REGIONE LAZIO PIANO CASA TESTO

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REGIONE LAZIO PIANO CASA TESTO
Nuovo Piano Casa Regione Lazio
Legge 11 agosto 2009 n. 21, come modificata dalle
leggi 13 agosto 2011 nn. 10 e 12
testo aggiornato alla data: 28/10/2011
AMBITO DI APPLICAZIONE
(Art. 2)
La Legge si applica agli edifici:
Legittimamente realizzati ed ultimati (art. 2, comma 1, lett. a)
Non ultimati, sempreché vi sia il titolo abilitativo (art. 2, comma 1, lett. a)
Ultimati con titolo abilitativo in sanatoria (art. 2, comma 1, lett. b) 1
Situati in aree vincolate, previa acquisizione del nullaosta (art. 2, comma 3)
1
Vedi art. 25 (Procedimenti in corso per il rilascio del titolo edilizio abilitativo in sanatoria. Nuclei edilizi abusivi) – disposizioni per il favorire il recupero dei
nuclei abusivi e definizione delle domande di sanatoria edilizia.
1
La legge non si applica agli edifici ubicati:
Nei paesaggi dei centri e nei nuclei storici individuati dal PTPR (art. 2, comma 2, lett. a)
Nelle aree con vincolo di inedificabilità assoluta (art. 2, comma 2 lett. b)
Salvo eccezioni, nelle aree naturali protette (art. 2, comma 2, lett. c) (parte della legge impugnata dal Governo
davanti alla Corte Costituzionale)
Nelle aree del demanio marittimo (art. 2, comma 2, lett. d)
Nelle zone di rischio molto elevato individuate dai Piani di bacino (art. 2, comma 2, lett. e)
Nelle aree “strategiche, nel sistema della mobilità, delle infrastrutture, dei servizi pubblici e degli standard
(art. 2, comma 2, lett. f)
Nelle fasce di rispetto di strade pubbliche, ferrovie, etc, (art. 2, comma 2, lett. g)
Nei complessi rurali, ancorché non vincolati dal PTPR, che siano stati realizzati prima del 1930 (art. 2,
comma 2, lett. h)
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EFFICACIA DELLA LEGGE
(artt. 2 e 6)
1. le domande per il rilascio dei titoli abilitativi degli interventi di ampliamento (art. 3) possono essere
presentate dal 15 settembre 2011 al 31 gennaio 2015 (art. 6, comma 4)
2. Le domande per il rilascio dei titoli abilitativi degli interventi di cambio di destinazione d’uso da non
residenziale a residenziale (art. 3 ter), demolizione e ricostruzione (art. 4) e recupero dei volumi accessori
e pertinenziali degli edifici esistenti (art. 5), possono essere presentate dal 31 gennaio 2012 (art. 6
comma 4)
3. I comuni possono, entro il 31 gennaio 2012, individuare aree e/o immobili nei quali limitare o escludere
gli interventi previsti dalla presente legge (art. 2, comma 4)
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LE TIPOLOGIE DI INTERVENTO
1.
Ampliamento degli edifici (art. 3)
2.
Cambio di destinazione d’uso da non residenziale a residenziale finalizzato al reperimento di alloggi a
canone calmierato (art. 3 ter)
3.
Sostituzione edilizia con demolizione e ricostruzione degli edifici (art. 4)
4.
Recupero dei volumi accessori e pertinenziali degli edifici esistenti
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AMPLIAMENTI
(art. 3)
OGGETTO DELL'AMPLIAMENTO
Edifici residenziali uniplurifamiliari e, comunque,
ogni unità immobiliare
dotata di specifica
autonomia funzionale
Edifici destinati a servizi
socio-assistenziali
Edifici a destinazione non
residenziale
Edifici a destinazione mista
(resid. + non resid.)
PREMIALITA’ (*)
+20% fino ad un max di 70
mq
+20% fino ad un max di 200
mq
+20% fino ad un max di 200
mq
+25% fino ad un max di 500
mq per le attività
produttive ed artigianali
+20% fino ad un max di 70
mq per il resid.
+25% fino ad un max di 200
mq per il non resid.
(*): Le suddette percentuali sono incrementate di un ulteriore 10% ove si utilizzino tecnologie con potenza non
inferiore ad 1 Kw di energia rinnovabile
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PRESCRIZIONI
Realizzazione in adiacenza, in aderenza o anche attraverso la costruzione di un corpo edilizio separato
accessorio e pertinenziale;
È consentito l’aumento del numero delle unità immobiliari;
Rispetto delle distanze ed altezze di cui agli artt. 8 e 9 del D.M. 1444/1968;
Esistenza delle opere di urbanizzazione primaria e realizzazione o adeguamento delle opere di
urbanizzazione secondaria, ovvero in caso di impossibilità, monetizzazione di queste ultime attraverso
un contributo straordinario pari al 50 % degli oneri concessori dovuti;
Realizzazione dei parcheggi privati sempreché la superficie da destinare a parcheggio non sia < di 20 mq;
Per gli edifici plurifamiliari gli ampliamenti devono essere realizzati con un progetto unitario;
Gli ampliamenti degli edifici residenziali sono cumulabili (art. 3 comma 8) con il recupero ai fini
residenziali dei volumi accessori di cui all’art. 5 comma 1 lett. a .
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CAMBIO DI DESTINAZIONE D’USO
DA NON RESIDENZIALE A RESIDENZIALE
(art. 3 ter)
INTERVENTI VOLTI AL CAMBIO DI DESTINAZIONE D'USO ATTRAVERSO RISTRUTTURAZIONE,
DEMOLIZIONE E RICOSTRUZIONE E NUOVA EDIFICAZIONE
Edifici non residenziali che al 30/09/2010 risultino:
- dismessi o mai utilizzati
- in corso di realizzazione e non siano ultimati e/o per i
quali sia scaduto il titolo abilitativo
- in via di dismissione limitamente agli edifici
direzionali
Edifici adibiti a
strutture
sanitarie che
cessano l'attività
Cambio di destinazione d'uso (*) della sup. lorda esistente fino ad un max di
15.000 mq di SUL +30% della stessa
Aree non residenziali libere
nell'ambito di piani o
programmi attuativi
(pubblici o privati) anche se
decaduti
immobili resid. fino ad un max di 10.000 mq di
SUL e comunque non oltre la superficie non
resid. prevista dal piano + il 10% dell'intera
volumetria dell'intera volumetria del piano
stesso proporzionalmente distribuita
(*): il cambio determina automaticamente anche il cambio di destinazione
urbanistica dell'area di sedime e pertinenziale
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ESCLUSIONI
NO zone agricole (zone
omogenee E)
No zone industriali
(zone omogenee D) >
di 10 ha e se < di 10
ha edificio deve essere
dismesso o inutilizzato
al 31/12/05
NO articoli 11 (PRU)
NO PIP
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PRESCRIZIONI
Locazione calmierata:
•
30% di superficie per gli edifici fino a 10.000 mq.
•
35% di superficie per gli edifici > di 10.000 mq.
NO locazione, ma corresponsione di un importo pari al 20% del valore catastale o realizzazione di opere
pubbliche, se:
•
l’edificio è < di 500 mq
•
l’intervento è localizzato in un comune con popolazione < ai 15.000 abitanti
•
l’edificio è ricompreso all’interno di un piano di recupero di cui alla L.R. 28/1980
Rispetto delle distanze e delle altezze di cui agli artt. 8 e 9 del D.M. 1444/1968
Esistenza o adeguamento delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria, nonché realizzazione dei
parcheggi privati
Cambio destinazione d’uso (da non residenziale a residenziale) anche di edificio parziale localizzato nei
P.d.Z. 167 o nei piani di recupero di cui alla L.R. 28/1980
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INTERVENTI DI SOSTITUZIONE EDILIZIA
CON DEMOLIZIONE E RICOSTRUZIONE DEGLI EDIFICI (art. 4)
OGGETTO DELL'INTERVENTO
Edifici residenziali per
almeno il 50%
Edifici
prevalentemente non
residenziali
Edifici residenziali
plurifamiliari in stato di
degrado > di 500 mq
Edifici residenziali in
area agricola realizzati
dopo il 1950
PREMIALITA’ (*)
+35% di ampliamento
+35%fino ad un max
di 350 mq a
condizione che siano
rispettate le destinaz.
previste dagli
strumenti urbanistici
+60% a condizione che
venga mantenuto
almeno lo stesso
numero di unità
immobiliari in capo ai
proprietari
+20% della cubatura
ESCLUSIONI
NO edifici ricadenti nelle zone di espansione (zona omogenea C) realizzati da < di 20 anni
(*) : Le suddette percentuali sono incrementate di un ulteriore 10% nel caso in cui si utilizzi la procedura del concorso di progettazione
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PRESCRIZIONI
Nei comuni destinatari del fondo regionale per il sostegno all’accesso alle abitazioni in locazione, in caso
di ristrutturazione edilizia che prevede la realizzazione di ulteriori unità immobiliari , obbligo di destinare
il 25% alla locazione a canone concordato per un periodo non < di 8 anni
Rispetto delle distanze ed altezze di cui agli artt. 8 e 9 del D.M. 1444/1968
Esistenza o adeguamento delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria, nonché realizzazione dei
parcheggi privati
Piantumazione di essenze arboree e vegetazionali
Le premialità non si possono sommare con gli altri ampliamenti eventualmente consentiti da altre norme
o da strumenti urbanistici comunali alle abitazioni in locazione
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RECUPERO DEI VOLUMI ACCESSORI E PERTINENZIALI DEGLI EDIFICI ESISTENTI
(art. 5)
RECUPERO VOLUMI ACCESSORI E PERTINENZIALI, NONCHE' DELLE UNITA'
IMMOBILIARI AD ALTRI USI DESTINATI DI:
edificio resid. per
almeno il 50%
edificio
prevalentemente
resid. ubicato in zona
agricola
edificio a destinaz.
prevalentemente a
servizi finalizzati
all'attività sportiva
PREMIALITA'
+20% del volume o della sup.
esistente e, comunque, ogni unità
immobiliare dotate di specifica
autonomia funzionale fino ad un
max di 70 mq
+50% della sup. residenziale
preesistente e fino ad un max di
70 mq
+50% della parte esistente già
destinata a servizi finalizzati ad
attività sportiva
residenziale
residenziale
attività sportiva
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PRESCRIZIONI
Esistenza, adeguamento o realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria, nonché
realizzazione dei parcheggi privati, sempreché la superficie da destinare a parcheggio non sia < di 20 mq
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TITOLI ABILITATIVI
(art. 6)
DIA
Ampliamento
(art. 3)
Cambi di destinaz. d'uso
da non resid. a resid. < di
500 mq (art. 3 ter)
Demolizione e
ricostruzione < di 500 mq
(art. 4)
Recupero volumi accessori
e pertinenziali (art. 5)
PERMESSO DI COSTRUIRE
il cui ottenimento è subordinato all'esito di un'appostia Conferenza dei Servizi
(da convocare entro 90 gg. dalla presentazione della domanda)
Cambi di destinaz. d'uso da non resid. a resid. > di
500 mq
Demolizione e ricostruzione > di 500 mq
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PROGRAMMI INTEGRATI DI RIQUALIFICAZIONE URBANA ED AMBIENTALE (art. 7)
OGGETTO E TIPOLOGIA DI INTERVENTO
(parte della legge impugnata
dal Governo davanti alla Corte
Costituzionale relativamente
alle aree vincolate)
RIQUALIFICAZIONE AMBIENTALE
RIQUALIFICAZIONE URBANA
Riqualificaz. degli ambiti urbani e delle periferie, nonchè degli
edifici isolati industriali o terziari dismessi, parzialemente
utilizzati o degradati attraverso interventi di sostituzione
edilizia con incremento volumetrico e/o cambio di destinaz.
d'uso di aree e di immobili
Recupero e riqualificaz. di aree degradate sottoposte a
vincoli ambientali e paesaggistici attraverso:
- demolizione a carico dei proprietari degli edifici e
cessione gratuita dell'area oggetto di ripristino ambientale
- traslazione delle volumetrie degli edifici demoliti in altre
aree esterne a quelle vincolate con possibilità di cambi di
destinaz. d'uso e incrementi volumetrici
PREMIALITA’
Gli incrementi di edificabilità e le modifiche delle destinazioni d’uso sono stabilite coerentemente con gli
obiettivi dei Print purchè l’incremento non sia > del 75% delle volumetrie demolite. L’incremento max può
arrivare al 150% delle volumetrie demolite solo per le aree e gli edifici ricadenti nelle fasce di rispetto del
territorio costiero marittimo.
MODALITA’ DI ATTUAZIONE
I Comuni su proposte pubbliche o private adottano, anche in variante ai PRG vigenti, i Print ai sensi della legge
regionale n. 22/97.
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ADEGUAMENTO SISMICO
Incentivi per l’adeguamento sismicodegli edifici esistenti
(art. 3 bis.)
Al fine di incentivare l’adeguamento di un intero edificio esistente secondo quanto previsto dalla vigente
normativa antisismica, le percentuali di cui all’art. 3, comma 1, sono così incrementate:
a.
fino al 35% della volumetria o della superficie utile esistente, fino ad un massimo di 90 metri quadrati, per
gli edifici di cui all’art. 3, comma 1, lett. a) e b), ricadenti nella zona sismica 1 o nella sottozona sismica 2a
o 2b;
b.
fino al 25% della volumetria o della superficie utile esistente, fino ad un massimo di 80 metri quadrati, per
gli edifici di cui all’art. 3, comma 1, lett. a) e b), ricadenti in sottozona sismica 3a o nella sottozona sismica
3b.
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SCHEMI ESEMPLIFICATIVI
VISTA IN PIANTA
VISTE IN PROSPETTO
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L.R. 02 Luglio 1987, n. 36
Norme in materia di attivita' urbanistico - edilizia e snellimento delle procedure (1)
Art. 1 (2)
1. I piani particolareggiati ed i piani di lottizzazione di cui alla legge 17 agosto 1942, n. 1150
(Legge urbanistica), i piani di cui alla legge 18 aprile 1962, n. 167 (Disposizioni per favorire
l’acquisizione di aree fabbricabili per l’edilizia economica e popolare) e quelli previsti dall’ articolo
27 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, in materia di programmi e coordinamento di edilizia
residenziale pubblica, i piani di recupero del patrimonio edilizio esistente di cui all’articolo 28 della
legge 5 agosto 1978, n. 457 (Norme per l’edilizia residenziale), nonché dei nuclei abusivi e i
toponimi, i programmi di intervento di cui all’articolo 11 del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 398
(Disposizioni per l’accelerazione degli investimenti ed il sostegno dell’occupazione e per la
semplificazione dei procedimenti in materia edilizia) convertito con modificazioni dalla legge 4
dicembre 1993, n. 493, e successive modifiche, i programmi integrati di intervento di cui alla legge
regionale 26 giugno 1997, n. 22 (Norme in materia di programmi integrati di intervento per la
riqualificazione urbanistica, edilizia ed ambientale del territorio della regione) nonché ogni ulteriore
piano attuativo dello strumento urbanistico generale non sono sottoposti ad approvazione regionale
quando non comportano varianti allo strumento generale ovvero, se le comportano, quando queste
ultime riguardino: (2a)
a) la viabilità primaria per la parte che interessa il comprensorio oggetto dello strumento attuativo, a
condizione che le modifiche alla stessa apportate non compromettano l’ attuazione delle previsioni
dello strumento urbanistico generale per la parte esterna al comprensorio medesimo e non mutino le
caratteristiche della viabilità’ quali risultano fissate da dette previsioni;
b) l’adeguamento dello strumento urbanistico generale ai limiti e rapporti fissati dal decreto
interministeriale 2 aprile 1968, n. 1444 (Limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza
fra i fabbricati e rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e
spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico o a parcheggi da osservare ai fini
della formazione dei nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, ai sensi
dell’articolo 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765) e da leggi regionali;
c) il reperimento, all’ esterno dei nuclei edilizi abusivi oggetto della variante prevista dall’ articolo 1
della legge regionale 2 maggio 1980, n. 28 (Norme concernenti l’abusivismo edilizio ed il recupero
dei nuclei edilizi sorti spontaneamente) e successive modifiche, delle aree per il verde, i servizi
pubblici ed i parcheggi quando sussista la comprovata impossibilità di soddisfare tali esigenze
nell’ambito dei nuclei medesimi;
d) le modifiche del perimetro di comprensori oggetto di recupero urbanistico ai sensi della l.r.
28/1980 e della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell’attività
urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie) e successive modifiche,
operate al fine di inserire nel comprensorio edifici adiacenti;
e) fatto salvo quanto previsto dall’articolo 1 bis, comma 1, lettera d), il mutamento delle
destinazioni d’uso che non comporti diminuzione nella dotazione di aree per servizi pubblici o di
uso pubblico prevista dai piani e sia contenuto, per ogni singola funzione prevista, entro il limite
massimo del 30 per cento; (2b)
f) le modifiche planovolumetriche che alterano le caratteristiche tipologiche degli edifici.
2. La deliberazione comunale con la quale si adottano gli strumenti urbanistici attuativi di cui al
comma 1 è pubblicata nell’albo pretorio del comune e, successivamente al ricevimento delle
eventuali opposizioni, è inviata, con gli atti che la corredano, alla Regione che, entro trenta giorni
dal ricevimento, può far pervenire al comune osservazioni sulla rispondenza degli stessi alle norme
della presente legge.
3. Gli strumenti urbanistici attuativi di cui al presente articolo sono approvati dal comune con
deliberazione consiliare ovvero con deliberazione della giunta comunale, qualora conformi allo
strumento urbanistico generale, che non può essere adottata prima della scadenza del termine di cui
al comma 2. Con la deliberazione di approvazione dello strumento urbanistico attuativo il comune
decide sulle eventuali opposizioni pervenute, si pronuncia con motivazioni specifiche sulle
eventuali osservazioni della Regione trasmettendo alla stessa il provvedimento di approvazione
entro i successivi quindici giorni. (2c)
Art. 1 bis (3)
1. I piani attuativi, conformi allo strumento urbanistico generale, che non comportino le modifiche
di cui all’articolo 1, sono approvati dalla giunta comunale, senza l’applicazione delle procedure di
cui al medesimo articolo 1, commi 2 e 3.
2. Le modifiche di seguito elencate non costituiscono variante sostanziale a un piano attuativo di cui
all’articolo 1, comma 1 quando riguardano:
a) una diversa utilizzazione, sempre ai fini pubblici, degli spazi destinati a verde pubblico e servizi;
b) le previsioni di spazi per attrezzature pubbliche di interesse generale, quando l’esigenza di
prevedere le attrezzature stesse nell’ambito del comprensorio oggetto dello strumento attuativo era
stata riconosciuta in sede di strumento urbanistico generale;
c) la riduzione delle volumetrie edificabili rispetto a quelle previste dallo stesso strumento
urbanistico generale, purché contenute entro il 20 per cento;
d) il mutamento delle destinazioni d’uso che non comporti diminuzione nella dotazione di aree per
servizi pubblici o di uso pubblico prevista dai piani attuativi e sia contenuto, per ogni singola
funzione prevista dal programma, entro il limite massimo del 10 per cento;
e) modificazioni planovolumetriche che non alterino le caratteristiche tipologiche e le volumetrie
complessive degli edifici, anche se comportanti modifiche delle altezze comunque entro i limiti
stabiliti dal decreto del Ministro per il lavori pubblici 2 aprile 1968;
f) le modifiche che incidono sull’entità delle cubature dei locali tecnici ed impianti tecnologici e
sulla distribuzione interna delle singole unità immobiliari, nonché le modifiche che variano il
numero delle unità stesse;
g) la verifica di perimetrazioni conseguenti alla diversa scala di rappresentazione grafica del piano;
h) le modificazioni dei perimetri motivate da esigenze sopravvenute, quali ritrovamenti
archeologici, limitazioni connesse all’imposizione di nuovi vincoli, problemi geologici;
i) la diversa dislocazione, entro i limiti del 20 per cento, degli insediamenti, dei servizi, delle
infrastrutture o del verde pubblico senza aumento delle quantità e dei pesi insediativi e senza la
riduzione degli standard urbanistici;
l) l’individuazione delle zone di recupero di cui all’articolo 27 della l. 457/1978;
m) le modifiche alle modalità di intervento sul patrimonio edilizio esistente di cui all’articolo 3,
comma 1, lettere a), b), c) e d) del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380
(Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia) e successive
modifiche;
n) l’adeguamento e/o la rettifica di limitata entità che comportino modifiche al perimetro del piano
o del programma;
o) le modifiche alla viabilità secondaria e la precisazione dei tracciati della viabilità primaria;
p) la suddivisione dei comparti edificatori in sub-comparti, ivi inclusi quelli ricadenti nelle zone di
recupero dei nuclei edilizi abusivi, fermo restando il rispetto degli standard urbanistici.
3. Alle modifiche di cui al comma 2 si applicano le procedure di cui all’articolo 6, comma 2 della
l.r. 22/1997, e sentito il collegio di vigilanza, nei casi in cui i piani attuativi sono stati oggetto di
approvazione con le procedure dell’accordo di programma.
Art. 2
(4)
Art. 3
In sede di piano territoriale di coordinamento o, in mancanza, con specifica deliberazione, la
Regione puo' individuare le aree e gli ambiti territoriali di interesse regionale nelle quali le norme di
cui ai precedenti articoli non trovano applicazione.
Art. 4
Quando gli strumenti urbanistici attuativi specificati nel precedente articolo 1, primo comma con
esclusione dei piani di lottizzazione, comportano varianti allo strumento urbanistico generale che
non rientrano fra quelle elencate nello stesso articolo, le determinazioni definitive della Giunta
regionale in merito a detti strumenti urbanistici sono assunte, in deroga a quanto stabilito dall'
articolo 2, quarto comma, numeri 2), 3) e 4), della legge regionale 8 novembre 1977, n. 43, previo
parere del settore tecnico della pianificazione comunale dell' assessorato regionale competente in
materia di urbanistica ed assetto del territorio. (5)
L' esame del settore tecnico della pianificazione comunale dell' assessorato regionale competente in
materia di urbanistica ed assetto del territorio e le determinazioni della Giunta regionale di cui al
precedente comma debbono avere per oggetto esclusivamente le varianti allo strumento urbanistico
generale contenuto nello strumento attuativo.
Le determinazioni della Regione debbono essere assunte entro il termine di novanta giorni dal
ricevimento degli atti; trascorso detto termine gli strumenti urbanistici attuativi si intendono
approvati. (6)
Art. 5
Alle deliberazioni comunali di adozione di varianti allo strumento urbanistico generale, che
riguardino esclusivamente l' adeguamento dello strumento stesso ai limiti e rapporti di cui all'
articolo 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765, si applicano le norme di cui all' articolo 6 della legge
18 aprile 1962, n. 167.
In deroga a quanto stabilito dall' articolo 2, quarto comma, numero 1), della legge regionale 8
novembre 1977, n. 43, le varianti di cui al precedente comma sono approvate dalla Giunta regionale
previo parere del settore tecnico della pianificazione comunale dell' assessorato regionale
competente in materia di urbanistica ed assetto del territorio.
Le determinazioni definitive della Regione sulle varianti di cui al presente articolo debbono essere
assunte entro il termine di centoventi giorni dal ricevimento degli atti; trascorso tale termine le
varianti si intendono approvate.
Art. 6
Le disposizioni di cui al precedente articolo 5 si applicano anche alle varianti previste dall' articolo
1, quinto comma, della legge 3 gennaio 1978, n. 1.
Art. 7
Gli strumenti urbanistici generali debbono, per ciascuna delle zone omogenee previste dal decreto
ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444, stabilire le categorie di destinazione d' uso ammesse con
riferimento a quelle previste dagli articoli 14 e 15 della legge regionale 12 settembre 1977, n. 35.
I piani particolareggiati e gli altri strumenti attuativi potranno, nell' ambito di ciascuna delle
categorie stabilite dallo strumento urbanistico generale, procedere all' indicazione di piu' specifiche
destinazioni d' uso.
Le modifiche di destinazione d' uso con o senza opere a cio' preordinate, quando hanno per oggetto
le categorie stabilite dallo strumento urbanistico generale, sono subordinate al rilascio di apposito
permesso di costruire mentre quando riguardano gli ambiti di una stessa categoria sono soggette a
denuncia di attività da parte del sindaco.(7)
Nei centri storici, come definiti dall' articolo 2 del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444, e' di
norma vietato il mutamento delle destinazioni d' uso residenziali.
Per l' attuazione dei piani di zona per l' edilizia economica e popolare, approvati o da approvarsi ai
sensi della legge 18 aprile 1962, n. 167 e successive modificazioni ed integrazioni, nei comuni
capoluogo di provincia, le aree con destinazione non residenziale assegnate in diritto di proprieta'
od in diritto di superficie, qualora non a servizio delle residenze, non possono superare, in termini
volumetrici, il 10 per cento di quelle residenziali, con esclusione delle volumetrie gia' autorizzate.
Art. 8
(8)
Art. 9
I programmi pluriennali di attuazione non sono soggetti ad approvazione regionale.
La deliberazione consiliare di adozione del programma pluriennale di attuazione con tutte le
documentazioni relative deve essere trasmessa, contestualmente al suo deposito presso la segreteria
comunale, alla Regione la quale, nel termine di trenta giorni dal ricevimento degli atti, puo' far
pervenire al comune osservazioni e richieste di modifica motivate dal rispetto delle prescrizioni di
legge e dalla compatibilita' con la programmazione regionale e comprensoriale.
Il comune non puo' deliberare sulle osservazioni presentate da enti e privati cittadini prima che sia
scaduto il termine di cui al precedente secondo comma e deve trasmettere alla Regione la
deliberazione relativa alle osservazioni contemporaneamente alla sua trasmissione al competente
comitato regionale di controllo.
Il programma pluriennale diventa esecutivo con l' espletamento del controllo da parte del comitato
regionale sulla deliberazione di cui al precedente terzo comma ovvero sull' apposita deliberazione
con
cui
il
comune
accerta
che
non
sono
state
presentate
osservazioni.
Sono abrogati gli articolo 8, 9 e 10 della legge regionale 28 luglio 1978, n. 35.
Art. 10
L' articolo 5 della legge regionale 29 gennaio 1983, n. 9, e' cosi' sostituito:
<< Art. 5.
L' assessore regionale competente in materia di urbanistica, in qualita' di presidente della prima
sezione del comitato tecnico consultivo, puo' disporre che le pratiche da sottoporre al parere della
sezione medesima, escluse quelle di cui alle lettere a), b), c), d), e), f), del primo comma dell'
articolo 2 della legge regionale 8 novembre 1977, n. 43 e quelle di cui al numero 1) del quarto
comma dello stesso articolo, siano sottoposte per il parere ad una sotto - sezione costituita da tre
membri fra quelli di cui alla lettera b), e da due membri fra quelli di cui alla lettera c) dell' articolo 4
della legge regionale 8 novembre 1977, n. 43.
La sotto - sezione e' presieduta dal presidente della sezione o da uno dei membri funzionari della
sotto - sezione medesima da lui designato.
Se la sotto - sezione esprime un parere unanime, questo tiene luogo del parere della sezione. Se il
parere della sotto - sezione non e' unanime, le questioni controverse vengono sottoposte alla sezione
in adunanza plenaria per la decisione definitiva.
E' facoltà del presidente della sezione o della Giunta regionale chiedere che sulla pratica si esprima
la sezione in adunanza plenaria anche quando sia stato espresso parere unanime dalla sotto - sezione
>>.
Note:
(1) Pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Lazio del 20 luglio 1987, n. 20
(2) Articolo sostituito dall'articolo 26, comma 1 della legge regionale 11 agosto 2009, n. 21
(2a) Comma modificato dall'articolo 5, comma 16 della legge regionale 13 agosto 2011, n. 10
(2b) Lettera modificata dall'articolo 5, comma 17 della legge regionale 13 agosto 2011, n. 10
(2c) Comma modificato dall'articolo 5, comma 18 della legge regionale 13 agosto 2011, n. 10
(3) Articolo inserito dall'articolo 26, comma 2 della legge regionale 11 agosto 2009, n. 21 e poi
sostituito dall'articolo 5, comma 19 della legge regionale 13 agosto 2011, n. 10
(4) Articolo abrogato dall'articolo 5, comma 20 della legge regionale 13 agosto 2011, n. 10
(5) Comma modificato dall'articolo 5, comma 21 della legge regionale 13 agosto 2011, n. 10
(6) Comma modificato dall'articolo 26, comma 4 della legge regionale 11 agosto 2009, n. 21
(7) Comma modificato dall'articolo 35 della legge regionale 11 agosto 2008, n. 15
(8) Articolo abrogato dall'articolo 37, comma 1, lettera c), della legge regionale 11 agosto 2008, n.
15
Il testo non ha valore legale; rimane, dunque, inalterata l'efficacia degli atti legislativi originari.
L.R. 06 Ottobre 1997, n. 29
Norme in materia di aree naturali protette regionali. (1)
Capo I
Norme generali e procedure di individuazione e di istituzione delle aree naturali protette, dei
monumenti naturali e dei siti di importanza comunitaria. (1a)
Art. 1(1b)
(Principi generali)
1. La Regione garantisce e promuove, in maniera unitaria ed in forma coordinata con lo Stato e gli
enti locali, nel rispetto degli accordi internazionali, la conservazione e la valorizzazione del suo
patrimonio naturale, costituito da formazioni fisiche, biologiche, geologiche, geomorfologiche,
paleontologiche e vegetazionali che, assieme agli elementi antropici ad esse connessi, compongono,
nella loro dinamica interazione, un bene primario costituzionalmente garantito.
2. La Regione persegue la gestione sostenibile delle singole risorse ambientali, il rispetto delle
relative condizioni di equilibrio naturale, la preservazione dei patrimoni genetici di tutte le specie
animali e vegetali, attraverso gli strumenti della conoscenza e della programmazione e mediante la
promozione e l'istituzione dei parchi e delle riserve naturali, che costituiscono il sistema delle aree
naturali protette, nonché mediante l'istituzione dei monumenti naturali e l'individuazione dei siti di
importanza comunitaria.
3. La Regione, consapevole dell'eccezionale valore naturalistico e culturale delle proprie aree
naturali protette e delle altre aree dell'Appennino di rilevante valore ambientale, promuove e
partecipa alla istituzione di aree naturali protette interregionali. In particolare opera per realizzare,
insieme alle altre regioni interessate, un sistema integrato di parchi di rilevanza europea
sull'Appennino, per tutelare le aree naturali del litorale e gli ambiti di pianura di interesse paesistico,
naturalistico e culturale. Promuove su tutto il proprio territorio, ed in particolare all'interno del
sistema delle aree protette, politiche volte al consolidamento di forme di sviluppo economico
rispettose dei valori storici ed ambientali e legate ad una concezione di sostenibilità.
Art. 2 (1c)
(Finalità)
1. La presente legge, nell'ambito dei principi della legge 6 dicembre 1991, n. 394, (Legge quadro
sulle aree protette) e successive modifiche, degli articoli 9 e 32 della Costituzione e delle norme
della Comunità Europea in materia ambientale e di sviluppo durevole e sostenibile, detta norme per
l'istituzione e la gestione delle aree naturali protette del Lazio nonché dei monumenti naturali e dei
siti di importanza comunitaria, al fine di garantire e promuovere la conservazione e la
valorizzazione degli stessi nonché il recupero ed il restauro ambientale di quelli degradati.
2. In conformità all'articolo 22 della l. 394/1991 e successive modifiche, le province, le comunità
montane ed i comuni partecipano alla istituzione ed alla gestione delle aree naturali protette
regionali.
Art. 3 (1d)
(Obiettivi)
1. La Regione, attraverso la creazione di un sistema di aree naturali protette nonché mediante
l'istituzione dei monumenti naturali e l'individuazione dei siti di importanza comunitaria, persegue,
in particolare, i seguenti obiettivi:
a) la tutela, il recupero e il restauro degli habitat naturali e dei paesaggi, nonché la loro
valorizzazione;
b) la conservazione di specie animali e vegetali, di singolarità geologiche, di formazioni
paleontologiche e di ambienti naturali che abbiano rilevante valore naturalistico ed ambientale;
c) l'applicazione di metodi di gestione e di restauro ambientale allo scopo di favorire l'integrazione
tra uomo ed ambiente anche mediante il recupero e la valorizzazione delle testimonianze
antropologiche, archeologiche, storiche e architettoniche e delle attività agro-silvo-pastorali
tradizionali;
d) la promozione di attività di educazione, formazione e ricerca scientifica, anche interdisciplinare,
nonché di attività ricreative compatibili;
e) la difesa degli equilibri idraulici ed idrogeologici;
f) la valorizzazione delle risorse umane attraverso misure integrate che sviluppino la valenza
economica, educativa delle aree protette;
g) la promozione del turismo sostenibile e delle attività ad esso connesse.
2. Nelle aree naturali protette si promuove la valorizzazione e la sperimentazione delle attività
produttive compatibili con l'esigenza di tutela dell'ambiente e che favoriscono nuove forme di
occupazione, ivi comprese le attività connesse alle fattorie sociali e didattiche. A tal fine si
incentiva la più ampia partecipazione degli enti locali e delle forze sociali presenti nel territorio al
fine di conseguire forme di sviluppo economico e di ricerca di nuove opportunità lavorative
compatibili. (1d1)
Art.4
(Sezione aree naturali protette)
1. Nell'ambito del comitato tecnico scientifico per l'ambiente previsto dall'articolo 13 della legge
regionale 18 novembre 1991, n. 74, è istituita una sezione specializzata in materia di aree naturali
protette, denominata "sezione aree naturali protette", di cui fanno parte, scelti tra i componenti del
comitato stesso:
a) l'esperto in botanica;(1e)
b) l'esperto in fauna;(1f)
c) il geologo;
d) l'esperto in scienze forestali;
e) l'esperto in ecologia marina;(1g)
f) il giurista esperto in diritto amministrativo;
g) l'architetto esperto in pianificazione territoriale;
h) l'archeologo, designato dalla sovrintendenza archeologica per il Lazio;
hbis) l'architetto designato dalla sovrintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio del
Lazio; (1g1)
i) l'esperto in tutela e gestione di aree naturali protette;
j) il funzionario rappresentante del coordinamento regionale del Corpo forestale dello Stato;
k) il dirigente della struttura regionale competente in materia di aree naturali protette.
2. La sezione aree naturali protette è altresì composta da:
a) un esperto paesaggista;
b) un esperto in economia urbana e territoriale;
c) un esperto dottore in scienze agrarie;(1h)
d) il dirigente della struttura regionale competente in materia di tutela ambientale;
e) il dirigente della struttura regionale competente in materia di servizi tecnici per la pianificazione
comunale;
f) il dirigente della struttura regionale competente in materia di foreste, caccia e pesca;
g) tre esperti particolarmente qualificati in tutela e gestione di aree naturali protette;
h) un esperto in zootecnia.
3. I componenti di cui al comma 2 sono nominati con decreto del Presidente della Giunta regionale,
su proposta dell'Assessore competente in materia di ambiente per i componenti di cui alle lettere a),
b) e g) e dell'Assessore competente in materia di agricoltura per i componenti di cui alle lettere c) e
h), sentite le rispettive commissioni consiliari nonché le rappresentanze regionali dell'associazione
nazionale comuni d'ltalia (ANCI), dell'unione province d'ltalia (UPI), dell'unione nazionale comuni,
comunità ed enti montani (UNCEM), delle organizzazioni professionali agricole, dell'unione
nazionale associazioni venatorie italiane (UNAVI) in rappresentanza delle associazioni venatorie
riconosciute, degli ordini professionali e delle associazioni ambientaliste di cui all'articolo 13 della
legge 8 luglio 1986, n. 349 (Istituzione del Ministero dell’Ambiente e norme in materia di danno
ambientale) e successive modifiche. (1i)
3 bis. Gli esperti di cui ai commi 1 e 2 devono essere in possesso del diploma di laurea ed avere
svolto per almeno cinque anni attività professionale nelle materie di rispettiva competenza.(1l)
4. La sezione aree naturali protette è convocata e presieduta dall'Assessore regionale competente in
materia di ambiente o da un funzionario regionale suo delegato.
5. La sezione aree naturali protette esprime, entro il termine perentorio di quarantacinque giorni
dalla data di ricezione della richiesta, pareri obbligatori:
a) sulla classificazione delle aree naturali protette di cui all'articolo 5;
b) sulla redazione ed integrazione del piano regionale delle aree naturali protette di cui all'articolo 7;
c) sulle iniziative per l'istituzione di nuove aree naturali protette;
d) sugli strumenti di pianificazione territoriale naturalistica e forestale relativi alle aree naturali
protette istituite, nonché sui rispettivi regolamenti, di cui agli articoli 26, 27 e 30;
e) sulle autorizzazioni relative alle misure di salvaguardia previste dall'articolo 8 nonché sui prelievi
ed abbattimenti faunistici all'interno delle aree naturali protette, di cui all'articolo 27, comma 3;
f) sui piani, sui programmi e sulle misure di disciplina delle attività all'interno delle aree contigue di
cui all'articolo 10, comma 1;
g) sugli statuti degli enti di gestione di cui all'articolo 17;
h) sui criteri per l'utilizzazione del patrimonio forestale di cui all'articolo 33 e sui criteri di
protezione della fauna.
6. Tutti i pareri espressi dalla sezione aree naturali protette vengono trasmessi dalla Giunta
regionale alla competente Commissione consiliare.
7. Decorso il termine di cui al comma 5, si procede indipendentemente dall'acquisizione del parere.
8. La sezione aree naturali protette si esprime, altresì, ogni qualvolta il Consiglio regionale, la
Giunta regionale e gli organismi di gestione delle aree naturali protette lo ritengano opportuno nelle
materie indicate al comma 5.
9. Fino all'insediamento della sezione aree naturali protette, i pareri previsti nei commi 5 e 8 sono
espressi dal comitato tecnico scientifico per l'ambiente, sezione specializzata per il settore
conservazione e valorizzazione del patrimonio naturale.
Art. 5 (1m)
(Sistema delle aree naturali protette del Lazio - Classificazione. Istituzione delle aree naturali
protette interregionali e nazionali)
1. Il sistema regionale delle aree naturali protette del Lazio è articolato, tenendo conto delle diverse
caratteristiche e destinazioni delle aree stesse, nelle seguenti categorie:
a) parco naturale;
b) riserva naturale.
2. I parchi naturali sono costituiti da aree terrestri, fluviali, lacuali e da tratti di mare prospicienti la
costa, di valore naturalistico e ambientale che configurano un sistema omogeneo caratterizzato dagli
aspetti naturali dei luoghi, dai valori paesaggistici ed artistici e dalle tradizioni culturali delle
popolazioni locali.
3. Le riserve naturali sono costituite da aree terrestri, fluviali, lacuali che contengono una o più
specie naturalisticamente rilevanti della flora e della fauna, ovvero presentano uno o più ecosistemi
importanti per le diversità biologiche o per la conservazione delle risorse genetiche.
4. Con la legge istitutiva della singola area naturale protetta è definito il livello di interesse
regionale o provinciale, ai fini della relativa competenza amministrativa, tenendo conto della
dimensione, della collocazione territoriale e delle caratteristiche dell'area stessa.
5. L'elenco delle aree naturali protette istituite dalla Regione viene trasmesso all’organismo statale
competente ai fini dell'iscrizione nell'elenco ufficiale delle aree naturali protette di cui all'articolo 3,
comma 4, lettera c), della l. 394/1991 e dell'inserimento nel programma triennale previsto
dall'articolo 4 della stessa legge.6. Il sistema delle aree naturali protette costituisce un insieme
integrato gestito in forme coordinate secondo i principi della presente legge.
7. La Regione, ai sensi dell'articolo 22, comma 4 della l. 394/1991, promuove altresì le necessarie
intese con altre regioni per l'istituzione, mediante specifiche leggi regionali, di aree naturali protette
interregionali.
8. La Regione considera prioritaria, per l'attuazione di quanto stabilito al comma 7, l'istituzione
delle seguenti aree naturali protette interregionali:
a) Parco interregionale Monte Rufeno e Selva di Meana;
b) Parco interregionale del Tevere;
c) Parco interregionale della via Appia Antica;
d) Parco interregionale del Garigliano.
9. Ai fini dell'istituzione delle aree naturali protette nazionali, il parere previsto dall'articolo 8,
commi 1 e 2 della l. 394/1991 è reso dalla Giunta regionale, sentita la competente commissione
consiliare.
Art. 6 (1n)
(Monumenti naturali e siti di importanza comunitaria)
1. La Regione, per le finalità di cui all’articolo 2 e per garantire una più ampia azione di
conservazione e valorizzazione del proprio patrimonio naturale, tutela, oltre alle aree classificate ai
sensi dell’articolo 5, i monumenti naturali di cui al comma 2 ed i siti di importanza comunitaria
individuati nel territorio regionale in base ai criteri contenuti nella direttiva 92/43/CEE del
Consiglio del 21 maggio 1992.
2. Per monumento naturale si intendono habitat o ambienti omogenei, esemplari vetusti di piante,
formazioni geologiche, geositi e affioramenti fossiliferi, che presentino caratteristiche di rilevante
interesse naturalistico e/o scientifico.
3. I monumenti naturali sono sottoposti a vincolo con decreto del Presidente della Giunta regionale,
sentita la competente commissione consiliare permanente, su proposta dell’assessore competente in
materia di ambiente e sulla base degli elementi di cui all’articolo 7, comma 2. Il decreto, che
individua il soggetto cui è affidata la gestione del monumento, è notificato ai proprietari, possessori
o detentori a qualunque titolo ed è trascritto sui registri immobiliari, su richiesta del Presidente della
Regione. Il vincolo così apposto ha efficacia nei confronti di ogni successivo proprietario,
possessore o detentore a qualsiasi titolo del monumento naturale.
4. Per la conservazione, integrità e sicurezza dei monumenti naturali, i soggetti cui è affidata la
gestione adottano appositi regolamenti con i contenuti previsti dall’ articolo 27. Ai monumenti
naturali si applicano comunque le misure di salvaguardia previste dall’articolo 8 per le zone A, con
esclusione delle disposizioni contenute nel medesimo articolo 8, comma 3, lettera e), nonché quanto
previsto dall’articolo 27, commi 2, 3 e 4.
5. Ai siti e alle zone di cui alla direttiva 92/43/CEE e di cui alla direttiva 79/409/CEE del Consiglio,
del 2 aprile 1979, relativa alla conservazione degli uccelli selvatici si applicano le misure di
conservazione previste dalla normativa di attuazione delle citate direttive. La Giunta regionale,
sentiti gli enti locali, gli enti di gestione delle aree naturali protette e gli altri soggetti pubblici o
privati interessati, con propria deliberazione può adottare, in relazione a ciascun sito o zona,
specifiche misure di conservazione, ivi compresi i piani di gestione nonché idonee misure di
prevenzione dell’inquinamento o del deterioramento degli habitat e delle specie nelle zone limitrofe
ai siti e zone medesimi. Nel caso di siti e zone ricadenti, anche parzialmente, nel perimetro delle
aree classificate ai sensi dell’articolo 5 della presente legge, le specifiche misure di conservazione
integrano i piani e regolamenti di cui agli articoli 26 e 27. (1o)
Art.7
(Piano regionale e piani provinciali delle aree naturali protette)
1. La Regione individua le aree naturali protette in tutte quelle parti del proprio territorio dove siano
presenti formazioni fisiche, geologiche, geomorfologiche e biologiche, o gruppi di esse, che
abbiano rilevante valore naturalistico, paesaggistico ed ambientale, al fine di garantire il
conseguimento degli obiettivi di cui all'articolo 3.
