EDITORIALE Simulazioni
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EDITORIALE Simulazioni
EDITORIALE Simulazioni Le esperienze di applicazione dell’e-Learning si stanno stratificando in maniera consistente, tanto da farci individuare configurazioni e linee guida ormai standardizzate de facto nei diversi specifici settori, a seconda di obiettivi e target di destinazione. Con il delinearsi sempre più netto del profilo delle diverse declinazioni dell’e-Learning, emergono però con altrettanta chiarezza - per contrasto - le zone di confine in cui l’e-Learning promette di dirigere i prossimi passi. Tra queste aree - fisiologicamente turbolente, ancora in fase di prima o seconda sperimentazione - presenta particolare interesse in questo momento il mondo che ruota intorno alle applicazioni del learning by doing e dell’apprendimento ludico, coniugate attraverso modelli formativi che vanno sotto il nome generico di “simulazioni”. Termine questo peraltro ambiguo e foriero di confusione, dato che viene usato dagli studiosi, dai progettisti, dagli utenti, dai fornitori e dai committenti attribuendogli significati spesso diversi tra loro; e che di solito è affiancato o sostituito o confuso o integrato con termini quali business game, serious game, e-simulation, gioco di ruolo, edutainment e loro varianti o combinazioni. Lo speciale che Je-LKS dedica alle simulazioni in questo numero si pone due obiettivi: • il primo è quello di dare un contributo per eliminare (o almeno ridurre) le ambiguità esistenti, proponendo agli studiosi una tassonomia da condividere (o almeno da discutere su basi comuni) per dare una proprietà di linguaggio condivisa a questa area in fieri dell’e-Learning; • il secondo obiettivo è quello di raccogliere, divulgare e confrontare le esperienze concrete più interessanti realizzate in Italia in questo campo. Gli studi e le esperienze presentate in questa pagine hanno origine da una ricerca condotta nel corso degli ultimi anni presso il laboratorio e-Learning LABeL del CATTID dell’Università Sapienza di Roma: ricerca che si è concentrata in particolare nel 2008-09 sulla messa a punto di una tassonomia basata sugli studi classici relativi a gioco e simulazione, anche al di fuori del mondo della formazione e di quello trasversale dell’editoria digitale: una ricerca teorica che ha cercato la sua sponda operativa e il suo riscontro nel confronto sistematico con la gran parte dei progettisti, committenti e sviluppatori di simulazioni attivi sul territorio nazionale . Per dare conto del contesto e delle motivazioni per cui abbiamo sviluppato lo scorso anno la ricerca al LABeL CATTID della Sapienza e ora questo Focus di Je-LKS sulle simulazioni, e prima di entrare nel merito degli apporti teorici e pratici contenuti nei lavori raccolti per questo speciale, vorrei condividere qui la serie di osservazioni e di domande che hanno dato vita al nostro lavoro. Primo punto: perché l’interesse per le simulazioni? La risposta del nostro gruppo di lavoro ha seguito questa traccia: 1. nel panorama dell’e-Learning l’utilizzo delle simulazioni invece dei percorsi di apprendimento che ricalcano quelli tradizionali in presenza costituisce un passo deciso verso un approccio meno deterministico: potremmo dire un approccio più “complesso”, in cui intendiamo per complesso un problema (e un sistema) in cui agiscono contemporaneamente e in maniera non lineare molti elementi indipendenti in grado di creare pattern che non sono prevedibili a priori studiandone semplicemente i singoli elementi (di altra natura sono viceversa i problemi e i sistemi “complicati”, che per definizione sono “semplificabili” in sequenze “linearizzabili” senza la perdita di quelle proprietà caratteristiche che emergono invece da un sistema complesso nel suo evolvere). 2. attraverso le simulazioni si recuperano le forme più antiche e consolidate di apprendimento della specie umana (e in genere degli organismi creati dall’evoluzione): quelle basate sull’immersione del soggetto nell’ambiente da conoscere e sperimentare. 3. tale recupero è possibile in maniera massiccia e profonda solo oggi, con la diffusione e la penetrazione globale dei mezzi digitali, che permettono la creazione di ambienti virtuali in grado di coinvolgere (“ingannare”) i nostri sensi attraverso le leve della multimedialità e dell’interattività. 