AIM Magazine AIM Magazine - Associazione Italiana Macromolecole

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AIM Magazine AIM Magazine - Associazione Italiana Macromolecole
PERIODICO QUADRIMESTRALE SPED. IN A.P. 45% ART. 2 COMMA 20/B LEGGE 662/96 - FILIALE DI PISA - AUT. TRIB. DI PISA N. 13/96 DEL 04/09/1996 STAMPE A TARIFFA RIDOTTA - TASSA PAGATA - AUT. E.P.I. DIR. FILIALE DI PISA - N. A.S.P./32424/GB DEL 30/12/1997 - TAXE PERCUE - ITALIA - I.P.
ASSOCIAZIONE ITALIANA
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E
Anno XXIX • vol. 59 • n° 1-2
DI
SCIENZA
T
E
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TECNOLOGIA
I
DELLE
N
MACROMOLECOLE
AIM Magazine
O
A
I
LA PLASTICA: ARTE E DESIGN D’AUTORE IN MOSTRA A VENEZIA
LENTI PER OCCHIALI DA VISTA E DA SOLE
I BITUMI MODIFICATI CON POLIMERI
M
Gennaio-Agosto 2004
Sommario
L’EDITORIALE
… del Direttore Responsabile (R. Filippini Fantoni) ....................................................
… del Direttore Editoriale (R. Rizzo) ............................................................................
pag.
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3
4
ATTUALITÀ & DIVULGAZIONE
La plastica: arte e design d’autore in mostra a Venezia (A. Crestana)..........................
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5
POLYMERS AND LIFE
Luce dei miei occhi … (parte seconda)
… un’escursione tra le lenti per occhiali da vista e da sole! (G. Iori, M. Suman) ..........
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8
Macrotrivial
Questioni di pelle: Cerotti & Co. (E. Polo) ....................................................................
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14
POLIMERI IN CUCINA
Riso, macromolecole e digeribilità … (Pippi) ..............................................................
La ricetta di Pippi ........................................................................................................
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20
L’AMBIENTE
Salmoni in batteria (R. Filippini Fantoni, G. Sanfilippo) ..............................................
I bitumi modificati con polimeri (D. Biondi, G. Polacco) ..............................................
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27
BIOPOLIMERI
Qualche commento sui premi Nobel del 2003 (R. Rizzo) ............................................
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DAL MONDO DELLA TECNOLOGIA
Polimeri rigidi (R. Po’) ..................................................................................................
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35
POLYMERS ABROAD
Polimeri puliti (M. Potenza, G. Levinsons) ....................................................................
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39
I GIOVANI
Macrogiovani 2004 (L. Giorgini, G. Gorrasi) ................................................................
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I CONGRESSI FUTURI
XXVI Convegno-Scuola AIM ........................................................................................
Europolymer Conference 2004 (EUPOC 2004) ..........................................................
Giornata su “Polimeri e Beni Culturali” ........................................................................
MoDeSt 2004 ..............................................................................................................
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48
49
49
I CONGRESSI SVOLTI
Tavola Rotonda su “L’Italia, L’Europa e la ricerca scientifica” (R. Filippini Fantoni) ....
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50
1
In ricordo di Roberto Santi (M. Ricci, R. Pò) ................................................................
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IL MONDO DI AIM
Saluto del nuovo Presidente AIM (M. Galimberti) ........................................................
Assemblea Generale dei Soci AIM a Pisa, 24 settembre 2003
Relazione del Presidente uscente (G. Costa) ................................................................
Relazione del segretario amministrativo (M. Aglietto) ..................................................
Programma di attività dell’AIM per il biennio 2003-2005 ............................................
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59
62
AIM: L'ATTIVITÀ EDITORIALE
Libri e Atti AIM ............................................................................................................
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63
2
L’EDITORIALE
…
DEL
DIRETTORE RESPONSABILE
doveroso da parte mia un saluto a qualcuno che se ne va e a un altro che assume
nuove funzioni.
Chi se ne va, Maurizio Galimberti, assumendo la
carica di Presidente AIM per il prossimo biennio
non lascia il Magazine come un caporedattore
qualsivoglia, ma come l’anima della trasformazione da Bollettino a Magazine.
All’inizio, le belle idee di Maurizio ci sono sembrate abbastanza velleitarie e pensavamo che mal si
coniugassero con la volontarietà dei redattori e
con la scarsezza delle finanze dell’AIM. Ma poi il
tempo gli ha dato ragione ed ora egli lascia un
Magazine decisamente maturo e che è apprezzato
sia per lo stile che per i contenuti.
Persino EPF, impressionato dalla nostra pubblicazione, ha commissionato a noi di AIM Magazine un
numero speciale in inglese come EPF Magazine.
Se questo non è un riconoscimento di serietà non
saprei dove trovarne di meglio!
Grazie Maurizio!
Roberto Rizzo, che ne prende il posto, è altrettanto abile ed è stato insieme a Maurizio l’anima trainante di questa nuova edizione: pertanto sono
assolutamente sicuro che il nostro Magazine proseguirà (in forma cartacea o informatica) nel
migliore dei modi e potrà sicuramente migliorare.
Forza Roberto!
Io starò, come sempre, alla finestra a guardare per
quanto riguarda l’organizzazione, perché questo è
il massimo dell’impegno che ho potuto prendere
come Direttore Responsabile del Magazine; ma,
come sempre, darò il mio contributo di idee e di
articoli e lo farò nel solito modo, quello che mi è
più congeniale, cercando cioè di fornire al lettore
non pezzi di stucchevole cronaca ma qualcosa che
invogli alla lettura e che giudichi le cose nel modo
più disincantato possibile e, dove possibile, con un
minimo di ironia.
Ad maiora!
È
Roberto Filippini Fantoni
3
…
DEL
DIRETTORE EDITORIALE
teresse dei lettori, ma anche per scovare collaboratori estemporanei che potessero sviluppare con
competenza quegli argomenti.
Ora il Direttivo ha proposto di affidare a me l’incarico di caporedattore, incarico che ritengo particolarmente impegnativo sia perché la prima cosa da
fare è mantenere lo standard raggiunto e poi perché esiste un giovane progetto per dar vita anche
ad una versione elettronica del Magazine.
Raggiungere questo obiettivo significa non solo
portare il Magazine sui “tavoli” o meglio sui monitor di molti anche non “addetti ai lavori”, ma
anche aver la capacità di parlare con un linguaggio diverso e forse anche con una lingua diversa,
se vogliamo che l’E-Magazine sia apprezzato a
livello internazionale. Queste sono proprio le sfide
che mi sono trovato sul tavolo quando il
Presidente Galimberti mi ha comunicato la proposta del Direttivo. Non sarà facile, ma la squadra
che si è formata in questi primi anni di vita del
Magazine ha ormai raggiunto la maturità sufficiente per fare questo passo. Sono infatti convinto di
poter contare sulla collaborazione preziosa di questi colleghi che, devo ricordare ancora una volta,
fanno questo lavoro considerandolo da una parte
un hobby, visto che è tutto basato sulla disponibilità del proprio tempo libero, e dall’altra un modo
per consolidare e possibilmente aumentare la visibilità della nostra Associazione.
In conclusione a questo breve saluto a tutti i lettori, ritengo doveroso ringraziare, a nome di tutti gli
associati, Maurizio per l’impegno che ha messo in
redazione e che, sono sicuro, riverserà ora nel
compito di Presidente. Infine, voglio personalmente augurare buon lavoro a tutti i redattori del
Magazine scusandomi in anticipo se a volte gli
impegni accademici mi faranno dimenticare quelli presi con loro; fortunatamente in quelle occasioni mi verranno in aiuto il Direttore Roberto
Filippini e gli amici del comitato editoriale: Mauro
Aglietto, Eugenio Amendola e Michele Suman che
ringrazio anticipatamente.
ra aprile 1998 quando uscì il primo numero
di AIM Magazine che sostituiva il Bollettino
dell’Associazione Italiana di Scienza e
Tecnologia delle Macromolecole. Allora, la redazione del Bollettino fu affiancata da un gruppo di
volenterosi nuovi collaboratori, io ero tra questi,
provenienti dall’industria, dagli Enti di ricerca e
dall’Università, per dare non solo una nuova veste,
ma anche un nuovo stile alla rivista. Serviva un
Direttore responsabile ed un Caporedattore; per il
primo posto fu nominato Roberto Filippini, che si
è rivelato anche un prezioso e spiritoso redattore,
per il secondo Maurizio Galimberti che durante lo
scorso convegno di Pisa è stato eletto Presidente
dell’Associazione. Nell’impostare il nuovo stile del
Magazine, Maurizio ha portato entusiasmo ed idee
che hanno coinvolto tutti e che hanno avuto come
risultato una rivista che non era più semplicemente la voce dell’Associazione, ma, come lui stesso
scrisse nell’editoriale del primo numero, “è una
delle iniziative” dell’Associazione, insieme ai convegni ed alle scuole. AIM Magazine fu costruito, e
rimane, per essere uno strumento di informazione
non solo per gli associati, ma anche per un pubblico più vasto, interessato a tutti gli aspetti che
coinvolgono il mondo della ricerca e della tecnologia dei polimeri. Lo sforzo dei redattori fu di sollecitare e favorire contributi provenienti da chiunque
avesse accettato l’invito a costruire insieme il
sommario dei fascicoli. Nacquero così diverse
rubriche, alcune ovvie perché incentrate su problematiche scientifiche e tecnologiche dei polimeri, altre meno ovvie come l’Attualità e l’Ambiente
che a volte sono diventate anche un forum per
argomenti di particolare interesse, altre ancora
quasi frivole come le rinomate “Ricette di Pippi”.
Tutte, però, interessanti e tali da contribuire a far
sì che il Magazine diventasse, come in una riunione di redazione ebbi a dire io stesso, un giornale
“di compagnia” che si legge anche al di là delle
utili informazioni sulla vita dell’Associazione.
Ovviamente tutto è stato basato sul volontariato
dei redattori che si sono subito dati da fare non
solo per cercare argomenti che stuzzicassero l’in-
E
Roberto Rizzo
4
Attualità & Divulgazione
Il proverbio è ben noto a tutti: anno nuovo, vita nuova! Anche AIM non è da meno in questo senso. Un nuovo
Presidente (a cui rinnoviamo le congratulazioni e gli auguri per un proficuo periodo di lavoro), un nuovo portale che si sta affacciando sulla scena di internet, un Magazine che comunque non ha alcuna intenzione di abbandonare i suoi lettori, anzi! In questo senso mi sento in dovere di ringraziare tutti i colleghi che ci accompagnano
in questa avventura per avermi accolto (o sarebbe meglio dire: positivamente travolto!) all’interno del Comitato
Editoriale, dopo gli anni già trascorsi con entusiasmo ad occuparmi, assieme a Roberto Cavaton, della rubrica
di Polymers & Life. Partiamo proprio da qui: nel numero precedente fu proprio Roberto ad accompagnarvi egregiamente nel mondo dei polimeri per lenti a contatto, stavolta ci siamo avvalsi della competente collaborazione
del Dott. Giuseppe Iori (Consulente Chimico esperto nel settore dei materiali per ottica) per affrontare l’altra faccia della medaglia: i materiali per lenti da occhiali.
Anna Crestana è stata invece la nostra inviata speciale alla manifestazione culturale tenutasi a Venezia “Plastica
soggetto del desiderio”, mettendo in risalto quale legame sussiste nella società odierna tra arte e polimeri!
Questa parte del Magazine si arricchisce poi del contributo della brillante Eleonora Polo che ci guida lungo un
percorso storico a scoprire i segreti dei cerotti, arrivando fino al futuristico bendaggio liquido che spalmeremo
sulle ferite probabilmente nei prossimi anni e partendo dalla prima striscia adesiva inventata da Dickson per trovare rimedio ai guai domestici della moglie alle prese con i coltelli da cucina. E per concludere, dato che siamo
giunti a toccare proprio l’argomento cucina, come possiamo dimenticarci di “Pippi”? Ebbene la ricetta di questo
numero, dai connotati tipicamente invernali, è quella dell’Ossobuco alla milanese servito con il classico Risotto
allo zafferano: ne approfittiamo allora per ricordarvi l’importanza della ridotta granulometria dell’amido nel riso,
quale vantaggio in termini di alta digeribilità.
Per ora è tutto: il menu dell’area di attualità e divulgazione è servito!
Non mi resta che augurarvi buona lettura.
Michele Suman
La plastica:
arte e design d’autore
in mostra a Venezia
di Anna Crestana
chi non bastasse la già ampia esperienza
quotidiana sulle molteplici possibilità di
forme, di colori e d’uso delle materie plastiche, la Mostra “Plastica soggetto del desiderio” a
Venezia poteva senz’altro offrire un’esauriente rassegna in merito. Promossa da SC Sviluppo
Chimica e Federchimica – Assoplast, la Mostra è
stata organizzata in collaborazione con la 50a
Biennale di Venezia 2003, dal titolo “Sogni e
Conflitti”. L’esposizione è stata curata dall’Agenzia
Parini Associati, che ha riferito di una buona ed
interessata partecipazione di pubblico.
Dalla rappresentazione tridimensionale del polipropilene di Giulio Natta ai dischi in vinile, dagli
abiti di Paco Rabanne (Figura 1, a sinistra) all’ossigenatore per bypass cardiovascolare ed altre
apparecchiature elettromedicali (Figura 1, a
destra): tutto un mondo e insieme molti mondi in
due sole ali del chiostro del secentesco Convento
delle Terese, che ospita la Facoltà di Arti e Design
a Dorsoduro, in Venezia.
Visitando la mostra, era ben percepibile tale compressione di arte, design, tecnologia e scienza in
uno spazio “esiguo”. Si aveva comunque modo di
vedere di tutto: battipanni del 1956; calendari in
ABS e PVC del 1967; valigie in ABS del 1967; portacenere in melamina del 1957; Barbie da una collezione privata (Figura 2, a sinistra in alto); un
“Cactus” verde, di altezza d’uomo, in poliuretano
espanso con funzione di appendiabiti (Figura 2, a
sinistra); abiti di Bernasconi-Bossetti; “Valentine”,
macchina da scrivere di Ettore Sottsass; eclettici
A
5
Oltre al colpo d’occhio di forme e colori (ricordo
in particolare la “Ballerina, Scultura danzante in
polimetilmetacrilato”, che sembra sintesi di
movimento e colore; Figura 3) osservando globalmente la serie di opere ed oggetti esposti,
protetti per la maggior parte da pareti di polimetilmetacrilato, si poteva avere la percezione delle
“possibilità” della plastica, intesa sia come creazione del nuovo sia come emulazione di ciò che
già c’è.
Infatti, così come il “Sedilsasso” di poliuretano
espanso imita esteriormente un reale masso, la
“Ballerina” pareva vetro appena uscito da una fornace di Murano e subito raffreddatosi. Allo stesso
modo, una comune spazzola triangolare per aspirapolvere, ripetuta su un pannello chiaro, poteva
ricordare un gruppo di navicelle spaziali (Figura 1,
a destra).
Visitando la Mostra si percepiva anche la “necessità” delle materie plastiche: esse sono usate per
dare liberi forma e colore alla creatività degli artisti e dei designers, come per la sedia di G. Pesce,
una sorta di moderno trono il cui colore passa dal
giallo-arancio al verde (Figura 4, a sinistra) e per
la lunga lampada bianca a tubo flessibile (Figura
4, a destra).
Analogamente, tale necessità si avverte nella
esposizione di materiale per oggetti ad alta tecno-
Figura 1. A sinistra: Paco Rabanne. Abito in plastica
decorato con anelli e catene in argento e abito in PVC con
frange. A destra, in primo piano: Apparecchiature elettromedicali costruite con materie plastiche. In secondo
piano: Francesca Cester, Roberto Leone, Lorenzo Russo,
Explora, 2002: Spazzola per aspirapolvere.
sandali di Gao Hai Yun; televisori; una tuta da sub;
pattini; dischi e giradischi; alcuni dei colorati clarinetti dalla collezione privata di Renzo Arbore
(Figura 2, a destra).
Il percorso dell’esposizione è stato idealmente suddiviso in diverse sezioni: una riguardante il “made in
Italy”, che ha ripercorso la storia dell’oggettistica e
dello stile italiano; una sulla moda e l’arte, in cui la
plastica viene nobilitata ed affiancata a tessuti e
materiali preziosi; una sull’innovazione tecnologica
nella comunicazione, nel quotidiano, in campo
medico e nello sport ad elevate prestazioni; l’ultima
sull’arte con oggetti di grande formato, esposti per lo
più nel chiostro centrale del Convento.
Figura 2. A sinistra: a) G. Drocco, F. Mello. “Cactus”,
1971 (Gufram); appendiabiti in poliuretano. b) Piero
Gilardi, “I sassi”, 1967 (Gufram); Sedilsasso grande con
funzione di sedile, altri sassi di piccolo formato in poliuretano espanso. c) Barbie e Ken della Mattel. A destra:
Clarinetti in plastica. Collezione privata di Renzo Arbore.
Figura 3. Jacopo Foggini, “Ballerina”, 2003. Scultura
danzante in metacrilato. Galleria d'Arte Jacopo Foggini.
6
Figura 4. A sinistra: Gaetano Pesce, “King of Nobody”,
2003. Poltrona in resina elastomerica. Collezione
“Nobody’s Perfect”, Poggiapiedi e tavolino in resina elastomerica; Quattrocchi – ZeroDisegno. A destra:
Gianfranco Frattini, Livio Castiglioni “Boalum”, 1970.
Lampada flessibile da tavolo, parete o terra in plastica;
Artemide.
logia o ad utilizzo medicale: sci e scarponi da sci
per prestazioni elevate, il già citato ossigenatore a
membrana, le pinze monouso, i filtri per soluzioni
e farmaci, tutti oggetti oggi indispensabili e caratterizzanti la nostra società. Ai materiali ed in particolare alle plastiche non si chiede solo di soddisfare caratteristiche prettamente tecniche, ma
anche di poter essere “accattivanti” per forme e
colori, in modo da incontrare i più svariati gusti
dell’utente.
MODA
E PLASTICA PROTAGONISTI A
Figura 5. A sinistra: Angela Gilbert, UK, Progetto
“Natural and Artificial”, abito in plastica gialla, con cuciture termosaldate e riproduzione di stampe di fine
Ottocento. A destra: Ji Sung Ham, Corea, Progetto
“Fun+ction”, realizzazione di costumi da bagno ed accessori con spirito ludico.
MILANO
La stessa Agenzia Parini Associati che ha curato
“Plastica soggetto del desiderio” ha successivamente organizzato anche la Mostra “Plastic
Experience in Fashion Design”, tenutasi alla
Libreria Feltrinelli International di Milano nel
corso della settimana della moda milanese, tra il
26 settembre ed il 5 ottobre scorsi. L’occasione
è stata la presentazione di alcuni dei risultati del
Master affidato dai produttori di materie plastiche ai giovani designers della sezione Fashion
Design di Domus Academy, Milano. Al termine
della mostra, gli abiti e gli accessori esposti sono
stati resi disponibili presso la sede della
Federchimica, Via G. da Procida 11 a Milano.
PER
CHI VOLESSE SAPERNE E
...
VEDERNE DI PIÙ
Queste ed altre foto relative alla Mostra “Plastica
soggetto del desiderio” si possono trovare sul sito
www.ideahobby.it; le foto ed il materiale sulla Mostra
“Plastic Experience in Fashion Design” sono stati
gentilmente resi disponibili dall’Agenzia Parini
Associati S.r.l., via Boccaccio 7, Milano (e-mail:
[email protected]). Altre informazioni si
possono reperire sul sito www.plastica.it, in collaborazione con Assoplast e Federchimica.
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Polymers and Life
LUCE DEI MIEI OCCHI …
(PARTE SECONDA)
…
UN’ESCURSIONE TRA LE LENTI PER
OCCHIALI DA VISTA E DA SOLE!
di Giuseppe Iori 1 e Michele Suman 2
GLI OCCHIALI: DAL MEDIOEVO AI
GIORNI NOSTRI
storia delle scienze: l'invenzione
degli occhiali, appunto.
Sembra che, prima di questa
data, non vi sia traccia di alcun
sistema atto a correggere i difetti
di vista od a filtrare la luce solare.
Nerone pare si servisse di uno
smeraldo per assistere ai giochi
dei gladiatori romani: le pietre preziose servivano a
rendere più piacevole la visione grazie al filtro colorato, ma nella pratica non determinavano sensibili
incrementi della capacità visiva. Nel corso del XII
secolo si conoscevano solo alcuni sistemi di ingrandimento che derivavano da semplici pezzi di vetro
concavi o convessi che però non erano apprezzati in
quanto distorcevano le immagini reali. Le prime
testimonianze documentate sull'uso delle lenti a
scopo correttivo della vista arrivano invece proprio
dall'Europa del XIII secolo.
Pare infatti che venissero usate dai monaci per le trascrizioni degli antichi libri, impiegando come pietra
dura di partenza il trasparente berillio. In particolare
il primo a descrivere l'uso delle lenti per migliorare la
vista fu Ruggero Bacone nel 1262; i suoi esperimenti con le lenti e gli specchi, condotti in gran segreto,
descrivevano in maniera semplice i fenomeni della
riflessione e della rifrazione. Alla morte del suo protettore, Papa Clemente IV, Bacone venne accusato
di eresia e imprigionato.
I primi occhiali non si portavano in modo continuativo ed erano costituiti da due lenti unite insieme che
venivano tenute vicino agli occhi con le mani. Man
Ogni giorno il nostro cervello riceve una quantità
incredibile di informazioni dagli organi visivi, gli
occhi. Questo d’altro canto spiega perché circa il
70% della nostra popolazione soffre di disturbi più o
meno gravi alla vista. A prescindere dai tanti bambini e giovani che sono miopi o ipermetropi, la capacità di visione da vicino comincia a diminuire a partire dal 25° anno di età, per cui a partire dal 40° anno
di età circa abbiamo bisogno di un ausilio visivo leggero per la lettura da vicino, il nostro primo paio di
occhiali da lettura. Dato che il numero dei miopi è
salito notevolmente e la popolazione invecchia sempre di più, la percentuale dei portatori di occhiali
continua a registrare forti aumenti. In questa seconda parte della nostra avventura nel mondo di ciò che
sta davanti ai nostri occhi (proprio davanti in senso
letterale!), dopo aver fatto un piacevole viaggio nel
campo delle lenti a contatto, intendiamo ora fare
una rassegna dei più noti materiali impiegati per la
fabbricazione di lenti per occhiali, descrivendone
inoltre i trattamenti speciali più significativi. Ma
cominciamo con
un po’ di storia
…
Fu infatti verso
la fine del XIII
secolo che si
verificò uno dei
più grandi avvenimenti
della
1
Chimico, consulente industriale - E-mail: [email protected]
Dipartimento di Chimica Organica ed Industriale, Università di Parma, Parco area delle Scienze 17/a, 43100 Parma - E-mail:
[email protected]; web site research group: www.unipr.it/~chimorg/dalcanale.htm
2
8
Il vetro più utilizzato per la costruzione di lenti è il
Crown ottico.
La produzione di tale vetro si ottiene fondendo la
silice con la miscela degli ossidi e ricavando dalla
massa fusa uno sbozzo grezzo con la curvatura
approssimativa della lente che si vuole ottenere.
La lente afocale si ricava dallo sbozzo, per lavorazione delle due superfici concentriche con smerigli
di varia granulometria sino ad ottenere la lente
finita con uno spessore che risulta essere mediamente di 2 mm.
Nel caso delle lenti per occhiali da sole, lo sbozzo
di partenza è colorato nella massa all'atto della
fusione.
Ma ora mettiamoci per un attimo nei panni di un
bimbo vivace, di un giocatore di pallone o di un
energico falegname tutti accomunati dal fatto di
avere problemi di vista e proviamo a pensare
quanto gli potrà durare un paio di occhiali in vetro
prima di vederli frantumarsi in mille pezzi: probabilmente assai poco poiché la fragilità è il tallone
d'Achille delle lenti in vetro!
In genere quindi si tende ad andare incontro a questa richiesta di maggior flessibilità e resistenza a
rottura all'urto mediante il cosiddetto processo di
tempera del vetro, il cui obiettivo è proprio quello
di aumentarne la resistenza meccanica, eliminando tutte le microfessurazioni e creando una superficie esterna più compressa di quella interna.
La tempera termica consiste nel riscaldare il vetro
fino quasi al rammollimento e raffreddare la parte
esterna con aria; tuttavia emerge a questo punto
un secondo problema: l'alta temperatura crea
facilmente delle distorsioni ottiche.
Per questa ragione è stata successivamente introdotta la tempera chimica, sfruttando un processo
di scambio ionico che crea la stessa compressione esterna senza però generare le contemporanee
distorsioni superficiali. In particolare questo processo consiste nella sostituzione sulla superficie
della lente degli ioni sodio con quelli potassio, più
grandi e quindi in grado di comprimere gli strati
più esterni.
mano vennero apportate migliorie, ad esempio le
lenti erano poi tenute insieme da una molla che dava
la possibilità di tenerle appoggiate sul naso. Le lenti
divennero realmente occhiali (intendendo l'idea di
inserire due pezzi di vetro molato in un telaio di legno
e di creare uno “strumento unico”) un po’ più tardi e
la loro realizzazione viene oggi attribuita al frate
Alessandro Spina, nel 1280.
Dobbiamo poi arrivare al 1850 circa per ritrovare gli
occhiali con la forma che oggi conosciamo.
IL MATERIALE PIÙ ANTICO: IL VETRO
La nostra rassegna parte da uno dei materiali più
antichi impiegati dalla civiltà umana: il vetro. Già
conosciuto nell'antico Egitto, il vetro è stato sempre
considerato, sino alla seconda metà di questo secolo, come l'unico materiale adatto alla produzione di
lenti per la correzione e la protezione della vista; nel
secondo dopoguerra apparvero i primi materiali plastici che lo affiancarono in alcuni impieghi.
Il vetro è un materiale composto principalmente da
silice (40-75%) ed altri ossidi inorganici fusi insieme.
La silice, portata a fusione ad altissima temperatura
(1713°C), raffreddando, produce un materiale
amorfo; aggiungendo, in fase di fusione, vari ossidi
alcalino-terrosi (BaO, Na2O, CaO ...) e metallici
(B2O3, TiO2, Al2O3, PbO ecc.): si modifica la struttura e si variano le caratteristiche fisiche, ottiche e
meccaniche del vetro ottenuto.
Anche il colore nel vetro si ottiene con l'aggiunta di
particolari sali ed ossidi metallici in fase di fusione
come ad esempio viene riportato nella tabella qui
sotto.
