Soldini-parto martedì mattina dall`albergo alla 7
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Soldini-parto martedì mattina dall`albergo alla 7
Dopo una settimana di corso sui linfomi nella carissima e caotica Parigi, parto martedì mattina dall’albergo alla 7 per prendere il treno alla gare du nord. Arrivo a charles de gaulles, terminal 2, e mi appresto a fare il check in. Ho il sacco da montagna di mio padre, sarà sui 50 litri di capienza, pieno di speculum monouso, gel lubrificante, vaschette per la colorazione papanicolau e soluzioni alcoliche. Le hostess mi chiede gentilmente se trasporto materiale infiammabile, la guardo come a dirle, è proprio necessario rispondere?, e mi dico che è meglio far finta di niente. Poi mi siedo e mi sento una specie di terrorista e responsabile di un’esplosione aerea. Sto quasi per ritornare dalla hostess quando il buonsenso mi aiuta a andare verso l’imbarco dove mi vedono con talmente tante borse da indurre un sentimento di compassione. Mi consigliano di allontanarmi un po’ e di mettermi almeno una borsa sotto la giacca. Prima di salire sull’aereo sento un signore che tenta di comunicare in italiano ad un francese. Gli chiedo se ha bisogno e mi dice di avere perso il volo del giorno precedente e mi chiede se è al posto giusto, dato che è ipovedente. Nell’aereo mi trovo vicino a due infermiere, una francese ed una inglese, le quali rimarranno per un periodo di svariati mesi nel nord del Madagascar a lavorare in un ospedale. L’infermiera francese ci è già stata altre volte e trova il progetto dei POF molto interessante, si chiama Estelle. Dopo le dieci ore di volo scendo con il ragazzo italiano e al momento di comprare il visto di entrata mi dice di non avere i 65 euro necessari e inoltre non ha un albergo. L’entrata nel paese si fa quindi un po’ più faticosa e dopo due ore le cose sembrano essere sistemate. Incontro una coppia di spagnoli, Angel e Elena, e andiamo insieme in taxi al centro di Tana. Non avendo l’albergo provano nel mio e trovano posto. Siamo all’hotel Radama, dal nome di uno dei re locali. Il mattino seguente faccio colazione con la coppia iberica e decidiamo di visitare insieme la capitale. Io devo riservare il taxi brousse per Fiana del giorno successivo e loro il volo per la costa ovest. Mi sorprende di vedere moltissime persone con il cellulare, sembra di essere sulla piazza del duomo a milano (solo per i telefono, s’intende) e di vedere, oltre alle onnipresenti insegne di Orange, molti ambulanti che offrono chiamate a 300 aryary, pochi centesimi di euro. La sera decidiamo di concederci uno sfizio andando al ristorante la Verengue, dove la guida dice che il cuoco sia tra i primi cinque al mondo. Una volta lì ci sentiamo un po’ in colpa di stare in un posto che non ha molto a che fare con il posto, ma i prezzi sono comunque contenuti e la cena spettacolare. All’una sono a letto e il mattino alle 6 mi alzo per il taxi brousse. Arrivo alle 7:15, orario di partenza previsto 7:30. Partiamo alle 9, quando riescono a riempire il veicolo. Sono solo tra i malgasci ed una coppia francese. Mi siedo davanti pensando di stare un po’ più comodo, ma il sedile è così duro che la sera alle 1730, ora di arrivo, mi sento distrutto. Accanto a me si siede una ragazza malgascia di nome Philppine che mi racconta di avere studiato chimica e di far parte di una ONG statunitense chiamata Care. Il suo compito è quello di istruire la gente ad un’agricoltura più consapevole ed a introdurre nuove varietà di legumi e verdure nella dieta locale, specie nella costa est. All’arrivo vuole accompagnarmi fino all’ospedale CDS, dove incontro padre Zocco. Sentirlo parlare italiano