Seconda Guerra Mondiale – Ultimo atto: 1945

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Seconda Guerra Mondiale – Ultimo atto: 1945
Seconda Guerra Mondiale – Ultimo atto: 1945
Giovanni Stefanoni Cuomo – Gruppo Alpini Nova Milanese
L’atteso finale di questa drammatica commedia umana, è ormai alle
porte; da un’immensa platea che sovrasta la Terra, con uno scenario di
ecatombe, di distruzioni, di zampillanti fontane di sangue, questa
platea popolata da una marea di uomini e donne, amici e nemici,
ragazzi e bambini, tutti ormai divenuti spiriti, questa moltitudine è in
attesa dell’atto finale, quando finalmente vinti e vincitori faranno
tacere tutte le armi. Nella Vecchia Europa la conclusione avverrà il
giorno 8 maggio; nell’Estremo Oriente, la guerra nel Pacifico vedrà la
sua conclusione dopo le orrende distruzioni atomiche nel mese di
agosto di Hiroshima e Nagasaki. Il 2 settembre anche in queste
lontane terre le armi taceranno; ora nel mondo intero sembra che
finalmente sia scoppiata la “Pace”.
1945: La Vittoria, finalmente!
Le tappe della vittoria finale possono ascriversi dalla fine dell’anno
1944 in avanti. Questo è ciò che accadde in Europa.
Ottobre 1944/Febbraio 1945 – Fra il 19 e 20 ottobre, truppe
sovietiche e jugoslave entrano in Belgrado. La battaglia per la
conquista della città serba costò parecchio vittime a tutti i contendenti.
Contemporaneamente si svolgevano altri pesanti scontri: a Dubrovnik
(Ragusa) porto sull’Adriatico, le bande di Tito occuparono la città.
Mentre alla frontiera ungherese un insolito complesso di forze
composto da Sovietici, Romeni e Bulgari, sloggiavano i Tedeschi da
Debrecen; obiettivo dei sovietici, la capitale magiara Budapest. Nel
frattempo le truppe germaniche evacuavano l’Albania, che era stata
occupata dopo la resa italiana dell’otto settembre 1943. Il porto di
Scutari era così liberato. A Budapest le truppe tedesche e quelle
ungheresi al comando del generale Wilembruch, resistevano con
grande valore alla pressione russa. Passavano le settimane, si arrivava
così al nuovo anno 1945; Budapest resisteva ancora, i Tedeschi
avevano ricevuto in soccorso l’8^ Armata del generale Woele,
addirittura dopo aver preso parte alla fallimentare battaglia delle
Ardenne, la 6^ Armata corazzata “SS” del generale Sepp Dietrich, fu
inviata anch’essa a sostegno dei difensori di Budapest, nonostante
tutto per i Tedeschi e gli Ungheresi non vi erano più i presupposti per
una difesa ad oltranza, tutto scarseggiava, le munizioni stavano
finendo, viveri e medicinali erano quasi terminati del tutto; il 13
febbraio 1945, I Tedeschi e i Magiari dopo l’eroica strenua difesa
dovettero arrendersi. L’Armata Rossa, ora, aveva due obiettivi:
Vienna e Bratislava.
16 dicembre 1944/30 gennaio 1945 – Qualcuno l’ha definita, e non a
torto, la “Battaglia dei Giganti”. Storicamente come “La Battaglia
delle Ardenne” e l’ultimo colpo di coda di Hitler. La zona è un
altopiano ricco di boschi e foreste, posto fra la Francia settentrionale e
il Belgio meridionale, a ovest del Lussemburgo. La Wermacht
schierava un formidabile complesso che con circa trenta divisioni, di
cui sei corazzate formavano la 5^ 6^ e 7^ Armata. I numeri sono
impressionanti: oltre 250mila soldati, 2000 cannoni e 1000 carri
armati, la copertura aerea la si doveva a circa 600 caccia. Il comando
era affidato a uno fra i più capaci generali: il feldmaresciallo von
Rundstedt. Nella notte del 16 dicembre del ’44, un micidiale cuneo
tedesco irruppe fra le linee americane costituite da reparti, alquanto
sparpagliati, della 1^ Armata del generale Hodges. La sorpresa fu
tremenda; gli Americani dovettero retrocedere, il nemico riuscì a
penetrare per quasi 100 chilometri. A Bastogne i reparti americani
s’irrigidiscono in una disperata difesa, non vogliono assolutamente
cedere; frattanto le truppe di von Model cercano di arrivare a quello
che è l’obiettivo finale, il fiume Mosa. A Bastogne gli Americani
resistono a più non posso, questa cittadina per i Tedeschi è importante
perché è la via di comunicazione per far giungere i rifornimenti alle
truppe dirette sulla Mosa.