SALI
Au(III), Cu(II)
Se
Ni
FeS
Fe(II) Cr(III)
Fe(III) Cr(VI)
Mn(III)
I MATERIALI ALTERNATIVI: I POLIMERI
Oltre alla marcata fragilità strutturale, le lenti in
vetro hanno problemi di sicurezza e comfort dovuti anche al peso eccessivo; si sono così trovati
materiali alternativi a base polimerica, dotati di
elevate caratteristiche ottiche ed al contempo più
resistenti e leggeri.
COLORE
Rosso
Rosa
Bruno
Arancione
Poli dietilenglicole bisallilcarbonato (CR-39)®
È il polimero ottico più diffuso, nonché l'unico
materiale plastico termoindurente tra quelli impiegati in ottica.
Azzurro
Giallo
Violetto
9
Deve il suo successo alla somma di ottime caratteristiche generali ed in particolare alla leggerezza
(a parità di spessore, il peso di una lente è inferiore di circa il 48% rispetto a quella di vetro), compatibilità con le materie plastiche impiegate per le
montature, stabilità chimica e meccanica ed infine
una resistenza al graffio che è la più alta tra quelle dei polimeri sintetici trasparenti.
a tutti gli agenti chimici, la tendenza a screpolarsi
con l'uso, le difficili colorabilità e lavorabilità. La
sua durezza superficiale è veramente scadente e
costringe i produttori a verniciare antigraffio tutte
le lenti per potere dare un prodotto accettabile.
L'alto indice di rifrazione consente di ottenere lenti
oftalmiche di basso spessore rispetto agli altri
materiali plastici; questo è però un handicap in
caso di lenti da sole afocali.
Poliammide (PA)
Si tratta di un materiale cristallino in cui i microcristalliti sono così piccoli da non diffondere la
luce ed apparire perfettamente trasparenti. Inoltre
questa struttura dona al materiale un’ottima resistenza meccanica ed un comportamento isotropo
particolarmente apprezzato nei materiali ottici.
La poliammide più utilizzata è quella ottenuta dalla
reazione tra un diacido lineare C12 ed una diammina cicloalifatica a 6 termini.
Viene adottato soprattutto nel settore oftalmico,
dove la sua diffusione ha ormai superato quella del
vetro e dove non ha concorrenti tra gli altri materiali plastici. Anche nel settore solare rappresenta
l'unica alternativa al vetro per occhiali di buona
qualità. È noto fin dagli anni ’50 e viene chiamato
con vari nomi: resina dura, vetro organico od altri
nomi commerciali più o meno noti, ad es. CR-39.
CR-39 è in realtà il nome commerciale del monomero liquido di partenza (brevetto detenuto dalla
PPG Ind., USA). Questo viene catalizzato con
perossido ed iniettato in stampi di vetro che polimerizzano in forno ad aria od in bagno ad acqua
seguendo un opportuno ciclo termico: la durezza
della lente dipende dalle caratteristiche del ciclo di
polimerizzazione.
Poliuretano (PU)
Si tratta di una resina trasparente di tipo elastomerico. È impiegato nel settore militare e di recente viene utilizzato anche per la fabbricazione di
lenti, visiere e maschere.
L’elastomero poliuretanico si ottiene facendo reagire un prepolimero con gruppi –NCO in eccesso
con una diammina aromatica che funge da reticolante.
La reazione di indurimento avviene in pochi
secondi e l’elastomero poliuretanico ottenuto ha
proprietà notevoli (soprattutto se confrontato con
il PC in sostituzione del quale viene proposto nel
settore ottico) legate principalmente alla infrangibilità, trasparenza, leggerezza e ottima resistenza
agli agenti chimici.
Polimetilmetacrilato (PMMA)
Si tratta di un polimero termoplastico amorfo, leggero e poco sensibile all'umidità. È stato uno tra i
primi materiali plastici a sostituire il vetro nelle sue
applicazioni industriali tra cui ad esempio l’industria automobilistica e dei display luminosi.
Dotato di buone caratteristiche ottiche, ha però
molti difetti quali ad esempio la scarsa resistenza
al graffio, chimica (resiste solo agli idrocarburi,
tutti gli altri solventi ne rovinano la superficie) e
termica: temperatura max di utilizzo pari a 65 °C,
nonché fragilità alle basse temperature. Alla luce
di tutto questo un qualche vantaggio ci dovrà pur
essere vi direte voi e forse intuite subito di cosa si
tratta: il PMMA è molto economico!
Esteri della cellulosa
Sono sostanzialmente 3: acetato, propionato ed
acetobutirrato. Contengono solitamente plastificanti (3-20%) per poter essere lavorabili.
Sono materiali impiegati sia per le lenti che per le
stesse montature.
La sensibilità all'umidità è molto pronunciata ma
Policarbonato (PC)
Materiale impiegato in molti settori produttivi tra
cui l'edilizia, la sicurezza sul lavoro e lo sport; solo
di recente si è affacciato nell'ottica oftalmica ed in
quella solare.
Tra i pregi spicca l'eccezionale resistenza all'urto
che lo fa essere il materiale di elezione per le visiere dei caschi. Tra i difetti la scarsissima resistenza
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la grande resistenza alle basse temperatura e l’elevata lucentezza superficiale ne fa materiali d’eccellenza per le maschere che ci proteggono dalla
luce del sole sulle piste da sci o per le visiere del
casco che indossiamo quando ci muoviamo con il
nostro scooter nel traffico cittadino.
c) Assorbimento Luce Blu
La luce blu è quella parte dello spettro solare che
va da 380 nm a 500 nm.
Non essendo messa perfettamente a fuoco sulla
retina crea, anche nell'occhio sano, una certa sfocatura delle immagini. La sua azione sulla retina è
inoltre cumulativa e vi può causare danni nel
corso degli anni; il suo assorbimento, totale o parziale, contribuisce alla salvaguardia della funzionalità dell'occhio rendendo le immagini meglio
definite e migliorando l'acuità visiva.
Nel caso dei polimeri ottici si impiegano additivi
filtranti dal caratteristico colore giallo-arancio detti
"Blue blockers".
Lenti che soddisfano a questo principio vengono
impiegate soprattutto nel settore sportivo ove sia
necessario per un atleta diminuire i tempi di reazione migliorando contemporaneamente la visione. Lenti di questo tipo sono anche impiegate in
certe patologie visive per dare luminosità all'immagine proteggendo contemporaneamente l'occhio.
I TRATTAMENTI SPECIALI
Per concludere, diamo ora uno sguardo ai trattamenti speciali che si possono avere sulle lenti in
generale e su quelle solari in modo particolare: a
seconda del tipo di lente il trattamento è più o
meno complesso ed i risultati qualitativi sono più
o meno soddisfacenti.
a) Assorbimento Raggi Ultravioletti
Lo spettro della luce solare comprende le radiazioni che vanno da 200 a 2300 nm circa di lunghezza d'onda, secondo quanto riportato nella figura
sottostante.
d) Colorazione
Le norme europee, in fase di stesura, prevedono
che le lenti colorate resistano ad un test di esposizione ad un simulatore solare per 50 ore. Ciò è
ottenibile solo impiegando coloranti estremamente resistenti ma di difficile applicazione nel caso
della dispersione acquosa o percorrendo la strada
della colorazione in massa che invece non presenta problemi di degrado alla luce.
Una tecnologia innovativa recente prevede l’utilizzo di una sostanza filtrante costituita da una base
di carbonio colloidale che viene dispersa in massa
e che assorbe parte dell'energia luminosa senza
alterare la distribuzione cromatica della luce.
L'assorbimento dei raggi UV, dannosi per l'occhio,
è in parte ottenuto dal materiale stesso, dalla colorazione (come nel caso del vetro) e, in maggior
misura, dall'uso di opportuni additivi (detti assorbitori UV) che bloccano completamente la trasmissione dei raggi UV sull'occhio.
Questi assorbitori, simili a quelli usati nelle creme
antisolari, si possono impiegare solo nelle lenti in
plastica che, da questo punto di vista, raggiungono l'assorbimento del 100% a 400 nm. Per contro
le lenti in vetro arrivano, nelle versioni più scure,
ad un assorbimento totale solo fino a 360 nm.
La trasmissione UV residua in genere non reca
problemi in condizioni normali ma può invece
creare arrossamenti o bruciori dopo lunghe esposizioni in alta montagna, al mare o su sabbia.
e) Trattamento antiriflesso
Nel 1935 la ZEISS brevettò il primo coating monostrato su lenti oftalmiche, oggi si opera anche con
tecnologie doppio strato o multistrato.
Il principio di funzionamento si basa sul fatto che
in qualsiasi materiale trasparente una parte della
luce, circa l’8%, è riflesso dalla superficie.
Se una sottile lamina di opportuna sostanza è
stesa correttamente sulla superficie della lente, il
gioco di estinzioni che ne risulta ridurrà la luce
riflessa aumentando perciò la trasmissione.
I vantaggi sono di carattere estetico e pratico: una
visione più nitida sia dall'interno della lente che
dall'esterno di essa ed una visione notturna
migliore.
Il trattamento si ottiene per evaporazione sotto alto
vuoto di strati di fluoruro o cloruro di magnesio,
sodio o litio.
b) Assorbimento raggi infrarossi
Nello spettro solare sono chiamati “Vicini raggi IR”
quelli con lunghezza d'onda da 780 nm a 2300 nm.
Non sono dannosi per l'occhio umano e ne è richiesto l'assorbimento solo per lenti speciali come quelle impiegate in lavori di fonderia o similari.
L'assorbimento può essere ottenuto con specifici
additivi chimici (IR Absorbers) che si impiegano per
lenti in PC o PU od acetobutirrato utilizzate proprio
nella protezione industriale od in occhiali da alta
montagna. Ricordiamo che anche la specchiatura
crea una riflessione dei raggi IR dell'ordine del 50%.
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durezza superficiale; le lenti in altri materiali plastici devono essere tutte verniciate con prodotti
antigraffio.
Si usano essenzialmente due tipi di vernice: una
acrilica ed una siliconica. Quella acrilica si applica
per spruzzo o immersione e si indurisce con irraggiamento UV. Quella siliconica si applica per
immersione o spin coating e si indurisce termicamente in forno.
La vernice acrilica, scarsamente resistente, è
impiegata in lenti di basso prezzo mentre quella
siliconica è applicata su lenti in PC, PU e CR 39.
Per il futuro sono ipotizzabili trattamenti indurenti
ottenuti sottovuoto con la formazione di film diamantati sulla superficie della lente.
f) Trattamento antiappannante
Consiste nel rendere idrofila la superficie della
lente con trattamenti idrolitici o con vernici che
hanno la proprietà di assorbire l'umidità condensata su di essa o di stenderla invisibilmente sottoforma di un gran numero di microgocce.
Vengono utilizzate per impieghi sportivi specifici
come il nuoto, lo sci ed il ciclismo.
l) Trattamento fotocromatico
La scoperta del fotocromatismo risale ai primi del
’900 quando si notò che alcune vernici, che di
giorno apparivano scure, di notte ritornavano
chiare.
Solo nel 1964 la Corning applicò questi concetti al
campo delle lenti realizzando la “lente Photogrey”.
Il vetro fotocromatico di cui era fatta, conteneva
alogenuri di argento ingabbiati nella struttura
vetrosa, i quali davano, investiti dalla luce solare,
un processo simile a quello fotografico ma reversibile. L'Ag metallico (grigio) infatti si forma in
presenza di luce blu ed UV e ridiventa ione Ag+
(incolore) in assenza di radiazione. L'energia termica è sufficiente a far avvenire il processo contrario; da ciò la dipendenza negativa del fotocromatismo dalla temperatura.
La lente originale che inscuriva dall'85% al 45% di
trasmissione è stata migliorata fino a scendere al
25% e con una minor dipendenza dalla temperatura.
Nel 1982 l'American Optical, dopo 12 anni di
studi, lanciò sul mercato la prima lente fotocromatica in plastica chiamata “Photolite”.
Le prestazioni erano simili a quelle del primo
Photogrey, sia come variazione di trasmissione
g) Polarizzazione
L'elemento attivo che causa l'effetto polarizzante è
una sottile lamina di alcool polivinilico le cui catene polimeriche sono stirate in una direzione e sulle
quali è cristallizzato iodio orientato ed altri coloranti tali da formare una grata che annulla la luce
che vibra in quella direzione: la componente orizzontale del riflesso viene così bloccata, mentre
quella verticale è naturalmente attenuata: come
risultato si ha l'annullamento quasi totale dei
riflessi ed una visione più chiara dell'ambiente
soprattutto in attività specifiche come i lavori d'ufficio o come quelli che vengono svolti su superfici
riflettenti. Il film polarizzante viene fatto aderire a
pressione sulla superficie della lente. Negli ultimi
sviluppi tecnologici è stato possibile inserire la
lamina polarizzante in uno stampo per CR39
durante la polimerizzazione stessa della lente.
h) Specchiatura
Consiste nella deposizione sottovuoto sulla superficie della lente di uno strato metallico così sottile
da risultare trasparente.
Al di là di una certa riflessione dei raggi IR ed UV,
si tratta solo di un effetto estetico senza grande
valore funzionale.
In condizioni di forte umidità possono sempre verificarsi problemi di tenuta della specchiatura.
i) Trattamenti antigraffio
Se la fragilità è il maggior difetto delle lenti in
vetro, la resistenza al graffio lo è per quelle in plastica. Solo il CR 39 ha buone caratteristiche di
12
che come dipendenza dalla temperatura.
Il meccanismo di funzionamento era però completamente differente da quello del vetro e per la precisione dovuto a sostanze di sintesi, chiamate spirocomposti, le quali, incorporate nel materiale plastico, si presentavano incolori allo stato fondamentale ma colorate se eccitate da radiazioni UV.
Negli ultimi 10 anni sono state sperimentate nuove
sostanze fotocromatiche più efficienti e durature;
notevoli miglioramenti sono stati ottenuti sia come
variazione di trasmissione che come velocità di
inscurimento e di schiarimento. Lenti da sole fotocromatiche dell'ultima generazione si rivelano particolarmente efficaci quando sono impiegate nei
settori sportivi come lo sci, la vela, il golf, il ciclismo e dovunque forti variazioni di intensità luminosa debbano essere compensate dalla pronta
variazione cromatica e di intensità della lente. È da
notare infine che velocità di inscurimento e schia-
rimento maggiori di quelle ottenute sino ad oggi
causerebbero stress visivi (effetto galleria) controproducenti.
***
Insomma, dalla salute alla moda, passando per lo
sport e il tempo libero, ognuno di noi oggi utilizza
gli occhiali; in commercio è possibile davvero trovarne di tutti i tipi, forme e costi. Per i più curiosi
sull’argomento possiamo consigliare una visita al
Museo dell'Occhiale di Pieve di Cadore, dove sono
raccolti oltre duemila pezzi, dal Medioevo ai giorni
nostri, in un crescendo continuo di miglioramenti
sul piano della scienza ottica e di adattamenti
legati alla storia del costume e alla creatività degli
stilisti odierni.
13
Macrotrivial
QUESTIONI
DI PELLE:
CEROTTI & CO.
di Eleonora Polo
gonne) in modo che potesse essere riarrotolato:
era nato il primo cerotto.
BRICOLAGE!
Chi si ricorda lo sketch di Paolo Panelli nei panni
del bricoleur folle? In ogni puntata faceva la sua
apparizione con tutte le dita coperte da bozzoli di
garza bianca gridando: "Bricolage!" e raccontando
storie terrificanti di piccole catastrofi casalinghe.
Al suo posto ci sarebbe potuta essere la signora
Josephine Frances Knight, la giovane sposa di
Earle Dickson (!?). Il marito, il
cui nome è sconosciuto alla
maggior parte di noi, lavorava
come addetto agli acquisti del
cotone a New Brunswick, nel
New Jersey, per la Ditta
Johnson & Johnson. I Dickson
si erano sposati il 6 dicembre
del 1917 e da quel momento
erano cominciati i piccoli incidenti domestici: la giovane sposa era molto volonterosa, ma terribilmente maldestra e con una spiccata propensione a tagliarsi e scottarsi quando si
dedicava alla cucina. Josephine cercava di medicarsi da sola con quello che era allora disponibile:
rotolo adesivo e garza, ma il risultato non era esaltante e non faceva che peggiorare la sua già scarsa manualità. Quasi ogni giorno si svolgeva il rito
serale della medicazione delle piccole ferite di
Josephine. Alla fine, dopo mesi di piccoli incidenti domestici, per fortuna nostra … e della Johnson
& Johnson, Earle, invece di assumere una cuoca,
ebbe una idea geniale: decise di preparare dei
bendaggi già pronti che la consorte potesse facilmente applicare da sé al momento del bisogno. Si trattava di una striscia di
nastro adesivo chirurgico su cui
aveva applicato ad intervalli
regolari dei quadrati di garza
sterile; il tutto era ricoperto con
una striscia di crinolina (un tessuto robusto usato per le sotto-
L'ANTEFATTO
Nel 1876 Robert Wood Johnson, un farmacista di
Brooklin, rimase profondamente colpito da una
conferenza tenuta a Filadelfia dal chirurgo inglese
Joseph Lister sui germi e le cause della elevata
mortalità postoperatoria negli ospedali (intorno al
50%). I chirurghi americani operavano a mani
nude indossando gli abiti di tutti i giorni. Gli strumenti chirurgici non erano sterilizzati, ma semplicemente lavati con acqua e sapone. I bendaggi
non erano altro che scarti dell'industria del cotone
e compresse di segatura pressata recuperata dal
pavimento delle segherie ed usata tal quale.
L'intervento di Lister non suscitò particolare inte-
resse nei colleghi americani, però fu fonte di ispirazione per Robert Johnson, che decise di aggregarsi alla società fondata nel 1875 dai suoi fratelli, James Wood e Edward Mead Johnson. Robert
proposte di aprire una linea di produzione di bendaggi e cotone idrofilo in confezioni sterili per uso
ospedaliero: nasceva così la Johnson & Johnson
Company.
14
LA
STORIA CONTINUA
CEROTTO
Ritorniamo a Dickson
che, incoraggiato da un
collega, mise al corrente
i suoi capi della sua piccola invenzione. I fratelli
Johnson non furono particolarmente colpiti finché Earle non mostrò
loro quanto fosse facile
applicarsi un cerotto da
soli. Questa dimostrazione li convinse: nel 1921 i
cerotti adesivi BANDAID® fecero la prima
comparsa sul mercato.
LA
BUONA AZIONE DEI
Gli elementi principali di un cerotto sono ancora
gli stessi inventati da Earle Dickson nel 1920 e
descritti accuratamente nel brevetto USP
1,612,267. Un cerotto è dunque costituito da supporto, adesivo, compressa, striscia protettiva ed
involucro.
Supporto
La scelta del materiale dipende dal tipo di applicazione.
• Tessuto. Di solito ha un’armatura di tela per
sostenere forti tensioni e carichi elevati. È permeabile all'aria e al vapore acqueo. In origine
si utilizzava il cotone, ora sostituito da viscosa,
acetato o poliammide.
BOY SCOUT
All'inizio i cerotti venivano fabbricati a mano e
furono un flop commerciale a causa della poca
praticità
delle
loro
dimensioni: strisce larghe 6,35 cm e lunghe
45,72 (un po’ grandini,
non è vero?). Le vendite
languirono fino a quando
la compagnia cominciò
a distribuire un numero
illimitato di BAND-AID®
ai Boy Scout in tutto il paese facendosi una pubblicità senza pari. Le vendite decollarono definitivamente nel 1924 con la comparsa dei primi
cerotti fatti a macchina in varie pezzature. Earle
Dickson fece carriera nell'azienda arrivando fino
alla carica di vicepresidente che mantenne fino a
quando andò in pensione (1957). Rimase comunque membro del comitato dei direttori fino al
1961, anno della sua morte.
Nel 1939 vengono prodotti i primi cerotti completamente sterili e l'anno dopo fa la sua comparsa il
filo rosso che facilitava l'apertura dell'involucro.
Nel 1951 compaiono sul
mercato i primi BANDAID® di plastica e nel
1956 sono introdotti i
primi cerotti decorati.
Nel 1963 i cerotti vanno
nello spazio con gli
astronauti della navetta
Mercury.
DI
Tessuto non tessuto. È il settore in maggiore
espansione oggi. Si tratta di materiali morbidi,
estensibili e flessibili, permeabili all'aria e al
vapore acqueo. Le fibre più usate sono: poliestere al 100%, poliestere/viscosa e materiale di
origine cartaria trattato con un agente idrorepellente. I cerotti per sutura sono costituiti al
100% da polipropilene.
•
Film. La disponibilità
dei film traspiranti ha
permesso di produrre
cerotti molto sottili,
impermeabili
ai
microbi e all'acqua. I
film più usati sono in
polietilene, PVC o poliuretano. Devono essere
perforati meccanicamente per favorire la corretta traspirazione della pelle.
•
Compositi. Si tratta di cerotti composti da più
di un corpo, ad esempio una garza di cotone
insieme ad un film.
Adesivo
Insieme al supporto conferisce al cerotto le sue
caratteristiche specifiche. Deve aderire bene alla
pelle e mantenere l'adesione nel tempo senza
ostacolare la traspirazione o causare irritazioni e
reazioni allergiche. La sua rimozione non deve
provocare dolore o lasciare residui. Non si deve
alterare nel tempo.
Dal punto di vista funzionale viene caratterizzato
da due parametri: tack e coesione. Il tack indica la
forza di adesione sulla pelle in direzione perpendicolare; la coesione definisce il comportamento di
scorrimento lungo le superfici parallele di pelle e
cerotto. I cerotti di uso comune presentano un
valore elevato di tack: aderiscono bene all'inizio,
ma non è detto che durino nel tempo. I cerotti per
L'EVOLUZIONE
ANATOMIA
•
UN
15
uso prolungato hanno bisogno di un compromesso fra tack e coesione.
I primi cerotti prodotti negli Stati Uniti alla fine del
secolo scorso utilizzavano una colla a base di
gomma naturale. Dato che la colla era spesso
causa di arrossamenti ed infiammazioni, il farmacista Paul Beiesdorf sviluppò nel 1901 i primi
cerotti chirurgici non allergici aggiungendo ossido
di zinco alla gomma. L'ossido di zinco, oltre a prolungare il tempo di adesione del cerotto, evita l'irritazione della pelle e riduce le infiammazioni (è
uno dei componenti più usati nelle polveri per neonati e nelle pomate per ustioni). È abbondantemente usato ancor oggi ed è il responsabile della
colorazione bianca dell'adesivo. Un altro additivo
impiegato è la lanolina che serve a rendere l'adesivo morbido e malleabile.
Attualmente si utilizzano due tipi di adesivi:
• adesivi a base di elastomeri (caucciù e gomma
sintetica) + ossido di zinco. Non lasciano residui sulla pelle e grazie al caucciù aderiscono
bene alla pelle. Purtroppo, il caucciù, oltre ad
essere fonte di possibili reazioni allergiche, è
soggetto ad invecchiamento e non sopporta i
trattamenti ai raggi X e UV usati per la sterilizzazione. Inoltre perde la sua adesività a temperature inferiori a 0°C;
•
non tessuto o un poliuretano richiedono meno
adesivo di un film di polietilene che aderisce con
maggiore difficoltà.
Compressa
Le prime compresse erano costituite da alcuni
strati di cotone, che presentava l'inconveniente
di attaccarsi facilmente alle ferite provocando
lesioni al momento del distacco. Attualmente si
utilizza un tessuto non tessuto piegato che ha un
potere di assorbimento di gran lunga superiore
al cotone e che non si sfilaccia ai bordi. La composizione può variare molto in funzione delle esigenze di assorbimento. Le composizioni più utilizzate: poliestere al 100%, viscosa/poliestere
70/30%, viscosa/cotone 80/20%, poliuretano
espanso, gomma espansa.
Striscia protettiva ed involucro
La rivoluzione di Dickson è consistita non solo nell'aver messo a punto un sistema che consentisse
l'automedicazione, ma anche nell'aver individuato
un metodo geniale per evitare di contaminare il
tampone di garza centrale al momento dell'apertura. A tal fine erano cruciali la scelta e le modalità di piegatura del materiale utilizzato per proteggere la striscia adesiva e la compressa (Figura 1).
Il materiale che aveva dato i risultati migliori era la
crinolina, un tessuto piuttosto robusto e rigido che
veniva utilizzato per le fodere. Ora si utilizzano plastica o carta plastificata. In alcuni modelli, al
momento dell'apertura, una delle due strisce protettive dell'adesivo è fornita di un tampone disinfettato per detergere la ferita prima dell'applicazione oppure è fatta in modo da restare attaccata
all'involucro per facilitare l'applicazione con una
sola mano.
adesivi a base di resine acriliche. Sono detti
anche adesivi monocomponenti in quanto
sono costituiti soltanto da poliacrilati sintetici.
Mantengono le loro proprietà adesive in un
ampio intervallo di temperature (da -20°C a
+70°C), possono essere conservati senza problemi anche per periodi di tempo superiori ai
cinque anni e non ingialliscono. I cerotti a base
di acrilati sono noti anche come cerotti ipoallergenici.
LE
La quantità di adesivo utilizzata dipende dal materiale del supporto e dal tipo di applicazione. Un
TIPOLOGIE DEI CEROTTI
Si fa presto a dire cerotto. In realtà, esistono varie
LEGGENDE
METROPOLITANE
• È vero che bisogna tenere il più possibile esposti all'aria i tagli e le “sbucciature” perché guariscano prima?
Falso! Una ferita protetta in modo adeguato guarisce meglio perché la medicazione ne assorbe l'essudato mantenendo il corretto grado di umidità. Inoltre un cerotto protegge la ferita da urti accidentali ed infezioni evitando il
contatto con acqua, sporco e germi.
• È vero che la formazione della crosta è sintomo di guarigione?
Falso! La formazione della crosta è quello che il nostro organismo ha a disposizione per il pronto intervento. La
crosta naturale è rigida e secca ed è costituita da sangue seccato, dall'essudato sieroso fuoriuscito inizialmente,
da cellule migrate verso la ferita in un secondo momento e da fibre di collagene. La crosta è porosa e permeabile all'ossigeno, necessario per la rigenerazione, ed agisce come barriera meccanica contro germi e sporcizia.
Tuttavia, essa rallenta la guarigione vera e propria in quanto la sua permeabilità all'ossigeno è limitata. Inoltre la
struttura rigida la rende soggetta alla formazione di crepe, che la rendono vulnerabile alle infezioni, e crea una
barriera per le cellule sane che non possono migrare in modo continuo verso la superficie. Questo è anche causa
di cicatrici più estese ed evidenti.