dopo dieci giorni di francese mi è ha fatto sentire un po’ a casa, e poi è molto cordiale. Mi porta da Mélanie, la signora che gestisce una casa dove vengono ospitati collaboratori dell’ospedale, e mi dà appuntamento per l’indomani mattina, avendo comprensione per il mio stato fisico. Qui ceno e poi mi metto a scrivere le prime impressioni di questi giorni. Qui senza internet, radio e tv sento che potrebbe non essere facile senza poter essere distratto da nient’altro se non la preparazione del corso, che inizierà mercoledì 15. Dopo diverse levatacce riesco a dormire fino alle otto, anche grazie agli “occhiali” distribuiti da Airfrance. Qui la luce entra molto presto dappertutto. Alle nove arrivo all’ospedale CDS e suor Gertrude mi aiuta a trovare il consultorio di padre Zocco, il quale ha però diverse persone che vogliono parlare con lui. Alle 9 30 mi riceve e mi chiede di stendere il programma con Arnault, un ingegnere francese che vive da due anni con la moglie a Fiana, e di tornare da lui alle 14. Steso il programma vado a comprare un telefono portatile dato che il mio non accetta altre tessere. Mi aiuta Fidelis, il factotum di casa di Mélanie, che per caso mi vede per strada. Ha sempre il sorriso, ma non il solito sorriso, lo si vede negli occhi ed una disponibilità infinita. Dopo un pranzo abbondante da Mélanie, torno da padre Zocco, il quale mi inviata ad andare a Ilena con padre Stefano, un prete polacco della congregazione dei Camiliani. Con noi vengono un medico di Tana ed un Belga residente in Alsazia di Terres des hommes, il quale porta semi di Mongolova (?) contro la deforestazione dell’area vicino alla sede del lebbrosario, ora trasformatosi in comunità con scuola e mensa gestita da suore. La strada è di soli 20 minuti ed è tutta costruita in cubi di sasso, un progetto sostenuto dall’associazione italiana “insieme per la vita”. Con loro andiamo a visitare il vivaio, in cui già crescono centinaia di piantine, le quale tra pochi mesi verranno messe nelle molte buche che si scorgono sulla circostante coline. Inoltre il signore belga racconta che verrà una signora a spiegare come utilizzare le foglie di queste piante quale nutrimento per la popolazione locale. Padre Stefano ha fretta di tornare perché deve celebrare la messa all’ospedale CDS, in sostituzione di padre Albert. Partecipo alla messa più corta ed incomprensibile della mia vita, tenuta in malgascio con padre Zocco. Faccio conoscenza con alcune suore, tra cui una marsigliese, una vietnamita ed una ondurense, le quali sono a Fiana per imparare il malgascio e poi trasferirsi sulla costa est dell’isola. Torno a casa e mi metto a preparare il corso. Tutte le persone che ho incontrato erano a conoscenza del corso e sembravano avere grosse aspettative. Dopo una cena a base di crevette, piselli e carote ed una breve chiacchierata con Mélanie torno a preparare il corso. Mi sembra di cominciare a intravedere come sia la vita qui. La gente mi sembra molto gioiosa per la strada. La maggior parte non mi fa molto caso, a volte mi guardano e sorridono, mentre i bambini sono i più sorpresi nel vedere qualcuno di diverso e a volte mi fissano. La gente con cui ho parlato mi sembra molto curiosa; ha quella modestia che permette loro di voler apprendere e questo mi è una qualità che mi stimola ad esser qui. Mi fa pensare che questa sia la più grande differenza tra “nostro” e il “loro” mondo. Sabato sono andato all’ospedale CDS per le 8:30, dove ho trovato i 5 studenti pronti a salutarmi ed a conoscermi. Si sono dimostrati gentili e disponibili e, dopo avermi raccontato il programma seguito con Stefano, abbiamo fatto un breve ripasso ed iniziato ad