Per gli Americani la difesa di
Bastogne sarà definita come la
battaglia
della
Bulge
(bolla/rigonfiamento, perchè la
cittadina sorge sopra un rilievo
del terreno). Il comandante
americano della 101^ Divisione
aviotrasportata, impegnata a
Bastogne, è il generale Maxwell
Taylor, celebre diverrà la
risposta di un suo sottoposto, il
generale di brigata McAuliffe.
Quando i Tedeschi offriranno la
resa ai difensori della cittadina.
McAuliffe rispose con sarcasmo:
“Nuts!”
in
italiano,
“noccioline”, in certe occasioni
questa parola assume un
significato,
dispregiativo,
paragonabile a “non fatemi
ridere”. Si riaccese la battaglia,
finalmente il 26 dicembre reparti
della 3^ Armata americana del
generale Patton riuscirono a
collegarsi con gli assediati, la controffensiva americana è tale che il 28
dicembre i Tedeschi sono costretti a ritirarsi da
Bastogne; anche le truppe germaniche in vista della
Mosa sono bloccate e iniziano a ritirarsi. Il 15
gennaio 1945 i Tedeschi tentano un contratto che
però sarà sventato, saranno cos’ costretti al ritiro
sulle loro basi di
partenza:
la
Germania è sempre
più vicina.
(A sinistra: Patton
decora McAuliffe)
A sinistra lo stemma della 101^ Divisone
aviotrasportata U.S.A.
27 Gennaio 1945 – Questa data è convenzionalmente riconosciuta
quale “Giorno della Memoria”, a ricordo della liberazione dei
prigionieri rinchiusi nei campi di concentramento tedeschi, i
tristemente famosi, “Lager”. Un immensa teoria di uomini, donne,
anziani, bambini, di ogni razza, religione, ceto sociale, furono
rinchiusi in questi famigerati campi nazisti, dove purtroppo uno
sterminato numero di essi fu ferocemente eliminato fisicamente. Per la
verità quando il popolo tedesco fu messo a conoscenza di queste
infamie, fu il primo a restare allibito e inorridito, quasi a non credere
che tanti loro compatrioti si erano macchiati di questi inauditi delitti;
purtroppo la verità era lì, davanti ai loro occhi. Furono allestite dai
nazisti delle squadre speciali gli “Eisantzgruppen” che dovevano
occuparsi dell’eliminazione degli ebrei mano a mano che le forze
armate tedesche occupavano i territori; era la cosiddetta “soluzione
finale”.
In questo “foglietto” di Germania sono elencati i campi di
sterminio nazisti.
«50. jahrestag der befreiung der gefangenen aus den
konzentrationslagern» (50 ° anniversario della liberazione
dei prigionieri dai campi di concentramento)
«Stavano aspettando
qualcuno... che li riportasse
indietro per tornare alla vita…
…in quei posti avevano
perduto l’anima…»
Fra il 4 e l’11 Febbraio 1945, a Yalta, in
Crimea, si tenne l’omonima conferenza con i
cosiddetti “Tre Grandi”: Winston Churchill,
Franklin Delano Roosevelt e il padrone di casa,
Josif Stalin. Scopo della riunione affrontare
preventivamente i problemi politici che
inevitabilmente, terminata la guerra in corso,
sarebbero scaturiti. La scelta della Crimea, pare
sia stata dovuta per evitare a Stalin un eventuale
viaggio aereo, si racconta infatti, che il capo
dell’URSS non gradisse i viaggi con tale mezzo.
