si sottolinea nella circolare, una ferma azione di controllo e di vigilanza. Il ministero dell’Interno torna così al ruolo che gli è più consono. 1992: Per far fronte alla grave situazione in cui si trovarono gli sfollati delle repubbliche sorte nei territori della ex Jugoslavia, il governo è autorizzato ad effettuare interventi di carattere straordinario da cui il DECRETO-LEGGE 24 luglio 1992 n.350 (convertito nella legge n. 390 il 24 settembre 1992): “Interventi straordinari di carattere umanitario a favore degli sfollati delle repubbliche sorte nei territori della ex jugoslavia, nonché misure urgenti in materia di rapporti internazionali e di italiani all’estero”. Gli interventi straordinari sono inoltre diretti a fronteggiare le esigenze degli sfollati accolti sul territorio nazionale, connesse alla ricezione, al trasporto, all’alloggio, al vitto, al vestiario, all’assistenza igienico sanitaria, all’assistenza socio-economica, e a quella in favore dei minori non accompagnati, nonché al rimpatrio o trasferimento degli stessi. La condizione di profugo è legata al concetto di cittadinanza ossia all’esistenza dello Stato come lo conosciamo oggi. Fin dai primi documenti del XV secolo a nostra disposizione appare chiaro che gli zingari entrano in Europa col preciso progetto (inconscio probabilmente; ma non per questo meno sentito) di non entrare e di non essere coinvolti nel meccanismo politico di dominanza/ sottomissione in vigore fra gli europei. In secoli in cui stanno nascendo gli moderni Stati nazionali essi diventano non un grande, ma certo fastidioso problema da debellare. E’ attorno al concetto di Stato che si costruisce lo “straniero” nel senso in cui lo intendiamo noi oggi. Lo Stato emana prescrizioni e proscrizioni, le prime, rivolte ai suoi “cittadini”, le seconde, ai “non-cittadini”. I non cittadini non sono solo gli stranieri, cioè coloro che abitano al di là dei confini dello Stato, ma anche quei non stranieri che non sono riconosciuti degni di avere accesso alle risorse materiali e giuridiche dei cittadini. Tra questi vi sono i non-sedentari che un tempo venivano chiamati vagabondi. Ecco perché l’essere nomadi e l’essere stranieri sono spesso equiparati. In questo modo zingari e nomadi rimangono fuori dallo Stato, considerati pericolosi, “ultimi anarchici”. Questa operazione ha portato i nomadi, zingari ad occupare un posto limite fra i più lontani da noi, quasi fuori dal sistema. A tutt’oggi ordinanze e delibere portano questa analogia zingaro/nomade=straniero fortemente presente anche nell’immaginario collettivo secondo il quale il nomade=straniero non deve godere dei diritti di un cittadino. La condizione di profugo invece è quella di un cittadino o quasi cittadino pro-tempore. Possono gli zingari essere considerati profughi? Se la condizione dello zingaro è, de jure o de facto, la condizione di non-cittadino, sia esso uno zingaro nostrano sia esso uno zingaro straniero, allora certo non può essere un profugo, il quale è sempre un neocittadino, o quasi. I tentativi di applicare questo procedimento ideologico ai rom profughi dall’ex Jugoslavia è stata una delle operazioni antizingare più evidenti a cui si abbia assistito durante quegli anni. (da l’urbanistica del disprezzo.. pagg 23-27) E’ in questa situazione di forte emergenza che, nel novembre del 1992, l’Amministrazione Comunale di Roma - ultima Giunta Carraro - prende atto della necessità di governare il fenomeno ormai massiccio degli immigrati e delle comunità di Zingari presenti sul territorio cittadino, attraverso l’istituzione dell’Ufficio Speciale per l’Immigrazione, avente principalmente i compiti di attivare servizi di accoglienza e sostegno. Si cerca in questo modo di creare rispetto alle giunte precedenti una politica di assistenza di tipo diverso. (da lacio drom-n. 2/1997 pag 10) Il comma tre specifica che sono prioritariamente utilizzati immobili o aree demaniali e altri edifici di proprietà pubblica, all’uopo mantenuti o rimessi in efficienza, compatibilmente alle esigenze da fronteggiare. Venivano stanziati, per l’ anno 1992, lire 125 miliardi . E’ in questa situazione di forte emergenza che, nel novembre del 1992, l’Amministrazione Comunale di Roma - ultima Giunta Carraro - prende atto della necessità di governare il fenomeno ormai massiccio degli immigrati e delle comunità Rom presenti sul territorio cittadino, attraverso l’istituzione dell’UFFICIO SPECIA- LE PER L’IMMIGRAZIONE, avente principalmente i compiti di attivare servizi di accoglienza e sostegno. Si cerca in questo modo di creare rispetto alle giunte precedenti una politica di assistenza di tipo diverso. 1993: Con la Giunta Rutelli a partire dal 1993 verranno adottati provvedimenti volti a mantenere servizi essenziali presso i circa 36 insediamenti spontanei esistenti sul territorio cittadino. Di fondamentale importanza sarà l’approvazione nel 1993 del “REGOLAMENTO PER I CAMPI SOSTA ATTREZZATI DESTINATI ALLE POPOLAZIONI ROM O DI ORIGINE NOMADE”, conseguente 16 dei loro diritti fondamentali” (Karpati 1998,). Ma i progetti avviati in questi anni, i nuovi campi nascenti, non coinvolgono assolutamente le comunità, diciamo che le amministrazioni non hanno per niente recepito questo consiglio. L’amministrazione comunale non ignora il problema della presenza Rom sul territorio, in considerazione dell’aumento numerico e delle condizioni in cui sono costretti a vivere la maggior parte di loro. Al nuovo campo sosta attrezzato di Via Salviati realizzato nel 1994 si aggiungono altri quattro campi nel 1995 e nel novembre dello stesso anno la Polizia Municipale realizza un nuovo censimento delle persone presenti. Nei giorni 14-15-16 NOVEMBRE 1995 i Vigili urbani del Comune di Roma eseguono un CENSIMENTO delle persone insediate nei vari campi esistenti sul territorio,rilevando non solo i dati personali (compresa fotografia) e la posizione nel nucleo familiare,ma anche la situazione alloggiativa e la proprietà di eventuali autoveicoli. Sono stati così censiti in 50 insediamenti 5.467 individui, cifra che non corrispondeva alla totalità dei Rom a Roma, in quanto a priori sono stati esclusi quelli residenti in case di proprietà o in appartamenti in affitto (più di un migliaio, nella grande maggioranza Rom Abruzzesi), mentre i Sinti nomadi (circa un migliaio a Roma) si sono rifiutati in generale di farsi censire, ritenendo tale provvedimento discriminatorio nei loro confronti, in quanto cittadini italiani con regolare iscrizione anagrafica per molti a Roma stessa. Evidentemente si sono sottratte al censimento anche alcune persone, che temevano di essere individuate dati i loro precedenti. I Rom stranieri hanno invece corrisposto volonterosamente, ritenendo il censimento un primo passo per la regolarizzazione della loro posizione. E’ importante perché per la prima volta i dati vengono registrati in maniera ufficiale e in modo omogeneo su tutto il territorio. Ad ogni nomade viene rilasciata una copia della “scheda di censimento” che contiene i dati anagrafici, una foto, la composizione del nucleo familiare e notizie sulla condizione abitativa. A tutt’oggi le schede hanno enorme importanza per i Rom, che la intendono come una sorta di “certificazione” che attesta la presenza e la regolarità sul territorio, spesso anche l’unico documento in loro possesso. 1996: La prima conseguenza del censimento fu L’ ORDINANZA N.80 DEL 23 GENNAIO 1996 del Sindaco Francesco Rutelli, contenente le “Direttive per la verifica delle presenze dei nomadi nei campi sosta e negli insediamenti spontanei dislocati sul territorio cittadino”. L’Ordinanza 80 non rileva o aggiunge nuove aree rispetto a quelle già occupate. Da allora dei 50 campi dell’Ordinanza 80 si è passati a 22 campi ufficiali e non perchè il numero dei Rom sia diminuito o il problema sia stato risolto.Secondo l’ordinanza “l’ inserimento e la permanenza dei nomadi nei campi sosta attrezzati definitivi o provvisori e in qualunque altro insediamento come sopra consentito nel territorio cittadino sono subordinati a specifica autorizzazione da rilasciarsi a cura dell’Ufficio Speciale Immigrazione ai sensi dell’Ordinanza n.576 del 26 settembre 1994, previa verifica dell’Ufficio Stranieri della Questura del possesso dei prescritti requisiti soggettivi (regolarità o possibile regolarizzazione del permesso di soggiorno) e da parte del XI Dipartimento del rispetto nei confronti dei minori della normativa relativa all’assolvimento dell’obbligo scolastico”. Anche ogni spostamento da un insediamento all’altro deve essere previamente autorizzato. Inoltre “gli insediamenti ritenuti più problematici devono essere presidiati dai Vigili urbani, in particolare dai Nuclei Assistenza Emarginazione (NAE)”. In sostanza provvedimenti miranti al controllo e alla sedentarizzazione forzata, ben lontani dalle premesse della Legge Regionale 82/85, che emana norme “per evitare impedimenti al diritto al nomadismo e alla sosta all’interno del territorio regionale” (art. 1) . Per raggiungere l’obiettivo di una dignitosa accoglienza delle comunità zingare e per promuovere una loro integrazione sociale e lavorativa nella città sono stati stanziati ed utilizzati per l’anno 1996 più di 6 miliardi e mezzo di lire, ai quali deve aggiungersi un miliardo per il servizio di integrazione scolastica dei minori rom. 17 Rispetto al problema abitativo, l’Amministrazione intendeva proseguire su tre tipi di sistemi insediativi: insediamento stabile – per chi intende fermarsi con container o roulotte personali e spazi comuni per la vita collettiva; aree di transito – per famiglie itineranti che si fermano per brevi periodi; sistemazione residenziali – per le famiglie che intendevano accedere a sistemazione in appartamenti IACP; Il Comune di Roma ha affidato all’Arci Solidarietà e all’Opera Nomadi un piano di interventi di sostegno sociale, di manutenzione ordinaria e di intermediazione organizzativa con l’obiettivo di ge- stire i campi sosta realizzati, ma per i quali non è stato possibile attivare i meccanismi di autogestione e di controllo previsti dal regolamento e dalle delibere istitutive. E’ stata scelta la strada dell’affidamento a trattativa privata per “intervenire preventivamente e tempestivamente sui processi di degrado dei campi sosta”, ricorrendo ai due organismi del volontariato che già lavorano per l’integrazione sociale e scolastica. La convenzione ha coperto il trimestre ottobre-dicembre 1996 per un impegno di spesa di quasi 150 milioni e mezzo di lire. Rispetto ai 50 campi censiti, solo 27 di questi, i più grandi, potevano dirsi attrezzati o dotati dei servizi essenziali, mentre tutti gli altri erano piccoli insediamenti costituiti da roulotte o baracche senza alcun servizio fornito. Rispetto invece alla realizzazione di nuovi campi Luigi Lusi (delegato del Sindaco per i Campi Rom) dichiara nel 2000: “ ..dalla fine di marzo 1999 abbiamo cambiato la linea di intervento per quanto riguarda i rom… d’ora in poi non si faranno più campi ma villaggi con acqua, luce, gas e prefabbricati, moduli abitativi di 33 mq per 5 o 6 persone, con un bagno autonomo” . Proseguendo con le iniziative intraprese nei campi di Casilino 700 e Salviati 2 e quelle future “…alla fine di luglio ne apriremo un altro a Tor de’ Cenci che sarà il campo migliore non d’Italia ma d’Europa e… in sostanza apriremo 5 villaggi per 1300 persone entro il 2000” . 1999: L’ Ufficio centrale per i problemi delle zone di confine e delle minoranze etniche cura, nel 1999, la stesura del rapporto dell’Italia in virtù dell’art. 25, paragrafo 1, della Convenzione quadro per la protezione delle minoranze nazionali, che il nostro Paese ha ratificato il 3/11/97 e che è in vigore dall’1/3/98 (legge 302 del 28/8/97). Qui si specifica che secondo il sistema giuridico italiano la nozione di minoranza è esclusivamente collegata a quella di minoranza linguistica sulla base dell’art. 6 della Costituzione. Tutti gli altri elementi che possono caratterizzare una minoranza (etnia, religione, razza ecc.) costituiscono oggetto di altri articoli a carattere generale della nostra Costituzione. I Rom e Sinti non sono citati tra le minoranze linguistiche, a dispetto di quanto affermato, per esempio, dalla Pronuncia del Consiglio Nazionale P.I. e dal 1° Rapporto sulle minoranze redatto dallo stesso Ufficio del ministero dell’Interno. abusivi abitati anche da Rom di cittadinanza italiana, che non sono stati conteggiati). Si è ormai di fatto concluso il flusso proveniente dai Paesi della ex Jugoslavia (Bosnia, Serbia), ed in forte aumento negli ultimi anni quello proveniente dalla Romania, soprattutto dopo che, nel 2007, la Romania entra nell’ Unione Europea. Intanto cresce sempre di più il clima di terrore nel quale si vive giornalmente, sembra che la caccia allo straniero, il soggetto più debole, sia il problema politico più importante da affrontare in Italia. In nome della tanto acclamata sicurezza e decoro si cerca di allontanare sempre più in aree distanti dal centro ciò che crea disturbo, fingendo che non esista semplicemente perchè non lo si vede. “In realtà dietro ogni sgombero esiste un interesse economico molto forte in relazione al valore del terreno sulla base della presenza o meno di un un campo rom nei dintorni. (Francesco Careri)” 2002: Nel 2002 nasce il PIA- NO DI INTERVENTO“finalizzato all’integrazione delle comunità rom/sinti”. Il presente documento si pone in continuità con le strategie di intervento definite dalla delibera di Consiglio Comunale n.31/99 “Linee programmatiche di indirizzo per gli interventi dell’Amministrazione Comunale finalizzati all’integrazione delle popolazioni Rom, Sinti e Camminanti”. La Delibera Consiliare 31/99 individuava due tipologie base per la prima accoglienza delle popolazioni Rom/sinti sul territorio cittadino (“campo sosta” e “villaggio attrezzato”). Riprendendo quanto previsto dalla Delibera, “La permanenza nelle aree di sosta e nei villaggi deve essere pertanto considerata una soluzione provvisoria, di breve o medio termine,in vista del passaggio ad una soluzione abitativa stabile in civile abitazione da realizzarsi secondo regole e modalità comuni a tutti i cittadini. Ed il villaggio stesso, essendo il luogo nel quale questa transizione deve avvenire, va quindi concepito come un “incubatore” di quel processo di integrazione socio culturale al quale si faceva riferimento. Risulta del tutto ovvio che, affinché ciò sia possibile, una volta realizzata materialmente la struttura abitativa, essa dovrà essere accuratamente e costantemente gestita e dovranno essere realizzate tutte le forme progettuali di intervento sociale che possano, attivando le risorse del territorio circostante e quelle interne alla comunità ospite, perseguire Una delle questioni ancora irrisolte rimaneva quella dei vincoli della L.R. n.82/1985, che considerava adatte per i campi sosta attrezzati le sole aree finalizzate a servizi ( zone omogenee F, infatti la legge cercava in questo modo di “evitare ogni emarginazione urbanistica”) Ma il Comune, ha più volte sollecitato l’approvazione di una nuova legge organica, i cui aspetti più significativi sarebbero dovuti essere: - la possibilità di localizzare i campì anche in aree destinate dal piano regolatore a verde e ad uso agricolo, distinguendo inoltre le aree per la residenzialità e quelle per il transito; - la possibilità di attrezzare campi sosta provvisori; - la necessità di adottare un piano regionale dei campi sosta e transito per stabilire una razionale distribuzione su tutto il territorio regionale; - l’individuazione di competenze e procedure per l’orientamento al lavoro, la formazione professionale e il sostegno all’occupazione; - la disciplina del problema della scolarizzazione; - l’assistenza sanitaria per i Rom e Sinti esclusi dal Servizio Sanitario Nazionale la necessità dì adeguati finanziamenti per i campi e i servizi. ANNI 2000 La presenza Rom a Roma si trasforma definitivamente assumendo i connotati della stanzialità. Spariscono i vecchi mestieri che avevano caratterizzato il popolo Rom, l’artigianato del ferro e del rame, l’arte circense, la cura dei cavalli e con loro scompare una parte della tradizione. Le nuove generazioni in moltissimi casi non hanno mai abbandonato il territorio comunale e quando lo fanno è solo per brevi periodi. Nei 6 anni successivi al censimento del 1995 la situazione è andata modificandosi sia per le dinamiche interne alle varie comunità, ma anche per gli interventi di natura istituzionale che hanno portato alla chiusura di numerosi insediamenti (da 51 insediamenti ai 22 attuali). L’Amministrazione ha continuato a monitorare la situazione mediante una serie di censimenti condotti nel corso del tempo sui singoli insediamenti. Dall’integrazione dei dati originari del censimento cittadino del 1995 con quelli acquisiti su scala locale negli anni successivi risulta che il numero totale delle presenze sul territorio comunale assomma a circa 6.500 unità distribuite in 22 insediamenti.(Esistono una serie di “microinsediamenti” costituiti da roulottes, o campi l’obiettivo della graduale fuoriuscita delle famiglie dal villaggio verso una soluzione abitativa stabile, legata ad un effettivo inserimento socio-economico”. 