4. sono ormai innumerevoli le ricerche e gli studi che hanno misurato efficienza, efficacia e gradimento delle simulazioni, decretandone l’oggettiva superiorità rispetto ai corsi tradizionali basati su Wbt in quanto a permanenza e applicabilità delle conoscenze apprese in settori diversi dell’apprendimento, a partire da quello comportamentale. Al di là degli aspetti tecnici e metodologici (3. e 4.) e del recupero della più ancestrale delle forme di apprendimento (2.), ci preme sottolineare - tra i motivi per cui ci interessano le simulazioni - la considerazione (di solito taciuta 6 o messa ai margini) che queste possono costituire una risposta complessa (non lineare) all’inserimento del soggetto che apprende in uno scenario sociale che non solo dà una attenzione crescente ai fenomeni non lineari e adattativi, ma che sta vedendo esso stesso aumentare il proprio grado di complessità, con una altrettanto crescente consapevolezza dei limiti delle aree di applicazione di strumenti e visioni di tipo deterministico (pur preziosi ancor oggi e in futuro in problemi di tipo squisitamente tecnico). E’ su queste riflessioni che fa perno il lavoro presentato qui di seguito da Domenico Parisi con il titolo “Solo le tecnologie possono salvare la scuola”. Passiamo quindi dal “perché” al “cosa” e al “come”. E arriviamo così al secondo punto: che tipo di prodotti/servizi troviamo sotto l’ombrello onnicomprensivo del termine “simulazioni”? Il cuore del problema - con le sue radici teoriche che affondano indietro nel tempo negli studi classici di Huizinga (1939) e Callois (1967) e si avvicinano ai nostri giorni con i lavori di studiosi come Aldrick, Parisi e Antinucci - viene affrontato nel lavoro presentato in questo speciale Je-LKS dal gruppo di ricerca del LABeL di Roma (Botte, Matera e Sponsiello: Serious Games tra simulazione e gioco. Una proposta di tassonomia). In estrema sintesi possiamo dire che gli studi effettuati da questo gruppo di ricerca hanno permesso di profilare due grandi famiglie - ben distinte - di simulazioni: quelli che chiameremo “Lab Sim” e quelli che chiameremo “Tale Sim”. Eccone un sintetico profilo: LAB SIM: simulatore come strumento tecnologico per la manipolazione di un modello; si tratta di laboratori virtuali (modellizzati, simulati) in cui si sviluppano autonomamente (secondo leggi fisiche o secondo linee evolutive), in base ai parametri manovrati dall’utente, fenomeni che l’utente osserva, esplora, analizza per trarre una conoscenza approfondita dei meccanismi interni del processo in esame: la fase di apprendimento (come spiega con chiarezza Franco Landriscina sia nel suo libro che nell’articolo “Simulazione e apprendimento: il ruolo dei modelli mentali” che trovate in questo speciale) è distribuita fra briefing, osservazione e successiva analisi, riflessione e/o discussione, secondo assessment e linee guida pre-progettate dal docente. Le parole chiave dei Lab Sim sono: “laboratorio simulato”, “simulazioni laboratoriali”, “utente come osservatore esterno”. I modelli (i motori) sono prevalentemente basati su agenti e automi cellulari oppure su sistemi dinamici (sistemi di n equazioni in n variabili con p parametri manipolabili dall’utente); non sono adatti ai Lab Sim i modelli basati su percorsi guidati ad albero o a tabella. L’interfaccia di norma è costituita da cruscotti con la rappresentazione del fenomeno in esame e degli andamenti delle variabili di riferimento; non servono in questo caso costruzioni 3D, ambienti immersivi, realtà aumentata. 7 La fruizione in genere è singola o in piccoli gruppi di lavoro; i Lab Sim non sono adatti a fruizione più o meno massiva in rete. TALE SIM (o Personal Sim): ambienti di apprendimento basato su simulazioni personalizzate; si tratta di simulazioni da abitare, vivere, percorrere, esplorare personalmente (in soggettiva, in forma di avatar o in terza persona), in cui l’utente è l’attore (o uno degli attori) della storia e/o dell’ambiente da esplorare; si tratta inoltre di un percorso formativo esplicito (al contrario che nei Lab Sim); l’apprendimento può passare o attraverso la navigazione personale all’interno di una storia e/o di un ambiente virtuale (più o meno immersivo), oppure attraverso l’interazione in rete con altre persone o avatar presenti nell’ambiente; anche nei Tale Sim., come nei Lab Sim, la fase di apprendimento spesso (ma non sempre) è conclusa con un de-briefing. Le parole chiave dei Tale Sim sono: “simulazione come palcoscenico, teatro”, “simulazioni partecipate”, “esperienze personali simulate”. I modelli (i motori) sono prevalentemente basati su sistemi dinamici e su percorsi ad albero o a tabella (di norma non si usa nessun modello basato su automi cellulari). L’interfaccia di norma è costituita da ambienti 2D o 3D esplorabili, ambienti