L’incontro nasce all’insegna dei reciproci
sospetti, anche se i sorrisi abbondano. Churchill è poco considerato,
Roosevelt, forse più considerato dai comunisti è però cagionevole di
salute, se è presente, lo è grazie ai farmaci, infatti, mancano solo due
mesi alla sua dipartita. Stalin e i suoi collaboratori avranno perciò
buon gioco nei confronti degli occidentali. La città di Yalta non offre
un bello spettacolo, i segni della guerra sono più che evidenti. I
Sovietici sollecitano aiuti militari, soprattutto come interventi aerei. I
Capi di Stato Maggiore anglo-americani assicurano il pieno appoggio
aereo. Un altro accordo è quello in cui si stabilisce che terminata la
guerra, la Germania sconfitta, dovrà accollarsi i pagamenti dei danni
di guerra.
Altro passo preteso da Stalin, fu quello in cui si richiedeva che i russi
che combattevano a fianco dei tedeschi, una volta catturati, dovevano
essere rimpatriati in URSS per seguire un corso di “rieducazione
politica” un eufemismo per dire dei “gulag” dove sarebbero stati
rieducati (sic!) a Yalta viene anche decisa la pesante incursione aerea
alleata sulla città di Dresda, autentico gioiello artistico, la violenza del
raid aereo sarà tale da radere al suolo la città. Finalmente la
Conferenza ha termine, la storia racconta che Churchill cercò in tutti
di modo di fare una certa opposizione su certi argomenti, ma era solo,
Roosevelt come detto era ormai pesantemente debilitato. Fra le varie
cose approvate vi fu quella in cui l’URSS s’impegnava a dichiarare
guerra al Giappone entro tre mesi dalla sconfitta della Germania; in
cambio avrebbero ricevuto la metà meridionale dell'isola di Sachalin.
Nella relazione finale venne inserito l'impegno a garantire che tutti i
popoli potessero scegliere i propri governanti, impegno palesemente
disatteso nei decenni successivi. Altro accordo fu quello in cui
testualmente si legge: “Il Regno Unito, gli Stati Uniti d'America e
l'U.R.S.S. rappresenteranno la suprema autorità in tutta la Germania.
Nell'esercitare tale Autorità essi adotteranno tutti i provvedimenti che
riterranno opportuni e necessari a garantire la pace e la sicurezza, ivi
compreso lo smembramento della Germania”.
13 Febbraio 1945 – In attuazione a quanto concordato fra i Tre
Grandi, a Yalta; nella notte del 13 febbraio una poderosa formazione
aerea di bombardieri “Lancaster” della RAF inglese attacca la città di
Dresda, nella Sassonia orientale, divenuta importante centro
economico, militare di comunicazione. La prima ondata è di duecento
aerei. Dopo questa prima incursione, passate circa quattro ore, nei
cieli di Dresda si presentano altri cinquecento aerei da
bombardamento. Il giorno dopo, con Dresda era oramai ridotta a
brandelli, si ripresentano quattrocento bombardieri americani, è il
colpo finale, la città è rasa al suolo. Lo splendido centro storico, ricco
di preziose testimonianze artistico culturali d’incalcolabile valore,
sono distrutte. Gli incendi che si svilupparono dureranno parecchie
settimane. La contraerea tedesca riuscì ad abbattere solamente otto
aerei alleati; in realtà l’artiglieria contraerea a difesa di Dresda era
ridotta a poche batterie, il grosso era stato spostato a difesa dei centri
minerari e industriali della Ruhr. Non è ancora finita, il 15 febbraio su
Dresda si ripresentano circa duecento aerei da bombardamento per
una nuova tragica incursione. Il 17 aprile seicento bombardieri
americano saranno nuovamente sulla città: cosa bombardarono questi
aerei? Semplicemente delle macerie e dei cadaveri!