16
pelle. Devono anche essere idrorepellenti, permeabili ai raggi X, trasparenti e traspiranti.
Cerotti transdermici
Sono in grado di trasferire in modo graduale e
controllato farmaci (ormoni, nitroglicerina, scopolamina, antinfiammatori o nicotina) attraverso la
cute. La tela di supporto permette la traspirazione
senza che i principi attivi siano dispersi all'esterno.
La scoperta che la pelle è in grado di assorbire
quantità elevate di sostanze attive è stata casuale.
Protagoniste involontarie sono state le lavoratrici
del tabacco che, sedute per ore con lembi di pelle
scoperta a contatto con le foglie del tabacco, presentavano tutti i disturbi legati all'assorbimento
cronico del tabacco.
RITORNO
Il cerotto liquido
Sono già arrivati in Italia i cerotti che permettono
la riduzione delle cicatrici nell'arco di alcune settimane (mini strisce a base di un silicone morbido
ed adesivo), ma non c'è ancora traccia del cerotto liquido (Liquid Bandage), benché ne fosse stato
previsto l'arrivo per la primavera del 2003. Si tratta di un prodotto innovativo per trattare piccole
ferite ed abrasioni. Ci sono vari brevetti relativi a
formulazioni diverse: di solito si tratta di polimeri a
base di acrilati o di alchil silossisilani, sciolti in un
solvente volatile o muniti di un attivatore da applicare al momento dell'uso. In tutti i casi il principio
consiste nel formare una pellicola polimerica trasparente sulla ferita, che deve restare attaccata
fino a guarigione completa, che sia impermeabile
all'acqua ed ai germi e consenta la normale traspirazione della pelle. Il cerotto riesce anche a fermare il sanguinamento se di piccola entità e riduce rapidamente il dolore in quanto "incolla" le terminazioni nervose superficiali. La sua formulazione ne permette l'applicazione anche nei punti in
cui risulta difficile utilizzare un cerotto convenzionale. Qualcosa di simile è già noto in campo chirurgico (Dermabond®), usato per saldare ferite ed
incisioni.
Disegno originale di E. Dickson dal brevetto USP
1,612,267.
TERZA
LEGGE DI
DAL FUTURO
TELESCO
Ci sono due tipi di cerotti: quelli che non si attaccano e quelli che non vengono più via.
A. Bloch
famiglie di cerotti in funzione dei tipi di ferite che
devono curare. Infatti non basta un solo tipo di
materiale adatto ad ogni tipo di lesione.
Cerotti di fissaggio
Sono semplicemente costituiti da un supporto spalmato di adesivo. Servono a fissare le medicazioni e
non vanno mai a contatto diretto con la ferita.
Cerotti di medicazione
Sono una evoluzione dei precedenti in quanto al
centro è collocata una compressa che può essere
trattata con medicamenti come disinfettanti, antibiotici, emostatici …
I cerotti intelligenti
Sono forniti di un "sistema di allarme" per individuare le infezioni batteriche in atto in una ferita. I
sensori studiati sono in grado di identificare per ora
solo i batteri (mentre non "vedono" ancora funghi,
virus e parassiti), la loro quantità ed anche la sensibilità a determinati antibiotici. Questo è reso possibile grazie alla presenza di polimeri che emettono
luce in modo differente quando si legano a specifiche sequenze del DNA dei microrganismi.
Cerotti chirurgici
Sono usati soprattutto in ambito ospedaliero per
fissare medicazioni, cateteri, tubi di drenaggio,
sonde e cannule. I requisiti principali sono la tenuta nel tempo e l'assenza di effetti irritanti sulla
CURIOSANDO
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IN RETE
…
http://www.drugstore.com/templates/stdplist/defa
ult.asp?catid=9584&trx=GFI-0PPSA&trxp1=55641
Siti ufficiali
Storia, sviluppo e ultime novità.
http://www.jnj.com
http://www.bandaid.com
Tutto quello che avreste voluto sapere sui cerotti …
Da non perdere!
Il sito dell'Associazione "Tessile e Salute" ha pubblicato gli atti di alcuni congressi tenuti su questa
tematica negli ultimi anni. In particolare l'intervento (in italiano) del prof. N.K. Sharma ci dice tutto
sui materiali da medicazione compresa la tecnologia di produzione.
http://www.tessileesalute.it/flex/files/bd5c23eb86
8d6dbd1d67.doc
Scatole di BAND-AID® da collezione
Un vero spaccato di storia attraverso i cerotti.
Una coppia americana aveva
comprato nel 1994 una fattoria
nella California del Nord. La
casa apparteneva ad un anziano
signore che l'aveva costruita con
le sue mani ed era abituato a
non buttare via mai niente. Nel
garage della casa erano conservate decine di scatole di metallo
usate di cerotti e riciclate come
contenitori per minuteria varia.
Le foto (tre sono riprodotte in questo articolo) si
trovano al sito: http://www.savetz.com/bandaid
Biografia di Earle Dickson
http://inventors.about.com/library/inventors/blba
ndaid.htm http://web.mit.edu/invent/iow/dickson.html
Biografia di Robert Wood Johnson
http://www.rwjohnsonbiog.com/
I cerotti cantano?
Eccome e fanno anche del bene! Chi non ricorda
la mitica Band Aid fondata da Bob Geldof insieme
ad altri artisti nel 1985 per aiutare le popolazioni
dell'Etiopia stremate dalla fame e dalla carestia?
http://www.inthe80s.com/ xmaslst.shtml
Biografia di Joseph Lister
http://web.ukonline.co.uk/b.gardner/Lister.html
http://www.fordham.edu/halsall/mod/1867lister.html
Cerotti per bimbi
Cerotti con tutti i personaggi cari ai bambini, Harry
Potter e Pokemon compresi
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Polimeri in cucina
RISO,
MACROMOLECOLE E DIGERIBILITÀ
a ricetta di questo mese è basata su uno dei
piatti più classici della cucina italiana: il risotto alla milanese.
Il riso è l’alimento base di circa 1/3 della popolazione terrestre, nonché il cereale più consumato
nel mondo. Si ritiene che il riso abbia avuto origine nell'Asia sudorientale (il 90% del riso mondiale
è infatti ancora oggi prodotto e consumato in Asia;
la regione italiana del Piemonte detiene invece il
primato a livello europeo): si sa che era coltivato
in India e in Cina più di 6.500 anni fa.
Nel mondo greco-romano, così come nel medioevo, il riso era considerata una spezia esotica,
estremamente costoso e quindi da usarsi con parsimonia in occasioni particolari oppure come
medicamento.
Esistono circa 19 specie di piante erbacee della
famiglia delle graminacee classificate come “riso”,
ma solo la Oryza sativa è importante per l'alimentazione umana: è una pianta che ama l'acqua,
richiede un clima caldo-umido e riesce a raggiunge l'altezza di circa 1 metro. Il valore nutritivo del
riso è legato in buona parte al suo alto contenuto
di amido (di qui il collegamento tra la ricetta di
questo mese e le macromolecole!): il riso è il
...
cereale più ricco di carboidrati (80 g ogni 100 g),
ha un basso contenuto di grassi, è privo di glutine
(ed è quindi adatto a chi ha intolleranza per il
grano) e rappresenta in generale una fonte energetica contemporaneamente associata ad un’alta
digeribilità. Il riso rappresenta appunto una fonte
di glucidi sotto forma di carboidrati complessi.
I glucidi presenti nel riso vanno distinti in cellulosa
e amido che in natura si trova organizzato in una
struttura chiamata granuli, la cui dimensione è
variabile a seconda dell'alimento preso in considerazione: mentre ad esempio i granuli di patata
sono molto grandi, quelli del riso sono molto più
piccoli (fino a 70 volte quelli della patata e anche
20 volte più piccoli di quelli del frumento), caratteristica importante che migliora la digeribilità,
poiché in tal modo il contatto con i succhi gastrici
risulta più diffuso e quindi più efficace.
Perfetto quindi per chi è ammalato o per chi deve
prevenire la sonnolenza dopo i pasti e ripartire con
grinta con attività sia fisiche che intellettuali.
Un’ultima curiosità: in alcune culture orientali, il
riso è un simbolo di vita e di fertilità ... sarà per
questo che è tradizione gettarlo addosso alle coppie appena sposate??!
L
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LA
RICETTA DI
PIPPI
Ossobuco alla milanese
Ingredienti per 6 persone
6 ossibuchi di circa due dita di spessore
60-100 g di burro
farina 00
1 bicchiere di vino bianco secco
mezzo spicchio d'aglio (senza germoglio centrale)
la scorza grattugiata di mezzo limone (solo la parte gialla)
un ciuffo di prezzemolo
sale
pepe
Preparazione
Infarinare leggermente gli ossibuchi, scuotendo l’eccesso di farina.
Scegliere una casseruola capace di contenere tutti gli ossibuchi su un solo strato. Farci sciogliere il burro e rosolare gli ossibuchi. Appena saranno coloriti, voltarli per proseguire la cottura dall’altra parte. Salare, pepare e
bagnare col vino. Lasciare asciugare quasi del tutto e poi aggiungere un po’ di acqua calda (o del brodo, a piacere). Coprire la casseruola e proseguire la cottura per circa 1 ora: la carne non deve risultare sfatta ma ferma di
cottura.
Cinque minuti prima di servire, aggiungere il trito fatto con il prezzemolo, la scorza di limone, l’aglio e l’acciuga
(la gremolada).
Fare insaporire gli ossibuchi da entrambi i lati voltandoli con delicatezza. Trasferirli in un piatto e bagnarli con il
fondo di cottura eventualmente allungato con un po’ di acqua calda.
Servire con il risotto giallo allo zafferano, ovvero il noto “risotto alla milanese”.
Risotto alla Milanese
Ingredienti per 6 persone
500-600 g di riso Carnaroli (o Arborio)
30-50 g di Cipolla
100 g di burro
mezzo bicchiere di vino bianco secco
2 bustine di zafferano in polvere
80-100 g di Parmigiano Reggiano grattugiato
Per la tradizione: 100 g di midollo di bue
sale
Preparazione
Rosolare nel burro un trito di cipolla e midollo di bue ("facoltativo", ma necessario per la tradizione). Aggiungere
il riso e farlo tostare fino a quando lo si sente aderire alla padella. Sfumare con il vino bianco secco e poi coprire
con il brodo (o anche semplice acqua) bollente. Salare se necessario e proseguire la cottura per circa 14 minuti,
aggiungendo altro brodo o acqua nel caso il risotto seccasse troppo. A questo punto aggiungere la polvere di zafferano, eventualmente stemperata in un po' di brodo o acqua calda. Proseguire la cottura per un altro minuto. Alla
fine il risotto deve risultare piuttosto asciutto (abbastanza da tenere in piedi un cucchiaio) ma non secco.
Prima di servire unite un pezzetto di burro fresco e una buona manciata di parmigiano.
Per quanto riguarda il “morbo della mucca pazza” vorrei tranquillizzare tutti, infatti sembra che il consumo di muscoli, midollo osseo (quello che si trova nell'ossobuco) e latte siano sicuri, anche nell'ipotesi che provengano da bovini
colpiti da BSE. Ho fatto una veloce ricerca su internet (ossobuco+mucca+pazza) e vi segnalo le seguenti pagine:
http://www.dica33.it/argomenti/malattie_infettive/bse/muccapazza.asp
http://www.cucinait.com/cucinait/Ricette/SicurezAlim/427_6193.html
20
L’Ambiente
SALMONI
IN BATTERIA
di Roberto Filippini Fantoni e Giorgio Sanfilippo*
bbiamo sempre pensato che il mare fosse
una riserva alimentare praticamente inesauribile, ma già da tempo ci si è accorti
che così non è.
I primi segni di squilibrio ambientale sono stati dati
dalla sparizione dei grossi cetacei che, presenti in
numero decisamente più limitato rispetto alla normale fauna ittica per le loro dimensioni e soprattutto dalle loro necessità alimentari, dall’inizio del
secolo hanno subito una costante caccia a causa
dell’innumerevole quantità di alimenti e di prodotti utili che potevano ricavarsi dai loro mastodontici corpi.
Giustamente protetti, la loro estinzione sembra per
il momento bloccata, anche se sono in molti i
paesi che spingono per una riapertura della possibilità di caccia.
Ma se il calo di questo tipo di gigante del mare era
facilmente evidenziabile, molto meno evidente è il
netto calo della fauna ittica più piccola, quella che
viene consumata sulle tavole di tutto il mondo in
quantità decisamente massicce. Meno evidente
fino a un paio di decenni or sono ma ora chiaramente si notano preoccupanti svuotamenti dei
migliori bacini peschiferi del mondo.
Di conseguenza ci si è orientati all’allevamento
delle specie più pregiate, quelle che sono più perseguite e che sempre più si avvierebbero all’estinzione se non fosse l’uomo (almeno una volta
tanto!) a pensare a salvaguardare la fauna naturale utilizzando vivai marini di diversa concezione e
sfruttamento.
E i vivai di gamberi, aragoste e salmoni sono
ovviamente i più appetibili e appetiti.
Tanto appetiti che quelli del WWF, giustamente,
cominciano ad essere preoccupati dell’aumento
incondizionato di questi vivai marini nei pressi
delle coste per tutta una serie di motivi.
Innanzitutto il possibile inquinamento della zona
da parte dei rifiuti organici concentrati in spazi
limitati. Poi l’inquinamento portato dall’uso di
sostanze antialga delle quali sono impregnati i
materiali delle reti di contenimento delle specie
ittiche in allevamento. Infine la possibilità di modificare la fauna locale attraverso i possibili incroci
tra la fauna allevata e quella locale.
Ovviamente si prevede la necessità di una regolazione della distribuzione di questi vivai marini, ma
ben sappiamo che coloro che intraprendono un’attività fruttifera, come dimostreremo essere questa,
non lo fanno certo perché può contribuire a salvare la fauna marina naturale ma solo perché contribuisce a riempire le tasche del padrone o dell’azionariato a seconda dei casi.
Le acque che bagnano le coste sono più ricche e
nutrienti; infatti in queste zone, grazie all’azione
del vento e delle acque marine si produce un
miscuglio tra i livelli marini superiori e inferiori così
che le sostanze nutritive che si trovano depositate
sul fondo marino possono essere trasportate in
superficie e possono essere utilizzate dagli esseri
autotrofi che vivono in quegli strati superficiali.
Inoltre a tali sostanze vanno aggiunte quelle che i
fiumi portano al mare in grande quantità.
Insomma un ambiente decisamente appetibile per
instaurare coltivazioni marine. Al confronto il mare
aperto sembra essere un “deserto azzurro” e il fitoplancton vi si trova in concentrazione assai inferiore.
Per quanto riguarda i salmoni, che sono l’oggetto
di questa breve relazione illustrativa, dobbiamo
dire che i fiordi della Norvegia, dove si era iniziato
questo tipo di allevamento intensivo, cominciano
ad essere saturi di questi allevamenti giganti; pertanto l’affaire si sta sviluppando nei mari altrettanto freddi del Cile, da Puerto Montt – a circa 1000
km a sud di Santiago – fino a raggiungere la Terra
del Fuoco. Infatti, per tali allevamenti sono neces-
A
*
Mazzaferro Tecnopolimeros Ltda., São Bernardo do Campo (SP), Brazil - E-mail: [email protected]
21
minate, si assisteva all’impari lotta del salmone
contro acque vorticose, cascatelle da superare
con innumerevoli tentativi e balzi abnormi - se
paragonati alle dimensioni del salmone - e alla fine
tragica di molti di essi in bocca a famelici e furbi
orsi che sfruttavano a meraviglia e a proprio vantaggio la spinta ancestrale del salmone verso i luoghi in cui depositare le uova?
Passare da tutta questa meraviglia della natura e
lotta per la sopravvivenza a un allevamento tipo
pollaio dentro gigantesche reti, non può che deprimerci e ci fa venire alla mente gli allevamenti di
batteria dei polli, fatti ingozzare per crescere rapidamente e con una vita assurda, inscatolati in
mezzo a migliaia di colleghi destinati alla stessa
misera vita e a un altrettanto misera morte.
Purtroppo queste sono le vie che siamo costretti a
percorrere se vogliamo pensare a un mondo in cui
c’è una popolazione sempre crescente che richiede standard alimentari più sofisticati – potendoseli permettere – e ci sono altri uomini ai quali interessa sfruttare questa sofisticazione alimentare a
proprio vantaggio.
E proprio un concentrato di carni prelibate sono
questi allevamenti marini superdensi.
Si tratta di bacini immensi delimitati da opportune
reti.
Quelli rotondeggianti con diametri che raggiungono e a volte superano i 30 metri e i 26-28 metri di
profondità. Ognuno di questi bacini di allevamento contiene qualcosa come 75000 salmoni, con un
peso medio di 4 kg e che sono piazzati sul mercato a 4 US$/kg.
In pratica ognuna di queste “gabbie marine” contiene tanto pesce da raggiungere un valore di mercato di 1,200,000 US$.
Se pensate che nelle singole aree di coltivazione
vengono mediamente posizionate da 16 a 24 gabbie di questo tipo, vi rendete conto subito che si
tratta di un grosso affare.
Figura 1. Zona del Cile in cui è maggiormente sviluppata la coltivazione in mare dei salmoni.
sarie acque fredde, ben movimentate e ad alta
capacità di ricambio.
In questo articolo parlando dei salmoni vi renderete conto della redditività di questa attività di acquicultura, benefica da una parte e in grado di rendere pesci pregiati, quali sono i salmoni, alla portata
di molte più tasche di quelle che un tempo se lo
potevano permettere, problematica dall’altra se
non subentra una regolazione internazionale.
L’obiettivo finale dichiarato di questi allevatori è
quello di portare il salmone su tutte le tavole a
prezzi che, se non raggiungono quelli del nostro
pesce azzurro, sono comunque più vicini a quest’ultimo piuttosto che a quelli attuali del salmone,
che rimangono sempre troppo elevati per poterlo
considerare un cibo di consumo generico.
Ovviamente, al di là delle dichiarazioni di buoni
intenti, agli allevatori non conviene e non converrà
mai scendere troppo di prezzo e penso che si
possa arrivare a un equilibrio tra il guadagno sempre vantaggioso dell’allevatore e la possibilità di
un’espansione del mercato.
SALMONI IN BATTERIA
Chi di noi non ricorda gli innumerevoli documentari a cui abbiamo assistito fin da piccoli e nei
quali, in paesaggi meravigliosi e foreste inconta-
Figura 2. Veduta aerea di un’area di coltivazione dei salmoni con dieci bacini di contenimento e la nave appoggio che li controlla e approvvigiona.
22
Per i contenitori quadrati le misure sono di
20x20x16,5 metri, con un contenuto di circa
50000 salmoni.
Da un rapido conteggio risultano 7÷8 salmoni per
m3: non raggiungiamo la concentrazione per mq
degli allevamenti di polli ma non siamo poi così
lontani!
zione, preleva i salmoni pronti per la vendita e ne
aggiunge di nuovi. Sembra qualcosa di sofisticato
per un allevamento di pesce ma, come abbiamo
mostrato in precedenza, le somme di denaro coinvolte in questo business sono notevoli e si possono sostenere ben più di queste spese.
ALTA TECNOLOGIA A PROFUSIONE
In queste fredde acque cilene i predatori più pericolosi sono le orche, i delfini e, soprattutto i leoni
marini che con la loro massa preoccupano non
poco gli addetti al controllo di questi allevamenti
ittici.
Sono proprio i leoni marini e le foche quelli che
creano i maggiori problemi. Come si può vedere
da una delle foto in cui il bacino di allevamento è
mostrato da vicino, c’è una specie di parapetto per
evitare che tali animali possano entrare con un
salto nel bacino stesso. Ma a volte non è sufficiente per cui nelle zone dove la presenza di questi animali è maggiore – le zone più a sud della costa
cilena – è necessario inserire una struttura con reti
più robuste e sostenute da una travatura decisamente resistente, che partono dalla periferia ed
entrano, inclinandosi verso l’alto, in direzione del
centro del cerchio. In tal modo si crea un anello di
rete che difficilmente può essere superato dal
leone marino perché nel caso tentasse un salto
cadrebbe sulla rete e scivolerebbe di nuovo in
mare.
Qualche volta però accade che l’animale riesca ad
entrare (via salti o attraverso rotture della rete) e
se non ci si accorge in tempo i danni possono
essere ingenti.
Per il leone marino o la foca che riesce nell’impresa è davvero una gran festa!
Nel caso di ingresso via aerea il danno è limitato
alla quantità di salmone che il leone marino riesce
ad ingurgitare prima che i controllers degli impianti se ne accorgano e riescano a catturarlo e a ributtarlo in mare.
Se invece s’intrufola nelle reti sbragandole allora
c’è una fuga di salmoni tale da causare un danno
economico notevolissimo.
Ad ogni mossa dell’uomo per bloccare queste
invasioni, corrisponde, dopo un po’ di tempo una
contromossa. Volete un esempio? Eccovelo!
Per evitare che i leoni marini intrufolino il proprio
muso tra le maglie delle reti e restino in attesa del
passaggio di un salmone nelle vicinanze (evento
tutt’altro che raro data la densità della popolazione salmonifera) per inghiottirselo rapidamente, le
reti sono doppie e a luci alternate. Ma non è sufficiente.
Ci sono documenti filmati che mostrano come i
leoni marini in questo caso abbiano imparato a
LA BATTAGLIA CONTRO I PREDATORI
Dalle foto qui pubblicate potete già immaginare
che impiantare in mare aperto questi colossali
bacini di allevamento dei salmoni, richiede una
tecnologia piuttosto avanzata, ma vi meraviglierete ancor più sapendo che tutto il sistema è controllato con sofisticate apparecchiature subacquee
che non solo tengono in costante controllo i parametri delle acque marine nel bacino e nelle immediate vicinanze, ma controllano visivamente, tramite telecamere sottomarine mobili, vari punti dell’allevamento controllando non solo la crescita dei
salmoni ma anche le reti di contenimento che
potrebbero lacerarsi per cause naturali o per l’attacco di predatori (delfini, orche, leoni marini e
foche).
E c’è di più, perché esiste anche un controllo
medico automatizzato che verifica il tenore di
colesterolo dei salmoni e in base a questi valori
decide la quantità e il tipo di alimenti da introdurre nel bacino.
Il tutto tramite una nave appoggio, come quella
che potete vedere nelle foto, equipaggiata e connessa via radio con tutti i sistemi di controllo elettronici che sono stati disposti nei bacini e che si
sposta regolarmente tra i differenti bacini della
zona e pure di molte altre zone non troppo distanti in cui sono piazzati questi vivai.
Insomma un piccolo laboratorio galleggiante che
controlla, verifica, decide programmi di alimenta-
Figura 3. La nave appoggio verifica il procedere della
crescita dei salmoni e controlla ogni dettaglio.
23
Figura 4. Andamento della produzione di salmoni via vivai marini.
lavorare in coppia: uno con il muso spinge una
rete contro l’altra in modo che stiano appaiate,
mentre l’altro cerca, nelle vicinanze del compagno, il punto dove le luci vengono quasi a coincidere e intrufola il suo muso. Quando quest’ultimo
è sazio ecco che dà il cambio all’altro che passa al
proprio turno di alimentazione. Incredibile ma
vero!
a ripulirle. Si tratta di reti del peso di diverse tonnellate e l’operazione di pulizia è onerosa e con
rischi di rotture delle rete in quanto i crostacei che
si sono depositati sopra vi si sono saldamente
attaccati.
Allo scopo di ridurre l’incidenza di questa onerosa
operazione, le reti sono trattate con prodotti “antifouling” che permettono di rallentare notevolmente il processo di deposito e di effettuare l’operazione di recupero e pulizia a distanze di tempo che
vanno dai sei mesi a un anno.
Purtroppo i prodotti attualmente utilizzati come
anti-fouling sono fatti depositare sopra la rete
dove restano legati con legami labili (Van der
Waals) o polari. I primi non sono sufficienti a trattenere il prodotto più di un certo tempo, mentre
per i secondi la ionicità del sale marino consente
scambi ionici deleteri.
In conclusione le zone limitrofe risultano inquinate
in maniera decisamente pesante.
Il più usato agente anti-fouling è costituito da una
sospensione che ha come principale componente
l’ossidulo di rame, o ossido cuproso, (Cu2O) che
ha facilità di ossidazione e talvolta di riduzione ma
che comunque immette ioni rame (generalmente
Cu++ vista la facilità di ossidazione, molto spesso
insieme a rame metallico vista la facilità di disproporzionamento del Cu+) nell’ecosistema. Inoltre la
mistura contiene benzene e xilene che, come tutti
saprete, essendo noti cancerogeni, danneggiano
E I POLIMERI COSA C’ENTRANO?
Dopo questo breve escursus sull’allevamento dei
salmoni nelle terre cilene, vi domanderete cosa
c’entri tutto ciò con i polimeri e le macromolecole.
Ebbene, al crescere di questo mercato cresce
quello delle poliammidi con le quali le reti sono
fatte e si tratta di una crescita non soltanto quantitativa ma anche qualitativa con richieste tecnologiche sempre più avanzate.
Vediamo di esaminarle.
Dato che si scelgono zone costiere particolarmente ricche sotto il profilo alimentare risulterà chiaro
che tutti gli organismi che popolano la zona possono utilizzare le reti come supporto su cui stabilirsi.
Quindi, lentamente, sulle reti – costituite generalmente di fili multibava ad alta tenacità a base di
poliammide 6 – crescono rapidamente una flora e
una fauna marina notevoli, come mostra la fotografia che abbiamo riportato. Questo costringerebbe a ritirare le reti dopo non molte settimane e
24
Figura 5. Struttura e ancoraggio delle boe su cui è fondata la struttura del vivaio.
gravemente la salute di chi lavora per il trattamento delle reti con l’anti-fouling.
Già gli ambientalisti cileni hanno richiamato l’attenzione per l’eccessivo uso di antibiotici e altri
prodotti chimici in questa industria dei salmoni:
“El uso indiscriminado de antibióticos y de pinturas antifouling que son cancerígenas, esta poniendo en riesgo la salud de los trabajadores, de los
ecosistemas marinos y lacustres y la cadena trófica marina, ………”
Si stima che ogni anno si usino circa 2 milioni di
litri di pittura anti-fouling. L’ossido cuproso ha le
caratteristiche di metallo pesante bio-accumulabile negli organismi viventi. A questi effetti diretti sui
lavoratori del settore, si aggiungono le azioni
inquinanti di questi prodotti che a lungo andare si
staccano dalla rete e, come dicevamo prima,
inquinano ampie zone di mare circostanti.