2. L'individuazione di cui al comma 1 è effettuata utilizzando:
a) i demani e i patrimoni forestali regionali, provinciali, comunali e enti pubblici, ai sensi
dell'articolo 22, comma 3, della l. 394/1991;
b) le aree individuate ai sensi degli articoli 82 e 83 del decreto del Presidente della Repubblica 24
luglio 1977, n. 616 (Attuazione della delega di cui all’articolo 1 della legge 22 luglio 1975, n. 382)
e successive modifiche, le zone umide di cui al decreto del Presidente della Repubblica 13 marzo
1976, n. 448 (Esecuzione della convenzione relativa alle zone umide d'importanza internazionale,
soprattutto come habitat degli uccelli acquatici, firmata a Ramsar il 2 febbraio 1971), i siti di
importanza comunitaria e le zone speciali di conservazione previste dal decreto del Presidente della
Repubblica 8 settembre 1997, n. 357 (Regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE
relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna
selvatiche), le zone di protezione speciale di cui all'articolo 1, comma 5 della legge 11 febbraio
1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio
);(1q)
c) le previsioni del piano territoriale paesistico vigente riguardo alle aree ed ai beni oggetto di tutela
ai sensi della legge 29 giugno 1939, n. 1497 e del decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312, convertito
con modificazioni dalla legge 8 agosto 1985, n. 431;
d) le indicazioni e le proposte deliberate dagli enti locali in data non anteriore ai dodici mesi
precedenti alla adozione dello schema di piano di cui al comma 4;
e) gli studi e le indicazioni dei Ministeri competenti in materia di ambiente, di beni culturali e
ambientali, del Consiglio nazionale delle ricerche, di istituti universitari, di enti ed associazioni
culturali e naturalistiche operanti nel territorio della Regione;
f) gli studi effettuati dall'Agenzia regionale per i parchi, istituita dall'articolo 27 della legge
regionale 27 aprile 1993, n. 21.
3. Ai fini dell'individuazione di cui ai commi 1 e 2, la Regione approva un piano regionale delle
aree naturali protette, a norma della legge regionale 11 aprile 1986, n. 17, e successive
modificazioni, nel rispetto delle disposizioni contenute nei successivi commi. Il piano medesimo è
coordinato con il piano faunistico venatorio regionale nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 10,
comma 3, della legge 11 febbraio 1992, n. 157 e dagli articoli 10, comma 7, e 11, commi 1 e 2,
della legge regionale 2 maggio 1995, n. 17.
4. La Giunta regionale, sentita la sezione aree naturali protette, adotta uno schema di piano, con
allegata cartografia, almeno in scala 1:25.000, il quale indichi:
a) i territori che abbiano le caratteristiche di cui al comma 1, con la delimitazione dei confini
provvisori delle aree da proteggere e la loro eventuale suddivisione nelle seguenti zone provvisorie
a tutela differenziata:
1) zona A di rilevante interesse naturalistico, paesaggistico e culturale con inesistente o limitato
grado di antropizzazione;
2) zona B di valore naturalistico, paesaggistico e culturale contraddistinta da maggior grado di
antropizzazione;
b) l'eventuale regime transitorio di salvaguardia specifico per le singole aree, anche a modifica e/o
integrazione delle norme dell'articolo 8;
c) l'interesse regionale o provinciale delle aree da proteggere e la classificazione delle aree stesse ai
sensi dell'articolo 5;
c bis) la rete ecologica regionale e le relative misure di tutela ai sensi dell'articolo 3 del d.p.r.
357/1997;(1r)
d) le risorse cui possono riferirsi i programmi di sviluppo aventi i fini della presente legge.
5. Lo schema di piano adottato dalla Giunta regionale è pubblicato sul Bollettino Ufficiale della
Regione.
6. Entro quattro mesi dalla pubblicazione di cui al comma 5, la Giunta regionale, sulla base delle
risultanze delle consultazioni effettuate a norma della l.r. 17/1986, delibera la proposta definitiva di
piano da sottoporre al Consiglio regionale, unitamente ad una motivata relazione, contenente una
descrizione dei luoghi e dei perimetri delle aree naturali protette individuate.
7. La proposta definitiva di piano deliberata ai sensi del comma 6 decade decorsi ventiquattro mesi
dall'invio della stessa al Consiglio regionale, senza che sia intervenuta la definitiva approvazione di
cui al comma 8
8. Il piano è approvato dal Consiglio regionale con propria deliberazione ed è pubblicato sul
Bollettino Ufficiale della Regione.
9. Il piano regionale delle aree naturali protette costituisce allegato al quadro di riferimento
territoriale regionale di cui all'articolo 4 della l.r. 17/1986 e successive modificazioni e si configura
come parte integrante dello stesso.
10. Le aree naturali protette individuate nel piano regionale sono sottoposte a vincolo paesaggistico
ai sensi della l. 1497/1939.
11. Le province sono tenute a rispettare nel piano provinciale delle aree naturali protette le
indicazioni del piano regionale approvato ai sensi dei commi precedenti. Il piano provinciale delle
aree naturali protette è approvato a norma dell'articolo 16 della l.r. 17/1986 e successive
modificazioni e costituisce allegato al piano territoriale di coordinamento di cui all'articolo 15,
comma 2, della legge 8 giugno 1990, n. 142, configurandosi come parte integrante dello stesso.
Art. 8 (2)
(Misure di salvaguardia)
1. Il Presidente della Giunta regionale, qualora vengano ravvisate o accertate situazioni di grave
pericolo o di danno ambientale relativamente ad aree naturali da proteggere inserite nello schema di
piano adottato dalla Giunta regionale, può sottoporre le aree interessate a misure di salvaguardia ai
sensi dell'articolo 6, comma 1, della l. 394/1991 e dell'articolo 10 della l.r. 74/1991.
2. Dalla data di pubblicazione del piano regionale approvato dal Consiglio regionale in conformità a
quanto stabilito dall'articolo 7 e fino alla data di entrata in vigore delle leggi regionali istitutive delle
singole aree naturali protette, e comunque per non più di cinque anni, entro i confini delle aree di
cui all'articolo 7, comma 4, lettera a), si applicano le disposizioni dei successivi commi e le
eventuali misure transitorie di salvaguardia previste dall'articolo 7, comma 4, lettera b).
3. All'interno delle zone A previste dall'articolo 7, comma 4, lettera a), numero 1), delle aree
naturali protette individuate dal piano regionale, sono vietati:
a) la raccolta ed il danneggiamento della flora spontanea, ad eccezione di quanto connesso con le
attività di produzione agricola, di cui all'articolo 2135 c.c., o agro-turistica e di quanto eseguito per
fini di ricerca e di studio da parte di istituti pubblici, fatti salvi il pascolo e la raccolta di funghi,
tartufi ed altri prodotti del bosco, purché effettuati nel rispetto della vigente normativa, degli usi
civici e delle consuetudini locali;
b) l'introduzione in ambiente naturale di specie, razze e popolazioni estranee alla flora spontanea ed
alla fauna autoctona;
c) il prelievo di materiali di interesse geologico e paleontologico, ad eccezione di quello eseguito,
per fini di ricerca e studio, da istituti pubblici;
d) l'apertura di nuove cave e torbiere e la riattivazione di quelle dismesse. Le attività legittimamente
in esercizio alla data di pubblicazione del piano regionale di cui all'articolo 7, proseguono ai sensi e
per gli effetti della legge regionale 5 maggio 1993, n. 27 (Norme per la coltivazione delle cave e
torbiere della Regione) e successive modifiche. La Regione, entro un anno dalla predetta data,
procede ad un monitoraggio delle cave ricadenti all'interno delle aree indicate dal piano regionale e
può disporre motivate variazioni o prescrizioni ai fini di un adeguato recupero e sistemazione
ambientale per la compatibilità con gli interessi di tutela del territorio;
e) l'uso di qualsiasi mezzo diretto all'abbattimento ed alla cattura della fauna selvatica fatto salvo
l'esercizio dell'attività venatoria e della pesca in acque interne, secondo quanto previsto dalla
normativa vigente;
f) il campeggio al di fuori delle aree destinate a tale scopo ed appositamente attrezzate;
g) il transito di mezzi motorizzati fuori dalle strade statali, provinciali, comunali, vicinali gravate
dai servizi di pubblico passaggio e private, fatta eccezione per i mezzi di servizio, di soccorso e per
le attività agro-silvo-pastorali e agrituristiche, nonché per gli autoveicoli e le autovetture dei
proprietari residenti regolarmente autorizzati e muniti di apposito contrassegno;
h) la costruzione nelle zone agricole di qualsiasi tipo di recinzione, ad eccezione di quelle
necessarie alla sicurezza degli impianti tecnologici e di quelle accessorie alle attività presenti e
compatibili, purché realizzate secondo tipologie e materiali tradizionali;
i) lo svolgimento di attività sportive a motore;
l) la circolazione dei natanti a motore a combustione interna lungo le aste fluviali ed i bacini
lacustri, fatta eccezione per le attività di sorveglianza, di soccorso e di esercizio della pesca
autorizzata;
m) la realizzazione di opere che comportino modificazione permanente del regime delle acque;
n) l'apertura di nuove discariche per rifiuti solidi urbani;
o) l'apposizione di cartelli e manufatti pubblicitari di qualunque natura e per qualsiasi scopo, fatta
eccezione per la segnaletica stradale di cui alla normativa vigente e per la segnaletica informativa
del parco;
p) la realizzazione di nuove opere di mobilità, quali: ferrovie, filovie, impianti a fune, aviosuperfici,
nuovi tracciati stradali;
q) la realizzazione di nuovi edifici all'interno delle zone territoriali omogenee E) previste
dall'articolo 2 del decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968, pubblicato sulla Gazzetta
Ufficiale 16 aprile 1968, n. 97, in cui sono comunque consentiti:
1) interventi già autorizzati e regolarmente iniziati alla data di entrata in vigore della presente legge;
2) interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, di restauro conservativo e di risanamento
igienico-edilizio che non comportino modifiche di carattere strutturale;
3) ampliamenti ed adeguamenti a fini agrituristici;
4) interventi di adeguamento tecnologico e funzionale;
r) qualsiasi attività edilizia nelle zone territoriali omogenee C), D) ed F) di cui all'articolo 2 del
decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968.
4. All'interno delle zone A, previste dall'articolo 7, comma 4, lettera a), numero 1), sono consentite:
a) la realizzazione di quanto previsto dagli strumenti urbanistici vigenti generali ed attuativi nelle
zone territoriali omogenee A) e B) di cui all'articolo 2 del decreto del Ministro per i lavori pubblici
2 aprile 1968;
b) la realizzazione di opere pubbliche e di interventi pubblici di recupero ambientale ed in
particolare di tutela idrogeologica volti a prevenire rischi documentati per l'integrità dell'ambiente e
per la pubblica incolumità, con particolare riguardo agli impianti di adduzione idrica,
all'illuminazione pubblica, alle reti di telecomunicazione, alle opere igienico-sanitarie, alla
soppressione ed interramento di linee elettriche. Tali opere ed interventi devono essere
accompagnati da uno studio di compatibilità ambientale redatto secondo direttive da approvare da
parte della Giunta regionale e da pubblicare sul Bollettino Ufficiale della Regione e che tengano
conto delle direttive già contenute nella deliberazione della Giunta regionale 28 maggio 1996, n.
4340;
c) la realizzazione di interventi per le infrastrutture ferroviarie e viarie nell'ambito dei tracciati
esistenti o di limitate modifiche di questi;
d) le attività agricole e gli interventi strutturali previsti dai piani di miglioramento aziendale
autorizzati dagli organi tecnici competenti; gli interventi di imboschimento, di utilizzazione dei
boschi e dei beni silvo-pastorali possono essere realizzati purché non siano in contrasto con le
finalità di cui all'articolo 2.
d bis) la realizzazione di impianti e attrezzature sportive nonché strutture ad essi collegate ai fini
della valorizzazione dell’ambiente e del paesaggio; in tali casi si applicano gli indici stabiliti dalla
legge regionale 22 dicembre 1999, n. 38 (Norme sul governo del territorio) e successive modifiche
per le zone agricole. (3)
5. All'interno delle zone B previste dall'articolo 7, comma 4, lettera a), numero 2), si applicano le
prescrizioni di cui ai commi 3 e 4 in quanto compatibili con l'attuazione delle previsioni degli
strumenti urbanistici vigenti generali ed attuativi e delle norme di ricostruzione delle zone
terremotate.
6. Nelle zone territoriali omogenee C), D), E) ed F) di cui al decreto del Ministro per i lavori
pubblici 2 aprile 1968 all'interno delle zone B, previste dall'articolo 7, comma 4, lettera a), numero
2), gli interventi per i quali, pur in presenza dell'approvazione definitiva alla data di entrata in
vigore della presente legge, non si sia ancora proceduto all'avvio dei lavori per la realizzazione di
opere di urbanizzazione primaria o di singoli insediamenti, sono sottoposti a nulla osta preventivo
degli assessorati regionali competenti che lo rilasciano entro sessanta giorni dal ricevimento
dell'istanza. Trascorso infruttuosamente tale termine il comune interessato promuove, nei quindici
giorni successivi, una conferenza di servizi ai sensi degli articoli 14, 14bis, 14ter, 14quater della
legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di
accesso ai documenti amministrativi) e successive modifiche.
7. Gli interventi e le opere previsti al comma 3, lettera q), al comma 4 e al comma 5 sono sottoposti
al nulla osta preventivo di cui al comma 6.
8. Gli strumenti urbanistici generali dei comuni inclusi nell'area naturale protetta, non ancora
approvati alla data di entrata in vigore della presente legge, sono sottoposti al nulla osta reso, in
sede di comitato regionale per il territorio, istituito con la legge regionale 22 dicembre 1999, n. 38
(Norme sul governo del territorio) e successive modifiche, dall'Assessorato competente in materia
di aree naturali protette, che ne verifica la compatibilità con le finalità di cui all'articolo 2. Il
comitato regionale per il territorio è integrato dal dirigente regionale competente in materia di aree
naturali protette.
9. In caso di necessità ed urgenza o per ragioni di sicurezza pubblica, il Presidente della Giunta
regionale, con provvedimento motivato, può autorizzare deroghe alle misure di salvaguardia di cui
al presente articolo, prescrivendo le modalità di attuazione di lavori ed opere idonei a tutelare
l'integrità dei luoghi e dell'ambiente naturale.
Art. 9
(Istituzione delle aree naturali protette)
1. Le aree naturali protette sono istituite con legge regionale nel rispetto dei principi generali
enunciati dalla presente legge e dei contenuti del piano di cui all'articolo 7.
2. La partecipazione delle province, della città metropolitana, delle comunità montane e dei comuni
al procedimento di istituzione dell'area naturale protetta è acquisita, ai sensi dell'articolo 22, comma
1, lettera a), della l. 394/1991, mediante una conferenza finalizzata alla redazione di un documento
di indirizzo fondato sull'analisi territoriale dell'area da sottoporre a tutela.
3. La legge regionale istitutiva dell'area naturale protetta definisce tra l'altro:
a) le finalità e gli obiettivi per cui l'area naturale protetta è istituita nonchè il livello di interesse
regionale o provinciale (4);
b) la perimetrazione provvisoria su cartografia almeno in scala 1:10.000 con relazione descrittiva e
le misure di salvaguardia specifiche, eventualmente differenziate per zone, da applicarsi fino alla
data di operatività della disciplina dell'area naturale protetta contenuta nel piano e nel regolamento
di cui agli articoli 26 e 27;
c) la forma di gestione dell'area naturale protetta, la quota di partecipazione di cui all'art. 16, comma
1 nonché i principi cui deve attenersi l'ente al quale è affidata la gestione dell'area medesima nel
determinare l'ordinamento degli uffici, la dotazione organica, come previsto dall'articolo 22 (5);
d) i criteri per la disciplina del piano e del regolamento dell'area naturale protetta di cui agli articoli
26 e 27 e i criteri per la redazione del programma pluriennale di promozione economica e sociale di
cui all'articolo 30;
e) le eventuali sanzioni da applicare alle singole fattispecie di violazioni, nel rispetto di quanto
previsto all'articolo 38;
f) le figure professionali cui affidare la redazione del piano previsto dall'articolo 26.
4. La Regione, ai sensi dell'articolo 22, comma 1, lettera b), della l. 394/1991, con apposito avviso,
da pubblicare su tre quotidiani a diffusione regionale, comunica alla collettività il luogo di giacenza,
il periodo e l'orario di consultazione degli atti relativi all'istituzione dell'area naturale protetta.
5. Per le aree naturali protette interregionali si procede a norma di quanto disposto dall'articolo 22,
comma 4, della l. 394/1991.
Art. 10
(Aree contigue)
1. Qualora occorra intervenire per assicurare la conservazione dei valori di un'area naturale protetta,
il Consiglio regionale, su proposta della Giunta regionale, d'intesa con l'organismo di gestione
dell'area naturale protetta e con gli enti locali interessati, stabilisce piani e programmi nonché le
eventuali misure di disciplina della pesca, delle attività estrattive e per la tutela dell'ambiente,
relativi alle aree contigue all'area naturale protetta interessata, delimitandone i confini d'intesa con
l'organismo di gestione dell'area naturale protetta medesima.
2. Ai fini della pianificazione faunistico-venatoria, l'esercizio venatorio nelle aree contigue alle aree
naturali protette si svolge nella forma della caccia controllata riservata ai cacciatori aventi diritto
all'accesso negli ambiti territoriali di caccia (ATC) su cu0i insiste l'area contigua all'area naturale
protetta.
3. Nelle aree contigue la gestione dei piani e dei programmi di prelievo, è affidata all'organismo di
gestione dell'ATC in cui ricadono le aree interessate, d'intesa con l'organismo di gestione dell'area
naturale protetta.
4. Qualora l'estensione territoriale dell'area contigua coincida in tutto o in parte con il territorio di
un'azienda faunistico-venatoria, l'esercizio venatorio nell'area contigua si svolge nella forma della
caccia controllata, secondo la disciplina di cui all'articolo 32, comma 1, lettera a) della l.r. 17/1995,
e nel rispetto dell'indice di densità venatoria stabilito ai sensi dell'articolo 25, comma 3 della citata
legge. In tali casi i piani di assestamento e di prelievo previsti dall'articolo 32, comma 1, lettera a)
della l.r. 17/1995 sono approvati dalla provincia d'intesa con l'organismo di gestione dell'area
naturale protetta.(5a)
5. Nel caso di aree contigue interregionali la Regione provvede a norma dell'articolo 32, comma 5,
della l. 394/1991.
Art. 11
(Riserve marine)
1. La Regione, ai sensi dell'articolo 4, comma 5, della l. 394/1991, può proporre al Comitato per le
aree naturali protette, previsto dall'articolo 3 della citata legge, l'istituzione di riserve marine in aree
di particolare interesse naturalistico, ricadenti nel tratto di mare prospiciente la costa della Regione.
Art. 11 bis (5a1)
(Documento strategico sulla biodiversità)
1. La Giunta regionale, sentita la competente commissione consiliare permanente adotta un
documento strategico sulla biodiversità contenente, in particolare, le linee di indirizzo per
l’attuazione, nei limiti di competenza della Regione, della convenzione di Rio de Janeiro sulla
biodiversità, ratificata con legge 14 febbraio 1994, n. 124, in conformità a quanto previsto dalla
normativa e dai documenti di indirizzo statali e internazionale, nonché in raccordo con il piano
regionale delle aree naturali protette di cui all’articolo 7 e con ogni altro strumento di pianificazione
e programmazione regionale che possa incidere sulla conservazione della diversità biologica
nell’ambito del territorio regionale.
2. Gli studi, le analisi e l’assistenza tecnica necessari per la predisposizione del documento sono
effettuati dall’ Agenzia regionale per i parchi.
Capo II
Organizzazione e gestione delle aree naturali protette
Art. 12
(Modalità di gestione)
1. La gestione delle aree naturali protette è affidata, tenuto conto del livello di interesse definito
dalle relative leggi istitutive ai sensi dell'articolo 5, comma 4:
a) ad enti di diritto pubblico, dotati di autonomia amministrativa, da istituirsi, ai sensi dell'articolo
53 dello Statuto regionale, con la legge regionale prevista dall'articolo 9, qualora si tratti di aree
naturali protette di interesse regionale;
b) alle province che vi provvedono nelle forme previste dall'articolo 22, comma 3, lettere a), b) e c)
della l. 142/1990, qualora si tratti di aree di interesse provinciale (6).
2. Le aree naturali protette possono essere gestite, in rlazione alla dimensione delle aree stesse, o
singolarmente o nell'ambito di un sistema di aree naturali protette a gestione unitaria.
3. Per la gestione dei servizi delle aree naturali protette, con esclusione della vigilanza, gli
organismi di gestione possono convenzionarsi con enti pubblici, associazioni e cooperative locali,
qualificate in materia di protezione ambientale o da qualificare con appositi corsi di formazione, o
con istituti universitari.
Sezione I
Aree naturali protette di interesse regionale
Art. 13
(Organi dell'ente di gestione)
1. Sono organi dell'ente di gestione dell'area naturale protetta, di seguito denominato ente di
gestione:
a) il presidente;
b) il consiglio direttivo;
c) il collegio dei revisori dei conti;
d) la comunità.
Art. 14 (7)
(Consiglio direttivo e presidente)
1. Il consiglio direttivo è composto dal presidente e da altri sei membri, scelti tra persone che si
siano distinte per gli studi e per le attività nel campo della protezione dell'ambiente, così designati:
a) uno, con funzioni di presidente, dal Consiglio regionale su una terna di nominativi proposti dalla
Giunta regionale, sentiti i sindaci dei comuni ricadenti nel territorio dell'area naturale protetta;
b) tre dalla comunità individuandoli, con voto limitato ai sensi dell'articolo 16, anche tra non
consiglieri;
c) uno dalla provincia nel cui territorio ricade l'area naturale protetta. Qualora l'area protetta
comprenda territori ricadenti in più province, queste procedono alla designazione d'intesa tra loro;
d) uno dalle organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello regionale;
e) uno dalle associazioni ambientaliste a livello regionale riconosciute ai sensi dell'articolo 13 della
l. 349/1986 e successive modifiche, o iscritte nell'albo regionale del volontariato.
2. Spetta al consiglio direttivo:
a) adottare il regolamento ed il piano dell'area naturale protetta;
b) adottare lo statuto dell'ente di gestione;
c) adottare i bilanci preventivi e consuntivi, il programma pluriennale di promozione economico e
sociale ed i progetti per l'utilizzazione dei fondi destinati agli investimenti;
d) esercitare i poteri di indirizzo e controllo per la gestione dell'ente in conformità alle direttive
della Regione e deliberare in ordine alle altre questioni amministrative di carattere generale non
rientranti nelle competenze del direttore o non delegate al presidente.
3. Il presidente del consiglio direttivo ne indirizza e coordina l'attività, tratta le questioni che gli
sono delegate dal consiglio stesso e adotta i provvedimenti urgenti ed indifferibili di competenza del
consiglio direttivo, che devono essere sottoposti alla ratifica di quest'ultimo nella prima seduta
successiva. Il presidente del consiglio direttivo svolge, altresì, le funzioni di presidente dell'ente di
gestione, del quale ha la rappresentanza istituzionale.
4. Il consiglio direttivo, nella seduta di insediamento, nomina un vice-presidente, su proposta del
presidente.
5. L 'incarico di componente del consiglio direttivo è incompatibile con la posizione di:
a) membro del Consiglio e della Giunta regionali e provinciali;
b) membro della Giunta comunale;
c) presidente o assessore di comunità montana;
d) dipendente dell'amministrazione regionale appartenente alla struttura preposta alla vigilanza
dell'ente;
e) membro degli organi consultivi regionali tenuti ad esprimere pareri sui provvedimenti degli
organi degli enti dipendenti.
6. Il consiglio direttivo è costituito con decreto del Presidente della Giunta regionale che provvede,
inoltre, al suo insediamento. Il consiglio direttivo è validamente costituito quando risultino nominati
cinque dei componenti previsti.
7. Il consiglio direttivo dura in carica per la durata del mandato del Presidente della Giunta
regionale che lo ha costituito ed è rinnovato entro quarantacinque giorni dalla data
dell'insediamento della nuova Giunta regionale, in conformità alle disposizioni della legge regionale
3 febbraio 1993, n. 12 (Disciplina transitoria del rinnovo degli organi amministrativi di competenza
della Regione Lazio).
8. Le funzioni di segretario del consiglio direttivo sono svolte dal direttore dell'ente di gestione.
9. La Giunta regionale definisce con propria deliberazione i criteri per la determinazione dei
compensi da corrispondere al presidente ed agli altri componenti del consiglio direttivo.
9 bis. Fatte salve eventuali diverse disposizioni previste dagli ordinamenti degli enti di
appartenenza, i dipendenti pubblici, componenti del consiglio direttivo, hanno diritto ad usufruire di
permessi retribuiti per il tempo necessario alla partecipazione alle sedute del consiglio stesso. (7a)
Art. 15
(Collegio dei revisori dei conti)
1. Il collegio dei revisori dei conti esercita il riscontro contabile sugli atti dell'ente di gestione
secondo le norme di contabilità della Regione e sulla base dei regolamenti dell'ente stesso.
2. Il collegio dei revisori dei conti è composto da tre membri, di cui due designati dal Consiglio
regionale, scegliendoli fra gli iscritti nell'albo nazionale dei revisori dei conti, ed uno designato dal
Ministero del tesoro.
3. Il collegio dei revisori dei conti è costituito con decreto del Presidente della Giunta regionale, che
provvede, altresì, al suo insediamento. Il collegio dei revisori dei conti dura in carica per la durata
del mandato del Presidente della Giunta regionale che lo ha costituito ed è rinnovato entro
quarantacinque giorni dalla data dell'insediamento della nuova Giunta regionale, in conformità alle
disposizioni della l.r. 12/1993. (8)
4. Il collegio dei revisori dei conti elegge il presidente, al suo interno, nella seduta di insediamento.
4-bis. La Giunta regionale definisce, con propria deliberazione, i criteri per la determinazione dei
compensi da corrispondere al presidente ed agli altri componenti del collegio dei revisori (9).
Art. 16 (10)
(Comunità)
1. I presidenti delle province, i sindaci dei comuni e i presidenti delle comunità montane o loro
delegati nei cui territori sono ricomprese le aree naturali protette, costituiscono la comunità dell'area
naturale protetta o del sistema delle aree naturali protette gestite unitariamente, ciascuno con
responsabilità pari alla quota di partecipazione territoriale calcolata, nel rispetto di quanto previsto
dal presente comma, sulla base dei criteri stabiliti dalla Giunta regionale con propria deliberazione.
La quota di partecipazione è definita con riferimento alla percentuale della superficie comunale
compresa nell'area protetta nonché alla percentuale della quota di partecipazione del comune alla
superficie complessiva dell'area protetta. Alle province è riservata una quota complessiva pari ad un
decimo; alle comunità montane una quota pari ad un decimo di quanto spetta complessivamente ai
comuni che ne fanno parte .
2. La comunità designa, con voto limitato a non più di due candidati, con adeguato curriculum, i
componenti del consiglio direttivo dell'ente di gestione di cui all'articolo 14, comma 1, lettera b).
(10a)
3. La comunità è organo propositivo e consultivo dell'ente di gestione. In particolare, il suo parere è
obbligatorio:
a) sul regolamento dell'area naturale protetta;
b) sul piano dell'area naturale protetta;
c) sul bilancio e sul conto consuntivo dell'ente di gestione;
d) su altre questioni a richiesta della maggioranza dei componenti del Consiglio direttivo dell'ente
di gestione.
4. La comunità esprime i pareri di cui al comma 3 entro trenta giorni dalla data di ricezione della
richiesta. Decorso tale termine senza che sia stato comunicato il parere, l'ente di gestione può
procedere indipendentemente dall'acquisizione del parere stesso.
5. La comunità del parco elabora e trasmette per l'adozione al consiglio direttivo il programma
pluriennale economico e sociale di cui all'articolo 30.
6. In caso di contrasto tra comunità ed altri organi dell'ente di gestione, la questione è rimessa ad
una conferenza presieduta dal Presidente della Giunta regionale o dall'Assessore competente in
materia di ambiente da lui delegato, il quale, perdurando i contrasti, rimette la decisione definitiva
alla Giunta regionale.
7. La comunità nella prima seduta utile elegge a maggioranza assoluta dei componenti, al suo
interno, il presidente ed il vice-presidente. Essa adotta, altresì, il proprio regolamento.
8. La comunità è convocata dal presidente, anche su richiesta di un terzo dei suoi componenti,
almeno due volte l'anno. La convocazione per l'insediamento della comunità è effettuata dal
Presidente della Giunta regionale o dall'Assessore regionale competente in materia di ambiente a tal
fine delegato.
9. Alle riunioni della comunità partecipano di diritto, con voto consultivo, il presidente ed il
direttore dell'ente di gestione.
10. Alla segreteria della comunità provvede l'ente di gestione.
Art. 17
(Statuto)
1. Entro tre mesi dalla data del decreto di nomina, il consiglio direttivo dell'ente di gestione redige
ed adotta lo statuto dell'ente stesso, in cui sono indicate, oltre alla sede unica, le competenze e le
modalità di funzionamento di ciascun organo nonché le norme di organizzazione interna e di
gestione dell'area naturale protetta o del sistema di aree naturali protette
2. Lo statuto è approvato, sentita la sezione aree naturali protette, con deliberazione della Giunta
regionale che può apportare modifiche, sentito il consiglio direttivo, il quale deve a sua volta
esprimersi entro trenta giorni dalla richiesta.
3. Decorso inutilmente il termine previsto dal comma 1, la Giunta regionale si sostituisce all'ente di
gestione per l'adozione dello statuto, affidandone la redazione alle proprie strutture competenti in
materia o all'Agenzia regionale per i parchi.
Art. 18 (10b)
(Vigilanza e controllo sull'attività)
1. Ai sensi dell'articolo 54 dello Statuto regionale, la vigilanza ed il controllo sull'attività dell'ente di
gestione spettano alla Giunta regionale.
2. La Giunta regionale in particolare:
a) emana direttive per la gestione delle aree naturali protette allo scopo di assicurare la conformità
agli obiettivi della presente legge e di garantire l'attuazione degli indirizzi della programmazione
regionale, nel rispetto delle diverse specificità territoriali;
b) vigila sulla corretta utilizzazione delle risorse assegnate, nonché sulla corrispondenza tra costi dei
servizi e relativi benefici;
c) esercita il controllo di legittimità e di merito sugli atti adottati dal consiglio direttivo, di cui
all'articolo 14, comma 2, lettere a) e b) e lettera d) limitatamente alle deliberazioni relative alla
dotazione organica ed alla struttura organizzativa e su quelli di competenza del consiglio direttivo
adottati dal presidente con procedura d'urgenza.
3. Gli atti soggetti a controllo sono esaminati contestualmente sotto il profilo della legittimità e del
merito e divengono esecutivi:
a) nei casi in cui è prevista l'approvazione della Regione, a seguito della relativa deliberazione, con
le eventuali modifiche ed integrazioni, dell'organo regionale competente a norma dell'articolo 17,
comma 2, dell'articolo 20, comma 2, dell'articolo 26, comma 5, dell'articolo 27, comma 6 e
dell'articolo 30, comma 3;
b) negli altri casi, a seguito della comunicazione della Regione, che ne consente l'ulteriore corso,
ovvero per decorrenza del termine di trenta giorni dalla data di ricezione degli atti senza che ne sia
pronunciato l'annullamento per motivi di legittimità o siano formulate proposte di adeguamento nel
merito.
4. In caso di inerzia o ritardo nell'adozione di atti obbligatori da parte dell'ente di gestione, la Giunta
regionale, previo invito a provvedere entro il termine perentorio di trenta giorni, esercita, d'ufficio o
su richiesta degli interessati, il potere sostitutivo.
Art. 19
(Vigilanza e controllo sugli organi)
1. Nell'esercizio del potere di vigilanza sull'ente di gestione la Giunta regionale dispone periodiche
ispezioni per accertare la regolare attuazione dei compiti istituzionali dell'ente stesso.
2. Qualora siano riscontrate gravi e ripetute violazioni di legge e/o persistenti inadempienze di atti
obbligatori, ovvero in caso di impossibilità di funzionamento, il Presidente della Giunta regionale
dispone, con provvedimento motivato, lo scioglimento del consiglio direttivo dell'ente.
3. Contestualmente allo scioglimento del consiglio direttivo il Presidente della Giunta regionale
nomina un commissario straordinario con pieni poteri, che dura in carica fino alla data di
insediamento del nuovo organo, ovvero affida, in alternativa, fino alla stessa data, la gestione
dell'area naturale protetta alla Agenzia regionale per i parchi.
Art. 20
(Bilanci, entrate e patrimonio)
1. L'esercizio finanziario dell'ente di gestione coincide con l'anno solare.
2. L'ente di gestione ha un proprio bilancio di previsione ed un proprio rendiconto generale, che
vengono formulati, controllati ed approvati con le modalità di cui alla legge regionale 30 aprile
1991, n. 19.
3. Entro il 30 giugno di ogni anno la Giunta regionale, sentita la sezione aree naturali protette,
definisce, con propria deliberazione, gli obiettivi e gli indirizzi di intervento nelle singole aree
naturali protette, tenendo conto della programmazione generale e settoriale della Regione, delle
direttive e dei programmi dell'Unione Europea e dello Stato e delle relative disponibilità finanziarie.
4. Nella relazione programmatica che accompagna il bilancio di previsione sono indicate le attività
e gli investimenti che gli enti intendono realizzare nell'anno successivo nel quadro delle previsioni
contenute nei documenti di cui agli articoli 26 e 30 nonché degli obiettivi e degli indirizzi di cui al
comma 3.
5. Costituiscono entrate degli enti di gestione, da destinare al conseguimento dei fini istitutivi:
a) i contributi ordinari e straordinari della Regione e di altri enti pubblici;
b) i contributi ed i finanziamenti per la realizzazione di specifici progetti;
c) i lasciti, le donazioni e le erogazioni liberali in denaro di cui all'articolo 3, della legge 2 agosto
1982, n. 512, e successive modificazioni;
d) gli eventuali redditi patrimoniali;
e) i canoni delle concessioni, i diritti, i biglietti d'ingresso e le tariffe dei servizi forniti dall'ente di
gestione;
f) i proventi di attività commerciali e promozionali;
g) i proventi delle sanzioni derivanti dalla inosservanza delle disposizioni contenute nelle leggi, nei
piani e nei regolamenti, nonché dei provvedimenti emanati dall'ente di gestione;
h) ogni altro provento acquisito in relazione all'attività dell'ente di gestione.
6. Gli enti di gestione possono anche usufruire di stanziamenti provenienti dallo Stato o da
programmi dell'Unione Europea nei modi previsti dai relativi provvedimenti regionali.
7. Gli enti di cui al presente capo che subentrano agli enti di gestione soppressi ovvero alle
amministrazioni comunali alle quali era affidata la gestione dell'area naturale protetta divengono
titolari della proprietà, del patrimonio mobiliare ed immobiliare, dei contratti e di ogni altro
rapporto giuridico attivo e passivo relativo all'attività gestionale dell'area stessa.
8. I bilanci degli enti subentranti sono formati con la parte attiva e passiva, con gli stanziamenti
destinati alla gestione, con gli avanzi finanziari iscritti nei bilanci delle amministrazioni sostituite o
soppresse.
Art. 21
(Criteri generali di coordinamento)
1. La Regione per assicurare criteri uniformi e coordinati di gestione del personale degli enti delle
aree naturali protette provvede a:
a) reclutare il personale necessario attraverso concorsi unici;
b) fissare i criteri per la struttura organizzativa degli enti di gestione delle aree naturali protette e per
i relativi contingenti di personale; (10b1)
c) assicurare la mobilità del personale prioritariamente tra gli enti gestori delle aree naturali protette
e tra questi e la Regione nonché gli altri enti pubblici regionali e gli enti locali, su loro consenso;
d) favorire e promuovere l'aggiornamento e la formazione del personale dipendente degli enti di
gestione anche mediante l'organizzazione di specifici corsi teorici e pratici finalizzati a migliorarne
la professionalità;
e) promuovere riunioni periodiche con gli enti gestori delle aree naturali protette per il
coordinamento e la verifica dei problemi gestionali.
Art. 22 (10c)
(Strutture organizzative e dotazioni organiche)
1. Le strutture organizzative degli enti di gestione delle aree naturali protette e il relativo
contingente di personale, con l'indicazione delle specifiche professionalità, sono definiti,
nell’ambito della dotazione organica della Giunta regionale, dal consiglio direttivo di ciascun ente
sulla base dei criteri stabiliti, nel rispetto della normativa vigente e dei limiti degli stanziamenti del
bilancio regionale, dalla Giunta regionale con apposita deliberazione. La definizione delle strutture
organizzative e il contingente del personale sono soggette al controllo della Giunta regionale ai
sensi dell'articolo 18. (10c1)
2. Gli enti di gestione delle aree naturali procedono periodicamente, almeno a cadenza triennale,
alla revisione delle strutture organizzative e dei contingenti di personale, con le modalità previste
dal comma 1. A tal fine, la Giunta regionale, ove necessario, procede alla modifica della
deliberazione di cui al comma 1. (10c2)
Art. 23 (10d)
(Personale)
1. Gli enti di gestione delle aree naturali protette si avvalgono di personale appartenente ai ruoli del
personale della Giunta regionale di cui alla legge regionale 18 febbraio 2002, n.6 (Disciplina del
sistema organizzativo della Giunta e del Consiglio e disposizioni relative alla dirigenza ed al
personale regionale) e successive modifiche e al regolamento di organizzazione di cui all’articolo
30 della l.r. 6/2002, secondo modalità definite nel medesimo regolamento.
Art. 24
(Direttore dell'ente di gestione)
1. Il direttore dell'ente di gestione è nominato dal Presidente della Giunta regionale ed è scelto in
una rosa di tre candidati, individuati tra i soggetti iscritti in un elenco regionale formato e
disciplinato con deliberazione della Giunta regionale o, in subordine, tra i soggetti iscritti all'albo di
cui all’articolo 9, comma 11 della l. 394/1991, così come modificato dall’articolo 2, comma 25
della legge 9 dicembre 1998, n. 426 (Nuovi interventi in campo ambientale), di cui uno designato su
proposta del Presidente del consiglio direttivo e due designati su proposta del consiglio direttivo
medesimo. (10g)
1 bis. Il presidente del parco stipula con il direttore nominato ai sensi del comma 1 un apposito
contratto a tempo determinato, nell' ambito del contratto collettivo nazionale per la dirigenza
regionale, per la durata massima di cinque anni, la cui scadenza non può oltrepassare comunque
quella del mandato del Presidente della Giunta regionale che lo ha nominato. La nuova nomina o il
rinnovo di quella precedente sono effettuati entro novanta giorni dalla data della proclamazione del
nuovo Presidente della Giunta regionale. Fino a tale nomina o rinnovo si intende prorogato
l'incarico di direttore precedentemente conferito.(10h)
2. Per i soggetti inquadrati nei ruoli della Regione o di enti pubblici regionali, nominati direttori
degli enti di gestione con contratto di diritto privato, il rapporto di lavoro presso le amministrazioni
di appartenenza resta sospeso per la durata dell'incarico. Essi hanno diritto alla conservazione del
posto di lavoro.
3. Il direttore assiste con voto consultivo alle sedute del consiglio direttivo, cura l'istruttoria e
l'attuazione delle deliberazioni del consiglio stesso e delle determinazioni del presidente; tratta, con
rilevanza esterna, gli affari di ordinaria amministrazione, dirige ed organizza i servizi e le attività
gestionali, svolge tutti gli altri compiti a lui attribuiti dallo statuto dell'ente di gestione.
4. Il direttore è direttamente responsabile della correttezza amministrativa e dell'efficienza della
gestione.
5. In attesa dell' approvazione dell' elenco regionale di cui al comma 1 ed in caso di impossibilità di
attingere all'albo di cui all'articolo 9, comma 11 della l. 394/1991, come modificata dalla l.
426/1998, sono nominati direttori soggetti particolarmente esperti in materia naturalisticoambientale e giuridico-amministrativa.(10i)
Art. 25
(Personale di sorveglianza)
1. Al personale addetto alla sorveglianza, denominato guardiaparco, è attribuita la qualifica di
agente di polizia giudiziaria, nei limiti delle proprie competenze e del servizio cui è destinato, in
ottemperanza alle leggi ed ai regolamenti, e nei limiti territoriali delle aree naturali protette
attribuite alla sua competenza.
2. Al guardiaparco è affidata la sorveglianza sulla osservanza degli obblighi e dei divieti previsti
dalle leggi, dal piano dell'area naturale protetta, dal regolamento di gestione dell'area stessa e da
ogni altra disposizione impartita dagli organi di gestione.
Art. 25 bis (10i1.1)
(Attività di monitoraggio sugli habitat e
sulle specie della flora e della fauna di importanza comunitaria)
1. Fatte salve eventuali competenze di altri enti previste dalla normativa vigente, il personale di
sorveglianza e il personale tecnico delle aree naturali protette di interesse regionale e dell’Agenzia
regionale per i parchi (ARP) effettua attività di monitoraggio e controllo sullo stato di qualità degli
habitat e delle specie della flora e della fauna di importanza comunitaria, di cui alla direttiva
92/43/CEE (Habitat), sia all’interno delle aree naturali protette regionali, sia nei siti della rete
Natura 2000, sia negli ambiti del territorio regionale ove tali habitat e specie sono comunque
presenti.
Art. 26
(Piano dell'area naturale protetta)
1. Il piano dell'area naturale protetta, ai fini della tutela e della promozione dei valori naturali,
paesistici e culturali presenti nell'area stessa, prevede:
a) la perimetrazione definitiva dell'area naturale protetta;
b) le destinazioni di uso pubblico o privato dell'area naturale protetta e le relative norme di
attuazione con riferimento alle varie aree;
c) i diversi gradi e tipi di accessibilità veicolare e pedonale, prevedendo in particolare percorsi,
accessi e strutture idonee per i disabili, i portatori di handicap e gli anziani;
d) i sistemi di attrezzature e servizi per la funzione sociale dell'area naturale protetta, quali: musei,
centri di visita, uffici informativi, aree di campeggio e attività agrituristiche;
e) gli indirizzi ed i criteri per gli interventi sulla flora, sulla fauna, sui paesaggi e sui beni naturali e
culturali in genere;
f) l'organizzazione generale del territorio e la sua articolazione nelle seguenti zone caratterizzate da
forme differenziate di tutela, godimento ed uso:
1) zona di riserva integrale, nella quale l'ambiente naturale è conservato nella sua integrità;
2) zona di riserva generale, nella quale è vietato realizzare nuove opere edilizie, ampliare le
costruzioni esistenti, eseguire opere di trasformazione del territorio. Possono essere consentite le
utilizzazioni produttive, la realizzazione delle infrastrutture strettamente necessarie, gli interventi
sulle risorse naturali a cura dell'ente di gestione, nonché gli interventi di manutenzione previsti
dall'articolo 31, primo comma, lettere a) e b), della legge 5 agosto 1978, n. 457. Sono altresì
consentiti interventi di adeguamento igienico sanitario e strutturali del patrimonio edilizio esistente
per finalità agro-silvo-pastorali ed agrituristiche;
3) zona di protezione, nella quale, in armonia con le finalità istitutive dell'area naturale protetta e in
conformità ai criteri fissati dall'ente di gestione con il regolamento di cui all'articolo 27, continuano,
secondo gli usi tradizionali o secondo metodi di agricoltura biologica e/o compatibile, le attività
agro-silvo-pastorali, la raccolta di prodotti naturali, incoraggiando anche la produzione artigianale
di qualità e l'attività agrituristica. Sono altresì ammessi gli interventi previsti dall'articolo 31, primo
comma, lettere a), b) e c), della l. 457/1978, salvo l'osservanza del comma 1, lettera a), sulle
destinazioni d'uso;
4) zona di promozione economica e sociale, da individuare nelle aree più estesamente modificate da
processi di antropizzazione, nella quale le iniziative previste dal programma pluriennale di cui
all'articolo 30 possono svilupparsi in armonia con le finalità di tutela dell'area, per migliorare la vita
sociale e culturale delle collettività locali ed il godimento dell'area stessa da parte dei visitatori.
f bis) la proposta di aree contigue alla perimetrazione definitiva dell'area naturale protetta, di cui
all’articolo 10. (10i1)
2. Il piano dell'area naturale protetta è redatto a cura dell'ente di gestione, con l'assistenza
dell'Agenzia regionale per i parchi, ed è adottato e trasmesso alla Regione entro nove mesi
dall'insediamento degli organi dell'ente di gestione.
3. Decorso inutilmente il termine di cui al comma 2, la Giunta regionale si sostituisce all'ente di
gestione per l'adozione del piano, affidandone la redazione alle proprie strutture competenti in
materia o all'Agenzia regionale per i Parchi, che debbono provvedere nel termine di un anno.