Dresda rappresentava, come lo è tuttora, un centro d'arte di importanza
mondiale, tanto da essere stata soprannominata "Firenze sull'Elba. Al
termine della guerra fu ricostruita nelle sue splendide opere d’arte.
"Per la prima volta, dopo molte operazioni,
ero dispiaciuto per la gente che era la sotto".
Un pilota della Raf, dopo un incursione su
Dresda
A
destra:
i
bombardieri inglesi
“Avro Lancaster”
Dresda: il complesso dello Zwinger
Dresda: la Chiesa cattolica
Dresda: La Stazione tranviaria
Notturno a Dresda
7 Marzo 1945 – Il Ponte di Remagen. Questo ponte sul fiume Reno, è
entrato nella storia della Seconda Guerra Mondiale perché a differenza
di tanti altri, gli Alleati quando vi giunsero lo trovarono intatto, o
quanto meno i soldati americani della 9^ Divisione corazzata del
generale William Hoge, riuscirono con grande coraggio ad
attraversarlo e bloccare i genieri tedeschi che si apprestavano ad
accendere le varie micce per farlo saltare in aria. L’impresa permetterà
poi alla fanteria americana di raggiungerlo e attraversarlo in tutta
sicurezza; per la storia, questo ponte è dedicato al generale
Lunderdoff, un mito militare per i tedeschi durante la Prima Guerra
Mondiale; la conquista di questo manufatto ebbe anche un notevole
contraccolpo psicologico sul popolo germanico, sia civile, sia militare.
Quando la notizia giunse al Quartier Generale di Hitler, egli andò su
tutte le furie e come primo provvedimento destituì il feldmaresciallo
von Rundsted dal comando del fronte occidentale e chiamò dall’Italia
in sua vece, il feldmaresciallo Kesselring. Allo stesso modo quando
l’Ufficio Operazioni del comando alleato fu messo al corrente della
conquista del ponte, qualcuno – incredibile!- torse il naso, non erano
questi i piani a cui le forze alleate dovevano attenersi. Al comandante
del 12° Gruppo d’Armate, generale
Omar Bradley, questo atteggiamento
dell’Ufficio Operazioni, non piacque
ed esplicitamente disse: “The Plan
hell! (Al diavolo i piani; ho un ponte e
me lo tengo!)” il Comandante
supremo, generale Eisenhower, venuto
a conoscenza di questo diverbio,
chiamò immediatamente Bradley e gli
disse: “Brad, dimenticate i piani.
Tutto quello che avete sottomano
mandatelo avanti usando quel
ponte…”
“This will bust 'em wide open. Shove everything you can across!"
"Da questo busto (inteso come passaggio) che si è spalancato davanti
a noi; facciamo passare tutto quanto è possibile! (Truppe, armamenti,
rifornimenti, ecc.)
Anche il generale Patton telefonò a Bradley, complimentandosi
pregandolo di comunicare a tutto il mondo che il ponte simbolo, della
Germania era stato conquistate dagli americani… prima di
Montgomery! A Patton forse premeva di più far sapere che gli
statunitensi erano arrivati prima del collega e amico –si fa per dire-; il
britannico Montgomery. Sempre Patton fu protagonista di questo irato
e spassoso episodio. Churchill dai microfoni della BBC si
complimentò con Montgomery per la presa del ponte, il generale
americano s’arrabbiò talmente che recatosi sulla riva del Reno, fece
una storica, furiosa orinata, urlando a tutta voce: "First it was me!" (Il
primo sono stato io!)… e il Reno si alzò di livello!
Il Fiume Reno
….. e Patton…..
A sinistra il generale
George
S.