Per questo motivo in Norvegia l’uso di questi prodotti sta per essere messo al bando e si pensa che
prima o dopo anche il Cile provvederà in merito.
Sostituire questi prodotti con altri altrettanto efficaci e non inquinanti non è facile, ma sono molte
le industrie che ci stanno provando.
Di prodotti anti-fouling ce ne sono moltissimi e
veramente efficaci ma sono difficili da tenere saldamente legati alla poliammide e in molti casi
possono essere nocivi anche per gli stessi salmoni.
La soluzione più logica sarebbe quella di trovare
principi attivi che possano facilmente ancorarsi
con legami chimici alla superficie del filo: conoscendo le difficoltà di questo tipo di inserimento e
immaginando quali solventi siano richiesti per permettere una penetrazione del prodotto nella
poliammide prima di legarsi ad essa per via chimica, la situazione diventa veramente complicata.
Figura 6. Parziale veduta di una rete prima che venga
piazzata nel vivaio marino.
Figura 7. Come si presenta una rete di contenimento del
centro di coltivazione salmoni dopo pochi mesi di lavoro.
25
Resterebbe la soluzione di trovare prodotti inseribili in catena durante la polimerizzazione ma a
questo punto le quantità richieste da inserire nella
massa polimerica, affinché possano avere una
concentrazione superficiale tale da essere sufficientemente attive, è tale da far prevedere un
grosso cambio di proprietà della poliammide stessa con probabili difficoltà nel processo di filatura.
Insomma una bella sfida da vincere!
Un’altra interessante soluzione tecnologica da
segnalare – sia pur non connessa al problema
degli anti-fouling – e legata stavolta alla protezione del bacino di cultura e che è stata recentemente brevettata, è relativa all’introduzione nella
poliammide di solfato di bario, materiale che
assorbe gli ultrasuoni che certi animali marini
(delfini e altri) utilizzano per ricercare possibili
prede. In questo modo il vivaio marino rimane
nascosto a ricerche da lontano, mentre resta
ancora vulnerabile se il cetaceo in questione si
avvicina casualmente ad esso: in questo caso
entrerebbe in gioco la sensibilità olfattiva.
Come vedete una bella sfida anche per i ricercatori più preparati, una sfida che anche noi della
Mazzaferro, produttori di poliammidi e di reti da
pesca per i settori più svariati, stiamo cercando di
affrontare insieme a Braskem, una delle più grosse industrie petrolchimiche del Brasile, nella speranza di trovare una soluzione valida e applicabile
senza rivoluzionare troppo le attuali tecnologie.
26
I BITUMI
MODIFICATI CON POLIMERI
di Dario Biondi* e Giovanni Polacco*
uomo conosce ed usa il bitume praticamente da sempre. Fin dagli albori della
storia il bitume è stato impiegato efficacemente come materiale legante ed impermeabilizzante e pare che sia stato utilizzato per cementare
le favolose mura di Babilonia e addirittura per la
costruzione dell’arca di Noè. Risale invece ad otto
secoli fa la costruzione della prima strada asfaltata in quello che è l’attuale Iraq. Ovviamente il bitume impiegato per queste applicazioni era un prodotto naturale, ricavato da giacimenti all’aperto ed
originato dagli stessi fenomeni chimico-fisici dai
quali derivano tutti i cosiddetti combustibili fossili.
Oggi invece, il bitume è quasi totalmente di origine industriale, ovvero derivato da operazioni di
distillazione e trasformazione delle correnti trattate
nelle raffinerie petrolifere.
Dal punto di vista legislativo il bitume è considerato materiale da costruzione, ovvero non rientra
tra le sostanze tossico-nocive fra le quali invece è
incluso il catrame, che deriva dalla pirolisi del
carbon fossile e col quale spesso tende ad essere
confuso.
Che cosa lega questo materiale dall’uso così antico ad un settore relativamente giovane ed in continua evoluzione come quello dei polimeri? Per
capirlo ci è di aiuto un dato abbastanza interes-
L’
sante relativo al trasporto su gomma nel nostro
paese: negli ultimi 50 anni la rete stradale italiana
è pressoché triplicata mentre il traffico veicolare è
cresciuto di circa 30 volte (1). Il sistema stradale
è sottoposto quindi ad un carico per il quale è
decisamente sottodimensionato ed un’importante
conseguenza di questo “super-lavoro” è che le
pavimentazioni stradali convenzionali risultano
soggette a decadimento precoce della funzionalità, con effetti negativi sulla viabilità e sulla sicurezza. Questo problema è particolarmente sentito
in Italia (che con oltre 85 veicoli/km ha la più alta
densità di traffico di tutti i paesi economicamente
avanzati) ma è preso in seria considerazione in
tutta Europa e soprattutto nel Nord America. A
titolo di esempio, nelle immagini che seguono
sono riportati alcuni dei più comuni fenomeni di
deterioramento dei conglomerati bituminosi.
Nell’ottica di intervenire sulla strada migliorandone qualità e durabilità mediante l'uso di nuovi
materiali e tecnologie e mediante una corretta
gestione degli interventi di manutenzione stradale, sono nati i “bitumi modificati con polimeri”
(Polymer Modified Bitumens, PMB, o Polymer
Modified Asphalts, PMA, secondo la nomenclatura canadese e statunitense). I PMB sono leganti
bituminosi ottenuti miscelando un bitume "tradi-
Formazione di ormaie per accumulo di deformazioni permanenti
Fessurazione da fatica
*
Dipartimento di Ingegneria Chimica, Chimica Industriale e Scienza dei Materiali, Via Diotisalvi 2, 56126 Pisa, Italy - E-mail: [email protected]
27
modificato (e non additivato) in quanto l’aggiunta
del componente polimerico influenza il comportamento reologico e la suscettività termica del bitume al punto da renderli più prossimi ai propri
piuttosto che a quelli del bitume di partenza.
I primi tentativi di "modificare" il bitume risalgono
all'inizio del secolo ed erano relativi all'impiego di
gomma naturale sotto forma di lattice, ma il problema è stato affrontato in modo sistematico solo
negli ultimi trenta anni, grazie soprattutto alla
ampia gamma di polimeri sintetici sviluppati e
resi disponibili dall'industria petrolchimica.
Per produrre i bitumi modificati sono state sviluppate differenti procedure, che di volta in volta
devono tener conto dei principali fattori che
influenzano la velocità di dispersione del polimero nel bitume:
• peso molecolare medio, percentuale e grandezza delle particelle di polimero modificatore;
• condizioni di miscelamento (sforzo di taglio,
temperatura e tempo di miscelazione);
• caratteristiche composizionali di bitume e polimero.
Durante la miscelazione il bitume viene gradualmente inglobato nella fase polimerica che lentamente rigonfia, assorbendo preferenzialmente i
composti maltenici ed aumentando di volume. Il
processo viene generalmente spinto sino alla
cosiddetta "inversione di fase" che si verifica
quando la fase polimerica diviene la fase continua
ed il bitume "libero" la fase dispersa. In pratica,
nonostante la percentuale in peso di polimero sia
piuttosto modesta, la fase polimerica (ovvero
polimero + bitume assorbito) diviene quella che
predomina volumetricamente, nonché quella che
determina le proprietà chimico-fisiche della
miscela. Ecco perché il bitume cambia completamente comportamento reo-meccanico, giustificando così il termine "bitume modificato". È possibile realizzare l’inversione di fase quando, a
parità delle altre condizioni, il tenore di polimero
supera un valore, detto di soglia, che dipende dal
tipo di polimero, dal suo peso molecolare e non
ultimo dal tipo di bitume impiegato.
Attualmente vengono prodotti PMB impiegando
molti tipi sia di bitumi che di polimeri e destinando il prodotto ad altre applicazioni oltre che quelle stradali. Ad esempio le poliolefine e i loro copolimeri sono particolarmente adatti alla produzione
di membrane impermeabilizzanti perché aumentano la durezza e la consistenza del bitume, mentre gli elastomeri termoplastici come i copolimeri
stirenici a blocchi, grazie alle loro proprietà elastomeriche trovano ampia applicazione in campo
stradale perché aumentano il recupero elastico e
la viscosità alle alte temperature.
Fessurazione per ritiro termico
zionale" ed un polimero. La componente polimerica, benché aggiunta in percentuale solitamente
compresa fra il 2 ed il 10% in peso, è in grado di
modificare sostanzialmente il comportamento
reomeccanico del bitume, migliorandone notevolmente alcune importanti caratteristiche prestazionali (2). Più precisamente, un polimero efficace
come agente modificatore dà origine ad un bitume modificato che rispetto a quello di partenza
ha:
• maggiore flessibilità alle basse temperature
operative;
• maggiore rigidezza alle alte temperature operative;
• più ampio intervallo di elastoplasticità (maggiore ampiezza del campo di T di impiego);
• migliore correlazione tra viscosità e temperatura (forte riduzione della suscettibilità termica);
• maggiore resistenza ai carichi ed alla fatica;
• più elevato recupero elastico;
• maggiore coesione ed adesione agli inerti lapidei;
• maggiore resistenza all'invecchiamento (maggiore durata nel tempo del conglomerato).
Oltre ad allungare la vita utile del manto stradale,
la modifica con polimeri ha consentito anche la
realizzazione di conglomerati bituminosi di tipo
"aperto" ossia ad elevato grado di porosità (fino
al 18% contro un massimo del 5% consentito da
un manto tradizionale). Questi conglomerati
hanno ottime proprietà drenanti e fonoassorbenti.
In caso di pioggia le prime consentono di ridurre
notevolmente i pericolosi fenomeni di "acquaplaning" e di nebulizzazione dell'acqua alle spalle del
veicolo in marcia, aumentando rispettivamente
l’aderenza e la visibilità. Le seconde, invece,
determinano una discreta riduzione dell'inquinamento acustico causato dal rotolamento degli
pneumatici.
È interessante sottolineare che si parla di bitume
28
Polimeri impiegati nella modifica di bitumi
Sigla
Polimeri termoplastici (plastomeri)
PE
Polietilene
APP
Polipropilene atattico (cristallinità medio-bassa)
IPP
Polipropilene isotattico (cristallinità medio-alta)
EVA
Copolimero etilene-vinilacetato (% VA ≤ 15%)
EMA
Copolimero etilene-metilacrilato (% MA ≤ 15%)
EBA
Copolimero etilene-butilacrilato (% BA ≤ 15%)
TPO
Copolimeri termoplastici poliolefinici
RET
Terpolimeri etilene reattivi
Sigla
Elastomeri sintetici e naturali (gomme)
BR
Polibutadiene (gomma butadiene)
IR
Poliisoprene (gomma isoprene)
CR
Policloroprene (gomma cloroprene)
NOR
Polinorbornene
NR
Gomma naturale
SBR
Gomma stirene-butadiene
EPR
Gomma etilene-propilene
EPDM
Etilene-propilene-diene monomeri
GR
Gomma vulcanizzata di recupero
Sigla
Elastomeri termoplastici
SBS
Copolimero a blocchi stirene-butadiene-stirene
SIS
Copolimero a blocchi stirene-isoprene-stirene
SEBS
Cop. a blocchi Stirene-etilene/butilene-stirene
SEPS
Cop. a blocchi Stirene-etilene/propilene-stirene
EVA
Copolimero etilene-vinilacetato (% VA ≥ 15%)
EMA
Copolimero etilene-metilacrilato (% MA ≥ 15%)
EBA
Copolimero etilene-butilacrilato (% BA ≥ 15%)
Sigla
Polimeri termoindurenti
EP
Resina epossidica
trovano sotto la loro temperatura di transizione
vetrosa (circa 100 °C), mentre la fase disperdente
butadienica è nello stato gommoso ovvero flessibile ed è quella che consente al materiale di deformarsi in maniera significativa. Ne risulta una struttura con reticolazione di tipo fisico che conferisce
al polimero caratteristiche tipiche dei materiali
elastomerici. Quando l’SBS viene a contatto ad
alta temperatura con il bitume, quest’ultimo
“rigonfia” il polimero e diffonde al suo interno.
Inizialmente le interazioni tra bitume ed SBS si
Tra i copolimeri stirenici a blocchi quello che
attualmente viene maggiormente utilizzato è il terpolimero stirene-butadiene-stirene (SBS), aggiunto in percentuali variabili fra il 3 e l’8% in peso, a
seconda della base bituminosa e delle prestazioni
richieste al prodotto finale. Impiegati abbastanza
frequentemente sono anche il SIS e l’SBR.
Come è noto, l’SBS ha una struttura bifasica costituita da microdomini ricchi di blocchi polistirenici
interconnessi mediante segmenti polibutadienici.
A temperature ordinarie i domini polistirenici si
29
manifestano coinvolgendo preferenzialmente la
fase flessibile del polimero, sia perché questa ne
rappresenta la matrice, sia per il suo maggior
volume libero. Tuttavia, non è da escludere che
anche i domini polistirenici possano risultare in
parte rigonfiati, soprattutto per diffusione al loro
interno delle componenti aromatiche di minor
peso molecolare presenti nel bitume. Il processo di
miscelamento coinvolge prevalentemente la fase
più flessibile, butadienica, del polimero, con i
domini stirenici solo parzialmente rigonfiati e quindi ancora segregati ed in grado di esplicare la loro
funzione di nodi di un reticolo tridimensionale. In
tal modo il polimero, anche se aggiunto in quantità modeste, riesce a conferire proprietà elastomeriche all’intero sistema. È pertanto importante
che le modifiche siano prodotte in condizioni di
stress termomeccanici non eccessivi, in maniera
tale che la parte polimerica conservi “memoria”
della sua struttura originale. Al tempo stesso, le
miscele devono essere sufficientemente “intime”
da conservare la propria struttura durante lo stoccaggio in condizioni “statiche”. In altri termini, il
fatto di dover realizzare una miscelazione parziale
porta ad uno stato termodinamicamente instabile
(o metastabile) che non corrisponde ad un minimo
di energia e che tende spontaneamente ad evolvere verso la separazione di fase.
I bitumi modificati vengono prevalentemente prodotti in raffineria e quindi trasportati in autobotti
coibentate. Lo stoccaggio in raffineria ed il successivo trasporto vengono effettuati in serbatoi
riscaldati privi di agitazione. Ecco allora che in tali
condizioni i PMB sono intrinsecamente vincolati ad
una situazione di rischio per quanto riguarda la
stabilità della miscela, che risulta sempre essere
l’aspetto critico per il loro impiego.
In sintesi, se la compatibilità fra fase polimerica e
fase bituminosa non è sufficiente, durante lo stoccaggio si può verificare una macroscopica separazione di fase con conseguenze drammatiche dal
punto di vista applicativo; viceversa, se le condizioni di miscelazione sono tali da causare una dissoluzione troppo spinta del polimero nella fase
bituminosa, l’effetto sulle proprietà meccaniche
del bitume modificato può risultare molto modesto. Questo problema non sussiste quando il bitume modificato è impiegato ad esempio per la preparazione di guaine e membrane impermeabilizzanti. Queste, infatti, possono essere immagazzinate a temperatura ambiente, il che inibisce la
cinetica della separazione di fase. Per la preparazione di guaine e membrane possono quindi essere impiegati anche polimeri che sono considerati
del tutto “incompatibili” per applicazioni come
leganti stradali. La vera difficoltà del processo di
modifica del bitume stradale consiste pertanto nel
trovare le condizioni ottimali, in relazione alla
natura chimica dei componenti impiegati, al fine di
ottenere il miglior compromesso per quanto
riguarda le proprietà termiche e meccaniche del
bitume modificato e la sua stabilità allo stoccaggio.
Il problema è stato affrontato sia variando le apparecchiature di miscelamento o l’ordine di aggiunta
dei componenti, sia mediante l’impiego di agenti
compatibilizzanti o di polimeri funzionalizzati in
grado di stabilire un legame chimico con alcuni
componenti del bitume.
Una tecnica che consente di visualizzare facilmente il grado di miscelazione raggiunto fra bitume e
polimero e stabilire se è avvenuta o meno l’inversione di fase è la microscopia in fluorescenza.
Poiché generalmente la componente di bitume più
solubile nel polimero è quella aromatica, ovvero la
più fluorescente, in un campione di bitume modificato non ben disperso si distingue una fase polimerica rigonfiata, che emette una luce gialloverde, ed una fase bituminosa, ricca di asfalteni,
che appare nera. In figura sono riportati tre esempi di immagini di bitumi modificati ottenuti variando la sola temperatura e mantenendo costanti tutti
gli altri parametri operativi. Il PMB relativo alla
prima micrografia, pur esibendo buone prestazioni
meccaniche, è fortemente bifasico e del tutto
instabile allo stoccaggio. Il secondo, invece, ha il
tipico aspetto “a buccia di arancia” che è indizio di
un giusto grado di miscelazione, capace di garantire prestazioni e stabilità. Il terzo, infine, è un
sistema omogeneo, ovvero una soluzione di polimero in bitume (piuttosto che un PMB) che risulta
estremamente stabile allo stoccaggio, ma con prestazioni praticamente identiche a quelle del bitume
originale.
Micrografie in fluorescenza di bitume modificato
Fasi non invertite
30
a partire dagli anni ’60 e che hanno conosciuto un
particolare sviluppo soprattutto negli ultimi 20
anni. È prevedibile che l’approccio di carattere
reologico sia destinato a soppiantare le prove
classiche, peraltro tutte estremamente empiriche.
In campo stradale l’impiego della reologia per
caratterizzazioni di routine è stato promosso su
scala mondiale dal progetto di ricerca statunitense
SHRP (3) (Strategic Highway Research Program),
nell'ambito del quale è stato messo a punto un
nuovo sistema di classificazione, denominato
“Superpave” dei leganti bituminosi.
Per concludere, vale la pena fare qualche considerazione di carattere economico. È chiaro che l’introduzione del polimero nella formulazione del
legante comporta un sensibile incremento dei
costi, soprattutto come investimento iniziale. Però,
a fronte del maggior costo (35-50% in più, a parità
di spessore), i conglomerati realizzati impiegando
PMB come legante garantiscono una vita utile
decisamente superiore e quindi minori spese di
manutenzione rispetto ai leganti non modificati.
sulla base dell'esperienza di aziende qualificate, un
manto d’usura realizzato in conglomerato bituminoso modificato, in presenza di traffico pesante,
ha una vita media non inferiore ai 6-8 anni, contro
i 4 anni di un conglomerato bituminoso tradizionale di pari spessore. Considerando inoltre le minori
spese e disagi all'utenza (per la riduzione degli
interventi di manutenzione), il maggiore rispetto
per l'ambiente (riduzione dei consumi energetici e
minore sfruttamento delle cave) e soprattutto la
maggiore sicurezza, il piatto della bilancia tende a
spostarsi, almeno per manti stradali fortemente
sollecitati, decisamente a favore dei PMB. Per
quanto riguarda la sicurezza, la società Autostrada
del Brennero S.p.a. ha stimato che l’impiego dei
manti drenanti e fonoassorbenti, iniziato nel 1995
ed oggi esteso al 98% della sua rete, ha determinato una riduzione del 30-40% degli incidenti stradali. Ciò nonostante, oggi in Italia non sembra
esservi, da parte delle amministrazioni pubbliche,
la stessa propensione all’impiego dei PMB che vi è
in paesi quali la Francia e l’Olanda (dove anche i
minori costi sociali sostenuti dallo Stato in conseguenza della diminuzione degli incidenti stradali
sono considerati nel bilancio globale dell’investimento), ma esiste comunque una crescente attenzione, ben promettente per il futuro di questi materiali.
Fasi invertite
Sistema omogeneo
È opportuno rilevare che nella maggior parte dei
casi l’analisi al microscopio dà un’utile indicazione, ma non è sufficiente per prevedere la stabilità
di un PMB, per la qual cosa sono stati sviluppati
test specifici normalizzati a livello europeo, come
per esempio il “tuben test”. Il tuben test prevede lo
stoccaggio a caldo del PMB in un tubo mantenuto
in posizione verticale per un opportuno periodo di
tempo. Se durante lo stoccaggio si ha separazione
di fase, il polimero migra verso la parte superiore
del tubo. Dal confronto delle proprietà e della
morfologia del legante raccolto nelle parti superiore ed inferiore del tubo si può valutare se ed in che
misura la separazione è avvenuta. Per quanto
riguarda le caratterizzazioni dei materiali leganti,
alcune delle più comuni sono la misura delle temperature di rammollimento e di infragilimento e le
prove di duttilità e viscosità dinamica. I suddetti
test sono previsti nella maggior parte dei sistemi di
classificazione ed accettazione attualmente esistenti. Un discorso a parte meritano, invece, le
misure reologiche, introdotte nel settore dei bitumi
PER SAPERNE DI PIÙ … SULLA NATURA DEL BITUME
Per esigenze tecniche e strategiche, derivanti dalla
provenienza della materia prima e dalla struttura
dei cicli di raffinazione nei quali la produzione del
31
bitume è inserita, il termine "bitume" comprende
una gamma di prodotti che, a seconda del tipo di
grezzo impiegato e della severità del processo,
possono differire significativamente fra loro.
Fra i principali processi di produzione del bitume
da petrolio greggio, ricordiamo: la distillazione
sotto vuoto di residui della distillazione atmosferica (straight run bitumen), la distillazione sotto
vuoto di residui di trattamenti termici (thermal
cracking bitumen) e la produzione tramite deasfaltazione con solventi dei residui della distillazione
sotto vuoto (propane precipitated asphalt).
Non esiste quindi una definizione univoca che
caratterizzi pienamente il bitume; per bitumi si
intendono materiali organici, di origine naturale o
industriale, solubili in solfuro di carbonio, costituiti essenzialmente da una miscela di idrocarburi ad
alto peso molecolare e in misura ridotta da composti organici ed inorganici contenenti atomi di
zolfo, azoto ed ossigeno e da metalli come vanadio e nichel. Per esigenze tecniche e strategiche
derivanti dalla provenienza della materia prima e
dalla struttura dei cicli di raffinazione nei quali la
produzione del bitume è inserita, il termine "bitume" comprende pertanto una gamma di prodotti
che sono tra loro significativamente diversi dal
punto di vista sia chimico sia strutturale.
La determinazione dei componenti del bitume e
della loro struttura è estremamente difficoltosa a
causa della complessità e degli elevati pesi molecolari delle molecole che lo costituiscono.
Pertanto, in genere si ricorre ad una caratterizzazione semi-empirica, effettuata con metodologie
che in alcuni casi risalgono addirittura alla fine del
secolo scorso. Per esempio, la suddivisione in
classi di solubilità (riportata in figura), la cui natura chimica appare piuttosto eterogenea e non
sempre chiara, è del 1913 ma viene tuttora molto
impiegata.
Con riferimento allo schema di figura, in genere i
bitumi non contengono quantità apprezzabili di
carboidi e carbeni ed infatti il termine bitume si
riferisce ad un materiale organico completamente
solubile in solfuro di carbonio, quindi i principali
costituenti dei bitumi possono essere divisi in 2
frazioni:
• Asfalteni: composti insolubili negli idrocarburi a
basso punto di ebollizione (n-eptano, n-pentano,
n-esano, nafta), ma solubili in tetracloruro di
carbonio o benzene.
• Malteni o petroleni o olio deasfaltenato: composti solubili negli idrocarburi a basso punto di
ebollizione.
All'interno della frazione maltenica, mediante tecniche cromatografiche di adsorbimento selettivo
su colonne contenenti gel di silice o allumina e
successivo desorbimento impiegando solventi di
polarità crescente, si possono distinguere tre frazioni denominate rispettivamente:
• Oli saturi: si desorbono impiegando n-eptano ed
hanno struttura alifatica o alchil-naftenica.
• Oli aromatici: si desorbono impiegando benzene
o toluene e sono prevalentemente costituiti da
alchilaromatici ed aromatici a nuclei condensati.
• Resine: si desorbono impiegando tetracloruro di
carbonio e costituiscono la componente polare
della fase maltenica, contenente catene idrocarburiche a carattere spiccatamente aromatico e
ricche di catene laterali, talvolta molto lunghe.
BIBLIOGRAFIA
(1)
(2)
(3)
Ravaioli S. Rapporto sicurezza e ambiente.
Rassegna del bitume 44/03.
Giavarini C. Il bitume ed i polimeri. Strade &
Autostrade 4-98.
Kennedy TW. Superpave: The Product of SHRP
Asphalt Research Program. Washington DC, 1993.
PER UNA RICERCA IN RETE
http://www.siteb.it/
http://www.eapa.org/home.htm
http://www.ctaa.ca/
http://www.fhwa.dot.gov/
http://www.arra.org/
http://www.nhi.fhwa.dot.gov/
32
Biopolimeri
QUALCHE
COMMENTO SUI PREMI
DEL 2003
NOBEL
di Roberto Rizzo
L’isolamento da parte di Peter Agre di una proteina di membrana che agisce da canale per l’acqua
risale al 1988 e da allora gli studi che ne sono
seguiti hanno permesso di capire in dettaglio il
meccanismo del trasporto e la selettività di questo
processo che permette di discriminare tra molecole d’acqua ed altre piccole molecole.
Analogamente ai canali per l’acqua, i canali ionici
permettono il passaggio controllato di specifici
ioni. Dal punto di vista fisiologico questi canali
sono importanti sotto diversi aspetti, ma, fra questi, il loro coinvolgimento nel funzionamento del
sistema nervoso e dei muscoli riveste particolare
importanza. MacKinnon nel 1998 ha determinato
la struttura tridimensionale di un canale che regola il passaggio dello ione potassio chiarendo in
quali sono i meccanismi di apertura e chiusura del
canale da determinati segnali cellulari.
Passando al premio Nobel per la medicina, questo
si aggiunge ai numerosi premi Nobel che hanno
riguardato la scoperta e le applicazioni della risonanza magnetica nucleare. Già nel 1952 Felix
Bloch ed Edward M. Purcell (USA) erano stati premiati per le prime applicazioni della risonanza
magnetica. In seguito, nel 1991, Richard Ernst
(Svizzera) fu premiato per la messa a punto della
risonanza magnetica ad alta risoluzione e nel 2002
Kurt Wüthrich (Svizzera) è stato premiato per l’applicazione della risonanza magnetica alla determinazione della struttura tridimensionale in soluzione
di proteine. Oggi la giuria del premio Nobel ha
voluto premiare le applicazioni mediche della risonanza magnetica che, attraverso tecniche di
immagine degli organi interni (MRI, Magnetic
Resonance Imaging), sono utili in numerosi
campi. Di fatto la visione degli organi interni del
corpo mediante metodi non-invasivi, ma accurati
è particolarmente importante per la diagnosi ed il
trattamento medico. I due ricercatori premiati
hanno messo a punto la metodologia che sfrutta
l’introduzione di gradienti di campo magnetico per
nche questa volta AIM Magazine non mancherà l’appuntamento con l’assegnazione
dei premi Nobel, ed ancora una volta il
commento spetta a chi si interessa di macromolecole biologiche poiché sono state premiate ricerche di chiaro interesse biochimico. Per un motivo
che apparirà chiaro più avanti vorrei descrivere e
commentare sia il premio Nobel per la Chimica
che quello per la Medicina (che più precisamente
si chiama premio per la Fisiologia o Medicina).