approfondire i temi legati alla biologia molecolare, alla regolazione della divisione cellulare ed alle caratteristiche delle lesioni tumorali. In un attimo sono passate 3 ore davvero piacevoli, in più momenti mi guardavo con gli occhi spalancati accompagnati da un ah di stupore. Io, senza voce, non ero mai stato ascoltato così attentamente. Alla fine ci siamo dati appuntamento per il lunedì alle 14, mantenendo l’orario delle lezioni precedenti. Alla fine, una delle partecipanti si avvicina e timidamente mi chiede so potrà farmi delle domande sulla materia trattate, siccome “è con la ripetizione a casa che le nascono le domande”. Vado da padre Zocco per avere le chiavi dell’ufficio di padre Albert, dove volevo preparare il corso e scrivere qualche emails, ma le chiave sono state lasciate in farmacia, ormai già chiusa. Non mi do per vinto e chiedo in cucina, al dr. Mami ed a suora Isabella, molto disponibili ma i miracoli non li sanno fare e mi tocca tornare a casa e cercare il cyber-café, consigliatomi di Stefano. Suor Isabella mi racconta di essere originaria di Pamplona, al che subito ci mettiamo a parlare in spagnolo e, dopo averle raccontato le mie origini, mi dice di avere un’amica a Breganzona, vicino a Lugano, e mi chiede se potrò portarle una lettera da parte sua. Pranzo e lavoro un po’, poi esco a comprare la ricarica del telefono, dell’acqua e passando dallo stadio mi fermo a vedere una partita di due squadre locali, così almeno mi dicono. L’erba molto irregolare e il pallone che mi sembra di gomma non diminuiscono la passione del gioco e la partecipazione del numeroso pubblico. Il cyber café mi fa pensare ai primi approcci ad internet, in cui per aprire una pagina uno poteva lavarsi i denti, leggo le e-mails e alcune pagine di La repubblica, dove scopre che Berlusconi vuole chiudere alcune scuole, che il leader di estrema destra Haider è morto in un incidente e che le borse continuano a scendere. La sera a cena Mélanie mi prepara del pesce di acqua dolce e ci mettiamo d’accordo per la messa di domenica, raccontandomi che ce ne sono almeno 4, le prime alle 7 e due in malgascio. Optiamo per le messa in malgascio delle 9:30, dopo tutto è domenica. Partiamo da casa con un quarto d’ora d’anticipo e la messa inizia con un quarto d’ora di ritardo. Prima di entrare mi informa del piccolo dettaglio che durerà almeno due ore e che il fiume di persone incontrate lungo il cammino sono di ritorno dalla messa delle 7. Penso che stia sbagliando, o forse lo spero. In chiesa mi accorgo di esser l’unico “vasa”, come dicono qui, e che i numerosissimi bambini presenti in chiesa, al vedermi, sorridono e avvisano i loro vicini della presenza di uno straniero. La chiesa è straripante e i banchi sono così vicini gli uni agli altri da non avere posto per le gambe. Mélanie mi spega che ci sono molti gruppi giovanili per un’occasione speciale. Entrano sei preti e una quindicina di chierichetti ed tutti iniziano a cantare e la chiesa di trasforma in un coro di voci bianche, l’età media in chiesa è di 10 anni. Seguono diversi discorsi in lingua malgascia, altri canti, sfilate di gruppi che ballano e cantano e, dopo un’ora ci sono le letture dei vangeli. Poi altri canti, due offertori in cui ci si alza per deporre il denaro in cesti decorati da stoffe di velluto rosso, un canto in cui tutti si danno la mano e danzano, l’eucarestia, poi altri canti e prediche fino alle 12. La bambina davanti a me gioca con la vicina per tutta la messa e inizia a farmi degli scherzi ed a nascondersi. Dopo pranzo mi rimetto alla preparazione del corso, fermandomi ogni tanto per guardare dalla terrazza i movimenti della città e le risaie. La