4. Il piano adottato ai sensi dei commi precedenti è depositato per quaranta giorni presso le sedi
degli enti locali interessati e della Regione. La Giunta regionale provvede, con apposito avviso da
pubblicare su un quotidiano a diffusione regionale, a dare notizia dell'avvenuto deposito e del
relativo periodo. Durante questo periodo chiunque può prenderne visione e presentare osservazioni
scritte all'ente di gestione, il quale esprime il proprio parere entro i successivi trenta giorni e
trasmette il parere e le osservazioni alla Giunta regionale. Entro tre mesi dal ricevimento di tale
parere la Giunta regionale, previo esame congiunto della sezione aree naturali protette e della
sezione prima del CTCR, propone al Consiglio regionale, l'approvazione del piano, apportando
eventuali modifiche ed integrazioni e pronunciandosi contestualmente sulle osservazioni pervenute.
5. Il piano approvato dal Consiglio regionale è pubblicato nel Bollettino Ufficiale della Regione ed
è immediatamente vincolante nei confronti delle amministrazioni pubbliche e dei privati.
5 bis. Il piano dell'area naturale protetta è aggiornato almeno ogni dieci anni. Agli aggiornamenti ed
alle variazioni del piano si provvede secondo le procedure previste dal presente articolo per la sua
adozione ed approvazione.(10l)
6. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 145 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42
(Codice dei beni culturali e del paesaggio), il piano dell’area naturale protetta ha valore di piano
urbanistico e sostituisce i piani territoriali o urbanistici di qualsiasi livello. Il piano ha effetto di
dichiarazione di pubblica utilità per gli interventi in esso previsti. (10l1)
6-bis. Omissis (10m)
Art. 27
(Regolamento dell'area naturale protetta)
1. Il regolamento dell'area naturale protetta, allo scopo di garantire il perseguimento delle finalità
per cui è istituita l'area stessa, disciplina l'esercizio delle attività consentite e, in particolare:
a) gli interventi sulle acque;
b) la raccolta delle specie vegetali allo stato selvatico;
c) la tipologia e le modalità di costruzione di opere e manufatti;
d) lo svolgimento delle attività artigianali, commerciali, di servizio ed agro-silvo-pastorali;
e) il soggiorno e la circolazione del pubblico con qualsiasi mezzo di trasporto, con l'indicazione dei
modi d'uso della viabilità, in maniera da assicurare la fruibilità pubblica delle attrezzature sociali e
ricreative e dei beni culturali esistenti nell'area naturale protetta;
f) lo svolgimento di attività sportive, ricreative ed educative, con le modalità di accesso del
pubblico alle differenti aree di servizi dell'area naturale protetta, anche dietro pagamento, comunque
garantendo particolari facilitazioni per le visite a scopo didattico e culturale;
g) lo svolgimento di attività di ricerca scientifica, nel rispetto della normativa nazionale vigente in
materia;
h) i limiti alle emissioni sonore, luminose o di altro genere, nell'ambito della legislazione vigente in
materia;
i) lo svolgimento di attività previste da interventi di occupazione giovanile o di volontariato, con
particolare riferimento alle comunità terapeutiche;
j) l'accessibilità al territorio dell'area naturale protetta attraverso percorsi e strutture idonei per
disabili, portatori di handicap ed anziani.
2. Sono comunque vietate le attività e le opere che possono compromettere la salvaguardia del
paesaggio e degli ambienti naturali tutelati, e in modo specifico la flora e la fauna protette e i
rispettivi habitat. In particolare è vietato quanto previsto dall'articolo 11, comma 3, della l.
394/1991.
3. Fermo restando il divieto di cattura, uccisione, danneggiamento e disturbo delle specie animali
nelle aree naturali protette, il regolamento disciplina eventuali prelievi faunistici ed abbattimenti
selettivi necessari per ricomporre squilibri ecologici. Detti prelievi ed abbattimenti devono
comunque avvenire per iniziativa e sotto la diretta responsabilità e sorveglianza dell'ente di gestione
dell'area naturale protetta e sono attuati dal personale da esso dipendente o da persone da esso
autorizzate, scelte con preferenza tra cacciatori residenti nel territorio dell' area naturale protetta,
previ opportuni corsi di formazione realizzati a cura dell'ente stesso. (10n)
4. Entro novanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge la Giunta regionale definisce, su
proposta dell'Assessore competente in materia di ambiente, una specifica direttiva cui devono
conformarsi gli eventuali prelievi faunistici ed abbattimenti selettivi condotti nelle aree naturali
protette in assenza dei rispettivi regolamenti.
5. Nel territorio delle aree naturali protette sono fatti salvi i diritti reali e gli usi civici delle
collettività locali, ad eccezione dei diritti esclusivi di caccia o di altri usi civici di prelievo faunistico
che sono liquidati dal competente commissario per gli usi civici, ad istanza dell'organismo di
gestione.
6. Il regolamento dell'area naturale protetta è adottato dall'ente di gestione contestualmente
all'adozione del piano di cui all'articolo 26, e comunque non oltre i successivi sei mesi, ed è inviato
ai comuni interessati i quali possono proporre osservazioni entro tre mesi dalla ricezione. L'ente di
gestione deve motivare l'eventuale mancato accoglimento delle osservazioni dei comuni, ed entro i
successivi trenta giorni le trasmette, unitamente al regolamento, alla Regione, che lo approva con
deliberazione del Consiglio regionale su proposta della Giunta regionale, previo parere della
sezione aree naturali protette, apportando, ove necessario, modifiche ed integrazioni.
7. Per il regolamento valgono i poteri sostitutivi di cui all'articolo 26, comma 3.
8. Il regolamento produce i suoi effetti tre mesi dopo la sua pubblicazione sul Bollettino Ufficiale
della Regione. Entro tale termine i comuni sono tenuti ad adeguare alle previsioni del regolamento
dell'area naturale protetta i propri regolamenti. Decorso inutilmente il predetto termine, i comuni
sono comunque tenuti ad applicare le disposizioni del regolamento dell'area naturale protetta, che
prevalgono su quelle dei regolamenti comunali.
Art. 28 (10o)
(Nulla osta e poteri d'intervento dell'ente di gestione)
1. Il rilascio di concessioni od autorizzazioni, relativo ad interventi, impianti ed opere all'interno
dell'area naturale protetta, è sottoposto a preventivo nulla osta dell'ente di gestione ai sensi
dell'articolo 13, commi 1, 2 e 4, della l. 394/1991. Ai fini dell'acquisizione del nulla osta, le
amministrazioni interessate convocano apposite conferenze di servizi ai sensi degli articoli 14,
14bis, 14ter, 14quater della l. 241/1990 e successive modifiche e dell'articolo 17 della legge
regionale 22 ottobre 1993, n. 57 (Norme generali per lo svolgimento del procedimento
amministrativo, l’esercizio del diritto di accesso ai documenti amministrativi e la migliore
funzionalità dell’attività amministrativa) e successive modifiche.
2. Il nulla osta di cui al comma 1 verifica la conformità con le norme di salvaguardia di cui
all'articolo 9, comma 3, lettera b), con il piano e con il regolamento dell'area naturale protetta,
nonché il rispetto dei criteri indicati nell'articolo 33.
3. Qualora nelle aree naturali protette venga esercitata un'attività in difformità del piano, del
regolamento o del nulla osta, il legale rappresentante dell'ente di gestione dispone la sospensione
dell'attività medesima ed ordina la riduzione in pristino o la ricostituzione di specie vegetali o
animali ai sensi dell'articolo 29 della l. 394/1991.
4. L'ente di gestione dell'area naturale protetta interviene nei giudizi riguardanti fatti dolosi o
colposi che possano compromettere l'integrità del patrimonio naturale e ha facoltà di ricorrere in
sede di giurisdizione amministrativa per l'annullamento di atti illegittimi lesivi delle finalità
istitutive dell'area naturale protetta.
4 bis. Nel caso di interventi abusivi previsti dall’articolo 31 del decreto del Presidente della
Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in
materia edilizia) e di inerzia dell’ente di gestione dell’area naturale protetta o del comune
nell’adozione degli atti di cui, rispettivamente, al comma 3 del presente articolo e al comma 2 del
citato articolo 31, la Giunta regionale, previo invito a provvedere entro un congruo termine, esercita
i poteri sostitutivi e ordina essa stessa la riduzione in pristino. Qualora il responsabile dell’abuso
non provveda alla riduzione in pristino disposta dalla Regione, l’opera abusiva e l’area prevista dal
comma 3 dell’articolo 31 del d.p.r. 380/2001 sono acquisiti al patrimonio della Regione medesima
che provvede altresì alla demolizione dell’ opera ai sensi della normativa vigente. (10o1)
Sezione II
Aree naturali protette di interesse provinciale
Art. 29
(Criteri e modalità per la gestione delle aree naturali protette di interesse provinciale - Piani e
regolamenti. )
1. Le province gestiscono le aree naturali protette di propria competenza secondo quanto previsto
dall'articolo 12, comma 1, lettera b) entro i termini fissati dalle relative leggi istitutive. A tal fine le
province possono avvalersi provvisoriamente dell'Agenzia regionale per i parchi.
2. Le province devono assicurare, nella gestione delle aree naturali protette di loro competenza,
l'utilizzazione di esperti qualificati in materia di tutela ambientale e la partecipazione delle
associazioni ambientaliste di rilevanza provinciale.
3. Qualora per la gestione delle aree naturali protette provinciali venga istituita un'apposita azienda,
le province si attengono ai criteri organizzativi di cui al capo II, sezione I, in quanto compatibili con
le disposizioni contenute nell'articolo 23 della l. 142/1990 e successive modificazioni e nei rispettivi
statuti.
4. Gli organismi di gestione delle aree naturali protette di interesse provinciale predispongono ed
adottano i relativi piani secondo le modalità previste dall'articolo 26, in quanto compatibili e li
trasmettono alle province entro il termine di cui al comma 2 del citato articolo, per la relativa
verifica di compatibilità che avviene nei modi e nei termini previsti dall'articolo 26, comma 4, in
quanto compatibili. Fino all'emanazione della legge regionale di riordino del governo del territorio,
la verifica di compatibilità è effettuata dalla Regione. I poteri sostitutivi di cui all'articolo 26,
comma 3, sono esercitati dalla provincia interessata. Gli organismi di gestione predispongono altresì
i regolamenti secondo quanto previsto dall'articolo 27 e li trasmettono alle province interessate per
la relativa approvazione.
5. Per le aree naturali protette di interesse provinciale, il nulla osta ed i poteri di intervento di cui
all'articolo 28 spettano ai rispettivi organismi di gestione.
6. Le province, ai fini della gestione di cui ai commi precedenti, possono istituire propri organi di
consulenza oppure possono avvalersi della sezione aree naturali protette di cui all'articolo 4.
Capo III
Promozione economico-sociale - Interventi finanziari
Art. 30 (10p)
(Programma pluriennale di promozione economica e sociale)
1. Nel rispetto delle finalità dell'area naturale protetta e della disciplina stabilita dai relativi piano e
regolamento, l'organismo di gestione promuove le iniziative atte a favorire lo sviluppo economico e
sociale delle collettività residenti all'interno dell'area stessa e dei territori adiacenti, anche mediante
la realizzazione di specifici progetti di sviluppo sostenibile.
2. Per i fini di cui al comma 1, la comunità dell'ente di gestione delle aree naturali protette
d'interesse regionale e gli organismi di gestione delle aree naturali protette di interesse provinciale,
entro novanta giorni dalla loro costituzione, con l'assistenza dell'Agenzia regionale per i Parchi,
elaborano il programma pluriennale di promozione economica e sociale, in cui sono indicati
interventi coordinati con quelli dello Stato, della Regione e degli enti locali interessati, per lo
sviluppo di attività compatibili e sono individuati i soggetti chiamati alla realizzazione degli
interventi stessi.
3. I programmi di cui al comma 2, adottati dagli enti di gestione delle aree naturali protette
d'interesse regionale e dagli organismi di gestione delle aree naturali protette di interesse
provinciale, sono trasmessi rispettivamente alla Regione ed alle province interessate per la relativa
approvazione. La Regione lo approva con deliberazione del Consiglio regionale su proposta della
Giunta regionale, sentita la sezione aree naturali protette, apportando, ove necessario, modifiche ed
integrazioni.
4. Qualora le autorità di cui al comma 2 non provvedano all'elaborazione del programma, la Giunta
regionale e la provincia, ciascuna secondo le rispettive competenze, si sostituiscono ad esse.
Parimenti, qualora gli organismi di gestione di cui al comma 3 non adottino il programma entro
novanta giorni dalla scadenza del termine di cui al comma 2 o dalla ricezione del programma
elaborato dalla Giunta regionale o dalla provincia, queste ultime si sostituiscono agli organismi di
gestione per l'adozione del programma secondo le rispettive competenze.
5. Il programma prevede da parte dell'organismo di gestione:
a) la concessione di sovvenzioni a privati o enti locali per il mantenimento ed il ripristino delle
caratteristiche ambientali e paesaggistiche dei luoghi tutelati e delle tipologie edilizie;
b) la predisposizione di attrezzature, di impianti di depurazione e per il risparmio energetico, di
servizi e strutture di carattere turistico-naturalistico da gestire in proprio o da concedere in gestione
a terzi sulla base di specifiche convenzioni;
c) l'agevolazione o la promozione di forme di associazionismo cooperativo tra i residenti
nell'ambito dell'area naturale protetta per l'esercizio di attività tradizionali, artigianali, agroforestali,
culturali, di restauro, di servizi sociali e di biblioteche e di ogni altra iniziativa atta a favorire lo
sviluppo di un turismo ecocompatibile.
c bis) l’incentivazione di attività dirette alla fornitura di servizi sociali, comprese le attività
terapeutiche, riabilitative e di inserimento sociale, esercitate dagli imprenditori agricoli, singoli o
associati, di cui all’ articolo 2135 del codice civile ed all’articolo 1, comma 2, del decreto
legislativo 18 maggio 2001, n. 228, (Orientamento e modernizzazione del settore agricolo, a norma
dell’articolo 7 della l. 5 marzo 2001, n. 57) mediante l’utilizzazione prevalente di attrezzature e
risorse aziendali normalmente impiegate nell’attività agricola. (10p1)
6. Il programma può prevedere, inoltre, la gestione di speciali corsi di formazione, in conformità
alle indicazioni del piano regionale di formazione professionale, al termine dei quali è rilasciato il
titolo ufficiale ed esclusivo di guida dell'area naturale protetta.
7. Al finanziamento del programma concorrono lo Stato, la Regione, gli enti locali e gli altri
organismi interessati, ciascuno per la propria competenza.
8. Nelle more dell'adozione del programma pluriennale di promozione economica e sociale, gli
organismi di gestione dell'area naturale protetta, anche provvisori, promuovono e realizzano le
iniziative di cui al presente articolo, nel quadro delle scelte programmatiche della Regione e nel
rispetto della specifica normativa di tutela dell'area stessa.
Art. 31
(Sviluppo delle attività agricole )
1. Per consentire la qualificazione e la valorizzazione delle attività agro-silvo-pastorali, nell'ambito
delle finalità istitutive dell'area naturale protetta, gli organismi di gestione, compatibilmente con la
tutela dei valori naturali e culturali presenti nell'area stessa, favoriscono:
a) l'attività agricola e zootecnica ed il loro eventuale sviluppo;
b) la razionale gestione ed il miglioramento dei pascoli e dei boschi;
c) il mantenimento ed il miglioramento della rete stradale rurale al servizio delle attività di cui alle
lettere a) e b);
d) la possibilità di intervenire per la manutenzione ordinaria e straordinaria, per il ripristino ed il
restauro conservativo dei fabbricati rurali e delle relative pertinenze al servizio delle attività di cui
alle lettere a) e b).
2. Al fine di cui al comma 1, nel programma pluriennale di promozione economica e sociale di cui
all'articolo 30, devono essere previsti interventi per rendere compatibili le attività agro-silvopastorali all'interno dell'area naturale protetta con la tutela dell'ambiente, interventi per l'agriturismo
ed interventi per sostenere e sviluppare l'agricoltura biologica e/o compatibile, nel rispetto della
vigente legislazione regionale, nonché per sostenere la valorizzazione e lo sviluppo delle peculiarità
e suscettività produttive favorendo le attività agricole come fattore di difesa ambientale e per
promuovere, coordinare e incentivare le attività compatibili tese a perseguire il massimo sviluppo
economico e sociale delle popolazioni locali.
Art. 32
(Incentivazioni)
1. Ai comuni, alle province ed alle comunità montane il cui territorio è compreso, in tutto o in parte,
entro i confini delle aree naturali protette istituite ai sensi della presente legge o della legge
regionale 28 novembre 1977, n. 46, ovvero previste dal piano regionale delle aree naturali protette e
alle quali si applicano le misure di salvaguardia indicate nell'articolo 8, è attribuita priorità nella
concessione di finanziamenti regionali, anche provenienti da fondi comunitari e statali, per
sostenere, entro i confini dell'area naturale protetta e delle aree contigue di cui all'articolo 10, i
seguenti interventi:
a) restauro dei centri storici e di edifici di particolare valore storico e culturale;
b) recupero dei nuclei abitati rurali;
c) opere igieniche ed idropotabili e di risanamento dell'acqua, dell'aria e del suolo;
d) opere di conservazione e di restauro ambientale del territorio;
e) sviluppo delle attività agricole e forestali;
f) attività culturali nei campi di interesse del parco;
g) attività di agriturismo;
h) attività sportive compatibili;
i) strutture per l'utilizzazione di fonti energetiche a basso impatto ambientale, quali il metano e altri
gas combustibili, nonché iniziative volte a favorire l'uso di energie rinnovabili;
j) lotta e prevenzione degli incendi boschivi;
j-bis) valorizzazione e sviluppo delle attività artigianali tipiche e commerciali (11);
j-ter) realizzazione di strutture e attività ricettive, ricreative e turistiche (11).
2. La priorità di cui al comma 1 è concessa ai comuni il cui territorio è compreso in parte nell'area
protetta per le opere, gli interventi e le attività di cui allo stesso comma 1 connessi funzionalmente
alla gestione dell'area protetta, anche se realizzate fuori dei confini di quest'ultima e delle aree
contigue.
3. Al fine di garantire e promuovere l'economia e l'occupazione, la priorità di cui al comma 1 è
attribuita a cittadini singoli o associati o enti privati, rispettivamente residenti o aventi sede legale
nei comuni ricadenti, anche parzialmente, nelle aree naturali protette, che intendano valorizzare
attività tradizionali e realizzare iniziative produttive o di servizio compatibili nell'ambito delle aree
stesse o anche al di fuori di queste, purchè finalizzate alla promozione, valorizzazione e migliore
fruibilità delle aree naturali protette (12).
Art. 32bis (12.1)
(Promozione di marchi concessi nell’ambito del sistema delle aree naturali protette regionali)
1. Gli organismi di gestione, al fine di promuovere la collaborazione tra i soggetti pubblici e privati
per contribuire alla diffusione di marchi concessi nell’ambito del sistema delle aree naturali protette
regionali, nonché di favorire una maggiore integrazione dei sistemi produttivi con le iniziative di
valorizzazione e fruizione del territorio in un’ottica di sostenibilità del sistema, promuovono
l’attivazione di un ufficio informazioni almeno per ogni provincia.
Art. 33
(Gestione del patrimonio forestale)
1. L'organismo di gestione, entro due anni dalla istituzione dell'area naturale protetta, determina i
criteri per l'utilizzazione del patrimonio forestale, nel rispetto delle finalità della legge regionale
istitutiva e della disciplina contenuta nel piano e nel regolamento dell'area stessa.
2. I criteri di cui al comma 1 sono approvati dalla Giunta regionale, previo parere della sezione aree
naturali protette, e devono indicare (12a1):
a) le modalità ed i criteri, di gestione, utilizzazione e trasformazione del governo dei boschi;(12a2)
b) le modalità di esercizio dell'uso civico di legnatico per la popolazione residente, secondo le
consuetudini locali;
c) le modalità e gli interventi per la tutela del patrimonio forestale dal pericolo degli incendi.
3. Qualsiasi intervento sul patrimonio forestale all'interno dell'area naturale protetta deve essere
comunque sottoposto al preventivo nulla osta dell'organismo di gestione ai sensi dell'articolo 28.
4. La Regione e gli organismi di gestione promuovono l'individuazione e la conservazione dei
boschi e dei popolamenti arborei in grado di fornire semi e talee idonei alla produzione di materiale
autoctono di propagazione e promuovono la realizzazione di vivai per la produzione di materiale
autoctono e la conservazione delle specie di particolare interesse, rare o minacciate.
Art. 34
(Indennizzi e risarcimento per i danni economici)
1. L'organismo di gestione è tenuto a risarcire i danni provocati dalla fauna selvatica alle produzioni
agricole, alle opere approntate sui terreni e può corrispondere incentivi per la prevenzione dei danni
medesimi. Il regolamento stabilisce le modalità per la liquidazione e la corresponsione degli
indennizzi, da corrispondersi entro novanta giorni dal verificarsi del danno.
2. I vincoli imposti dal piano dell'area naturale protetta o dalle misure di salvaguardia di cui
all'articolo 8 alle attività agro-silvo-pastorali possono essere indennizzati sulla base di principi
equitativi. I vincoli relativi ad attività già ritenute compatibili possono dar luogo a compensi ed
indennizzi che tengono conto dei vantaggi e degli svantaggi derivanti dall'attività dell'area naturale
protetta. La Giunta regionale con apposita deliberazione, emana direttive per l'attuazione del
presente comma, in coerenza con le disposizioni emanate dal Ministero dell'ambiente ai sensi
dell'articolo 15, comma 2, della l. 394/1991.
3. I compensi e gli indennizzi di cui al comma 2 non sono cumulabili con altri corrisposti in
attuazione di normative comunitarie, statali e regionali che prevedono particolari regimi d'aiuto alle
attività agro-silvo-pastorali.
4. L'ente di gestione provvede ad istituire nel proprio bilancio un apposito capitolo, con dotazione
adeguata al prevedibile fabbisogno, per il pagamento di indennizzi e risarcimenti.
Art. 35
(Contributi per il mantenimento ed il recupero delle caratteristiche ambientali e paesaggistiche)
1. Gli organismi di gestione prevedono nei propri bilanci appositi stanziamenti per l'erogazione di
contributi a favore di soggetti pubblici o privati residenti nell'ambito dell'area naturale protetta, per
il recupero delle caratteristiche ambientali e paesaggistiche dei luoghi tutelati, ivi compresi il
restauro ed il ripristino di fabbricati.
2. I criteri di assegnazione dei contributi, che sono comunque destinati a coprire i maggiori costi
connessi alla particolarità dell'intervento, sono stabiliti in apposito regolamento deliberato dagli
organismi di gestione.
Art. 36 (12a)
(Acquisizione e affitto di beni mobili ed immobili )
1. La Regione promuove iniziative per l'acquisizione e l'affitto di beni mobili ed immobili che siano
di particolare interesse per la gestione delle aree naturali protette o per i quali i vincoli imposti dalla
presente legge comportino una limitata utilizzazione. La Regione e gli organismi di gestione
favoriscono, in particolare, anche attraverso l'espropriazione o l'esercizio del diritto di prelazione
secondo la vigente normativa in materia, l'acquisizione al patrimonio regionale o al patrimonio
dell'organismo di gestione o al patrimonio dei comuni il cui territorio è compreso anche
parzialmente in aree protette regionali istituite, di beni immobili e di aree di elevato interesse
biogenetico, con precedenza per i monumenti naturali e per gli habitat prioritari di interesse
comunitario, nazionale o regionale.
2. La Giunta regionale concede in uso gratuito, mediante apposita convenzione, agli organismi di
gestione che ne facciano richiesta i beni immobili facenti parte del proprio patrimonio il cui utilizzo
risulti funzionale alle finalità istitutive o alla gestione dell'area naturale protetta.
2 bis. L’ente di gestione può acquisire gli immobili compresi nell’area naturale protetta anche
mediante espropriazione o esercizio del diritto di prelazione, secondo le norme generali vigenti.
(12aa)
Capo IV
Sorveglianza e sanzioni
Art. 37
(Sorveglianza)
1. Oltre a quanto previsto dall'articolo 25, comma 2, sono incaricati di far rispettare la presente
legge tutti i soggetti cui sono attribuiti poteri di accertamento e contestazione di illeciti
amministrativi in base alla normativa vigente nonché gli ufficiali e gli agenti del Corpo forestale
dello Stato, previa stipulazione di apposita convenzione ai sensi dell'articolo 27, comma 2, della l.
394/1991.
Art. 38 (12b)
(Sanzioni)
1. Salvo che il fatto costituisca un reato, ogni violazione dei vincoli, dei divieti, delle prescrizioni e
in genere delle norme stabilite dalla presente legge e dalle leggi istitutive delle singole aree naturali
protette è soggetta ad una sanzione pecuniaria da euro 259,00 a euro 2.590,00. Nel caso di più
violazioni si applica quanto previsto dall'articolo 8, comma 1, della legge 24 novembre 1981, n. 689
(Modifiche al sistema penale).
2. Le leggi regionali istitutive delle aree naturali protette possono prevedere singole fattispecie di
violazioni sanzionabili pecuniariamente e commisurare ad esse la sanzione entro il minimo ed il
massimo previsti dal comma 1.
3. In deroga alle disposizioni contenute negli articoli 182 e 208 della legge regionale 6 agosto 1999,
n. 14 (Organizzazione delle funzioni a livello regionale e locale per la realizzazione del
decentramento amministrativo), all’irrogazione delle sanzioni provvede il rappresentante legale
dell’ente di gestione dell’area naturale protetta, nel rispetto della legge 24 novembre 1981, n. 689
(Modifiche al sistema penale) e successive modifiche, in quanto compatibile. (12b1)
4. L'autore della violazione resta comunque obbligato, a norma dell'articolo 18 della l. 349/1986 e
successive modifiche, al risarcimento del danno ambientale nei confronti dell'organismo di gestione
dell'area naturale protetta ed al ripristino dello stato dei luoghi.
Capo V
Disposizioni finali e transitorie
Art. 39
(Riordino delle aree naturali protette esistenti)
1. Ai sensi dell'articolo 9 sono istituiti:
a) l'Ente regionale di diritto pubblico "Parco naturale regionale dei Monti Simbruini", cui è affidata
l'amministrazione e gestione delle attività e del territorio del parco istituito con legge regionale 29
gennaio 1983, n. 8;
b) l'Ente regionale di diritto pubblico "Parco naturale regionale dei Monti Lucretili", cui è affidata
l'amministrazione e gestione delle attività e del territorio del parco istituito con legge regionale 26
giugno 1989, n. 41;
c) l'Ente regionale di diritto pubblico "Parco regionale dei Castelli Romani", cui è affidata
l'amministrazione e gestione delle attività e del territorio del parco istituito con legge regionale 13
gennaio 1984, n. 2;
d) l'Ente regionale di diritto pubblico "Parco regionale dell'Appia Antica", cui è affidata
l'amministrazione e gestione delle attività e del territorio del Parco istituito con legge regionale 10
novembre 1988, n. 66;
d-bis) l'ente regionale di diritto pubblico "Riserva naturale monte Navegna e Monte Cervia", cui è
affidata l'amministrazione e gestione delle attività e del territorio della riserva istituita con legge
regionale 9 settembre 1988, n. 56 (13).
d ter) l’Ente regionale di diritto pubblico “Parco regionale Riviera di Ulisse”, cui è affidata
l’amministrazione e la gestione delle attività e del territorio del Parco regionale urbano Monte
Orlando, istituito con legge regionale 22 ottobre 1986, n. 47, del Parco regionale suburbano di
Gianola e del Monte di Scauri, istituito con legge regionale 13 febbraio 1987, n. 15 e del
Monumento naturale Promontorio Villa di Tiberio e Costa Torre Capovento – Punta Cetarola di cui
al decreto del Presidente della Giunta regionale 25 novembre 2002, n. 503.(13aa)
2. In sede di prima applicazione della presente legge, il personale in servizio, alla data di entrata in
vigore della legge stessa, presso i consorzi di gestione soppressi continua ad operare presso i
corrispondenti enti di gestione istituiti ai sensi del comma 1. I consigli direttivi degli enti di gestione
provvedono alla definizione delle strutture organizzative e delle dotazioni organiche, secondo le
disposizioni di cui all'articolo 22, entro sessanta giorni dalla data di esecutività della deliberazione
della Giunta regionale prevista dal medesimo articolo 22, ovvero dalla data di insediamento dei
consigli direttivi stessi. In attesa di tale definizione, restano ferme le strutture organizzative e le
dotazioni organiche dei consorzi di gestione soppressi (13a).
3. Entro un mese dalla data di entrata in vigore della presente legge il Presidente della Giunta
regionale o l'Assessore competente in materia di ambiente da lui delegato convoca le comunità delle
aree naturali protette di cui al comma 1 ai fini delle designazioni previste dall'articolo 16, comma 2,
ed attiva le procedure per le altre designazioni di competenza degli enti indicati nell'articolo 14,
comma 1. Entro i successivi tre mesi il presidente della Giunta regionale nomina ed insedia i
consigli direttivi ed i collegi dei revisori dei conti degli enti di gestione istituiti dal comma 1.
4. I consorzi di gestione delle aree naturali protette di cui al comma 1, sono soppressi a decorrere
dalla data di insediamento dei consigli direttivi dei nuovi enti di gestione istituiti dallo stesso
comma.
5. Fino all'approvazione dello statuto dei nuovi enti di gestione istituiti dal comma 1 sono fatte salve
le disposizioni degli statuti dei consorzi soppressi che non siano in contrasto con la presente legge.
6. La Giunta regionale sottopone al Consiglio regionale proposte di legge di adeguamento delle
vigenti leggi regionali istitutive delle aree naturali protette alla presente legge, entro un anno dalla
data di entrata in vigore della legge stessa. Con tali proposte di legge si provvede anche ad
individuare le aree che possono costituire un unico sistema, a definirne il livello d'interesse
regionale o provinciale e la relativa tipologia in conformità alle disposizioni di cui all'articolo 5.
(13a1)
7. La Giunta regionale, entro sei mesi dalla data di pubblicazione del primo piano regionale delle
aree naturali protette di cui all'articolo 7, sottopone altresì al Consiglio regionale eventuali proposte
di legge di riperimetrazione delle aree naturali protette istituite anteriormente alla data di entrata in
vigore della l. 394/1991, in attuazione di quanto disposto dall'articolo 21, comma 1, lettera b) della
l. 157/1992.
8. In attesa dell'adeguamento delle vigenti leggi regionali istitutive di aree naturali protette alle
norme previste dalla presente legge, sono fatte salve le disposizioni contenute nella l.r. 46/1977,
espressamente richiamate nelle leggi stesse.
8 bis. Alle aree naturali protette istituite ai sensi della l.r. 46/1977, in deroga a quanto previsto dalla
relative leggi istitutive, si applicano le disposizioni di cui all’articolo 22.(13ab)
9. Per le aree naturali protette istituite ai sensi della legge regionale 28 novembre 1977, n. 46, in
deroga a quanto previsto dalle relative leggi istitutive, i piani di assetto ed i regolamenti dei parchi e
delle riserve di cui alla l.r. 46/1977, qualora non siano vigenti alla data di entrata in vigore della
presente legge: (13ab1)
a) sono adottati ed approvati ai sensi degli articoli 26 e 27 e diventano efficaci secondo quanto
previsto dagli articoli 26, comma 5 e 27 comma 8, nel caso in cui non siano stati adottati dagli
organismi di gestione alla data di entrata in vigore della presente legge; ai fini dell'esercizio dei
poteri sostitutivi di cui agli articoli 26, comma 3 e 27, comma 7, il termine per l'adozione del piano
e del regolamento dell'area naturale protetta è fissato al 31 dicembre1998;
b) sono approvati dalla Regione con le modalità indicate negli articoli 26, comma 4 e 27, comma 6
e diventano efficaci secondo quanto previsto dagli stessi articoli 26, comma 5 e 27, comma 8, nel
caso in cui siano stati adottati dagli organismi di gestione alla data di entrata in vigore della presente
legge.(14).
Art. 40
(Aree naturali protette nel territorio del comune di Roma)
1. Le aree naturali protette gestite dal comune di Roma alla data di entrata in vigore della presente
legge e le altre istituite successivamente a tale data ed interamente ricadenti nel territorio del
comune stesso, costituiscono un sistema per la cui gestione è istituito l'ente regionale Roma Natura
al quale si applicano le disposizioni del capo II, sezione I, salvo il disposto del comma 2 (15).
2. In deroga a quanto previsto dagli articoli 13, 14 e 16, sono organi di gestione dell'ente di cui al
comma 1:
a) il presidente;
b) il consiglio direttivo;
c) il collegio dei revisori dei conti.(15a)
2.1. Il consiglio direttivo è composto dal presidente e da altri sei membri, scelti tra persone che si
siano distinte per gli studi e per le attività in materia archeologico-naturalistica e paesaggisticoambientale, così designati:
a) uno, con funzioni di presidente, dal Consiglio regionale su una terna di nominativi proposti dalla
Giunta regionale;
b) tre dal comune di Roma;
c) uno dalla provincia di Roma;
d) uno dalle associazioni ambientaliste a livello regionale riconosciute ai sensi dell'articolo 13 della
l. 349/1986, e successive modifiche, o iscritte nell'albo regionale del volontariato;
e) uno dalle organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello regionale.
(15b)
2-bis. In sede di prima applicazione della presente legge, il personale in servizio alla data di entrata
in vigore della legge stessa, presso gli uffici del comune di Roma preposti alla gestione delle aree
naturali protette di cui al comma 1, continuano ad operare presso l'ente istituito ai sensi del
medesimo comma (15c).
Art. 41(16)
(Ampliamento della riserva naturale Monte Navegna e Monte Cervia)
1. La riserva naturale Monte Navegna e Monte Cervia, istituita con legge regionale 9 settembre
1988, n. 56, come modificata dalla presente legge, è ampliata con l'inserimento delle aree dei
comuni di Ascrea, C astel di Tora, Collalto Sabino, Nespolo, Paganico, Rocca Sinibalda, nonchè di
un'ulteriore area del comune di Collegiove secondo la perimetrazione di cui all'allegato C.
2. Al territorio individuato al comma 1 si applicano le norme urbanistiche transitorie riferite alla
zona A e le norme di salvaguardia di cui, rispettivamente, agli articoli 10, comma 3 e 11 della l.r.
56/1988, come modificata dalla presente legge.
Art. 42
(Ampliamento del parco regionale dell'Appia Antica)
1. Il parco regionale dell'Appia Antica, istituito e disciplinato con l.r. 66/1988, come modificata
dalla legge regionale 6 settembre 1994, n. 37 e da ultimo dalla presente legge, è ampliato secondo la
perimetrazione di cui all'allegato D.
2. In attesa dell'approvazione del piano del parco, limitatamente al territorio oggetto
dell'ampliamento del perimetro indicato al comma 1 ed in deroga a quanto previsto dall'articolo 16,
comma 1, lettera a) e dall'articolo 18, comma 1 bis della l.r. 66/1988, come modificata dalla l.r.
37/1994:
a) è consentita la realizzazione di interventi strettamente connessi alla fruibilità del parco nella zona
classificata A ai sensi dell'articolo 7, comma 4, lettera a), numero 1);
b) si prescinde dal decreto di cui all'articolo 18, comma 1-bis della l.r. 66/1988 per la realizzazione
di opere di urbanizzazione primaria in rete interrata e di verde attrezzato funzionali alle aree esterne
al parco ove è consentita l'edificazione, previste dai piani attuativi pubblici o privati del vigente
piano regolatore del comune di Roma.
Art. 43
(Stralcio del piano regionale delle aree naturali protette)
1. Con la presente legge è approvato uno stralcio del piano di cui all'articolo 7, relativo allo schema
di piano regionale dei parchi e delle riserve adottato dalla Giunta regionale ai sensi dell'articolo 18
della l.r. 46/1977 e dell'articolo 15 della l.r. 17/1986, con deliberazione n. 11746 del 29 dicembre
1993, secondo le perimetrazioni provvisorie riportate su cartografia a scala 1:25.000 e 1:10.000 di
cui all'allegato A, con gli obiettivi indicati nel piano stesso con riferimento alle seguenti aree:
a) area naturale protetta del complesso lacuale Bracciano-Martignano;
b) area naturale protetta della Sughereta di Pomezia;
c) area naturale protetta del Lido dei Gigli;
d) sistema delle aree naturali protette del Bosco di Foglino e di Villa Borghese;
e) area naturale protetta di Monte Casoli di Bomarzo.
2. Alle aree naturali protette di cui al comma 1 si applicano le misure di salvaguardia previste
dall'articolo 8. Tali norme decadono decorso un anno dall'entrata in vigore della presente legge.
3. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge la Giunta regionale approva e
sottopone al Consiglio regionale proposte di legge per l'istituzione delle aree naturali protette di cui
al comma 1, ai sensi dell'articolo 9, nella misura in cui l'istituzione medesima non contrasti con
l'articolo 11, comma 1 della l.r. 17/1995.
Art. 44
(Aree naturali protette istituite)
1. Sono istituite con le perimetrazioni e le zonizzazioni provvisorie di cui alle planimetrie a scala
1:10.000 contenute nell'allegato B, le seguenti aree protette:
a) parco naturale di Veio;
b) parco naturale dei Monti Aurunci;
c) riserva naturale di Tuscania;
d) riserva naturale del Monte Soratte;
e) riserva naturale di Monte Catillo;
f) riserva naturale di Nomentum;
g) riserva naturale della Macchia di Gattaceca e Macchia del Barco;
h) riserva naturale Antiche Città di Fregellae e Fabrateria Nova e del Lago di San Giovanni
Incarico;
i) riserva naturale del lago di Canterno;
j) riserva naturale della Valle dei Casali;
k) riserva naturale dell'Insugherata;
l) riserva naturale Valle dell'Aniene, relativa all'area romana localizzata all'interno del Grande
Raccordo Anulare;
m) riserva naturale della Marcigliana;
n) riserva naturale del Laurentino Acqua Acetosa;
o) riserva naturale di Decima Malafede;
p) riserva naturale della Tenuta dei Massimi;
q) riserva naturale di Monte Mario;
r) riserva naturale della Tenuta di Acquafredda.
1-bis. Le aree naturali protette di cui al comma 1 lettere a), b), j), k), l), m), n), o), p), q) ed r) sono
di interesse regionale; le aree naturali protette di cui al comma 1, lettere c), d), e), f), g), h) ed i),
sono di interesse provinciale (17).
2. Sono istituiti:
a) l'Ente regionale parco di Veio, per la gestione dell'area protetta di cui al comma 1, lettera a);
b) l'Ente regionale parco dei Monti Aurunci, di cui al comma 1, lettera b).
3. Agli enti istituiti di cui al comma 2, si applicano le disposizioni contenute nel capo II, sezione I
della presente legge.
(Omissis) (18).
5. La gestione dell'area protetta di cui al comma 1, lettera c) è affidata alla provincia di Viterbo.
6. La gestione delle aree protette di cui al comma 1, lettere d), e), f) e g) è affidata alla provincia di
Roma.
7. La gestione delle aree protette di cui al comma 1, lettere h) e i) è affidata alla provincia di
Frosinone.
8. La gestione delle aree protette di cui al comma 1, lettere j), k), l), m), n), o), p), q) e r) è affidata
ad un unico organismo di cui all'articolo 40.
9. Il Consiglio regionale, sentite le province e i comuni, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore
della presente legge, provvede a definirequanto ulteriormente previsto nell'art. 9, comma 3 (19).
10. Le province provvedono alla gestione con le modalità e i criteri previsti dalla presente legge,
adottando i relativi provvedimenti entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della stessa (20).
11. Fino all'adozione da parte degli organi competenti di specifiche norme di salvaguardia, alle aree
protette istituite con il presente articolo si applicano le norme di cui all'articolo 8, fatto salvo quanto
previsto ai successivi commi 12, 13 e 14.
12. Nelle aree protette istituite con la presente legge è vietata la caccia in tutte le sue forme, salvo
quanto previsto all'articolo 27, comma 3.
13. Nelle aree protette di cui al comma 8 e in tutti i territori del comune di Roma ricadenti in aree
protette istituite con il presente articolo, sono fatte salve le previsioni dei piani attuativi del piano
regolatore generale adottati o approvati dal comune di Roma o di programmi di intervento oggetto
di accordi di programma approvati dalla Regione alla data di entrata in vigore della presente legge.
Ad esse non si applicano le disposizioni di cui all'articolo 8, commi 5, 6 e 7. Nell'ambito delle
suddette aree, in quelle classificate come B, ai sensi dell'articolo 7, comma 4, lettera a), numero 2),
fino all'adozione di una specifica normativa di salvaguardia da parte degli organismi di gestione
delle aree naturali protette, è fatto divieto di:
a) introdurre in ambiente naturale specie e popolazioni estranee alla flora ed alla fauna autoctone;
b) prelevare materiali di rilevante interesse geologico e paleontologico ad eccezione del prelievo
eseguito, per fini di ricerca e studio, da istituti pubblici;
c) aprire nuove cave e torbiere e riattivare quelle dismesse;
d) aprire nuove discariche per i rifiuti;
e) campeggiare al di fuori delle aree destinate a tale scopo ed appositamente attrezzate;
f) transitare con mezzi motorizzati fuori dalle strade statali, provinciali, comunali, vicinali gravate
dai servizi di pubblico passaggio e private, fatta eccezione per i mezzi di servizio e per le attività
agro-silvo-pastorali.
14. Nelle aree di cui al comma 13, comprese nelle zone B, previste dall'articolo 7, comma 4, lettera
a), numero 2, sono consentiti esclusivamente gli impianti sportivi a carattere estensivo purché
realizzati secondo tipologie e con materiali tradizionali, nonché i servizi pubblici strettamente
connessi alla fruibilità del parco e le aree di verde attrezzato, necessarie per il rispetto degli standard
urbanistici relativi a piani e programmi, previsti negli strumenti urbanistici adottati o approvati, che
includono aree ricomprese nel perimetro delle aree protette. La potenzialità edificatoria
eventualmente stabilita dai suddetti piani e programmi può essere trasferita su suoli interni ai citati
piani e programmi ma esterni all'area protetta.
Art. 45
(Tutela del patrimonio forestale)
1. Nell'ambito della politica di conservazione e corretta valorizzazione delle risorse naturali della
Regione, in ottemperanza all'articolo 45 dello Statuto ed in attesa di apposite leggi istitutive delle
relative aree naturali protette, sono sottoposte alle misure di salvaguardia di cui all'articolo 8,
comma 3, le seguenti aree appartenenti al patrimonio regionale:
a) area forestale Tiburtina;
b) area forestale Valpara;
c) area forestale Mazzamorra;
d) area forestale Carpinetana;
e) area forestale S. Arcangelo;
f) area forestale Campello;
g) area forestale Sala;
h) area forestale Matricetta;
i) area forestale Torricella;
j) area forestale Monte Raschio;
k) area Laghi del Vescovo-Gricilli;
l) porzione dell'area forestale Lago, esterna al parco regionale dei Monti Lucretili.
2. Le disposizioni di cui al comma 1, si applicano anche all'area forestale di Santogna, nel comune
di Leonessa.
Art. 46
(Norma transitoria)
1. Salvo quanto previsto nell'articolo 43 lo schema di piano adottato dalla Giunta regionale ai sensi
dell'articolo 18 della l.r. 46/1977 e dell'articolo 15 della l.r. 17/1986 e successive modificazioni, con
deliberazione n. 11746 del 1993, conserva la sua efficacia di natura programmatoria di indirizzo.
2. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, la Giunta regionale adegua la
deliberazione n. 11746 del 1993 a quanto previsto dall'articolo 7.
2-bis. Nelle more dell'adeguamento di cui al comma 2, qualora si manifesti l'esigenza di garantire la
conservazione e la valorizzazione di determinate aree di particolare rilevanza naturalistica, la
Regione può istituire aree naturali protette nel rispetto delle procedure previste dall'art. 9 (21).
Art. 47 (22)
(Abrogazioni)
1. Sono abrogati:
a) la l.r. 46/1977;
b) l'articolo 26 della l.r. 17/1995;
c) ogni altra disposizione in contrasto con la presente legge, fatto salvo quanto previsto all'articolo
39, comma 8.
Art. 48
(Disposizioni finanziarie)
1. Gli oneri derivanti dall'attuazione della presente legge quantificati per l'anno 1997 in L. 500
milioni, per l'anno 1998 in L. 6.000 milioni e per l'anno 1999 in L. 8.000 milioni, rientrano negli
stanziamenti iscritti nel capitolo n. 52152 denominato "Fondo regionale per l'ambiente (articolo 3,
comma 27, della legge 28 dicembre 1995, n. 549)" dello stato di previsione della spesa del bilancio
regionale per l'anno finanziario 1997 e per il triennio 1997/1999, fatto salvo quanto disposto
dall'articolo 12 della legge regionale 20 maggio 1996, n. 17.