Patton,
affiancato
da
Sir
Bernard Montgomery,
Visconte di El Alamein
Gli Stati Uniti d’America in lutto
12 aprile 1945 – Fu un questo un giorno funesto per gli Stati Uniti
d’America e gli americani. Il Presidente Franklin Delano Roosevelt
(30 gennaio 1882 – 12 aprile 1945), che
aveva guidato sin qui il suo popolo contro
il nazismo e l’imperialismo giapponese,
spirava per un’emorragia cerebrale nella
residenza di Warm Springs, mentre stava
posando per un ritratto ad acquarello. A un
dato momento, rivolgendosi verso la
pittrice, disse: “Ho un gran mal di testa…”
e cadde senza riprendere più conoscenza .
inutili i tentativi del medico, dottore
Paulin per rianimarlo, erano le 15,50 di
quel 12 aprile. Il successore
fu Harry Truman. (8
maggio 1884 – 26 dicembre 1972) (Sopra i funerali di
F.D.Roosevelt-Sotto l’enunciazione delle 4 Libertà “di
parola, di adorare Dio Nostro Signore, dal bisogno,
dalla paura…)
Dopo sei giorni da quel tragico evento, un altro dramma scosse
l’America. Era in corso la cruenta battaglia di Okinawa, fra Americani
e Nipponici. Sul posto uno dei più famosi e
amati corrispondenti di guerra, Ernie Pyle (3
agosto 1900-18 aprile 1945), moriva ucciso dal
fuoco giapponese. Le sue pagine descrissero con
incredibile efficacia la vita dei soldati americani
impegnati a difendere libertà e democrazia; il
Presidente Truman di lui disse: “La Nazione è
nuovamente in lutto…”. Alla notizia della
scomparsa di Pyle, tutti i soldati statunitensi,
impegnati su tutti i fronti, dall’Europa all’estremo
Oriente, piansero amaramente, Pyle era uno di loro, il
loro “cantore”.
A destra: la battaglia di Okinawa
25 Aprile 1945 – Sull’Elba, truppe americane e sovietiche
s’incontrano. La 9^ Armata americana
del generale Simpson, raggiunge la
sponda occidentale del fiume Elba;
Simpson risulta vittorioso in questa
corsa al fiume, battendo il tumultuoso
Patton con la sua 3^ Armata, rimasta
impantanata in Turingia a causa del
difficile terreno e della resistenza
tedesca. "Questa è un'occasione
storica; per cui entrambi i nostri
eserciti hanno combattuto". Così si espresse il giovane tenente
sovietico.
Chissà cosa avrà pensato il “corridore” Patton, una volta raggiunta
l’Elba si sarà fermato per fare una seconda orinata, come la precedente
sul Reno? Questo la storia non lo dice. Torniamo all’argomento. I
Tedeschi oppongono seria opposizione, artiglieria e la Luftwaffe con i
nuovi aerei a reazione fanno l’impossibile, ma il destino è già segnato.
Quattordici giorni dopo, è la volta dell’Armata Rossa con il Gruppo
d’Armate del maresciallo Koniev a presentarsi sulla riva opposta del
fiume. L’incontro avvenne fra pattuglie; quella comandata dal tenente
William Robertson, della 69^ Divisione di fanteria, incontrò quella
comandata dal russo tenente Selvashko, della 58^ Divisione di fanteria
della Guardia. Americani e Sovietici, s’abbracciarono felici e
commossi, era ormai chiaro che la guerra era vicinissima alla fine,
così come era vicino alla fine il III Reich. I generali comandanti le due
divisioni, l’americano Reinhart e il sovietico Russakov si strinsero la
mano il giorno dopo.
29 Aprile 1945–Gli Alleati pianificano ed eseguono l’Operazione
“Manna”. Faranno giungere agli stremati olandesi di Rotterdam e
dell’Aja, oltre 6000 tonnellate di rifornimenti vari, attraverso lanci
paracadutati eseguiti da una forza di 3000 bombardieri della RAF.
