AIM Magazine AIM Magazine - Associazione Italiana Macromolecole
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PERIODICO QUADRIMESTRALE SPED. IN A.P. 45% ART. 2 COMMA 20/B LEGGE 662/96 - FILIALE DI PISA - AUT. TRIB. DI PISA N. 13/96 DEL 04/09/1996 STAMPE A TARIFFA RIDOTTA - TASSA PAGATA - AUT. E.P.I. DIR. FILIALE DI PISA - N. A.S.P./32424/GB DEL 30/12/1997 - TAXE PERCUE - ITALIA - I.P. ASSOCIAZIONE ITALIANA B O L L E Anno XXIX • vol. 59 • n° 1-2 DI SCIENZA T E T TECNOLOGIA I DELLE N MACROMOLECOLE AIM Magazine O A I LA PLASTICA: ARTE E DESIGN D’AUTORE IN MOSTRA A VENEZIA LENTI PER OCCHIALI DA VISTA E DA SOLE I BITUMI MODIFICATI CON POLIMERI M Gennaio-Agosto 2004 Sommario L’EDITORIALE … del Direttore Responsabile (R. Filippini Fantoni) .................................................... … del Direttore Editoriale (R. Rizzo) ............................................................................ pag. » 3 4 ATTUALITÀ & DIVULGAZIONE La plastica: arte e design d’autore in mostra a Venezia (A. Crestana).......................... » 5 POLYMERS AND LIFE Luce dei miei occhi … (parte seconda) … un’escursione tra le lenti per occhiali da vista e da sole! (G. Iori, M. Suman) .......... » 8 Macrotrivial Questioni di pelle: Cerotti & Co. (E. Polo) .................................................................... » 14 POLIMERI IN CUCINA Riso, macromolecole e digeribilità … (Pippi) .............................................................. La ricetta di Pippi ........................................................................................................ » » 19 20 L’AMBIENTE Salmoni in batteria (R. Filippini Fantoni, G. Sanfilippo) .............................................. I bitumi modificati con polimeri (D. Biondi, G. Polacco) .............................................. » » 21 27 BIOPOLIMERI Qualche commento sui premi Nobel del 2003 (R. Rizzo) ............................................ » 33 DAL MONDO DELLA TECNOLOGIA Polimeri rigidi (R. Po’) .................................................................................................. » 35 POLYMERS ABROAD Polimeri puliti (M. Potenza, G. Levinsons) .................................................................... » 39 I GIOVANI Macrogiovani 2004 (L. Giorgini, G. Gorrasi) ................................................................ » 46 I CONGRESSI FUTURI XXVI Convegno-Scuola AIM ........................................................................................ Europolymer Conference 2004 (EUPOC 2004) .......................................................... Giornata su “Polimeri e Beni Culturali” ........................................................................ MoDeSt 2004 .............................................................................................................. » » » » 48 48 49 49 I CONGRESSI SVOLTI Tavola Rotonda su “L’Italia, L’Europa e la ricerca scientifica” (R. Filippini Fantoni) .... » 50 1 In ricordo di Roberto Santi (M. Ricci, R. Pò) ................................................................ pag. 53 IL MONDO DI AIM Saluto del nuovo Presidente AIM (M. Galimberti) ........................................................ Assemblea Generale dei Soci AIM a Pisa, 24 settembre 2003 Relazione del Presidente uscente (G. Costa) ................................................................ Relazione del segretario amministrativo (M. Aglietto) .................................................. Programma di attività dell’AIM per il biennio 2003-2005 ............................................ » 54 » » » 55 59 62 AIM: L'ATTIVITÀ EDITORIALE Libri e Atti AIM ............................................................................................................ » 63 2 L’EDITORIALE … DEL DIRETTORE RESPONSABILE doveroso da parte mia un saluto a qualcuno che se ne va e a un altro che assume nuove funzioni. Chi se ne va, Maurizio Galimberti, assumendo la carica di Presidente AIM per il prossimo biennio non lascia il Magazine come un caporedattore qualsivoglia, ma come l’anima della trasformazione da Bollettino a Magazine. All’inizio, le belle idee di Maurizio ci sono sembrate abbastanza velleitarie e pensavamo che mal si coniugassero con la volontarietà dei redattori e con la scarsezza delle finanze dell’AIM. Ma poi il tempo gli ha dato ragione ed ora egli lascia un Magazine decisamente maturo e che è apprezzato sia per lo stile che per i contenuti. Persino EPF, impressionato dalla nostra pubblicazione, ha commissionato a noi di AIM Magazine un numero speciale in inglese come EPF Magazine. Se questo non è un riconoscimento di serietà non saprei dove trovarne di meglio! Grazie Maurizio! Roberto Rizzo, che ne prende il posto, è altrettanto abile ed è stato insieme a Maurizio l’anima trainante di questa nuova edizione: pertanto sono assolutamente sicuro che il nostro Magazine proseguirà (in forma cartacea o informatica) nel migliore dei modi e potrà sicuramente migliorare. Forza Roberto! Io starò, come sempre, alla finestra a guardare per quanto riguarda l’organizzazione, perché questo è il massimo dell’impegno che ho potuto prendere come Direttore Responsabile del Magazine; ma, come sempre, darò il mio contributo di idee e di articoli e lo farò nel solito modo, quello che mi è più congeniale, cercando cioè di fornire al lettore non pezzi di stucchevole cronaca ma qualcosa che invogli alla lettura e che giudichi le cose nel modo più disincantato possibile e, dove possibile, con un minimo di ironia. Ad maiora! È Roberto Filippini Fantoni 3 … DEL DIRETTORE EDITORIALE teresse dei lettori, ma anche per scovare collaboratori estemporanei che potessero sviluppare con competenza quegli argomenti. Ora il Direttivo ha proposto di affidare a me l’incarico di caporedattore, incarico che ritengo particolarmente impegnativo sia perché la prima cosa da fare è mantenere lo standard raggiunto e poi perché esiste un giovane progetto per dar vita anche ad una versione elettronica del Magazine. Raggiungere questo obiettivo significa non solo portare il Magazine sui “tavoli” o meglio sui monitor di molti anche non “addetti ai lavori”, ma anche aver la capacità di parlare con un linguaggio diverso e forse anche con una lingua diversa, se vogliamo che l’E-Magazine sia apprezzato a livello internazionale. Queste sono proprio le sfide che mi sono trovato sul tavolo quando il Presidente Galimberti mi ha comunicato la proposta del Direttivo. Non sarà facile, ma la squadra che si è formata in questi primi anni di vita del Magazine ha ormai raggiunto la maturità sufficiente per fare questo passo. Sono infatti convinto di poter contare sulla collaborazione preziosa di questi colleghi che, devo ricordare ancora una volta, fanno questo lavoro considerandolo da una parte un hobby, visto che è tutto basato sulla disponibilità del proprio tempo libero, e dall’altra un modo per consolidare e possibilmente aumentare la visibilità della nostra Associazione. In conclusione a questo breve saluto a tutti i lettori, ritengo doveroso ringraziare, a nome di tutti gli associati, Maurizio per l’impegno che ha messo in redazione e che, sono sicuro, riverserà ora nel compito di Presidente. Infine, voglio personalmente augurare buon lavoro a tutti i redattori del Magazine scusandomi in anticipo se a volte gli impegni accademici mi faranno dimenticare quelli presi con loro; fortunatamente in quelle occasioni mi verranno in aiuto il Direttore Roberto Filippini e gli amici del comitato editoriale: Mauro Aglietto, Eugenio Amendola e Michele Suman che ringrazio anticipatamente. ra aprile 1998 quando uscì il primo numero di AIM Magazine che sostituiva il Bollettino dell’Associazione Italiana di Scienza e Tecnologia delle Macromolecole. Allora, la redazione del Bollettino fu affiancata da un gruppo di volenterosi nuovi collaboratori, io ero tra questi, provenienti dall’industria, dagli Enti di ricerca e dall’Università, per dare non solo una nuova veste, ma anche un nuovo stile alla rivista. Serviva un Direttore responsabile ed un Caporedattore; per il primo posto fu nominato Roberto Filippini, che si è rivelato anche un prezioso e spiritoso redattore, per il secondo Maurizio Galimberti che durante lo scorso convegno di Pisa è stato eletto Presidente dell’Associazione. Nell’impostare il nuovo stile del Magazine, Maurizio ha portato entusiasmo ed idee che hanno coinvolto tutti e che hanno avuto come risultato una rivista che non era più semplicemente la voce dell’Associazione, ma, come lui stesso scrisse nell’editoriale del primo numero, “è una delle iniziative” dell’Associazione, insieme ai convegni ed alle scuole. AIM Magazine fu costruito, e rimane, per essere uno strumento di informazione non solo per gli associati, ma anche per un pubblico più vasto, interessato a tutti gli aspetti che coinvolgono il mondo della ricerca e della tecnologia dei polimeri. Lo sforzo dei redattori fu di sollecitare e favorire contributi provenienti da chiunque avesse accettato l’invito a costruire insieme il sommario dei fascicoli. Nacquero così diverse rubriche, alcune ovvie perché incentrate su problematiche scientifiche e tecnologiche dei polimeri, altre meno ovvie come l’Attualità e l’Ambiente che a volte sono diventate anche un forum per argomenti di particolare interesse, altre ancora quasi frivole come le rinomate “Ricette di Pippi”. Tutte, però, interessanti e tali da contribuire a far sì che il Magazine diventasse, come in una riunione di redazione ebbi a dire io stesso, un giornale “di compagnia” che si legge anche al di là delle utili informazioni sulla vita dell’Associazione. Ovviamente tutto è stato basato sul volontariato dei redattori che si sono subito dati da fare non solo per cercare argomenti che stuzzicassero l’in- E Roberto Rizzo 4 Attualità & Divulgazione Il proverbio è ben noto a tutti: anno nuovo, vita nuova! Anche AIM non è da meno in questo senso. Un nuovo Presidente (a cui rinnoviamo le congratulazioni e gli auguri per un proficuo periodo di lavoro), un nuovo portale che si sta affacciando sulla scena di internet, un Magazine che comunque non ha alcuna intenzione di abbandonare i suoi lettori, anzi! In questo senso mi sento in dovere di ringraziare tutti i colleghi che ci accompagnano in questa avventura per avermi accolto (o sarebbe meglio dire: positivamente travolto!) all’interno del Comitato Editoriale, dopo gli anni già trascorsi con entusiasmo ad occuparmi, assieme a Roberto Cavaton, della rubrica di Polymers & Life. Partiamo proprio da qui: nel numero precedente fu proprio Roberto ad accompagnarvi egregiamente nel mondo dei polimeri per lenti a contatto, stavolta ci siamo avvalsi della competente collaborazione del Dott. Giuseppe Iori (Consulente Chimico esperto nel settore dei materiali per ottica) per affrontare l’altra faccia della medaglia: i materiali per lenti da occhiali. Anna Crestana è stata invece la nostra inviata speciale alla manifestazione culturale tenutasi a Venezia “Plastica soggetto del desiderio”, mettendo in risalto quale legame sussiste nella società odierna tra arte e polimeri! Questa parte del Magazine si arricchisce poi del contributo della brillante Eleonora Polo che ci guida lungo un percorso storico a scoprire i segreti dei cerotti, arrivando fino al futuristico bendaggio liquido che spalmeremo sulle ferite probabilmente nei prossimi anni e partendo dalla prima striscia adesiva inventata da Dickson per trovare rimedio ai guai domestici della moglie alle prese con i coltelli da cucina. E per concludere, dato che siamo giunti a toccare proprio l’argomento cucina, come possiamo dimenticarci di “Pippi”? Ebbene la ricetta di questo numero, dai connotati tipicamente invernali, è quella dell’Ossobuco alla milanese servito con il classico Risotto allo zafferano: ne approfittiamo allora per ricordarvi l’importanza della ridotta granulometria dell’amido nel riso, quale vantaggio in termini di alta digeribilità. Per ora è tutto: il menu dell’area di attualità e divulgazione è servito! Non mi resta che augurarvi buona lettura. Michele Suman La plastica: arte e design d’autore in mostra a Venezia di Anna Crestana chi non bastasse la già ampia esperienza quotidiana sulle molteplici possibilità di forme, di colori e d’uso delle materie plastiche, la Mostra “Plastica soggetto del desiderio” a Venezia poteva senz’altro offrire un’esauriente rassegna in merito. Promossa da SC Sviluppo Chimica e Federchimica – Assoplast, la Mostra è stata organizzata in collaborazione con la 50a Biennale di Venezia 2003, dal titolo “Sogni e Conflitti”. L’esposizione è stata curata dall’Agenzia Parini Associati, che ha riferito di una buona ed interessata partecipazione di pubblico. Dalla rappresentazione tridimensionale del polipropilene di Giulio Natta ai dischi in vinile, dagli abiti di Paco Rabanne (Figura 1, a sinistra) all’ossigenatore per bypass cardiovascolare ed altre apparecchiature elettromedicali (Figura 1, a destra): tutto un mondo e insieme molti mondi in due sole ali del chiostro del secentesco Convento delle Terese, che ospita la Facoltà di Arti e Design a Dorsoduro, in Venezia. Visitando la mostra, era ben percepibile tale compressione di arte, design, tecnologia e scienza in uno spazio “esiguo”. Si aveva comunque modo di vedere di tutto: battipanni del 1956; calendari in ABS e PVC del 1967; valigie in ABS del 1967; portacenere in melamina del 1957; Barbie da una collezione privata (Figura 2, a sinistra in alto); un “Cactus” verde, di altezza d’uomo, in poliuretano espanso con funzione di appendiabiti (Figura 2, a sinistra); abiti di Bernasconi-Bossetti; “Valentine”, macchina da scrivere di Ettore Sottsass; eclettici A 5 Oltre al colpo d’occhio di forme e colori (ricordo in particolare la “Ballerina, Scultura danzante in polimetilmetacrilato”, che sembra sintesi di movimento e colore; Figura 3) osservando globalmente la serie di opere ed oggetti esposti, protetti per la maggior parte da pareti di polimetilmetacrilato, si poteva avere la percezione delle “possibilità” della plastica, intesa sia come creazione del nuovo sia come emulazione di ciò che già c’è. Infatti, così come il “Sedilsasso” di poliuretano espanso imita esteriormente un reale masso, la “Ballerina” pareva vetro appena uscito da una fornace di Murano e subito raffreddatosi. Allo stesso modo, una comune spazzola triangolare per aspirapolvere, ripetuta su un pannello chiaro, poteva ricordare un gruppo di navicelle spaziali (Figura 1, a destra). Visitando la Mostra si percepiva anche la “necessità” delle materie plastiche: esse sono usate per dare liberi forma e colore alla creatività degli artisti e dei designers, come per la sedia di G. Pesce, una sorta di moderno trono il cui colore passa dal giallo-arancio al verde (Figura 4, a sinistra) e per la lunga lampada bianca a tubo flessibile (Figura 4, a destra). Analogamente, tale necessità si avverte nella esposizione di materiale per oggetti ad alta tecno- Figura 1. A sinistra: Paco Rabanne. Abito in plastica decorato con anelli e catene in argento e abito in PVC con frange. A destra, in primo piano: Apparecchiature elettromedicali costruite con materie plastiche. In secondo piano: Francesca Cester, Roberto Leone, Lorenzo Russo, Explora, 2002: Spazzola per aspirapolvere. sandali di Gao Hai Yun; televisori; una tuta da sub; pattini; dischi e giradischi; alcuni dei colorati clarinetti dalla collezione privata di Renzo Arbore (Figura 2, a destra). Il percorso dell’esposizione è stato idealmente suddiviso in diverse sezioni: una riguardante il “made in Italy”, che ha ripercorso la storia dell’oggettistica e dello stile italiano; una sulla moda e l’arte, in cui la plastica viene nobilitata ed affiancata a tessuti e materiali preziosi; una sull’innovazione tecnologica nella comunicazione, nel quotidiano, in campo medico e nello sport ad elevate prestazioni; l’ultima sull’arte con oggetti di grande formato, esposti per lo più nel chiostro centrale del Convento. Figura 2. A sinistra: a) G. Drocco, F. Mello. “Cactus”, 1971 (Gufram); appendiabiti in poliuretano. b) Piero Gilardi, “I sassi”, 1967 (Gufram); Sedilsasso grande con funzione di sedile, altri sassi di piccolo formato in poliuretano espanso. c) Barbie e Ken della Mattel. A destra: Clarinetti in plastica. Collezione privata di Renzo Arbore. Figura 3. Jacopo Foggini, “Ballerina”, 2003. Scultura danzante in metacrilato. Galleria d'Arte Jacopo Foggini. 6 Figura 4. A sinistra: Gaetano Pesce, “King of Nobody”, 2003. Poltrona in resina elastomerica. Collezione “Nobody’s Perfect”, Poggiapiedi e tavolino in resina elastomerica; Quattrocchi – ZeroDisegno. A destra: Gianfranco Frattini, Livio Castiglioni “Boalum”, 1970. Lampada flessibile da tavolo, parete o terra in plastica; Artemide. logia o ad utilizzo medicale: sci e scarponi da sci per prestazioni elevate, il già citato ossigenatore a membrana, le pinze monouso, i filtri per soluzioni e farmaci, tutti oggetti oggi indispensabili e caratterizzanti la nostra società. Ai materiali ed in particolare alle plastiche non si chiede solo di soddisfare caratteristiche prettamente tecniche, ma anche di poter essere “accattivanti” per forme e colori, in modo da incontrare i più svariati gusti dell’utente. MODA E PLASTICA PROTAGONISTI A Figura 5. A sinistra: Angela Gilbert, UK, Progetto “Natural and Artificial”, abito in plastica gialla, con cuciture termosaldate e riproduzione di stampe di fine Ottocento. A destra: Ji Sung Ham, Corea, Progetto “Fun+ction”, realizzazione di costumi da bagno ed accessori con spirito ludico. MILANO La stessa Agenzia Parini Associati che ha curato “Plastica soggetto del desiderio” ha successivamente organizzato anche la Mostra “Plastic Experience in Fashion Design”, tenutasi alla Libreria Feltrinelli International di Milano nel corso della settimana della moda milanese, tra il 26 settembre ed il 5 ottobre scorsi. L’occasione è stata la presentazione di alcuni dei risultati del Master affidato dai produttori di materie plastiche ai giovani designers della sezione Fashion Design di Domus Academy, Milano. Al termine della mostra, gli abiti e gli accessori esposti sono stati resi disponibili presso la sede della Federchimica, Via G. da Procida 11 a Milano. PER CHI VOLESSE SAPERNE E ... VEDERNE DI PIÙ Queste ed altre foto relative alla Mostra “Plastica soggetto del desiderio” si possono trovare sul sito www.ideahobby.it; le foto ed il materiale sulla Mostra “Plastic Experience in Fashion Design” sono stati gentilmente resi disponibili dall’Agenzia Parini Associati S.r.l., via Boccaccio 7, Milano (e-mail: [email protected]). Altre informazioni si possono reperire sul sito www.plastica.it, in collaborazione con Assoplast e Federchimica. 7 Polymers and Life LUCE DEI MIEI OCCHI … (PARTE SECONDA) … UN’ESCURSIONE TRA LE LENTI PER OCCHIALI DA VISTA E DA SOLE! di Giuseppe Iori 1 e Michele Suman 2 GLI OCCHIALI: DAL MEDIOEVO AI GIORNI NOSTRI storia delle scienze: l'invenzione degli occhiali, appunto. Sembra che, prima di questa data, non vi sia traccia di alcun sistema atto a correggere i difetti di vista od a filtrare la luce solare. Nerone pare si servisse di uno smeraldo per assistere ai giochi dei gladiatori romani: le pietre preziose servivano a rendere più piacevole la visione grazie al filtro colorato, ma nella pratica non determinavano sensibili incrementi della capacità visiva. Nel corso del XII secolo si conoscevano solo alcuni sistemi di ingrandimento che derivavano da semplici pezzi di vetro concavi o convessi che però non erano apprezzati in quanto distorcevano le immagini reali. Le prime testimonianze documentate sull'uso delle lenti a scopo correttivo della vista arrivano invece proprio dall'Europa del XIII secolo. Pare infatti che venissero usate dai monaci per le trascrizioni degli antichi libri, impiegando come pietra dura di partenza il trasparente berillio. In particolare il primo a descrivere l'uso delle lenti per migliorare la vista fu Ruggero Bacone nel 1262; i suoi esperimenti con le lenti e gli specchi, condotti in gran segreto, descrivevano in maniera semplice i fenomeni della riflessione e della rifrazione. Alla morte del suo protettore, Papa Clemente IV, Bacone venne accusato di eresia e imprigionato. I primi occhiali non si portavano in modo continuativo ed erano costituiti da due lenti unite insieme che venivano tenute vicino agli occhi con le mani. Man Ogni giorno il nostro cervello riceve una quantità incredibile di informazioni dagli organi visivi, gli occhi. Questo d’altro canto spiega perché circa il 70% della nostra popolazione soffre di disturbi più o meno gravi alla vista. A prescindere dai tanti bambini e giovani che sono miopi o ipermetropi, la capacità di visione da vicino comincia a diminuire a partire dal 25° anno di età, per cui a partire dal 40° anno di età circa abbiamo bisogno di un ausilio visivo leggero per la lettura da vicino, il nostro primo paio di occhiali da lettura. Dato che il numero dei miopi è salito notevolmente e la popolazione invecchia sempre di più, la percentuale dei portatori di occhiali continua a registrare forti aumenti. In questa seconda parte della nostra avventura nel mondo di ciò che sta davanti ai nostri occhi (proprio davanti in senso letterale!), dopo aver fatto un piacevole viaggio nel campo delle lenti a contatto, intendiamo ora fare una rassegna dei più noti materiali impiegati per la fabbricazione di lenti per occhiali, descrivendone inoltre i trattamenti speciali più significativi. Ma cominciamo con un po’ di storia … Fu infatti verso la fine del XIII secolo che si verificò uno dei più grandi avvenimenti della 1 Chimico, consulente industriale - E-mail: [email protected] Dipartimento di Chimica Organica ed Industriale, Università di Parma, Parco area delle Scienze 17/a, 43100 Parma - E-mail: [email protected]; web site research group: www.unipr.it/~chimorg/dalcanale.htm 2 8 Il vetro più utilizzato per la costruzione di lenti è il Crown ottico. La produzione di tale vetro si ottiene fondendo la silice con la miscela degli ossidi e ricavando dalla massa fusa uno sbozzo grezzo con la curvatura approssimativa della lente che si vuole ottenere. La lente afocale si ricava dallo sbozzo, per lavorazione delle due superfici concentriche con smerigli di varia granulometria sino ad ottenere la lente finita con uno spessore che risulta essere mediamente di 2 mm. Nel caso delle lenti per occhiali da sole, lo sbozzo di partenza è colorato nella massa all'atto della fusione. Ma ora mettiamoci per un attimo nei panni di un bimbo vivace, di un giocatore di pallone o di un energico falegname tutti accomunati dal fatto di avere problemi di vista e proviamo a pensare quanto gli potrà durare un paio di occhiali in vetro prima di vederli frantumarsi in mille pezzi: probabilmente assai poco poiché la fragilità è il tallone d'Achille delle lenti in vetro! In genere quindi si tende ad andare incontro a questa richiesta di maggior flessibilità e resistenza a rottura all'urto mediante il cosiddetto processo di tempera del vetro, il cui obiettivo è proprio quello di aumentarne la resistenza meccanica, eliminando tutte le microfessurazioni e creando una superficie esterna più compressa di quella interna. La tempera termica consiste nel riscaldare il vetro fino quasi al rammollimento e raffreddare la parte esterna con aria; tuttavia emerge a questo punto un secondo problema: l'alta temperatura crea facilmente delle distorsioni ottiche. Per questa ragione è stata successivamente introdotta la tempera chimica, sfruttando un processo di scambio ionico che crea la stessa compressione esterna senza però generare le contemporanee distorsioni superficiali. In particolare questo processo consiste nella sostituzione sulla superficie della lente degli ioni sodio con quelli potassio, più grandi e quindi in grado di comprimere gli strati più esterni. mano vennero apportate migliorie, ad esempio le lenti erano poi tenute insieme da una molla che dava la possibilità di tenerle appoggiate sul naso. Le lenti divennero realmente occhiali (intendendo l'idea di inserire due pezzi di vetro molato in un telaio di legno e di creare uno “strumento unico”) un po’ più tardi e la loro realizzazione viene oggi attribuita al frate Alessandro Spina, nel 1280. Dobbiamo poi arrivare al 1850 circa per ritrovare gli occhiali con la forma che oggi conosciamo. IL MATERIALE PIÙ ANTICO: IL VETRO La nostra rassegna parte da uno dei materiali più antichi impiegati dalla civiltà umana: il vetro. Già conosciuto nell'antico Egitto, il vetro è stato sempre considerato, sino alla seconda metà di questo secolo, come l'unico materiale adatto alla produzione di lenti per la correzione e la protezione della vista; nel secondo dopoguerra apparvero i primi materiali plastici che lo affiancarono in alcuni impieghi. Il vetro è un materiale composto principalmente da silice (40-75%) ed altri ossidi inorganici fusi insieme. La silice, portata a fusione ad altissima temperatura (1713°C), raffreddando, produce un materiale amorfo; aggiungendo, in fase di fusione, vari ossidi alcalino-terrosi (BaO, Na2O, CaO ...) e