Allegati: omissis
Note:
(1) Pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Lazio 10 novembre 1997, n. 31 S.O. n. 2
(1a) Rubrica modificata dall'articolo 2, comma 1 della legge regionale 2 aprile 2003, n. 10
(1b) Articolo sostituito dall'articolo 2, comma 2 della legge regionale 2 aprile 2003, n. 10
(1c) Articolo sostituito dall'articolo 2, comma 3 della legge regionale 2 aprile 2003, n. 10
(1d) Articolo sostituito dall'articolo 2, comma 4 della legge regionale 2 aprile 2003, n. 10
(1d1) Comma modificato dall'articolo 37, comma 1 della legge regionale 28 aprile 2006, n. 4
(1e) Lettera sostituita dall'articolo 3, comma 1, lettera a) della legge regionale 2 aprile 2003, n. 10
(1f) Lettera sostituita dall'articolo 3, comma 1, lettera b) della legge regionale 2 aprile 2003, n. 10
(1g) Lettera sostituita dall'articolo 3, comma 1, lettera c) della legge regionale 2 aprile 2003, n. 10
(1g1) Lettera inserita dall'articolo 19, comma 1, lettera a) della legge regionale 24 dicembre 2008,
n. 32
(1h) Lettera sostituita dall'articolo 3, comma 2 della legge regionale 2 aprile 2003, n. 10
(1i) Comma sostituito dall'articolo 3, comma 3 della legge regionale 2 aprile 2003, n. 10
(1l) Comma inserito dall'articolo 3, comma 4 della legge regionale 2 aprile 2003, n. 10
(1m) Articolo sostituito dall'articolo 2, comma 5 della legge regionale 2 aprile 2003, n. 10
(1n) Articolo modificato dalla legge regionale 10/2003 e poi sostituito dall'articolo 37, comma 2
della legge regionale 28 aprile 2006, n. 4
(1o) Comma sostituito dall'articolo 19, comma 1, lettera b) della legge regionale 24 dicembre 2008,
n. 32
(1q) Lettera sostituita dall'articolo 3, comma 8 della legge regionale 2 aprile 2003, n. 10
(1r) Lettera inserita dall'articolo 3, comma 9 della legge regionale 2 aprile 2003, n. 10
(2) Articolo sostituito dall'articolo 2, comma 6 della legge regionale 2 aprile 2003, n. 10
(3) Lettera aggiunta dall'articolo 5, comma 31 della legge regionale 13 agosto 2011, n. 10
(4) Lettera così modificata dall'art. 43, comma 1, lettera a), della legge regionale 18 maggio 1998,
n. 14.
(5) Lettera così modificata dall'art. 43, comma 1, lettera b), della legge regionale 18 maggio 1998,
n. 14.
(5a) Comma sostituito dall'articolo 3, comma 10 della legge regionale 2 aprile 2003, n. 10
(5a1) Articolo inserito dall'articolo 37, comma 3 della legge regionale 28 aprile 2006, n. 4
(6) Lettera così modificata dall'art. 43, comma 2, della legge regionale 18 maggio 1998, n. 14.
(7) Articolo sostituito dall'articolo 3, comma 11 della legge regionale 2 aprile 2003, n. 10
(7a) Comma aggiunto dall'articolo 37, comma 4 della legge regionale 28 aprile 2006, n. 4
(8) Comma sostituito dall'articolo 3, comma 12 della legge regionale 2 aprile 2003, n. 10
(9) Comma aggiunto dall'art. 43, comma 5, della legge regionale 18 maggio 1998, n. 14.
(10) Articolo sostituito dall'articolo 2, comma 7 della legge regionale 2 aprile 2003, n. 10
(10a) Comma modificato dall'articolo 1, comma 1 della legge regionale 31 luglio 2003, n. 22
(10b) Articolo sostituito dall'articolo 2, comma 8 della legge regionale 2 aprile 2003, n. 10
(10b1) Lettera modificata dall'articolo 2, comma 159 della legge regionale 24 dicembre 2010, n. 9
(10c) Articolo sostituito dall'articolo 47, comma 1, della legge regionale 7 giugno 1999, n. 6.
(10c1) Comma sostituito dall'articolo 2, comma 160, lettera a) della legge regionale 24 dicembre
2010, n. 9
(10c2) Comma modificato dall'articolo 2, comma 160, lettera b) della legge regionale 24 dicembre
2010, n. 9
(10d) Articolo sostituito dall'articolo 47, comma 2, della legge regionale 7 giugno 1999, n. 6 e,
successivamente, dall'articolo 2, comma 161 della legge regionale 24 dicembre 2010, n. 9; al
riguardo vedi pure i commi 162, 163 e 164 del medesimo articolo 2
(10e)
(10f)
(10g) Il comma era stato sostituito dall'articolo 64, comma 3 della legge regionale 10 maggio 2001,
n. 10; successivamente l'articolo 30, comma 1 della legge regionale 6 settembre 2001, n. 24 ha
abrogato l'articolo 64 succitato; per effetto di tale abrogazione è ripristinata la dizione originaria, ai
sensi dell'articolo 64, comma 2 della l.r. 24/2001; poi tale comma è stato sostituito dall'articolo 34,
comma 1, lettera a) della legge regionale 27 febbraio 2004, n. 2
(10 h) Comma inserito dall'articolo 3, comma 15 della legge regionale 2 aprile 2003, n. 10
(10i) Comma sostituito dall'articolo 3, comma 16 della legge regionale 2 aprile 2003, n. 10
(10i1.1) Articolo inserito dall'articolo 37, comma 5 della legge regionale 28 aprile 2006, n. 4
(10i1) Lettera aggiunta dall'articolo 34, comma 1, lettera b) della legge regionale 27 febbraio 2004,
n. 2
(10l) Comma inserito dall'articolo 3, comma 17 della legge regionale 2 aprile 2003, n. 10
(10l1) Comma sostituito dall'articolo 1 della legge regionale 30 marzo 2009, n. 5
(10m) Comma aggiunto dall'articolo 47, comma 3, della legge regionale 7 giugno 1999, n. 6 poi
abrogato dall'articolo 65 della legge regionale 10 maggio 2001, n. 10
(10n) Comma modificato dall'articolo 3, comma 18 della legge regionale 2 aprile 2003, n. 10
(10o) Articolo sostituito dall'articolo 2, comma 9 della legge regionale 2 aprile 2003, n. 10
(10o1) Comma aggiunto dall'articolo 37, comma 6 della legge regionale 28 aprile 2006, n. 4
(10p) Articolo sostituito dall'articolo 2, comma 10 della legge regionale 2 aprile 2003, n. 10
(10p1) Lettera aggiuinta dall'articolo 37, comma 7 della legge regionale 28 aprile 2006, n. 4
(11) Lettera aggiunta dall'art. 43, comma 7, lettera a), della legge regionale 18 maggio 1998, n. 14.
(12) Comma così sostituito dall'art. 43, comma 7, lettera b) della legge regionale 18 maggio 1998,
n. 14.
(12.1) Articolo inserito dall'articolo 2, comma 137 della legge regionale 24 dicembre 2010, n. 9
(12a1) Comma modificato dall'articolo 92, comma 1 della legge regionale del 28 ottobre 2002, n.
39
(12a2) Lettera sostituita dall'articolo 92, comma 2 della legge regionale 28 ottobre 2002, n. 39
(12a) Articolo sostituito dall'articolo 2, comma 11 della legge regionale 2 aprile 2003, n. 10
(12aa) Comma aggiunto dall'articolo 34, comma 1, lettera c) della legge regionale 27 febbraio 2004,
n. 2
(12b) Articolo sostituito dall'articolo 2, comma 12 della legge regionale 2 aprile 2003, n. 10
(12b1) Comma sostituito dall'articolo 37, comma 8 della legge regionale 28 aprile 2006, n. 4
(13) Comma aggiunto dall'art. 43, comma 8, lettera a), della legge regionale 18 maggio 1998, n. 14.
(13a) Comma così sostituito dall'art.47, comma 4, della legge regionale 7 giugno 1999, n. 6.
(13a1) Comma modificato dall'articolo 11, comma 1 della legge regionale 17 febbraio 2005, n. 9
(13aa) Lettera aggiunta dall'articolo 37, comma 1 della legge regionale 6 febbraio 2003, n. 2
(13ab) Comma inserito dall'articolo 64, comma 4 dellla legge regionale 10 maggio 2001, n. 10
(13ab1) Alinea modificata dall'articolo 37, comma 9 della legge regionale 28 aprile 2006, n. 4
(14) Comma così sostituito dall'art. 43, comma 8, lettera b), della legge regionale 18 maggio 1998,
n. 14 e da ultimo sostituito dall'articolo 11, comma 2 della legge regionale 17 febbraio 2005, n. 9
(15) Comma già modificato dall'art. 43, comma 9, della legge regionale 18 maggio 1998, n. 14 e
così ulteriormente modificato dall'art. 30, comma 1, della legge regionale 7 giugno 1999, n. 6.
(15a) Comma sostituito dall'articolo 3, comma 19 della legge regionale 2 aprile 2003, n. 10
(15b) Comma inserito dall'articolo 3, comma 20 della legge regionale 2 aprile 2003, n. 10
(15c) Comma aggiunto dall'articolo 47, comma 5, della legge regionale 7 giugno 1999, n. 6.
(16) Articolo già sostituito dall'art. 43, comma 10, della legge regionale 18 maggio 1998, n. 14 e
così ulteriormente modificato dall'articolo 1 della legge regionale 5 ottobre 1999, n. 28.
(17) Comma aggiunto dall'art. 43, comma 11, lettera a), della legge regionale 18 maggio 1998, n.
14.
(18) Seguiva un comma abrogato dall'art. 43, comma 11, lettera b), della legge regionale 18 maggio
1998, n. 14.
(19) Comma così sostituito dall'art. 43, comma 11, lettera c), della legge regionale 18 maggio 1998,
n. 14.
(20) Comma così modificato dall'art. 43, comma 11, lettera d), della legge regionale 18 maggio
1998, n. 14.
(21) Comma aggiunto dall'art. 43, comma 12, della legge regionale 18 maggio 1998, n. 14.
(22) Articolo sostituito dall'articolo 2, comma 13 della legge regionale 2 aprile 2003, n. 10
Il testo non ha valore legale; rimane, dunque, inalterata l'efficacia degli atti legislativi originari.
L.R. 06 Luglio 1998, n. 24
Pianificazione paesistica e tutela dei beni e delle aree sottoposti a vincolo paesistico (1)
Capo I
Disposizioni generali
Art. 1
(Finalità)
1. Con la presente legge, la Regione, in attesa dell'approvazione del piano territoriale paesistico
regionale, di seguito denominato PTPR, detta disposizioni al fine di garantire una tutela omogenea
sul territorio regionale delle aree e dei beni elencati nell'articolo 82, quinto comma, del decreto del
Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616 come introdotto dall'articolo 1 della legge 8
agosto 1985, n. 431 e di quelli dichiarati di notevole interesse pubblico ai sensi della legge 26
giugno 1939, n. 1497 ed approva i piani territoriali paesistici, di seguito denominati PTP, di cui alle
deliberazioni sottoelencate, adeguati ed integrati secondo le disposizioni della legge stessa:
1) A1 - Deliberazione Giunta regionale n. 2266 del 28 aprile 1987;
2) A2 - Deliberazione Giunta regionale n. 2268 del 28 aprile 1987;
3) A2B - Deliberazione Giunta regionale n. 2269 del 28 aprile 1987;
4) A2C - Deliberazione Giunta regionale n. 2267 del 28 aprile 1987;
5) A3 - Deliberazione Giunta regionale n. 2270 del 28 aprile 1987;
6) A4 - Deliberazione Giunta regionale n. 2271 del 28 aprile 1987;
7) A5 - Deliberazione Giunta regionale n. 2272 del 28 aprile 1987;
8) A6 - Deliberazione Giunta regionale n. 2273 del 28 aprile 1987;
9) A7 - Deliberazione Giunta regionale n. 2285 del 28 aprile 1987;
10) A8 - Deliberazione Giunta regionale n. 2275 del 28 aprile 1987;
11) A9 - Deliberazione Giunta regionale n. 2276 del 28 aprile 1987;
12) A9.1 - Deliberazione Giunta regionale n. 5358 del 26 giugno 1990;
13) A10 - Deliberazione Giunta regionale n. 2277 del 28 aprile 1987;
14) A11 - Deliberazione Giunta regionale n. 2278 del 28 aprile 1987;
15) A12 - Deliberazione Giunta regionale n. 2279 del 28 aprile 1987;
16) A13- Deliberazione Giunta regionale n. 2280 del 28 aprile 1987;
17) A14 - Deliberazione Giunta regionale n. 2281 del 28 aprile 1987;
18) A15/1 - Deliberazione Giunta regionale n. 2282 del 28 aprile 1987, come modificata dalle
successive deliberazioni della Giunta regionale di proposta al Consiglio nn. 6647 del 7 agosto 1990
e 10209 del 17 novembre 1992 (2);
19) A15/3 - Deliberazione Giunta regionale n. 9849 del 20 dicembre 1994;
20) A15/4 - Deliberazione Giunta regionale n. 2458 del 4 maggio 1987;
21) A15/5 - Deliberazione Giunta regionale n. 4581 del 5 agosto 1987;
22) A15/7 - Deliberazione Giunta regionale n. 10018 del 22 novembre 1988;
23) A15/7.1 - Deliberazione Giunta regionale n. 10672 del 3 dicembre 1991;
24) A15/9 - Deliberazione Giunta regionale n. 9250 del 7 novembre 1995;
25) A15/10 - Deliberazione Giunta regionale n. 7318 del 3 agosto 1988;
26) A16 - Deliberazione Giunta regionale n. 2274 del 28 aprile 1987.
2. Il PTP "Monti Lucretili" adottato con la deliberazione della Giunta regionale di cui al comma 1,
numero 26) deve intendersi comprensivo del subambito n. 6/1.
Art. 2
(Oggetto)
1. Per le finalità di cui all'articolo 1, la presente legge individua:
a) i beni e i territori sottoposti a vincolo ai sensi dell'articolo 1 della l. 431/1985 e le relative
modalità di tutela;
b) le modalità di tutela per le aree sottoposte a vincolo ai sensi della l. 1497/1939;
c) i contenuti dei PTP di cui all'articolo 20 e le procedure per la loro attuazione;
d) le misure di salvaguardia per le aree ed i beni sottoposti a vincolo paesistico nei territori
sprovvisti di PTP;
e) le procedure per la redazione, l'adozione e l'approvazione del PTPR.
Art. 3
(Sistema informativo territoriale regionale)
1. E' istituito il sistema informativo territoriale regionale (SITR), quale rete informatica unica per
tutto il territorio regionale, che contiene dati ed informazioni finalizzate alla conoscenza sistematica
degli aspetti fisici del territorio, della pianificazione territoriale e della programmazione regionale e
locale.
2. Il SITR è gestito, ai sensi dell'articolo 6 della legge regionale 1° luglio 1996, n. 25 e successive
modificazioni, da un ufficio ausiliario costituito secondo quanto previsto dall'articolo 11 della citata
legge che, in coordinamento con il sistema informativo regionale per l'ambiente (SIRA), provvede,
tra l'altro, alla redazione e all'aggiornamento periodico della carta tecnica regionale di cui al Titolo
II della legge regionale 18 dicembre 1978, n. 72, che costituisce riferimento cartografico per
l'individuazione dei beni di cui all'articolo 1 della l. 431/1985.
3. Per i fini di cui al comma 2 la Regione concorda con gli enti locali e con gli altri soggetti pubblici
e privati coinvolti nel processo di pianificazione territoriale condizioni e modalità per lo scambio e
l'integrazione di dati ed informazioni nonché per il collegamento dei rispettivi sistemi informativi al
fine di creare una rete unificata.
Capo II
Modalità di tutela dei beni e delle aree sottoposti a vincolo paesistico
Art. 4.
(Campo di applicazione)
1. Le modalità di tutela contenute nel presente Capo sono recepite nei PTP approvati e nel PTPR di
cui all'articolo 21, coerentemente con le finalità espresse dal piano medesimo. (3)
1bis. I vincoli relativi ai beni di cui agli articoli 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12 e 13 non si applicano alle
aree che alla data del 6 settembre 1985:
a) erano delimitate negli strumenti urbanistici, ai sensi del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n.
1444, come zone A e B;
b) limitatamente alle parti ricomprese nei piani pluriennali di attuazione, erano delimitate negli
strumenti urbanistici, ai sensi del d.m. 1444/1968, come zone diverse da quelle di cui alla lettera a)
e, nei comuni sprovvisti di tali strumenti, ricadevano nei centri edificati perimetrati ai sensi
dell’articolo 18 della legge 22 ottobre 1971, n. 865 e successive modifiche. (4)
Art. 5.
(Protezione delle fasce costiere marittime)
1. Sono sottoposti a vincolo paesistico ai sensi dell'articolo 82, quinto comma, lettera a), del D.P.R.
616/1977 i territori costieri compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di
battigia, anche per i terreni elevati sul mare, di seguito denominata fascia di rispetto.
2. La carta tecnica regionale in scala 1:10.000 costituisce il riferimento cartografico per
l'individuazione della fascia di rispetto di cui al comma 1; qualora la suddetta carta non sia
sufficiente, si fa ricorso a rilievi aerofotogrammetrici esistenti di maggior dettaglio.
3. Nella fascia di rispetto di cui al comma 1 l'indice di edificabilità territoriale è stabilito in 0,001
mc/mq., ivi compresa l'edificazione esistente, e non concorre alla determinazione della cubatura
realizzabile su altre zone facenti parte di un medesimo comparto insediativo.
4. Fatto salvo l’obbligo di richiedere l’autorizzazione paesistica ai sensi dell’articolo 25, le
disposizioni di cui al presente articolo non si applicano alle aree urbanizzate esistenti come
individuate dai PTP o dal PTPR, ferma restando la preventiva definizione delle procedure relative
alla variante speciale di cui all’articolo 31quinquies, commi 1 e 2, qualora in tali aree siano inclusi
nuclei edilizi abusivi condonabili. (5)
5. Ad eccezione delle aree sottoposte a vincolo ai sensi della legge 1497/1939 con provvedimento
dell'amministrazione competente, nelle quali la classificazione per zona prevista dai PTP o dal
PTPR e la relativa normativa espressamente lo vieti, sono consentite esclusivamente le opere
destinate a piccoli attracchi, alle attrezzature balneari, ai campeggi e a modeste strutture sanitarie
e/o di soccorso nonché ai servizi strettamente indispensabili per la loro fruizione.
6. Le specifiche disposizioni dei PTP o del PTPR prevedono i casi in cui i manufatti di cui al
comma 5 debbano salvaguardare le preesistenze naturalistiche ed avere preferibilmente carattere
precario. (6)
7. In attesa dell'approvazione del piano di utilizzazione delle aree del demanio marittimo di cui al
decreto legge 5 ottobre 1993, n. 400 (Disposizioni per la determinazione dei canoni relativi a
concessioni demaniali marittime) convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n.
494, i manufatti di cui all'articolo 5, ad eccezione dei piccoli attracchi, possono essere consentiti
solo in ambiti circoscritti attrezzati a finalità turistiche, previsti nei piani regolatori o in apposite
varianti ad essi (7).
8. Nella fascia di rispetto di cui al comma 1 comunque classificata nei PTP o nel PTPR sono
consentite piccole attrezzature a carattere provvisorio limitate alla balneazione e al ristoro. L'ente
preposto alla tutela del vincolo subordina la relativa autorizzazione all'adozione da parte dei comuni
di un piano di utilizzazione dell'arenile (8).
9. Previo parere dell'organo preposto alla tutela del vincolo, sono consentite deroghe per le opere
pubbliche, per le attrezzature portuali, per le opere strettamente necessarie alle attrezzature dei
parchi, o per modeste opere connesse alla ricerca e allo studio dei fenomeni naturali che interessano
le coste, i mari e la fauna marina, per le opere idriche e fognanti, opere tutte la cui esecuzione debba
essere necessariamente localizzata nei territori costieri, nonché per le opere destinate
all'allevamento ittico ed alla molluschicoltura. I progetti delle opere di cui al presente comma sono
corredati dello studio di inserimento paesistico, di seguito denominato SIP, di cui agli articoli 29 e
30 (9).
10. Nei territori sprovvisti di PTP sono consentite esclusivamente le opere destinate a piccoli
attracchi secondo le modalità di cui al comma 6.
10bis. I PTP o il PTPR possono consentire trasformazioni diverse da quelle previste dai commi 3, 4,
5, 6, 7 e 8 previa predisposizione di un piano attuativo ai sensi dell’articolo 29, comma 1, lettera b),
volto al recupero urbanistico. In tal caso, al fine di preservare l’integrità delle aree libere
prospicienti la linea di costa, eventuali nuovi interventi edilizi possono essere localizzati solo in
ambiti il cui fronte verso il mare sia già impegnato da edificazione esistente realizzata in conformità
agli strumenti urbanistici e di pianificazione vigenti. (10)
Art. 6
(Protezione delle coste dei laghi).
1. Ai sensi dell'articolo 82, quinto comma, lettera b), del D.P.R. 616/1977 sono sottoposti a vincolo
paesistico i territori contermini ai laghi compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla
linea di battigia, anche per i territori elevati sui laghi, di seguito denominata fascia di rispetto.
2. Nella categoria di beni paesistici di cui al comma 1 rientrano sia i laghi di origine naturale,
compresi quelli originati da sorgenti, sia gli invasi e sbarramenti artificiali aventi carattere perenne.
3. Il riferimento cartografico da tenere presente per l'individuazione certa della fascia di rispetto di
cui al comma 1 è dato dalle mappe catastali; qualora le suddette mappe non risultino corrispondenti
allo stato dei luoghi si fa ricorso alla carta tecnica regionale o ad eventuali rilievi di maggior
dettaglio.
4. Nella fascia di rispetto di cui al comma 1 l'indice di edificabilità territoriale è stabilito in 0,001
mc/mq., ivi compresa l'edificazione esistente, e non concorre alla determinazione della cubatura
realizzabile su altre zone facenti parte di un medesimo comparto insediativo.
5. Fatto salvo l’obbligo di richiedere l’autorizzazione paesistica ai sensi dell’articolo 25, le
disposizioni di cui al presente articolo non si applicano alle aree urbanizzate esistenti come
individuate dai PTP o dal PTPR, ferma restando la preventiva definizione delle procedure relative
alla variante speciale di cui all’articolo 31quinquies, commi 1 e 2, qualora in tali aree siano inclusi
nuclei edilizi abusivi condonabili. (11)
6. Ad eccezione delle aree sottoposte a vincolo ai sensi della legge 1497/1939, con provvedimento
dell'amministrazione competente, nelle quali aree la classificazione per zona prevista dai PTP o dal
PTPR e la relativa normativa espressamente lo vieti, sono consentite esclusivamente le opere
destinate a piccoli attracchi, alle attrezzature balneari, ai campeggi ed ai servizi strettamente
indispensabili per la loro fruizione.
7. I manufatti di cui al comma 6 debbono salvaguardare le preesistenze naturalistiche e avere
carattere precario.
8. I manufatti di cui al comma 6, ad eccezione dei piccoli attracchi, sono consentiti solo in ambiti
circoscritti attrezzati a finalità turistiche previsti nei piani regolatori o in apposite varianti ad essi
purché compatibili con le previsioni dei PTP o del PTPR; nelle more dell'approvazione delle
previsioni urbanistiche di cui al presente comma, l'autorizzazione paesistica può essere rilasciata
solo per opere di carattere provvisorio, con durata della autorizzazione da definire dall'ente preposto
alla tutela del vincolo e previa adozione da parte dei comuni di un piano di utilizzazione
dell'arenile.(12)
9. Per le opere pubbliche, le opere strettamente necessarie per le attrezzature dei parchi, le opere
idriche e fognanti la cui esecuzione debba essere necessariamente localizzata nei territori contermini
ai laghi nonché per le opere destinate all'allevamento ittico sono consentite deroghe, previo parere
dell'organo preposto alla tutela del vincolo. I progetti delle opere di cui al presente comma sono
corredati del SIP di cui agli articoli 29 e 30.
10. Nelle aree in cui la classificazione attribuita dai PTP o dal PTPR ai fini della tutela prevede
possibilità di trasformazione diversa da quella di cui ai commi 4, 6, 7, 8 e 9, le trasformazioni stesse
vanno subordinate alla formazione dei piani attuativi ai sensi dell’articolo 29, comma 1, lettera b),
volti al recupero urbanistico. (13)
11. Nei territori sprovvisti di PTP sono consentite esclusivamente le opere destinate a piccoli
attracchi con le modalità di cui al comma 7.
Art. 7
(Protezione dei corsi delle acque pubbliche)
1. Ai sensi dell'articolo 82, quinto comma, lettera c), del D.P.R. 616/1977 sono sottoposti a vincolo
paesistico i fiumi, i torrenti ed i corsi d'acqua iscritti negli elenchi di cui al testo unico delle
disposizioni di legge sulle acque ed impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre
1933, n. 1775, e le relative sponde o piede degli argini per una fascia di 150 metri ciascuna, di
seguito denominata fascia di rispetto.
2. Nella categoria di beni paesistici di cui al comma 1 rientrano i corsi d'acqua iscritti negli elenchi
delle acque pubbliche riportati nelle Gazzette Ufficiali relativi ai cinque capoluoghi di provincia
della Regione; sono inoltre da tutelare ai fini paesistici tutte le sorgenti iscritte negli elenchi delle
acque pubbliche individuate con le modalità del presente articolo.
3. Fino alla data di approvazione del PTPR di cui all'articolo 21, la Giunta regionale con propria
deliberazione può procedere all'esclusione, ai soli fini del vincolo paesistico ai sensi dell'articolo 1
quater della legge 431/1985, dei corsi d'acqua iscritti negli elenchi delle acque pubbliche previsti
dal r.d. 1775/1933.
4. Il riferimento cartografico per l'individuazione della fascia di rispetto è costituito dalle mappe
catastali; qualora le suddette mappe non risultino corrispondenti allo stato dei luoghi si fa ricorso
alla carta tecnica regionale o a rilievi aerofotogrammetrici in scala non inferiore a 1:5.000.
5. In tutto il territorio regionale è fatto divieto di procedere all'intubamento dei corsi d'acqua
sottoposti a vincolo; è ammesso l'intubamento, per tratti non eccedenti i 20 metri e non ripetibile a
distanze inferiori ai metri 300, di corsi d'acqua pur vincolati ma di rilevanza secondaria, previa
autorizzazione di cui all'articolo 7 della legge 1497/1939. Sono fatti salvi i tratti già intubati con
regolare autorizzazione alla data di entrata in vigore della presente legge. (13a)
5 bis. Ferma restando l’autorizzazione di cui al comma 5, è altresì ammesso, esclusivamente per
motivi igienico sanitari, l’intubamento di corsi d’acqua limitatamente a tratti confinanti o interni a
strutture ospedaliere e cimiteriali. (13b)
6. I corsi d'acqua e le relative fasce di rispetto debbono essere mantenuti integri e inedificati per una
profondità di metri 150 per parte; nel caso di canali e collettori artificiali, la profondità delle fasce
da mantenere integre ed inedificate si riduce a metri 50.
6 bis. Fermo restando il vincolo paesistico dei 150 metri per ciascuna sponda o piede dell’argine, le
prescrizioni di inedificabilità nella fascia di rispetto non si applicano ai corsi d’acqua intubati ai
sensi del comma 5 bis. I comuni individuano sulla carta tecnica regionale i suddetti tratti intubati,
specificando il nome ed il numero identificativo del corso d’acqua interessato, e trasmettono la
documentazione alla Regione ai fini dell’aggiornamento del sistema informativo di cui all’articolo
3. Fatte salve le opere di urbanizzazione primaria e secondaria esistenti ovvero le parti urbane già
edificate, lungo il percorso del tratto intubato è previsto, su entrambi i lati, un doppio filare di
alberature autoctone con all’interno lo spazio per un percorso pedonale, volto a testimoniare la
permanenza e la continuità paesaggistica del corso d’acqua medesimo. (13c)
7. Fatto salvo l’obbligo di richiedere l’autorizzazione paesistica ai sensi dell’articolo 25, le
disposizioni di cui ai commi 5 e 6 non si applicano alle aree urbanizzate esistenti come individuate
dai PTP o dal PTPR, ferma restando la preventiva definizione delle procedure relative alla variante
speciale di cui all’articolo 31quinquies, commi 1 e 2, qualora in tali aree siano inclusi nuclei edilizi
abusivi condonabili. (14)
8. Per le zone C, D ed F, di cui al decreto ministeriale 2 aprile 1968, come delimitate dagli
strumenti urbanistici approvati alla data di adozione dei PTP o, per i territori vincolati ma sprovvisti
di PTP, alla data di entrata in vigore della presente legge nonché per le aree individuate dai PTP o
dal PTPR, ogni modifica allo stato dei luoghi nelle fasce di rispetto è subordinata alle seguenti
condizioni: (15)
a) mantenimento di una fascia di inedificabilità di metri 50 a partire dall'argine;
b) comprovata esistenza di aree edificate contigue;
c) rispetto della disciplina di altri eventuali beni dichiarati di notevole interesse pubblico o
sottoposti a vincolo paesistico. (16)
9. Nelle fasce di rispetto è fatto obbligo di mantenere lo stato dei luoghi e la vegetazione ripariale
esistente, fatto salvo quanto previsto dal comma 14 ter, gli interventi di cui ai commi successivi
devono prevedere una adeguata sistemazione paesistica coerente con i caratteri morfologici e
vegetazionali propri dei luoghi (17).
10. L'indice di edificabilità attribuito alle fasce di rispetto individuate ai sensi dei commi precedenti
concorre ai fini del calcolo della cubatura realizzabile nel medesimo comparto insediativo o nello
stesso lotto di terreno, fermo restando l'obbligo di costruire al di fuori di esse. (18)
a) omissis;(19)
b) omissis. (19)
10 bis. Per le zone E di cui al decreto ministeriale 2 aprile 1968 l'indice attribuito è:
a) per le zone sottoposte esclusivamente al vincolo di cui all'articolo 82, quinto comma, lettera c)
del d.p.r. 616/1997, quello previsto, per le zone agricole, dallo strumento urbanistico vigente;
b) per le aree sottoposte al vincolo ai sensi della l. 1497/1939 con provvedimento
dell’amministrazione competente, quello contenuto nei singoli PTP o nel PTPR e graficizzato nelle
tavole contenenti la classificazione delle aree per zone ai fini della tutela.(20)
11. Nell'ambito delle fasce di rispetto di cui al comma 1, gli strumenti urbanistici di nuova
formazione o le varianti a quelli vigenti possono eccezionalmente prevedere infrastrutture o servizi
ed interventi utili alla riqualificazione dei tessuti circostanti o adeguamenti funzionali di attrezzature
tecnologiche esistenti, previo parere dell'organo competente, nel rispetto delle disposizioni della
presente legge, e alle seguenti condizioni:(21)
a) mantenimento di una fascia di inedificabilità di metri 50 a partire dall'argine;
b) comprovata esistenza di aree edificate contigue;
c) rispetto della disciplina di altri eventuali beni dichiarati di notevole interesse pubblico o
sottoposti a vincolo paesistico. (22)
12. I progetti relativi alle infrastrutture o ai servizi di cui al comma 11 sono corredati del SIP di cui
agli articoli 29 e 30.
13. Al fine di favorire il recupero del patrimonio edilizio ricadente nelle fasce di rispetto delle acque
pubbliche legittimamente realizzato o sanabile ai sensi delle leggi vigenti, per i manufatti non
vincolati ai sensi della legge 1° giugno 1939, n. 1089 ricadenti in un lotto minimo di 10.000 mq, è
consentito un aumento di volumetria ai soli fini igienico-sanitari, non superiore al 5 per cento e
comunque non superiore a 50 mc. Nei casi in cui non sussista il requisito del lotto minimo di 10.000
mq è possibile l'adeguamento igienico dell'immobile con incremento massimo di cubatura pari a 20
mc.
14. Le opere idrauliche e di bonifica indispensabili per i corsi d'acqua sottoposti a vincolo
paesistico, le opere relative allo scarico e alla depurazione delle acque reflue da insediamenti civili e
produttivi conformi ai limiti di accettabilità previsti dalla legislazione vigente nonché le opere
strettamente necessarie per la utilizzazione produttiva delle acque sono consentite, previo nulla osta
rilasciato dagli organi competenti. Qualora, in presenza di eventi eccezionali o di rischi di
esondazione, si debbano eseguire opere di somma urgenza o di sistemazione idraulica, i soggetti
esecutori sono tenuti a darne avviso al momento dell'inizio delle opere e a dimostrare all'autorità
preposta alla tutela del vincolo paesistico l'avvenuto ripristino dello stato dei luoghi o a presentare
un progetto per la sistemazione delle aree. (23)
14-bis. Le opere e gli interventi relativi alle attrezzature portuali, alle infrastrutture viarie,
ferroviarie ed a rete sono consentite, in deroga a quanto previsto dal presente articolo, anche al fine
dell'attraversamento dei corsi d'acqua. Il tracciato dell'infrastruttura deve mantenere integro il corso
d'acqua e la vegetazione ripariale esistente, ovvero prevedere una adeguata sistemazione paesistica
coerente con i caratteri morfologici e vegetazionali dei luoghi. Tutte le opere e gli interventi devono
essere corredati del SIP di cui agli articoli 29 e 30. (24)
14-ter. Gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria descritti nel decreto del Presidente
della Repubblica 14 aprile 1993, n. 1474, da effettuarsi nei corsi d'acqua, purchè gli stessi non
comportino alterazioni permanenti dello stato dei luoghi e non alterino l'assetto idrogeologico del
territorio, non sono soggetti all'autorizzazione di cui all'articolo 7 della l. 1497/1939, ma all'obbligo
di comunicazione alle strutture regionali decentrate dell'assessorato competente in materia di opere,
reti di servizi e mobilità ed alla struttura regionale competente al rilascio dei provvedimenti
autorizzatori di cui all'articolo 7 della l. 1497/1939, almeno trenta giorni prima dell'inizio dei lavori.
Le opere di ripristino dell'officiosità dei corsi d'acqua, conseguenti a calamità naturali o dirette a
prevenire situazioni di pericolo comprendenti anche la rimozione di materiali litoidi dagli alvei,
previste in appositi piani di intervento da sottoporre a nullaosta, secondo competenza, delle autorità
di bacino di rilievo nazionale, interregionale o regionale, nullaosta che comprende le valutazioni
preventive previste dall'articolo 5 della legge 5 gennaio 1994, n. 37, in quanto rivolti alla rimessa in
pristino di una situazione preesistente, costituiscono interventi di manutanzione che non alterano lo
stato dei luoghi, ai sensi dell'articolo 4, comma 10 bis della legge 31 dicembre 1996, n. 677. (24)
15. Le opere di cui al comma 14 devono fare riferimento alle tecniche di ingegneria naturalistica.
15bis. I PTP o il PTPR possono consentire trasformazioni diverse da quelle di cui ai commi 6, 7, 8,
9, 10, 11 e 13, previa predisposizione di un piano attuativo ai sensi dell’articolo 29, comma 1,
lettera b), volto al recupero urbanistico. In tal caso ogni trasformazione è subordinata alle seguenti
condizioni:
a) mantenimento di una fascia di inedificabilità di metri 50 a partire dall’argine;
b) comprovata esistenza di aree edificate contigue;
c) rispetto della disciplina di altri eventuali beni dichiarati di notevole interesse pubblico o
sottoposti a vincolo paesistico. (25)
Art. 8
(Protezione delle montagne sopra la quota di 1.200 mt. slm)
1. Ai sensi dell'articolo 82, quinto comma, lettera d), del D.P.R. 616/1977, sono sottoposti a vincolo
paesistico le montagne per la parte eccedente 1.200 metri sul livello del mare per la catena
appenninica.
2. Nei territori di cui al comma 1 sono consentiti esclusivamente interventi finalizzati:
a) alla difesa dell'equilibrio idrogeologico ed ecologico;
b) alla forestazione, al rimboschimento e a tutte le attività connesse alla manutenzione del bosco, ivi
compresa la difesa preventiva dal fuoco;
c) alla conoscenza e ad un corretto rapporto con la natura, anche attraverso la promozione di
specifiche attività scientifiche e divulgative;
d) allo sviluppo di attività sportive compatibili con l'aspetto esteriore dei luoghi;
e) all'attuazione di piani economici a contenuto agro-silvo-pastorale;
f) alla realizzazione di tracciati viari compatibili con i contesti paesistici, quando ne sia accertata
l'assoluta necessità, nonché di rifugi di modesta entità destinati all'accoglienza e all'assistenza di
coloro che praticano la montagna, da realizzare esclusivamente su aree pubbliche e su iniziativa dei
comuni o degli enti gestori delle aree naturali protette;
g) alla difesa del territorio nazionale, alla tutela delle popolazioni interessate nonché alle
telecomunicazioni in conformità alle previsioni di specifici piani previsti dalla normativa vigente.
3. Gli interventi di cui al comma 2, che non rivestano carattere di urgenza e/o temporaneità per
emergenze finalizzate alla protezione civile, debbono essere preceduti da un SIP di cui agli articoli
29 e 30.
3.3 Qualora lo sviluppo delle attività sportive di cui al comma 2, lettera d), comporti la necessità di
razionalizzare o integrare bacini sciistici intercomunali si fa ricorso ai programmi di intervento
previsti dall’articolo 31 bis, anche in deroga a quanto disposto dall’articolo 10, comma 8 e dalle
disposizioni contenute nelle classificazioni di zona dei PTP o del PTPR adottato ai sensi
dell’articolo 23 comma 2, fermo restando il rimboschimento compensativo con specie autoctone. In
tali casi il programma di intervento deve essere proposto dagli enti locali interessati dal bacino
sciistico. Tale deroga è autorizzata dal Consiglio regionale su proposta della Giunta regionale che
acquisisce all’uopo l’intesa con il Ministero per i beni e le attività culturali; il Consiglio regionale
approva la proposta della Giunta regionale entro centoventi giorni dal ricevimento della stessa.
(25a)
3bis. (26)
Art. 9
(Protezione dei parchi e delle riserve naturali)
1. Ai sensi dell'articolo 82, quinto comma, lettera f), del D.P.R. 616/1977, sono sottoposti a vincolo
paesistico i parchi e le riserve nazionali o regionali, nonché i territori di protezione esterna dei
parchi.
2. Nella categoria dei beni paesistici di cui al comma 1, di seguito denominata aree naturali protette,
vanno ricompresi i parchi e le riserve naturali nazionali nonché i relativi territori di protezione
esterna, i parchi, le riserve e i monumenti naturali, le relative aree contigue rispettivamente istituiti e
definite con provvedimento regionale nonché le aree naturali protette individuate nel piano
regionale approvato.
3. L'accertamento dell'esatta perimetrazione cartografica dei beni di cui al presente articolo spetta
all'organo regionale o statale competente in materia.
4. Ai sensi delle vigenti leggi regionali in materia, la disciplina di tutela dei beni paesistici di cui al
presente articolo si attua mediante le indicazioni contenute nei piani delle aree naturali protette.
5. Nei territori di cui al comma 2, nelle more dell'approvazione dei piani delle aree naturali protette
si applicano sia le misure di salvaguardia previste negli specifici provvedimenti istitutivi o
legislativi generali, sia la normativa relativa alle classificazioni per zone delle aree ove prevista dai
PTP o dal PTPR; in caso di contrasto prevale la più restrittiva.
6. Ai sensi dell'articolo 25, comma 2, della legge 6 dicembre 1991, n. 394 i piani delle aree naturali
protette di cui all'articolo 26 della legge regionale 6 ottobre 1997, n. 29, hanno valore anche di
piano paesistico e di piano urbanistico e sostituiscono i piani paesistici e i piani territoriali o
urbanistici di qualsiasi livello. I piani delle aree naturali protette tengono conto delle disposizioni di
cui al Capo II della presente legge quali livelli minimi di tutela, fatte salve valutazioni specifiche
coerenti con le finalità delle aree naturali protette.
7. A seguito dell'approvazione dei piani delle aree naturali protette, il nulla osta di cui all'articolo 28
della l.r. 29/1997, rilasciato dall'ente di gestione, assorbe anche l'autorizzazione paesistica ai sensi
dell'articolo 7 della l. 1497/1939 solo nel caso in cui tale nulla osta sia stato espressamente
rilasciato.
8. In ogni caso il nulla osta dell'ente gestore è trasmesso alla Regione nonché al Ministero dei beni
culturali e ambientali.
Art. 10
(Protezione delle aree boscate)
1. Ai sensi dell'articolo 82, quinto comma, lettera g), del D.P.R. 616/1977, sono sottoposti a vincolo
paesistico i territori coperti da foreste e da boschi, ancorché percorsi o danneggiati dal fuoco, e
quelli sottoposti a vincolo di rimboschimento.
2. Nella categoria di beni paesistici di cui al comma 1, rientrano i boschi, come definiti al comma 3
e i terreni soggetti a vincolo di rimboschimento ed i territori percorsi o danneggiati dal fuoco. (27)
3. Si considerano boschi:
a) i terreni di superficie non inferiore a 5.000 metri quadrati coperti da vegetazione forestale arborea
e/o arbustiva, a qualunque stadio di età, di origine naturale o artificiale, costituente a maturità un
soprassuolo continuo con grado di copertura delle chiome non inferiore al 50 per cento;
b) i castagneti da frutto di superficie non inferiore a 5mila metri quadrati, di origine naturale o
artificiale, costituente a maturità un soprassuolo continuo con grado di copertura delle chiome non
inferiore al 50 per cento; (28)
c) gli appezzamenti arborati isolati di qualunque superficie, situati ad una distanza, misurata fra i
margini più vicini, non superiore a 20 metri dai boschi di cui alla lettera a) e con densità di
copertura delle chiome a maturità non inferiore al 20 per cento della superficie boscata.
4. Sono esclusi dalla categoria di beni paesistici di cui al comma 1:
a) gli impianti di colture legnose di origine esclusivamente artificiale realizzati con finalità
produttive;
b) le piante sparse, i filari e le fasce alberate, fatta eccezione per quelle che assolvono a funzioni
frangivento in comprensori di bonifica o di schermatura igienico-sanitaria nelle pertinenze di
insediamenti produttivi o servizi, ovvero situati nelle pertinenze idrauliche nonché quelli di
riconosciuto valore storico;
c) le piantagioni arboree dei giardini;
d) i prati e i pascoli arborati il cui grado di copertura arborea a maturità non superi il 50 per cento
della loro superficie e sui quali non siano in atto progetti di rimboschimento o una naturale
rinnovazione forestale in stato avanzato.
5. Nei casi di errata o incerta perimetrazione, il comune certifica la presenza del bosco, così come
individuato nel comma 3 e accerta se la zona sia stata percorsa dal fuoco o sia soggetta a progetti di
rimboschimento.
6. Non è richiesta autorizzazione ai sensi dell'articolo 7 della l. 1497/1939 nei territori boscati per i
seguenti interventi eseguiti nel rispetto delle norme vigenti in materia:
a) interventi previsti nei piani di gestione e assestamento forestale, nei progetti di miglioramento e
ricostituzione boschiva, nei piani poliennali di taglio, nei piani di assestamento ed utilizzazione dei
pascoli, nei piani sommari di gestione dei pascoli nonché nei progetti di utilizzazione forestale; (29)
b) taglio colturale, inteso quale taglio di utilizzazione periodica dei boschi cedui, purché sia
eseguito nel rispetto delle prescrizioni forestali e rientri nell'ordinario governo del bosco, ovvero
taglio volto all'eliminazione selettiva della vegetazione arborea deperiente sottomessa e/o
soprannumeraria e delle piante danneggiate e/o colpite da attacchi parassitari;
c) forestazione, ovvero costituzione di nuove superfici boscate, ricostituzione di patrimoni boschivi
tagliati o comunque distrutti, rinfoltimento di soprassuoli radi;
d) opere di bonifica, volte al miglioramento del patrimonio boschivo per quantità e specie, alla
regimazione delle acque ed alla sistemazione della sentieristica e della viabilità forestale;
e) opere di difesa preventiva dal fuoco, ovvero cinture parafuoco, prese d'acqua, sentieristica,
viabilità, punti d'avvistamento;
f) opere connesse all'esercizio delle attività agro-silvo-pastorali che non comportino alterazione
permanente dello stato dei luoghi.