sera a cena ci sono Daniel e Germaine, due francesi di Aix-en-provence, molto attivi nel raccontarmi le loro impressioni del viaggio, accompagnati da Mustafà, loro guida locale. Ritorno al diario dopo una lunga assenza dovuta al corso e a diverse peripezie infettive-virali. Mercoledì si presentano al corso tenuto nella casa dei camiliani 44 persone. Dr Mami del CDS presenta il programma, il gruppo del CDS e ognuno poi dice il proprio nome e in quale centro è attivo. Il mattino cerco di presentare in circa tre ore cos’è il cancro del collo uterino, le varie cause, l’evoluzione e l’importanza di sottoporsi al pap test. Pranzo dai Camilliani conn padre Albert, Stephan e tre studenti malgasci e poi porto il file da stampare per il giorno seguente. Nel pomeriggio vengono formati dei gruppi di lavoro con il compito di sviluppare un tema, quale per esempio l’organizzazione di una campagna di sensibilizzazione e come informare una donna dell’importanza del pap test. Durante le presentazioni mi siedo con loro ed una suora mi traduce quello che viene esposto in molto modo animato. Il capogruppo espone le riflessioni e poi viene fatta una discussione comune. Conosco Franklin, il quale mi dice di aver frequentato un corso a Tana per il pap test e di aver eseguito già alcuni esami all’ospedale pubblico CHU e di avere il materiale per le colorazioni. È felice di aver trovato qualcuno che possa aiutarlo, in quanto si sente insicuro sulle lettura dei vetrini. Gli do le mie coordinate e mi aiuterà il terzo giorno del corso nelle colorazione e mi può pure fornire l’alcol puro, che finora avevo cercato disperatamente senza esito. La sera non riesco a ritirare il materiale stampato, così vado a casa e cerco di studiare il dossier della seconda giornata, faccio alcune modifiche che mi costeranno del lavoro alla stamperia. Qui infatti non esistono le copiatrici che fanno fascicoli, bisogna copiare ogni singolo foglio 50 volte e poi ordinarli a mano... Il mattino l’inizio è previsto alle 9. Esco presto per far sostituire le modifiche e vado in banca alle 8 per cambiare alcuni euro in aryary per le copie. Non avendo calcolato i tempi malgasci, riesco ad ottenere l’agognata valuta locale dopo 50 minuti di coda davanti a due sportelli, di cui uno occupato da una ragazza che tranquillamente conta centinaia di banconote, a volte a mano, a volte con un apparecchio, canta e si fa passare altre banconote dal vicino, rallentandone ulteriormente il lavoro. Da buon svizzero mi risulta difficile controllarmi nel vedere una tale inefficienza nel lavoro, anche perché gli altri impiegati sono due addetti alla sicurezza e una signora ad una reception con scopi penso ancora sconosciuti alla banca, la quale si muove pacificamente nel locale e chiacchiera con i colleghi. Allora, esco dalla banca, corro a ritirare le stampe, pago e corro all’ospedale CDS, supplico padre Albert di portarmi in auto alla casa dei camiliani per non arrivare in ritardo e dalle 9:01 mi presento senza fiato e fradicio di sudore alla seconda giornata. Metà dei partecipanti il mattino e l’altra metà il pomeriggio. Si approfondiscono i temi del giorno precedente. Nascono diverse domande e i partecipanti sembrano entusiasti della possibilità di partecipare al depistaggio del cancro uterino. La sera vado da padre Zocco per un breve resoconto e mi sento esausto, arrivo a casa e mi butto a letto sentendomi la febbre. I sintomi gastrointestinali non tardano nel manifestarsi e per mia fortuna la farmacia che mi ero preparato è ben fornita per questa eventualità. Il terzo giorno del corso i miei compagni fedeli sono loperamide e acido mefenamico. Oggi è il giorno della pratica, in