I vincitori del premio Nobel per la Chimica sono:
Peter Agre (Johns Hopkins University, School of
Medicine, Baltimore, MD, USA) e Roderick
MacKinnon (Rockefeller University, Howard
Hughes Medical Institute, New York, NY, USA) per
le loro scoperte sui canali presenti nelle membrane
cellulari. In particolare, il primo ha studiato i canali che mediano il trasporto dell’acqua ed il secondo si è interessato degli aspetti strutturali e funzionali dei canali ionici.
I vincitori del premio Nobel per la Medicina sono:
Paul C. Lauterbur (University of Illinois, Urbana,
IL, USA) e Sir Peter Mansfield (University of
Nottingham, School of Physics and Astronomy,
Nottingham, Gran Bretagna) per le loro scoperte
concernenti le tecniche di immagine mediante risonanza magnetica. Ed ecco qualche informazione
in più circa le ricerche premiate.
Gli organismi viventi sono costituiti in gran parte
di acqua che contiene numerosi soluti a basso ed
alto peso molecolare fra cui ioni. Il trasporto di
questi liquidi e soluti fra i diversi organi del corpo,
e quindi la distribuzione tra le cellule che li costituiscono, è essenziale ed esso è mediato da strutture ad hoc, i canali appunto, che funzionano in
modo attivo, contro gradienti di concentrazione. Il
mal funzionamento difettoso di queste strutture
complesse, che sono localizzate nelle membrane
biologiche, porta all’instaurarsi di gravi malattie
che colpiscono il funzionamento dei reni, del
cuore, dei muscoli e del sistema nervoso.
A
33
connessi con la biologia. È infatti chiaro che la
comprensione del funzionamento cellulare non
può prescindere dalla conoscenza e dettagliata del
funzionamento delle molecole. In questo può essere utile analizzare brevemente il curriculum vitae e
le ricerche dei vincitori dei premi Nobel per la chimica e per la medicina. Cominciamo da quelli per
la chimica: Peter Agre ha ottenuto il Batchelor in
Chimica presso l’Augsburg College nel 1970 e poi
la laurea in Medicina presso la Johns Hopkins
University nel 1974. Roderick MacKinnon ha ottenuto il Batchelor in Biochimica presso la Brandis
University nel 1978 e poi la laurea in medicina alla
Tufts Medical School nel 1982. Entrambi quindi
hanno avuto una prima formazione in chimica o
biochimica e poi una seconda più elevata di tipo
medico e si sono interessati di problemi spiccatamente biochimici.
Vediamo ora la medicina: Paul C. Lauterbur ha
ottenuto il Batchelor in Chimica presso il Case
Institute of Technology nel 1951 e poi il dottorato
di ricerca in Chimica presso l’Università di
Pittsburg nel 1962; Sir Peter Mansfield ha ottenuto
il Batchelor in Fisica nel 1959 presso il Queen
Mary College of London ed il dottorato di ricerca in
Fisica presso University of London nel 1962.
Entrambi si sono interessati di problemi spiccatamente medici.
È il trionfo dell’interdisciplinarità! È un esempio
“spettacolare” delle potenzialità che si raggiungono
quando discipline diverse interagiscono fra loro. È
anche un esempio che suggerisce a chi intraprende studi scientifici quale possa essere un percorso
formativo che tiene conto degli sviluppi moderni
della scienza sia in campo biologico che in qualsiasi altro campo. Ma soprattutto è un esempio che
deve dare un messaggio forte a chi lavora nelle
Università ed ha la responsabilità di strutturare i
corsi di laurea per modellare i curricula didattici
facendo sì che vengano formati diplomati con una
adeguata formazione interdisciplinare. Per questo
le Università italiane hanno gli strumenti adatti che
sono dentro la riforma dei corsi di studio (lauree
triennali e specialistiche), ma l’impressione mia
personale è che mediamente i docenti non abbiano
ancora trovato la via per uscire dagli schemi tradizionali dei vecchi corsi di laurea e vi sia ancora una
certa tendenza a strutturare corsi di studio, come
chimica, fisica e biologia, in modo poco interattivo
fra loro. Certamente i docenti universitari possono
avere dei ritardi, o forse pigrizia, nel cambiare il
modo di pensare, tuttavia le riforme serie dovrebbero contare su un serio appoggio finanziario e
normativo da parte dei Ministeri competenti e questo sicuramente non si può dire del Ministero
dell’Università italiano!
analizzare la distribuzione spaziale delle radiazioni
emesse e quindi ricostruire una mappa bidimensionale che poi può essere trasformata in immagine. La possibilità di fare questo risiede tutta nell’acqua che costituisce i due terzi in peso del
corpo: in realtà quello che la risonanza magnetica
riesce a “vedere” all’interno del corpo è l’acqua.
Tuttavia, poiché vi sono differenze sia di contenuto che di dinamica molecolare dell’acqua in diversi organi e tessuti queste danno origine ad effetti
diversi che possono essere trattati come immagini. In molte malattie il processo patologico porta
ad una distribuzione alterata dell’acqua che permette diagnosi molto precise tanto che l’uso medico della risonanza magnetica ha avuto uno sviluppo sorprendente. Dai primi esperimenti pilota eseguiti nel 1980 si è passati a decine di migliaia di
apparecchiature presenti negli ospedali mondiali.
La tecnica non utilizza radiazioni ionizzanti come
l’indagine mediante raggi X e quindi non implica
possibili danni ai pazienti; tuttavia poiché il corpo
deve essere infilato in un magnete la tecnica non
è utilizzabile per pazienti portatori di pacemaker o
trattati con protesi di metallo, inoltre pazienti che
soffrono di claustrofobia possono avere problemi.
Tuttavia i vantaggi di questa tecnica di visione
all’interno del corpo e di organi specifici è di gran
lunga superiore agli svantaggi; basti pensare alle
indagini endoscopiche ed artroscopiche che sono
dolorose e possono causare pericolose infezioni
nosocomiali.
Questa tecnica è particolarmente utile nei traumi
del cranio e della spina dorsale che sono accompagnati da alterazioni del contenuto in acqua piccole ma sufficienti alla diagnosi. Essa è anche utile
per seguire il decorso e la risposta al trattamento
di malattie gravi come la sclerosi multipla che produce infiammazioni locali nel cervello e nella spina
dorsale, ma anche di patologie più diffuse e meno
gravi, come dolori alla spina dorsale che però
hanno un alto costo sociale. Oggi la risoluzione
delle immagini e la velocità di acquisizione è tale
che la MRI viene anche utilizzata in microchirurgia
cerebrale (p. es. nel trattamento del morbo di
Parkinson).
La MRI è utile anche per definire l’intensità del trattamento medico e quindi arrivare ad una cura
modellata sulle reali necessità del paziente. Nel
caso di tumori, infatti, può essere importante,
prima di un trattamento chirurgico, sapere se vi
sia infiltrazione nei tessuti circostanti e se linfonodi siano stati influenzati.
A questo punto vorrei fare alcuni commenti generali sull’attribuzione dei premi Nobel per sottolineare quanto sia cambiato dal punto di vista concettuale l’approccio alla conoscenza dei problemi
34
Dal mondo della tecnologia
POLIMERI
RIGIDI
di Riccardo Po
a Mississippi Polymer Technologies Inc. (Bay
St. Louis, Mississippi) ha immesso recentemente sul mercato una famiglia di materiali
termoplastici (Parmax SRP) per estrusione, stampaggio iniezione e stampaggio a termocompressione, basati su poli(1,4-fenilene) sostituito.
Si tratta di polimeri amorfi, trasparenti, non dotati
di comportamento liquido-cristallino e sono il
risultato di ricerche avviate dal centro ricerche
della aviazione statunitense negli anni ’60.
Pur essendo più solubili degli altri polimeri a catena rigida noti, i Parmax hanno una eccellente resistenza all’attacco di solventi organici e, sempre in
virtù della loro struttura, sono potenzialmente in
grado di migliorare le prestazioni di altre materie
plastiche con cui vengano miscelati (resistenza
alla fiamma, creep).
Fonte: Modern Plastics, November 2003, pag. 41.
L
NUOVI
cità potenziale di 20 GB, avente il grande vantaggio di utilizzare un materiale riciclato e riciclabile.
Per conferire al disco la sufficiente rigidità, nel
disco è stato inserito un sottile strato metallico che
previene le oscillazioni che si verificano durante
l’utilizzo. L’azienda non prevede che il nuovo supporto possa entrare in commercio prima del 2007
e sta studiando il problema dell’affidabilità nel
tempo (problema comune anche ai CD in PC già
esistenti).
Fonte: La Repubblica on-line, 12.11.2003.
MERCATI PER IL POLIPROPILENE SOFFIATO
In un articolo in cui sono riportati i commenti di
vari operatori del settore, emerge che il polipropilene sta seriamente iniziando a minacciare la posizione dominante del polietilene nel settore dei film
soffiati. Fino ad oggi le caratteristiche del PP – elasticità del fuso insufficiente, lunghi periodi di raffreddamento, cattive proprietà ottiche – rendevano
impossibile lavorarlo in modo conveniente sulle
linee di trasformazione del PE. I recenti progressi
dei vari produttori (Borealis, Basell, Atofina, Dow,
tra le aziende intervistate) nello sviluppo di nuovi
gradi di polimero hanno fatto sì che i trasformatori valutino positivamente le potenzialità espresse
dal polipropilene. L’articolo riporta alcuni esempi
di manufatti applicativi, tra cui un sacchetto tristrato trasparente per detersivi in polvere esteticamente molto attraente.
Fonte: Modern Plastics, November 2003, pag. 32.
DVD
IN
PET
SEMPRE
IN TEMA DI
CD …
Tecan Group AG, un’azienda con sede in Svizzera
attiva nel settore delle bioscienze, ha sviluppato
una tecnologia di screening accelerato di nuove
molecole attive basata sull’utilizzo di “compact
disc” in COC (copolimeri olefinici ciclici). La tecnologia consiste nel collocare microquantità di
reagenti in adatte posizioni di un disco di 12,4 cm
di diametro e 5 mm di spessore, avente la superficie opportunamente incisa; con la rotazione del
disco i reagenti fluiscono, vengono a contatto e
reagiscono. Il sistema è capace di effettuare fino a
48 reazioni simultaneamente. I microcanali incisi
RICICLATO
L’azienda giapponese Ricoh Co. ha messo a punto
un disco ottico per CD e DVD in PET della capa-
35
terminano in vere e proprie microcuvette che raccolgono i prodotti permettendo l’effettuazione di
analisi spettroscopiche.
Fonte: Modern Plastics, November 2003, pag. 44.
http://www.tecan.de/News/LabCD.pdf
http://pubs.acs.org/subscribe/journals/
mdd/v06/i11/pdf/1103felton.pdf
ANCORA CD
La Walt Disney Co. ha sviluppato un DVD che
dopo 48 ore si autodistrugge. Il DVD, ora in fase di
pre-marketing su un numero limitato di titoli della
nota casa cinematografica, è realizzato con un
nuovo tipo di policarbonato prodotto dalla General
Electric e contiene una sostanza che muta in un
lasso di tempo determinato – 48 ore, appunto – il
suo colore da rosso a nero per effetto di una reazione fotoattivata, rendendo il disco non più leggibile. Questa soluzione, secondo Walt Disney,
dovrebbe ravvivare il mercato dei DVD a noleggio,
mentre più scettici appaiono i responsabili della
catena distributrice Blockbusters. Qualche perplessità deriva poi dal fatto che i DVD inutilizzabili
e gettati via potrebbero creare problemi di natura
ambientale, per cui sono allo studio soluzioni volte
alla raccolta ed al recupero.
Bayer Polymers, concorrente di GE, sta lavorando
allo sviluppo di un prodotto simile.
Fonte: Modern Plastics, November 2003, pag. 45.
POLIMERI
ANTI-ESPLOSIONI
Il moltiplicarsi di atti terroristici ha dato, tra l’altro,
un considerevole impulso allo studio di materiali
capaci di resistere alle esplosioni, o almeno di
limitarne i danni.
Una azienda USA (LINE-X, situata nel sud della
California) ha sviluppato un elastomero termoplastico (un poliuretano-poliurea) che può essere
spruzzato sulla superficie di un edificio e in grado
di limitare di almeno il 50% la formazione di frammenti dalle pareti.
Il prodotto, denominato XS350, aderisce tenacemente a metallo, legno, cemento, formando una
pellicola di spessore variabile tra 30 e 2000
micron che si essicca dopo 10 secondi dall’applicazione. Il materiale esplica la sua azione protettiva anche in occasione di tornadi e uragani.
Attualmente il prodotto è in fase di valutazione da
parte del Pentagono.
Fonte: Chemistry & Industry, 6.1.2003, pag. 6.
www.findarticles.com/cf_dls/m4PRN/2002_Dec_1
2/95245649/p1/article.jhtml
www.line-xicd.com/bomb/defense_news.asp
I paesi occidentali, Stati Uniti in testa, hanno purtroppo la cattiva abitudine di “esportare” negli altri
36
37
paesi un incredibile assortimento di rifiuti tossici e
radioattivi, frutto del benessere (proprio) e causa
di malessere (altrui).
È recente, anche se passato sotto silenzio dalla
maggior parte della stampa, il caso del convoglio
di navi carico di scorie radioattive partito alcuni
mesi fa dagli USA, giunto lentamente ma inesorabilmente in Europa e adesso al largo delle coste
inglesi in attesa di sbarcare il suo carico, in base
ad un accordo preso con una ditta britannica (ma
non con gli abitanti del luogo).
C’è poi il caso dei materiali di scarto derivanti da
PC, telefoni cellulari, lettori DVD, impianti stereo
etc. Ogni anno in USA vengono gettati 10 milioni
di vecchi PC. Circa due terzi di questi vengono
spediti in Asia (principalmente India e Cina) per la
loro distruzione e per il recupero delle parti pregiate, riutilizzabili. Il riciclo viene fatto manualmente dagli abitanti di sperduti villaggi che si
espongono così ai rischi di intossicazione da mercurio e piombo o di idrocarburi aromatici policicli-
ci (derivanti dalla combustione della plastica).
Infatti per recuperare i metalli dai cavi, montagne
(letteralmente) di fili vengono bruciati a cielo
aperto, con conseguenze immaginabili sulla salute della popolazione. Gli scarti irrecuperabili restano nei villaggi, inquinano le falde idriche (il fiume
Lianjiang, a nordest di Hong Kong, sulle cui rive
sorgono alcuni di questi “centri di raccolta e trattamento”, ha un contenuto di piombo 190 volte
superiore al normale).
Europa, Giappone, Canada, Australia hanno proibito l’esportazione di PC usati, imponendo il recupero
di metalli e della plastica all’interno dei rispettivi
paesi in centri specializzati. Negli Stati Uniti questi
centri sono ancora pochi, il procedimento è costoso
e si preferisce la più economica esportazione in
Cina; si stima che il riciclo interno comporterebbe
un costo maggiorato del PC di 25 $.
Fonte:
www.npr.org/programs/watc/features/2002/apr/c
omputers/
38
Polymers Abroad
XXXXXXXXXXXXXXXX
XXXXXXXXXXX
Questa rubrica, che curo ormai da tre anni, non avrebbe potuto avere nome migliore specialmente adesso. Lo
scopo della stessa è stato e continua ad essere quello di portare nella rubrica un tocco di internazionalità e dal
punto di vista dei contenuti una finestra su quello che succede all’estero. I rapporti personali e professionali che
ho avuto (ed ho) con l’estero si sono via via intensificati, i contatti da sporadici sono diventati frequenti e … da
diversi mesi vivo negli Stati Uniti da dove attualmente scrivo e continuo a prendermi cura della rubrica. Così dalla
italianissima società dalla quale ho iniziato la carriera da ingegnere chimico, ai tempi di un italianissimo gruppo
petrolchimico, passando per il master negli Xxxxxxxx
Stati Uniti e successivamente
Xxxxxxx per la multinazionale svizzera delle specialità chimiche per polimeri (che significa che gli altri poveri chemicals non sono poi così speciali?), sono approdato all’hi-tech company in the greater area of Boston (riporto la definizione dell’azienda utilizzata da queste parti).
Sempre nei Polymers. E sempre più Abroad.
Boston è una città piacevolissima (lo dico per esperienza personale), storica (da qui è cominciata la disputa con
gli inglesi per l’indipendenza americana, The Boston Tea Party), colta (le scuole più famose del pianeta sono qui,
dal tempio della tecnologia quale è il Massachusetts Institute of Technology, alla prestigiosa business school quale
Harvard) ed internazionale (vi sono quasi tutte le etnie) oltre che “europea” come la definiscono da queste parti
(lascio ai lettori l’interpretazione dell’aggettivo). Ma di Boston, delle sue scuole e del Tea Party come degli Usa e
dei polimeri americani avremo modo di parlare in seguito. Quello di cui parleremo in questo numero è di Polimeri
Puliti. L’articolo è stato scritto assieme all’amico-collega Gary Levinsons che è anche il COO (Chief Operating
Officier) della società per la quale lavoro e racconta di come rendere puliti i polimeri usando uno dei rimedi più
antichi e naturali quale l’utilizzo dell’argento.
Michele Potenza
POLIMERI
PULITI
di Michele Potenza e Gary Levinsons*
ANTIMICROBICI:
• 30.000 sono i morti all’anno come conseguenza
di tali infezioni;
• il tasso di infezioni nosocomiali è cresciuto del
36% dal 1975 al 1995;
• nel 1995 le infezioni nosocomiale sono costate
circa 4,5 miliardi di dollari.
Ed in Europa? Il Financial Times in un articolo
pubblicato il 19 febbraio 2000 riporta che circa il
9% dei pazienti che entrano in ospedale viene
infettato. Il 20% degli stessi riporta sintomi e riceve cure quando torna a casa per un’infezione
acquisita durante il soggiorno in ospedale. Tale
costo a carico del National Health Service è stimato in 1 miliardo di sterline l’anno. L’articolo chiude
con la scioccante opinione secondo la quale i
pazienti che vengono infettati hanno una probabilità di decesso 7 volte più alta.
UNA REALE NECESSITÀ
Quotidianamente siamo esposti a batteri, funghi e
più in generale microbi che minacciano il nostro
stato di salute. È praticamente impossibile non
essere esposti ad un potenziale contagio di malattia infettiva causata da tali microrganismi. La
maggior parte delle infezioni in organismi umani è
causata da microrganismi trasmessi direttamente
da un individuo all'altro, oppure indirettamente
attraverso l'acqua, gli indumenti, gli insetti ecc. Il
Center for Disease Control and Prevention, in
Atlanta stima che fino al 15% di tutti i pazienti
ospedalieri prende una qualche forma di infezione
nosocomiale. Ulteriori ricerche portano alla luce
risultati ancor più allarmanti:
• 24 milioni all’anno sono le infezioni nosocomiali
solo negli USA;
*
Chief Operating Officier della Ciba Specialità Chemicals SpA
39
Se da un lato esistono infiniti tipi di microrganismi
nel mondo, dall’altro i microbi responsabili delle
più comuni infezioni sono relativamente pochi; in
particolare:
• gli Enterobatteri come l’Escherichia Coli
41% di tutti i casi
11% di tutti i casi
• lo Stafilococco aureus
• i funghi quali Candida albicans
10%
9%
• Pseudomonas aeruginosa
Ma dove si trovano detti batteri? Un po’ dappertutto. Negli apparecchi che processano alimenti
per esempio, nei condizionatori delle automobili,
nei filtri di ricircolo dell’aria sugli aeroplani. Sul
copriwater, come sul tagliere di cucina … e così
via.
Il microbiologo Charles Gerba dell’Università
dell’Arizona nell’Aprile del 1999 scriveva “Vi sono
cento volte più batteri su un tagliere [da cucina]
che su un copri water, perciò leccate un copriwater piuttosto che un tagliere”.
Lo stesso ha trovato colonie batteriche nel 60%
delle lavatrici analizzate.
Dopo questo disarmante preambolo, veniamo ai
nostri antimicrobici ed a come questi rendano i
nostri polimeri puliti, ma per fare ciò abbiamo
bisogno di alcune nozioni di microbiologia.
UN
Figura 1. Microbo.
zione, si hanno batteri autotrofi e batteri eterotrofi
(a seconda della forma, organica o inorganica del
carbonio e dell'azoto di cui hanno bisogno).
Agli eterotrofi appartengono parte dei batteri non
patogeni e tutti quelli patogeni. Una seconda
distinzione viene fatta per la fonte di energia: alcuni batteri si servono a tale scopo della luce (fototrofi), altri invece traggono energia da legami chimici (chemiotrofi). Esistono poi batteri aerobici ed
anaerobici per quanto riguarda il bisogno di aria,
mesofili, termofili o psicrofili per la temperatura
etc.
I batteri possono essere mobili o immobili, e la
motilità è dovuta alla presenza di appendici filamentose, dette flagelli o ciglia, che possono variare per posizione, numero e lunghezza. Una ulteriore modalità classificativa è data dal diverso comportamento dei batteri di fronte a una colorazione
con violetto di genziana e soluzione iodio-iodurata
(colorazione di Gram), che li divide in gram-positivi e gram-negativi.
I parassiti si differenziano ulteriormente in commensali, se albergano nell'ospite senza determinare malattia, e patogeni, se sono in grado di determinarla. Questi ultimi possono essere patogeni
facoltativi, se causano malattia solo in particolari
condizioni, oppure patogeni obbligati, se la loro
presenza è sempre causa di una forma morbosa.
Quando i patogeni penetrano in un organismo e
inducono modificazioni funzionali e anatomiche, si
dice che è in atto un'infezione. I funghi (o miceti),
sono vegetali appartenenti alle Tallofite, sono privi
di clorofilla, e vivono come saprofiti e simbionti di
animali e vegetali. Sono in genere eucarioti
(hanno un nucleo) e comprendono muffe e lieviti
oltre che funghi propriamente detti. Possono essere unicellulari, di dimensioni microscopiche, oppure pluricellulari e organizzarsi in forme di notevole
grandezza e svilupparsi formando filamenti detti
"ife", ramificati e intrecciati tra loro (ife vegetative), che danno origine a una particolare struttura
detta micelio. I funghi si riproducono mediante
spore, che sono asessuate o sessuate, a seconda
PO’ DI BIOLOGIA
Non sono un biologo, ve lo dico subito, ma alcune
nozioni di base di biologia sono necessarie per il
proseguo dello studio degli antimicrobici (i biologi e
specie i microbiologi non me ne vogliano per la
banalità e le eventuali fesserie che riporterò nel presente paragrafo). La biologia è una scienza che studia tra le altre cose (come la zoologia e la botanica)
la microbiologia cioè quella branca che ha a che
fare con microrganismi. Della microbiologia noi
daremo alcune nozioni di base relative ai batteri, ai
funghi, al loro meccanismo di riproduzione ed al
suo controllo. La microbiologia come detto studia i
microbi, creature individualmente troppo piccole
per essere viste ad occhio nudo. Esse includono tra
l’altro funghi, batteri ed alghe. I batteri sono microrganismi unicellulari, procarioti (per quello che ci
interessa penseremo ai procarioti come creature il
cui DNA non è in un nucleo), di dimensioni variabili da 0,2 a 10 micrometri (Figura 1).
Sono caratterizzati dalla presenza di una parete
cellulare e dall'assenza di clorofilla. Si distinguono
per la morfologia, conferita dalla parete cellulare
in microrganismi sferici, detti cocchi, e microrganismi cilindrici, detti bacilli. Si hanno cocchi a
coppia (diplococchi), o a catena (streptococchi),
o a grappolo (stafilococchi), o cocchi a tetrade
(sarcine). Anche i bacilli possono avere morfologie alquanto diverse. Per quanto concerne la nutri-
40
che la formazione della nuova cellula avvenga con
o senza fusione dei nuclei. Ai funghi asessuati
appartengono i funghi imperfetti, che costituiscono la maggior parte dei generi patogeni per la specie umana.
Crescita batterica e controllo della stessa
Affinché i batteri possano riprodursi è necessario
che vi sia disponibile, una fonte di carbonio; azoto,
O2 ma anche S, P etc.
La moltiplicazione batterica avviene in genere per
scissione binaria: da una cellula se ne formano
due con identico genotipo; questo meccanismo di
riproduzione favorisce la trasmissione inalterata
delle caratteristiche ereditarie. Il numero aritmetico di cellule in ogni generazione si esprime come
esponente di 2. Il tempo di riproduzione è funzione
di diversi parametri quali temperatura, tipo di
microrganismo etc. e varia da 20 min. a 24 ore.
Per rappresentare i dati in genere si usa la scala
logaritmica.
Durante la vita media dei batteri si riconoscono
quattro fasi (Figura 2): lag phase è una fase di
intenso metabolismo in cui il numero delle cellule
varia di poco. Detta fase dura in genere da 1h a 10
giorni.
Log phase è la fase di crescita intensa, le cellule
sono metabolicamente particolarmente attive.
Segue una fase stazionaria dove il numero di
decessi eguaglia il numero di nuove cellule (fase
metabolica rallentata). Detta fase non ancora perfettamente chiara sembra dovuta a fattori quali
alterazione del pH, esaurimento dei nutrienti ecc.
Death phase: i decessi superano le nuove cellule.
Per la misura della crescita batterica esistono
diversi metodi diretti ed indiretti. Tra i diretti vi è il
“plate count” dove attraverso una serie di diluizioni è possibile contare numericamente il numero di
colonie batteriche. La “filtrazione” (utile quando la
quantità dei batteri non è eccessivamente elevata)
e “MPN most probabile number” che è un metodo
statistico per enumerare i batteri. I metodi indiretti si basano su misure di “torbidità” della soluzione
o stimano l’attività metabolica tramite la misura di
sostanze quali ossigeno e CO2 etc.