7. E' in ogni caso soggetto all'autorizzazione paesistica il taglio a raso dei boschi d'alto fusto non
assestato o ceduo invecchiato, intendendo come tale i popolamenti che abbiano superato il turno
minimo indicato dalle prescrizioni di massima e di polizia forestale di cui al Capo II del regio
decreto 16 maggio 1926, n. 1126. (30)
8. Nei territori boscati e nei territori percorsi o danneggiati dal fuoco l'autorizzazione ai sensi
dell'articolo 7 della l. 1497/1939 è rilasciata solo per il recupero degli edifici esistenti, le relative
opere idriche e fognanti, per l'esecuzione degli interventi di sistemazione idrogeologica delle
pendici, per la costruzione di abbeveratoi, ricoveri e rimesse per il bestiame brado, fienili, legnaie e
piccoli ricoveri per attrezzi con progetto e relativo fabbisogno documentati ed approvati, secondo le
leggi vigenti, per la realizzazione di attrezzature e servizi strumentali allo svolgimento di attività
didattiche e di promozioni dei valori naturalistico-ambientali, da localizzare nelle radure prive di
alberature e, quando questo non fosse possibile, in modo tale da salvaguardare la vegetazione
arborea. (31)
8.1. La superficie delle aree boscate non concorre al fine del calcolo della cubatura per costruire al
di fuori di esse e non contribuisce alla determinazione del lotto minimo previsto dagli strumenti
urbanistici. (32)
8 bis. Nei territori boscati sono fatti salvi i complessi ricettivi campeggistici, così come definiti
dall'articolo 2 della legge regionale 3 maggio 1985, n. 59, esistenti e funzionanti con regolare
autorizzazione di esercizio e nella consistenza risultante alla data di entrata in vigore della legge 8
agosto 1985, n. 431 anche in deroga a quanto previsto dall'articolo 27 della l.r. 59/1985. Eventuali
ampliamenti dei complessi ricettivi campeggistici esistenti perimetrati sono autorizzati solo se
finalizzati all'adeguamento funzionale degli stessi per il raggiungimento dei requisiti minimi
previsti dall'articolo 9 della l.r. 59/1985 e se accompagnati dallo studio di inserimento paesistico
(SIP) di cui all'articolo 30. I relativi manufatti devono salvaguardare la vegetazione arborea
esistente, avere preferibilmente carattere precario e non possono, comunque, consistere in opere
murarie. I comuni già dotati di strumento urbanistico generale provvedono, con apposita variante
all'individuazione specifica delle aree interessate dai complessi ricettivi campeggistici di cui al
presente comma. (33)
8 ter. In sede di redazione del piano territoriale paesistico regionale (PTPR) di cui al capo IV della
l.r. 24/1998 si tiene conto delle disposizioni introdotte con il precedente comma. (33)
Art. 11
(Disciplina per le aree assegnate alle università agrarie e per le aree gravate da uso civico)
1. Ai sensi dell'articolo 82, quinto comma, lettera h), del D.P.R. 616/1977 sono sottoposti a vincolo
paesistico le aree assegnate alle università agrarie e le zone gravate da usi civici.
2. Nella categoria di beni paesistici di cui al comma 1 rientrano:
a) le terre assegnate, in liquidazione dei diritti di uso civico e di altri diritti promiscui, in proprietà
esclusiva alla generalità dei cittadini residenti nel territorio di un comune o di una frazione, anche se
imputate alla titolarità dei suddetti enti;
b) le terre possedute a qualunque titolo da università e associazioni agrarie, comunque denominate;
c) le terre pervenute agli enti di cui alle lettere a) e b) a seguito di scioglimento di promiscuità,
permuta con altre terre civiche, conciliazione nelle materie regolate dalla legge 16 giugno 1927, n.
1766, scioglimento di associazioni agrarie, acquisto ai sensi dell'articolo 22 della stessa legge;
d) le terre private gravate da usi civici a favore della popolazione locale fino a quando non sia
intervenuta la liquidazione di cui agli articoli 5 e seguenti della l. 1766/1927; in tal caso la
liquidazione estingue l’uso civico ed il conseguente vincolo paesistico. (34)
3. L'esercizio degli usi civici o dei diritti di promiscuo godimento, di natura essenziale o utile ai
sensi dell'articolo 4 della l. 1766/1927, deve in ogni caso svolgersi con modalità compatibili con le
norme dei PTP o del PTPR e/o della presente legge; in tal caso si applicano le classificazioni per
zona ai fini della tutela ove previste dai PTP o dal PTPR e la relativa normativa.
4. Nei terreni di proprietà collettiva gravati da usi civici è di norma esclusa l'attività edificatoria di
natura residenziale, turistica, commerciale, artigianale o industriale salvo che ragioni d'interesse
della popolazione non consentano, in armonia con le disposizioni degli articoli 1 e 2 della legge
regionale del 31 gennaio 1986, n. 1, tale diversa destinazione. In tal caso il mutamento di
destinazione d’uso deve essere previsto dai comuni in sede di redazione degli strumenti urbanistici
generali o loro varianti purchè sussista la possibilità, in via prioritaria, della conservazione degli usi
in altri ambiti territoriali dell'ente e con il rispetto della procedura autorizzativa di cui all'articolo 12
della l. 1766/1927. Qualora ciò non sia possibile, la somma derivante dall'applicazione del citato
articolo è destinata, previa autorizzazione dell'organo regionale competente, ad opere di interesse
generale o di risanamento ambientale. (35)
4bis. Gli strumenti urbanistici generali o loro varianti che prevedano, ai sensi del comma 4, il
mutamento di destinazione d’uso delle proprietà collettive gravate da uso civico, sono altresì
sottoposti alla preventiva autorizzazione paesistica di cui all’articolo 25. Tale mutamento di
destinazione non estingue l’uso civico e il conseguente vincolo paesistico e gli interventi previsti
sono comunque sottoposti all’autorizzazione paesistica ai sensi dell’articolo 25. (36)
5. Sui medesimi terreni possono essere realizzate opere pubbliche, previa autorizzazione del
competente organo regionale, ai sensi dell'articolo 12 della l. 1766/1927, a condizione che non
risulti impedita la fruizione degli usi civici, non sia arrecato danno all'aspetto esteriore del
paesaggio, non sia lesa la destinazione naturale delle parti residue e sempre che sussista la specifica
autorizzazione dell'autorità preposta alla tutela del bene.
6. Sono consentite sulle terre di proprietà collettiva e sui beni gravati da usi civici le opere
strettamente connesse all'utilizzazione dei beni civici secondo la destinazione conseguente alla loro
classificazione a categoria e, in mancanza, emergente dagli usi in esercizio o rivendicati, a
condizione che vengano comunque rispettate le norme stabilite per le zone agricole e per quelle
boscate.
Art. 12
(Protezione delle zone umide)
1. Ai sensi dell'articolo 82, quinto comma, lettera i), del D.P.R. 616/1977 sono sottoposti a vincolo
paesistico le zone umide incluse nell'elenco di cui al decreto del Presidente della Repubblica 13
marzo 1976, n. 448.
2. Nella categoria di beni paesistici di cui al comma 1 rientrano le paludi, gli acquitrini, le torbe
oppure i bacini, naturali o artificiali, permanenti o temporanei, con acqua stagnante o corrente,
dolce, salmastra o salata, ivi comprese le distese di acqua marina la cui profondità, durante la bassa
marea, non superi i sei metri, così come definite nella Convenzione Internazionale di Ramsar.
3. Nelle zone umide di cui al comma 1, il rapporto fra aree libere e aree edificate rimane inalterato;
in esse è fatto divieto di qualunque tipo di costruzione e di qualunque altro intervento, ad esclusione
di quelli diretti ad assicurare il mantenimento dello stato dei luoghi e dell'equilibrio ambientale
nonché di quelli diretti alla protezione della fauna e della flora.
4. Sono soggette alle disposizioni di cui al comma 3 oltre alle zone umide individuate all'interno dei
piani paesistici, anche quelle dichiarate tali dall'organo competente.
Art. 13
(Protezione aree di interesse archeologico)
1. Ai sensi dell'articolo 82, quinto comma, lettera m), del D.P.R. 616/1977 sono sottoposti a vincolo
paesistico le zone di interesse archeologico.
2. Sono qualificate zone di interesse archeologico, ai sensi al comma 1, quelle aree in cui siano
presenti resti archeologici o paleontologici anche non emergenti che comunque costituiscano parte
integrante del territorio e lo connotino come meritevole di tutela per la propria attitudine alla
conservazione del contesto di giacenza del patrimonio archeologico.
3. Rientrano nelle zone di interesse archeologico, ai sensi del comma 2:
a) le aree ed i beni puntuali e lineari nonchè le relative fasce di rispetto individuati dai PTP o dal
PTPR;
b) le aree individuate con provvedimento dell’amministrazione competente anche successivamente
all’approvazione dei PTP o del PTPR. (37)
3bis. La carta tecnica regionale in scala 1:10.000 costituisce il riferimento cartografico per
l’individuazione dei beni e delle aree di cui al comma 3. (38)
4. Nelle zone di interesse archeologico ogni modifica dello stato dei luoghi è subordinata
all’autorizzazione paesistica ai sensi dell’articolo 25, integrata, per le nuove costruzioni, dal
preventivo parere della competente soprintendenza archeologica. In tal caso il parere valuta
l’ubicazione degli interventi previsti nel progetto in relazione alla presenza ed alla rilevanza dei
beni archeologici, mentre l’autorizzazione paesistica valuta l’inserimento degli interventi stessi nel
contesto paesistico, in conformità alle specifiche disposizioni dei PTP o del PTPR. (39)
4 bis. La sussistenza dell’interesse archeologico delle aree individuate nel PTPR, non vincolate con
un provvedimento dell’amministrazione competente, è resa dalla soprintendenza archeologica con
propria dichiarazione vincolante a seguito dei relativi accertamenti. Qualora a seguito di
accertamenti eseguiti dalla soprintendenza, venga verificata l’inesistenza dei beni da tutelare, la
realizzazione degli interventi non necessita di autorizzazione paesaggistica. La Regione prende atto
di tali accertamenti e adegua i relativi perimetri. (39a)
Art. 14
(Classificazione delle aree sottoposte a vincolo paesistico con provvedimento dell'amministrazione
competente)
1. Nelle aree dichiarate di notevole interesse pubblico dall'amministrazione competente ai sensi
della l. 1497/1939, fino all'approvazione del PTPR di cui all'articolo 21, restano ferme le
classificazioni per zona delle aree previste dai PTP.
2. Il PTPR di cui all’articolo 21 attua una revisione delle classificazioni per zona previste dai PTP e
ne determina le relative modalità d’uso.(40)
Art. 15
(Interventi su ville, parchi e giardini storici)
1. Ai sensi dell'articolo 1, numero 2, della l. 1497/1939 sono vincolati le ville, i giardini e i parchi
che, non contemplati dalle leggi per la tutela delle cose di interesse artistico e storico, si distinguono
per la loro non comune bellezza.
2. Nella categoria di beni paesistici di cui al comma 1 rientrano le ville, i parchi ed i giardini che,
all'interno dei provvedimenti di vincolo, siano menzionati isolatamente o in relazione ad un
contesto paesistico più ampio, connotino il paesaggio o presentino un interesse pubblico per il
valore storico e artistico delle composizioni architettoniche e vegetali.
3. Gli interventi ammessi sui beni di cui al comma 2 possono riguardare esclusivamente la
conservazione, la manutenzione ed il restauro.
4. Ai fini della valutazione di compatibilità paesistica per il rilascio delle autorizzazioni ai sensi
dell'articolo 7 della l. 1497/1939, i progetti sono corredati di una relazione sui criteri di intervento
conformi ai principi ed alle prescrizioni contenute nella Carta del Restauro del 1964 e nella
circolare del Ministero della pubblica istruzione 6 aprile 1972, n. 117.
Art. 16
(Salvaguardia delle visuali)
1. Ai sensi dell'articolo 1 della l. 1497/1939, la salvaguardia delle visuali è riferita a quei punti di
vista o di belvedere accessibili al pubblico, dai quali si possa godere lo spettacolo delle bellezze
panoramiche, considerate come quadri naturali.
2. La salvaguardia delle visuali si garantisce attraverso la protezione dei punti di vista, dei percorsi
panoramici, nonché dei coni visuali formati dal punto di vista e dalle linee di sviluppo del panorama
individuato come meritevole di tutela.
3. I punti di vista ed i percorsi panoramici sono individuati sulla carta tecnica regionale in scala
1:10.000. I PTP o il PTPR sottopongono a specifica normativa d’uso i punti di vista ed i percorsi
panoramici che ricadono nelle aree dichiarate di notevole interesse pubblico dall’amministrazione
competente ai sensi dell’articolo 14. (41)
4. La tutela del cono visuale o campo di percezione visiva si effettua evitando l'interposizione di
ogni ostacolo visivo tra il punto di vista o i percorsi panoramici e il quadro paesaggistico. A tal fine
sono vietate modifiche allo stato dei luoghi che impediscono le visuali anche quando consentite
dalle normative relative alle classificazioni per zona prevista dai PTP o dal PTPR, salvo la
collocazione di cartelli ed insegne indispensabili per garantire la funzionalità e la sicurezza della
circolazione.
5. Sul lato a valle delle strade di crinale e di quelle di mezzacosta possono essere consentite
costruzioni poste ad una distanza dal nastro stradale tale che la loro quota massima assoluta, inclusi
abbaini, antenne, camini, sia inferiore di almeno un metro rispetto a quella del ciglio stradale,
misurata lungo la linea che unisce la mezzeria della costruzione alla strada, perpendicolarmente al
suo asse. In ogni caso la distanza minima della costruzione dal ciglio stradale non può essere
inferiore a metri 50, salvo prescrizioni più restrittive contenute negli strumenti urbanistici vigenti.
6. Fermo restando quanto disposto dai commi 2, 3, 4 e 5, la salvaguardia del quadro panoramico
meritevole di tutela è assicurata anche attraverso prescrizioni specifiche inerenti la localizzazione ed
il dimensionamento delle opere consentite nonché attraverso prescrizioni relative alla messa a
dimora di essenze vegetali.
Art. 17
(Attività estrattive)
1. L'apertura di nuove cave e di nuove miniere, l'attività di ricerca di materiale litoide nonché
l'ampliamento di cave e di miniere esistenti o la ripresa di quelle dismesse non sono consentiti nelle
aree vincolate ai sensi delle ll. 1497/1939 e 431/1985. (42)
1bis. In deroga a quanto disposto dal comma 1, l’apertura di nuove cave e di nuove miniere può
essere consentita, previa autorizzazione paesistica rilasciata dalla Giunta regionale con propria
deliberazione in conformità alle procedure di cui al comma 6, in considerazione di un interesse
economico di carattere pubblico ed esclusivamente per l’escavazione di materiale raro, solo nelle
aree di scarso pregio paesistico classificate dai PTP e dal PTPR con il livello minimo di tutela, nel
rispetto dei criteri indicati dal piano regionale delle attività estrattive (PRAE) ai sensi dell’articolo
9, comma 2, lettera g), della legge regionale 6 dicembre 2004, n. 17 concernente la disciplina
organica in materia di cave e torbiere. Nelle more dell’approvazione del PRAE, in assenza dei
suddetti criteri, l’apertura di nuove cave e di nuove miniere è subordinata, altresì, ad una delle
seguenti condizioni:
a) localizzazione ad una distanza non superiore a metri mille da altre attività estrattive in esercizio;
b) localizzazione all’interno del territorio di un comune in cui già si trovi un’attività estrattiva in
esercizio ma in via di esaurimento. (43)
1 ter. L’apertura di nuove cave ai sensi del comma 1 bis è altresì subordinata alla preventiva
adozione, da parte della Giunta regionale, sentita la commissione consiliare competente in materia,
di una deliberazione ricognitiva delle aree di scarso pregio paesistico classificate dai PTP vigenti
con il livello minimo di tutela. (43a)
2. In deroga a quanto disposto dal comma 1, l'ampliamento relativo alla coltivazione di cave e di
miniere esistenti può essere consentito, in considerazione di un interesse economico di carattere
pubblico, esclusivamente per l'escavazione di materiale raro. In tal caso l'autorizzazione paesistica è
rilasciata dalla Giunta regionale con propria deliberazione, nel rispetto delle procedure di cui al
comma 6. (44)
3. Le attività di coltivazione di cave legittimamente in esercizio proseguono secondo i progetti
esistenti, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 39 della legge regionale 5 maggio 1993, n. 27 e nel
rispetto delle prescrizioni disposte dalla Giunta regionale ai fini di un adeguato recupero ambientale
per le compatibilità di tutela paesistica del territorio.
4. Contemporaneamente all'avanzamento dei lavori di escavazione assentiti ai sensi dei commi 2 e
3, è obbligatorio procedere con opere di rimodellamento del suolo in accordo con la morfologia dei
luoghi; le aree escavate sono comunque sottoposte ad obbligo di risanamento e riqualificazione
paesistico-ambientale; l'intervento di risanamento è attuato progressivamente rispetto
all'avanzamento di quello estrattivo e comunque non può iniziare ad ultimazione di quest'ultimo; gli
adempimenti ed obblighi assunti per l'intervento di risanamento e riqualificazione ambientale
devono essere garantiti con polizza fidejussoria rimessa all'amministrazione comunale cui è
demandata la vigilanza; qualsiasi utilizzazione delle aree dismesse dall'attività estrattiva è in ogni
caso subordinata al recupero e al risanamento paesistico-ambientale.
5. Il risanamento delle aree escavate è disciplinato da appositi piani di recupero di iniziativa
comunale o privata che, oltre a regolare le attività compatibili con le caratteristiche paesisticoambientali dell'area, prevedono l'eliminazione delle strutture precarie e dei detrattori ambientali. Il
risanamento mira alla ricostituzione dei caratteri naturalistici del paesaggio circostante sia
attraverso opportuni raccordi delle superfici formatesi a seguito dell'attività estrattiva con quelle
adiacenti che mediante il riporto di terra ai fini del reimpianto della vegetazione tipica della zona.
Tali piani di recupero con valenza paesistica acquisiscono il parere paesistico secondo le procedure
di cui al comma 6.
6. Ai fini dell'acquisizione delle autorizzazioni paesistiche per le attività di cui ai commi precedenti,
i relativi progetti e/o piani sono corredati del SIP di cui agli articoli 29 e 30; il SIP costituisce
elemento essenziale della valutazione di compatibilità paesistica dell'attività estrattiva di cui ai
commi 2 e 3 e conferisce valenza paesistica ai piani di cui al comma 5.
7. La vigilanza sull'esecuzione delle opere di cui ai commi 4 e 5 spetta al comune il quale è
obbligato, ogni sei mesi, a fornire notizie all'Assessorato competente in materia di tutela paesistica.
8. Nelle zone vincolate ricadenti in ambiti territoriali sprovvisti di PTP sono consentiti
esclusivamente la prosecuzione dei lavori di coltivazione legittimamente in atto nonché il
risanamento delle aree escavate secondo le procedure di cui al comma 6 e nel rispetto dei commi 4,
5 e 7 (45).
Art. 18
(Aziende agricole in aree vincolate)
1. Nell'ambito delle aziende agricole, condotte sia in forma singola che associata, ubicate in aree
sottoposte a vincolo ai sensi delle ll. 1497/1939 e 431/1985 e comunque classificate dai PTP o dal
PTPR, è consentita la realizzazione di manufatti, strettamente funzionali e dimensionati all'attività
agricola e/o alla relativa trasformazione dei prodotti provenienti dalle aziende stesse per almeno il
75 per cento, anche mediante ampliamenti dei fabbricati esistenti, nonché la costruzione di piccoli
ricoveri per attrezzi. Nelle aree classificate nei PTP o nel PTPR al massimo livello di tutela, le
nuove costruzioni sono consentite solo se non sono possibili o ammissibili ampliamenti dei
fabbricati esistenti.
2. Gli interventi di cui al presente articolo sono subordinati, se in deroga alle norme dei PTP, del
PTPR e/o della presente legge, all'approvazione, da parte dell'organo competente, del piano di
utilizzazione aziendale (PUA), secondo le modalità indicate con deliberazione della Giunta
regionale e sono corredati del SIP di cui agli articoli 29 e 30.
Art. 18 bis (46)
(Sedi di rappresentanza diplomatica e consolare)
1.Qualora nell’ambito di aree soggette a disciplina di tutela integrale o ad essa assimilata, previste
dai PTP, ivi compresi quelli approvati con deliberazione del Consiglio regionale antecedente alla
data di entrata in vigore della presente legge, o dal PTPR, ricadono sedi di rappresentanza
diplomatica e consolare in ordine alle quali siano in essere o vengano definiti accordi bilaterali in
regime di reciprocità tra lo Stato italiano ed altri Stati, è consentita, in deroga alla citata disciplina di
tutela, la costruzione di edifici autonomi da destinare ad attività di culto per il soddisfacimento delle
esigenze della comunità .
2. Nei casi previsti dal comma 1 i progetti delle opere sono corredati del SIP di cui agli articoli 29 e
30.
Art. 18ter (47)
(Interventi sul patrimonio edilizio esistente e sulle infrastrutture)
1. Fermo restando l’obbligo di richiedere l’autorizzazione paesistica di cui all’articolo 25, nelle
zone sottoposte a vincolo paesistico sono comunque consentiti, anche in deroga alle disposizioni
contenute nel presente capo:
a) gli interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, di consolidamento statico e di restauro
conservativo che alterino lo stato dei luoghi e l’aspetto esteriore degli edifici;
b) gli ampliamenti ed i completamenti di edifici pubblici da effettuarsi in deroga alle classificazioni
di zona del PTP o del PTPR adottato ai sensi dell’articolo 23, comma 2. La deroga alle disposizioni
di cui alla presente legge e alle disposizioni contenute nelle classificazioni di zona del PTP o del
PTPR adottato ai sensi dell’articolo 23, comma 2 per la realizzazione di opere pubbliche o private
di pubblico interesse quali ospedali, cimiteri, interventi portuali, strutture ricettive di carattere
alberghiero ed extra alberghiero, scuole, università, impianti e attrezzature sportive, nonché
l’individuazione di aree per standard finalizzate alla realizzazione di edilizia sociale e
l’individuazione di aree dei piani di zona ex legge 18 aprile 1962, n. 167 (Disposizioni per favorire
l'acquisizione di aree fabbricabili per l'edilizia economica e popolare) e per il recupero dei nuclei
abusivi ai sensi della legge regionale 2 maggio 1980, n. 28 (Norme concernenti l'abusivismo
edilizio ed il recupero dei nuclei edilizi sorti spontaneamente), è autorizzata dal Consiglio regionale
su proposta della Giunta regionale che acquisisce all’uopo l’intesa con il Ministero per i beni e le
attività culturali; il Consiglio regionale approva la proposta della Giunta regionale entro centoventi
giorni dal ricevimento della stessa. Sono altresì consentiti interventi di ristrutturazione edilizia ed
ampliamenti di edifici destinati ad attività produttive che comportino la realizzazione di un volume
non superiore al 20 per cento dell’edificio esistente, salvo prescrizioni più restrittive contenute nelle
classificazioni di zona dei PTP o del PTPR. E’ altresì consentito, fermo restando la cubatura
ammissibile, per finalità legate alle attività esercitate nelle zone produttive, derogare alle altezze
ammesse dai PTP purché conformi a quelle ammesse dal PTPR che non superino comunque quelle
degli edifici limitrofi esistenti; (47.1)
b bis) gli interventi nelle aree edificabili, dotate di urbanizzazione primaria, previste negli strumenti
urbanistici vigenti, adottati, e loro varianti, delimitate da ambiti classificati dal PTPR come
insediamenti urbani, la cui trasformazione non risulta compatibile con la classificazione di tutela,
sono autorizzati dal Consiglio regionale su proposta della Giunta regionale che acquisisce all’uopo
l’intesa con il Ministero per i beni e le attività culturali; il Consiglio regionale approva la proposta
della Giunta regionale entro centoventi giorni dal ricevimento della stessa; (47.2)
c) gli adeguamenti funzionali e le opere di completamento delle infrastrutture e delle strutture
pubbliche esistenti, ivi compresi gli impianti tecnologici, gli impianti per la distribuzione dei
carburanti, nonché gli interventi strettamente connessi ad adeguamenti derivanti da disposizioni
legislative, previo espletamento della procedura di valutazione di impatto ambientale, ove prevista,
ovvero previa presentazione del SIP ai sensi degli articoli 29 e 30; tali adeguamenti ed opere di
completamento possono essere effettuati anche in deroga alle disposizioni contenute nelle
classificazioni di zona dei PTP o del PTPR;
d) le isole ecologiche per la raccolta differenziata dei rifiuti.
d bis) le installazioni e gli adeguamenti relativi ad infrastrutture di comunicazione elettronica di cui
agli articoli 87 ed 87 bis del decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259 (Codice delle comunicazioni
elettroniche) e successive modifiche compresi tra gli interventi di lieve entità di cui ai punti 23 e 24
dell’allegato 1 del decreto del Presidente della Repubblica 9 luglio 2010, n. 139 (Regolamento
recante procedimento semplificato di autorizzazione paesaggistica per gli interventi di lieve entità, a
norma dell'articolo 146, comma 9, del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive
modificazioni), nonché le opere di cui all’articolo 88 del medesimo decreto legislativo; tali
interventi sono effettuati in deroga alle disposizioni contenute nelle classificazioni di zona dei PTP
o del PTPR. (47.3)
1 bis. Fermo restando l’obbligo di richiedere l’autorizzazione paesistica di cui all’articolo 25, nelle
zone sottoposte a vincolo paesistico sono altresì consentite, anche in deroga alle disposizioni del
presente capo, fatte salve eventuali prescrizioni più restrittive contenute nelle classificazioni di zona
del PTPR, opere e interventi finalizzati alla produzione e utilizzo di energie derivanti da fonti
energetiche rinnovabili, previo espletamento della procedura di valutazione di impatto ambientale,
ove prevista, ovvero previa presentazione del SIP ai sensi degli articoli 29 e 30, avendo particolare
riguardo alla salvaguardia delle visuali da cui è percepito il sito di intervento. Per gli impianti
fotovoltaici a terra, la superficie coperta intesa quale proiezione sul piano orizzontale dei pannelli,
non può superare in ogni caso il 50 per cento della superficie del fondo a disposizione. La
realizzazione dell’impianto è inoltre subordinata alla sottoscrizione di un atto d’obbligo unilaterale
a favore del comune ove è previsto l’impianto, con cui il soggetto responsabile si impegna allo
smantellamento e alla remissione in pristino dei luoghi in caso di inattività dell’impianto per un
periodo superiore a sei mesi continuativi ovvero suddivisi nell’arco dell’anno d’esercizio
dell’impianto stesso. (47a)
Art. 18quater (48)
(Eliminazione delle barriere architettoniche)
1. Gli interventi edilizi relativi ad immobili sottoposti a vincolo paesistico, finalizzati alla
eliminazione delle barriere architettoniche, sono realizzati in conformità alle disposizioni contenute
nel decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni
legislative e regolamentari in materia edilizia) e successive modifiche.
Capo III
Approvazione dei piani territoriali paesistici
Art. 19
(Approvazione dei PTP)
1. I PTP, di cui alle deliberazioni elencate nell'articolo 1 e agli allegati da A1 a A16, sono approvati
con la presente legge, limitatamente alle aree ed ai beni dichiarati di notevole interesse pubblico ai
sensi della l. 1497/1939 e a quelli sottoposti a vincolo paesistico ai sensi degli articoli 1, 1 ter ed 1
quinquies della l. 431/1985, con i contenuti di cui all'articolo 20.
Art. 20
(Contenuti dei PTP)
1. I PTP approvati sono costituiti:
a) dalle norme tecniche contenute nei singoli PTP come sostituite ed integrate dalle norme di tutela
previste dalla presente legge, secondo le indicazioni degli indici di cui agli allegati da B1 a B16;
b) dai seguenti elaborati grafici indicati negli elenchi di cui agli allegati da B1 a B16:
1) le tavole in scala 1:25.000 a carattere analitico e ricognitivo contenenti la graficizzazione dei
vincoli di cui alle ll. 1497/1939 e 431/1985;
2) le tavole in scala 1:25.000 e/o 1:10.000 contenenti le classificazioni delle aree ai fini della tutela;
3) gli altri eventuali elaborati grafici, qualora presenti, concernenti aspetti di dettaglio e di sintesi.
2. Ferma restando l'immediata vigenza della presente legge, entro tre mesi dalla data di entrata in
vigore della stessa, la Giunta regionale procede, ai sensi del comma 1, all'approvazione del testo
coordinato delle norme tecniche di attuazione contenute nei singoli PTP. Il testo coordinato è
pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione.
2bis. Le indicazioni "soppresso, sostituito, integrato, invariato", contenute negli indici di cui agli
allegati da B1 a B16, si applicano limitatamente alle parti delle disposizioni non in costrato con i
contenuti della presente legge (49).
Capo IV
Piano territoriale paesistico regionale
Art. 21
(Approvazione del PTPR)
1. Entro il 31 dicembre 2011 (50), la Regione procede all'approvazione del PTPR quale unico piano
territoriale paesistico regionale redatto nel rispetto dei criteri di cui all'articolo 22. Decorso
inutilmente tale termine, operano esclusivamente le norme di tutela di cui al Capo II e, nelle aree
sottoposte a vincolo paesistico con provvedimento dell'amministrazione competente, sono
consentiti esclusivamente interventi di ordinaria e straordinaria manutenzione, risanamento,
recupero statico ed igienico e restauro conservativo.
2. Nelle more dell'adozione del PTPR possono essere approvati ulteriori PTP, nel rispetto dei criteri
previsti nell'articolo 22 e secondo le procedure di cui all'articolo 23, qualora si manifesti l'esigenza
di procedere con urgenza alla tutela paesistica di determinate zone del territorio regionale.
Art. 22
(Criteri per la redazione del PTPR)
1. Il PTPR di cui all'articolo 21 è redatto in attuazione di quanto previsto dall'articolo 1 bis della l.
431/1985 e sulla base di una aggiornata cartografia contenente:
a) la verifica delle perimetrazioni delle aree sottoposte a vincolo ai sensi della l. 1497/1939;
b) la graficizzazione dei beni diffusi di cui all'articolo 1 della l. 431/1985.
2. Il PTPR individua le aree di interesse archeologico ai sensi dell’articolo 13, comma 3. (51)
2bis. La cartografia dei vincoli paesistici, aggiornata come sopra descritto, è parte integrante del
PTPR e ne segue la procedura approvativa e costituisce elemento probante la ricognizione e
individuazione dei beni di cui all'articolo 1 della legge 431/1985, nonché conferma e rettifica delle
perimetrazioni delle aree sottoposte a vincolo dalla l. 1497/1939. Sono fatte salve le procedure
dell'articolo 26 e quelle relative all'imposizione di nuovi vincoli. (52)
3. Il PTPR classifica le aree sottoposte a vincolo ai sensi della l. 1497/1939 per zone e individua le
modalità di tutela dei beni di cui all'articolo 1 della l. 431/1985, in conformità alle disposizioni
contenute nel Capo II della presente legge.
Art. 23
(Procedure per l'approvazione e la modifica del PTPR) (53)
1. La struttura regionale competente in materia di pianificazione paesistica provvede alla redazione
del PTPR, sulla base delle consultazioni con gli enti locali e gli altri enti pubblici interessati. Nello
spirito della collaborazione istituzionale tra Regione ed enti locali, i comuni e le province, con
deliberazione consiliare, possono presentare alla Regione, nei termini previsti con provvedimento
della struttura regionale competente, documentate e motivate proposte di modifica delle
classificazioni per zona dei vincoli paesistici. (54)
1bis. L’esame delle proposte di cui al comma 1 è effettuato da una commissione tecnica di cui
fanno parte il direttore della Direzione regionale competente in materia di territorio ed urbanistica,
che la presiede, ed i dirigenti delle aree regionali competenti in materia di pianificazione territoriale
ed urbanistica. (55)
2. La Giunta regionale, con propria deliberazione, adotta il PTPR ne dispone la pubblicazione sul
BUR, l'affissione presso l'albo pretorio dei comuni e delle province della Regione e ne dà notizia sui
principali quotidiani a diffusione regionale. Il PTPR adottato resta affisso per tre mesi. (56)
3. Durante il periodo di affissione chiunque vi abbia interesse può presentare osservazioni al PTPR,
direttamente al comune territorialmente competente.(57)
4. Entro i successivi trenta giorni, i comuni provvedono a raccogliere le osservazioni presentate e ad
inviarle, unitamente ad una relazione istruttoria, alla struttura regionale competente.
5. Entro i successivi sessanta giorni la Regione predispone la relazione istruttoria del PTPR,
contenente anche le controdeduzioni alle osservazioni, da sottoporre all'approvazione del Consiglio
regionale.
6. La deliberazione del Consiglio regionale di approvazione di cui al comma 5 è pubblicata sul
BUR ed è affissa presso l'albo pretorio dei comuni e delle province per tre mesi.
7. Il PTPR è modificato con le procedure previste dal presente articolo ma con i termini ridotti alla
metà (58)
7bis. La Regione effettua il primo aggiornamento del PTPR trascorsi cinque anni dall’approvazione
del PTPR stesso, procedendo, in particolare, ad una modifica delle classificazioni per zona delle
aree che risultino soggette a cambiamenti naturalistici e morfologici. (59)
Art. 23 bis (60)
(Misure di salvaguardia in pendenza dell'approvazione del PTPR)
1. Dalla data di pubblicazione del PTPR ai sensi dell'articolo 23, comma 2, fino alla data di
pubblicazione di cui al citato articolo 23, comma 6 e comunque non oltre cinque anni dalla data di
pubblicazione del piano adottato dalla Giunta regionale ai sensi dell’articolo 23, comma 2, è
sospesa ogni determinazione in ordine alle autorizzazioni di cui all’articolo 151 del decreto
legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, che siano in contrasto con le previsioni del PTPR adottato.
Art. 24 (61)
(Sportello unico per il territorio ed il paesaggio)
1. E’ istituito, presso la struttura regionale competente in materia di territorio, urbanistica e
paesaggio, lo sportello unico per il territorio ed il paesaggio (SUTP) alla cui organizzazione si
provvede ai sensi della normativa regionale vigente in materia di ordinamento delle strutture
organizzative e del personale.
2. Il SUTP svolge, in particolare, le seguenti attività:
a) coordinamento dei dati relativi ai regimi vincolistici presenti sul territorio regionale ed agli
strumenti di pianificazione territoriale, paesaggistica e urbanistica, al fine di consentirne l’accesso a
qualsiasi soggetto interessato nonché agli enti locali, anche in relazione all’esercizio delle funzioni
connesse allo sportello urbanistico comunale di cui all’articolo 73 della legge regionale 22 dicembre
1999, n. 38 (Norme sul governo del territorio);
b) orientamento ai cittadini sulla normativa da applicare e sugli adempimenti da espletare in
relazione ai procedimenti amministrativi di competenza regionale in materia di paesaggio;
c) coordinamento con gli sportelli unici per le attività produttive.
3. Il SUTP è collegato con il SITR ed è accessibile da parte dei cittadini attraverso sistemi
informatici e telematici.
Capo V
Attuazione dei piani territoriali paesistici, del piano territoriale
paesistico regionale e norme di salvaguardia
Art. 25
(Autorizzazioni e pareri paesistici nelle zone vincolate)
1. Ogni modificazione allo stato dei luoghi nell'ambito delle zone sottoposte ai vincoli di cui
all'articolo 19, comprese quelle non individuate nelle tavole indicate all'articolo 20, comma 1,
lettera b), è subordinata all'autorizzazione di cui all'articolo 7 della l. 1497/1939 ed ai pareri
paesistici relativi agli strumenti urbanistici espressi ai sensi della stessa legge.
1bis. Non è richiesta l’autorizzazione di cui al comma 1:
a) per gli interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, di consolidamento statico e di restauro
conservativo che non alterino lo stato dei luoghi e l’aspetto esteriore degli edifici;
b) per gli interventi inerenti all’esercizio dell’attività agro-silvo pastorale che non comportino
alterazione permanente dello stato dei luoghi con costruzioni edilizie ed altre opere civili e sempre
che si tratti di attività ed opere che non alterino l’assetto idrogeologico del territorio;
c) per il taglio colturale, la forestazione, la riforestazione, le opere di bonifica, antincendio e di
conservazione da eseguirsi nei boschi e nelle foreste di cui all’articolo 10, purchè previsti ed
autorizzati ai sensi della normativa vigente. (62)
2. Le autorizzazioni e i pareri di cui al comma 1, nelle zone classificate ai fini della tutela, sono
espressi in coerenza con le norme dei PTP o del PTPR e delle relative cartografie.
3. Nell'ambito delle zone vincolate ma non classificate dai PTP o dal PTPR ai fini della tutela si
applicano le norme di salvaguardia di cui all'articolo 31.
4. Nelle zone sottoposte a vincolo paesistico ricadenti in ambiti territoriali sprovvisti di PTP si
applicano le misure di salvaguardia previste dall'articolo 31, commi 3 e 4.
5. Nelle aree interessate da una sovrapposizione di vincoli relativi ai beni diffusi di cui alla l.
431/1985 e alle aree dichiarate di notevole interesse pubblico ai sensi della l. 1497/1939 si
applicano entrambe le norme, se compatibili; in caso di contrasto, prevale la più restrittiva.
6. Le autorizzazioni di cui all'articolo 7 della l. 1497/1939 per le opere per le quali è prevista la
procedura di valutazione di impatto ambientale (VIA) in attuazione delle direttive comunitarie sono
rilasciate dall'ente competente all'interno del procedimento di VIA. (63)
7. Le autorizzazioni rilasciate ai sensi dell'articolo 7 della l. 1497/1939, prima dell'entrata in vigore
della presente legge e relative ad interventi per i quali non si sia ancora proceduto all'inizio dei
lavori e nei casi di demolizione e ricostruzione non si sia proceduto alla ricostruzione, debbono
ritenersi sospese sino alla verifica della loro conformità alle norme della presente legge, cui
provvede l'organo preposto alla tutela del vincolo entro e non oltre novanta giorni dalla data di
entrata in vigore della legge stessa; decorso inutilmente tale termine, le medesime autorizzazioni si
intendono assentite (64).
Art. 26
(Errata o incerta perimetrazione dei vincoli)
1. In caso di contrasto tra le perimetrazioni dei PTP o del PTPR e la declaratoria delle aree di
notevole interesse pubblico ai sensi della l. 1497/1939, contenuta nei relativi provvedimenti di
apposizione del vincolo, la Regione procede all'adeguamento delle perimetrazioni dei PTP o del
PTPR alla declaratoria dei citati provvedimenti, con deliberazione del Consiglio regionale, su
proposta della Giunta regionale. Qualora le riperimetrazioni comportino una estensione dei vincoli,
la deliberazione del Consiglio regionale deve essere preceduta dalle forme di pubblicità di cui
all'articolo 23.
2. In caso di contrasto tra le perimetrazioni dei PTP o del PTPR e l'effettiva esistenza dei beni
sottoposti a vincolo ai sensi dell'articolo 1 della l. 431/1985, come risultano definiti e accertati dalle
disposizioni contenute negli articoli 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12 e 13, la Regione procede
all'adeguamento delle perimetrazioni dei PTP o del PTPR alle citate disposizioni, con deliberazione
del Consiglio regionale, su proposta della Giunta regionale. Qualora le riperimetrazioni comportino
una estensione dei vincoli, la deliberazione del Consiglio regionale deve essere preceduta dalle
forme di pubblicità di cui all'articolo 23.
3. Nell'ambito della collaborazione tra Regione ed enti locali, l'adeguamento delle perimetrazioni ai
sensi dei commi 1 e 2 può essere attivato dai comuni, con deliberazione del consiglio, e da chiunque
vi abbia interesse per il tramite dei comuni che, entro trenta giorni dalla richiesta, inviano alla
Regione la documentazione comprovante l'erronea perimetrazione delle aree di notevole interesse
pubblico o dei beni sottoposti a vincolo. La Regione, entro sessanta giorni dalla ricezione della
documentazione, comunica al comune eventuali controdeduzioni in ordine alla richiesta di
adeguamento delle perimetrazioni. (65)
4. In attesa dell'adeguamento delle perimetrazioni in attuazione dei commi 1 e 2, si fa riferimento, ai
fini delle autorizzazioni e dei pareri paesistici di cui all'articolo 25, alla declaratoria dei
provvedimenti di apposizione del vincolo ai sensi della l. 1497/1939 e alla effettiva esistenza dei
beni come definita ed accertata ai sensi degli articoli 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12 e 13.
Art. 27
(Rapporti tra pianificazione paesistica e altri strumenti di pianificazione)
1. Il quadro di riferimento territoriale regionale e i piani settoriali regionali territoriali tengono conto
dei contenuti dei PTP o del PTPR.
2. I PTP o il PTPR sono sovraordinati rispetto agli strumenti di pianificazione territoriale locale.
3. In attesa delle specifiche disposizioni del PTPR di cui all'articolo 21, sono fatte salve le
previsioni degli strumenti urbanistici attuativi approvati alla data di entrata in vigore della presente
legge.
4. La Regione, in sede di approvazione o di esame di cui alla legge regionale 2 luglio 1987, n. 36 di
strumenti urbanistici attuativi delle previsioni contenute negli strumenti urbanistici generali,
dispone che vengano conformati alle disposizioni di cui alla presente legge.
5. La Regione, in sede di approvazione degli atti e degli strumenti urbanistici generali
legittimamente adottati alla data di entrata in vigore della presente legge in conformità ai PTP
adottati dalla Giunta regionale, dispone che vengano conformati alle norme di cui alla presente
legge.
5-bis. In attesa di specifiche disposizioni del PTPR, sono fatte salve le previsioni degli strumenti
urbanistici generali relative alle zone A, B, C, D ed F di cui al d.m. n. 1444 del 1968, approvati
successivamente all'adozione dei PTP e prima dell'entrata in vigore della presente legge, in quanto
conformi alle modalità di tutela previste nei PTP adottati prima dell'entrata in vigore della presente
legge, nonchè quelle relative agli standards urbanistici di cui all'articolo 3 del citato d.m. (66)
Art. 27.1 (67)
(Adeguamento degli strumenti urbanistici generali comunali e modifiche al PTPR)
1. I comuni, entro il termine stabilito dal PTPR e, comunque, non oltre due anni dalla sua
approvazione, adeguano lo strumento urbanistico generale alle previsioni del PTPR stesso, secondo
le procedure previste dalla normativa vigente in materia, introducendo, ove necessario, le ulteriori
previsioni conformative che, alla luce delle caratteristiche specifiche del territorio, risultino utili ad
assicurare l’ottimale salvaguardia dei valori paesaggistici individuati dal PTPR.
2. I comuni, in sede di adozione dello strumento urbanistico generale o della sua variante ai fini del
comma 1, possono proporre, per specifiche esigenze di sviluppo o di salvaguardia del paesaggio
locale, una modifica del PTPR stesso, adeguatamente motivata e documentata, con le procedure
indicate nei commi successivi.
3. I comuni sottopongono lo strumento urbanistico generale adottato e la proposta di modifica del
PTPR alle forme di pubblicità ed alla procedura previste dall’articolo 23, commi 2, 3 e 4, ed inviano
alla Regione le osservazioni relative alle proposte di modifica del PTPR stesso con le proprie
controdeduzioni.
4. Entro i successivi novanta giorni la Giunta regionale, tenuto conto delle osservazioni e delle
controdeduzioni pervenute, si pronuncia sulla proposta di modifica del PTPR. In caso di valutazione
positiva, adotta la modifica del PTPR e la invia al Consiglio regionale per l’approvazione; in caso di
valutazione negativa ne da comunicazione al comune ed alla provincia.
5. I termini previsti dalla normativa vigente per la verifica di conformità da parte della provincia
dello strumento urbanistico generale adottato dai comuni restano sospesi fino alla data di
approvazione della modifica del PTPR o fino alla data di comunicazione della valutazione negativa
da parte della Giunta regionale.
