aborto e legge 40: e` partito l`arrembaggio

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aborto e legge 40: e` partito l`arrembaggio
ABORTO E LEGGE 40: E’ PARTITO L’ARREMBAGGIO
Giovedì 03 Gennaio 2008 14:30
di Sara Nicoli
Il primo della classe è sempre lui, Giuliano Ferrara. Il mai stato laico direttore de il Foglio, in
astinenza da popolarità mediatica sulle grandi polemiche politiche del momento, dove la sua
per altro ottima trasmissione
Otto e Mezzo
non riesce ad incidere, ha voluto inaugurare il nuovo anno con una delle sue
battaglie-provocazione per scardinare una delle leggi dello Stato laico più odiate dal suo vero
editore di riferimento, la Santa Sede. Prendendo spunto dall’approvazione della moratoria sulla
pena di morte, una vittoria del governo italiano, Ferrara ha lanciato dalle colonne del suo
giornale l’idea di una moratoria sull’aborto: sempre di condanna a morte di un essere umano si
tratta, secondo lui, e dunque val la pena rivedere questa 194, che negli anni ha lasciato alle
donne troppa libertà di scelta a discapito del loro ruolo di mogli e madri e mettendo a
repentaglio il valore intrinseco della famiglia. Ci sarebbe da sommergere questo ragionamento
con una sonora, crassa, risata se la minaccia non fosse invece molto reale. E se dietro
un’apparente boutade non si nascondesse la volontà di riaprire una ferita antica, quella della
lotta sulla 194, per disinnescare una volta per tutte la revisione delle linee guida della legge 40,
ormai in avanzato stato di preparazione. Guarda caso, a seguire il solco della “proposta” di
Ferrara, immediatamente salutata con uno scontato “alleluia” da Sua Eminenza il cardinal Ruini,
si è subito accomodato il coordinatore di Forza Italia, Sandro Bondi e la senatrice teodem Paola
Binetti, quest’ultima nel mal celato intento di mettere un’ennesima zeppa al dibattito sulla laicità
che sta scuotendo le fondamenta del Partito Democratico, prima ancora che il congresso ne
sancisca una definitiva nascita politica.
Non c’è nulla da ridere, insomma, e vale la pena preoccuparsi non poco se, con un governo
così poco stabile e con una sinistra ancora alle prese con una ricerca d’identità comune molto
lontano dall’essere raggiunta, Sandro Bondi ha addirittura annunciato la proposta di una
mozione per rivedere le linee guida della 194 alla riapertura dei lavori parlamentari. Soprattutto,
c’è da preoccuparsi se la Binetti, che non arriva mai seconda quando c’è da alzare la bandiera
dello stato clericale contro lo stato laico, si è detta pronta a far convergere su di sé tutte quelle
forze del centro sinistra che, come lei, condividono un padrone diverso da quello dell’elettorato
che li ha portati in parlamento, per far in modo che venga approvata al più presto. Testuali le
sue parole: “La mozione è un grande passo avanti nella direzione giusta, cioè la difesa della
dignità della persona e del valore sacro della vita”. “La 194 è datata, ha trent'anni e per rivedere
le linee guida della legge – ha puntualizzato la numeraria dell’Opus Dei - sono disponibile a
dare il mio contributo alla formazione di una maggioranza trasversale”.
Un simile intento, in un politico che ha senso dello Stato e della tenuta del governo, non
salterebbe nemmeno in testa, consapevole di creare una nuova spaccatura nell’Unione. E
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invece no. Le sue preoccupazioni, com’è noto, sono altre. Lei vola alto, talmente alto che non si
sa che cosa ci stia a fare dentro le bassezze politiche che si consumano dentro gli emicicli
parlamentari. Ma se il mezzo è buono per raggiungere il fine, ossia quello di scardinare il più
possibile lo Stato laico per asservirlo al Vaticano, allora è lecito utilizzare anche questa trincea:
“Sulla salvaguardia della vita - ha declamato come se fosse uno statista, e non lo è affatto - non
valgono logiche di schieramento o posizioni di partito. Nel Pd e in Parlamento - ha minacciato
ancora - siamo in più di quanti si creda a ritenere indispensabile la rivisitazione della legge 194.
Sarebbe demenziale invocare disciplina di partito su temi che toccano al fondo la coscienza e le
ragioni della convivenza civile”.
Come a dire: che Veltroni non ci provi neppure a paventare una mia espulsione dal partito
democratico per manifesta incompatibilità di vedute, perché sarei pronta a scatenargli contro
Rutelli e tutti i miei sodali (leggasi Bobba, Baio Dossi e forse anche Mastella). E, soprattutto:
che nessuno si azzardi a buttare nell’agone delle prossime settimane parlamentari la questione
della revisione delle linee guida della legge 40. Altrimenti si alza il tiro sulla 194. In poche
parole, un sottile ricatto politico. Che poi tanto sottile non è, anzi è piuttosto grossolano, in linea
perfetta con il livello dell’attuale classe politica, ma che rischia di inchiodare definitivamente il
dibattito sulla revisione delle linee guida sulla fecondazione assistita, di cui, invece, c’è
un’impellente necessità.