cui vengono eseguiti i prelievi e preparati i vetrini. Al CDS si presentano 29 pazienti. I partecipanti si organizzano in piccoli gruppi, per informare ogni paziente e riempire il foglio di analisi, in modo da accelerare il prelievo. Molti partecipanti sono molto agitati, quasi di più che le poveri pazienti, le quali si trovano tre o 4 persone ad osservarle in questa situazione. I gruppi che terminano i prelievi vanno nel laboratorio dell’ospedale CDS con Franklin per la colorazione. Alle 18 la sera tutte le pazienti sono state esaminate e i partecipanti dicono di voler iniziare il più presto possibile con i prelievi sul campo. La sera a casa di Mélanie mi sento ancora debole ma decido di svegliarmi presto il giorno seguente per andare alla ricerca di qualche lemure. Alle 730 esco di casa per la stazione dei taxi brousse, destinazione il parco di Ranomafana. Ho la fortuna di trovare un taxi brousse quasi pieno, ormai si parte solo se si è al completo, e dopo 5 minuti siamo già in carreggiata. Alle dieci, davanti al villaggio esce dai freni un fumo sospetto e ci dobbiamo fermare, i freni necessitano di una pause. Sarei sceso un km più in là ma preferisco a questo punto procedere a piedi. Gli hotel sono quasi tutti al completo, a parte dei bungalow non molto accoglienti. Alle 1330 inizio la visita diurna combinata alla notturna, qui dopo le 16 inizia a calare la notte. Alle 1730 finisce la visita e non ho davvero voglia di restare in quel paese sperduto nei pressi del parco e mi metto a fare autostop. Trovo 5 funzionari che mi fanno salire sulla loro autovettura, in 4 sul sedile posteriore non è forse garanzia di comodità ma in un’ora sono a casa, felice di trovare un pasto caldo e l’accoglienza di Mélanie. A cena ci sono pure Michel David, presidente di un’associazione bretone che ha costruito diverse scuole, e una coppia di bretoni, lui docente universitario collaborante con l’università di Fiana, lei in vacanza. La domenica Michel David propone a Mélanie, suo zio e a me di andare a Ambalavao e al parco di Anja, dove si trovano i famosi lemuri catta. Il tragitto mostra un susseguirsi di piccoli gruppi di case interrotte da vallate tappezzate da gruppi di aree coltivate con tonalità di verde diverso. Dopo circa mezz’ora ci fermiamo da una famiglia dedita alla produzione di una corda vegetale ricavata da una pianta simile alla yucca, con la quale fabbricano numerosi oggetti, tra cui borse e cappelli. Con Mélanie i prezzi sono un terzo di quanto proposto inizialmente e mi sento un po’ male a dire la verità nel comprare un cappello a meno di 50 cts di euro ed una borsa ad un euro. Arrivati ad Ambalavao visitiamo il mercato dove Michel David va alla ricerca disperata di blocchi di zucchero di canna, con i quali farà in Francia dell’ottimo punch al rhum. Mélanie fa la spesa e resto quasi male nel vedere quanto poco valore abbia la merce venduta, più di un chilo di zucchine a meno di 10 cts di euro. Dopo il mercato mangiamo in un ristorante vicino gestito da cinesi e mi viene spiegato che il commercio della zona è in mano a cinesi, i quali producono anche quasi la totalità del vino. Ne ho provato mezzo bicchiere, ma ho capito perché non ho mai sentito parlare del vino del Madagascar. Mangiamo dello zebù e del pollo con riso e provo un ottimo succo di arancia prodotto dalla Tiko, una delle tante ditte del presidente, chiamato anche il Berlusconi dell’oceano indiano. In seguito andiamo nella riserva Anja, dove, uscendo dall’auto, ritrovo la coppia di spagnoli; allo stesso tempo inizio un temporale abbastanza intenso accompagnato da raffiche di vento, che mi farà tornare con un bel raffreddore. La riserva, pur