Art. 27 bis (68)
(Varianti agli strumenti urbanistici richiamati dai PTP)
1.In attesa di specifiche disposizioni del PTPR, nei soli casi in cui le norme dei PTP rimandino alle
previsioni degli strumenti urbanistici vigenti, sono consentite loro varianti, purché non attengano
alle zone definite dagli strumenti stessi come E ai sensi del decreto del Ministro dei lavori pubblici
2 aprile 1968, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 6 aprile 1968, n. 97, fatte salve le ulteriori
limitazioni o prescrizioni contenute nelle norme dei PTP. (69)
1bis. In deroga a quanto previsto nel comma 1, nelle zone definite dagli strumenti urbanistici
vigenti come E, ai sensi del d.m. 1444/1968, le varianti di cui al medesimo comma sono consentite
soltanto nei casi in cui le stesse ricadano in aree di scarso pregio paesistico classificate dai PTP
vigenti con il livello minimo di tutela , di limitata estensione e adiacenti a zone legittimamente
edificate. (70)
1 ter. L’applicazione della disposizione del comma 1 bis è subordinata alla preventiva adozione, da
parte della Giunta regionale, sentita la commissione consiliare competente, di una deliberazione
ricognitiva delle aree di scarso pregio paesistico classificate dai PTP vigenti con il livello minimo di
tutela. (70a)
Art. 27 ter
(Deroga alle disposizioni dei PTP o del PTPR)
(71)
Art. 28
(Rapporti tra autorizzazioni paesistiche e strumentazione urbanistica)
1. Qualora i PTP o il PTPR subordinino il rilascio delle autorizzazioni e dei pareri paesistici alla
formazione di strumenti urbanistici attuativi ai sensi della legge 17 agosto 1942, n. 1150 e
successive modificazioni, questi ultimi debbono essere accompagnati da SIP e assumono valore di
piano attuativo con valenza paesistica.
2. Sono prive di efficacia le disposizioni dei PTP o del PTPR che subordinano il rilascio delle
autorizzazioni e dei pareri paesistici alla formazione di piani non codificati dalla legislazione
vigente né dalla presente legge o a piani di livello superiore a quello comunale non vigenti.
3. Per le aree sottoposte alle prescrizioni dichiarate prive di efficacia ai sensi del comma 2 e
conseguentemente rimaste sprovviste di tutela si applicano le modalità previste dall'articolo 31,
comma 1.
Art. 29
(Opere e piani da corredare con SIP)
1. Nelle zone vincolate ai sensi delle ll. 1497/1939 e 431/1985 debbono essere accompagnati da SIP
i progetti relativi a:
a) le opere in deroga previste dalla presente legge;
b) tutti i piani urbanistici attuativi alla cui formazione i singoli PTP o il PTPR subordinano il
rilascio delle autorizzazioni e dei pareri ai sensi della l. 1497/1939;
c) le opere e le attività per le quali la presente legge lo preveda nonché le seguenti opere ed attività
che risultino consentite dalla normativa dei PTP o del PTPR e quando non sottoposte alla procedura
di VIA:
1) strade carrabili esterne ai centri urbani con carreggiata superiore a ml. 5,50;
2) dighe ed altre opere idrauliche di grande portata;
3) utilizzazione, a scopo industriale, di aree con superficie superiore a cinque ettari;
4) impianti industriali ubicati fuori dalle aree già attrezzate e previste negli strumenti urbanistici,
che impegnino una superficie del lotto di pertinenza superiore a due ettari;
5) impianti zootecnici per allevamenti superiori a:
a) 250 UBA (unità bovino adulto);
b) 10.000 capi per avicunicoli;
c) 100 scrofe per suini;
6) elettrodotti di elevata potenza e grandi impianti e attrezzature per telecomunicazioni e diffusioni
radiotelevisive che richiedano la costruzione di grandi strutture di supporto (piloni e tralicci);
7) gasdotti ed acquedotti che non riguardino la distribuzione locale;
8) porti turistici ed approdi di media e grande dimensione anche dei canali navigabili;
9) interventi di adeguamento di impianti ferroviari;
10) attività o modalità d'uso del suolo con conseguenze rilevanti sulle qualità ambientali e
paesistiche del luogo quali depuratori, depositi nocivi, discariche pubbliche, depositi di materiali
per esposizione o rivendita comprese macchine o automobili soprattutto se a cielo aperto, attività di
autodemolizione compresi depositi di macchinari nuovi o usati, attività di rottamazione e deposito
di rottami di ogni genere;
11) aeroporti, eliporti, autoporti, piste per corse automobilistiche e motoristiche, piste per go-kart,
piste per motocross, centri merci, centri intermodali, impianti di risalita.
Art. 30
(Studio di Inserimento Paesistico - SIP)
1. Per le opere e le attività di cui all'articolo 29, comma 1, lettere a) e c), il SIP costituisce
documentazione essenziale della valutazione di compatibilità paesistica per il rilascio delle
autorizzazioni ai sensi della l. 1497/1939; a tale scopo il SIP deve contenere le seguenti
informazioni ed analisi commisurate alla entità delle modificazioni ambientali e paesistiche
prodotte dalle opere da realizzare:
a) descrizione della morfologia dei luoghi ove è prevista la realizzazione dell'intervento o
dell'attività;
b) descrizione, relativa sia all'ambito oggetto dell'intervento o dell'attività sia ai luoghi circostanti,
dello stato iniziale dell'ambiente e delle specifiche componenti paesistiche da tutelare, con riguardo
alla specificità del bene sottoposto a tutela e con particolare riferimento ai valori dell'ambiente
naturale, dei beni storici e culturali, degli aspetti percettivi e semiologici, della pedologia dei suoli e
delle potenzialità agricole, del rischio geologico;
c) caratteristiche del progetto e indicazione delle motivazioni che hanno portato alla scelta del luogo
per l'intervento in oggetto rispetto alle possibili alternative di localizzazione;
d) misure proposte per l'attenuazione e la compensazione degli effetti ineliminabili.
2. Per i piani urbanistici attuativi di cui all'articolo 29, comma 1, lettera b), il SIP costituisce
documentazione essenziale affinché gli stessi assumano valenza paesistica ai sensi dell'articolo 28,
comma 1 e deve contenere, sintetizzate in elaborati redatti in scala adeguata, precise considerazioni
relativamente a:
a) relazioni tra il piano attuativo e gli strumenti di pianificazione vigenti;
b) individuazione dell'ambito territoriale del piano con descrizione delle caratteristiche
geomorfologiche;
c) descrizione dello stato iniziale dell'ambiente e delle specifiche componenti paesistiche da
tutelare;
d) collocazione nel contesto urbano con individuazione delle relazioni spaziali e visive tra il piano
ed il tessuto edilizio esistente anche in rapporto con il paesaggio, naturale o antropizzato,
circostante;
e) individuazione delle azioni o prescrizioni tese alla conservazione, alla valorizzazione ed al
recupero delle qualità peculiari del bene o dei luoghi cui subordinare l'attuazione degli interventi;
f) individuazione, con particolare riferimento agli interventi da attuare nei centri storici o in zone a
questi limitrofe o visivamente interferenti con essi, delle prescrizioni tese a evitare la continuità tra
nuove realizzazioni e gli organismi urbani storici facilitandone la percezione nonché gli squilibri
dimensionali sia nel caso di edifici pubblici che privati, nel rispetto delle tipologie e dei valori
estetici tradizionali, con specifico riferimento ai particolari costruttivi, alle finiture ed alle
coloriture;
g) individuazione, con particolare riferimento agli interventi da attuare nelle zone non urbanizzate,
delle motivazioni della localizzazione e delle azioni e prescrizioni tese ad attenuare gli effetti
ineliminabili sul paesaggio.
3. Ai fini della redazione del SIP la Giunta regionale, sentita la competente commissione consiliare
permanente, approva, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge,
apposite direttive.
4. In ogni caso, per le opere, le attività ed i piani di cui all'articolo 29, comma 1, lettere a), b) e c) il
SIP deve contenere una valutazione della compatibilità delle trasformazioni proposte in rapporto
alla finalità specifica di tutela ambientale e paesistica stabilita per i beni o per gli ambiti,
attribuendo a detta finalità preminente rilievo ponderale nelle operazioni di valutazione.
Art. 31
(Norme di salvaguardia)
1. Le aree sottoposte a vincolo paesistico, comprese in ambiti per i quali è stato approvato un PTP o
il PTPR ma sprovviste della classificazione ai fini della tutela, sono disciplinate dalle seguenti
norme di salvaguardia:
a) nelle zone agricole si applica la normativa prevista dai singoli PTP o dal PTPR per zone agricole
analoghe;
b) nelle altre zone sono consentiti gli interventi di ordinaria e straordinaria manutenzione,
risanamento, recupero statico e igienico e restauro conservativo nonché, subordinatamente
all'approvazione di piani attuativi accompagnati dal SIP di cui agli articoli 29 e 30, gli interventi
consentiti dagli strumenti urbanistici approvati alla data di adozione dei PTP. (72)
2. Per le aree sottoposte a vincolo paesistico successivamente all'approvazione dei PTP o del PTPR,
per le quali i singoli PTP o il PTPR abbiano già previsto la classificazione ai fini della tutela, si
confermano i livelli di tutela previsti, da applicare in regime di salvaguardia; la stessa disposizione
si applica per le aree che siano state sottoposte a vincolo paesistico successivamente all'adozione
dei PTP o del PTPR.
3. Per gli ambiti territoriali sprovvisti di PTP, nei territori soggetti a vincolo paesistico ai sensi
dell'articolo 1 della l. 431/1985, si applica la normativa contenuta nel Capo II.
4. Per gli ambiti territoriali sprovvisti di PTP nelle aree sottoposte a vincolo paesistico con
provvedimento dell'amministrazione competente si applicano le seguenti norme di salvaguardia:
a) nelle zone agricole l'edificazione è consentita, se prevista dagli strumenti urbanistici vigenti, con
l'indice di edificabilità fondiaria non superiore a metri cubi 0,015/mq su lotti minimi di 50.000 mq;
b) nelle altre zone sono consentiti gli interventi di ordinaria e straordinaria manutenzione,
risanamento, recupero statico e igienico e restauro conservativo nonché, subordinatamente
all'approvazione di piani attuativi accompagnati dal SIP di cui agli articoli 29 e 30, gli interventi
consentiti dagli strumenti urbanistici approvati alla data di adozione dei PTP. (73)
Art. 31.1 (74)
(Strumenti di attuazione del PTPR e misure incentivanti)
1. La Regione individua e promuove strumenti volti ad assicurare lo sviluppo sostenibile, la
gestione e la valorizzazione dei paesaggi attraverso progetti mirati e azioni di recupero. Il PTPR
individua, in particolare, progetti mirati, misure incentivanti e di sostegno per il recupero, la
valorizzazione e la gestione finalizzata al mantenimento dei paesaggi del territorio regionale.
2. Gli strumenti di cui al comma 1 prevedono forme di collaborazione e concertazione tra la
Regione, gli enti pubblici statali e locali e soggetti privati interessati, e possono individuare misure
incentivanti, finanziamenti pubblici e privati.
3. Rientrano negli strumenti di cui al comma 1:
a) i programmi di intervento per il paesaggio;
a bis) programmi di intervento per la tutela e la valorizzazione delle architetture rurali; (74a)
b) i parchi culturali ed archeologici;
c) i piani attuativi comunali con valenza paesistica.
Art. 31bis (75)
(Programmi di intervento per il paesaggio)
1. La Regione al fine di valorizzare il paesaggio, anche in attuazione delle indicazioni dei PTP o del
PTPR ed in relazione ad analoghe previsioni di programmi nazionali o comunitari, può approvare
appositi programmi di intervento per il paesaggio, di seguito denominati programmi.
2. I programmi possono riguardare ambiti territoriali sia interni che esterni ad aree sottoposte a
vincolo paesistico, individuano azioni, misure, opere ed altri interventi diretti esclusivamente alla
valorizzazione, riqualificazione, recupero, ripristino, mantenimento dei beni paesaggistici ed
individuano le risorse finanziarie necessarie per l’attuazione dei programmi stessi.
3. Gli interventi previsti nei programmi possono essere realizzati con risorse pubbliche o private; in
tal caso le amministrazioni competenti stipulano con i privati specifiche convenzioni.
4. Al fine di cui al comma 1, la Giunta regionale, sentita la commissione consiliare competente,
anche su richiesta degli enti locali, adotta un apposito schema del programma che è pubblicato nel
Bollettino Ufficiale della Regione ed è trasmesso ai comuni interessati per l’affissione presso i
rispettivi albi pretori per sessanta giorni. Entro tale termine tutti i soggetti interessati possono
presentare osservazioni.
5. I comuni, nei quindici giorni successivi alla scadenza del termine di cui al comma 4, trasmettono
alla Regione le osservazioni pervenute unitamente ad una relazione complessiva.
6. La Giunta regionale, sentita la commissione consiliare competente, sulla base delle osservazioni e
della relazione complessiva di cui al comma 5, approva il programma. Il programma approvato è
pubblicato nel BUR.
7. (75a)
Art 31 bis. 1 (75b)
(Programmi di intervento per la tutela e
la valorizzazione delle architetture rurali)
1. Fermo restando quanto previsto dalla normativa vigente in materia di tutela dei beni culturali, la
Regione salvaguarda e valorizza gli insediamenti agricoli, gli edifici, i fabbricati ed i complessi
architettonici rurali presenti sul proprio territorio, di seguito denominati architetture rurali, che
presentino interesse estetico tradizionale e siano testimonianza dell’economia rurale tradizionale,
anche in funzione del rapporto che continuano ad avere con la realtà produttiva agricola e con i
paesaggi agrari di cui costituiscono connotato essenziale. A tal fine la Regione incentiva la
conservazione dell’originaria destinazione d’uso, la salvaguardia delle aree circostanti, dei tipi e dei
metodi di coltivazione tradizionali e le attività compatibili con le tradizioni culturali tipiche.
2. Rientrano tra le architetture rurali, oltre a quelle realizzate tra il XIII ed il XIX secolo di cui alla
legge 24 dicembre 2003, n. 378 (Disposizioni per la tutela e la valorizzazione delle architetture
rurali), anche i manufatti legati alla conduzione agricola, alle relative attività produttive e di servizio
del territorio, espressione del paesaggio agrario postunitario caratterizzato dall’azione di
colonizzazione del territorio mediante appoderamenti, bonifiche e frazionamenti fondiari.
3. Ai fini di cui al comma 1, la Regione, sentita la Soprintendenza competente, individua, anche
attraverso ricerche o censimenti, le architetture rurali presenti nel proprio territorio e provvede al
loro recupero e valorizzazione attraverso appositi programmi di intervento per la tutela e la
valorizzazione delle stesse.
4. I programmi di intervento di cui al comma 3 sono adottati secondo le procedure di cui all’articolo
31 bis, commi 4, 5 e 6.
5. I programmi di cui al comma 3 stabiliscono:
a) la definizione degli interventi necessari per la conservazione degli elementi tradizionali e delle
caratteristiche storiche, architettoniche e paesaggistiche delle architetture rurali al fine di
assicurarne il risanamento conservativo ed il recupero funzionale, nel rispetto dei criteri tecnico
scientifici per la realizzazione degli interventi definiti dalla normativa statale o da misure
comunitarie per tipologie analoghe;
b) la previsione degli incentivi volti al raggiungimento degli obiettivi di cui al comma 1 e delle
relative procedure di concessione dei contributi in base alle diverse tipologie di architetture rurali ed
ai caratteri dei paesaggi agrari circostanti da recuperare;
c) le modalità di approvazione dei singoli interventi e dei relativi piani finanziari nonché di verifica
sull’attuazione degli interventi stessi.
6. All’attuazione delle disposizioni del presente articolo la Regione provvede con le risorse proprie,
con i fondi ripartiti tra le regioni ai sensi della l. 378/2003, con i fondi previsti da altra normativa
statale o comunitaria nonché con eventuali proventi derivanti da sponsorizzazioni, lasciti o
erogazioni liberali.
Art. 31ter (76)
(Parchi archeologici e culturali)
1. La Regione, nel rispetto della normativa statale in materia di beni culturali e paesaggistici e
d’intesa con le amministrazioni pubbliche interessate, può individuare, all'interno delle aree
sottoposte a vincolo paesistico e, in particolare, in quelle di interesse archeologico, zone da
destinare nella loro globalità alla fruizione collettiva come parchi archeologici e culturali, al fine di
promuovere, valorizzare e consolidare le identità della comunità locale e dei luoghi.
2. I parchi archeologici e culturali possono riguardare sia i beni architettonici, monumentali,
paesaggistici e naturali, sia aspetti della letteratura e della tradizione religiosa e popolare e possono
comprendere anche zone esterne alle aree con vincolo paesistico.
3. I parchi archeologici e culturali sono istituiti mediante apposite convenzioni tra Regione ed
amministrazioni pubbliche interessate, ivi comprese le soprintendenze competenti, ed eventuali
associazioni ed organizzazioni culturali.
4. La convenzione di cui al comma 3 definisce, in conformità alla normativa statale vigente in
materia di beni culturali e paesaggistici , la disciplina d'uso del parco archeologico e culturale, con
particolare riguardo agli aspetti di fruizione, promozione e valorizzazione. La convenzione
individua altresì gli interventi prioritari da realizzare ed eventuali misure incentivanti o
finanziamenti pubblici e privati.
5. (76a)
Art. 31quater (77)
(Piani attuativi con valenza paesistica)
1. In relazione a specifici e circoscritti ambiti territoriali individuati graficamente o indicati dalla
normativa dei PTP o del PTPR, i comuni definiscono una più puntuale disciplina delle
trasformazioni territoriali previste dagli stessi PTP o PTPR, attraverso la formazione di strumenti
urbanistici attuativi, accompagnati da SIP, che assumono valore di piano attuativo con valenza
paesistica.
2. I piani attuativi con valenza paesistica verificano le perimetrazioni conseguenti alla diversa scala
di rappresentazione grafica dei PTP o del PTPR, precisano i perimetri entro i quali si attuano le
trasformazioni e possono disciplinare, in particolare:
a) la valorizzazione ed il recupero degli insediamenti urbani periferici;
b) la riqualificazione delle aree di particolare degrado;
c) il recupero del patrimonio edilizio esistente;
d) la riqualificazione del centro storico e delle relative aree di rispetto.
3. I piani attuativi con valenza paesistica costituiscono integrazione o specificazione dei PTP o del
PTPR e riferimento per il rilascio delle autorizzazioni paesistiche di cui all’articolo 25.
Art. 31quinquies (78)
(Varianti speciali per il recupero dei nuclei abusivi in ambito paesistico)
1. Nelle aree urbanizzate esistenti come individuate dai PTP o dal PTPR i comuni possono adottare,
in conformità alla l.r. 28/1980 e successive modifiche, varianti speciali allo strumento urbanistico
generale, al fine del recupero dei nuclei edilizi abusivi perimetrati.
2. Qualora la variante speciale non sia conforme ai PTP o al PTPR, il comune può, contestualmente
all’adozione della variante stessa, proporre una modifica del PTP o del PTPR limitatamente al
soddisfacimento degli standard di cui all'articolo 3 del d.m. 1444/1968 ed all'eventuale inserimento
di lotti interclusi o di edifici adiacenti alle aree urbanizzate esistenti come individuate dai PTP o dal
PTPR. In tal caso si applicano le disposizioni di cui all’articolo 27.1.
2 bis. I comuni definiscono, nell’ambito degli strumenti urbanistici attuativi delle varianti speciali
previsti dall’articolo 8 della l.r. 28/1980, norme e prescrizioni di interventi finalizzati al risanamento
ed alla riqualificazione dei beni paesaggistici compromessi o degradati. (78a)
3. I pareri di cui all'articolo 32 possono essere rilasciati soltanto a seguito della definizione delle
procedure relative alla variante speciale previste dai precedenti commi.
4. I comuni che, in applicazione della vigente normativa in materia di abusivismo edilizio,
procedano alla demolizione ed al ripristino dello stato dei luoghi nelle aree urbanizzate esistenti
come individuate dai PTP o dal PTPR, sono tenuti a darne comunicazione alla Regione al fine di
apportare i necessari adeguamenti ai PTP o al PTPR stesso.
Capo VI
Subdelega ai comuni di funzioni amministrative
Art. 32
(Oggetto della subdelega)
1. Fermo restando quanto previsto dalla legge regionale 19 dicembre 1995, n. 59 e successive
modificazioni, sono subdelegate ai comuni dotati di strumento urbanistico generale vigente le
ulteriori funzioni amministrative relative al parere di cui all'articolo 32 della legge 28 febbraio
1985, n. 47 e successive modificazioni, per le opere già realizzate entro il 31 marzo 2003. (78b)
Art. 33
(Decorrenza della subdelega)
(78c)
Art. 34
(Modalità di esercizio delle funzioni subdelegate)
1. I pareri di cui all'articolo 32, sono espressi dal competente organo del comune, sentita la
commissione edilizia comunale, come integrata ai sensi dell'articolo 1, comma 5, della l.r. 59/1995
e successive modificazioni, in conformità alle direttive di cui all'articolo 35 emanate dalla Regione
(79).
2. I pareri di cui all'articolo 32, sono espressi secondo le modalità previste dall'articolo 25 della
presente legge e dall'articolo 82, nono comma, del D.P.R. 616/1977, come integrato dall'articolo 1
della legge 431/1985. La Regione, in sede di emanazione delle direttive di cui al comma 1,
individua le fattispecie in cui le modalità di tutela dei PTP approvati alla data di entrata in vigore
della presente legge determinano l'applicazione dell'articolo 33 della l. 47/1985. (80).
2bis. Le direttive di cui al comma 1 sono emanate in coerenza con le finalità espresse dalla presente
legge ed in relazione alla normativa dei PTP approvati.(81)
Art. 35
(Potere di direttiva, vigilanza e controllo)
1. Ai sensi dell'articolo 5 della legge regionale 5 marzo 1997, n. 4, spetta alla Regione il potere di
direttiva, vigilanza e sostituzione nei confronti degli enti locali destinatari della subdelega delle
funzioni amministrative di cui al presente Capo.
2. La Regione effettua la vigilanza ed il controllo sull'esercizio delle funzioni subdelegate secondo
le modalità stabilite dall'articolo 3 della l.r. 59/1995 e successive modificazioni.
3. Per l'esercizio delle funzioni subdelegate di cui all'articolo 32, le direttive della Giunta regionale
determinano in particolare:
a) le modalità concernenti la comunicazione al Ministero per i beni culturali e ambientali dei pareri
espressi e la contestuale trasmissione della relativa documentazione;
b) la periodicità delle informative da inviare alla Regione circa i pareri espressi.
Capo VII
Norme transitorie e finali
Art. 36
(Allegati)
1. Costituiscono parte integrante della presente legge:
a) gli allegati da A1 a A16, concernenti le deliberazioni elencate nell'articolo 1, comprensive dei
relativi allegati;
b) gli allegati da B1 a B16, contenenti gli indici delle norme tecniche di attuazione dei singoli PTP,
nonché gli elenchi dei relativi elaborati grafici, approvati tenendo conto delle modificazioni
introdotte con la presente legge.
Art. 36 bis (82)
(PTP gia' approvati)
1. I PTP approvati con deliberazione del Consiglio regionale alla data di entrata in vigore della
presente legge continuano ad avere efficacia fino alla data di approvazione del PTPR.
2. Ai PTP di cui al comma 1 si applicano le norme dei Capi II e V. In caso di contrasto tra le
disposizioni dei PTP e le disposizioni contenute nel Capo II prevalgono quelle piu' restrittive.
Art. 36 ter (83)
(Accordi di programma in variante ai PTP)
1. Fino alla data di approvazione del piano territoriale paesistico regionale, gli accordi di
programma aventi ad oggetto programmi di recupero urbano di cui all'articolo 11 del decreto legge
5 ottobre 1993, n. 398, convertito con modificazioni nella legge 4 dicembre 1993, n. 493, ed altri
interventi di edilizia residenziale pubblica, finanziati dalla Regione, possono comportare variazioni
ai PTP vigenti a condizione che:
a) le variazioni attengano alle osservazioni presentate dai comuni entro il termine previsto dal
comma 1 dell’articolo 23; (84)
b) l'accordo di programma sia approvato con decreto del Presidente della Giunta regionale, previa
ratifica del Consiglio regionale da effettuarsi entro sessanta giorni dalla data di sottoscrizione
dell'accordo stesso.
2. L'accordo di programma di cui al comma 1 può tenere luogo del provvedimento di esclusione del
vincolo paesistico di cui all'articolo 7, comma 3. In mancanza dell'esclusione di detto vincolo, gli
interventi previsti dal medesimo accordo di programma relativi ai beni paesaggistici vincolati ai
sensi dell'articolo 7, sono ammessi nel rispetto delle condizioni stabilite dal comma 8, lettere a), b) e
c), nonché dal comma 11, lettere a), b) e c) del medesimo articolo.
2bis. Fino alla data di approvazione del PTPR, gli accordi di programma aventi ad oggetto piani o
programmi d’intervento finalizzati all’acquisizione pubblica di aree ricadenti in aree naturali
protette o con rilevante valore paesaggistico possono comportare variazioni ai PTP vigenti a
condizione che:
a) le acquisizioni siano previste in strumenti urbanistici generali comunali approvati o adottati o in
leggi regionali istitutive di aree naturali protette;
b) contestualmente all’indizione della conferenza di servizi, gli atti relativi all’accordo di
programma siano sottoposti alle forme di pubblicità previste dall’articolo 23, commi 2 e 3, ma con i
termini ridotti alla metà; (85)
c) l’accordo di programma sia approvato con decreto del Presidente della Giunta regionale, previa
ratifica del Consiglio regionale da effettuarsi entro sessanta giorni dalla data di sottoscrizione
dell’accordo stesso. (86)
Art. 36 quater (87)
(Criteri per la redazione del primo PTPR - Disposizioni transitorie)
1. In attesa dell'approvazione del PTPR ai sensi dell'articolo 21, l'approvazione degli strumenti
urbanistici generali adottati alla data di entrata in vigore della presente legge, nel caso in cui si
riscontrino erronee delimitazioni dei beni e dei territori sottoposti a vincolo o contraddittorietà della
specifica normativa del PTP, è deliberata dalla Giunta regionale, con esclusione delle zone E del
d.m. 1444/1968, previa istruttoria effettuata, sulla base di motivate e documentate proposte dei
comuni interessati di precisazioni del PTP stesso, dalla struttura regionale competente per la
pianificazione comunale d'intesa con la struttura regionale competente per la pianificazione
paesistica, acquisito il parere reso in seduta plenaria dalla prima sezione del CTCR. La relazione
istruttoria deve contenere esplicitamente i riferimenti alla certificazione da parte dell'ente,
competente dell'errata delimitazione del vincolo o alla contraddittorietà della specifica normativa
del PTP . (88)
1.1. Fino all’approvazione del PTPR e comunque per un periodo non superiore a cinque anni dalla
sua adozione, gli strumenti urbanistici adottati in conformità ai PTP approvati, trasmessi alla
Regione prima della data di pubblicazione del PTPR indicata dal comma 1 sexies, in relazione ai
quali i comuni abbiano riscontrato, nell’ambito del PTPR, una incongrua individuazione dei
paesaggi ovvero contradditorietà della relativa disciplina, sono valutati con le procedure di cui al
comma 1. Gli esiti dei procedimenti conclusi ai sensi del presente comma sono recepiti nel PTPR,
secondo le procedure previste per la sua approvazione. (88a)
1bis. In attesa dell’approvazione del PTPR ai sensi dell’articolo 21 ed ai fini dell’applicazione
dell’articolo 31, comma 3, qualora il territorio soggetto a vincolo paesistico non sia individuato con
altri atti, si fa riferimento alle perimetrazioni del PTPR adottato dalla Giunta regionale ai sensi
dell’articolo 23, comma 2. (89)
1ter. In attesa dell’approvazione del PTPR ai sensi dell’articolo 21, le proposte previste dall’articolo
23, comma 1, presentate dai comuni prima dell’adozione del PTPR da parte della Giunta regionale,
valutate positivamente dalla stessa Giunta ed inserite nel PTPR adottato, sono trasmesse al
Consiglio regionale che provvede, con propria deliberazione, all’adeguamento dei PTP vigenti. (89)
1 quater. Nelle more dell’adeguamento della presente legge al decreto legislativo 22 gennaio 2004,
n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n.
137), come modificato dal decreto legislativo 24 marzo 2006, n. 157, il primo PTPR è redatto, nel
rispetto di quanto previsto dall’articolo 156 del suddetto codice, tenendo conto anche delle nuove
disposizioni sostanziali e procedurali concernenti i beni paesaggistici introdotte dal codice
medesimo. (90)
1quinquies. Nelle more dell’adeguamento previsto dal comma 1quater, ferme restando le
competenze dei comuni di cui alla legge regionale 19 dicembre 1995, n. 59 (Subdelega ai comuni di
funzioni amministrative in materia di tutela ambientale e modifiche delle leggi regionali 16 marzo
1982, n. 13 e 3 gennaio 1986, n. 1) e all’articolo 32 della presente legge, per gli immobili e le aree
tipizzati ai sensi dell’articolo 134, comma 1, lettera c), del d.lgs. 42/2004 eventualmente individuati
e sottoposti a tutela dal primo PTPR adottato dalla Regione, e in assenza di altri beni paesaggistici
di cui al citato articolo 134, comma 1, lettere a) e b), ai fini dell’ottenimento dei titoli abilitativi
edilizi richiesti ai comuni anteriormente alla data di pubblicazione del citato PTPR adottato e non
ancora rilasciati alla medesima data, le funzioni amministrative concernenti le autorizzazioni
paesaggistiche sono delegate ai comuni medesimi. (91)
1sexies. Ai fini del rilascio delle autorizzazioni paesaggistiche ai sensi dell’articolo 146 e 159 del
d.lgs. 42/2004, alle domande pervenute alla Regione entro il 14 febbraio 2008 (91a), data di
pubblicazione sul Bollettino ufficiale della Regione del PTPR, si applica la normativa prevista dai
PTP vigenti approvati con la presente legge. (91)
Art. 36 quinquies (92)
(Adeguamento ai giudicati e correzione di errori)
1. In attesa dell’approvazione del PTPR la Giunta regionale, con propria deliberazione, solo ai fini
del vincolo paesistico, può procedere all’introduzione degli adeguamenti conseguenti a sentenze
passate in giudicato nonché alla correzione di errori grafici o materiali su segnalazione
dell’amministrazione comunale.
Art. 37
(Abrogazioni)
1. Sono abrogate tutte le disposizioni incompatibili con la presente legge.
Art. 38
(Norma finanziaria)
1. Agli oneri finanziari conseguenti all'attuazione della presente legge si fa fronte con lo
stanziamento del capitolo n. 11454 del bilancio 1998.
Art. 38-bis (93)
(Dichiarazione d'urgenza)
1. La presente legge è dichiarata urgente ai sensi dell'articolo 127 della Costituzione e dell'articolo
31 dello Statuto regionale ed entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione
sul Bollettino Ufficiale della Regione.
Si omettono gli allegati
Note:
(1) Pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Lazio 30 luglio 1998, n. 21, S.O. n. 1
(2) Numero così sostituito dall'art.icolo 1 della legge regionale 6 luglio 1998, n. 25.
(3) Comma modificato dall'articolo 2, comma 1 della legge regionale 9 dicembre 2004, n. 18
(4) Comma aggiunto dall'articolo 2, comma 2 della legge regionale 9 dicembre 2004, n. 18
(5) Comma sostituito dall'articolo 3, comma 1 della legge regionale 9 dicembre 2004, n. 18, vedi al
riguardo l' avviso di rettifica pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione Lazio del 20
dicembre 2004, n. 35 nonchè la relativa disposizione transitoria di cui all'articolo 32, comma 1 della
medesima l.r. 18/2004
(6) Comma sostituito dall'articolo 3, comma 2 della legge regionale 9 dicembre 2004, n. 18
(7) Comma così sostituito dall'articolo 2, comma 1, della legge regionale 6 luglio 1998, n. 25 e poi
modificato dall'articolo 3, comma 3 della legge regionale 9 dicembre 2004, n. 18
(8) Comma così sostituito dall'articolo 2, comma 2, della legge regionale 6 luglio 1998, n. 25.
(9) Comma così sostituito dall'articolo 2, comma 3, della legge regionale 6 luglio 1998, n. 25.
(10) Comma inserito dall'articolo 3, comma 4 della legge regionale 9 dicembre 2004, n. 18; vedi al
riguardo la relativa disposizione transitoria di cui all'articolo 32, comma 1 della medesima l.r.
18/2004
(11) Comma sostituito dall'articolo 4, comma 1 della legge regionale 9 dicembre 2004, n. 18, vedi
al riguardo l' avviso di rettifica pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione Lazio del 20
dicembre 2004, n. 35 nonchè la relativa disposizione transitoria di cui all'articolo 32, comma 1 della
medesima l.r. 18/2004
(12) Comma così modificato dall'articolo 1, comma 1, della legge regionale 20 marzo 2000, n. 16.
(13) Comma modificato dall'articolo 4, comma 2 della legge regionale 9 dicembre 2004, n. 18
(13a) Comma modificato dall'articolo 22, comma 1, lettera a) della legge regionale 28 dicembre
2007, n. 26
(13b) Comma aggiunto dall'articolo 22, comma 1, lettera b) della legge regionale 28 dicembre 2007,
n. 26
(13c) Comma inserito dall'articolo 22, comma 1, lettera c) della legge regionale 28 dicembre 2007,
n. 26
(14) Comma così modificato dall'articolo 56, comma 1, lettera a) della legge regionale 7 giugno
1999, n. 6 poi modificato dall'articolo 2, comma 1, della legge regionale 20 marzo 2000, n. 16 e da
ultimo dall'articolo 5, comma 1 della legge regionale 9 dicembre 2004, n. 18, vedi al riguardo l'
avviso di rettifica pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione Lazio del 20 dicembre 2004, n.
35 nonchè la relativa disposizione transitoria di cui all'articolo 32, comma 1 della medesima l.r.
18/2004
(15) Alinea modificata dall'articolo 5, comma 2 della legge regionale 9 dicembre 2004, n. 18; vedi
al riguardo la relativa disposizione transitoria di cui all'articolo 32, comma 1 della medesima l.r.
18/2004
(16) Lettera sostituita dall'articolo 87, comma 1, lettera a) della legge regionale 27 febbraio 2004, n.
2
(17) Comma così modificato dall'articolo 56, comma 1, lettera b) della legge regionale 7 giugno
1999, n. 6.
(18) Comma modificato dall'articolo 66, comma 1, lettera a) della legge regionale 10 maggio 2001,
n. 10
(19) Lettera abrogata dall'articolo 66, comma 1, lettera b) della legge regionale 10 maggio 2001, n.
10
(20) Comma inserito dall'articolo 66, comma 1, lettera c) della legge regionale 10 maggio 2001, n.
10
(21) Alinea così modificata dall'articolo 56, comma 1, lettera c) della legge regionale 7 giugno
1999, n. 6.
(22) Lettera sostituita dall'articolo 87, comma 1, lettera b) della legge regionale 27 febbraio 2004, n.
2
(23) Comma modificato dall'articolo 93, comma 1 lettera a) della legge regionale 6 febbraio 2003,
n. 2; nel testo pubblicato sul BUR la modifica si riferiva erroneamente al comma 1 dell'articolo 7.
(24) Comma aggiunto dall'articolo 56, comma 1, lettera d) della legge regionale 7 giugno 1999, n.
6.
(25) Comma inserito dall'articolo 5, comma 3 della legge regionale 9 dicembre 2004, n. 18 e poi
modificato dall'articolo 71, comma 1 della legge regionale 28 aprile 2006, n. 4
(25a) Comma inserito dall'articolo 5, comma 32, lettera a) della legge regionale 13 agosto 2011, n.
10
(26) Comma inserito dell'articolo 6, comma 1 della legge regionale 9 dicembre 2004, n. 18 e poi
soppresso dall'articolo 71, comma 2 della legge regionale 28 aprile 2006, n. 4
(27) Comma modificato dall'articolo 7, comma 1 della legge regionale 9 dicembre 2004, n. 18
(28) Lettera modificata dall'articolo 89, comma 1 della legge regionale 28 ottobre 2002, n. 39
(29) Lettera sostituita dall'articolo 89, comma 2 della legge regionale 28 ottobre 2002, n. 39
(30) Comma modificato dall'articolo 89, comma 3 della legge regionale 28 ottobre 2002, n. 39
(31) Comma modificato dall'articolo 7, comma 2 della legge regionale 9 dicembre 2004, n. 18
(32) Comma inserito dall'articolo 7, comma 3 della legge regionale 9 dicembre 2004, n. 18 e poi
modificato dall'articolo 71, comma 3 della legge regionale 28 aprile 2006, n. 4
(33) Comma aggiunto dall'articolo 24 della legge regionale 9 dicembre 1999, n. 37.
(34) Lettera modificata dall'articolo 8, comma 1 della legge regionale 9 dicembre 2004, n. 18
(35) Comma modificato dall'articolo 8, comma 2 della legge regionale 9 dicembre 2004, n. 18
(36) Comma inserito dall'articolo 8, comma 3 della legge regionale 9 dicembre 2004, n. 18
(37) Comma sostituito dall'articolo 9, comma 1 della legge regionale 9 dicembre 2004, n. 18
(38) Comma inserito dall'articolo 9, comma 2 della legge regionale 9 dicembre 2004, n. 18
(39) Comma sostituito dall'articolo 9, comma 3 della legge regionale 9 dicembre 2004, n. 18
(39a) Comma aggiunto dall'articolo 5, comma 32, lettera b) della legge regionale 13 agosto 2011, n.
10
(40) Comma sostituito dall'articolo 10, comma 1 della legge regionale 9 dicembre 2004, n. 18
(41) Comma sostituito dall'articolo 11, comma 1 della legge regionale 9 dicembre 2004, n. 18; vedi
al riguardo la relativa disposizione transitoria di cui all'articolo 32, comma 1 della medesima l.r.
18/2004
(42) Comma modificato dall'articolo 288, comma 1, lettera a) della legge regionale 10 maggio
2001, n. 10
(43) Comma inserito dall'articolo 12, comma 1 della legge regionale 9 dicembre 2004 e poi
sostituito dall'articolo 71, comma 4, lettera a) della legge regionale 28 aprile 2006, n. 4
(43a) Comma inserito dall'articolo 71, comma 4, lettera b) della legge regionale 28 aprile 2006, n. 4
(44) Comma modificato dall'articolo 288, comma 1, lettera b) della legge regionale 10 maggio
2001, n. 10
(45) Comma così modificato dall'articolo 3 della legge regionale 6 luglio 1998, n. 25.
(46) Articolo inserito dall'articolo 1 della legge regionale 20 dicembre 2001, n. 40
(47) Articolo inserito dall'articolo 13, comma 1 della legge regionale 9 dicembre 2004, n. 18
(47.1) Lettera sostituita dall'articolo 5, comma 32, lettera c), numero 1) della legge regionale 13
agosto 2011, n. 10
(47.2) Lettera inserita dall'articolo 5, comma 32, lettera c), numero 2) della legge regionale 13
agosto 2011, n. 10
(47.3) Lettera aggiunta dall'artcolo 5, comma 32, lettera c), numero 3) della legge regionale 13
agosto 2011, n. 10
(47a) Comma aggiunto dall'articolo 22, comma 2 della legge regionale 28 dicembre 2007, n. 26
(48) Articolo inserito dall'articolo 14, comma 1 della legge regionale 9 dicembre 2004, n. 18
(49) Comma aggiunto dall'articolo 56, comma 2 della legge regionale 7 giugno 1999, n. 6.
(50) Termine modificato dall'articolo 3, comma 1, della legge regionale 20 marzo 2000, n. 16,
dall'articolo 45 della legge regionale 12 gennaio 2001, n. 2, dall'articolo 1 della legge regionale 20
dicembre 2001, n. 39, dall'articolo 93, comma 1, lettera b) della legge regionale 6 febbraio 2003, n.
2, dall'articolo 87, comma 2 della legge regionale 27 febbraio 2004, n. 2, dall'articolo 15, comma 1
della legge regionale 9 dicembre 2004, n. 18, dall'articolo 1 della legge regionale 23 dicembre 2005,
n. 19, dall'articolo 1 della legge regionale 20 ottobre 2006, n. 12, dall'articolo 1 della legge
regionale 21 dicembre 2007, n. 21, dall'articolo 72, comma 1, lettera a), della legge regionale 24
dicembre 2008, n. 31, dall'articolo 1 della legge regionale 24 dicembre 2009, n. 30 e da ultimo
dall'articolo 2, comma 89 della legge regionale 24 dicembre 2010, n. 9
(51) Comma sostituito dall'articolo 16, comma 1 della legge regionale 9 dicembre 2004, n. 18
(52) Comma aggiunto dall'articolo 56, comma 3 della legge regionale 7 giugno 1999, n. 6 e poi
modificato dall'articolo 4 della legge regionale 20 marzo 2000, n. 16
(53) Rubrica modificata dall'articolo 17, comma 1 della legge regionale 9 dicembre 2004, n. 18
(54) Comma modificato dall'articolo 17, comma 2 della legge regionale 9 dicembre 2004, n. 18;
vedi al riguardo la disposizione transitoria di cui all'articolo 32, comma 2 della medesima l.r.
18/2004
(55) Comma inserito dall'articolo 17, comma 3 della legge regionale 9 dicembre 2004, n. 18
(56) Comma così modificato dall'articolo 4 della legge regionale 6 luglio 1998, n. 25 e, da ultimo
dall'articolo 5, comma 1, della legge regionale 20 marzo 2000, n. 16.
(57) Comma modificato dall'articolo 2 della legge regionale 20 dicembre 2001, n. 39
(58) Comma sostituito dall'articolo 17, comma 4 della legge regionale 9 dicembre 2004, n. 18
(59) Comma aggiunto dall'articolo 17, comma 5 della legge regionale 9 dicembre 2004, n. 18 e poi
modificato dall'articolo 71, comma 5 della legge regionale 28 aprile 2006, n. 4
(60) Articolo inserito dall'articolo 13 della legge regionale 18 settembre 2002, n. 32
(61) Articolo sostituito dall'articolo 18, comma 1 della legge regionale 9 dicembre 2004, n. 18
(62) Comma inserito dall'articolo 19, comma 1 della legge regionale 9 dicembre 2004, n. 18
(63) Comma modificato dall'articolo 19, comma 2 della legge regionale 9 dicembre 2004, n. 18
(64) Comma così modificato dall'articolo 5 della legge regionale 6 luglio 1998, n. 25.
(65) Comma modificato dall'articolo 20, comma 1, della legge regionale 9 dicembre 2004, n. 18
(66) Comma aggiunto dall'articolo 56, comma 5 della legge regionale 7 giugno 1999, n. 6, poi
modificato dall'articolo 6, comma 1, della legge regionale 20 marzo 2000, n. 16.
(67) Articolo inserito dall'articolo 21, comma 1 della legge regionale 9 dicembre 2004, n. 18
(68) Articolo inserito dall'articolo 42 della legge regionale 12 gennaio, 2001, n. 2
(69) Comma modificato dall'articolo 289 della legge regionale 10 maggio 2001, n. 10
(70) Comma aggiunto dall'articolo 22, comma 1 della legge regionale 9 dicembre 2004, n. 18 e poi
modificato dall'articolo 71, comma 6, lettera a) della legge regionale 28 aprile 2006, n. 4
(70a) Comma aggiunto dall'articolo 71, comma 6, lettera b) della legge regionale 28 aprile 2006, n.
4
(71) Articolo inserito dall'articolo 296 della legge regionale 10 maggio 2001, n. 10, poi modificato
dall'articolo 13, comma 3, lettere a) e b) della legge regionale 18 dicembre 2002, n. 32. Per
l'interpretazine autentica dell'espressione "adeguamenti funzionali ed opere di completamento"
contenuta nel presente comma, vedi l'articolo 13, comma 2 della legge regionale 18 settembre 2002,
n. 32. Successivamente tale articolo è stato abrogato dall'articolo 23, comma 1 della legge regionale
9 dicembre 2004, n. 18
(72) Lettera modificata dall'articolo 24, comma 1 della legge regionale 9 dicembre 2004, n. 18
(73) Lettera modificata dall'articolo 24, comma 2 della legge regionale 9 dicembre 2004, n. 18
(74) Articolo inserito dall'articolo 25, comma 1 della legge regionale 9 dicembre 2004, n. 18
(74a) Lettera inserita dall'articolo 71, comma 7 della legge regionale 28 aprile 2006, n. 4
(75) Articolo aggiunto dall'articolo 56, comma 4 della legge regionale 7 giugno 1999, n. 6 e poi
sostituito dall'articolo 26, comma 1 della legge regionale 9 dicembre 2004, n. 18
(75a) Comma abrogato dall'articolo 71, comma 8 della legge regionale 28 aprile 2006 n. 4
(75b) Articolo inserito dall'articolo 71, comma 9 della legge regionale 28 aprile 2006, n. 4
(76) Articolo inserito dall'articolo 27, comma 1 della legge regionale 9 dicembre 2004, n. 18
(76a) Comma abrogato dall'articolo 71, comma 10 della legge regionale 28 aprile 2006, n. 4
(77) Articolo inserito dall'articolo 28, comma 1 della legge regionale 9 dicembre 2004, n. 18; vedi
al riguardo la relativa disposizione transitoria di cui all'articolo 32, comma 1 della medesima l.r.