18 Si prevedevano tre diverse tipologie, che si sviluppavano in diversi modelli alloggiativi e differenti livelli di azione socio-integrativa: 1) Le aree di sosta temporanea: dove era prevista H24 anche con l’eventuale supporto di personale di istituti di vigilanza privata. Le aree di sosta erano intese come insediamenti temporanei e non strutturati. Si prevedeva nel triennio la realizzazione di 6 aree della superficie media di circa 1.5/2 et-tari l’una. L’obiettivo era comunque quello di predisporre un accoglienza per circa 3.000 persone, circa 80 nuclei familiari. 2) I Villaggi attrezzati: Si trattava di aree attrezzate con opere di urbanizzazione e prefabbricati mono familiari assegnati ai nuclei Rom. Dovevano essere dotate di spazi comuni, prefabbricati per uffici ed infermerie. La permanenza era di 36 mesi, eventualmente rinnovabile. “Lo scopo è infatti quello di avviare un percorso integrativo finalizzato ad inserimento abitativo (“Terza Tipologia”)”. Era previsto un servizio di vigilanza H24, con il supporto costante della Polizia Municipale. Le Aree erano di circa 1 ettaro di estensione. Non richiedono requisiti di edificabilità gra- zie all’utilizzo di moduli abitativi prefabbricati (conside- rati mobili). L’estensione prevista permette di creare spazi verdi e spazi comuni,oltre ad una viabilità interna adeguata. Il modello urbanistico era analogo a quello già sperimentato negli ultimi villaggi realizzati (Candoni, Tor de Cenci, ecc…). Si prevedeva nel triennio l’attivazione complessiva di 12 villaggi attrezzati. Quattro sono già realizzati, due in via di completamento. Era quindi necessario realizzare altri 6 villaggi. Per ogni Villaggio Attrezzato si prevedeva una accoglienza per circa 250 persone, per un totale – in 12 Villaggi – di circa 3.000 persone. 3) L’inserimento abitativo: Era necessario mettere i Rom in condizioni di accedere ai diversi strumenti previsti (buoni casa, contributi all’affitto, ecc). Ciò attraverso un percorso di tutoraggio da sviluppare durante il periodo (36 mesi) di permanenza nei villaggi attrezzati. Nei villaggi attrezzati esistevano già nuclei in grado di sostenere anche economicamente una simile soluzione. In sintesi, il programma prevede che Roma, nel prossimo triennio, sia dotata di 6 aree di sosta temporanea e 12 Villaggi "Io capisco Alemanno, e condivido perfino alcune cose che vuole fare in materia di sicurezza. Per il sindaco deve sapere che se vuole cacciarci via tutti, se vuole mandarmi via dal mio paese, dove sono cresciuta e dove e' nato da otto mesi anche mio nipote, se vuole spedirmi non so dove perche' questa e' la mia terra, allora deve cacciare anche i nostri morti che sono sepolti al cimitero di Prima Porta". (Parla Umiza Halilovic, prima donna eletta portavoce di un campo rom a Roma, il Cesare Lombroso, che sorge in pieno XIX municipio, nel quadrante nord-ovest della capitale, e dove vivono 155 persone di cui 80 minorenni.) 19 attrezzati, per un totale di 18 insediamenti. Seppur nasca nell’ ambito della costruzione del Piano Regolatore Sociale della città di Roma, mirato all’integrazione delle comunità Rom/Sinti, il piano pone delle norme rigide sulla sosta nei campi, accesso, permanenza, nei “villaggi”. Il campo che dovrebbe essere un luogo di transito, un luogo in cui si è soltanto degli “ospiti”, per molti Rom ormai stanziali è diventato l’unico posto dove poter stare. La soluzione trovata è solo “temporanea” e per i Rom, che nomadi ormai non lo sono più da anni, sembra non esistano soluzioni a lungo termine. Il numero delle persone presenti supera di gran lunga le 250 previste, addirittura in alcuni posti è triplicato, così come la grandezza dell’ area, e la sosta all’ interno del campo, che ha superato i 36 mesi previsti. In questa legge si svincola il problema dell’ ubicazione dei campi (al contrario di quella dell’ 85), e si lascia libera l’ amministrazione di poter spostare un campo dove vuole. L’ inserimento abitativo, poi, non si è mai sviluppato tranne pochi casi isolati. 2005: Il 14 settembre 2005, a seguito dell’ordinanza 209 del 12 settembre del sindaco Veltroni, il Comune di Roma sgombera 150 famiglie Rom di nazionalità bosniaca dal campo attrezzato di Vicolo Savini, nel quartiere Marconi, vicino alla Basilica di San Paolo fuori le Mura, e le trasferisce al campo di Castel Romano, in località Monte Melara. La nuova destinazione dei Rom si trova lungo la Pontina, assai fuori dal raccordo anulare, più vicino a Pomezia che al centro di Roma, all’ interno di un’area naturale protetta. Il 21 febbraio del 2007 il comune sgombera il campo abusivo di Tor Pagnotta, nel XII Municipio, lo stesso di Castel Romano, e trasferisce i 140 montenegrini lì presenti nella Riserva, dietro il campo ufficiale. E’ chiaro che questi villaggi della solidarietà vanno a rendere edificabili porzioni di campagna romana e a far abbassare i prezzi delle aree. 2007: I dati del CENSIMENTO DEL NOVEMBRE 2007 mostrano un quadro molto cambiato e rispetto al 1995. La presenza di nomadi o rom a Roma passa da 5.500 ad oltre 12.000; di questi 6.500 alloggiati nei campi dell’Ord. 80 mentre quasi 6.000 in insediamenti abusivi. Un dato impressionante perché i campi “storici” fanno registrare solo un piccolo aumento di presenze, ma quasi lo stesso numero di persone vive in nuovi insediamenti abusivi. Si tratta dell’effetto Romania: l’ingresso del paese nella UE ha provocato la migrazione di migliaia di persone che, acquisito lo status di cittadini comunitari, sperano di trovare a Roma possibilità di vita migliori. Negli insediamenti vivono in prevalenza Rom rumeni, mentre gli altri cittadini rumeni di solito vivono in appartamenti, anche riunendosi in più nuclei. Molti dei Rom rumeni, prima di arrivare in Italia, abitavano in una casa. La città sembra non reggere un tale afflusso; “per i rom non ci sono spazi, non c’è possibilità di lavoro”,dicono, e il fatto che riempiano di baracche le periferie della città contribuisce all’insofferenza nel loro confronti. Come al solito vengono considerati “brutti, sporchi e ladri”. Il clima che si respira in città è pesante e peggiora ancora di più a seguito di due episodi. Il 17 agosto 2007 Luigi Moriccioli, un pensionato, viene aggredito da due rumeni all’altezza di Tor di Valle. Dopo due mesi, il 31 ottobre, nei pressi della stazione di Tor di Quinto un altro rumeno violenta e uccide Giovanna Reggiani, una donna di mezz’età che stava tornando a casa. I giornali non fanno che parlare di questo, anche se le notizie vanno avanti, e nonostante in Italia casi del genere se ne sono di Maria Elena Vincenzi 21 Febbraio 2009: Via alle ronde nei campi abusivi “Le forze dell’ordine non bastano” A coordinare l’iniziativa che va avan- ti da circa un mese e mezzo e si chiama “ronde a Roma a partire dal XII Municipio”. cui al decreto del Presidente del dopo le 22. Consiglio dei Ministri del 21 mag- Divieto di accendere fuogio 2008, citato in premessa, nel chi fuori dalle aree autorterritorio della regione Lazio, con izzate. particolare riferimento alle aree Messo a punto dal prefetto urbane del Comune di Roma e alle Giuseppe Pecoraro nella sua veste di commissario zone circostanti”. Quest’ ordinanza è molto impor- per l’emergenza nomadi, si tratta del primo “testo tante poiché da questo momento, unico” dei campi romani. tutto ciò che riguarda i Rom è di L’obbiettivo è chiaro: disdiretta competenza del prefetto, ciplinare in modo univoco in questo modo nemmeno i munila gestione e le regole di cipi possono mettere bocca. condotta cui i Rom devo2009: Nasce invece a febbraio no attenersi se vogliono 2009, il nuovo “REGOLAMENTO DEI essere ammessi negli CAMPI”. Proprio in quest’ultimo insediamenti autorizperiodo forze dell’ordine e amzati, che il Campidoglio gestirà ministrazione stanno portando insieme a un Comitato consultivo avanti i censimenti per controllare di cui fanno parte, oltre ai rappree requisiti dei Rom ad acquisire il sentanti del Comune, Asl, vigili del DAST ( Documento di Autorizza- fuoco, polizia, carabinieri e un delzione allo Stazionamento Tempo- egato rom. Gli unici dove i nomadi raneo). potranno vivere, una volta che Il nuovissimo strumento norma- la nuova disciplina entrerà in vitivo introduce una novità sig- gore. Per conquistare la “residennificatica. Nell’Art. 2.4 dove si za” nel villaggio, che sarà valida parla di vigilanza sembrerebbe per due anni,bisognerà ricevere intenzione del Comune affidare l’autorizzazione del Dipartimento il presidio, fino ad ora assegnato alle Politiche sociali. Chi però ha a cooperative e associazioni, a subìto una condanna definitiva o “soggetti selezionati della un periodo di detenzione superiore vigilanza privata”...”Nel peri- a due anni, non si presenti nemmetro esterno si prevedono, al- meno: verrà respinto. Pesante la sanzione per tresì, forme chi sgarra: di vigilanza l ’ e s p u lsione delle Forze Il campo che dovrebbe essere dal campo dell’Ordine un luogo di transito, un luogo entro 48 ore da attuare in cui si è soltanto degli “ospidalla revoca con le moti”, per molti Rom ormai stan- (articolo di dalità riteGiovanna Viziali è diventato l’unico posto nute più opportune dal dove poter stare. La soluzione tale)”. Questore...” trovata è solo “temporanea” e Cosa questa assurda, poi. Il presidio per i Rom, che nomadi ormai ché a nessuno di vigilanza non lo sono più da anni, semè mai venuto fisso sarà bra non esistano soluzioni a in mente di fatto quintogliere la di da vigili lungo termine. casa popolare urbani e/o a chi “sgarra”. da vigilanza privata, inizialmente, fin quando STRASBURGO, 25 APRILE 2009. l’ amministrazione non assumerà CONSIGLIO D’ EUROPA, l’Italia nuovi vigili. è seconda in Europa per “Doppio cordone di sicurezza 24 violazioni dei Diritti Umani ore su 24: dentro e lungo il periprecipita verso il primato metro del campo nomadi. Obbligo e di identificare chiunque entri: sia dell’ orrore.. i residenti, cui verrà rilas- Nel 2006 era nella media europea: ciato un tesserino con fotografia e non certo un Paese esemplare, in dati anagrafici, sia i visitatori oc- quanto rispetto delle minoranze, casionali. Obbligo di annotare tutti ma neanche una nazione da addigli ingressi su due registri appos- tare per le politiche disumane. Nel iti. Divieto di accesso, parcheggio 2007 è salita al settimo posto in e transito di veicoli e motoveicoli. quella che va definita la “classifica Divieto di ospitare parenti o amici dell’orrore”. Settima su 47 Stati verificati parecchi, anche da parte di Italiani. Ma è la goccia finale; contro i rumeni e i rom in genere si scatena la furia generale di politici e cittadini. Si promuovono incontri tra i Ministri degli Esteri dei due stati e il Sindaco di Roma vola a Bucarest per trovare rimedi congiunti al problema. In città intanto lanciano bottiglie molotov contro le baracche di rumeni accampati a Ponte Mammolo sulle sponde dell’Aniene. La situazione è insostenibile e il Comune promuove una doppia serie di iniziative: da una parte si sgomberano gli insediamenti abusivi in collaborazione con la Questura e dall’altra, tramite l’Ufficio Immigrazione, si propone ai rom rumeni un rimpatrio assistito con l’assicurazione di un posto di lavoro in patria. Dopo le due operazioni congiunte le presenze scendono dalle 5.800 di ottobre 2007 alle 2.500 di aprile 2008, ma la spinta migratoria non si esaurisce. La presenza dei Rom rumeni rappresenterà una costante e come è stato fatto a suo tempo con i profughi della ex - Jugoslavia, si proporrà la stessa soluzione campo. A questo proposito secondo gli ultimi rilievi effettuati dalla Polizia Municipale a tutto il 2007, i campi storici dell’Ordinanza 80, attrezzati o semiattrezzati, passano da 27 a 21, i campi diminuiscono ma nello stesso tempo si ingrandiscono quelli presenti, raggiungendo le 700 persone, e nascono nuovi piccoli campi abusivi nei luoghi più malsani della città, privi di qualsiasi servizio. 2008: ORDINANZA DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 30 maggio 2008 “Disposizioni urgenti di protezione civile per fronteggiare lo stato di emergenza in relazione agli insediamenti di comunita’ nomadi nel territorio della regione Lazio”,.. “Considerato che detti insediamenti, a causa della loro estrema precarieta’, hanno determinato una situazione di grave allarme sociale, con possibili gravi ripercussioni in termini di ordine pubblico e sicurezza per le popolazioni locali” … “Il Prefetto di Roma e’ nominato Commissario delegato per la realizzazione di tutti gli interventi necessari al superamento dello stato di emergenza di 20 membri Ue, un volo verso il basso che le organizzazioni per i Diritti Umani percepirono con sconcerto, perché gli abusi raggiungevano le fasce più vulnerabili della popolazione, i migranti e le etnie “non italiche” sia da parte del governo che da parte delle amministrazioni locali, senza differenze, in quanto ad efferatezza persecutoria, fra destra e sinistra. Nel 2008 l’Italia è “salita” - come attesta il Rapporto dell’Ue sull’esecuzione delle sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo - al secondo posto, dietro la Romania, con un distacco ridottissimo. La campagna “Sicurezza” è stata in modo infame utilizzata (dal sindaco di Roma Veltroni ai sindaci leghisti passando per quelli berlusconiani) per arrivare al tristemente famoso “PACCHETTO SICUREZZA”, del maggio 2009, e con questo terminiamo la carrellara di leggi proposta.Il pacchetto introduce il reato di clandestinità per chi entra o soggiorna illegalmente in Italia, rende legali le ronde, vieta alle straniere irregolari senza passaporto di riconoscere i propri figli, aumenta a sei i mesi di permanenza nei centri d’identificazione ed espulsione. Con l’introduzione del reato di clandestinità, in particolare, tutti gli stranieri senza permesso di soggiorno rischiano di perdere i più semplici diritti fondamentali, come l’iscrizione all’anagrafe dei figli, mandarli a scuola, farsi curare da un medico e la possibilità di sposarsi. Si comprende lo schifo a cui sta assistendo la nostra povera Italia, immobile, priva di politici che non si “incazzano” del fatto che si ripropongono leggi raziali che sembravano ormai superate, e misure definibili, senza alcun 21 dubbio, discriminatorie e xenofobe. Si pretendono ronde, tolleranza zero, e poi si danno picconate e si rischia il concreto pericolo di produrre insicurezza con problemi ben più importanti come la casa e il lavoro. Se invece si imbocca la via della chiusura e della repressione nelle leggi e nelle misure amministrative, una tentazione diffusa non solo tra i conservatori, bisogna essere consapevoli dei rischi morali e politici che essa comporta. La discriminazione e il razzismo diventano tanto più pericolosi quando più o meno palesemente si fanno leggi dello Stato, perché questa istituzionalizzazione della discriminazione viene percepita come una pubblica autorizzazione e legittimizzazione alla brutalità. Essa può innescare una spirale di violenza difficile da fermare. Questo è il clima odierno, e vorremmo ricordare la bellissima poesia, “Alla mia nazione”, di P.Paolo Pasolini, sempre attuale: 4. Il primo congresso Rom e Sinti (22-23 Aprile 2009) D opo tanti anni, Rom e Sinti chiedono politiche differenti, chiedono l’ abbandono di assistenzialismo ed esclusione, e chiedono di essere i primi interlocutori all’ interno della sfera politica. Questo è quello che ne viene fuori anche dal primo congresso della Federazione Rom e Sinti insieme, nata a Mantova nel maggio 2008, da diciannove realtà associative rom e sinte. Il primo congresso, svoltosi il 22 e 23 aprile 2009 a Roma ha visto una partecipazione ampia di Rom e Sinti provenienti da tutta l’ Italia, e con parlamentari di diversa estrazione politica e rappresentanti della società civile, sulle loro condizioni economico sociali e sulle loro aspirazioni. Il congresso si è svolto all’insegna di due slogans: 1. Dalla mediazione alla partecipazione attiva 2. Ieri la nostra cultura per una politica, oggi e domani una politica per la nostra cultura. Il congresso ha approvato una mozione che individua sei obbiettivi strategici: 1. Riconoscimento dello status di minoranza storico-linguistica 2. Accesso alla cittadinanza secondo il principio dello ius soli 3. Superamento dei campi nomadi e individuazione di soluzioni abitative 4. Denuncie e contrasto dell’anti-ziganismo montante 5. Promozione di politiche di formazione professionale e occupazioni stabili 6. Impegno per la diffusione della conoscenza delle culture rom e sinte per combattere pregiudizi e discriminazioni Ha detto Nazzareno Guarnieri presidente della federazione – “Per i Rom e Sinti l’obiettivo della partecipazione attiva deve essere percepito come un fine che investe processi di trasformazione culturale e sociale di portata collettiva, un processo sociale di azioni attraverso le quali gli individui, le comunità e le organizzazioni guadagnano padronanza sulle loro vite nel contesto di cambiare il loro ambiente sociale e politico per migliorare l’equità e la qualità di vita». Il riconoscimento di minoranza linguistica per Rom e Sinti, la diffusione e la conoscenza della loro cultura, abbandonare la politica dei campi nomadi “subito” utilizzando le risorse già disponibili per campi nomadi ed altre nazionali e comunitarie, per avviare una politica abitativa pubblica per tutti i cittadini, Rom e Sinti compresi, abbandonare ogni forma politica differenziata e le forme di assistenzialismo culturale e definire un ruolo propositivo per Rom e Sinti. Sono queste le principali richieste emerse nel primo giorno di apertura del primo congresso. RICONOSCIMENTO DELLO