La ricerca della felicità

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La ricerca della felicità
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Estratto da: CINEMAFRICA | Africa e diaspore nel cinema
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L’incolore, universale sogno del capitale
La ricerca della felicità
- MAGAZINE - VISIONI -
Data di pubblicazione : venerdì 12 gennaio 2007
Abstract:
Presentato a Roma in una vivace conferenza stampa, il 12 gennaio esce in 430 copie il primo film made in USA di Gabriele Muccino, prodotto e intepretato dalla
star afroamericana Will Smith. The Pursuit of Happyness (La ricerca della felicità) è ispirato alla storia vera di un giovane venditore che nell'America dei primi
anni Ottanta arriva a condividere la vita degli homeless, pur di assicurare a sé e al figlio piccolo il diritto a sognare un futuro migliore.
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A chi appartiene il sogno sognato o, se volete, la felicità ricercata, in questo film numero cinque di Gabriele Muccino?
A un uomo qualunque? A un americano? A un afroamericano? Analizzando The Pursuit of Happyness (La ricerca
della felicità), interrogarsi sulla questione del punto di vista significa mappare un territorio assai articolato di
soggettività in gioco il vero protagonista della storia, lattore/produttore di blockbuster, il regista newcomer , e al
contempo inquadrare il profilo della controparte speculare di questo soggetto plurale, vale a dire lo spettatore ideale
che i soggetti si sono prefissi di raggiungere.
Ma andiamo per ordine. Questa storia inizia nel 2003, quando il produttore esecutivo Mark Clayman assiste per caso
a una puntata dello show 20/20, il cui protagonista è appunto un intermediatore finanziario nero, di successo, che si
chiama Chris Gardner e racconta con toccante efficacia la sua ascesa, dai ghetti di Milwaukee alla borsa di San
Francisco. Clayman drizza subito le antenne, chiama a raccolta i tre soci della Escape Artists, artefici di successi
come Forrest Gump (id., 1994), che riescono a conquistare la fiducia di Gardner e di James Lassiter, co-direttore
della Overlook Entertainment di Will Smith. È solo a questo punto, una volta che Smith si innamora della storia, che
entra in gioco il nostro Muccino, raccomandato alla star afroamericana dallattrice Eva Mendes, il quale vince la sfida
della nutrita concorrenza, sostenendo che solo uno straniero può raccontare una storia come questa, che sembra
riattualizzare larchetipo del sogno americano. Il box office ha dato ragione a Muccino e a Smith, visto che il film,
uscito negli States da meno di un mese, ha già incassato circa 130 milioni di dollari ed è tuttora ai vertici delle
classifiche, mentre tutto lascia credere che il divo nero possa tanto aggiudicarsi il Golden Globe come migliore attore
drammatico, quanto ambire alla nomination negli Oscar.
Siamo dunque a San Francisco nel 1981, agli inizi dellera reaganiana. Gardner sbarca a malapena il lunario,
vendendo costosi e superflui scanner ossei portatili a medici specialisti. Quanto guadagna non basta a coprire le
spese dellaffitto e dellasilo per il piccolo Christopher, tanto che da mesi la moglie è costretta a fare i doppi turni nella
lavanderia dove lavora. Finché un bel giorno davanti alla borsa, Chris viene baciato dallilluminazione di fare
domanda per uno stage in uno dei più prestigiosi studi finanziari della città, Dean Witter. Pur di inseguire il suo
sogno, sacrifica la moglie sempre meno disposta a sopportare quelle che considera manifestazioni di inaffidabilità
ma non lamatissimo Christopher, che farà di tutto per tirare su da solo. Chris si getta anima e corpo nello stage, pur
sapendo che ha davanti a sé sei mesi non pagati e che solo uno su venti sarà assunto ma, assediato da poliziotti,
creditori e agenti del fisco, finisce per condividere insieme al figlio la vita degli homeless di San Francisco, fra mense
religiose e ricoveri.