metallici (B2O3, TiO2, Al2O3, PbO ecc.): si modifica la struttura e si variano le caratteristiche fisiche, ottiche e meccaniche del vetro ottenuto. Anche il colore nel vetro si ottiene con l'aggiunta di particolari sali ed ossidi metallici in fase di fusione come ad esempio viene riportato nella tabella qui sotto. SALI Au(III), Cu(II) Se Ni FeS Fe(II) Cr(III) Fe(III) Cr(VI) Mn(III) I MATERIALI ALTERNATIVI: I POLIMERI Oltre alla marcata fragilità strutturale, le lenti in vetro hanno problemi di sicurezza e comfort dovuti anche al peso eccessivo; si sono così trovati materiali alternativi a base polimerica, dotati di elevate caratteristiche ottiche ed al contempo più resistenti e leggeri. COLORE Rosso Rosa Bruno Arancione Poli dietilenglicole bisallilcarbonato (CR-39)® È il polimero ottico più diffuso, nonché l'unico materiale plastico termoindurente tra quelli impiegati in ottica. Azzurro Giallo Violetto 9 Deve il suo successo alla somma di ottime caratteristiche generali ed in particolare alla leggerezza (a parità di spessore, il peso di una lente è inferiore di circa il 48% rispetto a quella di vetro), compatibilità con le materie plastiche impiegate per le montature, stabilità chimica e meccanica ed infine una resistenza al graffio che è la più alta tra quelle dei polimeri sintetici trasparenti. a tutti gli agenti chimici, la tendenza a screpolarsi con l'uso, le difficili colorabilità e lavorabilità. La sua durezza superficiale è veramente scadente e costringe i produttori a verniciare antigraffio tutte le lenti per potere dare un prodotto accettabile. L'alto indice di rifrazione consente di ottenere lenti oftalmiche di basso spessore rispetto agli altri materiali plastici; questo è però un handicap in caso di lenti da sole afocali. Poliammide (PA) Si tratta di un materiale cristallino in cui i microcristalliti sono così piccoli da non diffondere la luce ed apparire perfettamente trasparenti. Inoltre questa struttura dona al materiale un’ottima resistenza meccanica ed un comportamento isotropo particolarmente apprezzato nei materiali ottici. La poliammide più utilizzata è quella ottenuta dalla reazione tra un diacido lineare C12 ed una diammina cicloalifatica a 6 termini. Viene adottato soprattutto nel settore oftalmico, dove la sua diffusione ha ormai superato quella del vetro e dove non ha concorrenti tra gli altri materiali plastici. Anche nel settore solare rappresenta l'unica alternativa al vetro per occhiali di buona qualità. È noto fin dagli anni ’50 e viene chiamato con vari nomi: resina dura, vetro organico od altri nomi commerciali più o meno noti, ad es. CR-39. CR-39 è in realtà il nome commerciale del monomero liquido di partenza (brevetto detenuto dalla PPG Ind., USA). Questo viene catalizzato con perossido ed iniettato in stampi di vetro che polimerizzano in forno ad aria od in bagno ad acqua seguendo un opportuno ciclo termico: la durezza della lente dipende dalle caratteristiche del ciclo di polimerizzazione. Poliuretano (PU) Si tratta di una resina trasparente di tipo elastomerico. È impiegato nel settore militare e di recente viene utilizzato anche per la fabbricazione di lenti, visiere e maschere. L’elastomero poliuretanico si ottiene facendo reagire un prepolimero con gruppi –NCO in eccesso con una diammina aromatica che funge da reticolante. La reazione di indurimento avviene in pochi secondi e l’elastomero poliuretanico ottenuto ha proprietà notevoli (soprattutto se confrontato con il PC in sostituzione del quale viene proposto nel settore ottico) legate principalmente alla infrangibilità, trasparenza, leggerezza e ottima resistenza agli agenti chimici. Polimetilmetacrilato (PMMA) Si tratta di un polimero termoplastico amorfo, leggero e poco sensibile all'umidità. È stato uno tra i primi materiali plastici a sostituire il vetro nelle sue applicazioni industriali tra cui ad esempio l’industria automobilistica e dei display luminosi. Dotato di buone caratteristiche ottiche, ha però molti difetti quali ad esempio la scarsa resistenza al graffio, chimica (resiste solo agli idrocarburi, tutti gli altri solventi ne rovinano la superficie) e termica: temperatura max di utilizzo pari a 65 °C, nonché fragilità alle basse temperature. Alla luce di tutto questo un qualche vantaggio ci dovrà pur essere vi direte voi e forse intuite subito di cosa si tratta: il PMMA è molto economico! Esteri della cellulosa Sono sostanzialmente 3: acetato, propionato ed acetobutirrato. Contengono solitamente plastificanti (3-20%) per poter essere lavorabili. Sono materiali impiegati sia per le lenti che per le stesse montature. La sensibilità all'umidità è molto pronunciata ma Policarbonato (PC) Materiale impiegato in molti settori produttivi tra cui l'edilizia, la sicurezza sul lavoro e lo sport; solo di recente si è affacciato nell'ottica oftalmica ed in quella solare. Tra i pregi spicca l'eccezionale resistenza all'urto che lo fa essere il materiale di elezione per le visiere dei caschi. Tra i difetti la scarsissima resistenza 10 la grande resistenza alle basse temperatura e l’elevata lucentezza superficiale ne fa materiali d’eccellenza per le maschere che ci proteggono dalla luce del sole sulle piste da sci o per le visiere del casco che indossiamo quando ci muoviamo con il nostro scooter nel traffico cittadino. c) Assorbimento Luce Blu La luce blu è quella parte dello spettro solare che va da 380 nm a 500 nm. Non essendo messa perfettamente a fuoco sulla retina crea, anche nell'occhio sano, una certa sfocatura delle immagini. La sua azione sulla retina è inoltre cumulativa e vi può causare danni nel corso degli anni; il suo assorbimento, totale o parziale, contribuisce alla salvaguardia della funzionalità dell'occhio rendendo le immagini meglio definite e migliorando l'acuità visiva. Nel caso dei polimeri ottici si impiegano additivi filtranti dal caratteristico colore giallo-arancio detti "Blue blockers". Lenti che soddisfano a questo principio vengono impiegate soprattutto nel settore sportivo ove sia necessario per un atleta diminuire i tempi di reazione migliorando contemporaneamente la visione. Lenti di questo tipo sono anche impiegate in certe patologie visive per dare luminosità all'immagine proteggendo contemporaneamente l'occhio. I TRATTAMENTI SPECIALI Per concludere, diamo ora uno sguardo ai trattamenti speciali che si possono avere sulle lenti in generale e su quelle solari in modo particolare: a seconda del tipo di lente il trattamento è più o meno complesso ed i risultati qualitativi sono più o meno soddisfacenti. a) Assorbimento Raggi Ultravioletti Lo spettro della luce solare comprende le radiazioni che vanno da 200 a 2300 nm circa di lunghezza d'onda, secondo quanto riportato nella figura sottostante. d) Colorazione Le norme europee, in fase di stesura, prevedono che le lenti colorate resistano ad un test di esposizione ad un simulatore solare per 50 ore. Ciò è ottenibile solo impiegando coloranti estremamente resistenti ma di difficile applicazione nel caso della dispersione acquosa o percorrendo la strada della colorazione in massa che invece non presenta problemi di degrado alla luce. Una tecnologia innovativa recente prevede l’utilizzo di una sostanza filtrante costituita da una base di carbonio colloidale che viene dispersa in massa e che assorbe parte dell'energia luminosa senza alterare la distribuzione cromatica della luce. L'assorbimento dei raggi UV, dannosi per l'occhio, è in parte ottenuto dal materiale stesso, dalla colorazione (come nel caso del vetro) e, in maggior misura, dall'uso di opportuni additivi (detti assorbitori UV) che bloccano completamente la trasmissione dei raggi UV sull'occhio. Questi assorbitori, simili a quelli usati nelle creme antisolari, si possono impiegare solo nelle lenti in plastica che, da questo punto di vista, raggiungono l'assorbimento del 100% a 400 nm. Per contro le lenti in vetro arrivano, nelle versioni più scure, ad un assorbimento totale solo fino a 360 nm. La trasmissione UV residua in genere non reca problemi in condizioni normali ma può invece creare arrossamenti o bruciori dopo lunghe esposizioni in alta montagna, al mare o su sabbia. e) Trattamento antiriflesso Nel 1935 la ZEISS brevettò il primo coating monostrato su lenti oftalmiche, oggi si opera anche con tecnologie doppio strato o multistrato. Il principio di funzionamento si basa sul fatto che in qualsiasi materiale trasparente una parte della luce, circa l’8%, è riflesso dalla superficie. Se una sottile lamina di opportuna sostanza è stesa correttamente sulla superficie della lente, il gioco di estinzioni che ne risulta ridurrà la luce riflessa aumentando perciò la trasmissione. I vantaggi sono di carattere estetico e pratico: una visione più nitida sia dall'interno della lente che dall'esterno di essa ed una visione notturna migliore. Il trattamento si ottiene per evaporazione sotto alto vuoto di strati di fluoruro o cloruro di magnesio, sodio o litio. b) Assorbimento raggi infrarossi Nello spettro solare sono chiamati “Vicini raggi IR” quelli con lunghezza d'onda da 780 nm a 2300 nm. Non sono dannosi per l'occhio umano e ne è richiesto l'assorbimento solo per lenti speciali come quelle impiegate in lavori di fonderia o similari. L'assorbimento può essere ottenuto con specifici additivi chimici (IR Absorbers) che si impiegano per lenti in PC o PU od acetobutirrato utilizzate proprio nella protezione industriale od in occhiali da alta montagna. Ricordiamo che anche la specchiatura crea una riflessione dei raggi IR dell'ordine del 50%. 11 durezza superficiale; le lenti in altri materiali plastici devono essere tutte verniciate con prodotti antigraffio. Si usano essenzialmente due tipi di vernice: una acrilica ed una siliconica. Quella acrilica si applica per spruzzo o immersione e si indurisce con irraggiamento UV. Quella siliconica si applica per immersione o spin coating e si indurisce termicamente in forno. La vernice acrilica, scarsamente resistente, è impiegata in lenti di basso prezzo mentre quella siliconica è applicata su lenti in PC, PU e CR 39. Per il futuro sono ipotizzabili trattamenti indurenti ottenuti sottovuoto con la formazione di film diamantati sulla superficie della lente. f) Trattamento antiappannante Consiste nel rendere idrofila la superficie della lente con trattamenti idrolitici o con vernici che hanno la proprietà di assorbire l'umidità condensata su di essa o di stenderla invisibilmente sottoforma di un gran numero di microgocce. Vengono utilizzate per impieghi sportivi specifici come il nuoto, lo sci ed il ciclismo. l) Trattamento fotocromatico La scoperta del fotocromatismo risale ai primi del ’900 quando si notò che alcune vernici, che di giorno apparivano scure, di notte ritornavano chiare. Solo nel 1964 la Corning applicò questi concetti al campo delle lenti realizzando la “lente Photogrey”. Il vetro fotocromatico di cui era fatta, conteneva alogenuri di argento ingabbiati nella struttura vetrosa, i quali davano, investiti dalla luce solare, un processo simile a quello fotografico ma reversibile. L'Ag metallico (grigio) infatti si forma in presenza di luce blu ed UV e ridiventa ione Ag+ (incolore) in assenza di radiazione. L'energia termica è sufficiente a far avvenire il processo contrario; da ciò la dipendenza negativa del fotocromatismo dalla temperatura. La lente originale che inscuriva dall'85% al 45% di trasmissione è stata migliorata fino a scendere al 25% e con una minor dipendenza dalla temperatura. Nel 1982 l'American Optical, dopo 12 anni di studi, lanciò sul mercato la prima lente fotocromatica in plastica chiamata “Photolite”. Le prestazioni erano simili a quelle del primo Photogrey, sia come variazione di trasmissione g) Polarizzazione L'elemento attivo che causa l'effetto polarizzante è una sottile lamina di alcool polivinilico le cui catene polimeriche sono stirate in una direzione e sulle quali è cristallizzato iodio orientato ed altri coloranti tali da formare una grata che annulla la luce che vibra in quella direzione: la componente orizzontale del riflesso viene così bloccata, mentre quella verticale è naturalmente attenuata: come risultato si ha l'annullamento quasi totale dei riflessi ed una visione più chiara dell'ambiente soprattutto in attività specifiche come i lavori d'ufficio o come quelli che vengono svolti su superfici riflettenti. Il film polarizzante viene fatto aderire a pressione sulla superficie della lente. Negli ultimi sviluppi tecnologici è stato possibile inserire la lamina polarizzante in uno stampo per CR39 durante la polimerizzazione stessa della lente. h) Specchiatura Consiste nella deposizione sottovuoto sulla superficie della lente di uno strato metallico così sottile da risultare trasparente. Al di là di una certa riflessione dei raggi IR ed UV, si tratta solo di un effetto estetico senza grande valore funzionale. In condizioni di forte umidità possono sempre verificarsi problemi di tenuta della specchiatura. i) Trattamenti antigraffio Se la fragilità è il maggior difetto delle lenti in vetro, la resistenza al graffio lo è per quelle in plastica. Solo il CR 39 ha buone caratteristiche di 12 che come dipendenza dalla temperatura. Il meccanismo di funzionamento era però completamente differente da quello del vetro e per la precisione dovuto a sostanze di sintesi, chiamate spirocomposti, le quali, incorporate nel materiale plastico, si presentavano incolori allo stato fondamentale ma colorate se eccitate da radiazioni UV. Negli ultimi 10 anni sono state sperimentate nuove sostanze fotocromatiche più efficienti e durature; notevoli miglioramenti sono stati ottenuti sia come variazione di trasmissione che come velocità di inscurimento e di schiarimento. Lenti da sole fotocromatiche dell'ultima generazione si rivelano particolarmente efficaci quando sono impiegate nei settori sportivi come lo sci, la vela, il golf, il ciclismo e dovunque forti variazioni di intensità luminosa debbano essere compensate dalla pronta variazione cromatica e di intensità della lente. È da notare infine che velocità di inscurimento e schia- rimento maggiori di quelle ottenute sino ad oggi causerebbero stress visivi (effetto galleria) controproducenti. *** Insomma, dalla salute alla moda, passando per lo sport e il tempo libero, ognuno di noi oggi utilizza gli occhiali; in commercio è possibile davvero trovarne di tutti i tipi, forme e costi. Per i più curiosi sull’argomento possiamo consigliare una visita al Museo dell'Occhiale di Pieve di Cadore, dove sono raccolti oltre duemila pezzi, dal Medioevo ai giorni nostri, in un crescendo continuo di miglioramenti sul piano della scienza ottica e di adattamenti legati alla storia del costume e alla creatività degli stilisti odierni. 13 Macrotrivial QUESTIONI DI PELLE: CEROTTI & CO. di Eleonora Polo gonne) in modo che potesse essere riarrotolato: era nato il primo cerotto. BRICOLAGE! Chi si ricorda lo sketch di Paolo Panelli nei panni del bricoleur folle? In ogni puntata faceva la sua apparizione con tutte le dita coperte da bozzoli di garza bianca gridando: "Bricolage!" e raccontando storie terrificanti di piccole catastrofi casalinghe. Al suo posto ci sarebbe potuta essere la signora Josephine Frances Knight, la giovane sposa di Earle Dickson (!?). Il marito, il cui nome è sconosciuto alla maggior parte di noi, lavorava come addetto agli acquisti del cotone a New Brunswick, nel New Jersey, per la Ditta Johnson & Johnson. I Dickson si erano sposati il 6 dicembre del 1917 e da quel momento erano cominciati i piccoli incidenti domestici: la giovane sposa era molto volonterosa, ma terribilmente maldestra e con una spiccata propensione a tagliarsi e scottarsi quando si dedicava alla cucina. Josephine cercava di medicarsi da sola con quello che era allora disponibile: rotolo adesivo e garza, ma il risultato non era esaltante e non faceva che peggiorare la sua già scarsa manualità. Quasi ogni giorno si svolgeva il rito serale della medicazione delle piccole ferite di Josephine. Alla fine, dopo mesi di piccoli incidenti domestici, per fortuna nostra … e della Johnson & Johnson, Earle, invece di assumere una cuoca, ebbe una idea geniale: decise di preparare dei bendaggi già pronti che la consorte potesse facilmente applicare da sé al momento del bisogno. Si trattava di una striscia di nastro adesivo chirurgico su cui aveva applicato ad intervalli regolari dei quadrati di garza sterile; il tutto era ricoperto con una striscia di crinolina (un tessuto robusto usato per le sotto- L'ANTEFATTO Nel 1876 Robert Wood Johnson, un farmacista di Brooklin, rimase profondamente colpito da una conferenza tenuta a Filadelfia dal chirurgo inglese Joseph Lister sui germi e le cause della elevata mortalità postoperatoria negli ospedali (intorno al 50%). I chirurghi americani operavano a mani nude indossando gli abiti di tutti i giorni. Gli strumenti chirurgici non erano sterilizzati, ma semplicemente lavati con acqua e sapone. I bendaggi non erano altro che scarti dell'industria del cotone e compresse di segatura pressata recuperata dal pavimento delle segherie ed usata tal quale. L'intervento di Lister non suscitò particolare inte- resse nei colleghi americani, però fu fonte di ispirazione per Robert Johnson, che decise di aggregarsi alla società fondata nel 1875 dai suoi fratelli, James Wood e Edward Mead Johnson. Robert proposte di aprire una linea di produzione di bendaggi e cotone idrofilo in confezioni sterili per uso ospedaliero: nasceva così la Johnson & Johnson Company. 14 LA STORIA CONTINUA CEROTTO Ritorniamo a Dickson che, incoraggiato da un collega, mise al corrente i suoi capi della sua piccola invenzione. I fratelli Johnson non furono particolarmente colpiti finché Earle non mostrò loro quanto fosse facile applicarsi un cerotto da soli. Questa dimostrazione li convinse: nel 1921 i cerotti adesivi BANDAID® fecero la prima comparsa sul mercato. LA BUONA AZIONE DEI Gli elementi principali di un cerotto sono ancora gli stessi inventati da Earle Dickson nel 1920 e descritti accuratamente nel brevetto USP 1,612,267. Un cerotto è dunque costituito da supporto, adesivo, compressa, striscia protettiva ed involucro. Supporto La scelta del materiale dipende dal tipo di applicazione. • Tessuto. Di solito ha un’armatura di tela per sostenere forti tensioni e carichi elevati. È permeabile all'aria e al vapore acqueo. In origine si utilizzava il cotone, ora sostituito da viscosa, acetato o poliammide. BOY SCOUT All'inizio i cerotti venivano fabbricati a mano e furono un flop commerciale a causa della poca praticità delle loro dimensioni: strisce larghe 6,35 cm e lunghe 45,72 (un po’ grandini, non è vero?). Le vendite languirono fino a quando la compagnia cominciò a distribuire un numero illimitato di BAND-AID® ai Boy Scout in tutto il paese facendosi una pubblicità senza pari. Le vendite decollarono definitivamente nel 1924 con la comparsa dei primi cerotti fatti a macchina in varie pezzature. Earle Dickson fece carriera nell'azienda arrivando fino alla carica di vicepresidente che mantenne fino a quando andò in pensione (1957). Rimase comunque membro del comitato dei direttori fino al 1961, anno della sua morte. Nel 1939 vengono prodotti i primi cerotti completamente sterili e l'anno dopo fa la sua comparsa il filo rosso che facilitava l'apertura dell'involucro. Nel 1951 compaiono sul mercato i primi BANDAID® di plastica e nel 1956 sono introdotti i primi cerotti decorati. Nel 1963 i cerotti vanno nello spazio con gli astronauti della navetta Mercury. DI Tessuto non tessuto. È il settore in maggiore espansione oggi. Si tratta di materiali morbidi, estensibili e flessibili, permeabili all'aria e al vapore acqueo. Le fibre più usate sono: poliestere al 100%, poliestere/viscosa e materiale di origine cartaria trattato con un agente idrorepellente. I cerotti per sutura sono costituiti al 100% da polipropilene. • Film. La disponibilità dei film traspiranti ha permesso di produrre cerotti molto sottili, impermeabili ai microbi e all'acqua. I film più usati sono in polietilene, PVC o poliuretano. Devono essere perforati meccanicamente per favorire la corretta traspirazione della pelle. • Compositi. Si tratta di cerotti composti da più di un corpo, ad esempio una garza di cotone insieme ad un film. Adesivo Insieme al supporto conferisce al cerotto le sue caratteristiche specifiche. Deve aderire bene alla pelle e mantenere l'adesione nel tempo senza ostacolare la traspirazione o causare irritazioni e reazioni allergiche. La sua rimozione non deve provocare dolore o lasciare residui. Non si deve alterare nel tempo. Dal punto di vista funzionale viene caratterizzato da due parametri: tack e coesione. Il tack indica la forza di adesione sulla pelle in direzione perpendicolare; la coesione definisce il comportamento di scorrimento lungo le superfici parallele di pelle e cerotto. I cerotti di uso comune presentano un valore elevato di tack: aderiscono bene all'inizio, ma non è detto che durino nel tempo. I cerotti per L'EVOLUZIONE ANATOMIA • UN 15 uso prolungato hanno bisogno di un compromesso fra tack e coesione. I primi cerotti prodotti negli Stati Uniti alla fine del secolo scorso utilizzavano una colla a base di gomma naturale. Dato che la colla era spesso causa di arrossamenti ed infiammazioni, il farmacista Paul Beiesdorf sviluppò nel 1901 i primi cerotti chirurgici non allergici aggiungendo ossido di zinco alla gomma. L'ossido di zinco, oltre a prolungare il tempo di adesione del cerotto, evita l'irritazione della pelle e riduce le infiammazioni (è uno dei componenti più usati nelle polveri per neonati e nelle pomate per ustioni). È abbondantemente usato ancor oggi ed è il responsabile della colorazione bianca dell'adesivo. Un altro additivo impiegato è la lanolina che serve a rendere l'adesivo morbido e malleabile. Attualmente si utilizzano due tipi di adesivi: • adesivi a base di elastomeri (caucciù e gomma sintetica) + ossido di zinco. Non lasciano residui sulla pelle e grazie al caucciù aderiscono bene alla pelle. Purtroppo, il caucciù, oltre ad essere fonte di possibili reazioni allergiche, è soggetto ad invecchiamento e non sopporta i trattamenti ai raggi X e UV usati per la sterilizzazione. Inoltre perde la sua adesività a temperature inferiori a 0°C; • non tessuto o un poliuretano richiedono meno adesivo di un film di polietilene che aderisce con maggiore difficoltà. Compressa Le prime compresse erano costituite da alcuni strati di cotone, che presentava l'inconveniente di attaccarsi facilmente alle ferite provocando lesioni al momento del distacco. Attualmente si utilizza un tessuto non tessuto piegato che ha un potere di assorbimento di gran lunga superiore al cotone e che non si sfilaccia ai bordi. La composizione può variare molto in funzione delle esigenze di assorbimento. Le composizioni più utilizzate: poliestere al 100%, viscosa/poliestere 70/30%, viscosa/cotone 80/20%, poliuretano espanso, gomma espansa. Striscia protettiva ed involucro La rivoluzione di Dickson è consistita non solo nell'aver messo a punto un sistema che consentisse l'automedicazione, ma anche nell'aver individuato un metodo geniale per evitare di contaminare il tampone di garza centrale al momento dell'apertura. A tal fine erano cruciali la scelta e le modalità di piegatura del materiale utilizzato per proteggere la striscia adesiva e la compressa (Figura 1). Il materiale che aveva dato i risultati migliori era la crinolina, un tessuto piuttosto robusto e rigido che veniva utilizzato per le fodere. Ora si utilizzano plastica o carta plastificata. In alcuni modelli, al momento dell'apertura, una delle due strisce protettive dell'adesivo è fornita di un tampone disinfettato per detergere la ferita prima dell'applicazione oppure è fatta in modo da restare attaccata all'involucro per facilitare l'applicazione con una sola mano. adesivi a base di resine acriliche. Sono detti anche adesivi monocomponenti in quanto sono costituiti soltanto da poliacrilati sintetici. Mantengono le loro proprietà adesive in un ampio intervallo di temperature (da -20°C a +70°C), possono essere conservati senza problemi anche per periodi di tempo superiori ai cinque anni e non ingialliscono. I cerotti a base di acrilati sono noti anche come cerotti ipoallergenici. LE La quantità di adesivo utilizzata dipende dal materiale del supporto e dal tipo di applicazione. Un TIPOLOGIE DEI CEROTTI Si fa presto a dire cerotto. In realtà, esistono varie LEGGENDE METROPOLITANE • È vero che bisogna tenere il più possibile esposti all'aria i tagli e le “sbucciature” perché guariscano prima? Falso! Una ferita protetta in modo adeguato guarisce meglio perché la medicazione ne assorbe l'essudato mantenendo il corretto grado di umidità. Inoltre un cerotto protegge la ferita da urti accidentali ed infezioni evitando il contatto con acqua, sporco e germi. • È vero che la formazione della crosta è sintomo di guarigione? Falso! La formazione della crosta è quello che il nostro organismo ha a disposizione per il pronto intervento. La crosta naturale è rigida e secca ed è costituita da sangue seccato, dall'essudato sieroso fuoriuscito inizialmente, da cellule migrate verso la ferita in un secondo momento e da fibre di collagene. La crosta è porosa e permeabile all'ossigeno, necessario per la rigenerazione, ed agisce come barriera meccanica contro germi e sporcizia. Tuttavia, essa rallenta la guarigione vera e propria in quanto la sua permeabilità all'ossigeno è limitata. Inoltre la struttura rigida la rende soggetta alla formazione di crepe, che la rendono vulnerabile alle infezioni, e crea una barriera per le cellule sane che non possono migrare in modo continuo verso la superficie. Questo è anche causa di cicatrici più estese ed evidenti. 