STATUS DI MINORANZA STORICO-LINGUISTICA La legge 15 dicembre 1999, n. 482, definisce il quadro generale per l’attuazione dell’articolo 6 della Costituzione, affidando alle regioni e ai comuni precisi compiti di programmazione e di intervento in materia di tutela della lingua e della cultura delle minoranze linguistiche storiche. La legge 15 dicembre 1999, n. 482 bisognerebbe modificarla per poter estendere alle minoranze rom e sinte la tutela assicurata dalla medesima legge alle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e a quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l’ occitano e il sardo. Durante l’iter parlamentare della legge (atto Camera n. 169 della XIII legislatura), il riferimento alle minoranze sinte e rom fu stralciato dal provvedimento, nonostante più di una proposta di legge abbinata ne tenesse giustamente conto. La grave omissione da parte del legislatore fu denunciata all’indomani dell’approvazione della legge n. 482 del 1999, da quella parte della cosiddetta «società civile» sensibile alle problematiche relative a tali minoranze. Oggi come allora la considerazione che lo stralcio fosse coerente con le norme tipiche della legge risulta infatti insufficiente. Quel pregiudizio culturale, che storicamente e socialmente accompagna l’idea dei rom e dei sinte, sembrò infatti prevalere su un Non popolo arabo, non popolo balcanico, non popolo antico ma nazione vivente, ma nazione europea: e cosa sei? Terra di infanti, affamati, corrotti, governanti impiegati di agrari, prefetti codini, avvocatucci unti di brillantina e i piedi sporchi, funzionari liberali carogne come gli zii bigotti, una caserma, un seminario, una spiaggia libera, un casino! Milioni di piccoli borghesi come milioni di porci pascolano sospingendosi sotto gli illesi palazzotti, tra case coloniali scrostate ormai come chiese. Proprio perché tu sei esistita, ora non esisti, proprio perché fosti cosciente, sei incosciente. E solo perché sei cattolica, non puoi pensare che il tuo male è tutto male: colpa di ogni male. Sprofonda in questo tuo bel mare, libera il mondo. Pier Paolo Pasolini - 1959 22 approccio più moderno e coerente ad una, seppur complessa, realtà sociale. La conseguenza di questa decisione fu quella di rinviare ad una legislazione ad hoc (peraltro mai varata) le realtà rom e sinte, respingendo in una sorta di «ghetto culturale» un mondo ricco di esperienze e di fermenti propri. Oggi siamo in presenza di una evidente disparità di condizioni per lo stato di inferiorità nella considerazione pubblica e nella condizione giuridica delle comunità rom e sinte, per le quali sono stati disposti perfino speciali regolamenti che ne limitano diritti e libertà personali. È necessario quindi ridurre questo stato di disparità agendo su diversi fronti, quello sociale, quello culturale ma soprattutto su quello istituzionale. Su quest’ultimo è necessaria una legge che riconosca ai rom e ai sinti lo statuto di minoranza etnica e linguistica come è per altre minoranze presenti sul territorio nazionale. 23 il ruolo della partecipazione DALLA CONFERENZA ERIO. RELAZIONE “ROM E SINTI IN ITALIA. LE BUONE PRATICHE: LA MEDIAZIONE CULTURALE” “La politica dell’indifferenza ha prodotto l’assistenzialismo culturale, sostenuto e realizzato dalle associazioni pro rom/sinti, composte da cittadini Italiani, le quali dagli anni ’60 si sono avvicinate alle nostre minoranze per migliorare le nostre condizioni di vita e cercando di interpretare i nostri bisogni, la nostra realtà, la nostra cultura, hanno proposto agli enti locali soluzioni e collaborato alla loro realizzazione, soluzioni che certamente hanno posto la questione Rom e Sinta all’attenzione della politica italiana attraverso un drammatico disastro. Per esempio. Queste associazioni hanno teorizzato la politica abitativa dei campi nomadi, secondo la loro interpretazione “il campo nomade era la risposta abitativa ai bisogni culturali dei Rom”, ma questa interpretazione non è stata corretta e la drammaticità di questa scelta politica è oggi evidente e drammaticamente vissuta da Rom e Sinti. Potrei fare altri esempi di scelte politiche sbagliate per documentare il fallimento “dell’assistenzialismo culturale” in Italia, e le cause del fallimento sono da addebitare ad una errata lettura della realtà e dei bisogni delle minoranze Rom e Sinte. Le strategie organizzative delle organizzazioni pro rom/sinti Italiane si sono contraddistinte: 1.assenza di partecipazione attiva di Rom e Sinti 2.assenza di collaborazione con esperti Rom/Sinti 3.si sono arrogati il diritto di sostituirsi a rappresentare Rom e Sinti a tutti i livelli 4.si occupano quasi esclusivamente di Rom stranieri 5.nulla hanno fatto per incentivare la partecipazione attiva di Rom e Sinti 6.spesso hanno soffiato sul fuoco della divisione tra gli stessi Rom” ( … . ) Per quasi mezzo secolo le minoranze Rom e Sinte Italiane sono state considerate a tutti i livelli un OGGETTO da utilizzare e sfruttare, mai un SOGGETTO ATTIVO con cui relazionarsi, confrontarsi, concertare e condividere un obiettivo. Alle organizzazioni di volontariato pro rom/sinte Italiane va riconosciuto il merito di aver posto la questione Rom in Italia, Rom e Sinti ringraziano questi amici per la loro sensibilità umana, ma … “grazie per quello che avete fatto per noi, ma per favore fermatevi…”. Decenni di assistenzialismo culturale contraddistinta da incompetenza e disinteresse hanno permesso la realizzazione di scelte politiche sbagliate che hanno favorito l’attecchire di pregiudizi, intolleranza, discriminazione, razzismo, lasciando incancrenire il degrado in devianza, l’esclusione sociale in ghettizzazione, il problema sociale in questione d’ordine pubblico; una questione sociale, culturale e politica, è stata ridotta ad un problema di ordine pubblico e di gestione della criminalità. Questo accade in un contesto fatto di negazione della partecipazione attiva e arrogante sostituzione a Rom e Sinti, di inadempienza delle normative che regolano l’integrazione e la protezione delle minoranze etnico linguistiche. “ (Nazzareno Guarnieri) 24 25 ord. 80/96 censimento 1995 presenze tot. 5.467 2001 presenze tot. 6.523 2002 presenze tot. 5.602 2008 presenze tot. 5.701 n. mun. campo n. persone n. mun. campo N.persone nazionalita' etnie tipologia campo proprieta' area strutture PUBBLICHE n. mun. campo N.persone nazionalita' etnie tipologia campo proprieta' area strutture PUBBLICHE n. mun. campo N.persone nazionalita' etnie tipologia campo proprieta' area strutture PUBBLICHE 1 I Campo Boario 116 1 I Campo Boario 200 Italia Kalderasha comunale fontanella pubblica 1 I Campo Boario 105 Italia Kalderasha insediamento spontaneo comunale fontanella pubblica 1 II Foro Italico 89 Semi attrezzato Metroferro wc chimici - acqua 2 II Foro Italico 128 Serbia Croazia Montenegro Kanjarja insediamento spontaneo Metroferro wc chimici - acqua 2 II Foro Italico 128 Serbia Croazia Montenegro Kanjarja insediamento spontaneo Metroferro wc chimici - acqua Serbia Croazia Montenegro Kanjarja 128 insediamento spontaneo 2 IV Camping Nomentano 204 Romania Serbi Camping privato convenzionato Bagni – docceacqua- luce 3 V Salviati 1 76 Romania Serbia Rudari Attrezzato con moduli abitativi comunale lavatoi comuni mon. igienici acqua - luce utenze individuali 3 V Salviati 1 76 Romania Serbia Rudari Attrezzato con moduli abitativi comunale 3 V Salviati 1 69 Romania Serbia Rudari Attrezzato con moduli abitativi comunale 4 V Salviati 2 273 Bosnia Khorakanè Rudari Attrezzato con moduli abitativi comunale lavatoi comuni - mon. igienici - acqua - luce - utenze individuali legnaia lavatoi comuni - monoblocchi igienici - acqua - luce - utenze individuali lavatoi comuni - monoblocchi igienici - acqua - luce - utenze individuali 4 V Salviati 2 273 Bosnia Khorakanè Attrezzato con moduli abitativi comunale 4 V Salviati 2 336 Bosnia Khorakanè Attrezzato con moduli abitativi comunale acqua - luce utenze individuali - legnaia 5 V La Martora 208 Romania Serbia Rudari Semi attrezzato comunale wc chimici - lavatoi - acqua lavatoi comuni - monoblocchi igienici - acqua - luce - utenze individuali - legnaia 5 V La Martora 207 Romania Serbia Rudari Semi attrezzato comunale wc chimici - lavatoi - acqua 6 V Spellanzon 87 Italia Sinti giostrai insediamento spontaneo comunale wc chimici 7 VI Gordiani 194 Romania Serbia Rudari insediamento spontaneo Iacp wc chimici 8 VII Casilino 900 705 Bosnia Macedonia Marocco Khorakanè insediamento spontaneo comunale wc chimici - acqua - illuminazione pubblica wc chimici 2 II Foro italico 3 II Stadio Flaminio 9 4 IV Monte Amiata 48 5 V Salviati 72 6 V Martora 174 Palombini (più Cicogna) 109 7 V 8 V Compagna 9 V Mirtillo (Casal Caletto) 60 10 V Cervara (Casal Caletto) 20 92 11 V Spellanzon 12 V Serenissima 48 13 V Casal Tidei 39 87 14 VI Gordiani 154 15 VI St. Prenestina 127 16 VI Hortis ( più Tolmezzo) 27 17 VII Casilina 700 927 18 VII Casilina 900 293 19 VII Centocelle 44 20 VII Olmi 13 21 VII Togliatti 19 22 VII Dameta ( più Naide) 49 23 VII Nono 30 24 VIII Acqua Vergine (Collatina 1,2) 489 25 IX Arco Travertino 31 26 X Scintu 52 27 X Vignali 110 28 X Rapolla 50 29 X Viviani 30 30 X Pelizzi 13 31 X Procaccini 8 32 XI Savini 496 33 XI Vasca Navale 73 34 XI Sette Chiese 18 35 XII Tor di Valle 229 36 XII Tor Pagnotta 78 37 XII Mezzocamino 22 38 XII Butera 4 39 XII Castel Romano 106 40 XIII Ortolani (Acilia) 97 41 XIII Lenormant 6 42 XV Candoni 314 43 XV Muratella 75 44 XV Mazzacurati 18 45 XVIII Monachina 54 46 XVIII Boccea ( Fosso Acqua Fredda) 10 47 XVIII Moricca (Albergotti) 9 48 XIX Lombroso ( S.M.Pietà) 141 49 XX Tor di Quinto ( Baiardo) 231 50 XX Gigli 18 5. Sintesi le mappe dei campi dal'96 al 2008 6 V Spellando 87 Italia Sinti giostrai insediamento spontaneo comunale wc chimici 7 VI Gordiani 194 Romania Serbia Rudari insediamento spontaneo Iacp wc chimici in corso di trasformazione di villaggio attrezzato 8 VII Caslino 900 703 Bosnia Macedonia Marocco Khorakanè insediamento spontaneo comunale wc chimici - acqua - illuminazione pubblica wc chimici V La Martora 298 Romania Serbia Rudari Semi attrezzato comunale wc chimici - lavatoi - acqua V Spellanzon (Colli Anniene) 67 Italia Sinti Giostrai Semi attrezzato comunale wc chimici - acqua con fontanella pubblica 7 VI Gordiani 190 Serbia Rudari Attrezzato con moduli abitativi Iacp Prefabbricati- illuminazione pubblica 8 VII Naide 30 Semi attrezzato comunale wc chimici acqua 9 VII Togliatti 30 Romania Serbia Rudari insediamento spontaneo comunale 9 VII Togliatti 30 Romania Serbia Rudari insediamento spontaneo comunale 9 VII Casilino 900 611 Bosnia Macedonia Marocco Khorakanè Semi attrezzato comunale wc chimici - acqua 10 VII Via Da meta 61 Serbia Croazia Montenegro Kanjarja insediamento spontaneo comunale 10 VII Via Dameta 61 Serbia Croazia Montenegro Kanjarja insediamento spontaneo comunale 10 VII Dameta 38 Serbia Croazia Montenegro Kanjarja Semi attrezzato comunale wc chimici acqua 11 VII Via Taide 19 Serbia Croazia Montenegro Kanjarja insediamento spontaneo comunale 11 VII Via Naide 19 Serbia Croazia Montenegro Kanjarja insediamento spontaneo comunale 11 VIII Salone 696 Serbia Bosnia Romania Kanjarja Khorakanè Rudari Attrezzato con moduli abitativi privata Prefabbricati- illuminazione pubblica 12 VII Luigi Nono 40 Italia Sinti insediamento spontaneo comunale wc chimici - illuminazione pubblica 12 VII Luigi Nono 40 Italia Sinti insediamento spontaneo comunale wc chimici - illuminazione pubblica 12 IX Arco di Travertino 38 Bosnia Khorakanè Semi attrezzato comunale 13 VIII Acqua Vergine 245 Serbia Croazia Montenegro Kanjarja insediamento spontaneo privata wc chimici 13 VIII Acqua Vergine 243 Serbia Croazia Montenegro Kanjarja insediamento spontaneo privata wc chimici wc chimici - illuminazione pubblica 13 X La Barbuta 341 Bosnia Khorakanè Sinti Semi attrezzato comunale 14 VIII Salone 1000 Serbia Croazia Montenegro Romania Kanjarja Khorakanè Rudari Semi attrezzato privata wc chimici - illuminazione pubblica - acqua 14 VIII Salone 729 Serbia Croazia Montenegro Romania Kanjarja Khorakanè Rudari Semi attrezzato privata wc chimici - illuminazione pubblica - acqua wc chimici - luce - illuminazione pubblica 14 XI Sette Chiese 26 Italia Sinti Semi attrezzato comunale wc chimici - acqua 15 XII Tor dé Cenci 352 Bosnia Khorakanè Attrezzato con moduli abitativi comunale lavatoi comuni - monoblocchi igienici - acqua - luce - utenze individuali -campo sportivo - prefabbricati per servizi 16 XII Castel Romano 773 Bosnia Khorakanè Villaggio attrezzato Privato in affitto Prefabbricati- illuminazione pubblica - locali comuni 17 XIII Ortolan Lenormat 61 Serbia Croazia Montenegro Kanjarja Semi attrezzato comunale wc chimici - acqua con fontanella pubblica 18 XV Candoni 601 Romania Serbia Rudari - Korakané Attrezzato con moduli abitativi comunale acqua - luce utenze individuali - legnaia - campo sportivo - prefabbricati per servizi 15 IX Arco di Travertino 41 Bosnia Khorakanè semi attrezzato 16 X Schiavo netti 100 Italia Sinti insediamento spontaneo 17 X La Barbuta 294 Khorakanè Sinti semi attrezzato comunale comunale wc chimici - illuminazione pubblica wc chimici - luce - illuminazione pubblica 18 XI Sette Chiese 18 Italia Sinti Semi attrezzato comunale wc chimici 19 XI Vicolo Savina 750 Bosnia Khorakanè Semi attrezzato Terza Università monoblocchi igienici illuminazione pubblica - lavatoi 20 21 XII Terricola 100 Bosnia Khorakanè insediamento spontaneo privata roulotte Tor de Cenci 264 Bosnia Macedonia Khorakanè Kanjarja Attrezzato con moduli abitativi comunale lavatoi comuni mon. igienici acqua - luce utenze individuali legnaia campo sportivo prefabbricati per servizi 22 XII Tor Pagnotta 105 Bosnia Khorakanè Insediamento spontaneo privata/comunale wc chimici - acqua con fontanella pubblica 23 XIII Ortolani 106 Serbia Croazia Montenegro Kanjarja Insediamento spontaneo comunale wc chimici - acqua con fontanella pubblica Romania Rudari 24 XV Candoni 268 Attrezzato con moduli abitativi comunale Fonti ufficiali -ordinanza 80/'96 fornita dal V dipartmento del comune di roma-ufficio nomadi dati aggiornati al 1995 -Piano di intervento finalizzato all'integrazione delle comunita' rom/sinti del 02/04/2002 dati aggiornati al gennaio 2001 -pubblicazione sul sito del comune di roma dell' elenco dei campi aggiornato al 2002 -elenco campi fornito dall'ufficio nomadi con i dati aggiornati al 2008 5 6 lavatoi comuni mon. igienici acqua luce utenze individuali legnaia campo sportivo prefabbrcati per servizi 15 IX Arco di Travertino 41 Bosnia Khorakanè Semi comunale wc chimici - illuminazione pubblica 16 X La Barbuta 252 Bosnia Italia Khorakanè Sinti Semi attrezzato comunale wc chimici - luce - illuminazione pubblica 17 XI Sette Chiese 18 Italia Sinti Semi attrezzato comunale wc chimici 18 XI Vicolo Savini 640 Bosnia Khorakanè Semi attrezzato Terza Università monoblocchi igienici - illuminazione pubblica - lavatoi 19 XII Tor dé Cenci 264 Bosnia Khorakanè Attrezzato con moduli abitativi comunale lavatoi comuni - monoblocchi igienici - acqua - luce - utenze individuali - legnaia - campo sportivo - prefabbricati per servizi 20 XII Tor Pagnotta 105 Bosnia Khorakanè Insediamento spontaneo privata wc chimici - acqua con fontanella pubblica 21 XIII Ortolan 106 Serbia Croazia Montenegro Kanjarja Insediamento spontaneo comunale wc chimici - acqua con fontanella pubblica 22 XV Candoni 264 Romania Serbia Rudari Attrezzato con moduli abitativi comunale lavatoi comuni - monoblocchi igienici - acqua - luce - utenze individuali - legnaia - campo sportivo - prefabbricati per servizi 25 XV Muratella 437 Bosnia Khorakanè Insediamento spontaneo comunale wc chimici - acua con fontanella pubblica 26 XV Bellosguardo 158 Romania Rumeni Semi attrezzato provvisorio comunale Container leggeri 27 XVIII Monachina 94 Bosnia Khorakanè Insediamento spontaneo comunale wc chimici - acqua con autobotte 28 XIX Lombroso 189 Bosnia Khorakanè Attrezzato con moduli abitativi comunale lavatoi - acqua - luce - utenze individuali legnaia 26 29 XX Tor di Quinto 335 Serbia Croazia Montenegro Kanjarja Insediamento spontaneo Demaniale wc chimici 26 23 XV Muratella 438 Bosnia Khorakanè Insediamento spontaneo comunale wc chimici - acua con fontanella pubblica 24 XVIII Monachina 94 Bosnia Khorakanè 25 XIX Lombroso 189 Bosnia Khorakanè Insediamento spontaneo comunale wc chimici - acqua con autobotte Attrezzato con moduli abitativi comunale lavatoi - acqua - luce - utenze individuali - legnaia XX Tor di Quinto 294 Serbia Croazia Montenegro Kanjarja Insediamento spontaneo Demaniale wc chimici 19 XVIII Monachina 104 Bosnia Romania Khorakanè Semi attrezzato comunale wc chimici - acqua con autobotte 20 XIX Lombroso 150 Bosnia Khorakanè Attrezzato con moduli abitativi comunale lavatoi - acqua - luce - utenze individuali legnaia 21 XX Tor di Quinto 227 Serbia Croazia Montenegro Kanjarja Semi attrezzato Demaniale wc chimici 22 XX Camping River 400 Romania Camping privato convenzionato Bagni – docceacqua- luce 27 i campi ufficiali quadro legislativo dal 1985 ad oggi: LEGGE REGIONALE n. 82 del 24-05-1985 REGIONE LAZIO. Norme in favore dei Rom LEGGE 24 settembre 1992, n. 390 (GU n. 227 del 26/09/1992) N. Mun. LOCALIZZAZIONE SERVIZI SOSTA PRECEDENTE N.U. W.C. LUCE 1 II FORO ITALICO 2 10 x x 2 IV CAMPING NOMENTANO 4 x x 3 V SALVIATI x MON. x x V.TIBURTINA 4 V SALVIATI 2 4 MON. x x CASILINO 700 5 V MARTORA 3 44 x x 6 V