Questa operazione, al pari del biblico intervento divino a favore degli
Ebrei di Mosè durante le peregrinazioni nel deserto, servirà a salvare
decine di migliaia di olandesi dalla morte per fame. Nel medesimo
giorno, la Divisione di fanteria americana “Rainbow” della 7^ Armata
del generale Alexander McCarrell Patch (23 novembre 1889–21
novembre 1945) entrò a Monaco di Baviera, quindi proseguì
velocemente verso sud, oltrepassò Garmisch-Panterkirchen, Insbruck
e il 4 maggio arrivò nel Sud Tirolo italiano a Vipiteno,
ricongiungendosi con la 5^ Armata americana del generale Clark.
Qualche giorno prima una flotta immensa di bombardieri della RAF,
fra cui il mitico 617° Squadrone, che aveva affondato nel 1943 la nave
da battaglia tedesca Tirpitz, condusse una pesante incursione su
Berchtesgaden, centrando un altro simbolo nazista: il Berghof, il
Quartier Generale di Adolf Hitler. Da qui in avanti è una continua
progressione di avvenimenti militari e politici.
Operation “Manna”
Divisione “Rainbow”
617° Squadron Royal Air Force
2 Maggio 1945 – La Battaglia per Berlino. Questo scontro segnò il
principio della fine totale del III Reich e della guerra in Europa.
La capitale del III Reich è ormai
circondata dalle truppe
dell’Armata Rossa, alla
cui testa vi sono i
marescialli Zhukov, (a
sin.)
Koniev,
e
Malinovsky. (a ds.) Sorge
però una domanda: come
sono solamente i Sovietici
ad accerchiare Berlino? E
gli Alleati dove sono? La risposta l’abbiamo in
determinati accordi intercorsi fra gli anglo-americani e i
russi. Gli americani arrivarono per primi a meno di 100
chilometri da Berlino, mentre i russi erano molto più
distanti.
Eisenhower,
quale
comandante
supremo alleato, in ossequio agli accordi accennati,
lascerà che l’Armata Rossa entri ed occupi per
prima la capitale tedesca. Sembrava quasi un atto
dovuto di cortesia, questo “prego, si accomodi” non
immaginando ciò che ne sarebbe derivato nel
dopoguerra. Berlino era ormai ridotta a un ammassi di detriti e
macerie, non aveva più alcuna valenza politica e militare, che ci
pensino i Russi. Lo stesso Stalin era pressappoco della stessa idea.
L’Armata Rossa diede così inizio alla battaglia per la conquista di
Berlino, e fu una lotta ostinata, accanita, i soldati tedeschi avrebbero
venduto cara la pelle, facendo tremare le ingenti forze sovietiche.
Assieme alla Wermacht combattono anche divisioni anticomuniste
quali la “Nordland” e la “Charlemagne” ed altri sparuti gruppi di varie
nazionalità; eppure tutti quanti combatteranno con disperato coraggio
compiendo atti di autentico eroismo; per essi valse il detto di
Francesco I: “Tutto è perduto, fuorché l’onore”.
La Battaglia per Berlino può considerarsi iniziata il 16 aprile. Mentre
a ovest gli anglo-americani segnano il passo, a est i Russi iniziano
l’ultima determinate offensiva verso Berlino. La difesa della città è
affidata a un generale delle SS, Steiner, che dovrà cederlo al generale
Wenk della 9^ Armata che riuscirà forzando le linee sovietiche a
giungere nella capitale; ben presto Wenk si renderà conto della quasi
impossibilità di riuscire nella difesa, per non parlare di un successo
militare ormai impossibile, sarà così che i superstiti della sua armata
arretreranno sulle linee di partenza, evitando così ulteriori perdite in
vite umane. Il 20 aprile Zhukov sfonda una linea difensiva e il giorno
dopo inizia una pesante offensiva: nel contempo Koniev manovra per
aggirare Berlino da sud-ovest. Nei cieli gli ultimi aerei tedeschi fanno
quello che possono, ben 345 di loro sono abbattuti in poco più di tre
giorni. Il 23 aprile truppe russe entrano nei sobborghi di Berlino, i
combattimenti infuriano e il cerchio attorno alla città si stringe sempre
più, ora è totalmente accerchiata. Il 27 i russi occupano l’aeroporto di
Tempelhof; e il 28 sono a meno di un chilometro dalla Cancelleria del
Reich. Il 29 gli edifici del Ministero degli Interni e il Reichstag si
arrendono, su quest’ultimo palazzo un soldato russo isserà la bandiera
comunista. Il generale tedesco Krebs non sopportando l’onta di una
resa senza condizioni, come volevano imporre i Russi, preferisce
suicidarsi, il giorno prima 30 aprile, si suicideranno Hitler e sua
moglie Eva Braun e tutta la famiglia del Ministro della Propaganda,
Goebbels.