16 pelle. Devono anche essere idrorepellenti, permeabili ai raggi X, trasparenti e traspiranti. Cerotti transdermici Sono in grado di trasferire in modo graduale e controllato farmaci (ormoni, nitroglicerina, scopolamina, antinfiammatori o nicotina) attraverso la cute. La tela di supporto permette la traspirazione senza che i principi attivi siano dispersi all'esterno. La scoperta che la pelle è in grado di assorbire quantità elevate di sostanze attive è stata casuale. Protagoniste involontarie sono state le lavoratrici del tabacco che, sedute per ore con lembi di pelle scoperta a contatto con le foglie del tabacco, presentavano tutti i disturbi legati all'assorbimento cronico del tabacco. RITORNO Il cerotto liquido Sono già arrivati in Italia i cerotti che permettono la riduzione delle cicatrici nell'arco di alcune settimane (mini strisce a base di un silicone morbido ed adesivo), ma non c'è ancora traccia del cerotto liquido (Liquid Bandage), benché ne fosse stato previsto l'arrivo per la primavera del 2003. Si tratta di un prodotto innovativo per trattare piccole ferite ed abrasioni. Ci sono vari brevetti relativi a formulazioni diverse: di solito si tratta di polimeri a base di acrilati o di alchil silossisilani, sciolti in un solvente volatile o muniti di un attivatore da applicare al momento dell'uso. In tutti i casi il principio consiste nel formare una pellicola polimerica trasparente sulla ferita, che deve restare attaccata fino a guarigione completa, che sia impermeabile all'acqua ed ai germi e consenta la normale traspirazione della pelle. Il cerotto riesce anche a fermare il sanguinamento se di piccola entità e riduce rapidamente il dolore in quanto "incolla" le terminazioni nervose superficiali. La sua formulazione ne permette l'applicazione anche nei punti in cui risulta difficile utilizzare un cerotto convenzionale. Qualcosa di simile è già noto in campo chirurgico (Dermabond®), usato per saldare ferite ed incisioni. Disegno originale di E. Dickson dal brevetto USP 1,612,267. TERZA LEGGE DI DAL FUTURO TELESCO Ci sono due tipi di cerotti: quelli che non si attaccano e quelli che non vengono più via. A. Bloch famiglie di cerotti in funzione dei tipi di ferite che devono curare. Infatti non basta un solo tipo di materiale adatto ad ogni tipo di lesione. Cerotti di fissaggio Sono semplicemente costituiti da un supporto spalmato di adesivo. Servono a fissare le medicazioni e non vanno mai a contatto diretto con la ferita. Cerotti di medicazione Sono una evoluzione dei precedenti in quanto al centro è collocata una compressa che può essere trattata con medicamenti come disinfettanti, antibiotici, emostatici … I cerotti intelligenti Sono forniti di un "sistema di allarme" per individuare le infezioni batteriche in atto in una ferita. I sensori studiati sono in grado di identificare per ora solo i batteri (mentre non "vedono" ancora funghi, virus e parassiti), la loro quantità ed anche la sensibilità a determinati antibiotici. Questo è reso possibile grazie alla presenza di polimeri che emettono luce in modo differente quando si legano a specifiche sequenze del DNA dei microrganismi. Cerotti chirurgici Sono usati soprattutto in ambito ospedaliero per fissare medicazioni, cateteri, tubi di drenaggio, sonde e cannule. I requisiti principali sono la tenuta nel tempo e l'assenza di effetti irritanti sulla CURIOSANDO 17 IN RETE … http://www.drugstore.com/templates/stdplist/defa ult.asp?catid=9584&trx=GFI-0PPSA&trxp1=55641 Siti ufficiali Storia, sviluppo e ultime novità. http://www.jnj.com http://www.bandaid.com Tutto quello che avreste voluto sapere sui cerotti … Da non perdere! Il sito dell'Associazione "Tessile e Salute" ha pubblicato gli atti di alcuni congressi tenuti su questa tematica negli ultimi anni. In particolare l'intervento (in italiano) del prof. N.K. Sharma ci dice tutto sui materiali da medicazione compresa la tecnologia di produzione. http://www.tessileesalute.it/flex/files/bd5c23eb86 8d6dbd1d67.doc Scatole di BAND-AID® da collezione Un vero spaccato di storia attraverso i cerotti. Una coppia americana aveva comprato nel 1994 una fattoria nella California del Nord. La casa apparteneva ad un anziano signore che l'aveva costruita con le sue mani ed era abituato a non buttare via mai niente. Nel garage della casa erano conservate decine di scatole di metallo usate di cerotti e riciclate come contenitori per minuteria varia. Le foto (tre sono riprodotte in questo articolo) si trovano al sito: http://www.savetz.com/bandaid Biografia di Earle Dickson http://inventors.about.com/library/inventors/blba ndaid.htm http://web.mit.edu/invent/iow/dickson.html Biografia di Robert Wood Johnson http://www.rwjohnsonbiog.com/ I cerotti cantano? Eccome e fanno anche del bene! Chi non ricorda la mitica Band Aid fondata da Bob Geldof insieme ad altri artisti nel 1985 per aiutare le popolazioni dell'Etiopia stremate dalla fame e dalla carestia? http://www.inthe80s.com/ xmaslst.shtml Biografia di Joseph Lister http://web.ukonline.co.uk/b.gardner/Lister.html http://www.fordham.edu/halsall/mod/1867lister.html Cerotti per bimbi Cerotti con tutti i personaggi cari ai bambini, Harry Potter e Pokemon compresi 18 Polimeri in cucina RISO, MACROMOLECOLE E DIGERIBILITÀ a ricetta di questo mese è basata su uno dei piatti più classici della cucina italiana: il risotto alla milanese. Il riso è l’alimento base di circa 1/3 della popolazione terrestre, nonché il cereale più consumato nel mondo. Si ritiene che il riso abbia avuto origine nell'Asia sudorientale (il 90% del riso mondiale è infatti ancora oggi prodotto e consumato in Asia; la regione italiana del Piemonte detiene invece il primato a livello europeo): si sa che era coltivato in India e in Cina più di 6.500 anni fa. Nel mondo greco-romano, così come nel medioevo, il riso era considerata una spezia esotica, estremamente costoso e quindi da usarsi con parsimonia in occasioni particolari oppure come medicamento. Esistono circa 19 specie di piante erbacee della famiglia delle graminacee classificate come “riso”, ma solo la Oryza sativa è importante per l'alimentazione umana: è una pianta che ama l'acqua, richiede un clima caldo-umido e riesce a raggiunge l'altezza di circa 1 metro. Il valore nutritivo del riso è legato in buona parte al suo alto contenuto di amido (di qui il collegamento tra la ricetta di questo mese e le macromolecole!): il riso è il ... cereale più ricco di carboidrati (80 g ogni 100 g), ha un basso contenuto di grassi, è privo di glutine (ed è quindi adatto a chi ha intolleranza per il grano) e rappresenta in generale una fonte energetica contemporaneamente associata ad un’alta digeribilità. Il riso rappresenta appunto una fonte di glucidi sotto forma di carboidrati complessi. I glucidi presenti nel riso vanno distinti in cellulosa e amido che in natura si trova organizzato in una struttura chiamata granuli, la cui dimensione è variabile a seconda dell'alimento preso in considerazione: mentre ad esempio i granuli di patata sono molto grandi, quelli del riso sono molto più piccoli (fino a 70 volte quelli della patata e anche 20 volte più piccoli di quelli del frumento), caratteristica importante che migliora la digeribilità, poiché in tal modo il contatto con i succhi gastrici risulta più diffuso e quindi più efficace. Perfetto quindi per chi è ammalato o per chi deve prevenire la sonnolenza dopo i pasti e ripartire con grinta con attività sia fisiche che intellettuali. Un’ultima curiosità: in alcune culture orientali, il riso è un simbolo di vita e di fertilità ... sarà per questo che è tradizione gettarlo addosso alle coppie appena sposate??! L 19 LA RICETTA DI PIPPI Ossobuco alla milanese Ingredienti per 6 persone 6 ossibuchi di circa due dita di spessore 60-100 g di burro farina 00 1 bicchiere di vino bianco secco mezzo spicchio d'aglio (senza germoglio centrale) la scorza grattugiata di mezzo limone (solo la parte gialla) un ciuffo di prezzemolo sale pepe Preparazione Infarinare leggermente gli ossibuchi, scuotendo l’eccesso di farina. Scegliere una casseruola capace di contenere tutti gli ossibuchi su un solo strato. Farci sciogliere il burro e rosolare gli ossibuchi. Appena saranno coloriti, voltarli per proseguire la cottura dall’altra parte. Salare, pepare e bagnare col vino. Lasciare asciugare quasi del tutto e poi aggiungere un po’ di acqua calda (o del brodo, a piacere). Coprire la casseruola e proseguire la cottura per circa 1 ora: la carne non deve risultare sfatta ma ferma di cottura. Cinque minuti prima di servire, aggiungere il trito fatto con il prezzemolo, la scorza di limone, l’aglio e l’acciuga (la gremolada). Fare insaporire gli ossibuchi da entrambi i lati voltandoli con delicatezza. Trasferirli in un piatto e bagnarli con il fondo di cottura eventualmente allungato con un po’ di acqua calda. Servire con il risotto giallo allo zafferano, ovvero il noto “risotto alla milanese”. Risotto alla Milanese Ingredienti per 6 persone 500-600 g di riso Carnaroli (o Arborio) 30-50 g di Cipolla 100 g di burro mezzo bicchiere di vino bianco secco 2 bustine di zafferano in polvere 80-100 g di Parmigiano Reggiano grattugiato Per la tradizione: 100 g di midollo di bue sale Preparazione Rosolare nel burro un trito di cipolla e midollo di bue ("facoltativo", ma necessario per la tradizione). Aggiungere il riso e farlo tostare fino a quando lo si sente aderire alla padella. Sfumare con il vino bianco secco e poi coprire con il brodo (o anche semplice acqua) bollente. Salare se necessario e proseguire la cottura per circa 14 minuti, aggiungendo altro brodo o acqua nel caso il risotto seccasse troppo. A questo punto aggiungere la polvere di zafferano, eventualmente stemperata in un po' di brodo o acqua calda. Proseguire la cottura per un altro minuto. Alla fine il risotto deve risultare piuttosto asciutto (abbastanza da tenere in piedi un cucchiaio) ma non secco. Prima di servire unite un pezzetto di burro fresco e una buona manciata di parmigiano. Per quanto riguarda il “morbo della mucca pazza” vorrei tranquillizzare tutti, infatti sembra che il consumo di muscoli, midollo osseo (quello che si trova nell'ossobuco) e latte siano sicuri, anche nell'ipotesi che provengano da bovini colpiti da BSE. Ho fatto una veloce ricerca su internet (ossobuco+mucca+pazza) e vi segnalo le seguenti pagine: http://www.dica33.it/argomenti/malattie_infettive/bse/muccapazza.asp http://www.cucinait.com/cucinait/Ricette/SicurezAlim/427_6193.html 20 L’Ambiente SALMONI IN BATTERIA di Roberto Filippini Fantoni e Giorgio Sanfilippo* bbiamo sempre pensato che il mare fosse una riserva alimentare praticamente inesauribile, ma già da tempo ci si è accorti che così non è. I primi segni di squilibrio ambientale sono stati dati dalla sparizione dei grossi cetacei che, presenti in numero decisamente più limitato rispetto alla normale fauna ittica per le loro dimensioni e soprattutto dalle loro necessità alimentari, dall’inizio del secolo hanno subito una costante caccia a causa dell’innumerevole quantità di alimenti e di prodotti utili che potevano ricavarsi dai loro mastodontici corpi. Giustamente protetti, la loro estinzione sembra per il momento bloccata, anche se sono in molti i paesi che spingono per una riapertura della possibilità di caccia. Ma se il calo di questo tipo di gigante del mare era facilmente evidenziabile, molto meno evidente è il netto calo della fauna ittica più piccola, quella che viene consumata sulle tavole di tutto il mondo in quantità decisamente massicce. Meno evidente fino a un paio di decenni or sono ma ora chiaramente si notano preoccupanti svuotamenti dei migliori bacini peschiferi del mondo. Di conseguenza ci si è orientati all’allevamento delle specie più pregiate, quelle che sono più perseguite e che sempre più si avvierebbero all’estinzione se non fosse l’uomo (almeno una volta tanto!) a pensare a salvaguardare la fauna naturale utilizzando vivai marini di diversa concezione e sfruttamento. E i vivai di gamberi, aragoste e salmoni sono ovviamente i più appetibili e appetiti. Tanto appetiti che quelli del WWF, giustamente, cominciano ad essere preoccupati dell’aumento incondizionato di questi vivai marini nei pressi delle coste per tutta una serie di motivi. Innanzitutto il possibile inquinamento della zona da parte dei rifiuti organici concentrati in spazi limitati. Poi l’inquinamento portato dall’uso di sostanze antialga delle quali sono impregnati i materiali delle reti di contenimento delle specie ittiche in allevamento. Infine la possibilità di modificare la fauna locale attraverso i possibili incroci tra la fauna allevata e quella locale. Ovviamente si prevede la necessità di una regolazione della distribuzione di questi vivai marini, ma ben sappiamo che coloro che intraprendono un’attività fruttifera, come dimostreremo essere questa, non lo fanno certo perché può contribuire a salvare la fauna marina naturale ma solo perché contribuisce a riempire le tasche del padrone o dell’azionariato a seconda dei casi. Le acque che bagnano le coste sono più ricche e nutrienti; infatti in queste zone, grazie all’azione del vento e delle acque marine si produce un miscuglio tra i livelli marini superiori e inferiori così che le sostanze nutritive che si trovano depositate sul fondo marino possono essere trasportate in superficie e possono essere utilizzate dagli esseri autotrofi che vivono in quegli strati superficiali. Inoltre a tali sostanze vanno aggiunte quelle che i fiumi portano al mare in grande quantità. Insomma un ambiente decisamente appetibile per instaurare coltivazioni marine. Al confronto il mare aperto sembra essere un “deserto azzurro” e il fitoplancton vi si trova in concentrazione assai inferiore. Per quanto riguarda i salmoni, che sono l’oggetto di questa breve relazione illustrativa, dobbiamo dire che i fiordi della Norvegia, dove si era iniziato questo tipo di allevamento intensivo, cominciano ad essere saturi di questi allevamenti giganti; pertanto l’affaire si sta sviluppando nei mari altrettanto freddi del Cile, da Puerto Montt – a circa 1000 km a sud di Santiago – fino a raggiungere la Terra del Fuoco. Infatti, per tali allevamenti sono neces- A * Mazzaferro Tecnopolimeros Ltda., São Bernardo do Campo (SP), Brazil - E-mail: [email protected] 21 minate, si assisteva all’impari lotta del salmone contro acque vorticose, cascatelle da superare con innumerevoli tentativi e balzi abnormi - se paragonati alle dimensioni del salmone - e alla fine tragica di molti di essi in bocca a famelici e furbi orsi che sfruttavano a meraviglia e a proprio vantaggio la spinta ancestrale del salmone verso i luoghi in cui depositare le uova? Passare da tutta questa meraviglia della natura e lotta per la sopravvivenza a un allevamento tipo pollaio dentro gigantesche reti, non può che deprimerci e ci fa venire alla mente gli allevamenti di batteria dei polli, fatti ingozzare per crescere rapidamente e con una vita assurda, inscatolati in mezzo a migliaia di colleghi destinati alla stessa misera vita e a un altrettanto misera morte. Purtroppo queste sono le vie che siamo costretti a percorrere se vogliamo pensare a un mondo in cui c’è una popolazione sempre crescente che richiede standard alimentari più sofisticati – potendoseli permettere – e ci sono altri uomini ai quali interessa sfruttare questa sofisticazione alimentare a proprio vantaggio. E proprio un concentrato di carni prelibate sono questi allevamenti marini superdensi. Si tratta di bacini immensi delimitati da opportune reti. Quelli rotondeggianti con diametri che raggiungono e a volte superano i 30 metri e i 26-28 metri di profondità. Ognuno di questi bacini di allevamento contiene qualcosa come 75000 salmoni, con un peso medio di 4 kg e che sono piazzati sul mercato a 4 US$/kg. In pratica ognuna di queste “gabbie marine” contiene tanto pesce da raggiungere un valore di mercato di 1,200,000 US$. Se pensate che nelle singole aree di coltivazione vengono mediamente posizionate da 16 a 24 gabbie di questo tipo, vi rendete conto subito che si tratta di un grosso affare. Figura 1. Zona del Cile in cui è maggiormente sviluppata la coltivazione in mare dei salmoni. sarie acque fredde, ben movimentate e ad alta capacità di ricambio. In questo articolo parlando dei salmoni vi renderete conto della redditività di questa attività di acquicultura, benefica da una parte e in grado di rendere pesci pregiati, quali sono i salmoni, alla portata di molte più tasche di quelle che un tempo se lo potevano permettere, problematica dall’altra se non subentra una regolazione internazionale. L’obiettivo finale dichiarato di questi allevatori è quello di portare il salmone su tutte le tavole a prezzi che, se non raggiungono quelli del nostro pesce azzurro, sono comunque più vicini a quest’ultimo piuttosto che a quelli attuali del salmone, che rimangono sempre troppo elevati per poterlo considerare un cibo di consumo generico. Ovviamente, al di là delle dichiarazioni di buoni intenti, agli allevatori non conviene e non converrà mai scendere troppo di prezzo e penso che si possa arrivare a un equilibrio tra il guadagno sempre vantaggioso dell’allevatore e la possibilità di un’espansione del mercato. SALMONI IN BATTERIA Chi di noi non ricorda gli innumerevoli documentari a cui abbiamo assistito fin da piccoli e nei quali, in paesaggi meravigliosi e foreste inconta- Figura 2. Veduta aerea di un’area di coltivazione dei salmoni con dieci bacini di contenimento e la nave appoggio che li controlla e approvvigiona. 22 Per i contenitori quadrati le misure sono di 20x20x16,5 metri, con un contenuto di circa 50000 salmoni. Da un rapido conteggio risultano 7÷8 salmoni per m3: non raggiungiamo la concentrazione per mq degli allevamenti di polli ma non siamo poi così lontani! zione, preleva i salmoni pronti per la vendita e ne aggiunge di nuovi. Sembra qualcosa di sofisticato per un allevamento di pesce ma, come abbiamo mostrato in precedenza, le somme di denaro coinvolte in questo business sono notevoli e si possono sostenere ben più di queste spese. ALTA TECNOLOGIA A PROFUSIONE In queste fredde acque cilene i predatori più pericolosi sono le orche, i delfini e, soprattutto i leoni marini che con la loro massa preoccupano non poco gli addetti al controllo di questi allevamenti ittici. Sono proprio i leoni marini e le foche quelli che creano i maggiori problemi. Come si può vedere da una delle foto in cui il bacino di allevamento è mostrato da vicino, c’è una specie di parapetto per evitare che tali animali possano entrare con un salto nel bacino stesso. Ma a volte non è sufficiente per cui nelle zone dove la presenza di questi animali è maggiore – le zone più a sud della costa cilena – è necessario inserire una struttura con reti più robuste e sostenute da una travatura decisamente resistente, che partono dalla periferia ed entrano, inclinandosi verso l’alto, in direzione del centro del cerchio. In tal modo si crea un anello di rete che difficilmente può essere superato dal leone marino perché nel caso tentasse un salto cadrebbe sulla rete e scivolerebbe di nuovo in mare. Qualche volta però accade che l’animale riesca ad entrare (via salti o attraverso rotture della rete) e se non ci si accorge in tempo i danni possono essere ingenti. Per il leone marino o la foca che riesce nell’impresa è davvero una gran festa! Nel caso di ingresso via aerea il danno è limitato alla quantità di salmone che il leone marino riesce ad ingurgitare prima che i controllers degli impianti se ne accorgano e riescano a catturarlo e a ributtarlo in mare. Se invece s’intrufola nelle reti sbragandole allora c’è una fuga di salmoni tale da causare un danno economico notevolissimo. Ad ogni mossa dell’uomo per bloccare queste invasioni, corrisponde, dopo un po’ di tempo una contromossa. Volete un esempio? Eccovelo! Per evitare che i leoni marini intrufolino il proprio muso tra le maglie delle reti e restino in attesa del passaggio di un salmone nelle vicinanze (evento tutt’altro che raro data la densità della popolazione salmonifera) per inghiottirselo rapidamente, le reti sono doppie e a luci alternate. Ma non è sufficiente. Ci sono documenti filmati che mostrano come i leoni marini in questo caso abbiano imparato a LA BATTAGLIA CONTRO I PREDATORI Dalle foto qui pubblicate potete già immaginare che impiantare in mare aperto questi colossali bacini di allevamento dei salmoni, richiede una tecnologia piuttosto avanzata, ma vi meraviglierete ancor più sapendo che tutto il sistema è controllato con sofisticate apparecchiature subacquee che non solo tengono in costante controllo i parametri delle acque marine nel bacino e nelle immediate vicinanze, ma controllano visivamente, tramite telecamere sottomarine mobili, vari punti dell’allevamento controllando non solo la crescita dei salmoni ma anche le reti di contenimento che potrebbero lacerarsi per cause naturali o per l’attacco di predatori (delfini, orche, leoni marini e foche). E c’è di più, perché esiste anche un controllo medico automatizzato che verifica il tenore di colesterolo dei salmoni e in base a questi valori decide la quantità e il tipo di alimenti da introdurre nel bacino. Il tutto tramite una nave appoggio, come quella che potete vedere nelle foto, equipaggiata e connessa via radio con tutti i sistemi di controllo elettronici che sono stati disposti nei bacini e che si sposta regolarmente tra i differenti bacini della zona e pure di molte altre zone non troppo distanti in cui sono piazzati questi vivai. Insomma un piccolo laboratorio galleggiante che controlla, verifica, decide programmi di alimenta- Figura 3. La nave appoggio verifica il procedere della crescita dei salmoni e controlla ogni dettaglio. 23 Figura 4. Andamento della produzione di salmoni via vivai marini. lavorare in coppia: uno con il muso spinge una rete contro l’altra in modo che stiano appaiate, mentre l’altro cerca, nelle vicinanze del compagno, il punto dove le luci vengono quasi a coincidere e intrufola il suo muso. Quando quest’ultimo è sazio ecco che dà il cambio all’altro che passa al proprio turno di alimentazione. Incredibile ma vero! a ripulirle. Si tratta di reti del peso di diverse tonnellate e l’operazione di pulizia è onerosa e con rischi di rotture delle rete in quanto i crostacei che si sono depositati sopra vi si sono saldamente attaccati. Allo scopo di ridurre l’incidenza di questa onerosa operazione, le reti sono trattate con prodotti “antifouling” che permettono di rallentare notevolmente il processo di deposito e di effettuare l’operazione di recupero e pulizia a distanze di tempo che vanno dai sei mesi a un anno. Purtroppo i prodotti attualmente utilizzati come anti-fouling sono fatti depositare sopra la rete dove restano legati con legami labili (Van der Waals) o polari. I primi non sono sufficienti a trattenere il prodotto più di un certo tempo, mentre per i secondi la ionicità del sale marino consente scambi ionici deleteri. In conclusione le zone limitrofe risultano inquinate in maniera decisamente pesante. Il più usato agente anti-fouling è costituito da una sospensione che ha come principale componente l’ossidulo di rame, o ossido cuproso, (Cu2O) che ha facilità di ossidazione e talvolta di riduzione ma che comunque immette ioni rame (generalmente Cu++ vista la facilità di ossidazione, molto spesso insieme a rame metallico vista la facilità di disproporzionamento del Cu+) nell’ecosistema. Inoltre la mistura contiene benzene e xilene che, come tutti saprete, essendo noti cancerogeni, danneggiano E I POLIMERI COSA C’ENTRANO? Dopo questo breve escursus sull’allevamento dei salmoni nelle terre cilene, vi domanderete cosa c’entri tutto ciò con i polimeri e le macromolecole. Ebbene, al crescere di questo mercato cresce quello delle poliammidi con le quali le reti sono fatte e si tratta di una crescita non soltanto quantitativa ma anche qualitativa con richieste tecnologiche sempre più avanzate. Vediamo di esaminarle. Dato che si scelgono zone costiere particolarmente ricche sotto il profilo alimentare risulterà chiaro che tutti gli organismi che popolano la zona possono utilizzare le reti come supporto su cui stabilirsi. Quindi, lentamente, sulle reti – costituite generalmente di fili multibava ad alta tenacità a base di poliammide 6 – crescono rapidamente una flora e una fauna marina notevoli, come mostra la fotografia che abbiamo riportato. Questo costringerebbe a ritirare le reti dopo non molte settimane e 24 Figura 5. Struttura e ancoraggio delle boe su cui è fondata la struttura del vivaio. gravemente la salute di chi lavora per il trattamento delle reti con l’anti-fouling. Già gli ambientalisti cileni hanno richiamato l’attenzione per l’eccessivo uso di antibiotici e altri prodotti chimici in questa industria dei salmoni: “El uso indiscriminado de antibióticos y de pinturas antifouling que son cancerígenas, esta poniendo en riesgo la salud de los trabajadores, de los ecosistemas marinos y lacustres y la cadena trófica marina, ………” Si stima che ogni anno si usino circa 2 milioni di litri di pittura anti-fouling. L’ossido cuproso ha le caratteristiche di metallo pesante bio-accumulabile negli organismi viventi. A questi effetti diretti sui lavoratori del settore, si aggiungono le azioni inquinanti di questi prodotti che a lungo andare si staccano dalla rete e, come dicevamo prima, inquinano ampie zone di mare circostanti. Per questo motivo in Norvegia l’uso di questi prodotti sta per essere messo al bando e si pensa che prima o dopo anche il Cile provvederà in merito. Sostituire questi prodotti con altri altrettanto efficaci e non inquinanti non è facile, ma sono molte le industrie che ci stanno provando. Di prodotti anti-fouling ce ne sono moltissimi e veramente efficaci ma sono difficili da tenere saldamente legati alla poliammide e in molti casi possono essere nocivi anche per gli stessi salmoni. La soluzione più logica sarebbe quella di trovare principi attivi che possano facilmente ancorarsi con legami chimici alla superficie del filo: conoscendo le difficoltà di questo tipo di inserimento e immaginando quali solventi siano richiesti per permettere una penetrazione del prodotto nella poliammide prima di legarsi ad essa per via chimica, la situazione diventa veramente complicata. Figura 6. Parziale veduta di una rete prima che venga piazzata nel vivaio marino. Figura 7. Come si presenta una rete di contenimento del centro di coltivazione salmoni dopo pochi mesi di lavoro. 