SPELLANZON 2 6 7 VI GORDIANI 2 MON. x x 8 VII NAIDE NOTE TIPOLOGIA TERRENO GRUPPO APPARTENENZA N. persone KANIARJA 89 ATTREZZATO PRIVATO SLAVI-RUMENI 150+54 ATTREZZATO RUDARI 69 ATT. CONTAINERS KHORAKANE'/ RUDARI 280+56 RUDARI 298 ASS. PRESIO SOCIALE ASS. GUARDIANIA Opera Nomadi FI.BI.DA.BI. H2O ATTREZZATO SINTI 67 RUDARI 190 DELIBERAZIONE COMMISSARIO STRAORDINARIO del 3 Giugno 1993 n. 117 “Regolamento per i campi sosta attrezzati destinati alle popolazioni rom o di origine nomade.” Ermes Bottega Solidale Ermes Bottega Solidale 30 9 VII CASILINA 900 6 140+1 x x KHORAKANE' 10 VII DAMETA 2 6 x x KANIARJA 38 11 VIII VIA DI SALONE 10 MON. ATTREZZATO KANIARJA / KHORAKANE'/ROMENI 696 12 IX ARCO DI TRAVERTINO 2 MON. x x ATTREZZATO KHORAKANE' 38 13 X LA BARBUTA 2 45+9 x x KHORAKANE' / SINTI 341 14 XI V. SETTECHIESE 1 1 x x SINTI 26 15 XII TOR DE CENCI MON. x x KHORAKANE'-MACEDONI 352 16 XII CASTEL ROMANO MON. x x 17 XIII ORTOLANI LENORMANT 2 7+1 +mon. x x 18 XV CANDONI 4 MON. x x x x 19 XVIII MONACHINA 2 19 20 XIX LOMBROSO S.M.PIETA' 4 MON. 21 XX T.DI QUINTO (BAIARDO) 4 47 22 XX CAMPING RIVER ACQUA VERGINECESARINA ATT. CONTAINERS VICOLO SAVINI TOR PIGNATTARA ATT. CONTAINERS KANIARJA 61 ATT. CONTAINERS RUMENI-KHORAKANE' 601 KHORAKANE' 104 ATT. CONTAINERS KHORAKANE' 150 KANIARJA 227 RUMENI 400 x MONTE ANTENNE EX SNIA VISCOSA 611 773 ATTREZZATO PRIVATO Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 24 luglio 1992, n. 350, recante interventi straordinari di carattere umanitario a favore degli sfollati delle Repubbliche sorte nei territori della ex Jugoslavia, nonché misure urgenti in materia di rapporti internazionali e di italiani all’estero ORDINANZA DEL SINDACO N.80 del 23gennaio 1996 S.P.Q.R COMUNE DI ROMA Direttive per la verifica delle presenze dei nomadi nei campi sosta e negli insediamenti spontanei dislocati nel territorio cittadino LEGGE 6 marzo 1998, n. 40. Disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero LEGGE 15 dicembre 1999, n. 482 Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche PIANO DI INTERVENTO TRIENNALE 2 aprile 2002 finalizzato all’integrazione delle comunità rom/sinti Approvato dalla Giunta Comunale Impegno per la promozione Impegno per la promozione ARCI ARCI ARCI ARCI ISOLA VERDE ONLUS ISOLA VERDE ONLUS DECRETO LEGISLATIVO 6 febbraio 2007 n. 30 Attuazione della direttiva 2004/38/ce relativa al diritto dei cittadini dell’unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli stati membri DECRETO-LEGGE 1 novembre 2007 n. 181 Disposizioni urgenti in materia di allontanamento dal territorio nazionale per esigenze di pubblica sicurezza DISEGNO DI LEGGE IN MATERIA DI SICUREZZA URBANA 30 ottobre 2007 DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 21 maggio 2008 Dichiarazione dello stato di emergenza in relazione agli insediamenti di comunita’ nomadi nel territorio delle regioni Campania, Lazio e Lombardia ORDINANZA DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 30 maggio 2008 Disposizioni urgenti di protezione civile per fronteggiare lo stato di emergenza in relazione agli insediamenti di comunità nomadi nel territorio della regione Lazio (ordinanza 3676) CAMPI h24 ATTREZZATI CON CONTAIners CAMPI semi-ATTREZZATI REGOLAMENTO del 18 febbraio 2009 per la gestione dei villaggi attrezzati per le comunità nomadi nella Regione Lazio CAMPI autorizzati ma con baracche autocostruite 28 29 considerata una soluzione provvisoria, di breve o medio termine, in vista del passaggio ad una soluzione abitativa stabile in civile abitazione da realizzarsi secondo regole e modalità comuni a tutti i cittadini (…)” Adesso siamo nel 2009, e quella soluzione che doveva essere soltanto provvisoria e' diventata definitiva, anzi, le previsioni future sono addirittura quelle di sostituire le poche aree comuni con altri container, andando a distruggre quei pochi equilibri che a fatica si sono riusciti ad ottenere. 6. il campo rom h24 di L’accampamento di Via Salone è sull’ estremo lato orientale di Roma, fuori dal Raccordo Anulare. Il campo esiste dal 1996. Molti degli occupanti del campo di Casilino 700, quando fu sgombrato, vennero mandati qui. A questi, negli anni, si aggiunsero persone provenienti dallo sgombero di Acqua Vergine, che a sua volta erano stati precedentemente sgomberati da Tor Bella Monaca, Così nel 2000 all’interno del campo di Salone vivevano quasi 2000 persone, in condizioni igienico sanitarie disastrose. Non c’era elettricità, nè impianto fognario, solo due cannelle per acqua, e grandi ratti ovunque. Il campo occupava sia la zona dove adesso si trova l’ attuale campo attrezzato, sia l’ area accanto, tutta area a destinazione agricola. Continuarono a vivere qui fino al 2004 quando uscì un bando per via di salone a roma un campo semi-attrezzato inizialmente. Il campo venne quindi ridimensionato e l’ area, di proprietà dei Gianni, acquistata dal comune. Parte dell’ accampamento “illegale” viene demolito e gli abitanti trasferiti tutti insieme nell’area accanto, per permettere l’ inizio dei lavori . Per prima cosa venne recintata l’ intera area, una gabbia. Una ventina di operai della Chebesà si misero al lavoro per fare strade, impianti fognari e illuminazione, marciapiedi e parcheggio esterno, e per ultimo arrivarono i container in sostituzione alle baracche. A giugno del 2006 si iniziano a fare i censimenti. Qui c’erano circa 2000 persone, ma il campo era stato pensato per 140 famiglie, quindi “sono andati a tirare fuori le persone più serie” e hanno fatto una cernita per 134 famiglie; le rimanenti persone si sono sparpagliate per tutta Roma. Pronto il nuovo campo, hanno sgomberato l’ area dove vivevano momentaneamente i Rom, e per circa un mese operai dell’ Ama, del Comune e vigili urbani hanno provvisto alla rimozione, con le ruspe, delle roulotte abusive e delle carcasse di auto , alla distruzione delle baracche e alle opere di bonifica. Il campo è completato, e con Veltroni si realizza l’ idea del nuovo “Villaggio della Solidarietà” fiore all’ occhiello della giunta. Veltroni, infatti, col piano d’ intervento del 2002, riprende La Delibera Consiliare 31/99 approvata dall’ amministrazione Rutelli, che “ individua due tipologie base per la prima accoglienza delle popolazioni Rom/Sinti sul territorio cittadino (“campo sosta” e “villaggio attrezzato”) (..) La permanenza nelle aree di sosta e nei villaggi deve essere pertanto il vecchio campo di via di salone, prima dello sgombero Le foto sono tratte da un progetto del consorzio alberto bastiani Sono state chiamate "sicurezza e solidarieta'.. il nuovo motto per i nuovi villaggi. Quello di salone e' stato infatti considerato un villaggio "sperimentale". 30 31 Foto del vecchio campo di via di salone Alcuni Rom collaborano alla manutenzione del campo retribuiti da borse lavoro erogate dal Comune, altri collaborano come volontari. In ogni caso, per 24 ore su 24 il campo è letteralmente sorvegliato da un operatore dell'associazione, tramite 27 telecamere, 26 fisse e una che ruota a 360° tipo dome proprio sopra la fontanella, nel piazzale d’ingresso, davanti al container che ospita il posto di polizia municipale.. Il campo rimane chiuso dalle 22,00 di sera alle 6,00 del mattino.. ed in queste ore è vietato l’ accesso ad amici o parenti (cenerentola arrivava a mezzanotte!). Sulla tipologia di campo sorvegliato H24 l'operatore è alquanto soddisfatto e favorevole. Sostiene sia “meglio per tutti”, sia per i Rom che vengono sorvegliati, controllati, schedati, che secondo lui smettono di delinquere e sono più tranquilli, sia per gli abitanti che vivono intorno e che in questo modo si sentono più sicuri. Ciò che dall'esterno salta all'occhio è tanto, tantissimo cemento. Fa parte del campo un'area verde visibile dalla strada, paradossalmente recintata e che sembra fatta apposta per mostrare un certo distacco e una parvenza di ordine. visite al campo (...) adotta i provvedimenti del caso fino alla cancellazione della residenza e all’allontanamento immediato nei confronti dei responsabili di eventuali trasgressioni al regolamento stesso (garantendo la tutela e l’accoglienza dei minori facenti parte del nucleofamiliare). Servizi presenti Tutti i servizi di urbanizzazione (i presenti pagheranno una quota mensile di rimborso utenze). Presenti anche servizi specifici di formazione ed alfabetizzazione (scuola serale per adulti). Ambulatorio medico a giorni prefissati. Servizio di scolarizzazione con operatori delle associazioni.. Tipologia delle aree Aree di circa 1 ettaro di estensione, urbanizzabili ovvero dotabili di allaccio in fogna ed allaccio idrico. Le aree non richiedono requisiti di edificabilità grazie all’utilizzo di mo-duliabitativi prefabbricati (considerati mobili). L’estensione prevista permette di creare spazi verdi e spazi comuni, oltre ad una viabilità interna adeguata. Il modello urbanisti-co è analogo a quello già sperimentato negli ultimi villaggi realizzati (Candoni, Tor de Cenci, ecc…). Numeri dei Villaggi Attrezzati Si prevede nel triennio l’attivazione complessiva di 12 villaggi attrezzati. Quattro sono già realizzati, due in via di completamento. E’ quindi necessario realizzare altri 6 vil-laggi. Numero delle persone accolte Per ogni Villaggio Attrezzato si prevede una accoglienza per circa 250 persone, per un totale – in 12 Villaggi – di circa 3.000 persone. Terza Tipologia: L’inserimento abitativo La maggior parte dei Rom presenti a Roma non è nomade ed ha sempre abitato, nel Paese di origine, in abitazioni. In tal senso è necessario prevedere che il percorso di inte-grazione sociale preveda come ultimo step formule di inserimento abitativo che garantiscano anche l’integrazione sociale. D’altro canto non si può pensare di realizzare percorsi agevolati o diversi da quelli che già la legge e il Comune di Roma prevedono. E’ però necessari mettere i Rom in condizioni di accedere ai diversi strumenti previsti (buoni casa, contributi all’affitto, ecc). Ciò attraverso un percorso di tutoraggio a svi luppare durante il periodo (36 mesi) di permanenza nei villaggi attrezzati. Sono da prevedersi anche percorsi di accompagno per l’affitto sul mercato privato, ed attività di sostegno durante il primo periodo in abitazione. L’intento è quello di accelerare questo processo, considerando che a Roma sono già al-meno 2.000 i Rom/Sinti che vivono in abitazione, e che nei villaggi attrezzati esistono già nuclei in grado di sostenere anche economicamente una simile soluzione. Per quanto inizialmente si possa lavorare su un numero ridotto di situazioni, innescare questo processo è fondamentale al fine di raggiungere il risultato concreto sia di gestire il turn over di inserimento nei Villaggi, che di realizzare concretamente l’inserimento sociale. Comune di Roma Assessorato alle Politiche Sociali e Promozione della Salute PIANO DI INTERVENTO finalizzato all'integrazione delle comunità rom/sinti Approvato dalla Giunta Comunale 2 aprile 2002 30/3/2009 “Via di Salone si trova tra la Strada dei Parchi e la Collatina, fuori dal GRA. Lo raggiungiamo dopo aver percorso una zona molto desolata. Accanto non si notano né servizi, né supermercati, né autobus. Si può vedere solo una stretta strada a due corsie altamente trafficata, lungo la quale notiamo alcuni agazzi che camminano probabilmente per raggiungere la fermata del bus più vicina. All'ingresso del campo c'è un grosso parcheggio dove si vedono numerosi furgoni con cui vanno a raccogliere il ferro e altri materiali...anche noi parcheggiamo lì. Tutto intorno al campo spicca un'alta recinzione metallica da cui svettano numerose telecamere che video-sorvegliano 24 ore su 24. Oltre l'ingresso ci sono alcuni container di servizio, uno di Bottega solidale, l'associazione che si occupa del controllo e della manutenzione, uno della polizia municipale, e uno di Ermes e Capodarco , le associazioni che si occupano del presidio sociale nel campo. All’interno vi è uno sportello di consulenza legale e uno sportello di accoglienza socio-sanitaria, ci dicono, infatti, che almeno una volta a settimana arriva un medico e un avvocato, basta prenotarsi. Ciò di cui si occupa la Bottega Solidale è tutto ciò che compete l'ordine in caso di risse, la pulizia delle aree comuni, la manutenzione in caso di guasto, e il controllo ferreo di chi entra e chi esce dal campo, tramite un tesserino con foto, nome e cognome, data di nascita della persona e container in cui abita. 31/3/2009 Il giorno 31 marzo 2009 torniamo al campo e finalmente riusciamo a parlare con l'operatrice di Ermes che si occupa del presidio sociale. La cooperativa Ermes è presente all’ interno del campo dal 1999, quando ancora vi era il grande campo abusivo. Ci spiega che la cooperativa opera su un fronte completamente differente rispetto a Bottega Solidale . Al momento 32 nuovo campo di via di salone alcuni dati Unità abitative Bosniaci (Khorakhanè) Serbi (Dasikhanè) Rumeni Totale abitanti 134 204 179 314 687 6 di Servizio 36 famiglie 25 famiglie 56 famiglie hanno in corso diversi progetti e attività: Progetto Integra_corsi di formazione lavoro per elettricista, idraulico e muratore per circa 20 ragazzi, grazie alla 20 borse di studio vinte 10 da bottega solidale, e 10 da Ermes, a Pomezia. A questi ragazzi è rilasciato un attestato di partecipazione e sono andati estremamente bene. Asilo per i bambini_il quale non funziona come un vero e proprio asilo poiché risulterebbe un ghetto per i bambini, ma serve come pre-accoglienza o asilo-ponte rispetto a quelli comunali, i quali accolgono per ora solo due bambini rom all'anno poiché le maestre sostengono di non essere in grado di gestire i bambini rom, troppo abituati a stare tra di loro, girare nudi etc., quindi non appena si libera un posto, i bimbi, dal campo, possono finalmente accedere alle strutture comunali. Presidio sanitario per le donne_che spesso sono disinformate rispetto ai problemi della gravidanza, portata a termine senza neanche un' ecografia di controllo. Prima che il campo diventasse H24 l'associazione gestiva solo il progetto di scolarizzazione, bando che è stato vinto per il prossimo anno dalla Casa dei Diritti Sociali. I bambini in età scolare vanno dai 6 ai 14 anni e sono circa 220-230. La mattina arrivano 4 pullman da 50 posti e accompagnano i ragazzi in 6/7 scuole differenti. Ci racconta un operatore di Bottega solidale che non tutti i bambini vanno tutti i giorni a scuola, tradizionalmente infatti la scuola non fa parte della cultura rom, dove si tramanda tutto per via orale. L’ integrazione però è molto più facile con i bambini che con i grandi, con le nuove generazioni. Ci racconta infatti che l’ anno scorso grazie ad un accordo col proprietario, si sono allenati nel campetto da calcio limitrofo, e hanno fatto una scuola calcio, con un allenatore che veniva 2 volte a settimana. Tre bambini sono andati a giocare all’ atletico Fidene e hanno completato tutto il campionato. Quest’ anno la scuola calcio non c’è, ma 2 bambini hanno continuato a fare il torneo . 