Per quanto riguarda il controllo dei microbi si parla
di Sterilizzazione (fatta tramite riscaldamento sotto
pressione) quando tutti i microbi (incluso le endospore particolarmente resistenti) sono distrutti;
Disinfezione (mediante radiazioni o utilizzo di
sostanze chimiche) quando si distruggono le
forme vegetative patogene; Sanitizzazione (lavaggio ad alta temperatura o immersione in sostanze
chimiche) quando si intende ridurre il numero di
colonie batteriche. I metodi per il controllo dei
microbi come accennato possono essere di natura
fisica come il riscaldamento in tutte le sue forme
(secco o umido, pasteurizzazione ecc.), la filtrazione, l’irraggiamento, essiccamento, pressione
osmotica; o di natura chimica. Tra questi riportiamo l’utilizzo di derivati del fenolo (lo stesso è stato
bandito per problemi di irritazione della pelle)
come il cresolo, gli alogeni quali il cloro o lo iodio,
gli alcoli, alcune aldeidi, l’ossido di etilene, l’ozono
ed infine i metalli pesanti ed i loro derivati (tra cui
chiaramente l’argento).
ANTIMICROBICI:
COSA SONO?
Sono sostanze naturali o sintetiche, organiche o
inorganiche, che inibiscono la crescita di batteri
e/o funghi. L’attività degli stessi dipende da parametri quali concentrazione nel substrato, temperatura, pH, tipologia del substrato, tipologia del
microrganismo da “combattere”, oltre che dalla
presenza di umidità ed ossigeno. Nelle plastiche
gli antimicrobici sono utilizzati come biostabilizzanti per proteggere il materiale da biodegradazione (con conseguente deterioramento delle proprietà meccaniche ed estetiche quali il colore). I
più diffusi tra questi sono l’OBPA (oxybisphenoxarsina) parte degli antimicrobici arsenic-based
e l’OIT (octilisotiazolina). La biodegradazione
riguarda soprattutto quei polimeri che forniscono
sufficiente nutrimento ai batteri (tipico esempio è
il plastificante del PVC). L’altro importante uso
degli antimicrobici, quello di cui parliamo nel presente articolo, è come ingredienti attivi. Come tali
sono impiegati per mantenere la superficie in uno
stato igienico. Cioè pulito. Sopprimono o ammazzano batteri o funghi aiutano a ridurre gli odori e
proteggono in generale dai microrganismi patogeni. Tra gli ingredienti attivi si distinguono gli organici (come il triclorodifeniletere o triclosano di cui
abbiamo parlato in un precedente articolo su AIM
Magazine) e gli inorganici quali quelli a base di
ioni di argento (argomento del presente articolo).
IL
MERCATO DEGLI ANTIMICROBICI
Livello consumatore finale. Come possiamo
immaginare il PVC fa la parte da leone per i polimeri e l’OBPA per gli additivi. In termini di fattura-
Figura 2. Curva di crescita dei batteri.
41
APPLICAZIONI:
Electric appliances
Refrigerators
Dish washers
Toilets (seat, tanks)
Humidifier
Water purifiers
Vending machines
Electric shavers
Electric calculators
Medical
Disposable probes
Catheters
Hospital clothing
Burn bandages
Bloodlines
Surgical equipment
All hospital room installations
Air conditioning systems
Food sanitation
Packaging film
Plastic hoses (beer, beverages, etc.)
Chopping/cutting board
Vacuum bottles
Stainless steel for industrial kitchens
Food processing equipment
Conveyor belts
Building materials
Flooring
Ceiling
Wallpaper
Partitions
Paints and coating (also fungicidal)
Insulation
Textiles
Sport clothing
Shoe liners and socks
Clothing
Towels and table napkins
Curtains
Carpets
Bed linens
Military uniforms
OP textiles
Transportation
Automobile interiors and air conditioning
Bicycle grips
Subway, train and airplane interiors and
Air conditioning systems
Stationery & others
Ballpoint pens
Credit cards
All types of toys
Paper products
to il Nord America da solo conta per il 40% seguito dal Giappone (particolarmente sensibile al problema batteri) dall’Europa e dall’Asia ed infine dal
Sud America.
Il Mercato giapponese è stato il primo a scommettere sugli antimicrobici a base argento. Il mercato
degli stessi nel solo Giappone nel 1996 era di circa
700 miliardi di YEN (dato basato sul valore degli
articoli trattati e non sul valore degli additivi). Gli
antibatterici inorganici contano per circa il 15%
ma il loro uso è destinato ad aumentare. Secondo
un recente sondaggio condotto in America l’80%
degli intervistati dice di essere preoccupato per il
contagio da batteri, il 75% considera la contaminazione del cibo da batteri un rischio serio per la
salute. I media sono lo specchio di tali preoccupazioni. Vi sono 11 volte più articoli sui batteri che
10 anni fa. Circa 670 differenti antibatterici sono
stati introdotti nel marcato americano negli ultimi
6 anni. Secondo un sondaggio condotto a fine ”99
dal Decision Analyst’s American Consumer
Opinion per conto di AgION Technologies Inc.,
una azienda specializzata in antimicrobici silverbased, il 71% degli intervistati ha un interesse
significativo nell’avere AgION antimicrobico nei
prodotti di questi il 65% delle donne ed il 58% degli
uomini è disposto a pagare un “premio” per detti
prodotti. Nella Tabella si riassumono i tipici prodotti in cui gli antimicrobici trovano utilizzo.
L’ARGENTO
COME ANTIMICROBICO: UN PO’ DI
STORIA
Sebbene l’importanza dell’argento come battericida venga trovata in letteratura sin dal tardo 1800,
il suo utilizzo come agente purificante è riconosciuto da circa 6.000 anni quando gli Egiziani lo
utilizzavano per purificare l’acqua che dovevano
conservare per lunghi periodi di tempo.
Gli stessi Fenici utilizzavano l’argento per mantenere inalterate le caratteristiche dell’acqua, del
vino e dell’aceto durante il trasporto. Erodoto (79
42
d.C.) scriveva che Ciro il Grande, Re di Persia
(550-529 a.C.), un uomo particolarmente attento
alla salute dei suoi cittadini, avesse un’acqua
estratta da una fonte speciale, “bollita, e con svariati vagoni a quattro ruote trainati da muli, portata in contenitori di argento, che seguivano il re
dovunque egli si recasse”. Dal 1300 la stessa
Chiesa Cattolica scelse specificatamente l’argento
per i suoi calici e per le vaschette per l’eucaristia
per prevenire il diffondersi di malattie tra preti e
praticanti.
Nel 1884 il medico tedesco dott. F. Crade fermò
sensazionalmente la malattia che causava la
cecità in generazioni di neonati, l’efficacia quale
principio attivo fu attribuita all’argento.
Nel 1920 l’argento fu diffusamente utilizzato per
combattere malattie infettive quali la tubercolosi,
infatti soltanto nel 1927, furono scritte circa
3.000.000 di prescrizioni mediche per medicinali
contenenti argento.
La medicina moderna utilizza l’argento come antimicrobico in usi quali: trattamento di ustioni, infezioni degli occhi nei neonati ecc.
tossicità. Lo Zinco migliora la stabilità al colore dei
substrati (riduce la mobilità dell’argento nella zeolite) ma da solo è poco efficace. Il rame è particolarmente efficace contro alcune muffe, ha effetto
sinergico con l’argento ma non è consentito in
contatto con alimenti.
L’argento potrebbe in teoria essere utilizzato tal
quale (per esempio sotto forma di coating) ma il
procedimento risulterebbe costoso o sotto forma
di sali ma in questo caso sarebbero presto sciolti
in acqua e “lavati” in poco tempo (vita media antibatterica cortissima). Infine l’argento nella forma
ionica può essere incorporato in un vettore (zeolite) che ne regola il rilascio (attraverso lo scambio
ionico).
Proprietà fisiche delle zeoliti.
Le zeoliti sono quarzi allumino-silicati con struttura cristallina particolarmente igroscopica. Sono
utilizzate in diversi campi ed applicazioni come gli
adesivi, i setacci molecolari, i catalizzatori e gli
scambiatori ionici. La funzione di scambiatore
ionico rende la zeolite il vettore ideale per gli ioni
di argento. Hanno una ottima resistenza termica,
che nel caso della zeolite tipo A (1:1 alluminio e
silice) è di minimo 550 °C ed arriva a circa 800 °C.
Hanno anche una buona resistenza agli acidi e al
calore che aumenta con l’aumentare del contenuto di silice. Per essere utilizzata come antibatterico, la zeolite è “caricata” di ioni argento.
Gli Ag+ si legano ionicamente alla zeolite e si collocano nei pori della stessa che hanno un diametro di 4 Å (Figura 4).
Gli ioni argento sono rilasciati nell’ambiente i cambio di altri ioni (quali sodio per esempio) fino al
raggiungimento dell’equilibrio.
Il tipo A di zeolite in genere precipita sotto forma
PERCHÉ L’ARGENTO?
Sono diversi i metalli pesanti che hanno proprietà
antimicrobiche. Tra questi vi è lo zinco, il piombo,
l’oro, il nichel, il cadmio, il rame, l’argento e il
mercurio.
Ma per diversi motivi, come riportato in Figura 3,
tra i quali economici e di sicurezza solo pochi possono essere effettivamente utilizzati come antibatterici. Tra questi Ag, Zn e Cu.
L’argento sicuramente è lo ione più efficace
(anche in piccolissime quantità, per tale caratteristica è chiamato oligodinamico) ed ha una bassa
Figura 3. MIC = Minimum Concentration for Inhibiting
Growth. New Practical Handbook for Sterilization
Engineering, 467, Science Forum (1991).
Figura 4. Silver-Zeolite.
43
di cristalli cubici di lato 1 micron. La polvere di
zeolite e ioni d’argento è abbastanza fine e si presenta simile ad un talco.
Come funzionano gli antimicrobici silver based?
Ognuno fa la sua parte. La zeolite quella di vettore come detto, lo scambio ionico fa la parte del
meccanismo di rilascio dello ione argento e lo ione
Ag esplica la sua funzione battericida. Il rilascio di
ioni argento è regolato dalle classiche leggi sull’equilibrio ionico (Figura 5).
Il meccanismo di rilascio come detto è quello dello
scambio ionico e quindi affinché il rilascio dell’argento avvenga è necessario che altri ioni (tipo
l’onnipresente sodio) prendano il posto dell’argento nella zeolite (Figura 6).
Una volta rilasciato l’argento, secondo dei meccanismi non del tutto noti, agisce sul microbo in tre
modi: viene ingerito dal microbo e ne distrugge le
pareti cellulari; ne inibisce la riproduzione ed interrompe il metabolismo (Figura 7).
Figura 5. Rilascio ioni argento nel tempo.
Come si valutano le proprietà di tali antimicrobici?
Principalmente attraverso due tipi di test: Direct
Inoculation Test a Atomic Absorption Test.
1) Atomic Absorption (AA): il campione è immerso in una determinata quantità di soluzione
contenente dei sali e lasciato li per 24 ore.
Dopo le 24 ore una aliquota del liquido viene
prelevata e tramite una macchina specifica
viene misurata la quantità di argento presente
nella soluzione cioè l’argento che è stato rilasciato dal campione. Se non vi si trova argento
nella soluzione vuol dire che il rilascio non è
ottimale e che quindi non vi è argento disponibile sulla superficie del manufatto che pertanto
non risulterà antimicrobico.
2) Direct Inoculation (DI): è un test secondo cui si
inocula una quantità di batteri nota sulla superficie di un campione trattato con antimicrobico. Il
provino è incubato per 24 ore. I risultati vengono
riportati in CFU (colony forming units) prima e
dopo l’incubazione. Se il prodotto funziona si ha
una riduzione del numero di colonie batteriche.
Figura 6. Scambio ionico Argento-Sodio sulla superficie
della zeolite.
Figura 7. Meccanismi d’azione dell’Argento sui microbi.
cipi chimici). I silver based antimicrobials basati
sulla zeolite tipo A, come quelli commercializzati
da AgION sono utilizzati con successo in diversi
settori dal consumer (pezzi per la cucina, il bagno
ecc.) all’imballaggio (alimentare e non ecc.); dal
trattamento delle acque (i filtri sono un tipico
esempio applicativo di tali prodotti) alle applicazioni idustrial (per esempio negli impianti dove si
processano derrate alimentari), agli acciai rivestiti
(utilizzati negli elettrodomestici e nelle condotte
d’aria) ecc.
CONCLUSIONI
L’introduzione di antimicrobici costituiti da ioni
argento rappresenta un notevole passo avanti
nella lotta ai microbi ed alle infezioni ad essi associate. La possibilità di avere detti ioni in un vettore zeolite estende il campo applicativo dalle sole
plastiche ai metalli (passando attraverso il coating). Inoltre l’utilizzo di antimicrobici inorganici
supera molte delle barriere che l’utilizzo di principi
attivi organici avevano sollevato (su tutte ricordo il
presunto sviluppo di superbatteri resistenti ai prin-
BIBLIOGRAFIA
44
Technology 1978:573-580.
New Practical Handbook for Sterilization Engineering.
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1983;21(2):209-220.
Maki AW, Macek KJ. Environmental. [sic] Science &
45
I Giovani
Uno degli obiettivi primari di AIM è sempre stato quello di rivolgere particolare attenzione al mondo dei giovani
che lavorano in ambito macromolecolare. In tal senso AIM ha programmato di impegnarsi in questa direzione
facendosi promotrice di diverse iniziative che possano favorire gli incontri tra giovani ricercatori (neolaureati, borsisti, dottorandi, assegnisti, giovani ricercatori dell’industria e del CNR …) e/o con i ricercatori “più maturi” (professori universitari, ricercatori del CNR e dell’industria). Lo scopo primario è quello di favorire gli scambi culturali
fra giovani provenienti da contesti lavorativi e geografici molto diversi fra loro, spesso troppo ermetici, e fra i vari
“ceti sociali” degli Enti presso cui si svolge la loro ricerca.
“Macrogiovani”, che festeggerà quest’anno il suo sesto compleanno, rimane una delle esperienze cardine di AIM.
Infatti, quest’anno sarà inserito all’interno della scuola AIM “M. Farina” a Gargnano dal 24 al 28 maggio 2004.
Inoltre, in tale occasione sarà fatto il punto sulle prospettive lavorative di un giovane con curriculum macromolecolare.
Prima di passare ai dettagli dell’evento, vorrei augurare ai partecipanti che anche questa edizione mantenga inalterato lo spirito, la freschezza, la voglia di incontrarsi e di confrontarsi che hanno contraddistinto le precedenti edizioni e che sempre più giovani provenienti sia dal sistema accademico sia dal mondo produttivo partecipino attivamente a questa iniziativa nel suo genere unica.
Infine, vorrei ricordare a tutti, soprattutto ai docenti/tutori dei giovani partecipanti alla Scuola (invitandoli a coinvolgere i loro giovani ed a darne massima divulgazione), che simili eventi hanno portato in passato e porteranno
in futuro inevitabili ricadute positive, tra le quali: dare modo ai giovani di conoscersi a vicenda, creando la possibilità di collaborazioni scientifiche e favorendo il trasferimento tecnologico tra mondo della ricerca pubblica e privata. Lo scopo è ambizioso, ma è teso a creare un network di persone e di cultura macromolecolare che potrebbe
portare nuova linfa vitale al sistema indivisibile “Industria-Ricerca-Università” italiano.
Loris Giorgini
MACROGIOVANI 2004
GIORNATE
DI DISCUSSIONE SU PROGETTI
DI RICERCA MACROMOLECOLARE
Palazzo Feltrinelli, Gargnano (Brescia), 24-28 maggio 2004
di Loris Giorgini e Giuliana Gorrasi
acendo seguito all’iniziativa realizzata con
successo negli ultimi anni, per il 2004 l’AIM
propone “Macrogiovani 2004”, un incontro
tra i “giovani” impegnati nella ricerca in campo
macromolecolare che si terrà a Gargnano all’interno del XXVI Convegno-Scuola “M. Farina” dal 24
al 28 maggio 2004.
Obiettivo dell’evento è quello di promuovere un
dibattito e favorire gli scambi “culturali” fra giovani, provenienti da contesti lavorativi e geografici
molto diversi, operanti nel settore delle macromolecole, avendo come base le ricerche che, a diverso titolo, essi conducono nelle università, nel CNR
o nell’industria: dunque l’incontro è aperto a giovani tecnici, a dottorandi, a specializzandi, ad
assegnisti di ricerca, a borsisti ed a laureandi, che
avranno modo di scambiarsi le proprie esperienze
e di discutere i temi scientifici dei propri studi.
A tal fine è prevista una sessione poster allestita
per tutta la durata della Scuola “M. Farina”. In
questo modo i partecipanti alla Scuola ed a
“Macrogiovani 2004” potranno presentare i propri
lavori con tempi e modi flessibili, dando anche
modo a chi parteciperà alla Scuola, a diverso titolo, di poter visionare e discutere con gli autori questi contributi scientifici.
Il pomeriggio del mercoledì 26 maggio dalle ore
15 sono previsti brevi interventi della durata di 57 minuti (con tre o quattro lucidi inerenti al poster
presentato), in cui ciascun relatore potrà illustrare
brevemente il tema su cui lavora ed i risultati più
importanti della propria ricerca. Alla fine di ogni
relazione sarà aperta la discussione.
Le relazioni dei giovani saranno precedute, mercoledì 26 maggio, da una relazione introduttiva dei
Coordinatori della Commissione Giovani dell’AIM
F
46
grassetto e successivamente, in corsivo, il nome(i)
dell’autore(i) con relativa chiara indicazione dei
recapiti dell’Ente o Azienda di provenienza e indirizzo e-mail. Nel testo non devono essere inserite
tabelle e figure di nessun tipo.
Questi contributi saranno pubblicati on-line sul
sito Web dell’AIM: http://www.aim.it
Il mancato invio degli abstracts non compromette la possibilità di presentare il proprio lavoro sia
come poster durante tutta la durata dei lavori
che oralmente il 26 maggio.
Infatti, per evitare di essere vincolati a rapporti
strettamente scientifici, sarà dato spazio anche a
chi non vorrà, per diversi motivi, presentare contributi scritti.
sulle prospettive occupazionali nel settore della
scienza e tecnologia delle macromolecole. Al termine delle presentazioni dei partecipanti, è in programma una discussione generale su come organizzare al meglio la prossima edizione di
“Macrogiovani 2005” e le prossime iniziative rivolte ai “giovani” di AIM.
PROGRAMMA
Sessione Poster
L’evento consisterà in una sessione poster allestita per tutta la durata della Scuola “M. Farina”:
I poster, che potranno essere preparati su argomenti specifici delle proprie ricerche in corso o su
tematiche macromolecolari di aspetto generale
(per evitare la titubanza dei partecipanti legati
all’industria di presentare ricerche riservate),
potranno essere affissi sin dal primo giorno della
Scuola, lunedì 24 maggio.
Dimensioni max: 90 cm (larghezza) x 120 cm
(altezza)
I potenziali interessati all’incontro, ma non partecipanti alla Scuola potrebbero trasmettere i poster
tramite amici della stessa Università o spedirlo
all’attenzione degli organizzatori. (contattare direttamente per questa eventualità Silvia Vicini, [email protected], o il sottoscritto Loris Giorgini,
[email protected]).
COMITATO ORGANIZZATIVO
L’incontro è organizzato da:
Consiglio
Direttivo
dell’AIM,
(Maurizio
Galimberti, Pirelli Pneumatici, Milano; Concetto
Pugliesi, ICTP-CNR, Catania; Giovanna Costa,
ISMAC-CNR,
Genova;
Giancarlo
Galli,
Università, Pisa; Riccardo Pò, Polimeri Europa,
Ist. Donegani, Novara; Beniamino Pirozzi,
Università, Napoli; Maurizio Toselli, Università,
Modena)
Commissione Giovani dell’AIM (Giuliana
Gorrasi, Università, Salerno; Loris Giorgini,
Università, Bologna; Silvia Vicini, Università,
Genova; Sabrina Carroccio, ICTP-CNR, Catania;
Luciano Falqui, ISMAC-CNR, Genova; Laura
Mazzocchetti, Università, Bologna; Laura
Boggioni, CNR, Milano; Simona Losio, CNR,
Milano; Savio Scarano, Corimav Consorzio
Pirelli, Università Bicocca, Milano; Elena Pucci,
Corimav Consorzio Pirelli, Università Bicocca,
Milano; Eleonora Ciaccia, Basell, Ferrara)
Prof. Mauro Aglietto dell’Università di Pisa,
segretario amministrativo e responsabile editoriale dell’AIM
Prof. Enrico Pedemonte dell’Università di
Genova, responsabile dei Convegni-Scuola AIM.
Mercoledì 26 maggio ore 15.00
– Relazione introduttiva dei Coordinatori della
Commissione Giovani dell’AIM sulle prospettive
occupazionali nel settore della scienza e tecnologia delle macromolecole.
– Brevi presentazioni delle proprie ricerche da
parte dei Giovani partecipanti.
– Discussione generale su come organizzare
“Macrogiovani 2005” e le prossime iniziative
AIM per i Giovani.
ISCRIZIONE
La partecipazione a Macrogiovani 2004 è gratuita
per tutti i partecipanti al Convegno-Scuola “M.
Farina” e per i soci AIM 2004.
L’iscrizione all’evento dovrà essere effettuata
unitamente all’invio degli eventuali abstracts
(vedi punto successivo) mediante mail a Sabrina
Carroccio, [email protected], e Luciano
Falqui, [email protected], entro il 10 maggio
2004. Indicando nel subject “Iscrizione a macrogiovani 2004 Paolo Rossi”.
PREPARAZIONE
Per informazioni contattare i Coordinatori della
Commissione Giovani dell’AIM:
Loris Giorgini - Tel. e Fax 051 2093688; E-mail:
[email protected]
Giuliana Gorrasi - Tel. 089 964019; Fax 089
964057; E-mail: [email protected]
E INVIO DEGLI ABSTRACTS
Gli abstracts, max una pagina formato A4, tutti i
margini 2,5 cm, redatti in times new roman carattere 12, devono evidenziare il titolo del lavoro in
… e anche il Sito Web: http://www.aim.it/
47
I Congressi futuri
Il Comitato Editoriale di AIM Magazine ha preso la decisione di trasformare il “Calendario Congressi” da cartaceo a elettronico.
Ci sarà un link sul nostro sito, puntualmente aggiornato, di conseguenza i nostri lettori e soci AIM potranno
conoscere, con un dovuto anticipo, gli annunci di convegni e congressi nel settore macromolecolare.
Responsabile di questo link sarà la nostra collaboratrice Simona Bronco.
Quindi nella rubrica “Congressi futuri”, che sarà sempre molto sintetica, una o due pagine al massimo, verranno riportati dei riquadri dedicati soltanto alle manifestazioni organizzate e/o sponsorizzate dall’AIM e
ovviamente un flash per ricordare l’esistenza del link elettronico “Calendario congressi”.
Il Comitato Editoriale
XXVI CONVEGNO SCUOLA AIM
“MARIO FARINA”
SU
TECNICHE AVANZATE E NUOVI SVILUPPI NELLA
CARATTERIZZAZIONE DEI MATERIALI POLIMERICI
Palazzo Feltrinelli, Gargnano (BS), 24-28 maggio 2004
Il pieghevole dedicato al Convegno viene distribuito come inserto in questo numero. Copie supplementari possono essere richieste alla segreteria amministrativa AIM o recuperate consultando il
nostro sito: www.aim.it.
Tramite il sito ci si può anche iscrivere al Convegno.
EUROPEAN POLYMER FEDERATION (EPF)
EUROPOLYMER CONFERENCE 2004
(EUPOC 2004)
Gargnano (BS), Palazzo Feltrinelli, 30 May – 4 June, 2004
http://biomat.pharmacy.man.ac.uk/EUPOC2004
For more information contact:
Elisa Taburoni, Dip. di Chimica e Chimica Industriale, Università di Pisa,
Via Risorgimento 35, 56126 Pisa (Italy)
Fax +39 50 2219320 or 2219260; E-mail: [email protected]
48
GIORNATA DELLA COMMISSIONE AMBIENTE E BENI
CULTURALI DELL’AIM SU POLIMERI E BENI
CULTURALI
Firenze, Cassa di Risparmio di Firenze, Sala dei Congressi,
4-5 giugno 2004
La partecipazione è gratuita. Le adesioni dovranno pervenire alla segreteria entro fine febbraio 2004
agli indirizzi e-mail: [email protected]. Per ulteriori informazioni rivolgersi alla Segreteria
(Prof. Enrico Pedemonte, Dott, Silvia Vicini, Dott. Elisabetta Princi, Dipartimento di Chimica e
Chimica Industriale, Via Dodecaneso 31, 16146 Genova, Tel. 010 3538713 - Fax 010 3536199).
THIRD
MODEST 2004
INTERNATIONAL CONFERENCE ON POLYMER
MODIFICATION, DEGRADATION AND
STABILIZATION
Lyon, Villeurbanne (France), University Claude Bernard Lyon 1,
August 29 - -September 2, 2004
http://modest.unipa.it
For more information contact:
Dr. Alain Michel, Laboratoire des Matériaux Polymères et des Biomatériaux, Domaine Scientifique
de la Doua, Bâtiment ISTIL, 15 Boulevard Latarjet - 69622 Villeurbanne Cedex, France
Tel.: (33) 0472432701; Fax: (33) 0478892583; E-mail: [email protected]
49
I Congressi svolti
Ci proponiamo di inserire un dettagliato rendiconto sul XVI Convegno Italiano di Scienza e Tecnologia delle
Macromolecole nel prossimo numero di AIM Magazine.
Ci limitiamo qui a poche parole per sottolineare il grande successo del Convegno che ha visto la partecipazione di oltre 350 persone. Tutto è andato molto bene, con una folta e attiva partecipazione di giovani e
questo fa ben sperare per il futuro della nostra associazione.
In questo numero inseriamo un rendiconto della Tavola Rotonda su “L’Italia, l’Europa e la ricerca scientifica: scienza e innovazione tecnologica come sfida per lo sviluppo” che si è tenuta a Pisa mercoledì 24 settembre 2003.
Il Comitato Editoriale
TAVOLA ROTONDA SU
“L’ITALIA, L’EUROPA E LA RICERCA
SCIENTIFICA: SCIENZA E INNOVAZIONE
TECNOLOGICA COME SFIDA PER LO
SVILUPPO”
di Roberto Filippini Fantoni
PARTECIPANTI
domande che la platea avrebbe potuto fare: il condizionale è d’obbligo perché queste tavole rotonde
finiscono sempre con il non essere, come dovrebbero, dei dibattiti tra addetti ai lavori con la partecipazione del pubblico ma semplici esercizi oratori in cui ognuno esprime delle idee con l’aggiunta
del fatto che i più fortunati (quelli che parlano successivamente) potranno contestare o correggere
le visioni di chi li ha preceduti e tutto finisce così.