Chris Gardner, quello vero, da questincubo che è il sogno americano per chi non ce la fa e sono i più, nellAmerica
di Reagan come in quella dei Bush padre e figlio , si è risvegliato felicemente, e la sua straordinaria avventura è
descritta nel romanzo autobiografico che porta il titolo del film ed in Italia è stato appena pubblicato da Fandango
libri. A Muccino va riconosciuto il merito di ricordarci che a tanti, troppi, non è concesso svegliarsi, e il precipitare del
protagonista lungo la piramide sociale non è descritto come un dantesco viaggio agli inferi, bensì come una
drammatica ma concreta esperienza di vita ai margini, in compagnia di migliaia di dannati del capitalismo. Certo si
rimane un po interdetti dallimmagine di un Muccino difensore del realismo integrale, nella scelta di ambienti (reali e
non ricostruiti) e figure di contorno (veri senza dimora), e nella proposizione di modelli nobili, come il Chaplin di The
Kid (Il monello, 1921) e il De Sica di Ladri di biciclette (1948) e Umberto D. (1952).
Finché il divo Smith, nella vivace conferenza stampa romana, non ci ricorda indirettamente quanto già De Sica fosse
forse dopo De Santis, e alla pari con Germi il più hollywoodiano dei neorealisti, e così il cerchio si chiude, come a
sparigliare, vanificandolo, il quesito dapertura. Sul piano del metodo, non cè dubbio che Muccino, con la sua
drammaturgia calibrata su personaggi solidi e il suo filmage fluido e veloce, forse era davvero uno dei pochi a poter
raccogliere la sfida di gettare uno sguardo esterno sul sogno americano. Ma eccoci ritornati alla questione del punto
di vista. A chiederci chi sogna, o ricerca, cosa. Il sospetto è che Smith e soci si siano rivolti a un europeo per due
motivi: da un lato, perché in tempi come questi forse solo un neofita di Hollywood poteva ancora ridare linfa a un
simulacro stinto come il sogno americano; dallaltro, perché solo uno straniero poteva raccontare una storia
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afroamericana rimuovendo con una certa disinvoltura ogni connotazione razziale dal suo discorso sulla società.
Certo, a guardarla dal punto di vista dei produttori, si tratta di portare in primo piano l universalità della storia di
Gardner, di dare risalto a valori profondi come la paternità, la tenacia, la fiducia nei propri mezzi. Ma certo è
paradossale che la questione razziale venga evocata nel film anzitutto dalla presenza consistente e vistosa a San
Francisco della comunità asiatica cinese è lasilo privato dove Chris lascia ogni giorno il figlio e sul cui muro
campeggia la scritta happyness con la ipsilon piuttosto che come fattore di incidenza centrale nelle dinamiche di
marginalizzazione economica e pauperizzazione del tessuto sociale. Insomma, se non ci fosse lantipatico
coordinatore dei masterandi che infligge con piacere quasi sadico commissioni umilianti a Chris, ci sarebbe da
credere che tutti i boss della Dean Bitter non vedono lora di aprire le porte dellazienda al primo broker nero.
Americano? Afroamericano? Universale? No, italiano. Il sogno di Chris nella vita come nel film nasce dalla visione
di una Ferrari coupé 308 rossa. Altro che biciclette. La direttrice dello script, condizionata dalla presenza,
ingombrante, del vero Gardner sul set, pesa come una sovrastruttura ideologica sul film, costringendoci a constatare,
già al primo titolo di coda, che un conto è lottare per la sopravvivenza e un altro per laffermazione di uno status
sociale privilegiato. I dubbi sul senso di questa ricerca rimangono tutti, l europeo Muccino non li nasconde se non a
chi non li vuole vedere; in più, riscatta la sua personale ricerca di riconoscimento hollywoodiano con un sotterraneo
ma efficace tour de force registico, visibile soprattutto nellequilibrata direzione degli attori e nel rigore anticalligrafico
che dà alla messinscena. Non possiamo chiedergli di ricordarci anche che Gardner è nero, visto che interessa poco
anzitutto al suo protagonista/produttore.
Leonardo De Franceschi
Cast&Credits:
The Pursuit of Happyness (La ricerca della felicità)
Regia: Gabriele Muccino; sceneggiatura: Steven Conrad; fotografia: Phedon Papamichael; montaggio: Hugues
Winborne; scenografia: J. Michael Riva; costumi: Sharen Davis; musiche: Andrea Guerra; interpreti: Will Smith,
Jaden Christopher Syre Smith, Thandie Newton, Cecil Williams, Kurt Fuller; origine: USA, 2006; formato: 35 mm;
durata: 117; produzione: Todd Black, Jason Blumenthal, Steve Tisch, James Lassiter per Overbrook
Entertainment/Escape Artists; distribuzione: Medusa; sito ufficiale: http://www.sonypictures.com; sito italiano:
http://www.medusa.it
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