33 fermata o40 distanza dal campo 1,5 km Mappa del territorio dove e' inserito il campo di via di salone in evidenza i percorsi che bisognano fare a piedi per prendere un mezzo pubblico di collegamento, lo 040 o il trenino alla rustica; in evidenza anche decathlon, il supermercato piu' vicino dove si va a fare la spesa. la fermata del treno vicina di via di salone e' chiusa nonostante sia perfettamente ristrutturata e funzionante fermata trenino la rustica distanza 2,00 km "dobbiamo fare 2km a piedi di notte per prendere l'autobus, in una strada dove non Riusciamo a fare un primo giro per il campo. Visitiamo l'asilo dei bimbi, con alcune operatrici, fra cui anche delle donne rom. L'area sul retro, area giochi dell'asilo, fortunatamente viene usata anche dagli altri bambini del campo, infatti è l'unica zona attrezzata per i bimbi. Il campo è quasi totalmente cementato, tranne che per alcune piccole aree verdi sul retro dei container. Queste piccole aree verdi possono essere utilizzate soltanto a scopo decorativo, non è permesso, infatti , di piantare all’ interno alberi, ortaggi, ma solo fiori. Le aree comuni presenti sono composte da tre tendoni di cui due situati nella parte centrale del campo, e il terzo nell’ area più ad est del campo, chiuso da rete e cancello, utilizzato solo in occasioni speciali. Notiamo durante il giro tre diverse tipologie di container grossi al massimo 30-35 mq ciascuno. La diversità di forma non riflette una diversità di dimensioni, sono tutti 34 c'e' marciapiede, ne' illuminazione pubblica!" molto piccoli. L'unica suddivisione è per gruppo etnico. Ne visitimo uno, approfittando dell'invito per un buonissimo caffè. Il container è costituito da uno spazio soggiorno-sala da pranzo, due stanze e un bagno. L'ingresso, sala da pranzocucina è uno spazio molto piccolo con un tavolo e due panche a parete dove ci accomodiamo. Riusciamo a stare seduti in cinque, ma piuttosto stretti. L’ intero container è grande più o meno come il nostro soggiorno. Famiglie di 8 persone, quando dormono, per non morire asfissiate mettono tutto fuori, anche le scarpe, ma se piove e si bagnano, i bambini non possono andare a scuola. A sinistra c'è la stanza da letto matrimoniale, ben al di sotto degli standard abitativi imposti da un qualunque regolamento edilizio, mentre a destra abbiamo la stanza per i figli, anch'essa molto piccola dove sono disposti 3 letti, due con struttura a castello e uno normale. Lo spazio è a malapena sufficiente per potersi girare ed è così esiguo che la maggior parte delle persone deve tenere la lavatrice e il frigorifero fuori dalla propria abitazione. Qui vive Zoritza con suo marito e i suoi quattro figli. Vengono dalla Serbia e vivono in Italia dal 1984. Fino al 2006 vivevano nel campo abusivo sostituito poi da quello attualmente attrezzato e controllato H24. Zorizta puntualizza fieramente il fatto di non possedere neanche un precedente penale. Domandiamo a Zoritza come si trovi attualmente nel campo e mi risponde dicendo che stava molto meglio prima nel campo abusivo, in quanto aveva una casa più grande fatta da loro dove poteva ospitare chiunque dei suoi parenti volesse andare a trovarla. Nella vecchia casa aveva un numero di stanze sufficienti ad ospitare tutta la famiglia e una zona soggiorno molto grande. Nel container dove ci troviamo il soggiorno-cucina è talmente piccolo che non può ospitare neanche il nucleo famigliare di 6 persone intorno al tavolo. Zoritza ci dice che 35 se ha degli ospiti i bambini devono lasciare la stanza e si lamenta che nessun parente può fermarsi a dormire contrariamente a quanto succedeva normalmente in passato. I bambini più piccoli sono inoltre costretti a dormire sulle sedute imbottite in cucina poiché il figlio più grande reclama la propria stanza indipendente. La situazione socio-abitativa in cui i Rom si trovano ha portato a rare piccole forme di protesta: la presenza di telecamere puntate anche verso l’interno delle case ha causato molte lamentele. Al momento infatti molte di esse non funzionano perché rotte dagli stessi Rom. Altra protesta è stata quella legata alla chiusura dei mercatini di roba usata,una delle fonti di guadagno principali per loro, protesta realizzata impedendo alle associazioni di portare i bambini a scuola. Gli strumenti di protesta che generalmente siamo abituati ad immaginare e ad utilizzare a seguito di un lungo processo di consapevolezza dei nostri diritti sono totalmente assenti nella cultura rom. La stazione di Salone, rassomigliante ad una cattedrale nel deserto, sarebbe pronta ma il Ministero dell'interno non ne consentirebbe l'apertura per motivi di sicurezza dovuti al vicino Campo nomadi. I lavori di ristrutturazione di questa stazione, costati 3 milioni di euro, erano iniziati nell' ottobre 2007, ed erano stati ultimati nel dicembre 2008. Tale rapidita' di esecuzione si giustificava con l'urgenza di rendere disponibile un trasporto su ferro in vista dell' inizio dei lavori per il raddoppio della Tiburtina. Era prevista anche la delocalizzazione del campo nomadi di Salone. Al suo posto, sarebbe stato realizzato un grande parcheggio. dal documento rilasciatoci dall' ufficio nomadi e dalla visura catastale risulta un' incongruenza sulla destinazione d' uso dell' area: dal primo l' area sarebbe un' "area destinata all' edificazione e ad insediammenti", dal secondo documento la destinazione e' a seminativo. "Esiste un pulmino che mette a disposizione l' associazione, ma non passa sempre, e smette le corse alle cinque del pomeriggio.. e se vogliamo uscire dopo come dobbiamo fare? Perche’ non riaprono la stazione che e’ vicina al campo, che e’ costata 3 milioni di euro, e ci danno la possibilita’ di poterci muovere? E se non vogliono aprirla perchè non potenziano la linea dgli autobus?” Non solo la decisione di decentrare i campi in estrema periferia e' sbagliata poiche' tende a creare zone di omologazione e non favorisce un' integrazione reciproca, ma, lontani dalle linee di trasporto pubblico, i piu' grandi per fare la spesa devono percorrere 1,5 km a piedi se sprovvisti di mezzo di trasporto, e i piu' piccoli sono altresi' lontani da qualsiasi luogo di aggregazione che non sia la scuola la mattina. ESTRATTO DI DOCUMENTO IDENTIFICATIVO DEL PATRIMONIO IMMOBILIARE fONTE : DIPARTIMENTO v UFFICIO NOMADI - FOTO DI camilla sanguinetti ESTRATTO DI MAPPA CATASTALE E VISURA DELL' IMMOBILE 36 ESTRATTO DI MAPPA CATASTALE E VISURA DELL' IMMOBILE 37 gli spazi all' interno del campo verde presente VERDE PUBBLICO PRESENTE TRA I CONTAINER, UTILIZZABILE SOLO PER ORNAMENTO Verde appartenente alla proprieta' del campo ma non utilizzabile, poiche' chiuso da un recinto COLLEGAMENTI parcheggio di servizio al campo (circa 70 posti) intero edificato presente strada pubblica di collegamento al campo strada interna al campo container di servizio container di gestione ( magazzino, uffici per bottega solidale, vigili urbani, ermes capodarco) container dove si tiene 1 volta a settimana un corso di informatica per 10 ragazzi Spazio con Asilo nido, chiuso da cancellata SPAZI PRIVATI spazi pubblici spazio appartenente al campo con un tendone, chiuso da cancellata Spazio non appartenente al campo, dove i ragazzi si allenano e giocano a pallone grazie ad un accordo col proprietari. Chiuso da cancellata Spazi pubblici del campo, dove vi sono due tendoni, non utilizzati Spazio con Asilo nido, chiuso da cancellata 38 39 TIPOLOGIE ABITATIVE ogni container e' stato assegnato ad ogniuna delle tre etnie presenti in media 30 mq a famiglia, 6 mq a pensona 4,82 m x 6,14 m (29,6 mq) I CONTAINER DEI BOSNIACI I CONTAINER DEI Romeni I CONTAINER DEI Serbi All' interno del campo di Salone esistono 3 tipologie di container, di cui due sono casette mobili; Ogni tipo di container e' stato assegnato a una delle tre diverse etnie presenti nel campo: Serbi, Rumeni e Bosniaci. I container in grigio sono quelli di servizio. Le imprese produttrici sono la Maison Solail , con sede a Garlate (LC), che si e' occupata anche demontaggio in luogo, e la Shelbox, con sede a castelfiorentino (fi). 11,80 m x 2,95 m (34,8 mq) 7,10 m x 3,00 m (21,3 mq) - Pannelli esterni in sandwich con aspetto a doghe di dimensioni di 0,35cm-colore beige; - Finestre in pvc; - Porta esterna in alluminio; - Persiane solo decorative; - Rivestimento in acciaio; - Finiture/gronde in pvc. 40 41 la proposta iniziale costi l'impianto dell'insediamento presenta enormi differenze rispetto alla proposta progettuale iniziale (di cui non siamo riusciti ad ottenere una copia) la quale prevedeva 84 moduli tutti uguali come questo sotto indicato, piu' aree comuni piu' grandi, e un area per un campo sportivo. al progetto sono stati fatti diversi tagli e modifiche al momento dell'esecuzione che hanno riguardato il numero e i modelli di containers usati. al momento sono infatti 134 di cui una parte comprati di seconda mano da privati. e' quindi difficile riuscire a capire i costi esatti di costruzione e progettazione del campo. cio' ci fa pensare che molti piu' soldi siano stati spesi di quanto se ne sarebbero potuti spendere con una progettazione coerente dall'inizio alla fine. QUANTO COSTANO I CAMPI AL COMUNE di roma? I campi, si sa, costano parecchio all’amministrazione che ogni anno stanzia milioni di euro per la loro gestione e manutenzione. Secondo l’indagine effettuata dai giornalisti della trasmissione “Un mondo a colori” andata in onda su Rai Tre il 26 giugno scorso si spendono ben 13 milioni di euro ogni anno solo per la gestione e manutenzione dei campi in tutta Roma di cui 3 milioni per la scolarizzazione 1 milione e mezzo per l’ama che raccoglie i rifiuti 1 milione e mezzo per le utenze di acqua ed elettricità 4 milioni gestione affidata alle associazioni 3 milioni per la manutenzione e lavori vari Alcuni campi come quello di Vicolo Savini, trasferito a Castel Romano nonostante si sia discusso per anni su dove trasferirlo è stato costruito secondo un criterio di emergenza con il pretesto delle condizioni igienico sanitarie dei Rom e il coinvolgimento della Protezione Civile. Il tutto ha fatto aumentare notevolmente i costi come se si trattasse di un’emergenza temporanea causata da catastrofe naturale come un terremoto. Nel caso di interventi urgenti non vengono indette gare d’appalto per la costruzione dei campi come sarebbe previsto dalla normativa europea. Analizzando più da vicino i dati (documentati dall’ Ufficio Nomadi del V dipartimento del Comune di Roma) che riguardano i costi totali di costruzione e di gestione del campo di Via di Salone non sono facilmente reperibili per via del fatto che hanno concorso alla sua realizzazione parecchie imprese con bandi diversi. La storia della costruzione del campo risulta quindi un po’ controversa. I lavori di intervento di urbanizzazione primaria sono stati eseguiti in momenti diversi e distintamente per i differenti containers che erano destinati ai differenti gruppi etnici. Tre bandi sono stati vinti da tre diverse imprese per un totale di circa 1 milione di euro. Le unità abitative nuove e di recupero sono costate invece circa 650 mila euro. Oltre a questi costi se ne possono dedurre altri legati agli impianti di sicurezza e dei sistemi di video sorveglianza che non sono stati però documentati. Per quel che riguarda invece i costi di gestione legati alle due cooperative Bottega solidale e Cooperativa Bastiani che si occupano rispettivamente di guardiania/manutenzione e presidio sociale la spesa affrontata dal Comune è rispettivamente di 28 mila euro al mese per la guardiania e manutenzione e 25 mila euro al mese per il presidio sociale. 42 di realizzazione e di gestione del campo di via di salone - lavori relativi alla costruzione della recinzione del campo e all’ acquisto e posa in opera di cancello con apertura automatica. - lavori relativi alla realizzazione dell’ allaccio in fogna ed altri lavori di ristrutturazione. - lavori relativi alla realizzazione dell’ allaccio dell’ acqua. -lavori relativi alla realizzazione dell’ allaccio della corrente elettrica. - Realizzazione di impianto di videosorveglianza. - interventi connessi alle operazioni di sgombero di occupanti delle zone limitrofe al campo nomadi - esecuzione di lavori di pavimentazione in cls (strada interna, marciapiedi, piazzole) - acquisto e posa in opera di unità abitative mobili . - Interventi di manutenzione straordinaria. - Impegno fondi per il servizio di vigilanza e manutenzione ordinaria affidati alla cooperativa sociale Bottega solidale. - Impegno fondi per il servizio di presidio sociale affidato all’ associazione Ermes. Capodarco. - finanziamento erogato per la scolarizzazione dei bambini affidato a Casa dei Diritti Sociali - spese effettuate per la somministrazione di acqua -Spese erogate per il trasporto dei bambini 43 Bando di licitazione a procedura accelerata per acquisto moduli abitativi per campi nomadi - ottobre 1999 COMUNE DI ROMA DIPARTIMENTO V - V U.O. Ufficio Speciale Immigrazione Piazza S. Chiara 14 00186 Roma Tel. 0668806880 0668806481 fax 0668891203 BANDO DI LICITAZIONE A PROCEDURA ACCELERATA 1) ENTE APPALTANTE : Comune di Roma - Dipartimento V° - Ufficio Speciale Immigrazione - Piazza S. Chiara,14 - 00186 Roma - Telefono 0668806880 0668806481, Fax 0668861203, indice una gara mediante licitazione privata ai sensi della normativa di cui al Decreto Legislativo n° 358 del 24 luglio 1992, con la procedura accelerata di cui all’art. 7, comma 4, motivata dall’urgenza di allestire con moduli prefabbricati ad uso abitativo campi nomadi compresi nel territorio del Comune di Roma, in tempi immediati rispetto all’esecuzione dei lavori progettuali finalizzati a realizzare campi attrezzati, nei quali trasferire la popolazione “Rom” del campo “Casilino 700”, dove il degrado ambientale ed igienico-sanitario, nonché la tensione sociale hanno raggiunto apici di drammaticità. 2) DESCRIZIONE DELLA FORNITURA : L’appalto riguarda la fornitura e posa in opera di n° 150 moduli prefabbricati ad uso abitativo. Importo a base d’asta £ 3.600.000.000 (Euro 1.859.244,24) 3) LUOGO DI ESECUZIONE : L’installazione e la posa in opera della fornitura di n° 150 moduli prefabbricati ad uso abitativo saranno effettuate presso aree che verranno destinate a Campi Nomadi, che saranno individuate nell’ambito del territorio ricadente nel Comune di Roma. 4) TERMINE DI CONSEGNA : La fornitura dovrà essere consegnata nei tempi e con le modalità specificate dall’art.6 del Capitolato Speciale di Fornitura. 5) FORMA GIURIDICA DEL RAGGRUPPAMENTO DEGLI IMPRENDITORI : Sono ammessi a presentare offerta anche i raggruppamenti d’Imprese, ai sensi dell’ art. 10 del Decreto Legislativo n° 358/92 citato. In tal caso, in allegato alla domanda di partecipazione, sottoscritta da tutte le Imprese partecipanti al raggruppamento, ciascuna Impresa dovrà presentare, con separato atto, apposita dichiarazione con la quale s’impegna, in caso di aggiudicazione, a far parte del raggruppamento che dovrà essere costituito ai sensi e con modi di cui al citato art. 10 del Decreto legislativo 358/92. 6) TERMINE ULTIMO PER LA RICEZIONE DELLE DOMANDE DI PARTECIPAZIONE: Le Ditte che abbiano interesse a partecipare alla gara dovranno far pervenire domanda di partecipazione redatta in lingua italiana, entro e non oltre le ore 12,00 del giorno 13 ottobre 1999 al seguente indirizzo : Comune di Roma - Dipartimento V° - Ufficio Speciale Immigrazione - Piazza S. Chiara,14 - 00186 - Roma. Sulla busta dovrà essere riportata l’indicazione: “ Licitazione privata per la fornitura e posa in opera di n° 150 moduli prefabbricati ad uso abitativo. 7) TERMINE DI RICEZIONE DELLE OFFERTE: L’Amministrazione inviterà le Ditte risultate idonee a presentare l’offerta secondo i termini indicati all’art. 7, comma 4 del Decreto Legislativo 358/92. 8) CONDIZIONI MINIME : Per partecipare alla gara le Imprese dovranno allegare alla richiesta di partecipazione, a pena di esclusione, la seguente dichiarazione, sottoscritta dal legale rappresentante o dai titolari dell’ Impresa, e successivamente verificabile, attestante: 1) di non trovarsi in alcuna delle condizioni di esclusione di cui all’art. 11 del Decreto Legislativo 358/92; 2) di essere in possesso di idonee referenze bancarie attestanti la solidità finanziaria ed economica dell’Impresa; 3) che alla gara non concorrano singolarmente o in raggruppamento Società o Imprese nei confronti delle quali sussistono rapporti di collegamento e controllo determinati in base ai criteri di cui all’art.2359 del c.c.; 4) di essere in regola - ove dovuto - con la legge 482/68 in materia di assunzioni obbligatorie; 5) di aver conseguito un fatturato globale, nell’ultimo triennio - anno 1996/ 1997/ 1998 - IVA esclusa, non inferiore a £.7.200.000.000 (setteimiliardiduecentomilioni) pari ad Euro 3.718.489,67; 6) di essere iscritti alla Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura, o analogo registro professionale dello Stato di residenza per le Imprese straniere. Da tale dichiarazione dovrà risultare l’attività dell’ Impresa che dovrà essere pertinente ai materiali oggetto del presente appalto; 7) l’inesistenza di una delle cause di decadenza, di divieto e di sospensione di cui all’ art.10 della legge 31/05/1965, n° 575 e successive modificazioni, nonché del Decreto Legislativo 358/92; 8) dichiarazione contenente l’ elenco delle forniture di prodotti pertinenti a quelli richiesti con il presente bando relativi agli anni - 1996/ 1997/ 1998, effettuate a favore di Enti Pubblici e/o privati, da comprovarsi, successivamente, con le relative attestazioni degli enti medesimi ovvero con le copie delle fatture per un importo minimo di £ 3.600.000.000 (Euro 1.859.244,24); 9) certificazione sistemi di qualità normativa ISO 9000; N.B. Ai soli fini informativi l’Impresa dichiarerà di essere in regola con il disposto di cui all’art.9 legge 125/91 relativo alla situazione del personale maschile e femminile in organico. Le dichiarazioni innanzi citate dovranno essere prodotte, pena l’esclusione, unitamente a copia fotostatica, leggibile e non autenticata, di un documento d’identità in corso di validità del soggetto che ha sottoscritto la dichiarazione stessa. In caso di consorzio o associazione temporanea d’Imprese, le dichiarazioni di cui ai punti 1 -2 - 3 - 4 - 6 - 7 debbono riferirsi a ciascuna Impresa associata o consorziata. Il requisito di cui al punto 9) dovrà essere posseduto da almeno una impresa o dall’Impresa mandataria, quest’ultima dovrà possedere altresì almeno il 50% dei requisiti di cui ai punti 5) e 8), che s’intendono cumulabili, mentre le altre imprese dovranno detenere almeno il 20% per ognuno di essi, in modo tale da coprire il 100% dei requisiti. La dichiarazione innanzi indicata deve essere di data non anteriore ai 6 (sei) mesi rispetto a quella fissata per la ricezione delle domande di partecipazione. La non presentazione, la tardiva presentazione, la non rispondenza anche di un solo elemento rispetto a quanto sopra richiesto, determinerà l’esclusione dalla partecipazione della gara. L’ idoneità delle Ditte per essere invitate alla gara sarà determinata dall’ Amministrazione con Determinazione Dirigenziale. Successivamente all’ approvazione delle Ditte idonee, le stesse saranno invitate a presentare offerta al : SEGRETARIATO GENERALE - UFFICIO CENTRALE DI CORRISPONDENZA - Via del Campidoglio n° 4 - 00186 Roma, nei modi e nei termini indicati nella lettera d’invito. 9) AGGIUDICAZIONE : L’aggiudicazione dell’appalto verrà effettuata ai sensi dell’ art. 19 comma 1 lettera a) del Decreto Legislativo n° 358/92, e successive modificazioni con Decreto Legislativo 402/98 a favore della Ditta che avrà offerto il maggior ribasso percentuale del prezzo a base d’asta. L’aggiudicazione avverrà solo ed esclusivamente in presenza di almeno due offerte valide. L’aggiudicazione è impegnativa per l’Impresa aggiudicataria ma non per l’Amministrazione fino a quando non saranno perfezionati gli atti in conformità alle vigenti disposizioni. 