immersivi, realtà aumentata (ma anche da cruscotti per la gestione delle variabili nel caso specifico di business e serious games). La fruizione in genere è singola (o in piccoli gruppi) nei Tale Sim off line; è generalmente singola ma massiva nei casi di fruizione in rete. Ma, all’interno di questa divisione in due grandi famiglie, dove collochiamo i serious games? E i business games? e i giochi di ruolo massivi on line? e i simulatori di volo? Tutti questi casi li troviamo categorizzati nell’articolo di Botte, Matera e Sponsiello, e alcuni li troviamo descritti in dettaglio negli altri articoli di questo speciale. I LAVORI Come abbiamo già avuto modo di capire da quanto appena detto, questo speciale simulazioni è costituito da un nucleo centrale di tre articoli di tipo teorico, metodologico e in qualche modo fondativo: si tratta dei contributi che abbiamo richiesto a Domenico Parisi (Solo le tecnologie possono salvare la scuola), a Franco Landriscina (Simulazione e apprendimento: il ruolo dei modelli mentali) e a Botte, Matera e Sponsiello (Serious Games tra simulazione e gioco. Una proposta di tassonomia). Ci sono poi una serie di contributi che ci permettono di entrare nel merito delle applicazioni pratiche, delle esperienze effettivamente vissute da sviluppatori, committenti e progettisti di simulazioni di vario tipo. 8 Roberta Costantini (Gestione di simulazioni didattiche con authoring tool) presenta la metodologia progettuale maturata nel suo gruppo di lavoro con lo sviluppo di un sistema autore basato sull’uso di reti di Bayes per rendere ampio e versatile il ventaglio di risposte che può fornire il sistema nello sviluppo di una storia personalizzata. Vindice Deplano (“Learning bricks”: oggetti riusabili per simulazioni efficaci) affronta l’aspetto complementare del problema: invece che del motore, si occupa infatti dell’ottimizzazione della produzione di risorse grafiche (in particolare per le interfacce) riutilizzabili per abbattere i costi sempre troppo alti delle simulazioni e in particolare dei business games. Silvia Di Marco (Project-based course in experimental physics. Simulation of real-life R&D program) entra nel merito di un caso di studio specifico, sia per analizzarne gli aspetti concreti, sia per individuare le linee guida e i punti di forza dell’uso delle simulazioni in settori particolarmente congeniali come quello dell’insegnamento della fisica sperimentale. Completano il quadro due interventi di Lucia Pannese: il primo, scritto in collaborazione con Sonia Hetzner (e-Vita, simulazioni di vita in ambito intergenerazionale), presenta questo progetto finanziato come caso di studio per definire gli approcci formativi basati su serious games, e in particolare l’utilizzazione di storytelling nel loro sviluppo; il secondo (Learner Modelling: Optimizing Training, Assessment and Testing) è invece una riflessione più generale sulla possibilità effettiva di sviluppare una forte personalizzazione dei percorsi formativi grazie all’uso di strumenti tipici dei sistemi complessi adattativi, come i fuzzy classifiers e gli evolutionary algorithms. Roma, 9 settembre 2009 Valerio Eletti Direttore scientifico Laboratorio e-Learning LABeL Cattid Università SAPIENZA di Roma [email protected] Completano il numero altri lavori: Alfredo Cutolo, Carmine De Nicola e Anna Pierri (I fenomeni d’urto mediante un’applicazione di tipo esperenziale), propongono la loro esperienza nella costruzione di materiali didattici basati su esperimenti di simulazione nell’ambito della fisica delle particelle elementari. Maria Ranieri, Giovanni Bonaiuti, Antonio Fini e Pierfranco Ravotto (Mobile learning per l’integrazione di gruppi a rischio di marginalizzazione) presentano il progetto ESEMBLE, rivolto all’’integrazione socio-culturale di cittadini 9 immigrati mediante l’uso di tecnologie mobile. Anna Chiara Desiderio, Valentino Vitale, Valentina Piccolo, Gaetano Esposito e Filomena Faiella (La didattica nei mondi virtuali: esperienze formative in Second life) descrivono i risultati di una sperimentazione condotta all’interno dell’ambiente Second Life da parte di alcune università italiane, con l’obiettivo di comprendere come quest’ultime sfruttino le potenzialità tipiche di quel contesto virtuale. In conclusione la comunicazione di Guglielmo Trentin (Il progetto WISE), la partenza di un progetto che cercherà di migliorare l’accesso alla formazione da parte di utenti con disabilità. Trento, 11 settembre 2009 10 Nicola Villa Laboratorio di Maieutiche Università degli Studi di Trento [email protected]