Il primo maggio inizieranno i colloqui per i negoziati per la resa finale
di Berlino e quindi della Germania.
2 maggio - Il
generale Weidling
emanò un ordine
contemplando la
cessazione
delle
ostilità e deposizione da parte dei tedeschi delle armi.
Berlino è consegnata al generale russo Vasilij
Čujkov..Il giorno successivo il maresciallo sovietico
Zhukov accettava la resa senza condizioni della
capitale del III Reich. Lo stesso giorno a nord di Berlino, il generale
Kurt von Tippelskirch comandante della 21ª armata e il generale
Hasso von Manteuffel in comando alla 3ª armata Panzer, si arrendono
agli Alleati. Alcuni scontri proseguiranno ancora nei giorni successivi,
alla fine anche i più recidivi si arrenderanno.
4 Maggio 1945 - Le Forze Armate tedesche, di terra, dell’aria e navali
dislocate nella Germania nord occidentale, Danimarca e Olanda,
ricevono l’ordine di arrendersi. La resa sarà ricevuta dal generale
britannico Bernard Law Montgomery, presenteranno la resa i generali
Hans-Georg von Friedeburg e Hans Kinzel.
5 Maggio 1945 - Il grand’Ammiraglio Karl
Dönitz, ordina a tutte le unità sottomarine (UBoot) di cessare ogni operazione bellica e di
rientrare immediatamente alle loro basi.
6 Maggio 1945 – Le forze tedesche attestate e
assediate da mesi a Breslavia, al comando del
generale Hermann Niehoff, si arrendono ai Russi.
7 Maggio 1945 - Il grand’Ammiraglio Karl Dönitz, autorizza il
generale Jodl, a firmare l’atto di resa finale, a Reims alle prime luci
dell’alba del 7 maggio 1945. I documenti di resa prevedono che la
cessazione delle attività della Germania dovrà avvenire il giorno dopo,
8 maggio. Firmatari per la Germania il feldmaresciallo Gustav Jodl e
l’Ammiraglio H. G. von Friedburg, presenti i comandanti Alleati
generale Bedell-Smith e generale Carl Spaatz (americani),
Ammiraglio Sir Harold Burrough (inglese), maggior generale Ivan
Susloparov (URSS) e il generale François Sevez (Francia).
8 Maggio 1945 – In Europa le armi tacciono. L’atto di capitolazione
di Reims, sarà poi ratificato a Berlino. Per i Tedeschi: feldmaresciallo
Wilhelm Keitel, colonnello generale P.F. Stumpf e l’Ammiraglio
Hans Georg von Friedburg. Per gli Alleati: generale Carl A. Spaatz
(USA), maresciallo Gregorij Zukov (URSS), maresciallo dell’Aria Sir
Arthur Tedder (Gran Bretagna) e generale de Lattre de Tassigny
(Francia).
La guerra è finita!
L’Atto di resa delle Forze Armate Tedesche, firmato a Berlino il
giorno 8 maggio 1945, dai rappresentanti Alleati e Tedeschi.,
prevedeva anche che: …nessuna nave dovrà essere deliberatamente
affondata o danneggiata e nessun aereo dovrà essere distrutto o danneggiato.