Se la relazione su questa tavola rotonda l’avesse
redatta uno che nel settore ricerca è più coinvolto
(università, CNR e ricercatori della grande industria, questi ultimi oggi sempre più rari) credo che
avrebbe sprizzato veleno per quello che è stato o
non è stato detto, oppure avrebbe fatto discorsi di
parte.
Il compito l’hanno assegnato al sottoscritto che
con la ricerca, al momento, ha poco da spartire e
al massimo a livelli decisamente infimi e senza
interessi personali.
Dovrei, quindi, essere più obiettivo, ma non posso
fare a meno di essere pessimista perché il quadro
Prof. Ezio Martuscelli – Dipart. Relazioni Internaz.
CNR, Serv. Mediterraneo e Medio Oriente
Dott. Maurizio Iaccarino – IGB-CNR, Segr.
Generale UNESCO/ICSU
Dott. Giuseppe Riva – Direttore generale Rapporti
interni Federchimica
Dott. Augusto Palombini – Associaz. Dottorandi e
Dottori di Ricerca Italiani (ADI)
Dott. Pietro Greco – Giornalista scientifico, Dir.
Master in Comunicazione della Scienza, SISSA
Trieste
Il tema di questa tavola rotonda era ambizioso e
difficile da sviluppare in maniera completa in
quanto abbracciava campi molto vasti, interessi
differenziati e questioni politicamente rilevanti.
Ognuno ha fatto del proprio meglio per chiarire
certi concetti ma già si sapeva che la discussione
non sarebbe stata comunque esauriente, nel senso
che nessuno dei partecipanti a questa tavola
avrebbe potuto rispondere alle innumerevoli
50
esposto dai vari oratori non è certo di quelli che ti
lasciano soddisfatto o speranzoso.
Iaccarino, dopo un breve escursus storico e spiegazioni sul come sia nato ICSU (Int. Council
Scientific Union) ci ha spiegato che l’EU non può
finanziare la ricerca ma solo approvvigionare programmi di attività complementari alle attività dei
singoli paesi (Politiche Scientifiche); Francia,
Germania e Inghilterra assorbono molti finanziamenti di questo tipo.
Se guardiamo alle possibilità, il fatto che l’Europa
dei quindici abbia un PIL analogo a quello degli
USA e che quella dei venticinque sarà decisamente superiore, dovrebbe indurci a pensare in positivo. Già oggi l’Europa ha un 34% di pubblicazioni
contro il 33% degli USA, ma evidentemente si
dovrà migliorare la coordinazione dei vari paesi
perché tali ricerche non siano palestre accademiche fini a se stesse ma siano utili a livello europeo.
Si dovrebbe poter proporre un programma comune. Ma qui sorgono molti dubbi e altrettante
domande. Come cooptare tutti gli interessati?
Come coinvolgere la società civile?
Già si sa che molti paesi sono contrari a strutture
gestite da una Ricerca Europea.
C’è sì la proposta di un European Research
Council (ERC) ma una vastissima percentuale
dovrebbe andare alle scienze della vita.
Anche la proposta di finanziare una ricerca europea su proposte dei ricercatori ha scarse possibilità di vedersi presa in considerazione, ma
dovremmo comunque continuare a metterla sul
tavolo delle trattative.
Infine una affermazione categorica: i Programmi
Quadro sono la negazione della Ricerca. E dopo
questa affermazione si è intuito che in sala non
tutti erano d’accordo con l’oratore.
Nel primo intervento Greco ha affermato che la
scienza e l’innovazione devono essere viste come
sfida per lo sviluppo e la sfida potrà anche essere
vinta, almeno parzialmente, se un’altra e trainante
sfida risulterà vincente e cioè quella di passare dal
2,5% al 3,0% di PIL entro il 2010. Ecco che già
questa introduzione mostra come l’innovazione
non abbia solo da vincere la prova con se stessa
ma deve farlo aspettando la vittoria dell’Europa in
un campo che dire minato è ben poco. Infatti
Iaccarino ha contestato questo ambizioso traguardo rivelando che dietro l’affermazione e le dichiarazioni d’intenti c’è il vuoto e i programmi per raggiungere quell’obiettivo sono, ad oggi, inesistenti.
Cominciamo bene!
L’Europa non ha ricerca integrata – se si escludono rari casi di partnership – e si sviluppa e si programma – nemmeno tanto – a livello delle singole
nazioni, mentre i nostri competitors (USA,
Giappone e Cina) hanno quasi sempre una mente
centrale che li coordina, seppur in maniera diversa l’uno dall’altro.
Eppure l’Europa riesce ad essere qualitativamente competitiva mentre a livello di trasferimento e
potenziamento tecnologico ci sono troppe lacune
da sanare.
Passando all’Italia, il quadro si offusca ulteriormente visto che noi abbiamo il 50% di spese di
ricerca rispetto ai paesi Europei d’avanguardia e
non si intravedono grossi spiragli, anzi quelli che
sono all’orizzonte sembrano chiudersi sempre più
visto il calo delle assunzioni. Ciò nonostante,
andando contro il dogma sviluppo = ricerca, noi ci
difendiamo ancora sullo sviluppo nonostante una
ricerca che sfuma sempre più verso l’orizzonte.
Non si sta parlando di “orizzonte” degli eventi che
fa prevedere la presenza di un vicino buco nero,
ma la situazione nera lo rimane comunque!
E perché l’uditorio lo potesse capire meglio Greco
ha consigliato la lettura di un libro di Ferrari che
descrive dettagliatamente la nostra precaria situazione.
La spesa per la ricerca è da noi in netto declino:
0,5% del PIL a livello statale e 0,55% a livello industriale contro 0,6% e 2% a livello europeo: sembra
quasi che i più bastonati siano i ricercatori dell’industria ma si deve leggere questo dato tenendo
conto della sparizione di molte industrie o, meglio,
dell’acquisizione di esse da parte di multinazionali
che mantengono in vita i propri centri di ricerca
all’estero. Nel nostro settore di questi esempi ne
abbiamo a bizzeffe!
Martuscelli, in una simpatica gara di promotion
editoriale ha proposto la lettura del libro “La scomparsa dell’Italia Industriale” e ci ha parlato di un
Sistema Ricerca Italiano in crisi: un eufemismo per
non dire che il Sistema Ricerca in Italia praticamente non esiste.
La ricerca industriale, come aveva detto prima
Greco, è in continua “esportazione” e l’Italia riesce
ad essere competitiva con la PMI, dove la ricerca è
praticamente inesistente anche se le idee non mancano di certo e proprio con quelle si sopravvive.
I progetti finalizzati della fine degli anni ’70 e inizio
’80 sarebbero stati una buona cosa se in quel
periodo non fosse cominciato il declino della grande industria e quindi fosse venuto meno il supporto di uno dei due partners dei progetti. Le industrie
cominciarono a pensare – e a volte a pretendere –
che CNR e Università avrebbero potuto sostituire
quello che loro avevano o stavano smantellando,
o nemmeno avevo cominciato ad avere: ma sia
51
CNR che Università non erano pronti – e non lo
sono nemmeno adesso – a fare innovazione industriale e quindi si aprì una voragine dalla quale non
siamo ancora riusciti ad uscire.
Ora l’Europa ci chiede, in base all’articolo 169 e al
Progetto di Infrastruttura Europea, di adeguarci
alle richieste europee (Art. 169 – Trattato EU –
Partecipazione ai piani nazionali delle singole
nazioni europee e costruire reti tra i piani nazionali di ricerca nei settori d’avanguardia) e la cosa
non è né facile, né semplice.
La idee ci sono, la volontà apparentemente c’è,
ma poi sul piano esecutivo ci si scontra con ostacoli quasi insormontabili.
Riva, della Federchimica, ci fa subito capire che la
fetta di mercato che potranno mangiarsi EU, USA
e Giappone sarà sempre inferiore e per confermare questa sua affermazione ci mostra come nel
settore petrolchimico le tre potenze mondiali in
trent’anni siano passate dall’83% al 64% del mercato. Una discesa preoccupante! L’assenza di barriere o protezioni doganali non protegge più la
nostra industria.
Se pensiamo che il polipropilene è la plastica più
importata in Italia dobbiamo davvero cominciare a
preoccuparci!
Abbiamo una bilancia plastiche deficitaria pur
avendo un mercato pari a quello della Germania e
anche questo è un sintomo preoccupante.
Non parliamo poi delle politiche energetiche, a dir
poco pazzesche visto che abbiamo demagogicamente chiuso il nucleare senza trovare una fonte
energetica alternativa … e questo già non sembra
cosa da poco!
Riva ha poi accompagnato il proprio intervento
con una serie di grafici che hanno dimostrato, ma
forse non ce n’era bisogno, come la nostra chimica come pure il settore delle materie plastiche e
delle fibre siano in una situazione assai precaria e
come non s’intravedano soluzioni a breve.
Nel secondo giro d’interventi ha voluto dare un po’
di fiducia dicendo che la media industria ha
cominciato a fare ricerca e qualche spiraglio s’intravede. Anche nei polimeri abbiamo qualche possibilità di recuperare perché abbiamo radici forti
che possono resistere a temporanei uragani.
E queste difficoltà ricadono sui lavoratori nel
campo della ricerca e Palombini lo ha messo in
rilievo nel suo intervento. I laureati e ricercatori in
questo settore sono costretti a lavorare in una
situazione di precariato allucinante. La mancanza
di fondi – che continuerà ancora per molto visto
che Palombini è assai scettico sulla possibilità di
raggiungere quel 3% del PIL di cui parlava Greco –
ha portato a un sottodimensionamento del personale: ciò nonostante le pubblicazioni sono molte
(NdR-Forse troppe e poco incisive) anche se i
capisaldi della ricerca sono in buona parte precari.
Per quanto riguarda il personale di ruolo, la gran
parte è stata assunta negli anni ’80 e quindi si prevede un pensionamento di massa e uno svuotamento con una drastica perdita di competenze ed
esperienze. Ci saranno le sostituzioni, ma poi tutto
ricomincerà come prima.
Tutte le proposte fatte per migliorare la situazione
sono assai poco convincenti.
1) Eliminare il ruolo Ricercatori e stipulare contratti di almeno 5 anni.
2) Riforma del sistema di governo degli Enti con
impostazione più gerarchica.
Per quanto riguarda il primo punto non si è capito
bene su quali basi poi il contratto potrà essere rinnovato.
Sulla questione della ricerca che dovrebbe inseguire il mercato, Palombini ha parlato di una scelta perdente. La ricerca dovrebbe trainare il mercato e anticiparne le richieste: se la cosa è logica
resta comunque difficile da mettere in pratica in
quanto oggi nascono discipline nuove in tempi
rapidissimi e si perde la distinzione tra ricerca di
base e applicata.
Il velleitario tentativo di far rientrare i “cervelli”
fuggiti da tempo non serve: si deve invece impostare una politica tale da far sì che i “cervelli” che
abbiamo non si lascino tentare da una fuga.
Come potete capire la situazione è poco chiara e i
dubbi non possono che essere tantissimi.
Dopo questa tavola rotonda il pubblico presente,
composto da una buona parte di ricercatori CNR e
universitari, non è certo uscito con il sorriso sulle
labbra e anche se possono esserci stati dissensi su
alcune cose dette nel corso della tavola Rotonda,
la precarietà della situazione europea e soprattutto italiana della ricerca è risultata chiara ed evidente.
Chi scrive svolge attività didattica per i corsi di
Ingegneria Gestionale e si occupa dell’argomento
“Gestione della Ricerca” nel corso di “Gestione
dell’Innovazione”: pertanto ha dovuto affrontare
altre volte l’argomento in aula ed è stato penoso il
dover raccontare a questi ragazzi che sperano nel
futuro, quale sarà davvero il loro futuro. Anche se
non si tratta di futuri ricercatori ma di futuri quadri
o dirigenti che avranno funzioni di gestione, non è
certo appagante sentirsi raccontare come stanno
andando le cose e vorrei poterlo non dire o essere
almeno un po’ ottimista sul futuro: purtroppo sono
troppo abituato a raccontare la verità per essere
capace di illuderli!
52
IN
RICORDO DI
ROBERTO SANTI
fra l’altro, l’impiego nella carbonilazione riduttiva
di nitroderivati aromatici per sostituire il fosgene
nella produzione di TDI ed MDI e, sulle tracce dei
lavori di Giovanni Mestroni dell’Università di
Trieste, isolò e caratterizzò due nuovi complessi
che si formano nelle condizioni di reazione.
Negli anni ’90 volse il suo interesse all’impiego dei
complessi di metalli di transizione nelle reazioni di
polimerizzazione. Mise a punto dei sistemi originali a base di metalli del gruppo 10 per la copolimerizzazione di olefine e ossido di carbonio; sviluppò
inoltre nuovi catalizzatori single-site, metallocenici
e non, per la omo- e co-polimerizzazione dell’etilene e sistemi catalitici di titanio per la sintesi di polistirene sindiotattico.
All’ultimo Convegno Italiano dell’AIM nel settembre 2003, ancora ignaro del male che di lì a poco
l’avrebbe colto, aveva contribuito con due comunicazioni sulla polimerizzazione dell’etilene con
complessi di nickel e sulla polimerizzazione del
butadiene con catalizzatori a base di complessi
fosfinici di cobalto, svolti in collaborazione con
centri di ricerca accademici.
La valenza scientifica e industriale dei suoi risultati
trova riscontro in oltre 100 fra brevetti e pubblicazioni, più di 30 comunicazioni a congressi e varie
conferenze su invito. Per il valore delle sue ricerche,
nel 1986 era stato nominato Scientist dalla
Montedison. Dal 1999 era responsabile del dipartimento Catalisi di Polimerizzazione dell’Istituto.
Chi lo ha conosciuto ricorda di lui soprattutto la
disponibilità a condividere le sue vaste conoscenze con i colleghi che si rivolgevano a lui per un
consiglio su come venire a capo di una sintesi particolarmente difficoltosa, una innata allegria e
l’humor pungente tipicamente livornese.
ella notte tra il 25 e il 26 dicembre 2003 è
scomparso dopo breve malattia Roberto
Santi, ricercatore dell’Istituto Guido
Donegani di Novara, centro ricerche di Polimeri
Europa.
Nato nel 1948 A Rosignano Marittimo (Livorno),
Roberto Santi si è laureato in Chimica presso
l’Università di Pisa nel 1973 con una tesi sulla
riduzione di chetoni con alchili di zinco otticamente attivi. L’anno seguente fu assunto presso
l’Istituto Guido Donegani (a quell’epoca della
Montedison), e si dedicò inizialmente a studi NMR
della struttura delle coppie ioniche cui danno
luogo i fenati alcalini in solventi aprotici dipolari e
del loro ruolo nelle reazioni di inserzione della CO2
in legami C-H sufficientemente acidi. I suoi interessi si concentrarono presto su quello che fu poi
il suo principale campo di attività durante la sua
permanenza trentennale nell’Istituto: la chimica
metallorganica. Dopo aver approfondito vari
aspetti legati all’attivazione catalitica della CO2
–descrivendone l’inserzione in complessi π-allilici
del palladio con formazione di acidi ed esteri – trascorse tra il 1979 e il 1981 un periodo di specializzazione alla University of Chicago presso Jack
Halpern, lavorando su meccanismi e cinetiche di
reazioni di complessi di metalli di transizione e sui
metodi per determinare l’energia di legami metallo-carbonio.
Tornato a Novara si occupò dell’applicazione della
catalisi omogenea alla sintesi di prodotti farmaceutici e di chimica fine. Nello stesso periodo mise
a punto, con Attilio Citterio del Politecnico di
Milano, molte sintesi radicaliche iniziate da riduzioni monoelettroniche di ioni metallici. Esperto
nella chimica dei complessi di palladio, ne valutò,
N
Marco Ricci
Riccardo Pò
53
SALUTO
DEL NUOVO
PRESIDENTE AIM
gio comprensibile ed utile. Vuol dire infine assicurare la presenza di AIM e la sua rappresentatività,
nelle occasioni e nei consessi ove ciò sia utile e
necessario. Il mio impegno sarà realizzare tutto
ciò valorizzando il lavoro delle persone che dedicano tante energie ad AIM ed informando con
prontezza e trasparenza tutti coloro (speriamo
sempre di più!) che entreranno nel mondo AIM. In
questo numero di AIM Magazine potete trovare il
Programma preparato per il prossimo biennio ed i
nomi di tutti i responsabili di iniziative AIM. È
compito preciso del Direttivo e dei Responsabili
mantenervi informati di tutto ciò che vogliamo
fare, raccogliere e sviluppare i vostri suggerimenti, rendervi partecipi e protagonisti delle iniziative
AIM. Vi assicuriamo il nostro impegno e, credeteci, anche il nostro entusiasmo. Per concludere,
lasciatemi rivolgere un augurio al nuovo comitato
editoriale di AIM Magazine, in primis al nuovo
direttore editoriale, Roberto Rizzo, ma ovviamente anche a Mauro Aglietto, Eugenio Amendola, la
new entry Michele Suman ed al nostro insostituibile direttore responsabile Roberto Filippini
Fantoni. Come vedete sono colonne storiche del
Magazine e dell'Associazione e siamo tutti certi
che garantiranno un altro biennio di successo alla
nostra rivista. Dulcis in fundo e poiché scrivo queste righe sotto l'albero natalizio, un augurio a tutti
di Buon Anno e soprattutto di un ottimo biennio
AIM.
Carissimi Lettori,
come potete notare, lavorare per AIM Magazine ha
importanti conseguenze. Non vi scrivo più infatti
come Responsabile Editoriale del Magazine, bensì
come Presidente di AIM. Forse anche per AIM è un
segno dei tempi: la comunicazione è un buon viatico per far carriera! Al di là dell'incipit scherzoso,
vorrei anzitutto rivolgere a tutti voi il saluto di AIM,
a nome del Direttivo e dei responsabili delle
Commissioni e delle iniziative tutte. AIM è un'associazione vitale ed i suoi numeri lo dimostrano.
Ha più di 500 iscritti appartenenti a tutte le realtà
macromolecolari del Paese, ha contatti periodici
con circa 1.000 persone attraverso lo strumento
della newsletter, in un biennio organizza direttamente 2 Scuole, di cui una europea, 2 Convegni
EUPOC, una settimana di workshop dedicati all'industria, Giornate dedicate all'innovazione tecnologica ed all'ambiente, 6 in programma nei prossimi
due anni, 2 Giornate per i giovani. La sua attività
editoriale spazia dal Magazine ai libri, agli atti di
Congressi e Giornate. Rendere un servizio ad AIM
come Presidente vuol dire garantire la continuità
della sua preziosa offerta culturale, scientifica e
tecnologica. Vuol dire anche migliorare sempre di
più l'efficienza di tale offerta, individuando con
prontezza e reattività i soggetti via via protagonisti
del mutevole mondo dei polimeri, sviluppando gli
strumenti per raggiungerli e parlando un linguag-
Maurizio Galimberti
54
ASSEMBLEA GENERALE DEI SOCI
DELL’ASSOCIAZIONE ITALIANA DI
SCIENZA E TECNOLOGIA DELLE
MACROMOLECOLE
L’assemblea generale dei soci AIM che si è tenuta a Pisa il 24 settembre 2003 è stata introdotta dalle
relazioni del Presidente uscente Giovanna Costa e del segretario amministrativo Mauro Aglietto. Le
relazioni e i rendiconti finanziari sono stati approvati all’unanimità dall’Assemblea. L’Assemblea ha poi
provveduto al rinnovo del Consiglio Direttivo dell’AIM per il biennio 2003-2005. L’organigramma
dell’AIM per il biennio 2003-2005 è riportato nella terza di copertina mentre il programma dell’AIM per
il 2003-2005 lo potete trovare a pag. 61.
Sulla base del materiale presentato all’Assemblea Giovanna Costa e Mauro Aglietto hanno preparato,
su nostra richiesta, i due articoli che riportiamo qui di seguito.
Il Comitato Editoriale
RELAZIONE
DEL
PRESIDENTE
USCENTE
zioni con altre associazioni che per esplorare la
possibilità di attivare nuove collaborazioni tra
ricerca accademica ed industriale. Credo di poter
dire che l’esperienza è stata molto positiva per
l’importanza dei contenuti, per l’interesse nella
discussione , per l’utilità dei contatti. Ha,inoltre,
consentito di far conoscere AIM ad un maggior
numero di realtà accademiche ed industriali che
operano nel settore dell’imballaggio.
In Tabella 2 sono riportate le 5 giornate organizzate dalla Commissione Tecnologia ed a nome del
Consiglio Direttivo uscente e di tutti i soci ringrazio il Dr. Scoponi, coordinatore, e tutti i componenti della Commissione, la cui composizione è
riportata nella Tab. 3.
Le giornate tecnologiche sono sempre state un
punto di forza della nostra associazione ed anche
in questo biennio siamo riusciti ad organizzarne,
con notevole successo di partecipazione, un congruo numero. C’è una novità importante: sono
disponibili gli Atti in formato elettronico di tutte le
giornate elencate nella Tab. 2 (le indicazioni per
richiederli a pag. 62).
Vi ricordo inoltre che l’AIM ha patrocinato, collaborando talvolta anche all’organizzazione, una
serie di manifestazioni nazionali ed internazionali
di notevole prestigio scientifico. L’elenco completo è riportato in Tab. 4.
Innanzitutto approfitto dell’occasione per esprimere a tutti quanti voi i miei più cari auguri per il
nuovo anno. Inoltre, prima di riassumere l’attività
del biennio appena trascorso e dare qualche informazione sulle attività future già programmate,
voglio ringraziare ancora per l‘opportunità che mi
è stata data di vivere in maniera diversa la vita
della nostra associazione con l’esperienza di questi ultimi due anni. Sono stati due anni molto
intensi e molto piacevoli e anche le piccole difficoltà hanno contribuito a rendere interessante e
stimolante questo periodo.
Come è stato riconosciuto anche a livello EPF, in
occasione delle riunioni a cui ho partecipato, AIM
è sempre molto attiva e le nostre iniziative sono
molto apprezzate a livello europeo. Grazie ancora
a tutti anche per questo. Ed ora ecco una breve
sintesi di quanto già esposto nell’assemblea di
Pisa. Nella tab. 1 sono elencate le manifestazioni
nazionali ed internazionali organizzate direttamente dall’AIM, una scuola italiana ed una europea,
due conferenze europee, un importante Workshop
per l’industria sull’imballaggio, un convegno
Macrogiovani per finire con il nostro Convegno di
Pisa nel settembre 2003.
Credo valga la pena spendere qualche parola sul
Workshop, in quanto è stato un nuovo interessante esperimento sia per cercare di favorire le intera-
55
Tabella 1
ATTIVITÀ ORGANIZZATE DALL’AIM
1. XXIV Convegno-Scuola AIM “Mario Farina” su “Additivi per materiali polimerici”
Palazzo Feltrinelli, Gargnano (BS), 26-31 maggio 2002
2. 2nd EPF School and XXV Mario Farina School “Nanostructured Polymer Materials”
Palazzo Feltrinelli, Gargnano (BS), 25-30 maggio 2003
3. Europolymer Conference on "Gels" (EUPOC 2002)
Palazzo Feltrinelli Gargnano (BS), 2-7 giugno 2002
4. International Symposium on "Stereospecific Polymerization and Stereoregular Polymers" (EUPOC
2003), Milano, 8-12 giugno 2003
5. Workshop sull’imballaggio alimentare e farmaceutico
Palazzo Feltrinelli, Gargnano (BS), 4-6 giugno 2003
6. Macrogiovani 2002
Palazzo Feltrinelli, Gargnano (BS), 31 maggio-1 giugno
7. XVI Convegno Italiano di Scienza e Tecnologia delle Macromolecole
Pisa, 21-25 settembre 2003
Tabella 2
GIORNATE TECNOLOGICHE ORGANIZZATE NEL BIENNIO 2002-2003
DALLA COMMISSIONE TECNOLOGIA
1. Materiali Polimerici per l'Imballaggio Alimentare
Fiera del Levante, MacPlast Sud, Bari, 15 febbraio 2002
Organizzatori:A. Valenza, G. Mensitieri in collaborazione con Assocomaplast
Partecipanti: 60
2. Polimerizzazione in emulsione
Auditorium Mapei, Milano, 6 marzo 2002
Organizzatori: R. Filippini Fantoni
Partecipanti: 60
3. Poliammidi: produzione, proprietà e applicazioni
Centro Cultura Ingegneria Materie Plastiche, Alessandria, 10 aprile 2002
Organizzatori: R. Filippini Fantoni
Partecipanti: 60
4. Analisi dei Processi di Trasformazione di Materiali Polimerici
Dip. di Ingegneria Chimica e Alimentare dell'Università di Salerno, Salerno, 19 settembre 2002
Organizzatore: G. Titomanlio, R.Nobile, L. Incarnato, V. Brucato, L . Di Maio, R. Pantani
5. Il colore in materiali polimerici termo- e foto-indurenti: caratterizzazione e applicazioni
Fiera di Milano – MacPlas03, Milano, 6 maggio 2003
Organizzatori: M. Scoponi, F. Fattorini in collaborazione con Unione Industriali
Università di Como, Progetto Iride
Partecipanti: 80
56
Tabella 3
COMPOSIZIONE DELLA COMMISSIONE TECNOLOGIA
Dr. Marco Scoponi, coordinatore
ISOF-CNR, sezione di Ferrara, Dip.to di Chimica, Università Ferrara
e-mail: [email protected]
Dr. Maurizio Leonardi
Lonzagroup, S.Giovanni Valdarno (AR) - Settore: Materiali termo- e foto-indurenti
e-mail: [email protected]
Dr. Riccardo Po’
Polimeri Europa SpA, Novara - Settore: Poliuretani, PET, polimeri stirenici
e-mail: [email protected]
Prof. Antonino Valenza
Facoltà di Ingegneria, Università di Messina
e-mail: [email protected]
Dr. Franco Fattorini
Lechler, Como - Settore: Vernici e rivestimenti polimerici
e-mail: [email protected]
Dr. Roberto Filippini Fantoni
Consulente, Bergamo
e-mail: r.filippini@cyberg
Dr. Aldo Filippi
RadiciNovacips SpA, Villa D’Ogna (BG) - Settore: poliammidi
e-mail: [email protected]
Tabella 4
ATTIVITÀ SPONSORIZZATE, PATROCINATE, CO-ORGANIZZATE DALL'AIM
1. Flow induced Crystallization of Polymers
Salerno,14-17 ottobre 2001, patrocinato anche dall'EPF
2. XII Congresso Nazionale della Divisione di Chimica Industriale
Fiera di Milano, 2-4 otobre 2001 con una sessione dedicata a "Polimeri e processi di polimerizzazione",
curata da AIM
3. Workshop in Honour of Vittorio Crescenzi on occasion of his 70th birthday
Polymers in Solution and Gels
Università "La Sapienza", Roma, 8 aprile 2002
4. 2nd International Conference on "Polymer Modification, Degradation and Stabilization" (MoDeSt 2002)
Budapest, Hungary, 30 giugno-4 luglio 2002
5. 1st Blue Sky Conference on Catalytic Olefin Polymerization
Sorrento, 17-20 giugno 2002
6. International Workshop on "Advanced Frontiers in Polymer Science", also celebrating the 65th birthday
anniversaries of Emo Chiellini and Francesco Ciardelli
Pisa, 12-13 settembre 2002
7. Innovation in Polymeric Materials: properties, formulation and processing
Journées Transalpines des Polymères 2002
Torino, 26-27 settembre 2002
8. 6th Esaform
Palermo, 28-30 aprile 2003
57
Tabella 5
ATTIVITÀ EDITORIALE
• Completato e distribuito l’eserciziario di chimica
• Ristampati i “Fondamenti di Scienza dei Polimeri”, esauriti
• Promozione del volume su “Poliammidi”
• In via di completamento il volume di Elastomers
Tabella 6
ATTIVITÀ PROGRAMMATE
– Journées Transalpines, Lione, 23-24 ottobre 2003
– XXVI Convegno-Scuola AIM “Mario Farina” su “Tecniche avanzate e nuovi sviluppi nella caratterizzazione di materiali polimerici”, Gargnano (BS), 24-28 maggio 2004
– Eupoc 2004 su “Organized polymer-based structures in water and their applications”
Gargnano (BS), 30 maggio-4 giugno 2004
– Giornate tecnologiche (2004) su:
• termoformatura
• compounding
• ß estrusione
– Scuola Europea “ Polimeri in medicina” - 2005 (Nancy?)