10) ALTRE INFORMAZIONI : a) Richiesta d’informazioni e copia Capitolati indirizzo di cui al punto 1). b) Termine per la richiesta d’informazioni e Capitolati: fino a 7 (sette) giorni prima della scadenza della presentazione delle offerte. Per ricevere copia dei Capitolati a mezzo posta, si dovrà inviare all’indirizzo riportato al punto 1):domanda corredata dal versamento di £.4.160 (Euro 2,15) a mezzo bonifico bancario a favore del Monte dei Paschi di Siena - filiale di Roma - Tesoreria Comunale cod. banca 1030 CAB 03226.8, con la causale “ Diritto invio copia Capitolati, gara per la fornitura e posa in opera di n°150. moduli prefabbricati ad uso abitativo “. 11) DATA INVIO DEL BANDO : Il presente bando è stato spedito all’ Ufficio Pubblicazioni della Comunità Economica Europea in data 24 settembre 1999. 12) DATA RICEZIONE DEL BANDO : Il presente bando è stato ricevuto dall’ Ufficio Pubblicazioni della Comunità Economica Europea in data ................................................ ................... IL DIRETTORE ( Giovanni Roberto Roberti ) Le foto sono tratte da un progetto del consorzio alberto bastiani Sembrava terminato il periodo dei lager, invece adesso ve ne sono altri "piu' democratici e solidali".. nomi diversi, e per vivere in condizioni igienico-sanitarie civili si e' dovuta barattare la cosa piu' importante per un essere umano: il diritto alla liberta'. E le previsioni per il futuro sono ancora peggiori. Il nuovo regolamento per la gestione dei villaggi attrezzati per le comunita’ nomadi della Regione Lazio del 2009 recita "Nel perimetro esterno si prevedono, altresi', forme di vigilanza delle Forze dell' Ordine da attuare con le modalita' ritenute piu' opportune dal Questore. Il Presidio di vigilanza e' composto da unita' appartenenti alla Polizia Municipale, ovvero da soggetti selezionati della vigilanza privata, alle dirette dipendenze di un Coordinatore nominato dalla Amministrazione comunale". Ciò significa che a vigilare il campo non ci sarà più Bottega Solidale, ma vere e proprie forze dell’ ordine anche private fornite di armi. Questa viene chiamata accoglienza, integrazione, e appunto la si fa con telecamere e vigilanza. Per vivere in nome della sicurezza la società decide di omologarsi, e la paura del diverso ci porta a non vedere e distinguere i sapori, gli odori.. ma si sa, in natura non esiste niente di identico, la serialità del prodotto è stata soltanto un’ invezione dell’ uomo moderno. I campi controllati, sorvegliati, e rinchiusi attraverso “il muro difensivo” rappresentano i nuovi confini, ed hanno una capacità grande di accrescere e rendere visibili le differenze sociali, ridurre le possibilità di integrazione, rafforzare gli stereotipi a causa della scarsa conoscenza reciproca, in un mondo ormai “globalizzato e, dicono, senza frontiere” . 44 “Una politica che ha anche messo in difficoltà cooperative come la Ermes, che si sono trovate a fare da cuscinetto tra le istituzioni e i Rom: «Non possiamo fare riduzione del danno – dice Salvo Di Maggio, presidente della Ermes – I campi possono essere al massimo un posto di accoglienza, una situazione di transito, invece c’è gente che vive così da trent’anni o anche più». «Non ci fanno uscire – dice Rasema – Mio figlio ha ventisei anni, è nato qui, non parla nemmeno serbo, l’ho sempre mandato a scuola ma poi non c’è lavoro per noi. Prima ci dicono che vogliono che cambiamo vita, ma quando cerchiamo di cambiare, ci dicono che dobbiamo stare nel campo». È la politica della dipendenza”. (Da Carta Geografica di Enzo Mancini) 45 7. storia di un occupazione... I rom dell 'ex campo di Quintiliani occupano un capannone in Via delle cave di Pietralata a roma Quando si pensa ai Rom automaticamente si pensa ai campi. Non si è in grado di vedere oltre quello che l’ombra del pregiudizio è in grado di mostrare. Ancora prima di cominciare il nostro percorso di ricerca, e forse è stato questo uno dei motivi per cui abbiamo deciso di intraprenderlo, non riuscivamo a capire perché i Rom vivessero nei campi. Chiunque risponda a tale domanda, come alla maggior parte delle questioni che riguardano i Rom, lo fa attraverso dei luoghi comuni, senza sapere di cosa parla, senza conoscere i desideri delle persone che ogni giorno vivono sulla loro pelle l’emarginazione, "mi sono svegliato asciutto..." L’esperienza che vogliamo raccontare è un chiaro esempio di come insieme, Rom e gagè possano costruire un percorso comune di convivenza all’interno di uno stesso quartiere. Attraverso l’occupazione e auto-recupero di un piccolo capannone industriale e degli uffici adiacenti ormai dismessi e abbandonati di proprietà del comune , la comunità di circa 60 Rom rumeni che fino all’anno scorso viveva nel campo di Quintiliani, ha trovato una soluzione all’emergenza abitativa. La comunità sentiva l’esigenza di trovare un luogo stabile dove poter vivere e far crescere i propri figli, una fissa dimora che permettesse ai più piccoli di frequentare una scuola ed avviare, fin dove è possibile, quella famosa ancora insipida, integrazione, asse portante dell’ormai stradiscusso fenomeno dell’immigrazione. Quintiliani si trova a pochi passi dalla Via Tiburtina, un quartiere piuttosto popolare e popoloso. Da tempo, come ci racconterà il Prof. Marco Brazzoduro, che ha seguito insieme ad alcune associazioni l’iter dell’occupazione, si faceva sempre più impellente l’esigenza dei Rom che si erano insediati nel campo abusivo di Quintiliani, di trovare un altro spazio abitativo dal momento che girava voce che sarebbero stati sgomberati. 14-02-2008 la povertà e la vergogna costante delle umiliazioni subite, solo perché Rom, zingari. Nessuno ama vivere nell’immondizia, in mezzo ai ratti e al fango e pensare che i Rom vogliano vivere nei campi perché fa parte della loro cultura è frutto del pregiudizio comune, fa parte delle nostre politiche di segregazione e del nostro considerarli erroneamente e ignorantemente ancora nomadi. Molti Rom hanno detto basta, uscendo allo scoperto e rivendicando un alloggio, che dovrebbe essere un diritto di ogni cittadino, attraverso lo strumento dell’autorecupero. “Siamo andati in giro con loro, abbiamo visto che il territorio del V municipio era pieno di casolari e fabbriche abbandonati. Ci eravamo informati sulla destinazione di questi edifici; alcuni erano stati destinati ad accogliere associazioni che si occupano di recupero di ex detenuti, tossicodipendenti. Andando per esclusione era stata individuata questa località, capannone utilizzato come deposito oramai abbandonato da anni e circondato da cumuli di immondizia. Era destinato ad area verde 46 e parcheggio, il terreno era pubblico, già espropriato...(tra la decisione e la realizzazione passano decenni).” Il fatto che il terreno fosse pubblico rassicurò un po’ tutti in quanto l’occupazione di un edificio privato in genere viene bloccata immediatamente non appena il proprietario denuncia. In questo caso c’è la possibilità di entrare in trattativa se si riesce ad avere un appoggio politico all’interno del municipio. La notte del 14/2/2008 si portò a compimento l’ occupazione scavalcando il muro della recinzione. Erano circa le 22:30. In pochi minuti l’ambiente è interamente illuminato, le donne organizzano letti e coperte (...). La notte passa tranquilla e l’indomani, alle nove del mattino, il luogo sembra trasformato, ripulito e ordinato con le poche e vecchie cose raccattate un po’ in giro(...) La mattina dopo, prosegue raccontando Brazzoduro, partirono subito le denunce da parte dei dirimpettai seppur molto distanti ma su palazzi molto alti che avevano visto questo movimento. “Si è presentata subito la polizia seppur in borghese che ha subito chiesto i documenti agli Italiani, visto che i Rom si erano fatti aiutare da alcuni volontari vicini alle loro esigenze, i quali avevano aiutato dando un appoggio, una presenza per rendere una testimonianza precisa e un impegno (…). Poi non è successo praticamente niente, ogni tanto veniva qualche poliziotto o vigile urbano a vedere, ma vista anche la tranquillità dell’ insediamento non hanno fatto niente. Abbiamo anche cercato l’ appoggio della parrocchia, siamo andati a parlare col parroco che già li conosceva, insomma per tessere una rete di possibili alleanze, in modo tale che se interviene la forza pubblica per un’ azione di re- pressione non ottiene nulla.” Durante il primo congresso nazionale della “Federazione Rom e Sinti insieme”, tenutosi a Roma il 22-23 Aprile scorsi, Cristina Formica, che da anni lavora con i Rom e che sta fondando insieme a Marco Brazzoduro e alla comunità di Quintiliani l’associazione Grifina (dal nome della figlia di 12 anni del portavoce Decebal) , racconta che il percorso con i Rom comincia molto prima, nell’inverno 2007, quando la comunità rom rumena chiese un appoggio politico. Decisero di dare solo quello, e non era poco per i Rom, in quanto fra i gagè che appoggiavano questa occupazione c’era anche diverse associazioni piccole e grandi (ARCI IMMIGRAZIONE, POPICA) “...non volevamo assolutamente prendere fondi per questa attività, eventualmente veicolarli per i Rom perché abbiamo fatto una serie di riflessioni sui progetti, perché siamo in disaccordo con le politiche del comune di Roma non solo di Alemanno ma anche di Veltroni, perché abbiamo provato ad impedire degli sgomberi e quindi...naturalmente siamo arrivati a dare questo appoggio. La cosa che più mi ha colpito la mattina dopo alle 8,00 quando siamo tornati all’occupazione, mentre c’era il primo controllo dei vari che si sono susseguiti nei mesi da parte delle forze di polizia, vigili urbani, digos, è stato il commento di una persona dell’occupazione che disse “mi sono svegliato asciutto” . Passare dalla baracca ad un posto che è solamente un piazzale con un capannone ha significato per queste persone svegliarsi asciutti e non bagnati dall’umidità dei campi abusivi...questa la dice tutta sulla condizioni abitative (…) 47 dall'occupazione ad oggi...fuori dal campo maggio 2009 La comunità di rom rumeni che ora risiede in Via delle Cave di Pietralata durante quest’anno di occupazione ha svolto un percorso di notevole importanza per quel che riguarda l’emancipazione e il superamento dei campi. Ciò dà realmente prova della volontà di lavorare per migliorare la qualità della vita del popolo rom e soprattutto può essere un esempio di buona pratica da seguire e di buona convivenza fra culture diverse nello stesso ambito socio-territoriale. Dal momento in cui la comunità ha occupato l’area, i Rom hanno lavorato tanto per sistemare tutto con le proprie forze; hanno dimostrato di volere e poter coabitare con i gagé del quartiere e sono entrati in ottimi rapporti sia con i cittadini che con le autorità del V municipio. visione d'insieme dell'area 1. capannone 2. tettoia 3. garage+wc+locale di servizio 4-5. palazzina+edificio di pertinenza capannone recuperato e in uso garage+wc+ locale di servizio recuperati e in uso Le persone che risiedono nell'occupazione sono circa 60, provengono tutte dalla citta' di Craiova in Romania e vivono in italia da circa 10 anni. Hanno vissuto per qualche tempo in un palazzo occupato di proprieta' delle FS. Dopo essere stati costretti a lasciare lo stabile si sono trasferiti nell’ex-campo abusivo di Quintiliani. Un anno fa, prima dello sgombero del campo hanno occupato il capannone e gli edifici di Via delle Cave di Pietralata. tettoia recuperata e in uso palazzina+edificio di pertinenza ancora da recuperare 48 49 L'autorecupero... L’intera area è costituita da un capannone che doveva servire da deposito da un lato , una tettoia, un edificio che probabilmente doveva servire da locale di servizio con i relativi spogliatoi e servizi igienici, due garage e due edifici isolati in condizioni ancora oggi degradate, in uno dei quali vivono degli italiani che prima di loro occuparono l’area. L’edificio disposto sul lato sud è stato recuperato sistemando per il momento soltanto uno dei due garage, il quale accoglie 6 alloggi. Il locale dei servizi igienici è stato ripristinato con un nuovo allaccio fognario e piccoli lavori di manutenzione. Il locale di servizio è stato trasformato in un ampio appartamento con una zona giorno e una zona notte adattati alle esigenze della famiglia di Decebal (il portavoce della comunità). I lavori interni a questa parte si sono limitati alla pulitura, stuccatura e pittura delle pareti. la tettoia è stata convertita in uno spazio ad uso comune e dei bimbi, con una cucina che viene utilizzata per le feste. Tutte le lavorazioni sono state es- eguite in circa due mesi. Per la pulizia dell’intera area dalla presenza di enormi quantità di spazzatura sono stati riempiti circa 2000 sacchi. Date la presenza di varie competenze all’interno della comunità fra cui elettricisti, carpentieri, muratori, la manodopera non ha avuto costi di alcun genere. L’allaccio alla rete idrica è stata fatto abusivamente mentre per l’elettricità si utilizza un gruppo elettrogeno, al quale ogni famiglia contribuisce con una quota per l’acquisto del carburante. tettoia che accoglie la cucina comune e lo spazio bimbi rilievo del 06-05-2009 Il capannone è stato sistemato dividendo lo spazio interno in una decina di minialloggi disposti a corte, ognuno dei quali dispone del suo angolo cottura esterno che dà sull’area comune. In questo spazio centrale tutti insieme mangiano e trascorrono insieme i momenti di socialità. La realizzazione degli alloggi all’interno del capannone e uno dei due garage è stata eseguita con materiali sia nuovi che di recupero. In particolare le coperture sono state realizzate con dei nuovi pannelli di truciolato e isolate termicamente con una guaina. Lo stesso isolante è stato usato per la realizzazione delle pareti. garage suddiviso in 6 minialloggi servizi igienici comuni elenco dei materiali usati E COMPRATI DAI ROM fino ad oggi per i lavori: pannelli di truciolato, spray isolante, tubi per nuovo allaccio fognario, nuove rubinetterie, stucco, tinte per interni, materiale di recupero casa di decebal costo totale dei lavori: rilievo del 20-05-2009 5.00o euro Obiettivi per il futuro: Al momento alcuni dei Rom di Quintiliani insieme ad alcuni gagè stanno fondando una cooperativa per la promozione sociale dei Rom (GRIFINA). Fra le finalità e obiettivi futuri, oltre all’aspetto sociale, c’è anche l’idea di creare una cooperativa di autorecupero che permetterebbe di accedere ai finanziamenti per i lavori che ancora sono necessari. La cooperativa con le diverse competenze al suo interno sarebbe un utile strumento per la formazione lavorativa dei più giovani. 50 51 8. il campo rom di via di 100 celle a roma Il territorio su cui sorge il campo rom di Via di Centocelle si trova lungo il “canalone” all’ interno dell’ area dell’ex aereoporto di Centocelle, situata nella periferia sud est di Roma, i suoi confini lambiscono quattro diversi Municipi: VI, VII, VIII, X. In passato nella medesima area si trovava il più grande campo rom d’ Europa, con i suoi 1400 residenti, il vecchio Casilino 700 , una baraccopoli multietnica, dove la popolazione zingara era molto giovane, anche perché a causa delle drammatiche condizioni di vita il tasso di longevità era il più basso in Europa. Gli abitanti di Casilino 700 erano, in ordine di consistenza numerica, Bosniaci e Montenegrini, Rumeni, Macedoni. Ancora prima accoglieva quel sottoproletariato di siciliani e calabresi immortalato dai vividi racconti e romanzi di Pier Paolo Pasolini. Il 17 ottobre 2000 venne sgomberato: tutti coloro i quali dimostrarono di essere in regola con i permessi di soggiorno vennero trasferiti nel nuovo campo costruito vicino a via Collatina e che aveva preso il nome di Via Salviati 2 , una parte fu trasferita di forza in un altro campo a Tor De’ Cenci per permettere lo sgombero totale dell’area, altre nelle aree abusive di Salone e Casilino 900 dove, nel corso degli anni, si erano accampati altri Rom. Viene così peggiorata la situazione di accampamenti di per sé già indecenti. Si allontanano dal centro della città verso aree periferiche isolate e prive di servizi. la nostra esperienza a 100 celle Era nostro interesse affrontare il problema della situazione abitativa dei Rom e cercare di capire insieme a loro quale potesse essere un’ alternativa possibile ai campi, per esempio tramite l’ occupazione e l’ auto recupero di un’ aree dismesse. Abbiamo conosciuto la comunità di Centocelle nel mese di febbraio, dal momento in cui abbiamo iniziato a collaborare con i ragazzi dell’ associazione POPìCA Onlus che opera nel settore d’intervento sulle problematiche dell’infanzia violata con lo specifico obiettivo di approfondire e affrontare il problema presso le popolazioni dell’Europa Balcanica, sia sul territorio nazionale che estero. L’ associazione aveva già avuto un’ esperienza con la comunità di Rom rumeni dell’ ex campo di Quintiliani, che da un anno ha auto recuperato un’ area in Via delle Cave di Pietralata nel V municipio. Grazie a loro siamo entrati in contatto con la comunità di Cento Celle. Il campo è formato da circa 150 persone. Sono quasi tutti giovanissimi, tanto che l’ età media è di 22 anni, quasi tutti provenienti da Călăraşi, distretto della Romania, Sono circa 100 lungo il fossato e 50 nella parte alta. In