25 Resterebbe la soluzione di trovare prodotti inseribili in catena durante la polimerizzazione ma a questo punto le quantità richieste da inserire nella massa polimerica, affinché possano avere una concentrazione superficiale tale da essere sufficientemente attive, è tale da far prevedere un grosso cambio di proprietà della poliammide stessa con probabili difficoltà nel processo di filatura. Insomma una bella sfida da vincere! Un’altra interessante soluzione tecnologica da segnalare – sia pur non connessa al problema degli anti-fouling – e legata stavolta alla protezione del bacino di cultura e che è stata recentemente brevettata, è relativa all’introduzione nella poliammide di solfato di bario, materiale che assorbe gli ultrasuoni che certi animali marini (delfini e altri) utilizzano per ricercare possibili prede. In questo modo il vivaio marino rimane nascosto a ricerche da lontano, mentre resta ancora vulnerabile se il cetaceo in questione si avvicina casualmente ad esso: in questo caso entrerebbe in gioco la sensibilità olfattiva. Come vedete una bella sfida anche per i ricercatori più preparati, una sfida che anche noi della Mazzaferro, produttori di poliammidi e di reti da pesca per i settori più svariati, stiamo cercando di affrontare insieme a Braskem, una delle più grosse industrie petrolchimiche del Brasile, nella speranza di trovare una soluzione valida e applicabile senza rivoluzionare troppo le attuali tecnologie. 26 I BITUMI MODIFICATI CON POLIMERI di Dario Biondi* e Giovanni Polacco* uomo conosce ed usa il bitume praticamente da sempre. Fin dagli albori della storia il bitume è stato impiegato efficacemente come materiale legante ed impermeabilizzante e pare che sia stato utilizzato per cementare le favolose mura di Babilonia e addirittura per la costruzione dell’arca di Noè. Risale invece ad otto secoli fa la costruzione della prima strada asfaltata in quello che è l’attuale Iraq. Ovviamente il bitume impiegato per queste applicazioni era un prodotto naturale, ricavato da giacimenti all’aperto ed originato dagli stessi fenomeni chimico-fisici dai quali derivano tutti i cosiddetti combustibili fossili. Oggi invece, il bitume è quasi totalmente di origine industriale, ovvero derivato da operazioni di distillazione e trasformazione delle correnti trattate nelle raffinerie petrolifere. Dal punto di vista legislativo il bitume è considerato materiale da costruzione, ovvero non rientra tra le sostanze tossico-nocive fra le quali invece è incluso il catrame, che deriva dalla pirolisi del carbon fossile e col quale spesso tende ad essere confuso. Che cosa lega questo materiale dall’uso così antico ad un settore relativamente giovane ed in continua evoluzione come quello dei polimeri? Per capirlo ci è di aiuto un dato abbastanza interes- L’ sante relativo al trasporto su gomma nel nostro paese: negli ultimi 50 anni la rete stradale italiana è pressoché triplicata mentre il traffico veicolare è cresciuto di circa 30 volte (1). Il sistema stradale è sottoposto quindi ad un carico per il quale è decisamente sottodimensionato ed un’importante conseguenza di questo “super-lavoro” è che le pavimentazioni stradali convenzionali risultano soggette a decadimento precoce della funzionalità, con effetti negativi sulla viabilità e sulla sicurezza. Questo problema è particolarmente sentito in Italia (che con oltre 85 veicoli/km ha la più alta densità di traffico di tutti i paesi economicamente avanzati) ma è preso in seria considerazione in tutta Europa e soprattutto nel Nord America. A titolo di esempio, nelle immagini che seguono sono riportati alcuni dei più comuni fenomeni di deterioramento dei conglomerati bituminosi. Nell’ottica di intervenire sulla strada migliorandone qualità e durabilità mediante l'uso di nuovi materiali e tecnologie e mediante una corretta gestione degli interventi di manutenzione stradale, sono nati i “bitumi modificati con polimeri” (Polymer Modified Bitumens, PMB, o Polymer Modified Asphalts, PMA, secondo la nomenclatura canadese e statunitense). I PMB sono leganti bituminosi ottenuti miscelando un bitume "tradi- Formazione di ormaie per accumulo di deformazioni permanenti Fessurazione da fatica * Dipartimento di Ingegneria Chimica, Chimica Industriale e Scienza dei Materiali, Via Diotisalvi 2, 56126 Pisa, Italy - E-mail: [email protected] 27 modificato (e non additivato) in quanto l’aggiunta del componente polimerico influenza il comportamento reologico e la suscettività termica del bitume al punto da renderli più prossimi ai propri piuttosto che a quelli del bitume di partenza. I primi tentativi di "modificare" il bitume risalgono all'inizio del secolo ed erano relativi all'impiego di gomma naturale sotto forma di lattice, ma il problema è stato affrontato in modo sistematico solo negli ultimi trenta anni, grazie soprattutto alla ampia gamma di polimeri sintetici sviluppati e resi disponibili dall'industria petrolchimica. Per produrre i bitumi modificati sono state sviluppate differenti procedure, che di volta in volta devono tener conto dei principali fattori che influenzano la velocità di dispersione del polimero nel bitume: • peso molecolare medio, percentuale e grandezza delle particelle di polimero modificatore; • condizioni di miscelamento (sforzo di taglio, temperatura e tempo di miscelazione); • caratteristiche composizionali di bitume e polimero. Durante la miscelazione il bitume viene gradualmente inglobato nella fase polimerica che lentamente rigonfia, assorbendo preferenzialmente i composti maltenici ed aumentando di volume. Il processo viene generalmente spinto sino alla cosiddetta "inversione di fase" che si verifica quando la fase polimerica diviene la fase continua ed il bitume "libero" la fase dispersa. In pratica, nonostante la percentuale in peso di polimero sia piuttosto modesta, la fase polimerica (ovvero polimero + bitume assorbito) diviene quella che predomina volumetricamente, nonché quella che determina le proprietà chimico-fisiche della miscela. Ecco perché il bitume cambia completamente comportamento reo-meccanico, giustificando così il termine "bitume modificato". È possibile realizzare l’inversione di fase quando, a parità delle altre condizioni, il tenore di polimero supera un valore, detto di soglia, che dipende dal tipo di polimero, dal suo peso molecolare e non ultimo dal tipo di bitume impiegato. Attualmente vengono prodotti PMB impiegando molti tipi sia di bitumi che di polimeri e destinando il prodotto ad altre applicazioni oltre che quelle stradali. Ad esempio le poliolefine e i loro copolimeri sono particolarmente adatti alla produzione di membrane impermeabilizzanti perché aumentano la durezza e la consistenza del bitume, mentre gli elastomeri termoplastici come i copolimeri stirenici a blocchi, grazie alle loro proprietà elastomeriche trovano ampia applicazione in campo stradale perché aumentano il recupero elastico e la viscosità alle alte temperature. Fessurazione per ritiro termico zionale" ed un polimero. La componente polimerica, benché aggiunta in percentuale solitamente compresa fra il 2 ed il 10% in peso, è in grado di modificare sostanzialmente il comportamento reomeccanico del bitume, migliorandone notevolmente alcune importanti caratteristiche prestazionali (2). Più precisamente, un polimero efficace come agente modificatore dà origine ad un bitume modificato che rispetto a quello di partenza ha: • maggiore flessibilità alle basse temperature operative; • maggiore rigidezza alle alte temperature operative; • più ampio intervallo di elastoplasticità (maggiore ampiezza del campo di T di impiego); • migliore correlazione tra viscosità e temperatura (forte riduzione della suscettibilità termica); • maggiore resistenza ai carichi ed alla fatica; • più elevato recupero elastico; • maggiore coesione ed adesione agli inerti lapidei; • maggiore resistenza all'invecchiamento (maggiore durata nel tempo del conglomerato). Oltre ad allungare la vita utile del manto stradale, la modifica con polimeri ha consentito anche la realizzazione di conglomerati bituminosi di tipo "aperto" ossia ad elevato grado di porosità (fino al 18% contro un massimo del 5% consentito da un manto tradizionale). Questi conglomerati hanno ottime proprietà drenanti e fonoassorbenti. In caso di pioggia le prime consentono di ridurre notevolmente i pericolosi fenomeni di "acquaplaning" e di nebulizzazione dell'acqua alle spalle del veicolo in marcia, aumentando rispettivamente l’aderenza e la visibilità. Le seconde, invece, determinano una discreta riduzione dell'inquinamento acustico causato dal rotolamento degli pneumatici. È interessante sottolineare che si parla di bitume 28 Polimeri impiegati nella modifica di bitumi Sigla Polimeri termoplastici (plastomeri) PE Polietilene APP Polipropilene atattico (cristallinità medio-bassa) IPP Polipropilene isotattico (cristallinità medio-alta) EVA Copolimero etilene-vinilacetato (% VA ≤ 15%) EMA Copolimero etilene-metilacrilato (% MA ≤ 15%) EBA Copolimero etilene-butilacrilato (% BA ≤ 15%) TPO Copolimeri termoplastici poliolefinici RET Terpolimeri etilene reattivi Sigla Elastomeri sintetici e naturali (gomme) BR Polibutadiene (gomma butadiene) IR Poliisoprene (gomma isoprene) CR Policloroprene (gomma cloroprene) NOR Polinorbornene NR Gomma naturale SBR Gomma stirene-butadiene EPR Gomma etilene-propilene EPDM Etilene-propilene-diene monomeri GR Gomma vulcanizzata di recupero Sigla Elastomeri termoplastici SBS Copolimero a blocchi stirene-butadiene-stirene SIS Copolimero a blocchi stirene-isoprene-stirene SEBS Cop. a blocchi Stirene-etilene/butilene-stirene SEPS Cop. a blocchi Stirene-etilene/propilene-stirene EVA Copolimero etilene-vinilacetato (% VA ≥ 15%) EMA Copolimero etilene-metilacrilato (% MA ≥ 15%) EBA Copolimero etilene-butilacrilato (% BA ≥ 15%) Sigla Polimeri termoindurenti EP Resina epossidica trovano sotto la loro temperatura di transizione vetrosa (circa 100 °C), mentre la fase disperdente butadienica è nello stato gommoso ovvero flessibile ed è quella che consente al materiale di deformarsi in maniera significativa. Ne risulta una struttura con reticolazione di tipo fisico che conferisce al polimero caratteristiche tipiche dei materiali elastomerici. Quando l’SBS viene a contatto ad alta temperatura con il bitume, quest’ultimo “rigonfia” il polimero e diffonde al suo interno. Inizialmente le interazioni tra bitume ed SBS si Tra i copolimeri stirenici a blocchi quello che attualmente viene maggiormente utilizzato è il terpolimero stirene-butadiene-stirene (SBS), aggiunto in percentuali variabili fra il 3 e l’8% in peso, a seconda della base bituminosa e delle prestazioni richieste al prodotto finale. Impiegati abbastanza frequentemente sono anche il SIS e l’SBR. Come è noto, l’SBS ha una struttura bifasica costituita da microdomini ricchi di blocchi polistirenici interconnessi mediante segmenti polibutadienici. A temperature ordinarie i domini polistirenici si 29 manifestano coinvolgendo preferenzialmente la fase flessibile del polimero, sia perché questa ne rappresenta la matrice, sia per il suo maggior volume libero. Tuttavia, non è da escludere che anche i domini polistirenici possano risultare in parte rigonfiati, soprattutto per diffusione al loro interno delle componenti aromatiche di minor peso molecolare presenti nel bitume. Il processo di miscelamento coinvolge prevalentemente la fase più flessibile, butadienica, del polimero, con i domini stirenici solo parzialmente rigonfiati e quindi ancora segregati ed in grado di esplicare la loro funzione di nodi di un reticolo tridimensionale. In tal modo il polimero, anche se aggiunto in quantità modeste, riesce a conferire proprietà elastomeriche all’intero sistema. È pertanto importante che le modifiche siano prodotte in condizioni di stress termomeccanici non eccessivi, in maniera tale che la parte polimerica conservi “memoria” della sua struttura originale. Al tempo stesso, le miscele devono essere sufficientemente “intime” da conservare la propria struttura durante lo stoccaggio in condizioni “statiche”. In altri termini, il fatto di dover realizzare una miscelazione parziale porta ad uno stato termodinamicamente instabile (o metastabile) che non corrisponde ad un minimo di energia e che tende spontaneamente ad evolvere verso la separazione di fase. I bitumi modificati vengono prevalentemente prodotti in raffineria e quindi trasportati in autobotti coibentate. Lo stoccaggio in raffineria ed il successivo trasporto vengono effettuati in serbatoi riscaldati privi di agitazione. Ecco allora che in tali condizioni i PMB sono intrinsecamente vincolati ad una situazione di rischio per quanto riguarda la stabilità della miscela, che risulta sempre essere l’aspetto critico per il loro impiego. In sintesi, se la compatibilità fra fase polimerica e fase bituminosa non è sufficiente, durante lo stoccaggio si può verificare una macroscopica separazione di fase con conseguenze drammatiche dal punto di vista applicativo; viceversa, se le condizioni di miscelazione sono tali da causare una dissoluzione troppo spinta del polimero nella fase bituminosa, l’effetto sulle proprietà meccaniche del bitume modificato può risultare molto modesto. Questo problema non sussiste quando il bitume modificato è impiegato ad esempio per la preparazione di guaine e membrane impermeabilizzanti. Queste, infatti, possono essere immagazzinate a temperatura ambiente, il che inibisce la cinetica della separazione di fase. Per la preparazione di guaine e membrane possono quindi essere impiegati anche polimeri che sono considerati del tutto “incompatibili” per applicazioni come leganti stradali. La vera difficoltà del processo di modifica del bitume stradale consiste pertanto nel trovare le condizioni ottimali, in relazione alla natura chimica dei componenti impiegati, al fine di ottenere il miglior compromesso per quanto riguarda le proprietà termiche e meccaniche del bitume modificato e la sua stabilità allo stoccaggio. Il problema è stato affrontato sia variando le apparecchiature di miscelamento o l’ordine di aggiunta dei componenti, sia mediante l’impiego di agenti compatibilizzanti o di polimeri funzionalizzati in grado di stabilire un legame chimico con alcuni componenti del bitume. Una tecnica che consente di visualizzare facilmente il grado di miscelazione raggiunto fra bitume e polimero e stabilire se è avvenuta o meno l’inversione di fase è la microscopia in fluorescenza. Poiché generalmente la componente di bitume più solubile nel polimero è quella aromatica, ovvero la più fluorescente, in un campione di bitume modificato non ben disperso si distingue una fase polimerica rigonfiata, che emette una luce gialloverde, ed una fase bituminosa, ricca di asfalteni, che appare nera. In figura sono riportati tre esempi di immagini di bitumi modificati ottenuti variando la sola temperatura e mantenendo costanti tutti gli altri parametri operativi. Il PMB relativo alla prima micrografia, pur esibendo buone prestazioni meccaniche, è fortemente bifasico e del tutto instabile allo stoccaggio. Il secondo, invece, ha il tipico aspetto “a buccia di arancia” che è indizio di un giusto grado di miscelazione, capace di garantire prestazioni e stabilità. Il terzo, infine, è un sistema omogeneo, ovvero una soluzione di polimero in bitume (piuttosto che un PMB) che risulta estremamente stabile allo stoccaggio, ma con prestazioni praticamente identiche a quelle del bitume originale. Micrografie in fluorescenza di bitume modificato Fasi non invertite 30 a partire dagli anni ’60 e che hanno conosciuto un particolare sviluppo soprattutto negli ultimi 20 anni. È prevedibile che l’approccio di carattere reologico sia destinato a soppiantare le prove classiche, peraltro tutte estremamente empiriche. In campo stradale l’impiego della reologia per caratterizzazioni di routine è stato promosso su scala mondiale dal progetto di ricerca statunitense SHRP (3) (Strategic Highway Research Program), nell'ambito del quale è stato messo a punto un nuovo sistema di classificazione, denominato “Superpave” dei leganti bituminosi. Per concludere, vale la pena fare qualche considerazione di carattere economico. È chiaro che l’introduzione del polimero nella formulazione del legante comporta un sensibile incremento dei costi, soprattutto come investimento iniziale. Però, a fronte del maggior costo (35-50% in più, a parità di spessore), i conglomerati realizzati impiegando PMB come legante garantiscono una vita utile decisamente superiore e quindi minori spese di manutenzione rispetto ai leganti non modificati. sulla base dell'esperienza di aziende qualificate, un manto d’usura realizzato in conglomerato bituminoso modificato, in presenza di traffico pesante, ha una vita media non inferiore ai 6-8 anni, contro i 4 anni di un conglomerato bituminoso tradizionale di pari spessore. Considerando inoltre le minori spese e disagi all'utenza (per la riduzione degli interventi di manutenzione), il maggiore rispetto per l'ambiente (riduzione dei consumi energetici e minore sfruttamento delle cave) e soprattutto la maggiore sicurezza, il piatto della bilancia tende a spostarsi, almeno per manti stradali fortemente sollecitati, decisamente a favore dei PMB. Per quanto riguarda la sicurezza, la società Autostrada del Brennero S.p.a. ha stimato che l’impiego dei manti drenanti e fonoassorbenti, iniziato nel 1995 ed oggi esteso al 98% della sua rete, ha determinato una riduzione del 30-40% degli incidenti stradali. Ciò nonostante, oggi in Italia non sembra esservi, da parte delle amministrazioni pubbliche, la stessa propensione all’impiego dei PMB che vi è in paesi quali la Francia e l’Olanda (dove anche i minori costi sociali sostenuti dallo Stato in conseguenza della diminuzione degli incidenti stradali sono considerati nel bilancio globale dell’investimento), ma esiste comunque una crescente attenzione, ben promettente per il futuro di questi materiali. Fasi invertite Sistema omogeneo È opportuno rilevare che nella maggior parte dei casi l’analisi al microscopio dà un’utile indicazione, ma non è sufficiente per prevedere la stabilità di un PMB, per la qual cosa sono stati sviluppati test specifici normalizzati a livello europeo, come per esempio il “tuben test”. Il tuben test prevede lo stoccaggio a caldo del PMB in un tubo mantenuto in posizione verticale per un opportuno periodo di tempo. Se durante lo stoccaggio si ha separazione di fase, il polimero migra verso la parte superiore del tubo. Dal confronto delle proprietà e della morfologia del legante raccolto nelle parti superiore ed inferiore del tubo si può valutare se ed in che misura la separazione è avvenuta. Per quanto riguarda le caratterizzazioni dei materiali leganti, alcune delle più comuni sono la misura delle temperature di rammollimento e di infragilimento e le prove di duttilità e viscosità dinamica. I suddetti test sono previsti nella maggior parte dei sistemi di classificazione ed accettazione attualmente esistenti. Un discorso a parte meritano, invece, le misure reologiche, introdotte nel settore dei bitumi PER SAPERNE DI PIÙ … SULLA NATURA DEL BITUME Per esigenze tecniche e strategiche, derivanti dalla provenienza della materia prima e dalla struttura dei cicli di raffinazione nei quali la produzione del 31 bitume è inserita, il termine "bitume" comprende una gamma di prodotti che, a seconda del tipo di grezzo impiegato e della severità del processo, possono differire significativamente fra loro. Fra i principali processi di produzione del bitume da petrolio greggio, ricordiamo: la distillazione sotto vuoto di residui della distillazione atmosferica (straight run bitumen), la distillazione sotto vuoto di residui di trattamenti termici (thermal cracking bitumen) e la produzione tramite deasfaltazione con solventi dei residui della distillazione sotto vuoto (propane precipitated asphalt). Non esiste quindi una definizione univoca che caratterizzi pienamente il bitume; per bitumi si intendono materiali organici, di origine naturale o industriale, solubili in solfuro di carbonio, costituiti essenzialmente da una miscela di idrocarburi ad alto peso molecolare e in misura ridotta da composti organici ed inorganici contenenti atomi di zolfo, azoto ed ossigeno e da metalli come vanadio e nichel. Per esigenze tecniche e strategiche derivanti dalla provenienza della materia prima e dalla struttura dei cicli di raffinazione nei quali la produzione del bitume è inserita, il termine "bitume" comprende pertanto una gamma di prodotti che sono tra loro significativamente diversi dal punto di vista sia chimico sia strutturale. La determinazione dei componenti del bitume e della loro struttura è estremamente difficoltosa a causa della complessità e degli elevati pesi molecolari delle molecole che lo costituiscono. Pertanto, in genere si ricorre ad una caratterizzazione semi-empirica, effettuata con metodologie che in alcuni casi risalgono addirittura alla fine del secolo scorso. Per esempio, la suddivisione in classi di solubilità (riportata in figura), la cui natura chimica appare piuttosto eterogenea e non sempre chiara, è del 1913 ma viene tuttora molto impiegata. Con riferimento allo schema di figura, in genere i bitumi non contengono quantità apprezzabili di carboidi e carbeni ed infatti il termine bitume si riferisce ad un materiale organico completamente solubile in solfuro di carbonio, quindi i principali costituenti dei bitumi possono essere divisi in 2 frazioni: • Asfalteni: composti insolubili negli idrocarburi a basso punto di ebollizione (n-eptano, n-pentano, n-esano, nafta), ma solubili in tetracloruro di carbonio o benzene. • Malteni o petroleni o olio deasfaltenato: composti solubili negli idrocarburi a basso punto di ebollizione. All'interno della frazione maltenica, mediante tecniche cromatografiche di adsorbimento selettivo su colonne contenenti gel di silice o allumina e successivo desorbimento impiegando solventi di polarità crescente, si possono distinguere tre frazioni denominate rispettivamente: • Oli saturi: si desorbono impiegando n-eptano ed hanno struttura alifatica o alchil-naftenica. • Oli aromatici: si desorbono impiegando benzene o toluene e sono prevalentemente costituiti da alchilaromatici ed aromatici a nuclei condensati. • Resine: si desorbono impiegando tetracloruro di carbonio e costituiscono la componente polare della fase maltenica, contenente catene idrocarburiche a carattere spiccatamente aromatico e ricche di catene laterali, talvolta molto lunghe. BIBLIOGRAFIA (1) (2) (3) Ravaioli S. Rapporto sicurezza e ambiente. Rassegna del bitume 44/03. Giavarini C. Il bitume ed i polimeri. Strade & Autostrade 4-98. Kennedy TW. Superpave: The Product of SHRP Asphalt Research Program. Washington DC, 1993. PER UNA RICERCA IN RETE http://www.siteb.it/ http://www.eapa.org/home.htm http://www.ctaa.ca/ http://www.fhwa.dot.gov/ http://www.arra.org/ http://www.nhi.fhwa.dot.gov/ 32 Biopolimeri QUALCHE COMMENTO SUI PREMI DEL 2003 NOBEL