Debbo infine ricordare che l’AIM in questi anni ha
continuato ad avere una notevole attività editoriale, gli aspetti più salienti sono riportati nella Tab. 5
senza dimenticare i volumi delle passate scuole
“Mario Farina” che continuano ad essere molto
richiesti.
Termino queste mia carellata sull’attività AIM nel
biennio trascorso con una tabella, la 6, che presen-
ta un breve elenco delle attività già programmate
per il 2004 ed il 2005. Tutte queste attività saranno
presentate nei dettagli anche attraverso il nostro
sito www.aim.it e ci auguriamo una presenza numerosa di soci giovani e meno giovani di AIM e di lettori di AIM Magazine a queste manifestazioni.
Giovanna Costa
58
RELAZIONE DEL SEGRETARIO
AMMINISTRATIVO
dei nostri lettori sanno, dalle quote di partecipazione alle nostre attività viene scorporata la quota
sociale. L’aumento del numero dei soci va praticamente a compensare il residuo attivo delle
Giornate e Convegni AIM, voce questa che risulta
nettamente inferiore a quella del biennio precedente. La spiegazione c’è: a cavallo del 2000 sono
venuti meno i contributi del CNR.
Il decremento della voce Testi AIM è spiegabile
con il fatto che nel biennio precedente si è raggiunto il picco massimo nelle vendite del nostro
nuovo testo “Fondamenti di Scienza dei Polimeri”.
E’ comunque confortante sottolineare che i nostri
testi sono sempre richiesti, notevole ad esempio il
successo del volume del Convegno-Scuola del
2002 “Additivi per materiali polimerici”, e continuano ad essere inviati gratuitamente alle biblioteche scientifiche che ne fanno richiesta.
La voce che ci ha permesso una notevole boccata
di ossigeno è Chiusura attività AIM.
Rientrano in questa voce le donazioni, possiamo
chiamarle così, arrivate all’AIM per la chiusura di
attività gestite autonomamente da soci AIM e non
dalla segreteria amministrativa dell’AIM. Per oltre
l’80% questa voce è costituita dal residuo attivo
del XIV Convegno biennale AIM del settembre
1999 a Salerno.
Variazioni notevoli anche nelle uscite. La voce che
incide di più è proprio la nostra prestigiosa, possiamo ben dirlo, rivista quadrimestrale. Il Direttivo
AIM, sia quello uscente che quello in carica, ha già
ampiamente discusso del problema e ci saranno
senz’altro delle novità, già in parte comunicate
all’Assemblea del 24 settembre 2003 a Pisa, per
cercare di ridurre drasticamente questa voce.
Appare nelle uscite una nuova voce Contratti di
collaborazione, abbastanza contenuta per ora,
assolutamente necessaria per garantire il lavoro di
segreteria a Pisa, l’attività del Comitato Editoriale
di AIM Magazine e la gestione del sito Web.
Potete infine notare che nel Bilancio preventivo
2003-2004 abbiamo tenuto conto di queste considerazioni sul Rendiconto 2001-2003. Per realizzare l’ambizioso programma di attività che viene
presentato a pag. 61 occorre mantenere costante
L’Articolo. 14 del nuovo Statuto dell’AIM che viene
riportato interamente nel riquadro, ci impone la
chiusura del bilancio biennale al 30.06 del biennio
in cui si tengono i convegni biennali della nostra
associazione.
Art. 14 - Bilancio
Il bilancio dell’Associazione è biennale e va dal
01/07 al 30/06 del biennio. Il bilancio è redatto dal
Consiglio Direttivo ed accompagnato da una relazione sull’attività svolta. Il bilancio e la relazione
che l’accompagna devono essere sottoposti all’assemblea dei soci per l’approvazione entro il 30 ottobre successivo di ogni biennio.
Gli avanzi di gestione non possono essere ripartiti
fra i soci ma dovranno essere attribuiti ad un apposito fondo di riserva ad incremento del patrimonio
dell’Associazione.
Il nuovo Statuto è stato depositato il 13 dicembre
2002 presso lo studio del notaio Pietro Vichi di
Pisa dal nostro Presidente in carica Giovanna
Costa e quindi, secondo il nostro commercialista,
non può imporre la stesura di un vero e proprio
bilancio patrimoniale dell’Associazione per il biennio 2001-2003.
Sottopongo quindi alla vostra attenzione, come è
sempre stato fatto finora, non un bilancio ma un
rendiconto finanziario.
Ho ritenuto opportuno fare un confronto con il rendiconto finanziario approvato il 21.09.2001 a
Trieste e riguardante il biennio precedente
(01.10.1999 al 30.06.2001). Se ci limitassimo a
confrontare i numeri in grassetto di Avanzo gestione i rendiconti sembrerebbero molto simili ma ci
sono invece alcune sostanziali differenze che vorrei brevemente commentare.
Nel biennio precedente eravamo ancora nell’era
della Lira è quindi per un confronto chiaro e immediato nella parte destra delle colonne sono riportate le cifre corrispondenti in Euro.
Rispetto al rendiconto di Trieste si nota un netto
incremento delle Quote associative segno questo
di un corrispondente incremento delle nostre attività (vedi Tab. 1 e 2 a pag. XX). Infatti, come molti
59
RENDICONTI FINANZIARI AIM NEI BIENNI 1999-2001 E 2001-2003*
Dal 01.10.1999 al 30.06.2001
Entrate
Dal 01.07.2001 al 30.06.2003
Uscite
Lire
Entrate
Lire
Euro
Avanzo gestione
30.720.919
15.866,03
18.960,51
Interessi ccB e ccP
406.478
209,93
24,20
Quote associative
35.211.614
18.185,28
27.848,83
Giornate e Convegni AIM
30.165.702
15.579,28
8.117,38
Testi AIM
10.392.592
5.367,33
2.470,27
Chiusura attività AIM
4.044.277
2.088,69
22.292,84
Uscite
Euro
Anticipi per attività AIM
2.500,00
Rapporti internazionali, EPF
1.090.000
562,94
453,22
Sito Web e AIM Magazine
47.153.765 24.352,89
38.646,79
Spese di segreteria
25.985.144 13.420,21
8.814,72
Contratti di collaborazione
10.977,00
Totale
110.941.582 57.296,54
Avanzo gestione
36.712.673
74.228.909 38.336,04
18.969,51
79.714,04 61.391,73
18.322,31
* I rendiconti finanziari sono stati approvati all’unanimità nelle assemblee generali dei soci AIM a Trieste
(26.09.01) e a Pisa (24.09.03).
BILANCIO PREVENTIVO 2003-2004
Entrate
Avanzo gestione
18.000,00
Quote associative
15.000,00
Giornate e Convegni AIM
3.500,00
Contributi per chiusura attività sponsorizzate dall’AIM
5.000,00
Uscite
Anticipi per attività organizzate dall’AIM
2.500,00
Attività internazionali
1.500,00
Spese di segreteria
5.000,00
AIM Magazine e Sito Web
15.000,00
Contratti di collaborazione
6.000,00
Totale
41.500,00
Avanzo di gestione
11.500,00
60
30.000,00
il numero dei soci (500-600 quote all’anno) e per
far questo occorre un forte impegno di tutti, il
semplice rinnovo della quota sociale non è sufficiente. In contemporanea occorre continuare ad
organizzare interessanti ed appetibili giornate e
convegni soprattutto per i tecnici ed i responsabili, sia della ricerca che della produzione, delle piccole e medie industrie e non solo per i giovani dottorandi, postdoc e assegnisti delle nostre università.
Mauro Aglietto
61
PROGRAMMA DI AIM PER
2003-2005
SCUOLE/CONGRESSI
1) XXV Convegno-Scuola AIM “Mario Farina” su
“Tecniche avanzate di caratterizzazione”
Gargnano, 24-28 maggio 2004
2) Eupoc 2004 su: “Organized polymer structures in water”
Gargnano, 30 maggio-4 giugno 2004
biomat.pharmacy.man.ac.uk/EUPOC2004/
IL BIENNIO
ALTRE ATTIVITÀ ORGANIZZATE E/O SPONSORIZZATE DALL'AIM
1) Congresso “Time of Polymers”
Ischia, 20-23 Giugno 2004
www.unina2.it/top
2) Congresso “MoDeSt 2004”
Lione, 29 agosto-2 settembre 2004
www.modest.unipa.it
3) Europolymer School “ Polimeri in medicina”
Probabile sede: Nancy (Francia), 2005 (primavera)
3) Eupoc 2005 Argomento da definire
Gargnano, primavera 2005
4) XVII Convegno AIM
Napoli, settembre 2005
WORKSHOP
1) Tecniche innovative di caratterizzazione di
materiali polimerici
Gargnano, 23,27 maggio 2005
GIORNATE TECNOLOGICHE
1) Giornata tecnologica su “La miscelazione nell’industria dei polimeri: principi, tecnologie e
applicazioni”
Probabile sede: Milano, marzo-aprile 2004
2) Giornata tecnologica su “La reologia dei polimeri nella Tecnologia dello stampaggio ad
iniezione”
Probabile sede: Alessandria, estate 2004
3) Giornata tecnologica su “Processi di automazione nelle analisi dei materiali polimerici”
4) Giornata tecnologica su “Biopolimeri di interesse industriale”
GIORNATE PER L’AMBIENTE E I BENI
CULTURALI
1) I Polimeri per i beni Culturali
data e sede probabili: giugno 2004, Firenze
2) I Polimeri e l’Ambiente
Probabile data: primavera 2005, sede da definire
GIORNATE PER I GIOVANI
1) Macrogiovani 2004
Gargnano, 28 maggio 2004
2) Macrogiovani 2005
Salerno, 2005
SEMINARI
1) Seminario congiunto AIM-Ist. It. Imballaggi
(III) su “Presentazione di AIM e polimeri nel
mondo dell’imballaggio”, primavera 2004
5) Giornata tecnologica su “Vernici e/o termoindurenti”
5) Giornata tecnologica su “Polimeri per applicazioni industriali”
62
LIBRI
E
ATTI AIM
Materiali polimerici strutturali
Atti dell’XI Convegno-Scuola AIM, Gargnano 1989, volume di
425 pagine, € 18,07
Copolimeri
Atti del XII Convegno-Scuola AIM, Gargnano 1990, volume di
440 pagine, € 18,07
Processi industriali di polimerizzazione: aspetti fondamentali
e tecnologici
Atti del XIII Convegno-Scuola AIM, Gargnano 1991, volume di
433 pagine, € 23,24
Metodi spettroscopici di caratterizzazione dei polimeri
Atti del XIV Convegno-Scuola AIM, Gargnano 1992, volume di
477 pagine, € 25,82
Massa e dimensioni di macromolecole
Atti del XV Convegno-Scuola AIM, Gargnano 1993, volume di
347 pagine, € 25,82
Materiali polimerici: struttura e processabilità
Atti del XVII Convegno-Scuola AIM, Gargnano 1995, volume di
386 pagine, € 23,24
Degradazione e stabilizzazione dei materiali polimerici
Atti del XVIII Convegno-Scuola AIM, Gargnano 1996, volume di
408 pagine, € 23,24
Polimeri in medicina
Atti del XIX Convegno-Scuola AIM, Gargnano 1997, volume di
355 pagine, € 20,66
I polimeri espansi
Atti del XX Convegno-Scuola AIM, Gargnano 1998, volume di
363 pagine, € 20,66
Materiali polimerici cristallini e liquidi cristallini
Atti del XXI Convegno-Scuola AIM, Gargnano 1999, volume di
438 pagine, € 20,66
Atti del XIV Convegno Italiano di Scienza e Tecnologia delle
Macromolecole
Salerno, 13-16 settembre 1999, volume I+II, € 20,66
Fondamenti di Scienza dei Polimeri
Volume di 944 pagine edito da Pacini Editore SpA, 1998. Costo
di copertina € 49 (esaurito, in ristampa)
Physical Properties of Polyelectrolite Solutions (prof. Michel Mandel)
Volume di 190 pagine edito da Pacini Editore SpA, 1999, costo
di copertina € 18,07
Produzione industriale di polimeri
Atti del XXII Convegno-Scuola AIM, Gargnano 2000, volume di
498 pagine, € 25,82
Additivi per materiali polimerici
Atti del XXIV Convegno-Scuola AIM. Gargnano 2002, volume
di 544 pagine, € 30,00
Chimica e tecnologia delle poliammidi *
di A. Ciaperoni e A. Mula
Volume di 530 pagine, € 25,82 (prezzo già scontato del 50%)
Atti del XVI Convegno Italiano di Scienza e Tecnologia delle
Macromolecole
Pisa, 21-25 settembre 2003, volume di 480 pagine, € 25,00
SCHEDA PER ACQUISTO VOLUMI AIM
1
2
3
4
5
6
7
8
Materiali polimerici strutturali
Copolimeri
Processi industriali di polimerizzazione:
aspetti fondamentali e tecnologici
Metodi spettroscopici di caratterizzazione dei polimeri
Massa e dimensioni di macromolecole
Materiali polimerici: struttura e processabilità
Degradazione e stabilizzazione dei materiali polimerici
Polimeri in medicina
9 I polimeri espansi
10 Materiali polimerici cristallini e liquido cristallini
11 Atti del XIV Convegno Italiano di Scienza
e Tecnologia delle Macromolecole
12 Fondamenti di Scienza dei Polimeri
13 Physical Properties of Polyelectrolite Solutions
14 Produzione industriale di polimeri
15 Additivi per materiali polimerici
16 Atti del XVI Convegno Italiano di Scienza e Tecnologia
delle Macromolecole
Vi preghiamo di inviarci n. ..... copie dei volumi (siglare i volumi prescelti):
1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16
Sig. ................................................................................................................................................................................
Ente ................................................................................................................................................................................
Indirizzo ..........................................................................................Città ..............................................Prov ................
Cap .............................. Tel. ............................................................Fax ........................................................................
Data ....................................Pagamento:
a ricevimento fattura o
contrassegno o
Codice Fiscale.................................................................................. Partita IVA ............................................................
Il pagamento, maggiorato di € 4,00 per le spese di spedizione, dovrà essere effettuato direttamente alla Pacini Editore, richiedendo invio di fattura o di contrassegno.
Pacini Editore SpA, Via Gherardesca, Zona Industriale Ospedaletto, 56121 Pisa, Tel. 050/313011 - Fax 050/3130300
Su richiesta, al prezzo di € 25,00 cadauno, sono disponibili i CD delle seguenti giornate tecnologiche AIM:
1.
Materiali Polimerici per l'Imballaggio Alimentare
Fiera del Levante, MacPlast Sud, Bari, 15 febbraio 2002
2.
Polimerizzazione in emulsione
Auditorium Mapei, Milano, 6 marzo 2002
3.
Poliammidi: produzione, proprietà e applicazioni
Centro Cultura Ingegneria Materie Plastiche, Alessandria, 10 aprile 2002
4.
Il colore in materiali polimerici termo- e foto-indurenti: caratterizzazione e applicazioni
Fiera di Milano – MacPlas03, Milano, 6 maggio 2003 Dott. Maurizio Leopardi
63
Per dettagli sui contenuti consultare www.aim.it
disponibili presso Pacini Editore
AIM Magazine
DIRETTORE RESPONSABILE
Roberto Filippini Fantoni
Via Corridoni, 68 - 24124 Bergamo
Tel. 035 360437 - Fax 035 360437
E-mail: [email protected]
DIRETTORE EDITORIALE
Roberto Rizzo
Dipartimento BBCM, Università di Trieste
Via L. Giorgeri 1 - 34127 Trieste
Tel. 040 5583695 - Fax 040 5583691
E-mail: [email protected]
Stefano Testi
Pirelli Labs SpA - Viale Sarca 222 - 20126 Milano
E-mail: [email protected]
Organigramma dell’Associazione Italiana di Scienza e
Tecnologia delle Macromolecole (AIM) per il biennio 2003-2005
DAL MONDO DELLA SCIENZA
Pino Milano
Dipartimento di Chimica - Via S. Allende, 84081 Baronissi (SA)
Tel. 089 965365 - E-mail: [email protected]
Presidente:
Maurizio Galimberti
Pirelli Pneumatici, Viale Sarca 222, 20126 Milano
Tel. 02-64423160 – Fax 02-64425399 – E-mail: [email protected]
Segretario:
Riccardo Pò
Istituto Donegani, Polimeri Europa SpA, Via G. Fauser 4, 28100 Novara
Tel. 0321-447541 – Fax 0321- 447241 – E-mail: [email protected]
Tesoriere e responsabile editoriale:
Mauro Aglietto
Dip. di Chimica e Chimica Industriale, Via Risorgimento 35, 56126 Pisa
Tel. 050-2219269 – Fax 050-2219260 – E-mail: [email protected]
Membri del Consiglio Direttivo:
Giovanna Costa
ISMAC - CNR, Via De Marini 6, 16149 Genova
Tel. 010-6475876 – Fax 010-6475880 – E-mail: [email protected]
Giancarlo Galli
Dip. di Chimica e Chimica Industriale, Via Risorgimento 35, 56126 Pisa
Tel. 050-2219272 – Fax 050-2219260 – E-mail: [email protected]
Beniamino Pirozzi
Dip. Chimica, Compl. Univ. Monte S. Angelo, Via Cintia, 80126 Napoli
Tel. 081-674463 – Fax 081-674300 – E-mail: [email protected]
Concetto Puglisi
ICTP-CNR, Viale A. Doria 6, 95125 Catania
Tel. 095-339926 – Fax 095-221541 – E-mail: [email protected]
Maurizio Toselli
Dip. Chim. Appl. Sci. Mat., Viale Risorgimento 2, 40136 Bologna
Tel. 051-2093207 – Fax 051-2093220 – E-mail: [email protected]
Commissione Tecnologia:
Paolo Lomellini
Polimeri Europa SpA, Via Taliercio 14, 46100 Mantova
Tel. 0376-305399 – Fax 0376-305639 – E-mail: [email protected]
Commissione Comunicazione:
Maurizio Galimberti
Commissione Giovani:
Loris Giorgini
Dip. Chim. Ind. e Materiali, Viale Risorgimento 4, 40136 Bologna
Tel. 051-2093688 – Fax 051-2093688 – E-mail: [email protected]
Commissione Ambiente e Beni Culturali: Francesco Paolo La Mantia
Dip. Ing. Chim. Proc. Mat., Viale delle Scienze, 90128 Palermo
Tel. 091-6567203 – Fax 091-6567280 – E-mail: [email protected]
Commissione Didattica:
Roberta Bongiovanni
Dip. Sci. Mat. e Ing. Chim., C.so Duca degli Abruzzi 24, 10129 Torino
Tel. 011-5644619 – Fax 011-5644699 – E-mail: [email protected]
Scuole italiane:
Enrico Pedemonte
Dip. di Chimica e Chimica Industriale, Via Dodecaneso 31, 16146 Genova
Tel. 010-3538713 – Fax 010-3536199 – E-mail: [email protected]
Scuole europee:
Giovanni Camino
C. Cult. Ing. Mat. Plast., Politecnico di Torino, Viale T. Michel 5, 15100 Alessandria
Tel. 0131-229318 – Fax 0131-229331 – E-mail: [email protected]
Seminari internazionali:
Francesco Ciardelli
Dipartimento di Chimica e Chimica Industriale, Via Risorgimento 35, 56126 Pisa
Tel. 050-2219229 - Fax 050-2219260 - E-mail: [email protected]
Giancarlo Galli
Rapporti con EPF:
Direttore responsabile AIM Magazine:
Roberto Filippini Fantoni
Via Corridoni 68, 24124 Bergamo
Tel. 035-360437 – Fax 035-360437 – E-mail: [email protected]
Direttore Editoriale AIM Magazine:
Roberto Rizzo
Dipartimento BBCM, Via Giorgieri 1, 34127 Trieste
Tel. 040-5583695 – Fax 040-5583691 – E-mail: [email protected]
POLYMERS ABROAD
Michele Potenza
Agion Technologies Inc
60 Audubon Road, Wakefield, MA 01880 USA
Tel. +1 781 224 7144 - Fax +1 781 246 3340
E-mail: [email protected]
COMITATO EDITORIALE
Mauro Aglietto
Dip. Chimica e Chimica Industriale
Via Risorgimento 35 - 56126 Pisa
Tel. 050 2219269 - Fax 050 2219260
E-mail: [email protected]
INTELLECTUAL PROPERTY MONITOR
Giuseppe Colucci
Basell Poliolefine Italia SpA - Piazzale Donegani 12 - 44100 Ferrara
Tel. 0532 467652 - Fax 0532 467675
E-mail: [email protected]
Eugenio Amendola
IMCB-CNR - P.le Tecchio 85 - 80125 Napoli
Tel. 081 7682511 - Fax 081 7682404
E-mail: [email protected]
I GIOVANI
Loris Giorgini
Dipartimento di Chimica Industriale e dei Materiali
Viale Risorgimento 4 - 40136 Bologna
Tel. e Fax 051 2093688 - E-mail: [email protected]
Michele Suman
Barilla Alimentare SpA - Via Mantova 166 - 43100 Parma
Tel. 0521 262332 - Fax 0521 262647
E-mail: [email protected]
POLIMERI E ... SOCIETÀ
Mariano Pracella
IMCB-CNR - Via Diotisalvi 2 - 56126 Pisa
Tel. 050 511229 - Fax 050 511266
E-mail: [email protected]
ATTUALITÀ & DIVULGAZIONE
Michele Suman
POLYMERS AND LIFE
Michele Suman
Roberto Cavaton
Marbo Italia SpA - Via T. Tasso 25/27 - 20010 Pogliano Milanese
Tel. 02 939611 - E-mail: [email protected]
MACROTRIVIAL
Eleonora Polo
ISOF-CNR - Sezione di Ferrara
c/o Dip. di Chimica, Università di Ferrara
Via Borsari 46, 44100 Ferrara
Tel. 0532 291159 - Fax 0532 240709 - E-mail: [email protected]
POLIMERI IN CUCINA
La ricetta di Pippi
E-mail: [email protected]
PMI
Mario Malinconico
ICTP-CNR - Via Toiano 6 - 80072 Arco Felice (NA)
Tel. 081 8534252 - Fax 081 8534257
E-mail: [email protected]
SITO INTERNET
Luigi Cavallo
[email protected]
Michele Mader
[email protected]
Gilberto Moscardi
[email protected]
IL MONDO DI AIM
Mauro Aglietto
COLLABORATORI
Diego Arcelli
Anna Crestana
Ofelia Fusco
Giuliana Gorrasi
Guglielmo Paganetto
Claudia Regazzoni
Marzia Salvadori
Pietro Speziale
Gianluca Tell
L’AMBIENTE
Eugenio Amendola
I BIOPOLIMERI
Roberto Rizzo
DAL MONDO DELLA TECNOLOGIA
Riccardo Po’
Ist. Donegani-Polimeri Europa SpA
Via G. Fauser 4 - 28100 Novara
Tel. 0321 447541 - Fax 0321 447241
E-mail: [email protected]
IN COPERTINA
La foto riportata in copertina la trovate anche nell’interessante articolo di Anna Crestana
“La plastica: arte e desing d’autore in mostra a Venezia”, a pag. 5.
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Il Consiglio Direttivo dell’AIM ha fissato in € 35 la quota di iscrizione annuale all’AIM e in € 60 la quota di iscrizione biennale. Il pagamento
può essere effettuato tramite versamento sui c/c bancario o postale dell'AIM oppure tramite invio di assegno bancario come indicato qui
di seguito:
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Gabriele Mei
Basell Poliolefine Italia SpA - Piazzale Donegani 12 - 44100 Ferrara
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AIM Magazine è un periodico quadrimestrale e i 3 numeri vanno in edicola a gennaio, maggio e settembre. Chiediamo a tutti i lettori che intendano inviare contributi di farli pervenire
alla redazione improrogabilmente entro il 20 novembre, il 20 marzo o il 20 luglio. Il materiale che arriverà dopo queste date potrà essere preso in considerazione solo per il numero
successivo.
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sul c/c bancario n. 751-21354/92 della Cassa di Risparmio di Pisa (Cod. ABI 06255, CAB Sportello 14011), Piazza Dante 1, 56126
PISA, intestato a: AIM
sul c/c postale n. 10267565 del Centro Compartimentale di Firenze intestato a: Associazione Italiana di Scienza e Tecnologia delle
Macromolecole, Via Risorgimento 35, 56126 PISA
a mezzo assegno bancario o circolare intestato: AIM da inviare a: Segreteria Amministrativa AIM: c/o prof. Mauro Aglietto,
Dipartimento di Chimica e Chimica Industriale, Via Risorgimento 35, 56126 PISA
carta di credito. Compilate il modulo che potete scaricare dal nostro sito web www.aim.it e speditelo, anche tramite fax, a: Segreteria
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Telefono 050 313011 • Telefax 050 3130300
www.pacinionline.it
Finito di stampare nel mese di Marzo 2004
presso le Industrie Grafiche della Pacini Editore S.p.A.
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