18/2004
(77a)
(78) Articolo inserito dall'articolo 29, comma 1 della legge regionale 9 dicembre 2004, n. 18; vedi
al riguardo la relativa disposizione transitoria di cui all'articolo 32, comma 1 della medesima l.r.
18/2004
(78a) Comma inserito dall'articolo 71, comma 11 della legge regionale 28 aprile 2006, n. 4
(78b) Comma modificato dall'articolo 5 della legge regionale 3 ottobre 2005, n. 17
(78c) Articolo abrogato dall'articolo 6 della legge regionale 3 ottobre 2005, n. 17
(79) Comma così modificato dall'articolo 56, comma 6, lettera a) della legge regionale 7 giugno
1999, n. 6.
(80) Comma così modificato dall'articolo 56, comma 6, lettera b) della legge regionale 7 giugno
1999, n. 6 e da ultimo dall'articolo 30, comma 1 della legge regionale 9 dicembre 2004, n. 18
(81) Comma aggiunto dall'articolo 56, comma 6, lettera c) della legge regionale 7 giugno 1999, n. 6
e poi modificato dall'articolo 30, comma 2 della legge regionale 9 dicembre 2004, n. 18
(82) Articolo aggiunto dall'articolo 6 della legge regionale 6 luglio 1998, n. 25.
(83) Articolo inserito dall'articolo 87, comma 3 della legge regionale 27 febbraio 2004, n. 2
(84) Lettera modificata dall'articolo 31, comma 1 della legge regionale 9 dicembre 2004, n. 18
(85) Lettera modificata dall'articolo 71, comma 12 della legge regionale 28 aprile 2006, n. 4
(86) Comma aggiunto dall'articolo 31, comma 2 della legge regionale 9 dicembre 2004, n. 18, vedi
al riguardo l' avviso di rettifica pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione Lazio del 20
dicembre 2004, n. 35
(87) Articolo aggiunto dall'articolo 56, comma 7 della legge regionale 7 giugno 1999, n. 6. Si
evidenzia che per un errore di coordinamento l'articolo ha assunto la numerazione di 36 bis anzichè
quella corretta di 36 ter. Per correggere tale errore il numero dell'articolo e la relativa rubrica sono
stati modificati dall'articolo 2, comma 1, lettera a) della legge regionale 20 ottobre 2006, n. 12
(88) Comma modificato dall'articolo 290 della legge regionale 10 maggio 2001, n. 10
(88a) Comma inserito dall'articolo 5, comma 32, lettera d) della legge regionale 13 agosto 2011, n.
10
(89) Comma aggiunto dall'articolo 13 della legge regionale 18 settembre 2002, n. 32 e poi
modificato dall'articolo 2, comma 1, lettera b) della legge regionale 20 ottobre 2006, n. 12
(90) Comma aggiunto dall'articolo 2, comma 1, lettera c) della legge regionale 20 ottobre 2006, n.
12
(91) Comma aggiunto dall'articolo 72, comma 1, lettera b), della legge regionale 24 dicembre 2008,
n. 31;
(91a) Vedi per l'interpretazione della locuzione: "domande pervenute alla Regione entro il 14
febbraio 2008" l'articolo 5, comma 33 della legge regionale 13 agosto 2011, n. 10
(92) Articolo inserito dall'articolo 5, comma 32, lettera e) della legge regionale 13 agosto 2011, n.
10
(93) Articolo aggiunto dall'articolo 7 della legge regionale 6 luglio 1998, n. 25
Il testo non ha valore legale; rimane, dunque, inalterata l'efficacia degli atti legislativi originari.
L.R. 22 Dicembre 1999, n. 38
Norme sul governo del territorio (1)
SOMMARIO
TITOLO I
FINALITA’ E PRINCIPI GENERALI
CAPO I
FINALITA’
Art. 1 Scopo
Art. 2 Finalità delle attività di governo del territorio e definizioni
CAPO II
PRINCIPI GENERALI E SOGGETTI DELLA PIANIFICAZIONE TERRITORIALE ED
URBANISTICA REGIONALE
Art. 3 Pianificazione territoriale ed urbanistica
Art. 4 Funzioni e compiti amministrativi
Art. 5 Trasparenza, partecipazione, informazione e cooperazione istituzionale
Art. 6 Soggetti della pianificazione territoriale ed urbanistica
TITOLO II
PIANIFICAZIONE TERRITORIALE
CAPO I
PIANIFICAZIONE TERRITORIALE REGIONALE
Art. 7 Pianificazione territoriale regionale
Art. 8 Strumenti della pianificazione territoriale regionale
Art. 9 Contenuti del PTRG
Art. 10 Formazione ed adozione del PTRG
Art. 11 Aggiornamento e variazione del PTRG
Art. 12 Piani regionali di settore
Art. 13 Efficacia del PTRG e dei piani regionali di settore
Art. 14 Particolare efficacia del PTRG
Art. 15 Relazione sullo stato della pianificazione
Art. 16 Comitato regionale per il territorio
Art. 17 Sistema informativo territoriale regionale
CAPO II
PIANIFICAZIONE TERRITORIALE PROVINCIALE
Art. 18 Pianificazione territoriale provinciale
Art. 19 Strumenti della pianificazione territoriale provinciale
Art. 20 Contenuti del PTPG
Art. 20bis Conferenza di pianificazione
Art. 21 Formazione e verifica del PTPG
Art. 22 Aggiornamenti e variazioni del PTPG
Art. 23 Piani provinciali di settore
Art. 24 Efficacia del PTPG
Art. 25 Misure di salvaguardia
Art. 26 Organismi consultivi provinciali in materia di pianificazione territoriale ed urbanistica
CAPO III
PIANIFICAZIONE TERRITORIALE DELLA CITTA’ METROPOLITANA DI ROMA
Art. 27 Pianificazione territoriale della Città metropolitana di Roma
TITOLO III
PIANIFICAZIONE URBANISTICA COMUNALE
CAPO I
STRUMENTI DELLA PIANIFICAZIONE URBANISTICA COMUNALE E PIANO
URBANISTICO COMUNALE GENERALE
Art. 28 Strumenti della pianificazione urbanistica comunale
Art. 29 Contenuti del PUCG - Disposizioni strutturali
Art. 30 Contenuti del PUCG - Disposizioni programmatiche
Art. 31 Specifica efficacia delle disposizioni programmatiche
Art. 32 Conferenza di pianificazione
Art. 33 Adozione e verifica del PUCG
Art. 34 Aggiornamento e variazione del PUCG
Art. 35 Efficacia del PUCG
Art. 36 Misure di salvaguardia
Art. 37 Relazione geologica, agro-pedologica, archeologica e di uso dei suoli
Art. 38 PUCG in forma associata
CAPO II
PIANI URBANISTICI OPERATIVI COMUNALI
Art. 39 Contenuti del PUOC
Art. 40 Divieto di PUOC in variante
Art. 41 Soggetti abilitati a redigere il PUOC
Art. 42 Formazione ed adozione dei PUOC
Art. 43 Efficacia del PUOC
Art. 44 Contenuti e particolare efficacia dei PUOC
Art. 45 Relazione sullo stato della pianificazione urbanistica comunale
CAPO III
ATTUAZIONE DELLA PIANIFICAZIONE URBANISTICA
Art. 46 Attuazione degli strumenti di pianificazione urbanistica previa espropriazione degli
immobili
Art. 47 Società di trasformazione urbana
Art. 48 Attuazione dei PUOC mediante comparti edificatori
Art. 49 Accordi di programma
Art. 50 Decadenza dei vincoli
Art. 50bis Norme di semplificazione concernenti le varianti urbanistiche per la realizzazione di
opere pubbliche o di pubblica utilità
TITOLO IV
TUTELA E DISCIPLINA DELL’USO AGRO-FORESTALE DEL SUOLO
CAPO I
INDIRIZZI PER LA REDAZIONE DEGLI STRUMENTI URBANISTICI
Art. 51 Finalità
Art. 52 Assetto agro-forestale del territorio
Art. 53 Indirizzi per la redazione dei PUCG
CAPO II
EDIFICAZIONE IN ZONA AGRICOLA
Art. 54 Trasformazioni urbanistiche in zona agricola
Art. 55 Criteri per l’edificazione in zona agricola
Art. 56 PUOC in aree ad elevato frazionamento fondiario
Art. 57 Piani di utilizzazione aziendale
Art. 58 Vincolo di inedificabilità
TITOLO V
TUTELA E RECUPERO DEGLI INSEDIAMENTI URBANI STORICI
CAPO I
FINALITA’
Art. 59 Finalità
Art. 60 Definizione degli insediamenti urbani storici aggregati o centri storici e degli insediamenti
storici puntuali
CAPO II
PROGRAMMAZIONE REGIONALE
Art. 61 Programma pluriennale regionale di intervento per gli insediamenti urbani storici
TITOLO VI
DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI
CAPO I
DISPOSIZIONI TRANSITORIE
Art. 62 Primo PTRG
Art. 63 Verifica di compatibilità dei piani regionali di settore esistenti
Art. 63bis Primo PTPG e prima verifica di compatibilità del PUCG
Art. 64 Disposizioni transitorie per la Città metropolitana di Roma
Art. 65 Termini per l’adozione dei PUCG
Art. 65bis Disposizioni transitorie per le zone agricole
Art. 66 Applicazione transitoria delle vigenti leggi urbanistiche
Art. 66bis Disposizioni transitorie per la formazione ed approvazione dello strumento urbanistico
generale del Comune di Roma
Art. 67 Disposizioni transitorie per il comitato
CAPO II
DISPOSIZIONI FINALI
Art. 68 Compatibilità urbanistico-territoriale ed ambientale degli interventi ed opere di interesse
regionale e provinciale
Art. 69 Istruzioni tecniche per la redazione degli strumenti di pianificazione territoriale ed
urbanistica subregionali
Art. 70 Criteri generali per l’adozione dei regolamenti edilizi
Art. 71 Regolamenti edilizi
Art. 72 Criteri per i PUCG per la stima dei fabbisogni di spazi per le diverse funzioni
Art. 73 Sportello urbanistico
Art. 74 Poteri sostitutivi
Art. 75 Collaborazione fra le strutture tecniche
Art. 76 Convenzioni tra enti pubblici e privati
Art. 77 Disposizione finale
Art. 78 Abrogazioni
Art. 79 Risorse per l'esercizio delle funzioni e dei compiti amministrativi in materia di territorio ed
urbanistica
Art. 80 Dichiarazione d'urgenza
TITOLO I
FINALITÀ E PRINCIPI GENERALI
CAPO I
FINALITÀ
Art. 1
(Scopo)
1. La presente legge, in attuazione delle previsioni contenute negli articoli 44, 45 e 46 dello Statuto
ed ai sensi degli articoli 191, comma 3 e 194, comma 3, della legge regionale 6 agosto 1999, n. 14,
detta norme sul governo del territorio, finalizzate alla regolazione della tutela, degli assetti, delle
trasformazioni e delle utilizzazioni del territorio stesso e degli immobili che lo compongono, nei
limiti dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato in materia e nel rispetto dei principi
di sussidiarietà e di partecipazione.
2. Per i fini di cui al comma 1 la presente legge:
a) riorganizza la disciplina della pianificazione territoriale ed urbanistica;
b) indica gli obiettivi generali delle attività di governo del territorio regionale;
c) individua i soggetti della pianificazione e le relative competenze;
d) definisce, nel rispetto delle competenze degli enti pubblici territoriali subregionali, gli strumenti
della pianificazione ed il sistema di relazione fra gli stessi, assicurando forme di partecipazione dei
soggetti comunque interessati alla loro formazione;
e) stabilisce le modalità di raccordo degli strumenti di pianificazione locale con la pianificazione
regionale e degli strumenti di settore con quelli di pianificazione generale.
Art. 2
(Finalità delle attività di governo del territorio e definizioni)
1. Le attività di governo del territorio sono finalizzate alla realizzazione della tutela dell’integrità
fisica e dell’identità culturale del territorio stesso, nonché al miglioramento qualitativo del sistema
insediativo ed all’eliminazione di squilibri sociali, territoriali e di settore, in modo da garantire uno
sviluppo sostenibile della Regione.
2. Ai fini della presente legge:
a) per tutela dell’integrità fisica del territorio si intende la considerazione dei connotati materiali
essenziali dell’insieme del territorio e delle sue singole componenti sottosuolo, suolo, soprassuolo
naturale, corpi idrici, atmosfera e la loro preservazione da fenomeni di alterazione irreversibile e di
intrinseco degrado, nonché il mantenimento delle diverse componenti fitoclimatiche esistenti;
b) per tutela dell’identità culturale del territorio si intende il mantenimento dei connotati conferiti
all’insieme del territorio e alle sue componenti, dalla vicenda storica, naturale ed antropica;
c) per sistema insediativo si intende il complesso dei siti e dei manufatti destinati a soddisfare, con
una corretta integrazione, le esigenze abitative, produttive, ricreative, di mobilità e di relazioni
intersoggettive;
d) per sviluppo sostenibile si intende uno sviluppo che soddisfi i bisogni del presente, senza
compromettere la capacità delle generazioni future di fruire delle risorse del territorio, comprese
quelle storiche e culturali, per il soddisfacimento delle proprie necessità, coniugando la
qualificazione dei sistemi insediativi con la preservazione dei caratteri del territorio.
CAPO II
PRINCIPI GENERALI E SOGGETTI DELLA PIANIFICAZIONE TERRITORIALE ED
URBANISTICA REGIONALE
Art. 3
(Pianificazione territoriale ed urbanistica)
1. La Regione e gli enti pubblici territoriali subregionali provvedono al governo del territorio
adottando, quale metodo generale, la pianificazione territoriale ed urbanistica, in conformità a
quanto previsto dalla presente legge.
2. La pianificazione territoriale ed urbanistica regola le trasformazioni fisiche e funzionali del
territorio aventi rilevanza collettiva, nonché le azioni che determinano tali trasformazioni in modo
da garantire:
a) la salvaguardia e la valorizzazione delle qualità ambientali, culturali e sociali del territorio;
b) la prevenzione e la riduzione dei rischi connessi all’uso del territorio e delle sue risorse;
c) la riqualificazione degli insediamenti storici aggregati e puntuali come definiti dall’articolo 60 ed
il recupero del patrimonio edilizio, culturale, infrastrutturale, insediativo, ambientale, nonché il
miglioramento della qualità degli insediamenti esistenti e del territorio non urbanizzato;
d) la riqualificazione degli insediamenti periferici e delle aree di particolare degrado al fine di
eliminare le situazioni di svantaggio territoriale.
3. La pianificazione territoriale ed urbanistica generale si articola in:
a) previsioni strutturali, con validità a tempo indeterminato, relative alla tutela dell’integrità fisica e
dell’identità culturale del territorio regionale, alla definizione delle linee fondamentali e preesistenti
di organizzazione del territorio ed alla indicazione delle trasformazioni strategiche comportanti
effetti di lunga durata;
b) previsioni programmatiche, riferite ad archi temporali determinati, dirette alla definizione
specifica delle azioni e delle trasformazioni fisiche e funzionali da realizzare e costituenti
riferimento per la programmazione della spesa pubblica nei bilanci annuali e pluriennali.
4. La pianificazione territoriale definisce il quadro di compatibilità ambientale e gli strumenti
economici di integrazione, interazione e coesione tra le decisioni concernenti l’assetto del territorio
e le politiche ed i piani di settore.
5. Gli atti della Regione e degli enti pubblici territoriali subregionali relativi alle trasformazioni ed
alle azioni di cui al comma 2, devono essere conformi agli strumenti di pianificazione territoriale ed
urbanistica.
Art. 4
(Funzioni e compiti amministrativi)
1. Le funzioni ed i compiti amministrativi concernenti la materia oggetto della presente legge sono
ripartiti tra Regione ed enti locali secondo quanto stabilito dal titolo IV, capo II della l.r. 14/1999.
L'effettivo esercizio di tali funzioni e compiti decorre dalla data di entrata in vigore della presente
legge.
2. Per le modalità di esercizio delle funzioni e dei compiti amministrativi di cui al comma 1 non
disciplinate dalla presente legge, si applica quanto previsto dall'articolo 204 della l.r. 14/1999.
Art. 5
(Trasparenza, partecipazione, informazione e cooperazione istituzionale)
1. Nell'ambito dei procedimenti per l’adozione degli strumenti di pianificazione territoriale ed
urbanistica deve essere garantita la più ampia partecipazione dei soggetti coinvolti nella
pianificazione, anche attraverso l'utilizzo delle forme previste dalla l.r. 14/1999.
2. La Regione e gli enti territoriali subregionali assicurano la pubblicità e la trasparenza dell’attività
amministrativa in tutte le fasi dei procedimenti di cui al comma 1.
3. La Regione promuove, anche attraverso le province, la Città metropolitana di Roma ed i comuni,
iniziative presso le scuole dirette alla realizzazione della più ampia conoscenza delle problematiche
inerenti al governo del territorio ed agli strumenti di pianificazione dello stesso.
4. La Regione e gli enti pubblici territoriali subregionali, al fine di definire una pianificazione chiara
ed univoca e di semplificare le procedure partecipative ed attuative, cooperano e si forniscono
assistenza e reciproche informazioni, avvalendosi anche del sistema informativo territoriale
regionale di cui all'articolo 17.
5. La cooperazione di cui al comma 4, nella predisposizione ed adozione degli strumenti di
pianificazione territoriale ed urbanistica, è attuata con le modalità disciplinate dalla presente legge,
garantendo, in particolare:
a) la condivisione del quadro conoscitivo, delle analisi e delle valutazioni del territorio, nonché
degli obiettivi generali di uso e di tutela dello stesso;
b) la coerenza e l'integrazione delle scelte di pianificazione dei diversi livelli con riferimento,
soprattutto, alle zone che presentano un'elevata continuità insediativa o caratterizzate da elevata
frammentazione istituzionale od urbanistica.
Art. 6
(Soggetti della pianificazione territoriale ed urbanistica)
1. L’adozione degli strumenti di pianificazione territoriale ed urbanistica, nonché delle relative
variazioni, competono:
a) alla Regione;
b) alle province ed alla Città metropolitana di Roma;
c) ai comuni e loro associazioni.
TITOLO II
PIANIFICAZIONE TERRITORIALE
CAPO I
PIANIFICAZIONE TERRITORIALE REGIONALE
Art. 7
(Pianificazione territoriale regionale)
1. La Regione provvede alla pianificazione territoriale regionale nel rispetto della legislazione
statale vigente, in armonia con gli obiettivi fissati dalla programmazione statale ed in coerenza con i
contenuti della programmazione socio-economica regionale.
2. La Regione procede alla pianificazione territoriale regionale dettando, in via prioritaria, le
disposizioni volte alla tutela dell’integrità fisica e dell’identità culturale del territorio ed indicando:
a) gli obiettivi di assetto e le linee principali di organizzazione del territorio regionale, nonché le
strategie e le azioni volte alla loro realizzazione;
b) i sistemi di tutela e di salvaguardia dettati dalle amministrazioni statali competenti, nonché le
direttive contenute nei piani di settore previsti dalla normativa statale vigente;
c) i sistemi delle infrastrutture, le attrezzature di rilevanza sovraregionale e regionale, gli impianti e
gli interventi pubblici dichiarati di rilevanza regionale;
d) gli indirizzi ed i criteri per gli strumenti di pianificazione territoriale subregionale e per la
cooperazione istituzionale.
Art. 8
(Strumenti della pianificazione territoriale regionale)
1. La pianificazione territoriale regionale si esplica mediante il piano territoriale regionale generale
(PTRG).
2. I piani territoriali regionali di settore, ove previsti dalla normativa statale o regionale, integrano e
specificano il PTRG, in coerenza con gli obiettivi e le linee di organizzazione territoriale da
quest'ultimo previsti.
Art. 9
(Contenuti del PTRG)
1. Il PTRG, nel rispetto di quanto previsto dagli articoli 2, 3 e 7, definisce gli obiettivi generali da
perseguire in relazione all’uso ed all’assetto del territorio della regione, dettando disposizioni
strutturali e programmatiche.
2. In particolare, le disposizioni strutturali del PTRG:
a) definiscono il quadro generale della tutela dell’integrità fisica e dell’identità culturale del
territorio, come definite dall’articolo 2;
b) determinano gli indirizzi per la distribuzione territoriale degli insediamenti produttivi e
commerciali di rilevanza regionale e degli insediamenti direzionali di competenza regionale;
c) determinano gli indirizzi ed i criteri per il dimensionamento degli strumenti di pianificazione
territoriale ed urbanistica subprovinciali e per gli standard prestazionali;
d) definiscono lo schema delle reti infrastrutturali di rilevanza regionale, nonché i relativi nodi di
attrezzature e servizi;
e) indicano gli ambiti territoriali ottimali per la redazione in forma associata dei piani urbanistici
comunali generali da parte dei comuni di minori dimensioni, in conformità alla deliberazione del
Consiglio regionale adottata ai sensi dell'articolo 10 della l.r. 14/1999;
f) assicurano la reciproca congruenza dei piani territoriali provinciali generali e dei corrispondenti
piani della Città metropolitana di Roma e la loro coerenza con le previsioni della pianificazione
territoriale regionale.
3. Le disposizioni programmatiche del PTRG stabiliscono le modalità ed i tempi di attuazione delle
disposizioni strutturali relative ad interventi di interesse regionale di cui al comma 2 ed individuano
in particolare:
a) gli interventi da realizzare prioritariamente;
b) le stime delle risorse pubbliche da prevedere per l’attuazione degli interventi previsti;
c) i termini per l’adozione o l’adeguamento dei piani territoriali generali provinciali e dei piani della
Città metropolitana di Roma.
Art. 10
(Formazione ed adozione del PTRG)
1. Al fine di adottare il PTRG in armonia con le previsioni dei piani e dei programmi nazionali ed in
conformità con i regimi vincolistici disposti dallo Stato, la Giunta regionale, preliminarmente
all’adozione dello schema di piano, elabora le linee guida da sottoporre alla valutazione di una
conferenza con le amministrazioni statali interessate, indetta dal Presidente della Giunta regionale,
tenendo conto, anche, di eventuali contributi conoscitivi trasmessi dalle province e dalla Città
metropolitana di Roma e da altri enti interessati.
2. La Giunta regionale adotta, sulla base delle risultanze della conferenza di cui al comma 1 e
previo parere del comitato regionale per il territorio previsto dall'articolo 16, lo schema di PTRG.
3. Lo schema di cui al comma 2, entro sessanta giorni dall'adozione, è pubblicato sul Bollettino
ufficiale della Regione (BUR) e dell’avvenuta adozione è dato avviso sulla Gazzetta ufficiale della
Repubblica (GU) e su almeno quattro quotidiani a diffusione nella regione. Contestualmente alla
pubblicazione, copia dello schema è trasmessa alle province ed alla Città metropolitana di Roma,
che provvedono al relativo deposito.
4. Entro sessanta giorni dalla data di pubblicazione dello schema di PTRG, le province, ai fini degli
adempimenti previsti dall’articolo 15, comma 1, lettere a) e b) della legge 8 giugno 1990, n.142 e
successive modificazioni, indicono una conferenza alla quale partecipano gli enti locali, le
organizzazioni sociali, culturali, ambientaliste, economico-professionali e sindacali operanti a
livello provinciale. La conferenza conclude i propri lavori nel termine di trenta giorni, formulando
una relazione complessiva contenente le osservazioni e le eventuali proposte di modifica allo
schema di PTRG, che viene trasmessa alla Regione nei successivi quindici giorni.
5. Entro lo stesso termine di cui al comma 4, la Regione provvede alle consultazioni con le
organizzazioni sociali, culturali, ambientaliste, economico-professionali e sindacali operanti a
livello regionale, anche nell’ambito del comitato Regione-autonomie funzionali e organizzazioni
economico-sociali di cui all’articolo 22 della l.r. 14/1999.
6. Scaduti i termini di cui ai commi 4 e 5, la Giunta regionale, entro i sessanta giorni successivi,
adotta la proposta di PTRG, tenendo conto delle proposte di modifica eventualmente pervenute e la
trasmette al Consiglio regionale per la relativa adozione, unitamente alle relazioni trasmesse dalle
province ed al parere del comitato regionale per il territorio di cui all'articolo 16.
7. Il PTRG adottato dal Consiglio regionale è pubblicato sul BUR e dell’adozione è data notizia
sulla GU e su quattro quotidiani a diffusione nella regione. Il PTRG acquista efficacia dal giorno
successivo a quello della sua pubblicazione.
Art. 11
(Aggiornamento e variazione del PTRG)
1. Qualora si verifichino modifiche della normativa vigente o della programmazione territoriale
statale, ovvero sopravvengano ragioni che determinano la totale o parziale inattuabilità del PTRG o
la necessità di miglioramenti dello stesso, ovvero decorra il termine di efficacia delle disposizioni
programmatiche del PTRG, la Giunta regionale provvede all’aggiornamento od alla variazione delle
disposizioni contenute nel PTRG con le procedure previste dall’articolo 10, ma con i termini ridotti
della metà per le disposizioni programmatiche e per le modifiche rese necessarie da variazioni della
normativa vigente.
Art. 12
(Piani regionali di settore)
1. I piani regionali di settore che hanno ad oggetto ambiti di attività aventi implicazioni di tipo
territoriale, integrano il PTRG coerentemente agli obiettivi ed alle linee di organizzazione
territoriale da quest’ultimo previsti.
2. I piani regionali di settore di cui al comma 1 ed i loro aggiornamenti e variazioni sono sottoposti,
anche in deroga alle normative specifiche che li disciplinano, al previo parere del comitato
regionale per il territorio previsto dall’articolo 16, che deve essere reso entro trenta giorni dalla
richiesta. Qualora il termine decorra inutilmente si prescinde dal parere.
3. I piani regionali di settore di cui al comma 1 ed i loro aggiornamenti e variazioni, allorquando
contengano disposizioni di rilevanza territoriale ulteriori o non compatibili con le previsioni del
PTRG, costituiscono variazione al PTRG e pertanto sono approvati con le procedure di cui
all'articolo 11.
Art. 13
(Efficacia del PTRG e dei piani regionali di settore)
1. Il PTRG ha efficacia fino agli aggiornamenti od alle variazioni di cui all’articolo 11.
2. Il PTRG ed i piani regionali di settore approvati ai sensi della presente legge prevalgono sugli
analoghi strumenti di pianificazione previgenti, anche se approvati con legge.
3. Le province e la Città metropolitana di Roma provvedono ad adeguare i rispettivi piani territoriali
generali alle disposizioni del PTRG entro il termine fissato dal PTRG stesso ed in conformità alle
linee di riordino territoriale complessivo, ai sensi della l. 142/1990, come da ultimo modificata dalla
legge 3 agosto 1999, n. 265.
Art. 14
(Particolare efficacia del PTRG)
1. Fatto salvo quanto previsto dall’articolo 19, il PTRG assume efficacia di piano urbanisticoterritoriale con specifica considerazione dei valori paesistici ed ambientali ai sensi dell’articolo 1bis del decreto legge 27 giugno 1985, n. 312, convertito con modificazioni dalla legge 8 agosto
1985, n. 431, allorquando contenga una specifica normativa d’uso e di valorizzazione ambientale
del territorio relativa ai beni elencati dall’articolo 82, quinto comma, del decreto del Presidente
della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616 e successive modificazioni.
Art. 15
(Relazione sullo stato della pianificazione)
1. La Giunta regionale trasmette ogni anno al Consiglio regionale, in occasione della presentazione
della proposta del bilancio regionale di previsione, una dettagliata relazione, pubblicata sul BUR,
sullo stato di avanzamento del processo di pianificazione territoriale e sullo stato di attuazione delle
relative previsioni.
2. In relazione a quanto previsto al comma 1 ed ai sensi della l.r. 14/1999, le province, la Città
metropolitana di Roma ed i comuni, entro il mese di ottobre di ciascun anno, forniscono
all’assessorato regionale competente in materia urbanistica, attraverso una scheda appositamente
predisposta dall’assessorato stesso, dati ed informazioni sui relativi processi di pianificazione
territoriale, nonché indicazioni e valutazioni di coerenza e sostenibilità socio-economica ed
ambientale utili all'adeguamento della pianificazione regionale alle necessità locali.
Art. 16
(Comitato regionale per il territorio)
1. E’ istituito il comitato regionale per il territorio, di seguito denominato comitato, quale organo
consultivo della Regione nella materia della pianificazione territoriale ed urbanistica. Il comitato, in
particolare, esprime pareri su:
a) il PTRG ed i piani settoriali regionali contenenti disposizioni di rilevanza regionale;
b) i piani territoriali paesistici;
c) [i piani territoriali provinciali generali ed i piani settoriali provinciali contenenti disposizioni di
rilevanza territoriale]; (1.1)
d) i piani delle aree e dei nuclei di sviluppo industriale;
e) i piani delle aree naturali protette;
f) le schede di cui all'articolo 15, comma 2, ai fini della relazione sullo stato della pianificazione
della Giunta regionale;
g) altre questioni urbanistiche ad esso sottoposte dagli organi regionali.
2. Il comitato è costituito con decreto del Presidente della Giunta regionale e dura in carica cinque
anni. (1.2)
3. Il comitato è composto:
a) dal direttore del dipartimento regionale competente in materia urbanistica, che lo presiede;
b) da nove esperti in materia di pianificazione territoriale e urbanistica, esterni alla Regione,
nominati dal Consiglio regionale garantendo la rappresentanza delle opposizioni; (1.3)
c) dai dirigenti delle strutture regionali competenti in materia di programmazione e pianificazione
territoriale, paesaggistica, ambientale ed urbanistica , nominati dal Presidente della Regione. (1.4)
4. Le funzioni di segretario sono svolte da un funzionario regionale designato dal direttore del
dipartimento regionale competente in materia urbanistica.
5. Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, la Giunta regionale, previo
parere della competente commissione consiliare permanente da esprimersi entro il termine
perentorio di quindici giorni dal ricevimento della richiesta di parere, indica criteri per l'adozione da
parte del comitato di un regolamento interno, con il quale sono definiti:
a) le modalità di funzionamento del comitato;
b) i casi di decadenza dei membri e quelli in cui essi sono obbligati ad astenersi dalle riunioni;
c) le procedure per l'esame degli affari sottoposti al comitato e per l'emissione dei relativi pareri;
d) la formazione delle commissioni relatrici, in modo da garantire la partecipazione di esterni, con
solo voto consultivo, qualora i particolari argomenti all'ordine del giorno lo richiedano.
6. Ai membri del comitato esterni alla Regione è corrisposto un compenso determinato ai sensi
dell’articolo 387 del regolamento di organizzazione degli uffici e dei servizi della Giunta regionale
6 settembre 2002, n. 1. (1.5)
7. Per i servizi di segreteria è costituita, ai sensi della legge regionale 1 luglio 1996, n. 25 e
successive modificazioni, una struttura di supporto all’attività del comitato.
Art. 17
(Sistema informativo territoriale regionale)
1. E' istituito il sistema informativo territoriale regionale (SITR), quale rete informatica unica per
tutto il territorio regionale.
2. Il SITR contiene dati ed informazioni finalizzate alla conoscenza sistematica degli aspetti fisici e
socio-economici del territorio, della pianificazione territoriale e della programmazione regionale e
locale.
3. Per i fini di cui al comma 2 la Regione concorda, con gli enti locali e con gli altri soggetti
pubblici e privati coinvolti nel processo di pianificazione territoriale, condizioni e modalità per lo
scambio e l'integrazione di dati ed informazioni, nonché per il collegamento dei rispettivi sistemi
informativi al fine di creare una rete unificata.
4. Il SITR è gestito, ai sensi dell'articolo 6 della l.r. 25/1996 e successive modificazioni, da un
ufficio ausiliario costituito secondo quanto previsto dall'articolo 11 della citata legge che, in
coordinamento con il sistema informativo territoriale regionale per l’ambiente (SIRA) provvede,
inoltre, alla redazione della carta tecnica regionale di cui al titolo II della legge regionale 18
dicembre 1978, n. 72, che costituisce anche riferimento cartografico per l’individuazione dei beni di
cui all’articolo 1 della l. 431/1985.
CAPO II
PIANIFICAZIONE TERRITORIALE PROVINCIALE
Art. 18
(Pianificazione territoriale provinciale)
1. La provincia provvede alla pianificazione territoriale di propria competenza secondo quanto
previsto dagli articoli 2 e 3 e nel rispetto della normativa regionale in materia, nonché delle
previsioni della pianificazione territoriale regionale.
2. La provincia procede alla pianificazione territoriale provinciale indicando:
a) gli obiettivi e gli elementi fondamentali dell’assetto del territorio provinciale, con particolare
riguardo alle sue caratteristiche geomorfologiche ed ambientali, agli elementi costitutivi del
paesaggio storico, al sistema delle infrastrutture ed alla localizzazione delle attrezzature di livello
provinciale, ai principali insediamenti produttivi, al sistema insediativo, al sistema dei beni culturali
ed ambientali;
b) gli obiettivi generali, la strategia di tutela e di trasformazione del territorio e le relative azioni di
competenza provinciale volte alla loro realizzazione, nonché gli specifici interventi di competenza
provinciale previsti nei programmi e nei piani regionali, nazionali e dell'Unione Europea;
c) i sistemi delle infrastrutture, le attrezzature, gli impianti e gli interventi complessi di interesse
pubblico di rilevanza provinciale mediante l'individuazione di precise localizzazioni oppure di
ambiti localizzativi.
Art. 19
(Strumenti della pianificazione territoriale provinciale)
1. La pianificazione territoriale provinciale si esplica mediante il piano territoriale provinciale
generale (PTPG), con funzioni di piano territoriale di coordinamento ai sensi dell’articolo 15 della
l.142/1990 e successive modificazioni.
2. Ai sensi dell'articolo 57 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, il PTPG assume, nel
rispetto delle modalità di cui al comma 3, l'efficacia di piano di settore nell'ambito delle seguenti
materie:
a) protezione della natura e tutela dell'ambiente;
b) acque e difesa del suolo;
c) tutela delle bellezze naturali.
3. Ai fini della definizione delle disposizioni del PTPG relative alle materie di cui al comma 2, la
provincia promuove, secondo le modalità stabilite all'articolo 21, comma 1, le intese con le
amministrazioni competenti ai sensi della normativa statale o regionale vigente.
4. In mancanza dell'intesa di cui al comma 3, i piani di tutela di settore conservano il valore e gli
effetti ad essi assegnati dalla rispettiva normativa.
5. Le amministrazioni competenti di cui al comma 3 possono procedere, qualora si renda necessaria
una variazione delle disposizioni di settore di propria competenza contenute nel PTPG, all'adozione
del relativo piano di settore o stralcio di esso secondo la normativa vigente. In tal caso la provincia
promuove l'intesa di cui al comma 3, ai fini dell'adeguamento del PTPG.
6. I piani territoriali provinciali settoriali, ove previsti dalla normativa statale o regionale, integrano
e specificano il PTPG, in coerenza con gli obiettivi e le linee di organizzazione territoriale da
quest'ultimo previsti.
Art. 20
(Contenuti del PTPG)
1. Il PTPG determina, nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 18, gli indirizzi generali
dell'assetto del territorio provinciale, dettando disposizioni strutturali e programmatiche.
2. Le disposizioni strutturali stabiliscono in particolare:
a) il quadro delle azioni strategiche, che costituiscono il riferimento programmatico per la
pianificazione urbanistica;
b) i dimensionamenti per gli strumenti di pianificazione territoriale ed urbanistica subprovinciali,
nel rispetto dei criteri e degli indirizzi regionali di cui all'articolo 9;
c) le prescrizioni di ordine urbanistico-territoriale necessarie per l’esercizio delle competenze della
provincia.
3. Le disposizioni programmatiche del PTPG stabiliscono le modalità ed i tempi di attuazione delle
disposizioni strutturali di cui al comma 2 e specificano in particolare:
a) gli interventi relativi ad infrastrutture e servizi da realizzare prioritariamente;
b) le stime delle risorse pubbliche da prevedere per l’attuazione degli interventi previsti;
c) i termini per l’adozione o l’adeguamento degli strumenti di pianificazione territoriale ed
urbanistica subprovinciali.
Art. 20 bis (1a)
(Conferenza di pianificazione)
1. Prima di avviare la formazione del PTPG o di varianti ad esso, la provincia adotta un documento
preliminare di indirizzo del PTPG, da pubblicare sul BUR, che deve contenere i seguenti elementi:
a) la relazione sulle linee di sviluppo storico delle trasformazioni del territorio provinciale ed il loro
rapporto con gli strumenti di pianificazione sovracomunale e settoriale;
b) la definizione e la quantificazione della struttura dei servizi pubblici e privati esistenti di livello
sovracomunale;
c) gli obiettivi, le strategie ed i metodi che lo strumento territoriale intende perseguire ed attuare
soprattutto con riferimento ai sistemi ambientale, insediativo e relazionale;
d) la cartografia in scala adeguata rappresentativa degli obiettivi e delle strategie di cui alla lettera
c).
2. Al fine di acquisire il parere della Regione in ordine alla compatibilità degli indirizzi del PTPG
rispetto agli strumenti o agli indirizzi della pianificazione territoriale e paesistica regionale, il
Presidente della provincia convoca una conferenza di pianificazione con la Regione, cui
partecipano, oltre al Presidente della provincia, il Presidente della Regione ed i relativi Assessori
competenti in materia di pianificazione territoriale ed urbanistica. La conferenza deve concludersi
nel termine di trenta giorni.
Art. 21(1aa)
(Adozione e verifica del PTPG)
1. La provincia provvede alla formazione del proprio PTPG mediante la conclusione di un apposito
accordo di pianificazione, con il quale la provincia stessa e la Regione definiscono consensualmente
i contenuti dello strumento di pianificazione provinciale, secondo le forme e le modalità di cui ai
commi successivi.
2. La provincia adotta lo schema di PTPG. Qualora il PTPG assuma la particolare efficacia dei piani
settoriali nelle materie di cui all’articolo 19, comma 2, la provincia convoca, preliminarmente
all’adozione dello schema di PTPG, le amministrazioni statali interessate, l’amministrazione
regionale, nonché gli enti comunque competenti per la pianificazione nelle citate materie, al fine di
acquisire le intese di cui all’articolo 19, comma 3.
3. Lo schema di PTPG, completo dei contenuti tecnici e degli elaborati prescritti dalla normativa
statale e regionale vigente, è depositato presso la segreteria della provincia, in libera visione al
pubblico secondo le modalità stabilite dalla provincia stessa. Del deposito è dato avviso sul BURL e
su almeno quattro quotidiani a diffusione nella provincia.
4. Entro trenta giorni dalla data di pubblicazione dell’avviso di deposito, chiunque può presentare
osservazioni. Entro lo stesso termine la provincia indice una conferenza alla quale partecipano gli
enti locali, le organizzazioni sociali, culturali, ambientaliste, economico-professionali e sindacali
operanti a livello provinciale. La conferenza definisce i propri lavori nel termine di trenta giorni,
formulando una relazione complessiva nella quale è contenuta, oltre alle osservazioni ed alle
eventuali proposte di modifica allo schema di PTPG, una specifica e motivata valutazione delle
indicazioni urbanistiche degli eventuali piani pluriennali di sviluppo socio-economico delle
comunità montane.
5. Entro sessanta giorni dalla scadenza del termine di cui al comma 4 per la definizione dei lavori
della conferenza, la provincia, valutate le proposte di modifica eventualmente pervenute, adotta il
PTPG e lo trasmette alla Regione corredato della eventuale relazione complessiva di cui al comma
4.
6. Decorsi novanta giorni dalla trasmissione del PTPG alla Regione, il presidente della provincia, ai
fini della conclusione dell’accordo di cui al comma 1, convoca, d’intesa con il Presidente della
Regione, una conferenza di copianificazione fra i dirigenti delle strutture tecniche competenti della
Regione e della provincia, nell’ ambito della quale viene verificata la compatibilità del PTPG
adottato con le previsioni degli strumenti di pianificazione territoriale o di settore, di ambito
regionale o statale. In sede di prima riunione della conferenza di copianificazione i partecipanti
stabiliscono il termine, non superiore in ogni caso a sessanta giorni, entro cui i lavori della
conferenza debbono concludersi.
7. Nel caso in cui il PTPG contenga elementi di difformità rispetto alle previsioni degli strumenti di
pianificazione di cui al comma 6, nella conferenza sono individuati gli adeguamenti necessari al
fine di conformare il PTPG a tali previsioni.
8. I partecipanti alla conferenza, in esito alle verifiche di cui ai precedenti commi, convengono su
uno schema di accordo, di cui è parte integrante una relazione tecnica, corredata anche di opportuna
cartografia, recante dettagliate ed univoche indicazioni sugli eventuali adeguamenti da apportare al
PTPG.
9. Nei trenta giorni successivi alla definizione dei lavori della conferenza, il Presidente della
Regione ed il presidente della provincia sottoscrivono l’accordo di pianificazione, che conferma e
recepisce lo schema di cui al comma 8. L’accordo è ratificato, entro trenta giorni a pena di
decadenza, dalla Giunta regionale e dal consiglio provinciale.
10. Contestualmente alla ratifica dell’accordo, il consiglio provinciale approva il PTPG, in
conformità alle eventuali modifiche, concordate nell’accordo medesimo, apportate al fine di
conformare il PTPG alle previsioni degli strumenti di pianificazione di cui al comma 6.
11. Con l’atto di approvazione possono essere apportate al PTPG adottato esclusivamente le
modifiche necessarie per conformarlo ai contenuti dell’accordo di pianificazione.
12. Il PTPG definito ai sensi del presente articolo è pubblicato sul BURL e dell’approvazione è data
notizia su quattro quotidiani a diffusione nella provincia. Il PTPG acquista efficacia dal giorno
successivo a quello della sua pubblicazione.
Art. 22
(Aggiornamenti e variazioni del PTPG)
1. Qualora si verifichino modifiche della normativa vigente o della pianificazione territoriale
regionale ovvero sopravvengano ragioni che determinano la totale o parziale inattuabilità del PTPG
o la necessità di miglioramenti dello stesso, ovvero decorra il termine di efficacia delle disposizioni
programmatiche del PTPG, la provincia provvede all’aggiornamento o alla variazione delle
disposizioni contenute nel PTPG, con le procedure previste dall'articolo 21, ma con i termini ridotti
della metà per le disposizioni programmatiche e per le modifiche rese necessarie da variazioni della
normativa vigente.
Art. 23
(Piani provinciali di settore)
1. I piani provinciali di settore che hanno ad oggetto ambiti di attività aventi implicazioni di tipo
territoriale, integrano il PTPG coerentemente agli obiettivi ed alle linee di organizzazione
territoriale da quest’ultimo previsti.
2. [I piani provinciali di settore di cui al comma 1 ed i loro aggiornamenti e variazioni sono
sottoposti, anche in deroga alle normative specifiche che li disciplinano, al previo parere
dell’organismo consultivo previsto dall’articolo 26.] (1ab)
3. I piani provinciali di settore di cui al comma 1 ed i loro aggiornamenti e variazioni, allorquando
contengano disposizioni di rilevanza territoriale ulteriori o non compatibili con le previsioni del
PTPG, sono approvati con le procedure di cui all’articolo 21 e costituiscono variazione al PTPG.
Art. 24
(Efficacia del PTPG)
1. Il PTPG ha efficacia fino agli aggiornamenti ed alle variazioni di cui all’articolo 22. I vincoli di
destinazione e di inedificabilità previsti dal PTPG hanno efficacia a tempo determinato, per la
durata di cinque anni.