La Binetti, insomma, persegue la sua strada a caccia di quella maggioranza trasversale che le
consenta, una volta incardinato il provvedimento dentro una delle aule parlamentari (forse al
Senato, grazie a quella mente illuminata di Gustavo Selva) di creare una propria frangia politica
di sbarramento a qualsivoglia discussione, aperta e laica, su un tema etico qualunque. In altri
Paesi, gente come la Binetti viene chiamata Jiiadista, integralista, talebana: in Italia si fa invece
passare l’ottusità oscurantista religiosa come un alto valore morale, che nulla ha a che vedere
con i temi che si trattano, siano questi la salute del bambino o la diagnosi pre impianto
dell’embrione, piuttosto che la ricerca su cellule staminali embrionali.
Ovviamente, poi, il fatto che tutti questi bei discorsi si giochino sulla pelle delle donne è un
dettaglio del tutto trascurabile. Non a caso la battaglia è stata lanciata da uno come Ferrara, di
cui non si ricorda neppure un trafiletto sui problemi legati alla maternità responsabile, alla
contraccezione e alla lotta all’aborto clandestino. Veri uomini, insomma, su questa barricata che
vuole distruggere la 194. Come Rocco Buttiglione, anche lui mai domo quando c’è da usare due
pesi e due misure sul valore della vita (la salute delle donne viene sempre dopo quella di un
feto di qualche settimana). Che abbracciando idealmente la Binetti come aveva tentato di fare
anche fisicamente, qualche settimana fa, dopo il “no” etico della senatrice teodem alla fiducia al
governo, ha subito innalzato il vessillo di crociato vaticano uber alles: “L’Udc - ha declamato è sempre stato all'avanguardia nella lotta in difesa della vita: un feto di venti settimane è già in
grado di vivere alcune ore ed un aborto in quel caso è un infanticidio!”. Roba da far tremare i
polsi.
Ma è la revisione delle linee guida sulla legge 40 ad essere realmente sotto attacco, non la
194. E i Radicali lo hanno capito bene. Dice, infatti, Marco Cappato, centrando i pieno l’obiettivo
della polemica. “La legge sull'aborto non è nè un totem né un tabù. Verificare l'impatto del
progresso tecnologico sul rispetto della legge è certo opera utile e doverosa, non solo
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relativamente alle mutate possibilità di sopravvivenza del feto fuori dall'utero, ma anche rispetto
alle tecniche abortive disponibili, prima tra tutte la RU486, e alle tecniche di analisi prenatale e
reimpianto”.
Se, insomma, di revisione si vuol parlare, allora che si guardi avanti, a quanto la scienza ci ha
regalato in questi ultimi anni per rendere sempre meno dolorosa la pratica dell’aborto e quella
della fecondazione assistita. “La contraddizione – ha proseguito il parlamentare - tra le linee
guida della legge 40 sulla fecondazione assistita, che ostacolano abusivamente l'analisi gentica
pre-impianto, e la legge 194, che consente l'analisi pre-natale e l'aborto, va risolta a favore della
seconda, attraverso una riforma delle linee guida della legge 40 che chiarisca le modalità
attraverso le quali la donna può ricorrere all'analisi pre-impianto: il proibizionismo sulle analisi
pre-impianto e pre-natali sarebbe comunque una scelta criminogena, perché si tradurrebbe in
una ripresa degli aborti clandestini in Italia e all'estero”. Fatto inconfutabile, quest’ultimo, di cui,
ovviamente, la Binetti e Ferrara si fanno beffe, impegnati nella battaglia delle restrizioni delle
libertà personali (in questo caso della donna) che rappresenta anche un attacco alla
Costituzione repubblicana.
E’ certo che questo polverone polemico abbia come scopo quello di disinnescare il prossimo
varo delle linee guida sulla legge 40. Ma a parte le vergognose posizioni dei soldatini di dio in
Parlamento, il vero dubbio riguarda il comportamento che, sul tema, terrà il governo. Se,
insomma, Prodi (ma anche Veltroni) , in tempi di verifica, vorranno tenere fede almeno ad uno
dei tanti, disattesi, punti del programma dell’Unione. In caso contrario, sarà palese quanto,
ormai, si va dicendo da tempo nei palazzi della politica, ovvero che il reale ostacolo sul
cammino delle riforme, anche se di un semplice, doveroso atto ministeriale come la revisione
delle linee guida della legge 40, è proprio Prodi e il suo governo. Una coalizione così mal
amalgamata non può seriamente fronteggiare l’aspra salita delle riforme – a partire dalla legge
elettorale – che si impongono per il Paese.
L’ennesima, pretestuosa polemica sulla 194 per avvelenare il clima e condurre alle elezioni
anticipate ne è l’ennesima prova. Che Prodi ne prenda atto con ragionevolezza prima che altri,
casomai pretestuosamente come Ferrara e la Binetti, trovino il sistema di farlo scivolare
ignominiosamente sulla prima futilità parlamentare. Pronti ad ammantarsi, poi, della bandiera
della vittoria della destra spacciandola, come al solito, per un alto valore etico e cristiano. E
invece è fuffa.
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