di Roberto Rizzo L’isolamento da parte di Peter Agre di una proteina di membrana che agisce da canale per l’acqua risale al 1988 e da allora gli studi che ne sono seguiti hanno permesso di capire in dettaglio il meccanismo del trasporto e la selettività di questo processo che permette di discriminare tra molecole d’acqua ed altre piccole molecole. Analogamente ai canali per l’acqua, i canali ionici permettono il passaggio controllato di specifici ioni. Dal punto di vista fisiologico questi canali sono importanti sotto diversi aspetti, ma, fra questi, il loro coinvolgimento nel funzionamento del sistema nervoso e dei muscoli riveste particolare importanza. MacKinnon nel 1998 ha determinato la struttura tridimensionale di un canale che regola il passaggio dello ione potassio chiarendo in quali sono i meccanismi di apertura e chiusura del canale da determinati segnali cellulari. Passando al premio Nobel per la medicina, questo si aggiunge ai numerosi premi Nobel che hanno riguardato la scoperta e le applicazioni della risonanza magnetica nucleare. Già nel 1952 Felix Bloch ed Edward M. Purcell (USA) erano stati premiati per le prime applicazioni della risonanza magnetica. In seguito, nel 1991, Richard Ernst (Svizzera) fu premiato per la messa a punto della risonanza magnetica ad alta risoluzione e nel 2002 Kurt Wüthrich (Svizzera) è stato premiato per l’applicazione della risonanza magnetica alla determinazione della struttura tridimensionale in soluzione di proteine. Oggi la giuria del premio Nobel ha voluto premiare le applicazioni mediche della risonanza magnetica che, attraverso tecniche di immagine degli organi interni (MRI, Magnetic Resonance Imaging), sono utili in numerosi campi. Di fatto la visione degli organi interni del corpo mediante metodi non-invasivi, ma accurati è particolarmente importante per la diagnosi ed il trattamento medico. I due ricercatori premiati hanno messo a punto la metodologia che sfrutta l’introduzione di gradienti di campo magnetico per nche questa volta AIM Magazine non mancherà l’appuntamento con l’assegnazione dei premi Nobel, ed ancora una volta il commento spetta a chi si interessa di macromolecole biologiche poiché sono state premiate ricerche di chiaro interesse biochimico. Per un motivo che apparirà chiaro più avanti vorrei descrivere e commentare sia il premio Nobel per la Chimica che quello per la Medicina (che più precisamente si chiama premio per la Fisiologia o Medicina). I vincitori del premio Nobel per la Chimica sono: Peter Agre (Johns Hopkins University, School of Medicine, Baltimore, MD, USA) e Roderick MacKinnon (Rockefeller University, Howard Hughes Medical Institute, New York, NY, USA) per le loro scoperte sui canali presenti nelle membrane cellulari. In particolare, il primo ha studiato i canali che mediano il trasporto dell’acqua ed il secondo si è interessato degli aspetti strutturali e funzionali dei canali ionici. I vincitori del premio Nobel per la Medicina sono: Paul C. Lauterbur (University of Illinois, Urbana, IL, USA) e Sir Peter Mansfield (University of Nottingham, School of Physics and Astronomy, Nottingham, Gran Bretagna) per le loro scoperte concernenti le tecniche di immagine mediante risonanza magnetica. Ed ecco qualche informazione in più circa le ricerche premiate. Gli organismi viventi sono costituiti in gran parte di acqua che contiene numerosi soluti a basso ed alto peso molecolare fra cui ioni. Il trasporto di questi liquidi e soluti fra i diversi organi del corpo, e quindi la distribuzione tra le cellule che li costituiscono, è essenziale ed esso è mediato da strutture ad hoc, i canali appunto, che funzionano in modo attivo, contro gradienti di concentrazione. Il mal funzionamento difettoso di queste strutture complesse, che sono localizzate nelle membrane biologiche, porta all’instaurarsi di gravi malattie che colpiscono il funzionamento dei reni, del cuore, dei muscoli e del sistema nervoso. A 33 connessi con la biologia. È infatti chiaro che la comprensione del funzionamento cellulare non può prescindere dalla conoscenza e dettagliata del funzionamento delle molecole. In questo può essere utile analizzare brevemente il curriculum vitae e le ricerche dei vincitori dei premi Nobel per la chimica e per la medicina. Cominciamo da quelli per la chimica: Peter Agre ha ottenuto il Batchelor in Chimica presso l’Augsburg College nel 1970 e poi la laurea in Medicina presso la Johns Hopkins University nel 1974. Roderick MacKinnon ha ottenuto il Batchelor in Biochimica presso la Brandis University nel 1978 e poi la laurea in medicina alla Tufts Medical School nel 1982. Entrambi quindi hanno avuto una prima formazione in chimica o biochimica e poi una seconda più elevata di tipo medico e si sono interessati di problemi spiccatamente biochimici. Vediamo ora la medicina: Paul C. Lauterbur ha ottenuto il Batchelor in Chimica presso il Case Institute of Technology nel 1951 e poi il dottorato di ricerca in Chimica presso l’Università di Pittsburg nel 1962; Sir Peter Mansfield ha ottenuto il Batchelor in Fisica nel 1959 presso il Queen Mary College of London ed il dottorato di ricerca in Fisica presso University of London nel 1962. Entrambi si sono interessati di problemi spiccatamente medici. È il trionfo dell’interdisciplinarità! È un esempio “spettacolare” delle potenzialità che si raggiungono quando discipline diverse interagiscono fra loro. È anche un esempio che suggerisce a chi intraprende studi scientifici quale possa essere un percorso formativo che tiene conto degli sviluppi moderni della scienza sia in campo biologico che in qualsiasi altro campo. Ma soprattutto è un esempio che deve dare un messaggio forte a chi lavora nelle Università ed ha la responsabilità di strutturare i corsi di laurea per modellare i curricula didattici facendo sì che vengano formati diplomati con una adeguata formazione interdisciplinare. Per questo le Università italiane hanno gli strumenti adatti che sono dentro la riforma dei corsi di studio (lauree triennali e specialistiche), ma l’impressione mia personale è che mediamente i docenti non abbiano ancora trovato la via per uscire dagli schemi tradizionali dei vecchi corsi di laurea e vi sia ancora una certa tendenza a strutturare corsi di studio, come chimica, fisica e biologia, in modo poco interattivo fra loro. Certamente i docenti universitari possono avere dei ritardi, o forse pigrizia, nel cambiare il modo di pensare, tuttavia le riforme serie dovrebbero contare su un serio appoggio finanziario e normativo da parte dei Ministeri competenti e questo sicuramente non si può dire del Ministero dell’Università italiano! analizzare la distribuzione spaziale delle radiazioni emesse e quindi ricostruire una mappa bidimensionale che poi può essere trasformata in immagine. La possibilità di fare questo risiede tutta nell’acqua che costituisce i due terzi in peso del corpo: in realtà quello che la risonanza magnetica riesce a “vedere” all’interno del corpo è l’acqua. Tuttavia, poiché vi sono differenze sia di contenuto che di dinamica molecolare dell’acqua in diversi organi e tessuti queste danno origine ad effetti diversi che possono essere trattati come immagini. In molte malattie il processo patologico porta ad una distribuzione alterata dell’acqua che permette diagnosi molto precise tanto che l’uso medico della risonanza magnetica ha avuto uno sviluppo sorprendente. Dai primi esperimenti pilota eseguiti nel 1980 si è passati a decine di migliaia di apparecchiature presenti negli ospedali mondiali. La tecnica non utilizza radiazioni ionizzanti come l’indagine mediante raggi X e quindi non implica possibili danni ai pazienti; tuttavia poiché il corpo deve essere infilato in un magnete la tecnica non è utilizzabile per pazienti portatori di pacemaker o trattati con protesi di metallo, inoltre pazienti che soffrono di claustrofobia possono avere problemi. Tuttavia i vantaggi di questa tecnica di visione all’interno del corpo e di organi specifici è di gran lunga superiore agli svantaggi; basti pensare alle indagini endoscopiche ed artroscopiche che sono dolorose e possono causare pericolose infezioni nosocomiali. Questa tecnica è particolarmente utile nei traumi del cranio e della spina dorsale che sono accompagnati da alterazioni del contenuto in acqua piccole ma sufficienti alla diagnosi. Essa è anche utile per seguire il decorso e la risposta al trattamento di malattie gravi come la sclerosi multipla che produce infiammazioni locali nel cervello e nella spina dorsale, ma anche di patologie più diffuse e meno gravi, come dolori alla spina dorsale che però hanno un alto costo sociale. Oggi la risoluzione delle immagini e la velocità di acquisizione è tale che la MRI viene anche utilizzata in microchirurgia cerebrale (p. es. nel trattamento del morbo di Parkinson). La MRI è utile anche per definire l’intensità del trattamento medico e quindi arrivare ad una cura modellata sulle reali necessità del paziente. Nel caso di tumori, infatti, può essere importante, prima di un trattamento chirurgico, sapere se vi sia infiltrazione nei tessuti circostanti e se linfonodi siano stati influenzati. A questo punto vorrei fare alcuni commenti generali sull’attribuzione dei premi Nobel per sottolineare quanto sia cambiato dal punto di vista concettuale l’approccio alla conoscenza dei problemi 34 Dal mondo della tecnologia POLIMERI RIGIDI di Riccardo Po a Mississippi Polymer Technologies Inc. (Bay St. Louis, Mississippi) ha immesso recentemente sul mercato una famiglia di materiali termoplastici (Parmax SRP) per estrusione, stampaggio iniezione e stampaggio a termocompressione, basati su poli(1,4-fenilene) sostituito. Si tratta di polimeri amorfi, trasparenti, non dotati di comportamento liquido-cristallino e sono il risultato di ricerche avviate dal centro ricerche della aviazione statunitense negli anni ’60. Pur essendo più solubili degli altri polimeri a catena rigida noti, i Parmax hanno una eccellente resistenza all’attacco di solventi organici e, sempre in virtù della loro struttura, sono potenzialmente in grado di migliorare le prestazioni di altre materie plastiche con cui vengano miscelati (resistenza alla fiamma, creep). Fonte: Modern Plastics, November 2003, pag. 41. L NUOVI cità potenziale di 20 GB, avente il grande vantaggio di utilizzare un materiale riciclato e riciclabile. Per conferire al disco la sufficiente rigidità, nel disco è stato inserito un sottile strato metallico che previene le oscillazioni che si verificano durante l’utilizzo. L’azienda non prevede che il nuovo supporto possa entrare in commercio prima del 2007 e sta studiando il problema dell’affidabilità nel tempo (problema comune anche ai CD in PC già esistenti). Fonte: La Repubblica on-line, 12.11.2003. MERCATI PER IL POLIPROPILENE SOFFIATO In un articolo in cui sono riportati i commenti di vari operatori del settore, emerge che il polipropilene sta seriamente iniziando a minacciare la posizione dominante del polietilene nel settore dei film soffiati. Fino ad oggi le caratteristiche del PP – elasticità del fuso insufficiente, lunghi periodi di raffreddamento, cattive proprietà ottiche – rendevano impossibile lavorarlo in modo conveniente sulle linee di trasformazione del PE. I recenti progressi dei vari produttori (Borealis, Basell, Atofina, Dow, tra le aziende intervistate) nello sviluppo di nuovi gradi di polimero hanno fatto sì che i trasformatori valutino positivamente le potenzialità espresse dal polipropilene. L’articolo riporta alcuni esempi di manufatti applicativi, tra cui un sacchetto tristrato trasparente per detersivi in polvere esteticamente molto attraente. Fonte: Modern Plastics, November 2003, pag. 32. DVD IN PET SEMPRE IN TEMA DI CD … Tecan Group AG, un’azienda con sede in Svizzera attiva nel settore delle bioscienze, ha sviluppato una tecnologia di screening accelerato di nuove molecole attive basata sull’utilizzo di “compact disc” in COC (copolimeri olefinici ciclici). La tecnologia consiste nel collocare microquantità di reagenti in adatte posizioni di un disco di 12,4 cm di diametro e 5 mm di spessore, avente la superficie opportunamente incisa; con la rotazione del disco i reagenti fluiscono, vengono a contatto e reagiscono. Il sistema è capace di effettuare fino a 48 reazioni simultaneamente. I microcanali incisi RICICLATO L’azienda giapponese Ricoh Co. ha messo a punto un disco ottico per CD e DVD in PET della capa- 35 terminano in vere e proprie microcuvette che raccolgono i prodotti permettendo l’effettuazione di analisi spettroscopiche. Fonte: Modern Plastics, November 2003, pag. 44. http://www.tecan.de/News/LabCD.pdf http://pubs.acs.org/subscribe/journals/ mdd/v06/i11/pdf/1103felton.pdf ANCORA CD La Walt Disney Co. ha sviluppato un DVD che dopo 48 ore si autodistrugge. Il DVD, ora in fase di pre-marketing su un numero limitato di titoli della nota casa cinematografica, è realizzato con un nuovo tipo di policarbonato prodotto dalla General Electric e contiene una sostanza che muta in un lasso di tempo determinato – 48 ore, appunto – il suo colore da rosso a nero per effetto di una reazione fotoattivata, rendendo il disco non più leggibile. Questa soluzione, secondo Walt Disney, dovrebbe ravvivare il mercato dei DVD a noleggio, mentre più scettici appaiono i responsabili della catena distributrice Blockbusters. Qualche perplessità deriva poi dal fatto che i DVD inutilizzabili e gettati via potrebbero creare problemi di natura ambientale, per cui sono allo studio soluzioni volte alla raccolta ed al recupero. Bayer Polymers, concorrente di GE, sta lavorando allo sviluppo di un prodotto simile. Fonte: Modern Plastics, November 2003, pag. 45. POLIMERI ANTI-ESPLOSIONI Il moltiplicarsi di atti terroristici ha dato, tra l’altro, un considerevole impulso allo studio di materiali capaci di resistere alle esplosioni, o almeno di limitarne i danni. Una azienda USA (LINE-X, situata nel sud della California) ha sviluppato un elastomero termoplastico (un poliuretano-poliurea) che può essere spruzzato sulla superficie di un edificio e in grado di limitare di almeno il 50% la formazione di frammenti dalle pareti. Il prodotto, denominato XS350, aderisce tenacemente a metallo, legno, cemento, formando una pellicola di spessore variabile tra 30 e 2000 micron che si essicca dopo 10 secondi dall’applicazione. Il materiale esplica la sua azione protettiva anche in occasione di tornadi e uragani. Attualmente il prodotto è in fase di valutazione da parte del Pentagono. Fonte: Chemistry & Industry, 6.1.2003, pag. 6. www.findarticles.com/cf_dls/m4PRN/2002_Dec_1 2/95245649/p1/article.jhtml www.line-xicd.com/bomb/defense_news.asp I paesi occidentali, Stati Uniti in testa, hanno purtroppo la cattiva abitudine di “esportare” negli altri 36 37 paesi un incredibile assortimento di rifiuti tossici e radioattivi, frutto del benessere (proprio) e causa di malessere (altrui). È recente, anche se passato sotto silenzio dalla maggior parte della stampa, il caso del convoglio di navi carico di scorie radioattive partito alcuni mesi fa dagli USA, giunto lentamente ma inesorabilmente in Europa e adesso al largo delle coste inglesi in attesa di sbarcare il suo carico, in base ad un accordo preso con una ditta britannica (ma non con gli abitanti del luogo). C’è poi il caso dei materiali di scarto derivanti da PC, telefoni cellulari, lettori DVD, impianti stereo etc. Ogni anno in USA vengono gettati 10 milioni di vecchi PC. Circa due terzi di questi vengono spediti in Asia (principalmente India e Cina) per la loro distruzione e per il recupero delle parti pregiate, riutilizzabili. Il riciclo viene fatto manualmente dagli abitanti di sperduti villaggi che si espongono così ai rischi di intossicazione da mercurio e piombo o di idrocarburi aromatici policicli- ci (derivanti dalla combustione della plastica). Infatti per recuperare i metalli dai cavi, montagne (letteralmente) di fili vengono bruciati a cielo aperto, con conseguenze immaginabili sulla salute della popolazione. Gli scarti irrecuperabili restano nei villaggi, inquinano le falde idriche (il fiume Lianjiang, a nordest di Hong Kong, sulle cui rive sorgono alcuni di questi “centri di raccolta e trattamento”, ha un contenuto di piombo 190 volte superiore al normale). Europa, Giappone, Canada, Australia hanno proibito l’esportazione di PC usati, imponendo il recupero di metalli e della plastica all’interno dei rispettivi paesi in centri specializzati. Negli Stati Uniti questi centri sono ancora pochi, il procedimento è costoso e si preferisce la più economica esportazione in Cina; si stima che il riciclo interno comporterebbe un costo maggiorato del PC di 25 $. Fonte: www.npr.org/programs/watc/features/2002/apr/c omputers/ 38 Polymers Abroad XXXXXXXXXXXXXXXX XXXXXXXXXXX Questa rubrica, che curo ormai da tre anni, non avrebbe potuto avere nome migliore specialmente adesso. Lo scopo della stessa è stato e continua ad essere quello di portare nella rubrica un tocco di internazionalità e dal punto di vista dei contenuti una finestra su quello che succede all’estero. I rapporti personali e professionali che ho avuto (ed ho) con l’estero si sono via via intensificati, i contatti da sporadici sono diventati frequenti e … da diversi mesi vivo negli Stati Uniti da dove attualmente scrivo e continuo a prendermi cura della rubrica. Così dalla italianissima società dalla quale ho iniziato la carriera da ingegnere chimico, ai tempi di un italianissimo gruppo petrolchimico, passando per il master negli Xxxxxxxx Stati Uniti e successivamente Xxxxxxx per la multinazionale svizzera delle specialità chimiche per polimeri (che significa che gli altri poveri chemicals non sono poi così speciali?), sono approdato all’hi-tech company in the greater area of Boston (riporto la definizione dell’azienda utilizzata da queste parti). Sempre nei Polymers. E sempre più Abroad. Boston è una città piacevolissima (lo dico per esperienza personale), storica (da qui è cominciata la disputa con gli inglesi per l’indipendenza americana, The Boston Tea Party), colta (le scuole più famose del pianeta sono qui, dal tempio della tecnologia quale è il Massachusetts Institute of Technology, alla prestigiosa business school quale Harvard) ed internazionale (vi sono quasi tutte le etnie) oltre che “europea” come la definiscono da queste parti (lascio ai lettori l’interpretazione dell’aggettivo). Ma di Boston, delle sue scuole e del Tea Party come degli Usa e dei polimeri americani avremo modo di parlare in seguito. Quello di cui parleremo in questo numero è di Polimeri Puliti. L’articolo è stato scritto assieme all’amico-collega Gary Levinsons che è anche il COO (Chief Operating Officier) della società per la quale lavoro e racconta di come rendere puliti i polimeri usando uno dei rimedi più antichi e naturali quale l’utilizzo dell’argento. Michele Potenza POLIMERI PULITI di Michele Potenza e Gary Levinsons* ANTIMICROBICI: • 30.000 sono i morti all’anno come conseguenza di tali infezioni; • il tasso di infezioni nosocomiali è cresciuto del 36% dal 1975 al 1995; • nel 1995 le infezioni nosocomiale sono costate circa 4,5 miliardi di dollari. Ed in Europa? Il Financial Times in un articolo pubblicato il 19 febbraio 2000 riporta che circa il 9% dei pazienti che entrano in ospedale viene infettato. Il 20% degli stessi riporta sintomi e riceve cure quando torna a casa per un’infezione acquisita durante il soggiorno in ospedale. Tale costo a carico del National Health Service è stimato in 1 miliardo di sterline l’anno. L’articolo chiude con la scioccante opinione secondo la quale i pazienti che vengono infettati hanno una probabilità di decesso 7 volte più alta. UNA REALE NECESSITÀ Quotidianamente siamo esposti a batteri, funghi e più in generale microbi che minacciano il nostro stato di salute. È praticamente impossibile non essere esposti ad un potenziale contagio di malattia infettiva causata da tali microrganismi. La maggior parte delle infezioni in organismi umani è causata da microrganismi trasmessi direttamente da un individuo all'altro, oppure indirettamente attraverso l'acqua, gli indumenti, gli insetti ecc. Il Center for Disease Control and Prevention, in Atlanta stima che fino al 15% di tutti i pazienti ospedalieri prende una qualche forma di infezione nosocomiale. Ulteriori ricerche portano alla luce risultati ancor più allarmanti: • 24 milioni all’anno sono le infezioni nosocomiali solo negli USA; * Chief Operating Officier della Ciba Specialità Chemicals SpA 39 Se da un lato esistono infiniti tipi di microrganismi nel mondo, dall’altro i microbi responsabili delle più comuni infezioni sono relativamente pochi; in particolare: • gli Enterobatteri come l’Escherichia Coli 41% di tutti i casi 11% di tutti i casi • lo Stafilococco aureus • i funghi quali Candida albicans 10% 9% • Pseudomonas aeruginosa Ma dove si trovano detti batteri? Un po’ dappertutto. Negli apparecchi che processano alimenti per esempio, nei condizionatori delle automobili, nei filtri di ricircolo dell’aria sugli aeroplani. Sul copriwater, come sul tagliere di cucina … e così via. Il microbiologo Charles Gerba dell’Università dell’Arizona nell’Aprile del 1999 scriveva “Vi sono cento volte più batteri su un tagliere [da cucina] che su un copri water, perciò leccate un copriwater piuttosto che un tagliere”. Lo stesso ha trovato colonie batteriche nel 60% delle lavatrici analizzate. Dopo questo disarmante preambolo, veniamo ai nostri antimicrobici ed a come questi rendano i nostri polimeri puliti, ma per fare ciò abbiamo bisogno di alcune nozioni di microbiologia. UN Figura 1. Microbo. zione, si hanno batteri autotrofi e batteri eterotrofi (a seconda della forma, organica o inorganica del carbonio e dell'azoto di cui hanno bisogno). Agli eterotrofi appartengono parte dei batteri non patogeni e tutti quelli patogeni. Una seconda distinzione viene fatta per la fonte di energia: alcuni batteri si servono a tale scopo della luce (fototrofi), altri invece traggono energia da legami chimici (chemiotrofi). Esistono poi batteri aerobici ed anaerobici per quanto riguarda il bisogno di aria, mesofili, termofili o psicrofili per la temperatura etc. I batteri possono essere mobili o immobili, e la motilità è dovuta alla presenza di appendici filamentose, dette flagelli o ciglia, che possono variare per posizione, numero e lunghezza. Una ulteriore modalità classificativa è data dal diverso comportamento dei batteri di fronte a una colorazione con violetto di genziana e soluzione iodio-iodurata (colorazione di Gram), che li divide in gram-positivi e gram-negativi. I parassiti si differenziano ulteriormente in commensali, se albergano nell'ospite senza determinare malattia, e patogeni, se sono in grado di determinarla. Questi ultimi possono essere patogeni facoltativi, se causano malattia solo in particolari condizioni, oppure patogeni obbligati, se la loro presenza è sempre causa di una forma morbosa. Quando i patogeni penetrano in un organismo e inducono modificazioni funzionali e anatomiche, si dice che è in atto un'infezione. I funghi (o miceti), sono vegetali appartenenti alle Tallofite, sono privi di clorofilla, e vivono come saprofiti e simbionti di animali e vegetali. Sono in genere eucarioti (hanno un nucleo) e comprendono muffe e lieviti oltre che funghi propriamente detti. Possono essere unicellulari, di dimensioni microscopiche, oppure pluricellulari e organizzarsi in forme di notevole grandezza e svilupparsi formando filamenti detti "ife", ramificati e intrecciati tra loro (ife vegetative), che danno origine a una particolare struttura detta micelio. I funghi si riproducono mediante spore, che sono asessuate o sessuate, a seconda PO’ DI BIOLOGIA Non sono un biologo, ve lo dico subito, ma alcune nozioni di base di biologia sono necessarie per il proseguo dello studio degli antimicrobici (i biologi e specie i microbiologi non me ne vogliano per la banalità e le eventuali fesserie che riporterò nel presente paragrafo). La biologia è una scienza che studia tra le altre cose (come la zoologia e la botanica) la microbiologia cioè quella branca che ha a che fare con microrganismi. Della microbiologia noi daremo alcune nozioni di base relative ai batteri, ai funghi, al loro meccanismo di riproduzione ed al suo controllo. La microbiologia come detto studia i microbi, creature individualmente troppo piccole per essere viste ad occhio nudo. Esse includono tra l’altro funghi, batteri ed alghe. I batteri sono microrganismi unicellulari, procarioti (per quello che ci interessa penseremo ai procarioti come creature il cui DNA non è in un nucleo), di dimensioni variabili da 0,2 a 10 micrometri (Figura 1). Sono caratterizzati dalla presenza di una parete cellulare e dall'assenza di clorofilla. Si distinguono per la morfologia, conferita dalla parete cellulare in microrganismi sferici, detti cocchi, e microrganismi cilindrici, detti bacilli. Si hanno cocchi a coppia (diplococchi), o a catena (streptococchi), o a grappolo (stafilococchi), o cocchi a tetrade (sarcine). Anche i bacilli possono avere