tutto ci sono 42 baracche più quelle sopra il fossato. Parla Gianluca, dell' associazione POPICA “Siamo arrivati qui circa ad ottobre. Abbiamo partecipato al bando della scolarizzazione come partner della CDS, col compito di occuparci dei cosiddetti insediamenti abusivi, iniziando a mappare quelli presenti nella zona del settimo municipio. A via di Centocelle siamo arrivati per caso. Erano le sette e mezzo di sera quando, assieme a Christian, responsabile della scolarizzazione per la nostra Associazione, 52 abbiamo incontrato un gruppo di ragazzini rom che ci hanno indicato dov’era il campo. Abbiamo scelto di calarci per quello che sembrava essere il sentiero d’ingresso, finendo invece in un insidioso dirupo che ci ha fatto finire col sedere per terra, trovandoci di fronte ad un gruppo di sudamericani che ci hanno indicato la strada per il campo. Siamo arrivati e ci sono venuti tutti incontro, un po’ incuriositi, un po’ per capire cosa volevamo a quell’ora. Abbiamo spiegato loro che non eravamo poliziotti ed eravamo lì per collaborare con loro qualora ne avessero avuto voglia. Sono stati tutti entusiasti soprattutto per la possibilità di mandare i bambini a scuola. Nessuno di loro frequentava. L’iscrizione scolastica é stata la prima forma di collaborazione che hanno voluto con noi. Si sono autocensiti, ci hanno voluto mostrare i loro documenti, hanno accompagnato i bambini a vaccinarsi, sono venuti con noi ad iscriverli alle scuole e hanno cominciato ad accompagnare i propri figli quotidianamente in classe, senza bisogno di accompagnatori o pulmini. Si é instaurata una catena tra di loro, cosicché i primi insegnavano ai secondi cosa dovevano fare. In particolare in questo percorso abbiamo avuto un gran sostegno dal portavoce dell’insediamento, Ion, che ha creduto da subito nella nostra idea di autorecupero ed indipendenza. La nostra idea é sempre stata quella di non sostituirci ai Rom nel servizio che gli compete (come genitori o come cittadini) ma di dargli gli strumenti perché siano loro gli unici protagonisti. I risultati sono stati Al Sindaco di Roma Gianni Alemanno; all’Ass.re alle Politiche Sociali del Comune di Roma Sveva Belviso; all’Ass.re alla Scuola, alla Famiglia e all’Infanzia del Comune di Roma Laura Marsilio; all’Ass.re alle Politiche Culturali del Comune di Roma Umberto Croppi; al Presidente del Municipio VI Giammarco Palmieri; al Presidente del Municipio VII Roberto Mastrantonio; alla Giunta del Municipio VI; alla Giunta del Municipio VII; ai cittadini ed alle cittadine dei Municipi VI e VII; alla Comunità civile tutta. OGGETTO: CHIEDIAMO UNA SOLUZIONE PER L’INSEDIAMENTO DI VIA DI CENTOCELLE Siamo le famiglie di rom romeni che vivono nell’insediamento spontaneo in via di Centocelle a Roma, siamo gli insegnanti delle scuole del VI Municipio dove ogni giorno i piccoli dell’insediamento vengono accolti per costruire il loro futuro, siamo operatori che si adoperano per la costruzione di un percorso di reale interazione sociale con il popolo rom. Collaboriamo ormai da diversi mesi per cercare di costruire un indispensabile cammino di auto-recupero che possa essere strumento unico per lo sviluppo autonomo della Comunità. Nell’insediamento vivono oggi 25 nuclei familiari per un totale di 78 persone, con un eta` media di 22 anni, che abitano in baracche di fortuna inadatte a contrastare il freddo e le intemperie di questo rigido inverno. Le condizioni igienico-sanitarie sono ben al di sotto della soglia minima di vivibilità: non vi é ne` acqua ne` corrente elettrica, non esistono servizi igienici ed il campo é ormai letteralmente invaso dai ratti, totalmente indifferenti al quotidiano tentativo di arginarli con veleni e trappole. Nonostante ciò, per volontà della stessa comunità, abbiamo intrapreso un percorso di interazione sociale che é partito dalla pre-scolarizzazione e scolarizzazione di tutti i bambini di eta compresa tra i 6 e i 13 anni. Ad oggi cinque bambini frequentano regolarmente la scuola dell’infanzia, cinque la scuola elementare presso il “126° circolo Iqbal Masiq” e tre la scuola media presso la “S.M.S. G. Massaia”. Altri bambini rimangono in attesa della disponibilità di posti per essere iscritti nelle scuole dell’infanzia. Le scuole e l’Associazione Popica o.n.l.u.s. che ne segue la scolarizzazione, hanno potuto riscontrare risultati egregi, ottenuti principalmente grazie all’encomiabile impegno ed interesse delle famiglie e dei bambini stessi. La positività di questi risultati é confermata anche dall’assidua frequenza alle lezioni, come dimostrato dall’ottenimento di ben quattro borse di studio ottenute dai bambini della scuola elementare. Gli adulti dell’insediamento hanno sempre dimostrato la volontà di migliorare la propria condizione attraverso un atteggiamento propositivo ed autonomo fondato su principi di rispetto e di legalità, come confermato anche dai continui controlli delle forze dell’ordine che non hanno mai rilevato alcuna forma di violazioni di Legge.Alla luce di ciò, chiediamo alle Istituzioni competenti: - che si facciano ufficialmente carico della condizione di questa comunità, che fino ad oggi é stata costretta all’invisibilità in uno stato di evidente violazione dei Diritti Umani; - che venga proposta quanto prima una soluzione abitativa la cui vivibilità rispetti la dignità umana; - che la comunità non venga sradicata dal territorio con la conseguente e drammatica interruzione dei percorsi scolastici magnificamente intrapresi dai bambini e dalle loro famiglie; - che si possa creare uno specifico Tavolo comune tra le Istituzioni, la popolazione interessata, la comunità rom di via di Centocelle, gli operatori che vi collaborano e le scuole del Municipio, affinché si arrivi a soluzioni condivise. Comunità rom romeni di via di Centocelle Associazione Popica Onlus Scuola Secondaria di I grado “G.Massaia” Simonetta Salacone – Dirigente Scolastico 126° Circolo Didattico Luciano Ventura – Presidente del Consiglio 126° Circolo Didattico Collegio Docenti 126° Circolo Didattico Studentesse Master in Progettazione Partecipata PISM – Roma3 Stalker – OsservatorioNomade 53 da subito strabilianti. Tutti i bambini in eta`di scuola elementare e media sono stati iscritti ed hanno frequentato con frequenza altissima ed enorme soddisfazione degli insegnanti, quelli della scuola d’infanzia dopo una lunga lista d’attesa sono stati inseriti, ad eccezione dei bambini in eta`da nido che purtroppo non avendo trovato posto sono stati costretti a restare al campo con le mamme.” A differenza di grandi comunità questa e’ una piccola comunità molto tranquilla, fatto che ha permesso un' organizzazione interna al campo ottima. Non hanno mai avuto problemi con le persone del vicinato. Se ci si mette all’ entrata, si può osservare un via vai continuo di ragazzi che con le loro bici vanno a lavorare raccogliendo ferro, alluminio per poi rivenderlo. Via vai che comincia alle 4 del mattino e finisce alle 7 di sera. La cosa che inizialmente ci ha colpito entrando nel campo è stata l’ estrema pulizia, anche perché non ci si può immaginare che difficoltà ci siano a mantenere puliti sia l’ ambiente circostante, sia se stessi in una condizione in cui si devono fare sempre lunghi viaggi per prenderla l’acqua. Il campo non possiede servizi igienici, tantomeno bagni chimici. E’ inserito proprio nel fossato presente all’ interno dell’ aereoporto di Centocelle, e le condizioni igienico-sanitarie sono pessime, soprattutto per la presenza di grandi ratti, da cui le uniche difese sono una pulizia estrema all’ interno delle baracche, e la presenza di alcuni cani che fanno il loro lavoro benissimo, anche se uno di questi è rimasto sfregiato. 54 Lucica, moglie di ion, ci racconta che bisogna non lasciare niente da mangiare in giro, stare attentissime specie dentro le baracchine, soprattutto per i bambini piccoli la paura e' enorme, anche perche' hanno ancora la crosta lattea. Circa un mese fa, infatti, il figlio piu' piccolo e' stato morso da un topo, e' stato portato subito al prontosoccorso, la paura e' stata grande, ma per fortuna e' andato tutto bene. E se d’ inverno c’è il problema enorme del freddo e del fango, in estate c’è quello della polvere continua e dell’ estremo caldo asfissiante, poiché nel fossato non filtra una bava di vento. Per questo ed altri motivi, sottolineando più volte e chiaramente che “non è per noi, noi possiamo arrangiarci, ma è per i nostri figli!” questa comunità ha iniziato ad intraprendere un percorso di lotta per la casa, grazie alla collaborazione dei ragazzi di POPìCA. Con loro e con la comunità abbiamo avuto la fortuna di collaborare in tutti questi mesi. All’ inizio la necessità di spostarsi dal campo era soprattutto per la paura dello sgombero. Più volte, infatti, polizia ed esercito sono andati al campo minacciandoli di sgomberarli e di togliere loro l’ affidamento dei bambini...e si sa...le maniere che hanno in questi casi non sono tra le più democratiche, in particolare l’ esercito che riesce in un attimo grazie alle ruspe a distruggere il poco che hanno, passando sulle baracche senza nemmeno permettere loro di prendere qualcosa dall’ interno. Inutilmente si è fatta richiesta al sindaco, al municipio, alla comunità civile tutta di risolvere la questione abitativa di questa comunità, ma a tale richiesta non è seguita alcuna risposta. Per questo motivo insieme ai ragazzi di POPìCA abbiamo sostenuto la loro volontà di trovare un altro luogo, eventualmente dismesso e da autorecuperare nella zona in prossimità del campo. Hanno scelto zone non troppo lontane dall’insediamento per permettere ai bambini di continuare a frequentare le scuole dove finalmente sono riusciti ad inserirsi dopo le difficoltà iniziali, ma che grazie all’ aiuto di “insegnanti illuminati” che più volte hanno sostenuto la comunità, hanno ottenuto dei risultati eccellenti grazie ai quali quattro bambini hanno vinto una borsa di studio. La città di Roma è piena di immobili dismessi e case sfitte, ed è altrettanto piena di persone che non hanno casa e sono costrette a vivere in condizioni disagiate. Occupare è reato, ma lo è altrettanto fare vivere le persone ai limiti di ogni diritto umano considerando che esistono a Roma 140 mila appartamenti vuoti. 55 il campo di via di centocelle sono circa 42 baracche Ionut racconta: “Tutte le baracchine le abbiamo costruite noi, i materiali li abbiamo recuperati nell’ immondizia, andiamo col carrello, col camion, e vediamo se c’è qualcosa che ci può servire. E’ tutto legno, iniziamo dalla base, poi alziamo le pareti, alla fine la mettiamo copertura. All’ interno mettiamo le lenzuola nelle pareti. Adesso non fa freddo ma per l’ inverno poniamo la plastica sulla copertura per la pioggia che se no entrerebbe dentro. La cucina la teniamo fuori. Noi sappiamo lavorare molto bene, certo, non tutti, ma qui ci sono persone che sanno fare un po’ di tutto, elettricisti, muratori.. e non spendiamo tanto per i materiali perchè li recuperiamo.. non avremmo alcun problema a sistemare e fare dei lavori di recupero in un edificio.” edifici non utilizzati e abbandonati all' interno dell' area analizzata Si sgombera troppo spesso e molto facilmente, senza prevedere alcuna soluzione abitativa. Ma queste persone che cosa devono fare?... Sparire?... ovviamente dovranno occupare un nuovo posto, poichè non ne posseggono uno. Quando i Rom di Centocelle andavano a vedere dei posti liberi presenti vicino alle scuole Ion all’ inizio ci portava anche in nuove aree libere, non costruite, ma man mano che è passato il tempo il desiderio di una casa, di sicurezza, e anche di indipendenza è aumentato, ed insieme a questo hanno iniziato un percorso politico di rivendicazione dei propri diritti. 56 57 BASTA SGOMBERI SENZA ALTERNATIVE ABITATIVE DEGNE La mattina del 24 aprile 2009 forze dell’ordine e militari hanno annunciato alla comunità di rom romeni che vivono nell’insediamento di via di Centocelle lo sgombero per il 29 aprile 2009. In base a quanto comunicato, oltre alla minaccia di distruggere le baracche con tutto ciò che vi si troverà all’interno, le famiglie rischierebbero anche la sottrazione dei propri figli e l’affidamento ai servizi sociali. Non sono state previste alcune soluzioni abitative alternative. Non esiste ad oggi alcuna risposta alla richiesta scritta inoltrata, già alcuni mesi fa, da parte della comunità a tutte le istituzioni competenti (di qualsiasi appartenenza politica), per raggiungere una soluzione condivisa alla loro invivibile condizione abitativa. In questi mesi la comunità ha continuato ad accompagnare tutti i propri figli a scuola con un’altissima frequenza in classe, che è valsa anche quattro borse di studio. Non siamo disposti ad accettare passivamente l’ennesima violazione evidente dei Diritti Umani e dell’Infanzia. Già troppe volte siamo stati costretti ad assistere a sgomberi senza prospettive di soluzioni reali per le comunità e per chi li circonda, sgomberi violenti che si sono limitati al feroce abbattimento di interi villaggi senza la previsione di sistemazioni alloggiative alternative. Come cittadini, riconoscendoci nei Valori della Costituzione, diffidiamo l’Amministrazione dall’interrompere i percorsi delle vite di questi individui che sempre hanno dato prova di lavorare per la propria interazione sociale attraverso percorsi di auto-recupero e di scolarizzazione autonoma dei più piccoli. Per questo, mercoledì 29 aprile 2009, saremo, per l’intera giornata, accanto alla comunità dei rom di via di Centocelle al fine d’impedire lo sgombero, al fine d’impedire quest’ennesima violazione dei Diritti Umani. Promotori: POPICA ONLUS - Studenti/esse PISM ROMA3 - ARCI ROMA - STALKER OsservatorioNomade - Casa dei Diritti Sociali FOCUS - FEDERAZIONE ROM E SINTI - Antica Sartoria Rom - GRUPPO EVERYONE GRUPPO WATCHING THE SKY - Associazione ANNE’S DOOR - Sezione A.N.P.I. “Giordano Sangalli” Roma7 - Lega Missionaria Studenti - Laboratorio Sociale 100celle - Comitato Donne 100celle e dintorni - Sportello Popolare Quarticciolo - Roma` Onlus - Associazione TERRA TERRA - Centro d’iniziativa popolare Centocelle Alessandrino - Centro Informazione, Ricerca e Cultura Internazionale - MISSIONE CATTOLICA ROM E SINTI - Coordinamento Giovani in Lotta - Coordinamento per la difesa del Parco Tor Tre Teste Alessandrino - Spazio Sociale 100celle APERTE - SCUP Spazio Culturale Peperino - “Una scuolina per crescere” ARPJ-Tetto maggio dei precari, sono andati alle assemblee di lotta per la casa, sia gli uomini che le donne, inLa necessità di spostarsi com’è sieme ad altri migranti, e hanno nata? parlato pubblicamente di fronte a “E’ stato uno dei primi desideri, queste assemblee, e i Rom sono anche se all’ inizio erano molto sempre assenti da questo giro. impauriti. Quando siamo arrivati Rappresentano “dei Rom anomali”, la comunità non usciva mai dal rifiutano l’ assistenzialismo e tencampo, le donne e i bambini rima- dono a dialogare con l’ esterno, nevano sempre nell’insediamento, vogliono essere parte attiva.” avevano paura di portarli ai semafori, gli uomini uscivano per lavorare. Poi pian piano si sono affacciati al mondo esterno, si sono abituati ad accompagnare i bambini a scuola come prima fase, poi con l’ assistenza sanitaria hanno imparato a portare i bambini all’ ospedale, al pronto soccorso del policlinico, hanno imparato a fare le cose senza essere assistiti o accompagnati sempre, abbiamo scelto di informarli e dare loro un’ istruzione sui diritti dei quali godevano, perché stando chiusi qui dentro non li conoscevano. I protagonisti restano loro, noi possiamo essere dei partner, un sostegno, e quindi devono essere solo responsabilizzati a chiedere e pretendere le cose. Hanno iniziato a fare delle rivendicazioni di carattere politico, hanno partecipato alla MAY DAY, il primo Parla Gianluca, dell' associazione POPICA Che ne pensi dei campi attrezzati? “Noi come Popica abbiamo collaborato all’occupazione dei Rom di Quintiliani in via Cave di Pietralata, dove continuiamo ad essere, e, prima, in Via Aldobrandeschi, un’ altro campo abusivo, che è stato sgomberato. Ma non siamo mai intervenuti in campi attrezzati. L’intervento di scolarizzazione arriva anche a Casilino 900 con i bambini che non vanno a scuola per una la scuola all’interno del campo, in maniera tale che non appena si liberano i posti i bambini non arrivano completamente impreparati. Io credo che a conti fatti il campo attrezzato rimanga meglio del campo abusivo, poiché andando per gradi qui si è a livello zero, non ci sono condizioni sanitarie, di sicurezza, qui sei dimenticato da tutti, qui non ci sono progetti su di te, quindi non ci sono fondi economici stanziati. Sicuramente l’attrezzato è un livello migliore, anche se con tante limitazioni, ma bisognerebbe prevedere il superamento anche di questo, andando per gradi. Il container non può essere una soluzione definitiva, ma solamente di passaggio verso una situazione più stabile. Qui i Rom sono inseriti nel territorio fin quando “li lasciano stare”, tra pochi giorni verranno mandati via, come limite ultimo hanno dato la chiusura delle scuole, e senza una soluzione alternativa dovranno ricominciare da capo, inter- rompendo tutte le relazioni che hanno costruito: c’è un’ insicurezza totale, e la vera sicurezza che manca e’ proprio la loro sicurezza, quella dei Rom, soprattutto dei Rom che vivono in un campo abusivo. Il campo attrezzato va superato, poiché