essendo di piccole dimensioni, ha molti lemuri che sono quasi addomesticati, si avvicinano senza timore e si lasciano fotografare, quasi togliendo la soddisfazione di averli avvistati. La guida ci spiega che i lemuri sono dei mammiferi che formano una sola coppia durante i circa 15 anni di vita e danno alla luce un solo lemure ogni anno, in genere a settembre, dopo tre mesi di gestazione. Prima di uscire dal parco il sole si fa di nuovo riconoscere all’orizzonte ed un lemure su di una roccia apre le braccia e rimane a fare un bagno di sole. Passiamo poi alla fabbrica di carta, che però è gia chiusa. Martedì presento brevemente il corso al personale della farmacia che non ha potuto partecipare e poi torno a casa, debole per il forte raffreddore, il pomeriggio le due ore di lezione con il gruppo e poi con padre Albert andiamo dal direttore dell’ospedale per fare la conoscenza e parlargli del corso svolto la settimana precedente. Si mostra molto disponibile e darà il suo sostegno anche con una lettera al primo ministro delle telecomunicazioni per l’istallazione della parabola. Durante la giornata Grazia, la prossima volontaria dei POF, mi scrive che l’auto che sarebbe stata a sua disposizione in realtà non si trova all’episcopato, il che ritarda la sua partenza dalla capitale fino la sera, arriverà tardissimo. Alle tre, nel cuore della notte, Mélanie mi chiama per dire che il taxista di Grazia ha telefonato ma che la linea è caduta. Andiamo sulla porta e finalmente appaiono due fari e Grazia, sfinita ma sorridente, scende dall’auto con un sacco pesantissimo. Il mercoledì lasciamo dormire Grazia e di buon mattino partiamo con Mélanie, Michel David e la coppa di francesi per Ambalavao, al mercato degli Zebù, alla fabbrica di carta ed al grande mercato nella piazza del paese dove si trova dal pesce secco, alle pentole, borse, cappelli. Pensando alla vicinanza del rientro faccio incetta di regali. Torniamo e di corsa pranziamo, poi partenza con Grazia al CDS, con un po’ di ritardo, dove incontriamo padre Zocco ed il gruppo che seguirà le lezioni con Grazia. É il primo giorno con la nuova volontaria ed è più che altro un’occasione per conoscersi e mentre ognuno si racconta mangiamo una torta e beviamo del succo d’arancia del presidente. Più tardi vengono un gruppo di medici del CDS per informarsi su quanto viene fatto dall’associazione POF e cos’è stato fatto durante il corso, padre Zocco mi dice che durante la riunione del lunedì i medici si sono detti un po’ invidiosi e di desiderare un incontro. Sembrano interessati e proponiamo la possibilità di fare un incontro regolare tra i volontari ed il gruppo di medici dell’ospedale. In seguito presento Grazia a padre Albert ed al personale del CDS e mostro dov’è l’unico supermercato della città, supermarché 3000, poco più di un piccolo negozietto di paese dove si trova però un po’ di tutto. Vado a leggere le e-mail e scrivo a Stefano del progetto riguardante la parabola, di cui padre Zocco mi ha parlato, ma del quale non si trovano i piani, staremo a vedere. Intanto i container sembrano ancora in un qualche porto, in attesa di essere sdoganati. La sera ceniamo tutti insieme e Grazia mi sembra molto rilassata e con molta voglia di trasmettere le proprie conoscenza al piccolo gruppo di studenti. Giovedì vado con Grazia e padre Albert da Jean Claude e Franklin dell’ospedale pubblico, i quale ci mostrano il laboratorio di analisi ed il nuovo laboratorio di biologia molecolare, non ancora in funzione e con tutti i macchinari ancora imballati. Sono i canadesi ad aver messo a disposizione i mezzi finanziari e ci dicono che tra pochi mesi tutto dovrebbe iniziare.Chiedo chi