morfologie alquanto diverse. Per quanto concerne la nutri- 40 che la formazione della nuova cellula avvenga con o senza fusione dei nuclei. Ai funghi asessuati appartengono i funghi imperfetti, che costituiscono la maggior parte dei generi patogeni per la specie umana. Crescita batterica e controllo della stessa Affinché i batteri possano riprodursi è necessario che vi sia disponibile, una fonte di carbonio; azoto, O2 ma anche S, P etc. La moltiplicazione batterica avviene in genere per scissione binaria: da una cellula se ne formano due con identico genotipo; questo meccanismo di riproduzione favorisce la trasmissione inalterata delle caratteristiche ereditarie. Il numero aritmetico di cellule in ogni generazione si esprime come esponente di 2. Il tempo di riproduzione è funzione di diversi parametri quali temperatura, tipo di microrganismo etc. e varia da 20 min. a 24 ore. Per rappresentare i dati in genere si usa la scala logaritmica. Durante la vita media dei batteri si riconoscono quattro fasi (Figura 2): lag phase è una fase di intenso metabolismo in cui il numero delle cellule varia di poco. Detta fase dura in genere da 1h a 10 giorni. Log phase è la fase di crescita intensa, le cellule sono metabolicamente particolarmente attive. Segue una fase stazionaria dove il numero di decessi eguaglia il numero di nuove cellule (fase metabolica rallentata). Detta fase non ancora perfettamente chiara sembra dovuta a fattori quali alterazione del pH, esaurimento dei nutrienti ecc. Death phase: i decessi superano le nuove cellule. Per la misura della crescita batterica esistono diversi metodi diretti ed indiretti. Tra i diretti vi è il “plate count” dove attraverso una serie di diluizioni è possibile contare numericamente il numero di colonie batteriche. La “filtrazione” (utile quando la quantità dei batteri non è eccessivamente elevata) e “MPN most probabile number” che è un metodo statistico per enumerare i batteri. I metodi indiretti si basano su misure di “torbidità” della soluzione o stimano l’attività metabolica tramite la misura di sostanze quali ossigeno e CO2 etc. Per quanto riguarda il controllo dei microbi si parla di Sterilizzazione (fatta tramite riscaldamento sotto pressione) quando tutti i microbi (incluso le endospore particolarmente resistenti) sono distrutti; Disinfezione (mediante radiazioni o utilizzo di sostanze chimiche) quando si distruggono le forme vegetative patogene; Sanitizzazione (lavaggio ad alta temperatura o immersione in sostanze chimiche) quando si intende ridurre il numero di colonie batteriche. I metodi per il controllo dei microbi come accennato possono essere di natura fisica come il riscaldamento in tutte le sue forme (secco o umido, pasteurizzazione ecc.), la filtrazione, l’irraggiamento, essiccamento, pressione osmotica; o di natura chimica. Tra questi riportiamo l’utilizzo di derivati del fenolo (lo stesso è stato bandito per problemi di irritazione della pelle) come il cresolo, gli alogeni quali il cloro o lo iodio, gli alcoli, alcune aldeidi, l’ossido di etilene, l’ozono ed infine i metalli pesanti ed i loro derivati (tra cui chiaramente l’argento). ANTIMICROBICI: COSA SONO? Sono sostanze naturali o sintetiche, organiche o inorganiche, che inibiscono la crescita di batteri e/o funghi. L’attività degli stessi dipende da parametri quali concentrazione nel substrato, temperatura, pH, tipologia del substrato, tipologia del microrganismo da “combattere”, oltre che dalla presenza di umidità ed ossigeno. Nelle plastiche gli antimicrobici sono utilizzati come biostabilizzanti per proteggere il materiale da biodegradazione (con conseguente deterioramento delle proprietà meccaniche ed estetiche quali il colore). I più diffusi tra questi sono l’OBPA (oxybisphenoxarsina) parte degli antimicrobici arsenic-based e l’OIT (octilisotiazolina). La biodegradazione riguarda soprattutto quei polimeri che forniscono sufficiente nutrimento ai batteri (tipico esempio è il plastificante del PVC). L’altro importante uso degli antimicrobici, quello di cui parliamo nel presente articolo, è come ingredienti attivi. Come tali sono impiegati per mantenere la superficie in uno stato igienico. Cioè pulito. Sopprimono o ammazzano batteri o funghi aiutano a ridurre gli odori e proteggono in generale dai microrganismi patogeni. Tra gli ingredienti attivi si distinguono gli organici (come il triclorodifeniletere o triclosano di cui abbiamo parlato in un precedente articolo su AIM Magazine) e gli inorganici quali quelli a base di ioni di argento (argomento del presente articolo). IL MERCATO DEGLI ANTIMICROBICI Livello consumatore finale. Come possiamo immaginare il PVC fa la parte da leone per i polimeri e l’OBPA per gli additivi. In termini di fattura- Figura 2. Curva di crescita dei batteri. 41 APPLICAZIONI: Electric appliances Refrigerators Dish washers Toilets (seat, tanks) Humidifier Water purifiers Vending machines Electric shavers Electric calculators Medical Disposable probes Catheters Hospital clothing Burn bandages Bloodlines Surgical equipment All hospital room installations Air conditioning systems Food sanitation Packaging film Plastic hoses (beer, beverages, etc.) Chopping/cutting board Vacuum bottles Stainless steel for industrial kitchens Food processing equipment Conveyor belts Building materials Flooring Ceiling Wallpaper Partitions Paints and coating (also fungicidal) Insulation Textiles Sport clothing Shoe liners and socks Clothing Towels and table napkins Curtains Carpets Bed linens Military uniforms OP textiles Transportation Automobile interiors and air conditioning Bicycle grips Subway, train and airplane interiors and Air conditioning systems Stationery & others Ballpoint pens Credit cards All types of toys Paper products to il Nord America da solo conta per il 40% seguito dal Giappone (particolarmente sensibile al problema batteri) dall’Europa e dall’Asia ed infine dal Sud America. Il Mercato giapponese è stato il primo a scommettere sugli antimicrobici a base argento. Il mercato degli stessi nel solo Giappone nel 1996 era di circa 700 miliardi di YEN (dato basato sul valore degli articoli trattati e non sul valore degli additivi). Gli antibatterici inorganici contano per circa il 15% ma il loro uso è destinato ad aumentare. Secondo un recente sondaggio condotto in America l’80% degli intervistati dice di essere preoccupato per il contagio da batteri, il 75% considera la contaminazione del cibo da batteri un rischio serio per la salute. I media sono lo specchio di tali preoccupazioni. Vi sono 11 volte più articoli sui batteri che 10 anni fa. Circa 670 differenti antibatterici sono stati introdotti nel marcato americano negli ultimi 6 anni. Secondo un sondaggio condotto a fine ”99 dal Decision Analyst’s American Consumer Opinion per conto di AgION Technologies Inc., una azienda specializzata in antimicrobici silverbased, il 71% degli intervistati ha un interesse significativo nell’avere AgION antimicrobico nei prodotti di questi il 65% delle donne ed il 58% degli uomini è disposto a pagare un “premio” per detti prodotti. Nella Tabella si riassumono i tipici prodotti in cui gli antimicrobici trovano utilizzo. L’ARGENTO COME ANTIMICROBICO: UN PO’ DI STORIA Sebbene l’importanza dell’argento come battericida venga trovata in letteratura sin dal tardo 1800, il suo utilizzo come agente purificante è riconosciuto da circa 6.000 anni quando gli Egiziani lo utilizzavano per purificare l’acqua che dovevano conservare per lunghi periodi di tempo. Gli stessi Fenici utilizzavano l’argento per mantenere inalterate le caratteristiche dell’acqua, del vino e dell’aceto durante il trasporto. Erodoto (79 42 d.C.) scriveva che Ciro il Grande, Re di Persia (550-529 a.C.), un uomo particolarmente attento alla salute dei suoi cittadini, avesse un’acqua estratta da una fonte speciale, “bollita, e con svariati vagoni a quattro ruote trainati da muli, portata in contenitori di argento, che seguivano il re dovunque egli si recasse”. Dal 1300 la stessa Chiesa Cattolica scelse specificatamente l’argento per i suoi calici e per le vaschette per l’eucaristia per prevenire il diffondersi di malattie tra preti e praticanti. Nel 1884 il medico tedesco dott. F. Crade fermò sensazionalmente la malattia che causava la cecità in generazioni di neonati, l’efficacia quale principio attivo fu attribuita all’argento. Nel 1920 l’argento fu diffusamente utilizzato per combattere malattie infettive quali la tubercolosi, infatti soltanto nel 1927, furono scritte circa 3.000.000 di prescrizioni mediche per medicinali contenenti argento. La medicina moderna utilizza l’argento come antimicrobico in usi quali: trattamento di ustioni, infezioni degli occhi nei neonati ecc. tossicità. Lo Zinco migliora la stabilità al colore dei substrati (riduce la mobilità dell’argento nella zeolite) ma da solo è poco efficace. Il rame è particolarmente efficace contro alcune muffe, ha effetto sinergico con l’argento ma non è consentito in contatto con alimenti. L’argento potrebbe in teoria essere utilizzato tal quale (per esempio sotto forma di coating) ma il procedimento risulterebbe costoso o sotto forma di sali ma in questo caso sarebbero presto sciolti in acqua e “lavati” in poco tempo (vita media antibatterica cortissima). Infine l’argento nella forma ionica può essere incorporato in un vettore (zeolite) che ne regola il rilascio (attraverso lo scambio ionico). Proprietà fisiche delle zeoliti. Le zeoliti sono quarzi allumino-silicati con struttura cristallina particolarmente igroscopica. Sono utilizzate in diversi campi ed applicazioni come gli adesivi, i setacci molecolari, i catalizzatori e gli scambiatori ionici. La funzione di scambiatore ionico rende la zeolite il vettore ideale per gli ioni di argento. Hanno una ottima resistenza termica, che nel caso della zeolite tipo A (1:1 alluminio e silice) è di minimo 550 °C ed arriva a circa 800 °C. Hanno anche una buona resistenza agli acidi e al calore che aumenta con l’aumentare del contenuto di silice. Per essere utilizzata come antibatterico, la zeolite è “caricata” di ioni argento. Gli Ag+ si legano ionicamente alla zeolite e si collocano nei pori della stessa che hanno un diametro di 4 Å (Figura 4). Gli ioni argento sono rilasciati nell’ambiente i cambio di altri ioni (quali sodio per esempio) fino al raggiungimento dell’equilibrio. Il tipo A di zeolite in genere precipita sotto forma PERCHÉ L’ARGENTO? Sono diversi i metalli pesanti che hanno proprietà antimicrobiche. Tra questi vi è lo zinco, il piombo, l’oro, il nichel, il cadmio, il rame, l’argento e il mercurio. Ma per diversi motivi, come riportato in Figura 3, tra i quali economici e di sicurezza solo pochi possono essere effettivamente utilizzati come antibatterici. Tra questi Ag, Zn e Cu. L’argento sicuramente è lo ione più efficace (anche in piccolissime quantità, per tale caratteristica è chiamato oligodinamico) ed ha una bassa Figura 3. MIC = Minimum Concentration for Inhibiting Growth. New Practical Handbook for Sterilization Engineering, 467, Science Forum (1991). Figura 4. Silver-Zeolite. 43 di cristalli cubici di lato 1 micron. La polvere di zeolite e ioni d’argento è abbastanza fine e si presenta simile ad un talco. Come funzionano gli antimicrobici silver based? Ognuno fa la sua parte. La zeolite quella di vettore come detto, lo scambio ionico fa la parte del meccanismo di rilascio dello ione argento e lo ione Ag esplica la sua funzione battericida. Il rilascio di ioni argento è regolato dalle classiche leggi sull’equilibrio ionico (Figura 5). Il meccanismo di rilascio come detto è quello dello scambio ionico e quindi affinché il rilascio dell’argento avvenga è necessario che altri ioni (tipo l’onnipresente sodio) prendano il posto dell’argento nella zeolite (Figura 6). Una volta rilasciato l’argento, secondo dei meccanismi non del tutto noti, agisce sul microbo in tre modi: viene ingerito dal microbo e ne distrugge le pareti cellulari; ne inibisce la riproduzione ed interrompe il metabolismo (Figura 7). Figura 5. Rilascio ioni argento nel tempo. Come si valutano le proprietà di tali antimicrobici? Principalmente attraverso due tipi di test: Direct Inoculation Test a Atomic Absorption Test. 1) Atomic Absorption (AA): il campione è immerso in una determinata quantità di soluzione contenente dei sali e lasciato li per 24 ore. Dopo le 24 ore una aliquota del liquido viene prelevata e tramite una macchina specifica viene misurata la quantità di argento presente nella soluzione cioè l’argento che è stato rilasciato dal campione. Se non vi si trova argento nella soluzione vuol dire che il rilascio non è ottimale e che quindi non vi è argento disponibile sulla superficie del manufatto che pertanto non risulterà antimicrobico. 2) Direct Inoculation (DI): è un test secondo cui si inocula una quantità di batteri nota sulla superficie di un campione trattato con antimicrobico. Il provino è incubato per 24 ore. I risultati vengono riportati in CFU (colony forming units) prima e dopo l’incubazione. Se il prodotto funziona si ha una riduzione del numero di colonie batteriche. Figura 6. Scambio ionico Argento-Sodio sulla superficie della zeolite. Figura 7. Meccanismi d’azione dell’Argento sui microbi. cipi chimici). I silver based antimicrobials basati sulla zeolite tipo A, come quelli commercializzati da AgION sono utilizzati con successo in diversi settori dal consumer (pezzi per la cucina, il bagno ecc.) all’imballaggio (alimentare e non ecc.); dal trattamento delle acque (i filtri sono un tipico esempio applicativo di tali prodotti) alle applicazioni idustrial (per esempio negli impianti dove si processano derrate alimentari), agli acciai rivestiti (utilizzati negli elettrodomestici e nelle condotte d’aria) ecc. CONCLUSIONI L’introduzione di antimicrobici costituiti da ioni argento rappresenta un notevole passo avanti nella lotta ai microbi ed alle infezioni ad essi associate. La possibilità di avere detti ioni in un vettore zeolite estende il campo applicativo dalle sole plastiche ai metalli (passando attraverso il coating). Inoltre l’utilizzo di antimicrobici inorganici supera molte delle barriere che l’utilizzo di principi attivi organici avevano sollevato (su tutte ricordo il presunto sviluppo di superbatteri resistenti ai prin- BIBLIOGRAFIA 44 Technology 1978:573-580. New Practical Handbook for Sterilization Engineering. Science Forum 1991:467. Nomura Biology Research Institute, Test No. NRILS 872206. Nomura Biology Research Institute, Test No. NRILS 872209. Plastic Additive Handbook, Hans Zweifel, Hanser. Takizawa Y. Studies regarding chronic toxicity and carcinogenic properties of orally administered zeolite with silver, zinc and ammonia compound substitutes. Japan Food Science Journal 1995;2:21-35. www.agion-tech.com. Antimicrobial in Plastics: a global review, Niall D’Arcy BIC at UCB. Ecological Sciences Research Institute Co., Ltd., Test No. TM-9003. European and U.S. Medical Device Markets, March 2001, Gary E. Levinson, Agion Technologies. Food and Medicine Safety Center, Sono Research Institute, Test No. 95 - Garments - 425. Food and Medicine Safety Center, Sono Research Institute, Test No. 95 - Garments - 573. Food and Medicine Safety Center, Sono Research Institute, Test No. 95 - Garments – 465. Gloxhuber Ch, et al. Food and Chemical Toxicology. 1983;21(2):209-220. Maki AW, Macek KJ. Environmental. [sic] Science & 45 I Giovani Uno degli obiettivi primari di AIM è sempre stato quello di rivolgere particolare attenzione al mondo dei giovani che lavorano in ambito macromolecolare. In tal senso AIM ha programmato di impegnarsi in questa direzione facendosi promotrice di diverse iniziative che possano favorire gli incontri tra giovani ricercatori (neolaureati, borsisti, dottorandi, assegnisti, giovani ricercatori dell’industria e del CNR …) e/o con i ricercatori “più maturi” (professori universitari, ricercatori del CNR e dell’industria). Lo scopo primario è quello di favorire gli scambi culturali fra giovani provenienti da contesti lavorativi e geografici molto diversi fra loro, spesso troppo ermetici, e fra i vari “ceti sociali” degli Enti presso cui si svolge la loro ricerca. “Macrogiovani”, che festeggerà quest’anno il suo sesto compleanno, rimane una delle esperienze cardine di AIM. Infatti, quest’anno sarà inserito all’interno della scuola AIM “M. Farina” a Gargnano dal 24 al 28 maggio 2004. Inoltre, in tale occasione sarà fatto il punto sulle prospettive lavorative di un giovane con curriculum macromolecolare. Prima di passare ai dettagli dell’evento, vorrei augurare ai partecipanti che anche questa edizione mantenga inalterato lo spirito, la freschezza, la voglia di incontrarsi e di confrontarsi che hanno contraddistinto le precedenti edizioni e che sempre più giovani provenienti sia dal sistema accademico sia dal mondo produttivo partecipino attivamente a questa iniziativa nel suo genere unica. Infine, vorrei ricordare a tutti, soprattutto ai docenti/tutori dei giovani partecipanti alla Scuola (invitandoli a coinvolgere i loro giovani ed a darne massima divulgazione), che simili eventi hanno portato in passato e porteranno in futuro inevitabili ricadute positive, tra le quali: dare modo ai giovani di conoscersi a vicenda, creando la possibilità di collaborazioni scientifiche e favorendo il trasferimento tecnologico tra mondo della ricerca pubblica e privata. Lo scopo è ambizioso, ma è teso a creare un network di persone e di cultura macromolecolare che potrebbe portare nuova linfa vitale al sistema indivisibile “Industria-Ricerca-Università” italiano. Loris Giorgini MACROGIOVANI 2004 GIORNATE DI DISCUSSIONE SU PROGETTI DI RICERCA MACROMOLECOLARE Palazzo Feltrinelli, Gargnano (Brescia), 24-28 maggio 2004 di Loris Giorgini e Giuliana Gorrasi acendo seguito all’iniziativa realizzata con successo negli ultimi anni, per il 2004 l’AIM propone “Macrogiovani 2004”, un incontro tra i “giovani” impegnati nella ricerca in campo macromolecolare che si terrà a Gargnano all’interno del XXVI Convegno-Scuola “M. Farina” dal 24 al 28 maggio 2004. Obiettivo dell’evento è quello di promuovere un dibattito e favorire gli scambi “culturali” fra giovani, provenienti da contesti lavorativi e geografici molto diversi, operanti nel settore delle macromolecole, avendo come base le ricerche che, a diverso titolo, essi conducono nelle università, nel CNR o nell’industria: dunque l’incontro è aperto a giovani tecnici, a dottorandi, a specializzandi, ad assegnisti di ricerca, a borsisti ed a laureandi, che avranno modo di scambiarsi le proprie esperienze e di discutere i temi scientifici dei propri studi. A tal fine è prevista una sessione poster allestita per tutta la durata della Scuola “M. Farina”. In questo modo i partecipanti alla Scuola ed a “Macrogiovani 2004” potranno presentare i propri lavori con tempi e modi flessibili, dando anche modo a chi parteciperà alla Scuola, a diverso titolo, di poter visionare e discutere con gli autori questi contributi scientifici. Il pomeriggio del mercoledì 26 maggio dalle ore 15 sono previsti brevi interventi della durata di 57 minuti (con tre o quattro lucidi inerenti al poster presentato), in cui ciascun relatore potrà illustrare brevemente il tema su cui lavora ed i risultati più importanti della propria ricerca. Alla fine di ogni relazione sarà aperta la discussione. Le relazioni dei giovani saranno precedute, mercoledì 26 maggio, da una relazione introduttiva dei Coordinatori della Commissione Giovani dell’AIM F 46 grassetto e successivamente, in corsivo, il nome(i) dell’autore(i) con relativa chiara indicazione dei recapiti dell’Ente o Azienda di provenienza e indirizzo e-mail. Nel testo non devono essere inserite tabelle e figure di nessun tipo. Questi contributi saranno pubblicati on-line sul sito Web dell’AIM: http://www.aim.it Il mancato invio degli abstracts non compromette la possibilità di presentare il proprio lavoro sia come poster durante tutta la durata dei lavori che oralmente il 26 maggio. Infatti, per evitare di essere vincolati a rapporti strettamente scientifici, sarà dato spazio anche a chi non vorrà, per diversi motivi, presentare contributi scritti. sulle prospettive occupazionali nel settore della scienza e tecnologia delle macromolecole. Al termine delle presentazioni dei partecipanti, è in programma una discussione generale su come organizzare al meglio la prossima edizione di “Macrogiovani 2005” e le prossime iniziative rivolte ai “giovani” di AIM. PROGRAMMA Sessione Poster L’evento consisterà in una sessione poster allestita per tutta la durata della Scuola “M. Farina”: I poster, che potranno essere preparati su argomenti specifici delle proprie ricerche in corso o su tematiche macromolecolari di aspetto generale (per evitare la titubanza dei partecipanti legati all’industria di presentare ricerche riservate), potranno essere affissi sin dal primo giorno della Scuola, lunedì 24 maggio. Dimensioni max: 90 cm (larghezza) x 120 cm (altezza) I potenziali interessati all’incontro, ma non partecipanti alla Scuola potrebbero trasmettere i poster tramite amici della stessa Università o spedirlo all’attenzione degli organizzatori. (contattare direttamente per questa eventualità Silvia Vicini, [email protected], o il sottoscritto Loris Giorgini, [email protected]). COMITATO ORGANIZZATIVO L’incontro è organizzato da: Consiglio Direttivo dell’AIM, (Maurizio Galimberti, Pirelli Pneumatici, Milano; Concetto Pugliesi, ICTP-CNR, Catania; Giovanna Costa, ISMAC-CNR, Genova; Giancarlo Galli, Università, Pisa; Riccardo Pò, Polimeri Europa, Ist. Donegani, Novara; Beniamino Pirozzi, Università, Napoli; Maurizio Toselli, Università, Modena) Commissione Giovani dell’AIM (Giuliana Gorrasi, Università, Salerno; Loris Giorgini, Università, Bologna; Silvia Vicini, Università, Genova; Sabrina Carroccio, ICTP-CNR, Catania; Luciano Falqui, ISMAC-CNR, Genova; Laura Mazzocchetti, Università, Bologna; Laura Boggioni, CNR, Milano; Simona Losio, CNR, Milano; Savio Scarano, Corimav Consorzio Pirelli, Università Bicocca, Milano; Elena Pucci, Corimav Consorzio Pirelli, Università Bicocca, Milano; Eleonora Ciaccia, Basell, Ferrara) Prof. Mauro Aglietto dell’Università di Pisa, segretario amministrativo e responsabile editoriale dell’AIM Prof. Enrico Pedemonte dell’Università di Genova, responsabile dei Convegni-Scuola AIM. Mercoledì 26 maggio ore 15.00 – Relazione introduttiva dei Coordinatori della Commissione Giovani dell’AIM sulle prospettive occupazionali nel settore della scienza e tecnologia delle macromolecole. – Brevi presentazioni delle proprie ricerche da parte dei Giovani partecipanti. – Discussione generale su come organizzare “Macrogiovani 2005” e le prossime iniziative AIM per i Giovani. ISCRIZIONE La partecipazione a Macrogiovani 2004 è gratuita per tutti i partecipanti al Convegno-Scuola “M. Farina” e per i soci AIM 2004. L’iscrizione all’evento dovrà essere effettuata unitamente all’invio degli eventuali abstracts (vedi punto successivo) mediante mail a Sabrina Carroccio, [email protected], e Luciano Falqui, [email protected], entro il 10 maggio 2004. Indicando nel subject “Iscrizione a macrogiovani 2004 Paolo Rossi”. PREPARAZIONE Per informazioni contattare i Coordinatori della Commissione Giovani dell’AIM: Loris Giorgini - Tel. e Fax 051 2093688; E-mail: [email protected] Giuliana Gorrasi - Tel. 089 964019; Fax 089 964057; E-mail: [email protected] E INVIO DEGLI ABSTRACTS Gli abstracts, max una pagina formato A4, tutti i margini 2,5 cm, redatti in times new roman carattere 12, devono evidenziare il titolo del lavoro in … e anche il Sito Web: http://www.aim.it/ 47 I Congressi futuri Il Comitato Editoriale di AIM Magazine ha preso la decisione di trasformare il “Calendario Congressi” da cartaceo a elettronico. Ci sarà un link sul nostro sito, puntualmente aggiornato, di conseguenza i nostri lettori e soci AIM potranno conoscere, con un dovuto anticipo, gli annunci di convegni e congressi nel settore macromolecolare. Responsabile di questo link sarà la nostra collaboratrice Simona Bronco. Quindi nella rubrica “Congressi futuri”, che sarà sempre molto sintetica, una o due pagine al massimo, verranno riportati dei riquadri dedicati soltanto alle manifestazioni organizzate e/o sponsorizzate dall’AIM e ovviamente un flash per ricordare l’esistenza del link elettronico “Calendario congressi”. Il Comitato Editoriale XXVI CONVEGNO SCUOLA AIM “MARIO FARINA” SU TECNICHE AVANZATE E NUOVI SVILUPPI NELLA CARATTERIZZAZIONE DEI MATERIALI POLIMERICI Palazzo Feltrinelli, Gargnano (BS), 24-28 maggio 2004 Il pieghevole dedicato al Convegno viene distribuito come inserto in questo numero. Copie supplementari possono essere richieste alla segreteria amministrativa AIM o recuperate consultando il nostro sito: www.aim.it. Tramite il sito ci si può anche iscrivere al Convegno. EUROPEAN POLYMER FEDERATION (EPF) EUROPOLYMER CONFERENCE 2004 (EUPOC 2004) Gargnano (BS), Palazzo Feltrinelli, 30 May – 4 June, 2004 http://biomat.pharmacy.man.ac.uk/EUPOC2004 For more information contact: Elisa Taburoni, Dip. di Chimica e Chimica