è un luogo spersonalizzato, un non- luogo, una prigione libera. Un campo abusivo è molto più personalizzato anche a livello architettonico, ma barattare la sicurezza dei bambini, la possibilità domani di esserci per questo mi sembra sbagliato. La vera insicurezza è infatti la loro, anche se si parla sempre di quella degli altri, tanto che ogni volta che c’è un crimine i primi campi che vengono setacciati sono questi.” C’è una soluzione che possa funzionare magari che sia alternativa al campo abusivo o attrezzato? ““Io non credo che ci sia una soluzione univoca per tutti i Rom, va studiato caso per caso, Rom di provenienza differente hanno esigenze differenti, ma anche storie ed esigenze abitative differenti. Venerdi' 1 maggio 2009, circa 60 rom romeni tra uomini, donne e bambini, dell' insediamento romano di via di Centocelle, hanno deciso di partecipare al corteo della MayDay con un proprio spezzone aperto da uno striscione sul quale era scritto: "SIAMO ROM, NON SIAMO NOMADI VOGLIAMO LA CASA. I Rom e le Romni' di via di 100celle." Durante il percorso della manifestazione, nella quale si rivendicava casa e reddito per tutti e tutte, la comunita' ha anche diffuso un volantino nel quale veniva illustrata la propria volonta' di uscire allo scoperto e a rivendicare i propri diritti. in preparazione per la manifestazione della may day.. 58 59 Credo che il passo finale possa no essere le case, come per tutti gli altri, in alcuni casi come per loro la richiesta è quella di vivere in una casa, quindi l’obiettivo deve sempre essere quello che chiedono loro, C’è chi può chiedere un campo, un camper, un terreno, generalizzare tutto è quello che è stato fatto fin ora, come il costruire un campo nomadi perché sono nomadi, quando in realtà non è così, alcuni sono nomadi ma non tutti, la maggioranza non lo è. Uno studio di carattere abitativo deve essere fatto di comunità in comunità, analizzando quello che vuole un Marius, uno Ion, cercando di capire se vogliono stare insieme perché fanno parte della stessa comunità, perché magari vogliono essere divisi in nuclei famigliari, in più contesti, quindi un’ analisi completa di ciascuno. A volte purtroppo abbiamo la presunzione di sapere quello che vogliono senza domandarglielo”. Parla Maria “Noi stiamo a casa con i bambini, i mariti vanno a lavoro, alcune di noi lavorano, ma l’ importante è che qualcuno rimanga al campo. Noi abbiamo paura che viene la polizia e magari ci portano via i bambini e non ci stanno i genitori. Mia marito va a lavoro in giro per trovare ferro e alluminio per rivenderlo. La mattina facciamo la pulizia tutti insieme, poi accompagnamo i bambini a scuola. Le decisioni per la famiglia vengono prese insieme ai mariti. Io sto qui da 8/9 mesi e ho tre figli, una femminuccia di 4 anni e due maschi di 7 e 2 anni Io ho 27 anni, mia sorella Lucica 24. Spero di andare in un posto migliore, specie per i miei figli, poiché qui ci sono troppi topi, e non possiamo tenere niente in giro dentro le baracchine. Adesso ci hanno chiuso una fontanella dentro il parco, e dobbiamo fare più strada, arrivare dopo il Todis, per prendere l’ acqua. Avvolte bisogna fare più viaggi, e qui abbiamo pochi molti mezzi di trasporto, la maggior parte sono bici. C’è bisogno di aria fresca, e qui nel fosso l’ aria non è fresca, già quando andiamo a fare la spesa respiriamo meglio, e con una casa riusciremmo a fare come vogliamo, anche se ci sono persone che disturbano non dobbiamo per forza conviverci. Quando abitavo in Romania abitavo in una casa, vorremmo tornare nei nostri paesi ma non ci sono le condizioni. Sperimo e preghiamo tutte le notti per andare in un posto migliore. da carta 18 anno xi 22-28 maggio 2009 60 61 3 giorni di occupazione 18,19,20 giugno 2009 la comunita' rom di via di centocelle occupa uno stabile in Via Gordiani dopo l’ennesima minaccia di sgombero del campo, col supporto dei Blocchi Precari Metropolitani, e di POPìCA Onlus. Hanno appoggiato la comunità molte persone del quartiere, associazioni, genitori ed insegnanti delle scuole frequentate dai bambini. 62 63 FOTO 1. 2. 3. 4. 7. DI michele palazzi FOTO 5. 6. DI max intrisano 2. 1. FOTO 8. 9. 10 DI michele palazzi FOTO 11. 12. 13 DI max intrisano 5. 8. 9. 4. 3. COMUNICATO STAMPA DI POPICA ONLUS SULL'OCCUPAZIONE ABITATIVA DEI ROM E DELLE ROMNI` DI VIA DI 100CELLE Il pomeriggio di giovedì 18 Giugno, circa 100 rom e romnì provenienti dalla Romania, adulti e bambini, che da oltre un anno erano costretti a vivere in una baraccopoli di via di Centocelle a Roma, hanno deciso di occupare un edificio da tempo abbandonato nel VI Municipio, rivendicando il proprio diritto alla casa. Già da diversi mesi la comunità ha intrapreso un percorso di rivendicazione dei propri diritti sostenendo convintamente di essere rom e non nomadi, respingendo così il pregiudizio secondo il quale i rom debbano obbligatoriamente essere senza radici. In questo percorso hanno solidarizzato con altri italiani e migranti sempre nella propria autonomia di persone auto-sufficienti. Le richieste presentate sin da febbraio alle Istituzioni competenti, di qualsiasi parte politica, sono sempre rimaste senza alcuna risposta, nonostante la comunità, con la scolarizzazione autonoma dei bambini e il rispetto della legge degli adulti, abbia voluto sempre dimostrare una convinta volontà di interazione con il quartiere e la società. Proprio alla luce di questo percorso, nell'imminenza di un ennesimo sgombero, in rete altre importanti realtà sociali di questa città, i membri della comunità rom hanno deciso di riappropriarsi del proprio diritto ad esistere e vivere dignitosamente dentro una casa e non rinchiusi in un campo. POPICA ONLUS, alla luce di un percorso umano intrapreso un anno fa con questa comunità, che ha portato a condividere soddisfazioni e sofferenze, esprime la totale solidarietà ai rom ed alle romnì che hanno voluto riaffermare il proprio diritto alla casa e all’esistenza. 6. La mattina del 17 giugno scorso alle 9 circa ci arriva una chiamata di Gianluca: “Ragazze, correte al campo. Ci sono i militari!!!!” Subito di corsa ci mettiamo in moto. Immaginiamo già cosa stia succedendo. Qualche mese prima, il 24 Aprile, i militari erano già stati al campo per effettuare lo sgombero che fortunatamente si è riusciti a impedire grazie alla mobilitazione di tutte le associazioni e la scuola almeno per continuare a permettere ai bambini di finire l’anno scolastico in corso. Il 17 giugno i militari sono tornati ad avvertire la comunità rom che entro 48 ore avrebbero dovuto lasciare il campo di loro spontanea volontà, o sarebbero stati sgomberati con la forza....minacciando inoltre di togliere loro i bambini e affidarli ai servizi sociali. 11. 7. Ci allertiamo immediatamente. E’ giunto il momento di preparare tutte le “forze” per l’ occupazione entro le 48 ore, in caso contrario la comunità verrà sgomberata e allontanata dal territorio in cui da mesi ha cominciato ad inserirsi. Immediatamente discutiamo sul da farsi con i BPM, i Blocchi Precari Metropolitani, con i quali la comunità ha intanto nei mesi intrapreso un percorso di lotta per la casa, prendendo coscienza dei propri diritti. Nè noi ne loro sapremmo gestire l’ occupazione soprattutto a livello politico....ognuno in fondo mette in campo le proprie competenze. Il pomeriggio del 18 giugno, per un centinaio dei loro, dopo una concitatissima corsa lungo Via dei Gordiani e dopo aver tagliato le catene all’ingresso, si è aperta insieme ai cancelli dell’exdeposito Heineken la speranza di un tetto vero. Il deposito è in stato di abbandono da dieci anni e su di esso mirano interessi speculativi non indifferenti. Esiste il progetto dell’ennesimo supermercato, alla cui costruzione si stà opponendo la cittadinanza. Tutta la comunità è coraggiosissima nell’affrontare la situazione. Sin da subito si auto-organizzano benissimo, hanno cominciato a svuotare lo stabile, raccogliendo in un unico mucchio una marea di immondizia. Il clima dall’ altra parte è molto teso per quello che succederà in seguito. “L’edificio appartiene ad un privato e i Rom qua non ci possono stare... occupare è un atto di piena illegalità” ci viene ripetuto più e più volte. Dall’altra parte invece tanta solidarietà da associazioni, insegnanti, genitori e rappresentanti del centrosinistra. 12. 13. POPICA ONLUS 64 10. 65 1. 2. ROM: NON E’ UNA QUESTIONE DI ORDINE PUBBLICO Questa mattina i rom che due giorni fa avevano occupato l’ex deposito Heineken in via dei Gordiani 40, per reagire alla minaccia di sgombero, hanno deciso di tornare al campo di via di Centocelle. La decisione è stata presa dopo l’intervento del Prefetto, della Questura e del Comune di Roma che, dopo avere definitivamente bloccato lo sgombero, hanno garantito l’apertura di un tavolo formale lunedì mattina per trovare una soluzione abitativa a tutti gli abitanti del campo, 300 persone in tutto. Prima di rientrare nell’insediamento di via di Centocelle, il Comune ha provveduto a portare l’acqua, 10 bagni, i cassonetti e a ripulire la zona dai rifiuti. Nei prossimi giorni verrà predisposta la derattizzazione dell’area. E’arrivato dunque un segnale differente, ma è evidente che a partire dalla vicenda dei rom di via di Centocelle la città tutta deve alzare la testa per ribellarsi alle politiche di ghettizzazione nei campi e chiedere per i rom un’accoglienza diversa. La lotta che la comunità di via di Centocelle porta avanti da diversi mesi per il diritto alla casa e alla dignità proseguirà perché non è sufficiente migliorare le condizioni nei campi per vivere decentemente. Così come proseguirà la battaglia per rimanere all’interno del territorio nel quale questa comunità si è inserita, come dimostra il meccanismo di solidarietà che si è sviluppato intorno all’occupazione in questi giorni, a partire dal Municipio VI e dalle scuole, frequentate regolarmente dai bambini fuori dalle logiche assistenzialiste presenti in molti campi. Lunedì mattina alle ore 12 chiederemo al Prefetto di avviare un ragionamento generale sull’accoglienza e sulle richieste sollevate con l’occupazione di via dei Gordiani: il diritto alla casa prima di tutto, negato a migliaia di italiani e di migranti in questa città, e il diritto a rimanere sul territorio per non disperdere il percorso di inserimento sociale avviato da questa comunità in maniera autorganizzata. Vannisanti, vice-presidente del VI municipio. Nel mentre , almeno per questa notte possono dormire lì. La giornata successiva trascorre tra la continua incertezza e timore di dover lasciare lo stabile e la speranza invece di poterci rimanere. Le persone hanno comunque preso in mano al situazione, si organizzano i turni di guardia , si dettano le regole per la gestione dell’occupazione, si puliscono gli interni con la candeggina...qualcuno progetta già...“Sistemiamo i vetri, lo pitturiamo, lo facciamo diventare nuovo, non abbiamo bisogno di nessuno, qui dentro ci sono persone capaci di fare qualsiasi tipo di lavoro”. Gli aiuti e il sostegno arrivano da diverse parti, dal centro sociale Forte Prenestino arrivano ben tre bagni chimici che sono stati collocati all’ interno della struttura, arrivano persino medicinali e vestiti. Alla sera ci giunge la cattiva notizia che il Prefetto e la Questura non sono disposti a scendere a compromessi e nel giro di poco la situazione si ribalta finchè verso le 23 arriva la “proposta” del Sindaco Alemanno, che riguarderà però solo donne e bambini. Si può ben immaginare cosa potrebbe succedere. La soluzione porterebbe allo smembramento di tutte le famiglie. Proposta alla quale qua- Roma, 20 giugno 2009 3. tocelle è sospesa fino a che non emerga una soluzione abitativa alternativa. Nel frattempo si è fatto carico di procedere alla richiesta di generatori elettrici e di inoltrare la domanda per la riapertura della fontanella del Parco di Centocelle attualmente chiusa, oltre a confermare gli impegni già precedentemente assunti per rendere sostenibile la momentanea collocazione (WC chimici, cisterna d’acqua potabile, derattizzazione, bonifica del territorio e installazione dei cassonetti dell’immondizia)”, come si può leggere sul comunicato di POPìCA del 22 giugno. Nonostante lo sforzo di venirci incontro, purtroppo, l’unica proposta alternativa che ci viene dal Prefetto è quella che deriva dall’ ultimo “Regolamento dei campi” del febbraio scorso. Unica soluzione offerta contro “l’emergenza” rom è, e continua ad essere, da parte delle amministrazioni, l’inserimento nei campi attrezzati. Campi-ghetto che vorremmo abolire e superare. Nei giorni seguenti, durante le visite al campo, tra pagelle dei bimbi, genitori orgogliosi, speranzosi per il futuro, gioia per l’acqua appena arrivata si riparte. Tutti sanno che è una soluzione provvisoria. La strada è ancora lunga, ma la volontà e la tenacia ci sembrano altrettanto grandi. Si ricomincia da qui! -Rom e Romnì di via di Centocelle -Blocchi Precari Metropolitani -Popica onlus 5. 4. Stavolta la situazione ha letteralmente colto di sorpresa Polizia, Folgore e Comune di Roma, già pronti a sgomberare il campo. Si sono resi conto tutti che di fronte all’imminente minaccia di sgombero stavolta i Rom non hanno atteso rassegnati , si sono mossi, hanno finalmente alzato la testa, gridando l’incapacità dell’amministrazione di affrontare il tema dell’accoglienza e dell’ integrazione con i loro slogan lunque persona con un minimo di sensibilità e animo umano verso il prossimo e la famiglia si opporrebbe. La nostra posizione è un no categorico a questo tipo di scelta. La situazione a quel punto è molto difficile da gestire e proprio nel momento in cui sembra oramai persa ogni speranza di trattativa ci giunge la notizie che Prefetto e Questura sono disposti a portare wc, acqua e a derattizzare l’area se si lascierà lo stabile il giorno seguente, con la garanzia di apertura di un Tavolo formale il lunedi seguente, finalizzato a trovare una soluzione definitiva. I Rom accettano con l’amaro in bocca la proposta fattagli , e se anche l’ occupazione è durata solo tre giorni il risultato è ottimo. E’ tristissimo guardare gli occhi di quelle persone che prima erano piene di speranza, la speranza di poter migliorare la loro condizione di vita, ma soprattutto quella dei loro figli, quando capiscono che bisogna tornare indietro. “L’aria al campo è stagnante” ci dicono “qui è meglio, si respira” il Tavolo svoltosi il lunedì mattina, nonostante le posizioni ferree del prefetto sull’illegalità dell’occupazione e sulla gestione dei campi, garantisce “che ogni operazione di sgombero dell’insediamento di Via di Cen- “Il nostro pacchetto sicurezza, casa diritti, libertà per tutti”, “Siamo rom, non siamo nomadi, vogliamo la casa” . Di fronte a questa situazione lo sgombero delle persone che sono rimaste al campo è bloccato. Da un punto di vista mediatico sgomberali sarebbe ammettere l’incapacità politica di affrontare la situazione ancora una volta senza trovare una soluzione. Nella piena consapevolezza che i Rom non possono stare lì, la richiesta successiva è quella di aprire immediatamente un Tavolo di trattativa affinchè si trovi una soluzione dignitosa e a lungo termine. Le persone lascieranno lo stabile per tornare al campo solo con la garanzia di condizioni migliori, wc e acqua, ma soprattutto la garanzia di aprire un Tavolo per risolvere in maniera più definitiva la situazione, senza sgomberi insensati. Per l’indomani mattina è previsto l’incontro con 7. 6. FOTO 1. DI michele palazzi FOTO 2. 3. 6. 7. DI max intrisano liberta' e' partecipazione 66 67 INCONTRO CON IL PREFETTO DI ROMA IN MERITO ALLA SITUAZIONE DEI ROM E DELLE ROMNI’ DI VIA DI CENTOCELLE Oggi, 22 Giugno 2009, come precedentemente annunciato, si è svolto l’incontro in Prefettura per avviare un ragionamento generale sull’accoglienza e sulle richieste sollevate dopo l’occupazione di via dei Gordiani. Oltre al Prefetto e due sue collaboratrici, era presente una delegazione di rappresentanti dei Rom e delle Romnì di Via di Centocelle, dei Blocchi Precari Metropolitani e dell’Associazione Popica onlus. Il Prefetto ha dato garanzia che ogni operazione di sgombero dell’insediamento di Via di Centocelle è sospesa fino a che non emerga una soluzione abitativa alternativa. Nel frattempo si è fatto carico di procedere alla richiesta di generatori elettrici e di inoltrare la domanda per la riapertura della fontanella del Parco di Centocelle attualmente chiusa, oltre a confermare gli impegni già precedentemente assunti per rendere sostenibile la momentanea collocazione (WC chimici, cisterna d’acqua potabile, derattizzazione, bonifica del territorio e installazione dei cassonetti dell’immondizia). Il Prefetto ha inoltre dichiarato di non essere stato direttamente responsabile di interventi dei militari negli insediamenti Rom della Capitale. Nell’apprezzare la volontà della Prefettura di ricercare una soluzione condivisa alla condizione della comunità Rom di Via di Centocelle, ribadiamo la nostra assoluta contrarietà alla politica dei campi nomadi che anziché garantire il Diritto alla casa, rimangono inaccettabili strumenti di ghettizzazione sociale. Per questo continueremo a discutere, lavorare e lottare per il diritto ad un’esistenza degna di questa comunità. Roma, 22 Giugno 2009 Rom e Romnì di via di Centocelle Blocchi Precari Metropolitani Popica onlus 1. 3. 2. 5. 4. FOTO 2. 3. DI michele palazzi FOTO 4. 5. DI max intrisano 68 69