(Art. 2) … obbedienza a qualsiasi ulteriore ordine impartito dal Comando
Supremo Alleato e dal Comando Supremo dell'Armata Rossa. (Art. 3)
Questo atto di resa militare sarà sostituito successivamente da un documento
generale di resa imposta dalle Nazioni Unite, che riguarderà non solo le forze
militari tedesche, ma la Germania nel suo complesso. (Art. 4) … in caso di
azioni tedesche non conformi a quanto previsto da questo Atto di Resa, il
Comando Supremo Alleato e il Comando Supremo dell'Armata Rossa
adotteranno nei loro confronti i provvedimenti che riterranno più appropriati
(Art. 5)
Questo Atto è redatto in lingua inglese, russa e tedesca. Le versioni in inglese e
russo sono gli unici testi autentici. (Art. 6)
Per conto dell'Alto Comando Tedesco: Von Friedeburg – Keitel - Stumpf
Per conto del Comando Supremo Alleato: A. W. Tedder
Per conto del Comando Supremo dell'Armata Rossa: G. Zhukov
Testimoni Alleati: Comandante Generale in Capo dell'Esercito
Francese: F. de Lattre deTassigny
Comandante Generale delle Forze Aeree Strategiche degli Stati Uniti:
Carl Spaatz
Alcune emissioni filateliche celebranti la fine della
Seconda Guerra Mondiale.
F. de Lattre deTassigny, un testimone degli Alleati, dell’Atto di resa
firmato a Berlino. Sotto a destra: A. W. Tedder, firmatario per il
Comando supremo Alleato.
23 Maggio 1945 – Il Governo tedesco presieduto da Karl Dönitz, è
sciolto. Gli Alleati pianificano l’incontro che avverrà a Postdam, in
Germania, dove saranno definiti i nuovi confini territoriali della
nazione tedesca, il suo futuro governo e il nuovo corso sociale.
17 Luglio 1945 – I Tre Grandi, a Postdam devono affrontare il futuro
della Germania. Prima di questo sono notificate delle proposte fatte
giungere tramite Stalin, dall’imperatore giapponese Hirohito, ancora
in guerra nel Pacifico con gli Alleati, ma con l’Unione Sovietica.
Bisogna riconoscere che Hirohito, pur vivendo nella sua nicchia
dorata e divinizzata, aveva ben capito che per il suo Paese non c’era
più alcuna speranza di uscire vittorioso dal conflitto; oramai
sopravviveva la volontà di battersi solo per
quel complesso di norme morali proprie della
casta militare che si riconosceva nel Codice
del Bushido; fu così che l’Imperatore diede
mandato a un suo dignitario di convincere
Stalin ad assumere la funzione di mediatore fra
il Giappone e gli Alleati. Le proposte nipponiche sono valutate, oltre
che da Stalin, dal Presidente americano Harry Truman e dal Primo
Ministro inglese Winston Churchill. Gli Alleati decidono di porre a
Hirohito una scelta: arrendersi senza condizioni o subire una
devastante, spaventosa distruzione. Il Governo nipponico rifiutò
questo ultimatum. Questa conferenza farà venire a galla tutti i
dissapori fra Alleati, anzi, si può ormai ben dire, ex Alleati, infatti,
durante i colloqui sorgono problemi sulle nuove
frontiere che avrebbero dovuto essere ridisegnate
dai vincitori della guerra. Churchill, però
paventava che se le armate anglo-americane
avessero smobilitate, i Sovietici non avrebbero
esitato a estendere i propri confini in Europa
partendo da Capo Nord, sino addirittura al fiume
Isonzo, in Italia; sottomettendo tutta
la Germania orientale, i paesi baltici,
l’Ungheria, tutti i paesi balcanici e forse anche la Grecia.
Dopo estenuanti e faticosi colloqui, i Tre Grandi
giunsero a questi accordi: la Polonia acquisì alcuni
territori tedeschi, ma dovette cederne parte dei suoi
all’URSS, mentre tutte le nazioni dell’est diventarono
paesi satelliti dell’Unione Sovietica. Intanto in
Inghilterra si svolgevano le elezioni politiche e Churchill
fu battuto perciò quando si giunse alle battute finali della
Conferenza presenziò il nuovo eletto Clement Attle.