Industriale, Università di Pisa, Via Risorgimento 35, 56126 Pisa (Italy) Fax +39 50 2219320 or 2219260; E-mail: [email protected] 48 GIORNATA DELLA COMMISSIONE AMBIENTE E BENI CULTURALI DELL’AIM SU POLIMERI E BENI CULTURALI Firenze, Cassa di Risparmio di Firenze, Sala dei Congressi, 4-5 giugno 2004 La partecipazione è gratuita. Le adesioni dovranno pervenire alla segreteria entro fine febbraio 2004 agli indirizzi e-mail: [email protected]. Per ulteriori informazioni rivolgersi alla Segreteria (Prof. Enrico Pedemonte, Dott, Silvia Vicini, Dott. Elisabetta Princi, Dipartimento di Chimica e Chimica Industriale, Via Dodecaneso 31, 16146 Genova, Tel. 010 3538713 - Fax 010 3536199). THIRD MODEST 2004 INTERNATIONAL CONFERENCE ON POLYMER MODIFICATION, DEGRADATION AND STABILIZATION Lyon, Villeurbanne (France), University Claude Bernard Lyon 1, August 29 - -September 2, 2004 http://modest.unipa.it For more information contact: Dr. Alain Michel, Laboratoire des Matériaux Polymères et des Biomatériaux, Domaine Scientifique de la Doua, Bâtiment ISTIL, 15 Boulevard Latarjet - 69622 Villeurbanne Cedex, France Tel.: (33) 0472432701; Fax: (33) 0478892583; E-mail: [email protected] 49 I Congressi svolti Ci proponiamo di inserire un dettagliato rendiconto sul XVI Convegno Italiano di Scienza e Tecnologia delle Macromolecole nel prossimo numero di AIM Magazine. Ci limitiamo qui a poche parole per sottolineare il grande successo del Convegno che ha visto la partecipazione di oltre 350 persone. Tutto è andato molto bene, con una folta e attiva partecipazione di giovani e questo fa ben sperare per il futuro della nostra associazione. In questo numero inseriamo un rendiconto della Tavola Rotonda su “L’Italia, l’Europa e la ricerca scientifica: scienza e innovazione tecnologica come sfida per lo sviluppo” che si è tenuta a Pisa mercoledì 24 settembre 2003. Il Comitato Editoriale TAVOLA ROTONDA SU “L’ITALIA, L’EUROPA E LA RICERCA SCIENTIFICA: SCIENZA E INNOVAZIONE TECNOLOGICA COME SFIDA PER LO SVILUPPO” di Roberto Filippini Fantoni PARTECIPANTI domande che la platea avrebbe potuto fare: il condizionale è d’obbligo perché queste tavole rotonde finiscono sempre con il non essere, come dovrebbero, dei dibattiti tra addetti ai lavori con la partecipazione del pubblico ma semplici esercizi oratori in cui ognuno esprime delle idee con l’aggiunta del fatto che i più fortunati (quelli che parlano successivamente) potranno contestare o correggere le visioni di chi li ha preceduti e tutto finisce così. Se la relazione su questa tavola rotonda l’avesse redatta uno che nel settore ricerca è più coinvolto (università, CNR e ricercatori della grande industria, questi ultimi oggi sempre più rari) credo che avrebbe sprizzato veleno per quello che è stato o non è stato detto, oppure avrebbe fatto discorsi di parte. Il compito l’hanno assegnato al sottoscritto che con la ricerca, al momento, ha poco da spartire e al massimo a livelli decisamente infimi e senza interessi personali. Dovrei, quindi, essere più obiettivo, ma non posso fare a meno di essere pessimista perché il quadro Prof. Ezio Martuscelli – Dipart. Relazioni Internaz. CNR, Serv. Mediterraneo e Medio Oriente Dott. Maurizio Iaccarino – IGB-CNR, Segr. Generale UNESCO/ICSU Dott. Giuseppe Riva – Direttore generale Rapporti interni Federchimica Dott. Augusto Palombini – Associaz. Dottorandi e Dottori di Ricerca Italiani (ADI) Dott. Pietro Greco – Giornalista scientifico, Dir. Master in Comunicazione della Scienza, SISSA Trieste Il tema di questa tavola rotonda era ambizioso e difficile da sviluppare in maniera completa in quanto abbracciava campi molto vasti, interessi differenziati e questioni politicamente rilevanti. Ognuno ha fatto del proprio meglio per chiarire certi concetti ma già si sapeva che la discussione non sarebbe stata comunque esauriente, nel senso che nessuno dei partecipanti a questa tavola avrebbe potuto rispondere alle innumerevoli 50 esposto dai vari oratori non è certo di quelli che ti lasciano soddisfatto o speranzoso. Iaccarino, dopo un breve escursus storico e spiegazioni sul come sia nato ICSU (Int. Council Scientific Union) ci ha spiegato che l’EU non può finanziare la ricerca ma solo approvvigionare programmi di attività complementari alle attività dei singoli paesi (Politiche Scientifiche); Francia, Germania e Inghilterra assorbono molti finanziamenti di questo tipo. Se guardiamo alle possibilità, il fatto che l’Europa dei quindici abbia un PIL analogo a quello degli USA e che quella dei venticinque sarà decisamente superiore, dovrebbe indurci a pensare in positivo. Già oggi l’Europa ha un 34% di pubblicazioni contro il 33% degli USA, ma evidentemente si dovrà migliorare la coordinazione dei vari paesi perché tali ricerche non siano palestre accademiche fini a se stesse ma siano utili a livello europeo. Si dovrebbe poter proporre un programma comune. Ma qui sorgono molti dubbi e altrettante domande. Come cooptare tutti gli interessati? Come coinvolgere la società civile? Già si sa che molti paesi sono contrari a strutture gestite da una Ricerca Europea. C’è sì la proposta di un European Research Council (ERC) ma una vastissima percentuale dovrebbe andare alle scienze della vita. Anche la proposta di finanziare una ricerca europea su proposte dei ricercatori ha scarse possibilità di vedersi presa in considerazione, ma dovremmo comunque continuare a metterla sul tavolo delle trattative. Infine una affermazione categorica: i Programmi Quadro sono la negazione della Ricerca. E dopo questa affermazione si è intuito che in sala non tutti erano d’accordo con l’oratore. Nel primo intervento Greco ha affermato che la scienza e l’innovazione devono essere viste come sfida per lo sviluppo e la sfida potrà anche essere vinta, almeno parzialmente, se un’altra e trainante sfida risulterà vincente e cioè quella di passare dal 2,5% al 3,0% di PIL entro il 2010. Ecco che già questa introduzione mostra come l’innovazione non abbia solo da vincere la prova con se stessa ma deve farlo aspettando la vittoria dell’Europa in un campo che dire minato è ben poco. Infatti Iaccarino ha contestato questo ambizioso traguardo rivelando che dietro l’affermazione e le dichiarazioni d’intenti c’è il vuoto e i programmi per raggiungere quell’obiettivo sono, ad oggi, inesistenti. Cominciamo bene! L’Europa non ha ricerca integrata – se si escludono rari casi di partnership – e si sviluppa e si programma – nemmeno tanto – a livello delle singole nazioni, mentre i nostri competitors (USA, Giappone e Cina) hanno quasi sempre una mente centrale che li coordina, seppur in maniera diversa l’uno dall’altro. Eppure l’Europa riesce ad essere qualitativamente competitiva mentre a livello di trasferimento e potenziamento tecnologico ci sono troppe lacune da sanare. Passando all’Italia, il quadro si offusca ulteriormente visto che noi abbiamo il 50% di spese di ricerca rispetto ai paesi Europei d’avanguardia e non si intravedono grossi spiragli, anzi quelli che sono all’orizzonte sembrano chiudersi sempre più visto il calo delle assunzioni. Ciò nonostante, andando contro il dogma sviluppo = ricerca, noi ci difendiamo ancora sullo sviluppo nonostante una ricerca che sfuma sempre più verso l’orizzonte. Non si sta parlando di “orizzonte” degli eventi che fa prevedere la presenza di un vicino buco nero, ma la situazione nera lo rimane comunque! E perché l’uditorio lo potesse capire meglio Greco ha consigliato la lettura di un libro di Ferrari che descrive dettagliatamente la nostra precaria situazione. La spesa per la ricerca è da noi in netto declino: 0,5% del PIL a livello statale e 0,55% a livello industriale contro 0,6% e 2% a livello europeo: sembra quasi che i più bastonati siano i ricercatori dell’industria ma si deve leggere questo dato tenendo conto della sparizione di molte industrie o, meglio, dell’acquisizione di esse da parte di multinazionali che mantengono in vita i propri centri di ricerca all’estero. Nel nostro settore di questi esempi ne abbiamo a bizzeffe! Martuscelli, in una simpatica gara di promotion editoriale ha proposto la lettura del libro “La scomparsa dell’Italia Industriale” e ci ha parlato di un Sistema Ricerca Italiano in crisi: un eufemismo per non dire che il Sistema Ricerca in Italia praticamente non esiste. La ricerca industriale, come aveva detto prima Greco, è in continua “esportazione” e l’Italia riesce ad essere competitiva con la PMI, dove la ricerca è praticamente inesistente anche se le idee non mancano di certo e proprio con quelle si sopravvive. I progetti finalizzati della fine degli anni ’70 e inizio ’80 sarebbero stati una buona cosa se in quel periodo non fosse cominciato il declino della grande industria e quindi fosse venuto meno il supporto di uno dei due partners dei progetti. Le industrie cominciarono a pensare – e a volte a pretendere – che CNR e Università avrebbero potuto sostituire quello che loro avevano o stavano smantellando, o nemmeno avevo cominciato ad avere: ma sia 51 CNR che Università non erano pronti – e non lo sono nemmeno adesso – a fare innovazione industriale e quindi si aprì una voragine dalla quale non siamo ancora riusciti ad uscire. Ora l’Europa ci chiede, in base all’articolo 169 e al Progetto di Infrastruttura Europea, di adeguarci alle richieste europee (Art. 169 – Trattato EU – Partecipazione ai piani nazionali delle singole nazioni europee e costruire reti tra i piani nazionali di ricerca nei settori d’avanguardia) e la cosa non è né facile, né semplice. La idee ci sono, la volontà apparentemente c’è, ma poi sul piano esecutivo ci si scontra con ostacoli quasi insormontabili. Riva, della Federchimica, ci fa subito capire che la fetta di mercato che potranno mangiarsi EU, USA e Giappone sarà sempre inferiore e per confermare questa sua affermazione ci mostra come nel settore petrolchimico le tre potenze mondiali in trent’anni siano passate dall’83% al 64% del mercato. Una discesa preoccupante! L’assenza di barriere o protezioni doganali non protegge più la nostra industria. Se pensiamo che il polipropilene è la plastica più importata in Italia dobbiamo davvero cominciare a preoccuparci! Abbiamo una bilancia plastiche deficitaria pur avendo un mercato pari a quello della Germania e anche questo è un sintomo preoccupante. Non parliamo poi delle politiche energetiche, a dir poco pazzesche visto che abbiamo demagogicamente chiuso il nucleare senza trovare una fonte energetica alternativa … e questo già non sembra cosa da poco! Riva ha poi accompagnato il proprio intervento con una serie di grafici che hanno dimostrato, ma forse non ce n’era bisogno, come la nostra chimica come pure il settore delle materie plastiche e delle fibre siano in una situazione assai precaria e come non s’intravedano soluzioni a breve. Nel secondo giro d’interventi ha voluto dare un po’ di fiducia dicendo che la media industria ha cominciato a fare ricerca e qualche spiraglio s’intravede. Anche nei polimeri abbiamo qualche possibilità di recuperare perché abbiamo radici forti che possono resistere a temporanei uragani. E queste difficoltà ricadono sui lavoratori nel campo della ricerca e Palombini lo ha messo in rilievo nel suo intervento. I laureati e ricercatori in questo settore sono costretti a lavorare in una situazione di precariato allucinante. La mancanza di fondi – che continuerà ancora per molto visto che Palombini è assai scettico sulla possibilità di raggiungere quel 3% del PIL di cui parlava Greco – ha portato a un sottodimensionamento del personale: ciò nonostante le pubblicazioni sono molte (NdR-Forse troppe e poco incisive) anche se i capisaldi della ricerca sono in buona parte precari. Per quanto riguarda il personale di ruolo, la gran parte è stata assunta negli anni ’80 e quindi si prevede un pensionamento di massa e uno svuotamento con una drastica perdita di competenze ed esperienze. Ci saranno le sostituzioni, ma poi tutto ricomincerà come prima. Tutte le proposte fatte per migliorare la situazione sono assai poco convincenti. 1) Eliminare il ruolo Ricercatori e stipulare contratti di almeno 5 anni. 2) Riforma del sistema di governo degli Enti con impostazione più gerarchica. Per quanto riguarda il primo punto non si è capito bene su quali basi poi il contratto potrà essere rinnovato. Sulla questione della ricerca che dovrebbe inseguire il mercato, Palombini ha parlato di una scelta perdente. La ricerca dovrebbe trainare il mercato e anticiparne le richieste: se la cosa è logica resta comunque difficile da mettere in pratica in quanto oggi nascono discipline nuove in tempi rapidissimi e si perde la distinzione tra ricerca di base e applicata. Il velleitario tentativo di far rientrare i “cervelli” fuggiti da tempo non serve: si deve invece impostare una politica tale da far sì che i “cervelli” che abbiamo non si lascino tentare da una fuga. Come potete capire la situazione è poco chiara e i dubbi non possono che essere tantissimi. Dopo questa tavola rotonda il pubblico presente, composto da una buona parte di ricercatori CNR e universitari, non è certo uscito con il sorriso sulle labbra e anche se possono esserci stati dissensi su alcune cose dette nel corso della tavola Rotonda, la precarietà della situazione europea e soprattutto italiana della ricerca è risultata chiara ed evidente. Chi scrive svolge attività didattica per i corsi di Ingegneria Gestionale e si occupa dell’argomento “Gestione della Ricerca” nel corso di “Gestione dell’Innovazione”: pertanto ha dovuto affrontare altre volte l’argomento in aula ed è stato penoso il dover raccontare a questi ragazzi che sperano nel futuro, quale sarà davvero il loro futuro. Anche se non si tratta di futuri ricercatori ma di futuri quadri o dirigenti che avranno funzioni di gestione, non è certo appagante sentirsi raccontare come stanno andando le cose e vorrei poterlo non dire o essere almeno un po’ ottimista sul futuro: purtroppo sono troppo abituato a raccontare la verità per essere capace di illuderli! 52 IN RICORDO DI ROBERTO SANTI fra l’altro, l’impiego nella carbonilazione riduttiva di nitroderivati aromatici per sostituire il fosgene nella produzione di TDI ed MDI e, sulle tracce dei lavori di Giovanni Mestroni dell’Università di Trieste, isolò e caratterizzò due nuovi complessi che si formano nelle condizioni di reazione. Negli anni ’90 volse il suo interesse all’impiego dei complessi di metalli di transizione nelle reazioni di polimerizzazione. Mise a punto dei sistemi originali a base di metalli del gruppo 10 per la copolimerizzazione di olefine e ossido di carbonio; sviluppò inoltre nuovi catalizzatori single-site, metallocenici e non, per la omo- e co-polimerizzazione dell’etilene e sistemi catalitici di titanio per la sintesi di polistirene sindiotattico. All’ultimo Convegno Italiano dell’AIM nel settembre 2003, ancora ignaro del male che di lì a poco l’avrebbe colto, aveva contribuito con due comunicazioni sulla polimerizzazione dell’etilene con complessi di nickel e sulla polimerizzazione del butadiene con catalizzatori a base di complessi fosfinici di cobalto, svolti in collaborazione con centri di ricerca accademici. La valenza scientifica e industriale dei suoi risultati trova riscontro in oltre 100 fra brevetti e pubblicazioni, più di 30 comunicazioni a congressi e varie conferenze su invito. Per il valore delle sue ricerche, nel 1986 era stato nominato Scientist dalla Montedison. Dal 1999 era responsabile del dipartimento Catalisi di Polimerizzazione dell’Istituto. Chi lo ha conosciuto ricorda di lui soprattutto la disponibilità a condividere le sue vaste conoscenze con i colleghi che si rivolgevano a lui per un consiglio su come venire a capo di una sintesi particolarmente difficoltosa, una innata allegria e l’humor pungente tipicamente livornese. ella notte tra il 25 e il 26 dicembre 2003 è scomparso dopo breve malattia Roberto Santi, ricercatore dell’Istituto Guido Donegani di Novara, centro ricerche di Polimeri Europa. Nato nel 1948 A Rosignano Marittimo (Livorno), Roberto Santi si è laureato in Chimica presso l’Università di Pisa nel 1973 con una tesi sulla riduzione di chetoni con alchili di zinco otticamente attivi. L’anno seguente fu assunto presso l’Istituto Guido Donegani (a quell’epoca della Montedison), e si dedicò inizialmente a studi NMR della struttura delle coppie ioniche cui danno luogo i fenati alcalini in solventi aprotici dipolari e del loro ruolo nelle reazioni di inserzione della CO2 in legami C-H sufficientemente acidi. I suoi interessi si concentrarono presto su quello che fu poi il suo principale campo di attività durante la sua permanenza trentennale nell’Istituto: la chimica metallorganica. Dopo aver approfondito vari aspetti legati all’attivazione catalitica della CO2 –descrivendone l’inserzione in complessi π-allilici del palladio con formazione di acidi ed esteri – trascorse tra il 1979 e il 1981 un periodo di specializzazione alla University of Chicago presso Jack Halpern, lavorando su meccanismi e cinetiche di reazioni di complessi di metalli di transizione e sui metodi per determinare l’energia di legami metallo-carbonio. Tornato a Novara si occupò dell’applicazione della catalisi omogenea alla sintesi di prodotti farmaceutici e di chimica fine. Nello stesso periodo mise a punto, con Attilio Citterio del Politecnico di Milano, molte sintesi radicaliche iniziate da riduzioni monoelettroniche di ioni metallici. Esperto nella chimica dei complessi di palladio, ne valutò, N Marco Ricci Riccardo Pò 53 SALUTO DEL NUOVO PRESIDENTE AIM gio comprensibile ed utile. Vuol dire infine assicurare la presenza di AIM e la sua rappresentatività, nelle occasioni e nei consessi ove ciò sia utile e necessario. Il mio impegno sarà realizzare tutto ciò valorizzando il lavoro delle persone che dedicano tante energie ad AIM ed informando con prontezza e trasparenza tutti coloro (speriamo sempre di più!) che entreranno nel mondo AIM. In questo numero di AIM Magazine potete trovare il Programma preparato per il prossimo biennio ed i nomi di tutti i responsabili di iniziative AIM. È compito preciso del Direttivo e dei Responsabili mantenervi informati di tutto ciò che vogliamo fare, raccogliere e sviluppare i vostri suggerimenti, rendervi partecipi e protagonisti delle iniziative AIM. Vi assicuriamo il nostro impegno e, credeteci, anche il nostro entusiasmo. Per concludere, lasciatemi rivolgere un augurio al nuovo comitato editoriale di AIM Magazine, in primis al nuovo direttore editoriale, Roberto Rizzo, ma ovviamente anche a Mauro Aglietto, Eugenio Amendola, la new entry Michele Suman ed al nostro insostituibile direttore responsabile Roberto Filippini Fantoni. Come vedete sono colonne storiche del Magazine e dell'Associazione e siamo tutti certi che garantiranno un altro biennio di successo alla nostra rivista. Dulcis in fundo e poiché scrivo queste righe sotto l'albero natalizio, un augurio a tutti di Buon Anno e soprattutto di un ottimo biennio AIM. Carissimi Lettori, come potete notare, lavorare per AIM Magazine ha importanti conseguenze. Non vi scrivo più infatti come Responsabile Editoriale del Magazine, bensì come Presidente di AIM. Forse anche per AIM è un segno dei tempi: la comunicazione è un buon viatico per far carriera! Al di là dell'incipit scherzoso, vorrei anzitutto rivolgere a tutti voi il saluto di AIM, a nome del Direttivo e dei responsabili delle Commissioni e delle iniziative tutte. AIM è un'associazione vitale ed i suoi numeri lo dimostrano. Ha più di 500 iscritti appartenenti a tutte le realtà macromolecolari del Paese, ha contatti periodici con circa 1.000 persone attraverso lo strumento della newsletter, in un biennio organizza direttamente 2 Scuole, di cui una europea, 2 Convegni EUPOC, una settimana di workshop dedicati all'industria, Giornate dedicate all'innovazione tecnologica ed all'ambiente, 6 in programma nei prossimi due anni, 2 Giornate per i giovani. La sua attività editoriale spazia dal Magazine ai libri, agli atti di Congressi e Giornate. Rendere un servizio ad AIM come Presidente vuol dire garantire la continuità della sua preziosa offerta culturale, scientifica e tecnologica. Vuol dire anche migliorare sempre di più l'efficienza di tale offerta, individuando con prontezza e reattività i soggetti via via protagonisti del mutevole mondo dei polimeri, sviluppando gli strumenti per raggiungerli e parlando un linguag- Maurizio Galimberti 54 ASSEMBLEA GENERALE DEI SOCI DELL’ASSOCIAZIONE ITALIANA DI SCIENZA E TECNOLOGIA DELLE MACROMOLECOLE L’assemblea generale dei soci AIM che si è tenuta a Pisa il 24 settembre 2003 è stata introdotta dalle relazioni del Presidente uscente Giovanna Costa e del segretario amministrativo Mauro Aglietto. Le relazioni e i rendiconti finanziari sono stati approvati all’unanimità dall’Assemblea. L’Assemblea ha poi provveduto al rinnovo del Consiglio Direttivo dell’AIM per il biennio 2003-2005. L’organigramma dell’AIM per il biennio 2003-2005 è riportato nella terza di copertina mentre il programma dell’AIM per il 2003-2005 lo potete trovare a pag. 61. Sulla base del materiale presentato all’Assemblea Giovanna Costa e Mauro Aglietto hanno preparato, su nostra richiesta, i due articoli che riportiamo qui di seguito. Il Comitato Editoriale RELAZIONE DEL PRESIDENTE USCENTE zioni con altre associazioni che per esplorare la possibilità di attivare nuove collaborazioni tra ricerca accademica ed industriale. Credo di poter dire che l’esperienza è stata molto positiva per l’importanza dei contenuti, per l’interesse nella discussione , per l’utilità dei contatti. Ha,inoltre, consentito di far conoscere AIM ad un maggior numero di realtà accademiche ed industriali che operano nel settore dell’imballaggio. In Tabella 2 sono riportate le 5 giornate organizzate dalla Commissione Tecnologia ed a nome del Consiglio Direttivo uscente e di tutti i soci ringrazio il Dr. Scoponi, coordinatore, e tutti i componenti della Commissione, la cui composizione è riportata nella Tab. 3. Le giornate tecnologiche sono sempre state un punto di forza della nostra associazione ed anche in questo biennio siamo riusciti ad organizzarne, con notevole successo di partecipazione, un congruo numero. C’è una novità importante: sono disponibili gli Atti in formato elettronico di tutte le giornate elencate nella Tab. 2 (le indicazioni per richiederli a pag. 62). Vi ricordo inoltre che l’AIM ha patrocinato, collaborando talvolta anche all’organizzazione, una serie di manifestazioni nazionali ed internazionali di notevole prestigio scientifico. L’elenco completo è riportato in Tab. 4. Innanzitutto approfitto dell’occasione per esprimere a tutti quanti voi i miei più cari auguri per il nuovo anno. Inoltre, prima di riassumere l’attività del biennio appena trascorso e dare qualche informazione sulle attività future già programmate, voglio ringraziare ancora per l‘opportunità che mi è stata data di vivere in maniera diversa la vita della nostra associazione con l’esperienza di questi ultimi due anni. Sono stati due anni molto intensi e molto piacevoli e anche le piccole difficoltà hanno contribuito a rendere interessante e stimolante questo periodo. Come è stato riconosciuto anche a livello EPF, in occasione delle riunioni a cui ho partecipato, AIM è sempre molto attiva e le nostre iniziative sono molto apprezzate a livello europeo. Grazie ancora a tutti anche per questo. Ed ora ecco una breve sintesi di quanto già esposto nell’assemblea di Pisa. Nella tab. 1 sono elencate le manifestazioni nazionali ed internazionali organizzate direttamente dall’AIM, una scuola italiana ed una europea, due conferenze europee, un importante Workshop per l’industria sull’imballaggio, un convegno Macrogiovani per finire con il nostro Convegno di Pisa nel settembre 2003. Credo valga la pena spendere qualche parola sul Workshop, in quanto è stato un nuovo interessante esperimento sia per cercare di favorire le intera- 55 Tabella 1 ATTIVITÀ ORGANIZZATE DALL’AIM 1. XXIV Convegno-Scuola AIM “Mario Farina” su “Additivi per materiali polimerici” Palazzo Feltrinelli, Gargnano (BS), 26-31 maggio 2002 2. 