ci lavorerà e Jean Cluade mi dice che sarà da solo a gestire tutto, in quanto non c’è nessuno in grado di lavorarci. Si sta impegnando per iniziare un corso di master in biologia molecolare in città, con la speranza di formare qualcuno che venga ad aiutarlo e che non parta per l’Europa una volta terminati gli studi, come spesso accade. A pranzo siamo invitato dai Camiliani e colgo l’occasione per ringraziarli e salutarli. Alle 14 andiamo al corso per discutere di come organizzare l’archivio e rispondere alle domande. Dopo circa un’ora e trenta di discussione, drssa Liliane si alza e mi dice di dove fare un discorso in quanto sarebbe stata l’ultima lezione insieme; è stata commovente nella sua semplicità. In ricordo mi consegna una maglietta con un ricamo fatto da lei stessa. MI ringraziano ma io mi sento di ringraziarli e li saluto con la speranza di rivederli presto. Romualde, una della cinque persone del gruppo ci invita a casa sua, dove vive con il marito e la figlia ed al piano superiore con Gabriele, un ragazzo siciliano che ha deciso di vivere in Madagascar. Dopo una buona mezz’ora di marcia arriviamo con Grazia in un paesaggio da fiaba, composta da piccoli appezzamenti di terreno coltivati a riso, qualche zebù e sullo sfondo un gruppetto di case del colore della terra rossa. Romualde ci dice, quasi con fierezza, che parte delle risaie sono della sua famiglia; penso che debba vivere in quel posto da molto tempo. Arrivati alla casa, troviamo la sua bambina sull’uscio della porta di casa della nonna, la quale ci saluta timidamente. Arriviamo alla casa di Romualde, salutiamo Gabriele e poi scendiamo al pianterreno, dove abita Romualda, la quale sembra molto felice di accoglierci con la bambina. Ci invita ad entrare, ci sono con lei delle galline in questa piccola stanza, ma tutto è molto pulito e l’ambiente davvero gradevole. Ci presenta il marito. Poi partiamo per l’avvicinarsi dell’oscurità, che qui cala molto rapidamente. La bambina vuole accompagnarci fino alle risaie e ci saluta. Torniamo a casa nel buio, ma felici per aver vissuto un’accoglienza che non è più possibile ritrovare dalle nostre parti. Ormai ho passato il testimone a Grazia. Il mattino vado con lei all’ospedale pubblico CHU, e la lascio con Franklin e Jean Claude per rivalutare i pap test svolti nella loro struttura. Intanto torno a casa per sistemare le valigie, lavare gli ultimi vestiti per il viaggio alla capitale e poi con Mélanie e Grazia andiamo a fare un giro sul mezzogiorno al mercato enorme della città. Compro un po’ di regali ed una valigia in metallo, che Mélanie mi dice di essere ancora usata nelle campagne, con del materiale riciclato. Il pomeriggio devo passare in banca, mi ci vuole un’ora, e poi con Grazia e Michel David andiamo in periferia a vedere il quartiere sorto pochi anni fa, dove sono stati costruiti un centro di sanità (CSB) con una maternità e più fuori delle scuole e dei pozzi di acqua potabile. La sera prima di scendere a cena, Mélanie e suo zio vengono a portarmi dei regali, due cappelli e della frutta, la mia favorita, cioè le piccole banane e dei mango, mi sento imbarazzato e ringrazio di cuore. A cena con piacere la coppia francese mi comunica che mi possono portare in capitale con il loro tassista, sono felice di non dover ritornare da solo in taxi brousse. Voglio scattare delle foto ricordo e mi sento un po’ triste per la partenza, per lasciare una casa dove mi sentivo a mio agio e di lasciare delle persone alle quale avevo cominciato a volere bene. Michel David propone a Grazia un viaggio ad Ambalavao per l’indomani e so che le riserveranno la stessa accoglienza che hanno avuto nei miei confronti.