2nd EPF School and XXV Mario Farina School “Nanostructured Polymer Materials” Palazzo Feltrinelli, Gargnano (BS), 25-30 maggio 2003 3. Europolymer Conference on "Gels" (EUPOC 2002) Palazzo Feltrinelli Gargnano (BS), 2-7 giugno 2002 4. International Symposium on "Stereospecific Polymerization and Stereoregular Polymers" (EUPOC 2003), Milano, 8-12 giugno 2003 5. Workshop sull’imballaggio alimentare e farmaceutico Palazzo Feltrinelli, Gargnano (BS), 4-6 giugno 2003 6. Macrogiovani 2002 Palazzo Feltrinelli, Gargnano (BS), 31 maggio-1 giugno 7. XVI Convegno Italiano di Scienza e Tecnologia delle Macromolecole Pisa, 21-25 settembre 2003 Tabella 2 GIORNATE TECNOLOGICHE ORGANIZZATE NEL BIENNIO 2002-2003 DALLA COMMISSIONE TECNOLOGIA 1. Materiali Polimerici per l'Imballaggio Alimentare Fiera del Levante, MacPlast Sud, Bari, 15 febbraio 2002 Organizzatori:A. Valenza, G. Mensitieri in collaborazione con Assocomaplast Partecipanti: 60 2. Polimerizzazione in emulsione Auditorium Mapei, Milano, 6 marzo 2002 Organizzatori: R. Filippini Fantoni Partecipanti: 60 3. Poliammidi: produzione, proprietà e applicazioni Centro Cultura Ingegneria Materie Plastiche, Alessandria, 10 aprile 2002 Organizzatori: R. Filippini Fantoni Partecipanti: 60 4. Analisi dei Processi di Trasformazione di Materiali Polimerici Dip. di Ingegneria Chimica e Alimentare dell'Università di Salerno, Salerno, 19 settembre 2002 Organizzatore: G. Titomanlio, R.Nobile, L. Incarnato, V. Brucato, L . Di Maio, R. Pantani 5. Il colore in materiali polimerici termo- e foto-indurenti: caratterizzazione e applicazioni Fiera di Milano – MacPlas03, Milano, 6 maggio 2003 Organizzatori: M. Scoponi, F. Fattorini in collaborazione con Unione Industriali Università di Como, Progetto Iride Partecipanti: 80 56 Tabella 3 COMPOSIZIONE DELLA COMMISSIONE TECNOLOGIA Dr. Marco Scoponi, coordinatore ISOF-CNR, sezione di Ferrara, Dip.to di Chimica, Università Ferrara e-mail: [email protected] Dr. Maurizio Leonardi Lonzagroup, S.Giovanni Valdarno (AR) - Settore: Materiali termo- e foto-indurenti e-mail: [email protected] Dr. Riccardo Po’ Polimeri Europa SpA, Novara - Settore: Poliuretani, PET, polimeri stirenici e-mail: [email protected] Prof. Antonino Valenza Facoltà di Ingegneria, Università di Messina e-mail: [email protected] Dr. Franco Fattorini Lechler, Como - Settore: Vernici e rivestimenti polimerici e-mail: [email protected] Dr. Roberto Filippini Fantoni Consulente, Bergamo e-mail: r.filippini@cyberg Dr. Aldo Filippi RadiciNovacips SpA, Villa D’Ogna (BG) - Settore: poliammidi e-mail: [email protected] Tabella 4 ATTIVITÀ SPONSORIZZATE, PATROCINATE, CO-ORGANIZZATE DALL'AIM 1. Flow induced Crystallization of Polymers Salerno,14-17 ottobre 2001, patrocinato anche dall'EPF 2. XII Congresso Nazionale della Divisione di Chimica Industriale Fiera di Milano, 2-4 otobre 2001 con una sessione dedicata a "Polimeri e processi di polimerizzazione", curata da AIM 3. Workshop in Honour of Vittorio Crescenzi on occasion of his 70th birthday Polymers in Solution and Gels Università "La Sapienza", Roma, 8 aprile 2002 4. 2nd International Conference on "Polymer Modification, Degradation and Stabilization" (MoDeSt 2002) Budapest, Hungary, 30 giugno-4 luglio 2002 5. 1st Blue Sky Conference on Catalytic Olefin Polymerization Sorrento, 17-20 giugno 2002 6. International Workshop on "Advanced Frontiers in Polymer Science", also celebrating the 65th birthday anniversaries of Emo Chiellini and Francesco Ciardelli Pisa, 12-13 settembre 2002 7. Innovation in Polymeric Materials: properties, formulation and processing Journées Transalpines des Polymères 2002 Torino, 26-27 settembre 2002 8. 6th Esaform Palermo, 28-30 aprile 2003 57 Tabella 5 ATTIVITÀ EDITORIALE • Completato e distribuito l’eserciziario di chimica • Ristampati i “Fondamenti di Scienza dei Polimeri”, esauriti • Promozione del volume su “Poliammidi” • In via di completamento il volume di Elastomers Tabella 6 ATTIVITÀ PROGRAMMATE – Journées Transalpines, Lione, 23-24 ottobre 2003 – XXVI Convegno-Scuola AIM “Mario Farina” su “Tecniche avanzate e nuovi sviluppi nella caratterizzazione di materiali polimerici”, Gargnano (BS), 24-28 maggio 2004 – Eupoc 2004 su “Organized polymer-based structures in water and their applications” Gargnano (BS), 30 maggio-4 giugno 2004 – Giornate tecnologiche (2004) su: • termoformatura • compounding • ß estrusione – Scuola Europea “ Polimeri in medicina” - 2005 (Nancy?) Debbo infine ricordare che l’AIM in questi anni ha continuato ad avere una notevole attività editoriale, gli aspetti più salienti sono riportati nella Tab. 5 senza dimenticare i volumi delle passate scuole “Mario Farina” che continuano ad essere molto richiesti. Termino queste mia carellata sull’attività AIM nel biennio trascorso con una tabella, la 6, che presen- ta un breve elenco delle attività già programmate per il 2004 ed il 2005. Tutte queste attività saranno presentate nei dettagli anche attraverso il nostro sito www.aim.it e ci auguriamo una presenza numerosa di soci giovani e meno giovani di AIM e di lettori di AIM Magazine a queste manifestazioni. Giovanna Costa 58 RELAZIONE DEL SEGRETARIO AMMINISTRATIVO dei nostri lettori sanno, dalle quote di partecipazione alle nostre attività viene scorporata la quota sociale. L’aumento del numero dei soci va praticamente a compensare il residuo attivo delle Giornate e Convegni AIM, voce questa che risulta nettamente inferiore a quella del biennio precedente. La spiegazione c’è: a cavallo del 2000 sono venuti meno i contributi del CNR. Il decremento della voce Testi AIM è spiegabile con il fatto che nel biennio precedente si è raggiunto il picco massimo nelle vendite del nostro nuovo testo “Fondamenti di Scienza dei Polimeri”. E’ comunque confortante sottolineare che i nostri testi sono sempre richiesti, notevole ad esempio il successo del volume del Convegno-Scuola del 2002 “Additivi per materiali polimerici”, e continuano ad essere inviati gratuitamente alle biblioteche scientifiche che ne fanno richiesta. La voce che ci ha permesso una notevole boccata di ossigeno è Chiusura attività AIM. Rientrano in questa voce le donazioni, possiamo chiamarle così, arrivate all’AIM per la chiusura di attività gestite autonomamente da soci AIM e non dalla segreteria amministrativa dell’AIM. Per oltre l’80% questa voce è costituita dal residuo attivo del XIV Convegno biennale AIM del settembre 1999 a Salerno. Variazioni notevoli anche nelle uscite. La voce che incide di più è proprio la nostra prestigiosa, possiamo ben dirlo, rivista quadrimestrale. Il Direttivo AIM, sia quello uscente che quello in carica, ha già ampiamente discusso del problema e ci saranno senz’altro delle novità, già in parte comunicate all’Assemblea del 24 settembre 2003 a Pisa, per cercare di ridurre drasticamente questa voce. Appare nelle uscite una nuova voce Contratti di collaborazione, abbastanza contenuta per ora, assolutamente necessaria per garantire il lavoro di segreteria a Pisa, l’attività del Comitato Editoriale di AIM Magazine e la gestione del sito Web. Potete infine notare che nel Bilancio preventivo 2003-2004 abbiamo tenuto conto di queste considerazioni sul Rendiconto 2001-2003. Per realizzare l’ambizioso programma di attività che viene presentato a pag. 61 occorre mantenere costante L’Articolo. 14 del nuovo Statuto dell’AIM che viene riportato interamente nel riquadro, ci impone la chiusura del bilancio biennale al 30.06 del biennio in cui si tengono i convegni biennali della nostra associazione. Art. 14 - Bilancio Il bilancio dell’Associazione è biennale e va dal 01/07 al 30/06 del biennio. Il bilancio è redatto dal Consiglio Direttivo ed accompagnato da una relazione sull’attività svolta. Il bilancio e la relazione che l’accompagna devono essere sottoposti all’assemblea dei soci per l’approvazione entro il 30 ottobre successivo di ogni biennio. Gli avanzi di gestione non possono essere ripartiti fra i soci ma dovranno essere attribuiti ad un apposito fondo di riserva ad incremento del patrimonio dell’Associazione. Il nuovo Statuto è stato depositato il 13 dicembre 2002 presso lo studio del notaio Pietro Vichi di Pisa dal nostro Presidente in carica Giovanna Costa e quindi, secondo il nostro commercialista, non può imporre la stesura di un vero e proprio bilancio patrimoniale dell’Associazione per il biennio 2001-2003. Sottopongo quindi alla vostra attenzione, come è sempre stato fatto finora, non un bilancio ma un rendiconto finanziario. Ho ritenuto opportuno fare un confronto con il rendiconto finanziario approvato il 21.09.2001 a Trieste e riguardante il biennio precedente (01.10.1999 al 30.06.2001). Se ci limitassimo a confrontare i numeri in grassetto di Avanzo gestione i rendiconti sembrerebbero molto simili ma ci sono invece alcune sostanziali differenze che vorrei brevemente commentare. Nel biennio precedente eravamo ancora nell’era della Lira è quindi per un confronto chiaro e immediato nella parte destra delle colonne sono riportate le cifre corrispondenti in Euro. Rispetto al rendiconto di Trieste si nota un netto incremento delle Quote associative segno questo di un corrispondente incremento delle nostre attività (vedi Tab. 1 e 2 a pag. XX). Infatti, come molti 59 RENDICONTI FINANZIARI AIM NEI BIENNI 1999-2001 E 2001-2003* Dal 01.10.1999 al 30.06.2001 Entrate Dal 01.07.2001 al 30.06.2003 Uscite Lire Entrate Lire Euro Avanzo gestione 30.720.919 15.866,03 18.960,51 Interessi ccB e ccP 406.478 209,93 24,20 Quote associative 35.211.614 18.185,28 27.848,83 Giornate e Convegni AIM 30.165.702 15.579,28 8.117,38 Testi AIM 10.392.592 5.367,33 2.470,27 Chiusura attività AIM 4.044.277 2.088,69 22.292,84 Uscite Euro Anticipi per attività AIM 2.500,00 Rapporti internazionali, EPF 1.090.000 562,94 453,22 Sito Web e AIM Magazine 47.153.765 24.352,89 38.646,79 Spese di segreteria 25.985.144 13.420,21 8.814,72 Contratti di collaborazione 10.977,00 Totale 110.941.582 57.296,54 Avanzo gestione 36.712.673 74.228.909 38.336,04 18.969,51 79.714,04 61.391,73 18.322,31 * I rendiconti finanziari sono stati approvati all’unanimità nelle assemblee generali dei soci AIM a Trieste (26.09.01) e a Pisa (24.09.03). BILANCIO PREVENTIVO 2003-2004 Entrate Avanzo gestione 18.000,00 Quote associative 15.000,00 Giornate e Convegni AIM 3.500,00 Contributi per chiusura attività sponsorizzate dall’AIM 5.000,00 Uscite Anticipi per attività organizzate dall’AIM 2.500,00 Attività internazionali 1.500,00 Spese di segreteria 5.000,00 AIM Magazine e Sito Web 15.000,00 Contratti di collaborazione 6.000,00 Totale 41.500,00 Avanzo di gestione 11.500,00 60 30.000,00 il numero dei soci (500-600 quote all’anno) e per far questo occorre un forte impegno di tutti, il semplice rinnovo della quota sociale non è sufficiente. In contemporanea occorre continuare ad organizzare interessanti ed appetibili giornate e convegni soprattutto per i tecnici ed i responsabili, sia della ricerca che della produzione, delle piccole e medie industrie e non solo per i giovani dottorandi, postdoc e assegnisti delle nostre università. Mauro Aglietto 61 PROGRAMMA DI AIM PER 2003-2005 SCUOLE/CONGRESSI 1) XXV Convegno-Scuola AIM “Mario Farina” su “Tecniche avanzate di caratterizzazione” Gargnano, 24-28 maggio 2004 2) Eupoc 2004 su: “Organized polymer structures in water” Gargnano, 30 maggio-4 giugno 2004 biomat.pharmacy.man.ac.uk/EUPOC2004/ IL BIENNIO ALTRE ATTIVITÀ ORGANIZZATE E/O SPONSORIZZATE DALL'AIM 1) Congresso “Time of Polymers” Ischia, 20-23 Giugno 2004 www.unina2.it/top 2) Congresso “MoDeSt 2004” Lione, 29 agosto-2 settembre 2004 www.modest.unipa.it 3) Europolymer School “ Polimeri in medicina” Probabile sede: Nancy (Francia), 2005 (primavera) 3) Eupoc 2005 Argomento da definire Gargnano, primavera 2005 4) XVII Convegno AIM Napoli, settembre 2005 WORKSHOP 1) Tecniche innovative di caratterizzazione di materiali polimerici Gargnano, 23,27 maggio 2005 GIORNATE TECNOLOGICHE 1) Giornata tecnologica su “La miscelazione nell’industria dei polimeri: principi, tecnologie e applicazioni” Probabile sede: Milano, marzo-aprile 2004 2) Giornata tecnologica su “La reologia dei polimeri nella Tecnologia dello stampaggio ad iniezione” Probabile sede: Alessandria, estate 2004 3) Giornata tecnologica su “Processi di automazione nelle analisi dei materiali polimerici” 4) Giornata tecnologica su “Biopolimeri di interesse industriale” GIORNATE PER L’AMBIENTE E I BENI CULTURALI 1) I Polimeri per i beni Culturali data e sede probabili: giugno 2004, Firenze 2) I Polimeri e l’Ambiente Probabile data: primavera 2005, sede da definire GIORNATE PER I GIOVANI 1) Macrogiovani 2004 Gargnano, 28 maggio 2004 2) Macrogiovani 2005 Salerno, 2005 SEMINARI 1) Seminario congiunto AIM-Ist. It. Imballaggi (III) su “Presentazione di AIM e polimeri nel mondo dell’imballaggio”, primavera 2004 5) Giornata tecnologica su “Vernici e/o termoindurenti” 5) Giornata tecnologica su “Polimeri per applicazioni industriali” 62 LIBRI E ATTI AIM Materiali polimerici strutturali Atti dell’XI Convegno-Scuola AIM, Gargnano 1989, volume di 425 pagine, € 18,07 Copolimeri Atti del XII Convegno-Scuola AIM, Gargnano 1990, volume di 440 pagine, € 18,07 Processi industriali di polimerizzazione: aspetti fondamentali e tecnologici Atti del XIII Convegno-Scuola AIM, Gargnano 1991, volume di 433 pagine, € 23,24 Metodi spettroscopici di caratterizzazione dei polimeri Atti del XIV Convegno-Scuola AIM, Gargnano 1992, volume di 477 pagine, € 25,82 Massa e dimensioni di macromolecole Atti del XV Convegno-Scuola AIM, Gargnano 1993, volume di 347 pagine, € 25,82 Materiali polimerici: struttura e processabilità Atti del XVII Convegno-Scuola AIM, Gargnano 1995, volume di 386 pagine, € 23,24 Degradazione e stabilizzazione dei materiali polimerici Atti del XVIII Convegno-Scuola AIM, Gargnano 1996, volume di 408 pagine, € 23,24 Polimeri in medicina Atti del XIX Convegno-Scuola AIM, Gargnano 1997, volume di 355 pagine, € 20,66 I polimeri espansi Atti del XX Convegno-Scuola AIM, Gargnano 1998, volume di 363 pagine, € 20,66 Materiali polimerici cristallini e liquidi cristallini Atti del XXI Convegno-Scuola AIM, Gargnano 1999, volume di 438 pagine, € 20,66 Atti del XIV Convegno Italiano di Scienza e Tecnologia delle Macromolecole Salerno, 13-16 settembre 1999, volume I+II, € 20,66 Fondamenti di Scienza dei Polimeri Volume di 944 pagine edito da Pacini Editore SpA, 1998. Costo di copertina € 49 (esaurito, in ristampa) Physical Properties of Polyelectrolite Solutions (prof. Michel Mandel) Volume di 190 pagine edito da Pacini Editore SpA, 1999, costo di copertina € 18,07 Produzione industriale di polimeri Atti del XXII Convegno-Scuola AIM, Gargnano 2000, volume di 498 pagine, € 25,82 Additivi per materiali polimerici Atti del XXIV Convegno-Scuola AIM. Gargnano 2002, volume di 544 pagine, € 30,00 Chimica e tecnologia delle poliammidi * di A. Ciaperoni e A. Mula Volume di 530 pagine, € 25,82 (prezzo già scontato del 50%) Atti del XVI Convegno Italiano di Scienza e Tecnologia delle Macromolecole Pisa, 21-25 settembre 2003, volume di 480 pagine, € 25,00 SCHEDA PER ACQUISTO VOLUMI AIM 1 2 3 4 5 6 7 8 Materiali polimerici strutturali Copolimeri Processi industriali di polimerizzazione: aspetti fondamentali e tecnologici Metodi spettroscopici di caratterizzazione dei polimeri Massa e dimensioni di macromolecole Materiali polimerici: struttura e processabilità Degradazione e stabilizzazione dei materiali polimerici Polimeri in medicina 9 I polimeri espansi 10 Materiali polimerici cristallini e liquido cristallini 11 Atti del XIV Convegno Italiano di Scienza e Tecnologia delle Macromolecole 12 Fondamenti di Scienza dei Polimeri 13 Physical Properties of Polyelectrolite Solutions 14 Produzione industriale di polimeri 15 Additivi per materiali polimerici 16 Atti del XVI Convegno Italiano di Scienza e Tecnologia delle Macromolecole Vi preghiamo di inviarci n. ..... copie dei volumi (siglare i volumi prescelti): 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16 Sig. ................................................................................................................................................................................ Ente ................................................................................................................................................................................ Indirizzo ..........................................................................................Città ..............................................Prov ................ Cap .............................. Tel. ............................................................Fax ........................................................................ Data ....................................Pagamento: a ricevimento fattura o contrassegno o Codice Fiscale.................................................................................. Partita IVA ............................................................ Il pagamento, maggiorato di € 4,00 per le spese di spedizione, dovrà essere effettuato direttamente alla Pacini Editore, richiedendo invio di fattura o di contrassegno. Pacini Editore SpA, Via Gherardesca, Zona Industriale Ospedaletto, 56121 Pisa, Tel. 050/313011 - Fax 050/3130300 Su richiesta, al prezzo di € 25,00 cadauno, sono disponibili i CD delle seguenti giornate tecnologiche AIM: 1. Materiali Polimerici per l'Imballaggio Alimentare Fiera del Levante, MacPlast Sud, Bari, 15 febbraio 2002 2. Polimerizzazione in emulsione Auditorium Mapei, Milano, 6 marzo 2002 3. Poliammidi: produzione, proprietà e applicazioni Centro Cultura Ingegneria Materie Plastiche, Alessandria, 10 aprile 2002 4. Il colore in materiali polimerici termo- e foto-indurenti: caratterizzazione e applicazioni Fiera di Milano – MacPlas03, Milano, 6 maggio 2003 Dott. Maurizio Leopardi 63 Per dettagli sui contenuti consultare www.aim.it disponibili presso Pacini Editore AIM Magazine DIRETTORE RESPONSABILE Roberto Filippini Fantoni Via Corridoni, 68 - 24124 Bergamo Tel. 035 360437 - Fax 035 360437 E-mail: [email protected] DIRETTORE EDITORIALE Roberto Rizzo Dipartimento BBCM, Università di Trieste Via L. Giorgeri 1 - 34127 Trieste Tel. 040 5583695 - Fax 040 5583691 E-mail: [email protected] Stefano Testi Pirelli Labs SpA - Viale Sarca 222 - 20126 Milano E-mail: [email protected] Organigramma dell’Associazione Italiana di Scienza e Tecnologia delle Macromolecole (AIM) per il biennio 2003-2005 DAL MONDO DELLA SCIENZA Pino Milano Dipartimento di Chimica - Via S. Allende, 84081 Baronissi (SA) Tel. 089 965365 - E-mail: [email protected] Presidente: Maurizio Galimberti Pirelli Pneumatici, Viale Sarca 222, 20126 Milano Tel. 02-64423160 – Fax 02-64425399 – E-mail: [email protected] Segretario: Riccardo Pò Istituto Donegani, Polimeri Europa SpA, Via G. Fauser 4, 28100 Novara Tel. 0321-447541 – Fax 0321- 447241 – E-mail: [email protected] Tesoriere e responsabile editoriale: Mauro Aglietto Dip. di Chimica e Chimica Industriale, Via Risorgimento 35, 56126 Pisa Tel. 050-2219269 – Fax 050-2219260 – E-mail: [email protected] Membri del Consiglio Direttivo: Giovanna Costa ISMAC - CNR, Via De Marini 6, 16149 Genova Tel. 010-6475876 – Fax 010-6475880 – E-mail: [email protected] Giancarlo Galli Dip. di Chimica e Chimica Industriale, Via Risorgimento 35, 56126 Pisa Tel. 050-2219272 – Fax 050-2219260 – E-mail: [email protected] Beniamino Pirozzi Dip. Chimica, Compl. Univ. Monte S. Angelo, Via Cintia, 80126 Napoli Tel. 081-674463 – Fax 081-674300 – E-mail: [email protected] Concetto Puglisi ICTP-CNR, Viale A. Doria 6, 95125 Catania Tel. 095-339926 – Fax 095-221541 – E-mail: [email protected] Maurizio Toselli Dip. Chim. Appl. Sci. Mat., Viale Risorgimento 2, 40136 Bologna Tel. 051-2093207 – Fax 051-2093220 – E-mail: [email protected] Commissione Tecnologia: Paolo Lomellini Polimeri Europa SpA, Via Taliercio 14, 46100 Mantova Tel. 0376-305399 – Fax 0376-305639 – E-mail: [email protected] Commissione Comunicazione: Maurizio Galimberti Commissione Giovani: Loris Giorgini Dip. Chim. Ind. e Materiali, Viale Risorgimento 4, 40136 Bologna Tel. 051-2093688 – Fax 051-2093688 – E-mail: [email protected] Commissione Ambiente e Beni Culturali: Francesco Paolo La Mantia Dip. Ing. Chim. Proc. Mat., Viale delle Scienze, 90128 Palermo Tel. 091-6567203 – Fax 091-6567280 – E-mail: [email protected] Commissione Didattica: Roberta Bongiovanni Dip. Sci. Mat. e Ing. Chim., C.so Duca degli Abruzzi 24, 10129 Torino Tel. 011-5644619 – Fax 011-5644699 – E-mail: [email protected] Scuole italiane: Enrico Pedemonte Dip. di Chimica e Chimica Industriale, Via Dodecaneso 31, 16146 Genova Tel. 010-3538713 – Fax 010-3536199 – E-mail: [email protected] Scuole europee: Giovanni Camino C. Cult. Ing. Mat. Plast., Politecnico di Torino, Viale T. Michel 5, 15100 Alessandria Tel. 0131-229318 – Fax 0131-229331 – E-mail: [email protected] Seminari internazionali: Francesco Ciardelli Dipartimento di Chimica e Chimica Industriale, Via Risorgimento 35, 56126 Pisa Tel. 050-2219229 - Fax 050-2219260 - E-mail: [email protected] Giancarlo Galli Rapporti con EPF: Direttore responsabile AIM Magazine: Roberto Filippini Fantoni Via Corridoni 68, 24124 Bergamo Tel. 035-360437 – Fax 035-360437 – E-mail: [email protected] Direttore Editoriale AIM Magazine: Roberto Rizzo Dipartimento BBCM, Via Giorgieri 1, 34127 Trieste Tel. 040-5583695 – Fax 040-5583691 – E-mail: [email protected] POLYMERS ABROAD Michele Potenza Agion Technologies Inc 60 Audubon Road, Wakefield, MA 01880 USA Tel. +1 781 224 7144 - Fax +1 781 246 3340 E-mail: [email protected] COMITATO EDITORIALE Mauro Aglietto Dip. Chimica e Chimica Industriale Via Risorgimento 35 - 56126 Pisa Tel. 050 2219269 - Fax 050 2219260 E-mail: [email protected] INTELLECTUAL PROPERTY MONITOR Giuseppe Colucci Basell Poliolefine Italia SpA - Piazzale Donegani 12 - 44100 Ferrara Tel. 0532 467652 - Fax 0532 467675 E-mail: [email protected] Eugenio Amendola IMCB-CNR - P.le Tecchio 85 - 80125 Napoli Tel. 081 7682511 - Fax 081 7682404 E-mail: [email protected] I GIOVANI Loris Giorgini Dipartimento di Chimica Industriale e dei Materiali Viale Risorgimento 4 - 40136 Bologna Tel. e Fax 051 2093688 - E-mail: [email protected] Michele Suman Barilla Alimentare SpA - Via Mantova 166 - 43100 Parma Tel. 0521 262332 - Fax 0521 262647 E-mail: [email protected] POLIMERI E ... SOCIETÀ Mariano Pracella IMCB-CNR - Via Diotisalvi 2 - 56126 Pisa Tel. 050 511229 - Fax 050 511266 E-mail: [email protected] ATTUALITÀ & DIVULGAZIONE Michele Suman POLYMERS AND LIFE Michele Suman Roberto Cavaton Marbo Italia SpA - Via T. Tasso 25/27 - 20010 Pogliano Milanese Tel. 02 939611 - E-mail: [email protected] MACROTRIVIAL Eleonora Polo ISOF-CNR - Sezione di Ferrara c/o Dip. di Chimica, Università di Ferrara Via Borsari 46, 44100 Ferrara Tel. 0532 291159 - Fax 0532 240709 - E-mail: [email protected] POLIMERI IN CUCINA La ricetta di Pippi E-mail: [email protected] PMI Mario Malinconico ICTP-CNR - Via Toiano 6 - 80072 Arco Felice (NA) Tel. 081 8534252 - Fax 081 8534257 E-mail: [email protected] SITO INTERNET Luigi Cavallo [email protected] Michele Mader [email protected] Gilberto Moscardi [email protected] IL MONDO DI AIM Mauro Aglietto COLLABORATORI Diego Arcelli Anna Crestana Ofelia Fusco Giuliana Gorrasi Guglielmo Paganetto Claudia Regazzoni Marzia Salvadori Pietro Speziale Gianluca Tell L’AMBIENTE Eugenio Amendola I BIOPOLIMERI Roberto Rizzo DAL MONDO DELLA TECNOLOGIA Riccardo Po’ Ist. Donegani-Polimeri Europa SpA Via G. Fauser 4 - 28100 Novara Tel. 0321 447541 - Fax 0321 447241 E-mail: [email protected] IN COPERTINA La foto riportata in copertina la trovate anche nell’interessante articolo di Anna Crestana “La plastica: arte e desing d’autore in mostra a Venezia”, a pag. 5. Join AIM! Adesione all’aim per il 2004 e per il 2005 Il Consiglio Direttivo dell’AIM ha fissato in € 35 la quota di iscrizione annuale all’AIM e in € 60 la quota di iscrizione biennale. Il pagamento può essere effettuato tramite versamento sui c/c bancario o postale dell'AIM oppure tramite invio di assegno bancario come indicato qui di seguito: ❏ ❏ Gabriele Mei Basell Poliolefine Italia SpA - Piazzale Donegani 12 - 44100 Ferrara Tel. 0532 467540 - Fax 0532 467780 - E-mail: [email protected] AIM Magazine è un periodico quadrimestrale e i 3 numeri vanno in edicola a gennaio, maggio e settembre. Chiediamo a tutti i lettori che intendano inviare contributi di farli pervenire alla redazione improrogabilmente entro il 20 novembre, il 20 marzo o il 20 luglio. Il materiale che arriverà dopo queste date potrà essere preso in considerazione solo per il numero successivo. ❏ ❏ sul c/c bancario n. 751-21354/92 della Cassa di Risparmio di Pisa (Cod. ABI 06255, CAB Sportello 14011), Piazza Dante 1, 56126 PISA, intestato a: AIM sul c/c postale n. 10267565 del Centro Compartimentale di Firenze intestato a: Associazione Italiana di Scienza e Tecnologia delle Macromolecole, Via Risorgimento 35, 56126 PISA a mezzo assegno bancario o circolare intestato: AIM da inviare a: Segreteria Amministrativa AIM: c/o prof. Mauro Aglietto, Dipartimento di Chimica e Chimica Industriale, Via Risorgimento 35, 56126 PISA carta di credito. Compilate il modulo che potete scaricare dal nostro sito web www.aim.it e speditelo, anche tramite fax, a: Segreteria Amministrativa AIM, c/o Dipartimento di Chimica e Chimica Industriale, Via Risorgimento 35, 56126 Pisa AIM è su Internet! La trovate a questo indirizzo: http://www.aim.it Cliccate sulle icone per raggiungere il mondo di AIM. In Get in Touch trovate gli indirizzi per contattare: • Segreteria AIM: [email protected] • Segretario amministrativo: [email protected] E soprattutto: • Posta dei lettori: [email protected] Edizione Pacini Editore S.p.A. Via A. Gherardesca • 56121 Ospedaletto • Pisa Telefono 050 313011 • Telefax 050 3130300 www.pacinionline.it Finito di stampare nel mese di Marzo 2004 presso le Industrie Grafiche della Pacini Editore S.p.A. Via A. Gherardesca • 56121 Ospedaletto • Pisa Telefono 050 313011 • Telefax 050 3130300 www.pacinionline.it