2. I comuni e le comunità montane devono adeguare rispettivamente i propri strumenti urbanistici
ed i propri piani pluriennali di sviluppo socio-economico alle disposizioni del PTPG entro il
termine fissato dal PTPG stesso.
Art. 25
(Misure di salvaguardia)
1. A decorrere dalla data di adozione del PTPG, ai sensi dell'articolo 21 e fino all'adeguamento dei
piani urbanistici generali dei comuni al PTPG, si applicano le misure di salvaguardia di cui alla
legge 3 novembre 1952, n.1902 e successive modificazioni.
Art. 26 (1ac)
(Organismi consultivi provinciali in materia di pianificazione territoriale ed urbanistica)
1. [Ciascuna provincia provvede all’istituzione di un organismo consultivo per l’esercizio delle
funzioni di propria competenza in materia di pianificazione territoriale ed urbanistica.]
CAPO III
PIANIFICAZIONE TERRITORIALE DELLA CITTÀ’ METROPOLITANA DI ROMA
Art. 27
(Pianificazione territoriale della Città metropolitana di Roma)
1. La Città metropolitana di Roma esercita sul proprio territorio le funzioni di pianificazione
territoriale ad essa attribuite, secondo le modalità e con gli effetti previsti dal titolo II, capo II, della
presente legge.
TITOLO III
PIANIFICAZIONE URBANISTICA COMUNALE
CAPO I
STRUMENTI DELLA PIANIFICAZIONE URBANISTICA COMUNALE E PIANO
URBANISTICO COMUNALE GENERALE
Art. 28
(Strumenti della pianificazione urbanistica comunale)
1. La pianificazione urbanistica comunale opera nel rispetto delle vigenti disposizioni legislative e
regolamentari, statali e regionali e di quelle dettate dalla pianificazione territoriale regionale e
provinciale.
2. La pianificazione urbanistica comunale si esplica mediante:
a) il piano urbanistico comunale generale (PUCG), articolato in disposizioni strutturali ed in
disposizioni programmatiche, con funzioni di piano regolatore generale ai sensi della legge 17
agosto 1942, n.1150 e successive modificazioni;
b) i piani urbanistici operativi comunali (PUOC).
Art. 29
(Contenuti del PUCG - Disposizioni strutturali)
1. Le disposizioni strutturali del PUCG, tenuto conto di quanto previsto negli articoli 2 e 3,
recepiscono le individuazioni delle componenti territoriali indicate dalle pianificazioni regionali e
provinciali, generali e settoriali, nonché le disposizioni da esse dettate ed i vincoli discendenti dalla
legislazione vigente. Esse possono assoggettare a vincoli ulteriori categorie di beni che risultano
meritevoli di una disciplina particolare finalizzata alla tutela, alla riqualificazione ed alla
valorizzazione dei beni stessi.
2. Le disposizioni strutturali sono finalizzate:
a) a delineare i cardini dell’assetto del territorio comunale;
b) ad indicare le trasformazioni strategiche comportanti effetti di lunga durata;
c) a tutelare l’integrità fisica e l’identità culturale del territorio comunale attraverso:
1) la ricognizione della vicenda storica che ha portato all’attuale configurazione del territorio
comunale e dello stato di conservazione del suolo e del sottosuolo, nonché dell’equilibrio dei
sistemi ambientali;
2) l’articolazione del territorio non urbanizzato in ambiti, in relazione alle loro caratteristiche
paesaggistiche, ambientali e produttive agricole;
3) la perimetrazione del territorio urbanizzato e, nell’ambito di esso:
a) degli insediamenti urbani storici aggregati o centri storici, come definiti dall’articolo 60;
b) delle addizioni urbane storicizzate, cioè le parti del territorio totalmente o parzialmente edificate
diverse dagli insediamenti urbani storici di cui all’articolo 60, individuando le singole unità edilizie,
i complessi edilizi, gli spazi scoperti, le strutture insediative non urbane, delle quali conservare le
caratteristiche morfologiche, strutturali, tipologiche e formali;
4) la definizione, per ognuna delle componenti territoriali individuate ai sensi dei precedenti
numeri, delle disposizioni relative alle trasformazioni fisiche ammissibili ed alle utilizzazioni
compatibili.
3. Il PUCG provvede, di norma, a disciplinare con disposizioni strutturali immediatamente
precettive ed operative, le trasformazioni e le utilizzazioni degli insediamenti urbani storici
aggregati o centri storici di cui all’articolo 60 e delle altre parti del territorio delle quali si preveda il
sostanziale mantenimento dell’organizzazione territoriale e dell’assetto urbano esistenti.
4. Le disposizioni strutturali del PUCG determinano indirizzi per le parti del territorio di nuova
edificazione o da assoggettare a riqualificazione o ristrutturazione urbana, anche tramite
demolizioni e ricostruzioni o ridefinizione funzionale, definendo le dimensioni massime
ammissibili, le quantità di spazi necessari per il soddisfacimento dei fabbisogni anche abitativi
nell’ambito dell’edilizia residenziale sociale e per l'esercizio delle diverse funzioni, con particolare
riferimento a quelle pubbliche o collettive, nonché le utilizzazioni compatibili e le infrastrutture
necessarie a garantire la realizzazione delle previsioni, secondo il criterio del massimo recupero e
riuso del territorio urbanizzato e delle altre aree edificate esistenti, al fine di determinare il minimo
ricorso all'urbanizzazione ed all'edificazione di nuove zone ed aree. (1ad)
5. Le disposizioni strutturali del PUCG definiscono, altresì, il sistema delle infrastrutture di
comunicazione e dei trasporti, anche di rilevanza sovracomunale ove le relative disposizioni della
pianificazione sovraordinata non siano immediatamente precettive ed operative.
6. Il PUCG contiene, di norma, disposizioni strutturali immediatamente precettive ed operative
riguardanti le unità edilizie e le loro pertinenze inedificate ricadenti all’interno degli insediamenti
urbani storici aggregati o centri storici e degli insediamenti storici puntuali così come definiti
dall’articolo 60, nonché le unità edilizie ricadenti in aree di cui si intende conservare
l’organizzazione territoriale e l’assetto urbano esistente.
Art. 30
(Contenuti del PUCG - Disposizioni programmatiche)
1. Le disposizioni programmatiche del PUCG specificano le disposizioni strutturali del PUCG,
precisandone i tempi di attuazione ed in particolare:
a) i perimetri delle zone da sottoporre alla redazione dei PUOC;
b) quali PUOC devono essere formati ed i termini entro i quali devono essere compiuti i relativi
adempimenti;
c) i caratteri delle trasformazioni fisiche e funzionali ammissibili negli ambiti urbani non
assoggettati alla redazione dei PUOC, specificando le modalità di attuazione delle trasformazioni;
d) quali trasformazioni fisiche e funzionali di immobili aventi rilevanza territoriale urbanistica e,
pertanto, soggetti al rilascio della concessione edilizia, si prevede siano attuate senza l'intervento di
un PUOC, specificando le trasformazioni ammissibili e le modalità ed i termini di attuazione delle
trasformazioni;
e) le destinazioni d’uso specifiche, con particolare riferimento a quelle per funzioni pubbliche o
collettive, attribuite ad immobili determinati, i cambi di destinazione d’uso ammissibili e le
incompatibilità assolute;
f) gli interventi di urbanizzazione e di realizzazione di spazi per funzioni pubbliche e collettive
nonché gli interventi di edilizia residenziale sociale ai sensi dell’articolo 1, commi 258 e 259 della
legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello Stato. Legge finanziaria 2008); (1ae)
g) gli immobili da acquisire alla proprietà pubblica;
h) quali trasformazioni debbono attuarsi previa acquisizione pubblica di immobili esattamente
individuati o mediante le forme di perequazione previste nei PUOC;
i) il piano economico di competenza comunale relativo agli interventi di cui alle lettere f) e g),
comprendente i costi derivanti dalle relative indennità per occupazione ed espropriazione,
distinguendo i costi afferenti agli interventi volti a soddisfare esigenze pregresse da quelli relativi
agli interventi conseguenti alle trasformazioni da attuare.
2. Ai fini della determinazione degli oneri di urbanizzazione relativi alle trasformazioni sottoposte a
contributo concessorio, che si prevede siano attuate in conformità alle disposizioni di cui al comma
1, il comune, tenuto conto delle spese da iscrivere nel bilancio comunale per gli interventi previsti al
comma 1, lettera f), ripartisce i costi individuati tra i soggetti attuatori delle trasformazioni, in
conformità ai criteri metodologici ed ai parametri indicati dalla Giunta regionale con apposita
deliberazione da emanarsi entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.
3. Il comune include nel piano triennale dei lavori pubblici di cui all’articolo 14 della legge 11
febbraio 1994, n. 109 e successive modificazioni, gli interventi indicati al comma 1, lettera f).
4. La formazione dei PUOC è obbligatoria per:
a) le zone fortemente degradate ricadenti nei centri storici o negli insediamenti storici puntuali;
b) le aree assoggettabili o da assoggettare a riqualificazione o ristrutturazione urbana;
c) le zone di nuova urbanizzazione.
Art. 31
(Specifica efficacia delle disposizioni programmatiche)
1. Qualora gli aventi titolo ad effettuare le trasformazioni previste dall’articolo 30, comma 1, lettera
d), non presentino le relative richieste di concessione edilizia entro i termini previsti dal PUCG per
l’attuazione delle stesse, il comune espropria, ai sensi della normativa vigente, gli immobili
interessati ed esegue le trasformazioni previste o ne affida l’esecuzione ai soggetti che ne facciano
richiesta. Il comune sospende il procedimento espropriativo nel caso in cui gli aventi titolo
richiedano la concessione edilizia.
2. Qualora i titolari di concessione edilizia per l’effettuazione delle trasformazioni previste
dall’articolo 30, comma 1, lettera d), non procedano all’esecuzione delle stesse entro i termini
previsti dalla concessione e ferma restando la possibilità di provvedimento motivato di proroga
della concessione stessa, il comune espropria, ai sensi della normativa vigente, gli immobili
interessati ed esegue le trasformazioni previste o ne affida l’esecuzione ai soggetti che ne facciano
richiesta. Il comune sospende il procedimento espropriativo nel caso in cui i titolari di concessione
versino in un’unica soluzione gli oneri di urbanizzazione, ove per questi sia prevista una
rateizzazione. Il comune riattiva il procedimento espropriativo allorquando le trasformazioni
previste non siano comunque realizzate.
Art. 32
(Conferenza di pianificazione)
1. Prima di avviare la formazione di un nuovo PUGC o di varianti al PUGC, il comune adotta un
documento preliminare di indirizzo del PUGC, che deve contenere almeno i seguenti elementi:
a) la relazione sulle linee di sviluppo storico delle trasformazioni del territorio comunale ed il loro
rapporto con gli strumenti di pianificazione comunale;
b) la descrizione territoriale ed ambientale, costituita da analisi conoscitive estese all’intero
territorio comunale;
c) la quantificazione del patrimonio edilizio esistente, ivi compresa la suddivisione tra edilizia
legale ed abusiva;
d) la relazione sull’evoluzione storica e sulla struttura della popolazione residente;
e) la definizione e quantificazione della struttura dei servizi pubblici esistenti;
f) gli obiettivi che lo strumento urbanistico proposto intende perseguire;
g) la cartografia in scala adeguata dell’assetto urbano attuale, del piano generale vigente e della
sintesi della proposta di piano.
2. Al fine di acquisire il parere della Regione e della provincia sulla compatibilità degli indirizzi del
PUGC rispetto agli strumenti o agli indirizzi della pianificazione territoriale e paesistica regionali e
provinciali, il sindaco del comune interessato convoca una conferenza di pianificazione con la
Regione e la provincia territorialmente interessata cui partecipano, oltre al sindaco, i Presidenti
della Regione e della provincia ed i relativi assessori competenti in materia urbanistica. La
conferenza deve concludersi nel termine di trenta giorni.
Art. 33 (1af)
(Adozione e verifica del PUCG)
1. Il comune provvede alla formazione del proprio PUCG mediante la conclusione di un apposito
accordo di pianificazione, con il quale il comune stesso e la provincia definiscono consensualmente
i contenuti dello strumento urbanistico comunale, secondo le forme e le modalità di cui ai commi
successivi.
2. Il comune adotta il PUCG ai sensi della l. 1150/1942 e successive modifiche dopo aver effettuato
consultazioni con gli enti pubblici e con le organizzazioni sociali, culturali, ambientaliste,
economico-professionali e sindacali interessate, e comunque avendo attivato processi di
partecipazione e informazione finalizzati a promuovere forme di intervento diretto dei cittadini. Il
PUCG adottato, completo dei contenuti tecnici e degli elaborati prescritti dalla normativa statale e
regionale vigente, è depositato presso la segreteria del comune in libera visione al pubblico,
secondo le modalità stabilite dal comune stesso. Del deposito è dato avviso sull’albo comunale e su
almeno quattro quotidiani a diffusione nella provincia.
3. Entro sessanta giorni dalla data di pubblicazione dell’avviso di deposito, chiunque può presentare
osservazioni.
4. Entro centoventi giorni dalla scadenza del termine di cui al comma 3, il comune deduce sulle
osservazioni presentate, adeguando il PUCG alle osservazioni accolte, e trasmette il PUCG
medesimo alla provincia.
5. Decorsi novanta giorni dalla trasmissione del PUCG alla provincia, il sindaco, ai fini della
conclusione dell’accordo di cui al comma 1, convoca, d’intesa con il presidente della provincia, una
conferenza di copianificazione fra i dirigenti delle strutture tecniche competenti della provincia e
del comune, nell’ ambito della quale viene verificata la compatibilità del PUCG adottato con le
previsioni del PTPG e degli strumenti di pianificazione territoriali o di settore, di ambito regionale o
statale, preordinati alla tutela di interessi differenziati. I lavori della conferenza debbono comunque
concludersi entro sessanta giorni dalla data della sua convocazione.
6. Nel caso in cui il PUCG contenga elementi di difformità rispetto alle previsioni del PTPG ovvero
a quelle degli strumenti di pianificazione di cui al comma 5, nella conferenza sono individuati gli
adeguamenti necessari al fine di conformare il PUCG a tali previsioni.
7. Qualora nella stessa conferenza si ravvisi l’opportunità di provvedere alla variazione delle
disposizioni contenute nel PTPG, il PUCG è trasmesso al consiglio provinciale che può procedere
alla variazione del PTPG con le forme e modalità di cui agli articoli 21 e 22. Il termine di cui al
comma 5 resta sospeso e riprende il suo decorso dall’approvazione della variazione del PTPG.
8. I partecipanti alla conferenza, in esito alle verifiche di cui ai precedenti commi, convengono su
uno schema di accordo, di cui è parte integrante una relazione tecnica, corredata anche di opportuna
cartografia, recante dettagliate ed univoche indicazioni sugli eventuali adeguamenti da apportare al
PUCG.
9. Nei trenta giorni successivi alla definizione dei lavori della conferenza, il presidente della
provincia ed il sindaco sottoscrivono l’accordo di pianificazione, che conferma e recepisce lo
schema di cui al comma 8. L’accordo è ratificato, entro trenta giorni a pena di decadenza, dal
consiglio comunale.
10. Contestualmente alla ratifica dell’accordo, il consiglio comunale approva il PUCG, in
conformità alle eventuali modifiche, concordate nell’accordo medesimo, apportate al fine di
conformare il PUCG alle previsioni del PTPG e degli strumenti di pianificazione di cui al comma 5.
11. Con l’atto di approvazione possono essere apportate al PUCG adottato esclusivamente le
modifiche necessarie per conformarlo ai contenuti dell’accordo di pianificazione.
12. Il PUCG definito ai sensi del presente articolo è pubblicato sul BURL e dell’approvazione è
data notizia su quattro quotidiani a diffusione nella provincia. Il PUCG acquista efficacia dal giorno
successivo a quello della sua pubblicazione.
Art. 34
(Aggiornamento e variazione del PUCG)
1. Qualora si verifichino modifiche della normativa vigente o della pianificazione territoriale
provinciale, ovvero sopravvengano ragioni che determinano la totale o parziale inattuabilità del
PUCG o la necessità di miglioramenti dello stesso, ovvero decorra il termine di efficacia delle
disposizioni programmatiche del PUCG, il comune procede all’aggiornamento o alla variazione
delle disposizioni contenute nel PUCG, con le procedure previste dall’articolo 33, ma con i termini
ridotti della metà per le disposizioni programmatiche e per le modifiche rese necessarie da
variazioni della normativa vigente.
2. Gli aggiornamenti e le variazioni alle disposizioni strutturali del PUCG sono corredate da
apposita relazione, che giustifichi la necessità della variazione stessa e da elaborati grafici.
Art. 35
(Efficacia del PUCG)
1. Il PUCG ha efficacia fino agli aggiornamenti ed alle variazioni di cui all’articolo 34. Le
disposizioni concernenti interventi subordinati all’acquisizione pubblica di immobili privati o
comportanti vincoli di destinazione e di inedificabilità hanno efficacia a tempo determinato della
durata di cinque anni.
Art. 36
(Misure di salvaguardia)
1. Dalla data di adozione del PUCG ai sensi dell'articolo 33, comma 1, fino alla data di esecutività
del PUCG stesso e comunque non oltre cinque anni dalla data di adozione, si applicano le misure di
salvaguardia previste dalla l. 1902/1952.
Art. 37
(Relazione geologica, agro-pedologica, archeologica e di uso dei suoli)
1. Il PUCG è definito, nel rispetto delle previsioni dei piani di bacino, sulla base di una relazione
geologica, di una relazione agro-pedologica e di una relazione archeologica e di uso dei suoli,
descrittiva delle caratteristiche vegetazionali, agro-pedologiche e di uso del territorio, che
costituiscono parte integrante del PUCG ed hanno valore di disposizioni strutturali.
2. La relazione geologica è elaborata, in conformità ai criteri stabiliti dalla Giunta regionale, da un
tecnico abilitato iscritto all’albo professionale dei geologi; mentre la relazione agro-pedologica e di
uso dei suoli, è elaborata da un tecnico abilitato iscritto all’albo professionale dei dottori agronomi e
dei dottori forestali.
3. I commi 1 e 2 si applicano a tutti i comuni della regione anche se non inclusi negli elenchi delle
località sismiche da consolidare o da trasferire.
Art. 38
(PUCG in forma associata)
1. I comuni ricadenti negli ambiti territoriali ottimali indicati ai sensi dell’articolo 9, comma 2,
lettera e), organizzano, nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 10, commi 4 e 5 della l.r.
14/1999, la formazione di PUCG in forma associata.
2. Resta salva la facoltà per i comuni non ricadenti negli ambiti territoriali ottimali di cui al comma
1, di procedere alla formazione dei PUCG in forma associata.
3. I comuni di cui al comma 1 che procedono in forma associata alla formazione dei PUCG,
beneficiano degli incentivi previsti dall'articolo 12 della l.r. 14/1999.
CAPO II
PIANI URBANISTICI OPERATIVI COMUNALI
Art. 39
(Contenuti del PUOC)
1. I PUOC provvedono, nel rispetto delle disposizioni dettate dal PUCG ed in relazione a specifici e
circoscritti ambiti territoriali in esso individuati, a definire una più puntuale disciplina delle
trasformazioni ad integrazione di quella contenuta nel PUCG.
2. I PUOC prevedono, inoltre, i perimetri entro i quali le trasformazioni si attuano previa
acquisizione pubblica mediante esproprio o con l’applicazione del comparto edificatorio di cui
all’articolo 48.
Art. 40
(Divieto di PUOC in variante)
1. I PUOC non possono comportare variante al PUCG. A tal fine non costituiscono variante al
PUCG:
a) la verifica di perimetrazioni conseguenti alla diversa scala di rappresentazione grafica del piano;
b) la variazione non superiore al dieci per cento delle quantità attribuite a ciascuna funzione;
c) la precisazione dei tracciati viari;
d) le modificazioni dei perimetri del PUOC motivate da esigenze sopravvenute, quali ritrovamenti
archeologici, limitazioni connesse all'imposizione di nuovi vincoli, problemi geologici;
e) la diversa dislocazione degli insediamenti, dei servizi, delle infrastrutture o del verde pubblico
senza aumento delle quantità e dei pesi insediativi, entro i limiti previsti dalla lettera b);
f) l'individuazione delle zone di recupero di cui all'articolo 27 della legge 5 agosto 1978, n. 457;
g) le modifiche alle modalità di intervento sul patrimonio edilizio esistente di cui all'articolo 31,
primo comma, lettere a), b), c) e d) della l. 457/1978;
h) l'adeguamento e/o la rettifica di limitata entità che comportino modifiche al perimetro del PUOC.
2. In sede di adozione del PUOC contenente le modifiche di cui al comma 1, il comune deve
esplicitare le motivazioni delle stesse dimostrandone i miglioramenti conseguibili e, in ogni caso,
l’assenza di incremento del carico urbanistico.
3. Nei casi diversi da quelli indicati al comma 1, il comune provvede all'adozione della variante al
PUCG ai sensi dell’articolo 34.
Art. 41
(Soggetti abilitati a redigere il PUOC)
1. I PUOC sono redatti:
a) a cura del comune, ove ciò sia previsto dalla normativa vigente o dal PUCG;
b) a cura ed a spese dei proprietari, ove ciò sia previsto dalla normativa vigente o dal PUCG. I
proprietari proponenti devono rappresentare, in base all’imponibile catastale, almeno il
settantacinque per cento del valore complessivo degli immobili compresi entro il perimetro del
territorio interessato;
c) a cura ed a spese delle società di trasformazione urbana di cui all'articolo 47;
d) a cura ed a spese dei soggetti di cui alla lettera b), qualora, essendo prevista la redazione del
PUOC a cura del comune, questi non siano stati adottati entro i termini stabiliti dalle disposizioni
programmatiche del PUCG, a norma dell’articolo 30, comma 1, lettera b), semprechè il piano
attuativo non sia subordinato alla preventiva acquisizione di immobili da parte del comune ovvero
non comprenda demani pubblici;
e) a cura del comune, con diritto di rivalsa per le spese sostenute nei confronti dei proprietari,
qualora, essendo prevista la redazione del PUOC a cura ed a spese dei proprietari, questi non
abbiano presentato al comune le relative proposte entro i termini stabiliti dalle disposizioni
programmatiche del PUCG, a norma dell’articolo 30, comma 1, lettera b);
f) a cura ed a spese del comune, qualora il medesimo comune decida motivatamente di respingere le
proposte presentate dai proprietari.
Art. 42
(Formazione ed adozione dei PUOC)
1. Il comune, su proposta dei soggetti indicati dall’articolo 41, comma 1, lettere b) e c), ovvero
d’ufficio, adotta lo schema di PUOC. Nel caso di proposta da parte dei soggetti indicati dall’articolo
41, comma 1, lettere b) e c), il comune può introdurre, in sede di adozione dello schema di PUOC,
le modifiche necessarie o ritenute opportune, oppure può respingere motivatamente la proposta
entro il termine perentorio di centoventi giorni dalla ricezione della stessa.
2. Entro trenta giorni dall'adozione lo schema di PUOC ed i relativi elaborati, sono depositati, per
quindici giorni consecutivi, presso la segreteria del comune, nonché delle circoscrizioni, se esistenti,
in libera visione al pubblico. Lo schema di PUOC è, altresì, inviato alle competenti amministrazioni
statali ed alla Regione qualora il PUOC riguardi immobili sui quali esistono vincoli disposti,
rispettivamente, dallo Stato o dalla Regione.
3. Del deposito di cui al comma 2 è dato avviso sull’albo comunale e su almeno quattro quotidiani a
diffusione nella provincia.
4. Entro il termine perentorio di quindici giorni dalla scadenza del periodo di deposito di cui al
comma 2, i proprietari dei terreni compresi nel perimetro dello schema del PUOC, le
amministrazioni di cui al comma 2 e chiunque altro ne abbia interesse possono presentare
osservazioni sullo schema di PUOC.
5. Entro sessanta giorni successivi alla scadenza del termine stabilito al comma 4 per la
presentazione delle osservazioni, il comune trasmette alla provincia lo schema di PUOC,
unitamente alla deliberazione con la quale si decide sulle osservazioni ed agli atti che le corredano.
6. La provincia, entro trenta giorni dal ricevimento degli atti di cui al comma 5, può far pervenire al
comune osservazioni sulla rispondenza dello schema di PUOC alle norme della presente legge, al
PUCG ed alla pianificazione sovraordinata.
7. Decorso il termine di cui al comma 6, il comune adotta il PUOC e si pronuncia contestualmente,
con motivazioni specifiche, sulle eventuali osservazioni della provincia.
8. Entro trenta giorni dall'adozione del PUOC, ai sensi del comma 7, il PUOC è depositato presso la
segreteria del comune in libera visione al pubblico e dell’avvenuta adozione è dato avviso sull’albo
comunale e su almeno quattro quotidiani a diffusione nella provincia.
Art. 43
(Efficacia del PUOC)
1. I PUOC possono dettare disposizioni immediatamente precettive e vincolanti per i soggetti
pubblici e privati. In relazione a tali disposizioni i PUOC fissano il termine, non superiore a dieci
anni, entro il quale devono essere attuate.
2. Il provvedimento di adozione del PUOC ha efficacia di dichiarazione di pubblica utilità,
indifferibilità ed urgenza delle trasformazioni previste, ai fini della acquisizione pubblica, tramite
espropriazione, degli immobili. Tali espropriazioni devono essere effettuate entro il termine di cui
al comma 1.
Art. 44
(Contenuti e particolare efficacia dei PUOC)
1. I PUOC hanno i contenuti e l’efficacia:
a) dei piani particolareggiati di cui all’articolo 13 della l. 1150/1942;
b) dei piani di lottizzazione di cui all’articolo 28 della l. 1150/1942;
c) dei piani di zona per l’edilizia economica e popolare di cui alla legge 18 aprile 1962, n. 167 e
successive modificazioni;
d) dei piani per gli insediamenti produttivi di cui all’articolo 27 della legge 22 ottobre 1971, n. 865;
e) dei piani di recupero del patrimonio edilizio esistente di cui all’articolo 28 della l. 457/1978;
f) dei programmi di recupero urbano di cui all’articolo 11 della legge 4 dicembre 1993, n. 493;
g) dei programmi integrati di intervento di cui all’articolo 16 della legge 17 febbraio 1992, n. 179;
h) di ogni ulteriore piano e programma attuativo del piano urbanistico comunale generale previsto
dalla normativa statale o regionale.
2. Ciascun PUOC può avere, in rapporto agli interventi in esso previsti, i contenuti e l’efficacia di
più piani o programmi tra quelli previsti al comma 1.
3. Il PUOC individua le leggi di riferimento e gli eventuali immobili soggetti ad espropriazione.
Art. 45
(Relazione sullo stato della pianificazione urbanistica comunale)
1. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge e, a regime, entro il 30 ottobre
di ogni anno, i comuni devono trasmettere alla provincia competente per territorio ed alla Regione
una relazione sullo stato di attuazione delle previsioni del PUCG, con particolare riferimento alle
iniziative ed interventi in corso ed a quelli previsti ma non ancora avviati.
CAPO III
ATTUAZIONE DELLA PIANIFICAZIONE URBANISTICA
Art. 46
(Attuazione degli strumenti di pianificazione urbanistica previa espropriazione degli immobili)
1. Nei casi in cui il comune debba procedere all’attuazione degli strumenti di pianificazione
urbanistica attraverso l’espropriazione di immobili, gli immobili espropriati sono acquisiti dai
soggetti esproprianti ai sensi della normativa vigente. Qualora il soggetto espropriante sia il
comune, gli immobili espropriati sono acquisiti al patrimonio indisponibile del comune, salvo quelli
che possono essere ceduti in proprietà ai sensi della normativa vigente.
2. I comuni con riferimento agli immobili espropriati acquisiti al patrimonio comunale, possono
concedere il diritto di superficie o cederli in proprietà, in relazione alla presenza o meno del vincolo
di indisponibilità, a terzi che intendano edificarli, nel rispetto delle procedure di evidenza pubblica.
Con la delibera di concessione del diritto di superficie o con l’atto di cessione della proprietà è
approvata anche la convenzione, tra l'ente concedente o cedente ed il concessionario o cessionario,
stipulata sulla base di quanto previsto dall'articolo 76.
3. Il comune può eseguire direttamente le trasformazioni previste dagli strumenti urbanistici oppure
può concederne l’esecuzione ad altri soggetti pubblici o privati.
Art. 47
(Società di trasformazione urbana)
1. I comuni, la Città metropolitana di Roma, anche con la eventuale partecipazione delle province e
della Regione, possono costituire società per azioni per progettare e realizzare interventi di
trasformazione urbana, in attuazione degli strumenti urbanistici vigenti, secondo quanto previsto
dall’articolo 17, comma 59, della legge 15 maggio 1997, n. 127 e successive modificazioni.
2. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, la Giunta regionale provvede a
stabilire i criteri e le modalità per consentire ai proprietari pubblici e privati di immobili interessati
dalle trasformazioni la partecipazione alla società di cui al comma 1.
Art. 48
(Attuazione dei PUOC mediante comparti edificatori)
1. Le trasformazioni previste dai PUOC possono essere eseguite attraverso comparti edificatori
individuati o nel PUOC stesso o, successivamente, su istanza dei proprietari degli immobili
interessati.
2. Formato il comparto, il comune invita i proprietari interessati a dichiarare, entro un termine
stabilito nell’atto di notifica, se intendano procedere da soli, se proprietari dell’intero comparto,
oppure riuniti in consorzio, all’attuazione delle previsioni del PUOC.
3. Per la costituzione del consorzio di cui al comma 2 è richiesto il concorso dei proprietari
rappresentanti, in base all’imponibile catastale, il settantacinque per cento del valore dell’intero
comparto.
4. Il consorzio costituito ai sensi del comma 3 consegue la piena disponibilità del comparto
interessato mediante l’espropriazione, ai sensi della normativa vigente, degli immobili dei
proprietari non aderenti.
5. Il consorzio costituito ai sensi del comma 3, conseguita la piena disponibilità del comparto,
stipula apposita convenzione con il comune per l’esecuzione delle trasformazioni previste nel
PUOC. Stipulata tale convenzione, i singoli proprietari aderenti al consorzio possono richiedere al
comune gli atti abilitativi ad effettuare le singole trasformazioni in conformità al piano urbanistico
ed alla convenzione medesima.
6. In caso di inutile decorso del termine di cui al comma 2, il comune procede all’espropriazione del
comparto ai sensi della normativa vigente.
7. Per l’assegnazione del comparto espropriato ai sensi del comma 6, il comune, previa verifica
della possibilità di cedere il comparto al prezzo di esproprio più le spese relative ai soggetti
espropriati che avevano prestato il proprio consenso alla costituzione del consorzio, ai sensi del
comma 3, indice una gara aperta a tutti, al prezzo base corrispondente al prezzo di esproprio
aumentato delle spese relative. I nuovi proprietari si impegnano, con apposita convenzione, a
realizzare le previsioni di piano da soli, se proprietari dell’intero comparto, o riuniti in consorzio.
Art. 49
(Accordi di programma)
1. Per la definizione e la realizzazione di programmi d’intervento o di opere pubbliche ovvero di
opere ed interventi di iniziativa privata di rilevante interesse pubblico, in attuazione degli strumenti
urbanistici, che richiedono l’azione integrata e coordinata di comuni, province, Regione,
amministrazioni statali e di altri soggetti pubblici, si applica la disciplina prevista per gli accordi di
programma dall’articolo 27 della l. 142/1990 e successive modificazioni. (1c)
2. Qualora l’accordo di programma comporti variazione agli strumenti urbanistici ai sensi
dell’articolo 27, comma 5, della l. 142/1990 e successive modificazioni, gli atti relativi, prima della
seduta conclusiva, sono sottoposti alle forme di pubblicità previste dall'articolo 33, commi 1 e 2, ma
con i termini ridotti della metà.
3. (1d)
Art. 50
(Decadenza dei vincoli)
1. Qualora i vincoli previsti dagli strumenti di pianificazione territoriale ed urbanistica su
determinati immobili perdano efficacia per decorso del tempo, il comune competente è obbligato,
entro centoventi giorni dalla decadenza dei vincoli, ad adottare la pianificazione delle zone rimaste
libere dai vincoli stessi.
2. In attesa della pianificazione comunale prevista dal comma 1, nelle aree in cui i vincoli siano
divenuti inefficaci sono consentiti soltanto gli interventi indicati dall'articolo 4, ottavo comma della
legge 28 gennaio 1977, n. 10 e dall'articolo 1 della legge regionale 6 luglio 1977, n. 24, come
modificata dalla legge regionale 21 novembre 1990, n. 86.
Art. 50 bis (1d1)
(Norme di semplificazione concernenti le varianti urbanistiche per la realizzazione di opere
pubbliche o di pubblica utilità)
1. Nei casi previsti dall’articolo 19, commi 2 e 3, del decreto del Presidente della Repubblica 8
giugno 2001, n. 327 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di
espropriazione per pubblica utilità) e successive modifiche, concernenti l’adozione di progetti di
opere pubbliche in variante allo strumento urbanistico generale, la verifica di compatibilità della
variante è effettuata, in deroga agli articoli 33 e 34 della presente legge, dalla provincia, che si
pronuncia entro il termine di quarantacinque giorni dalla ricezione della delibera comunale di cui
all’articolo 19, comma 4. Decorso inutilmente il suddetto termine, la verifica si intende positiva.
Resta comunque fermo quanto previsto dall’articolo 10, comma 1, del d.p.r. 327/2001 e successive
modifiche.
2. La procedura di cui al comma 1 si applica anche nel caso di reiterazione del vincolo espropriativo
decaduto ai sensi dell’articolo 9, comma 4, del d.p.r. 327/2001 e successive modifiche.
3. La delibera del consiglio comunale di cui all’articolo 9, comma 5, del d.p.r. 327/2001 e
successive modifiche, con la quale, nel corso dei cinque anni di durata del vincolo espropriativo, si
dispone o si autorizza la realizzazione sul bene vincolato di opere pubbliche o di pubblica utilità
diverse da quelle originariamente previste dal PUCG, è sottoposta alla mera comunicazione alla
provincia.
4. Nel periodo di applicazione delle disposizioni transitorie previste dall’articolo 66, le norme del
presente articolo si applicano alle procedure di approvazione della variante urbanistica di
competenza della Regione.
TITOLO IV
TUTELA E DISCIPLINA DELL’USO AGRO-FORESTALE DEL SUOLO
CAPO I
INDIRIZZI PER LA REDAZIONE DEGLI STRUMENTI URBANISTICI
Art. 51
(Finalità)
1. Il presente titolo disciplina la tutela e l’uso del territorio agro-forestale, al fine di:
a) favorire la piena e razionale utilizzazione delle risorse naturali e del patrimonio insediativo ed
infrastrutturale esistente;
b) salvaguardare la destinazione agricola e forestale del suolo, valorizzandone le caratteristiche
ambientali, le specifiche vocazioni produttive e le attività connesse e compatibili;
c) promuovere la permanenza nelle zone agricole, in condizioni adeguate e civili, degli addetti
all’agricoltura;
d) favorire il rilancio e l’efficienza delle unità produttive;
e) favorire il recupero del patrimonio edilizio rurale esistente in funzione delle attività agricole e
delle attività integrate e complementari a quella agricola.
2. Le disposizioni di cui al presente titolo si applicano alle aree destinate dagli strumenti urbanistici
ad usi agricoli, appartenenti alle zone territoriali omogenee di tipo E come definite e disciplinate
dall’articolo 2 del decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968, pubblicato sulla Gazzetta
Ufficiale 16 aprile 1968, n. 97. Nei comuni ancora dotati di programma di fabbricazione, le zone
agricole coincidono con tutti i terreni ricadenti al di fuori della perimetrazione dei centri abitati. (1e)
Art. 52
(Assetto agro-forestale del territorio)
1. I comuni, mediante il PUCG o le sue varianti, individuano all’interno delle zone agricole,
sottozone a diversa vocazione e suscettività produttiva per indirizzarne il migliore utilizzo. (1f)
1 bis. Le sottozone in cui è suddivisa la zona agricola corrispondono, di norma, a:
a) aree caratterizzate da una produzione agricola tipica o specializzata;
b) aree a non elevato frazionamento fondiario caratterizzate dalla presenza di aziende di notevole
estensione;
c) aree che, caratterizzate dalla presenza di preesistenze insediative, sono utilizzabili per
l'organizzazione di centri rurali o per lo sviluppo di attività complementari ed integrate con l'attività
agricola;
d) terreni boscati o da rimboschire. (1g)
2. L’individuazione di cui commi 1 e 1 bis deve essere preceduta da una rilevazione e descrizione
analitica delle caratteristiche fisiche del territorio interessato e delle sue potenzialità produttive
elaborata sulla base della relazione agro-pedologica e di uso dei suoli di cui all’articolo 37, con
particolare riferimento: (1h)
a) alla natura fisico-chimica dei terreni, alla morfologia ed alle caratteristiche idro-geologiche;
b) all’uso di fatto ed all’uso potenziale dei suoli finalizzato all'incremento delle sue potenzialità
produttive;
c) allo stato della frammentazione e polverizzazione fondiaria;
d) alle caratteristiche socio-economiche del territorio e della popolazione che vi risiede o lo
utilizza.(1i)
3. Le previsioni del PUCG o le sue varianti, relativamente alle sottozone di cui al comma 1, devono
indicare, per ciascuna sottozona e con riferimento alle colture praticate od ordinariamente
praticabili, l’unità aziendale ottimale da determinarsi in base alla piena occupazione ed al reddito
comparabile, determinato ai sensi della normativa vigente, di almeno una unità lavorativa-uomo e
l’unità aziendale minima per l’esercizio in forma economicamente conveniente dell’attività
agricola, da determinarsi in base all’occupazione non inferiore alla metà del tempo di lavoro ed alla
metà del reddito comparabile di un’unità lavorativa-uomo. (1l)
Art. 53 (1m)
(Indirizzi per la redazione dei PUCG)
Art. 53 bis (1n)
(Indirizzi per la redazione dei regolamenti edilizi)
1. I comuni, in relazione alle specifiche caratteristiche del paesaggio rurale delle zone agricole,
prevedono nei propri regolamenti edilizi, oltre a quanto previsto dalla legge regionale 27 maggio
2008, n. 6 (Disposizioni regionali in materia di architettura sostenibile e di bioedilizia) e successive
modifiche e in particolare dall’articolo 6, specifiche modalità di intervento, prescrivendo l’utilizzo
di materiali e di tecniche costruttive tradizionali volti al mantenimento delle caratteristiche
tipologiche e architettoniche degli edifici rurali.
CAPO II
EDIFICAZIONE IN ZONA AGRICOLA
Art. 54
(Trasformazioni urbanistiche in zona agricola)
1. Fatto salvo quanto previsto dalle leggi regionali 6 ottobre 1997, n. 29 e successive modificazioni,
10 novembre 1997, n. 36 e 6 luglio 1998, n. 24 e successive modificazioni, nelle zone agricole è
vietata:
a) ogni attività comportante trasformazioni del suolo per finalità diverse da quelle legate alla
produzione vegetale, all’allevamento animale o alla valorizzazione dei relativi prodotti, nonché ad
attività connesse e compatibili; (1o)
b) ogni lottizzazione a scopo edilizio;
c) l’apertura di strade interpoderali che non siano strettamente necessarie per l’utilizzazione agricola
e forestale del suolo.
Art. 55 (2)
(Edificazione in zona agricola)
1. Fermo restando l’obbligo di procedere prioritariamente al recupero delle strutture esistenti, la
nuova edificazione in zona agricola è consentita soltanto se necessaria alla conduzione del fondo e
all’esercizio delle attività agricole e di quelle ad esse connesse. Eventuali edificazioni da destinare
ad usi di tipo esclusivamente residenziale estensivo sono realizzabili nelle zone C di cui all’articolo
56.
2. Le nuove edificazioni di cui al comma 1 sono consentite secondo quanto previsto nel presente
articolo.
3. Gli edifici esistenti in zona agricola alla data di entrata in vigore della presente legge possono
essere soggetti a interventi di rinnovo, fino alla demolizione e ricostruzione, con il vincolo di non
superare le superfici lorde utili esistenti, salvo un aumento, per una sola volta, del dieci per cento
delle sole superfici con destinazione residenziale per motivi di adeguamento igienico sanitario.
4. Gli edifici di cui al comma 3 ubicati entro le aree di rispetto stradale, in caso di demolizione e
ricostruzione devono essere delocalizzati quanto più possibile per osservare le norme di tale
rispetto, beneficiando comunque di un incremento delle superfici lorde utili fino al quindici per
cento.
5. Le strutture adibite a scopo abitativo, salvo quanto diversamente e più restrittivamente indicato
dai piani urbanistici comunali, dai piani territoriali o dalla pianificazione di settore, non possono,
comunque, superare il rapporto di 0,01 metri quadri per metro quadro, fino ad un massimo di 300
metri quadri per ciascun lotto inteso come superficie continua appartenente alla stessa intera
proprietà dell’azienda agricola. Il lotto minimo è rappresentato dall’unità aziendale minima di cui
all’articolo 52, comma 3. È ammesso, ai fini del raggiungimento della superficie del lotto minimo,
l’asservimento di lotti contigui, anche se divisi da strade, fossi o corsi d’acqua.
6. L’unità aziendale minima non può, in ogni caso, essere fissata al di sotto di 10mila metri quadri.
In mancanza dell’individuazione dell’unità aziendale minima, il lotto minimo è fissato in 30mila
metri quadri.
7. Gli annessi agricoli possono essere realizzati fino ad un massimo di 20 metri quadri per ogni
5mila metri quadri di terreno ed un’altezza massima di 3,20 metri lineari calcolata alla gronda. Tali
manufatti devono essere realizzati con copertura a tetto.
8. Fatto salvo quanto previsto dal comma 7, nei comuni con popolazione inferiore a duemila
abitanti, le cui zone agricole siano caratterizzate da un elevato frazionamento fondiario, possono
essere realizzati annessi agricoli di superficie massima di 12 metri quadri, con altezza massima di
2,30 metri lineari calcolati alla gronda, su lotti di superficie non inferiore a 1.500 metri quadri,
purché gli stessi lotti siano utilizzati per lavorazioni agricole da almeno tre anni alla data della
richiesta ad edificare.
9. Rientrano negli annessi agricoli i depositi di attrezzi, le rimesse per mezzi meccanici riguardanti
le lavorazioni agricole, i depositi e magazzini di prodotti agricoli, le stalle e i ricoveri di animali, i
locali per prime lavorazioni e confezioni di prodotti agricoli, i locali e i servizi per il riparo diurno
degli addetti nonché gli impianti di produzione elettrica alimentati da biomasse di origine agricola.
(2.1)
10. Il lotto minimo per cui è possibile richiedere la concessione edilizia ed i limiti dimensionali
massimi degli annessi agricoli sono derogabili previa approvazione, da parte del comune, di un
piano di utilizzazione aziendale presentato ai sensi dell’articolo 57.
Art. 56 (2a)
(Insediamenti residenziali estensivi)
1. Il PUCG o le sue varianti possono stabilire che limitate porzioni del territorio agricolo,
contraddistinte da un elevato frazionamento delle proprietà fondiarie, siano destinate a nuovi
insediamenti a bassa densità edilizia. Tali porzioni di territorio devono essere classificate come zone
di espansione di cui alla lettera C del decreto del ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968 e non
possono comunque eccedere:
a) il venti per cento del totale della capacità insediativa prevista dal PUCG, nei comuni con
popolazione inferiore a quindicimila abitanti;
b) il quindici per cento del totale della capacità insediativa prevista dal PUCG, nei comuni con
popolazione fino a centomila abitanti;
c) il cinque per cento del totale della capacità insediativa prevista dal PUCG, nei comuni con
popolazione superiore a centomila abitanti.
2. L’edificazione nelle zone di cui al comma 1 è subordinata alla previa approvazione di un piano di
lottizzazione ovvero di un altro strumento attuativo e, salvo quanto più restrittivamente disposto dai
piani urbanistici comunali, dai piani territoriali o dalla pianificazione di settore, deve rispettare le
seguenti prescrizioni:
a) indice di edificabilità residenziale non superiore a 0,05 metri quadri per metro quadro, fino ad
una superficie massima di 500 metri quadri;
b) lotto minimo non inferiore ai 5mila metri quadri;
c) messa a dimora di alberature in ragione di almeno una pianta per ogni 10 metri quadrati di
superficie lorda utile fuori terra, con un minimo di almeno quindici piante per lotto.
3. Le zone di cui al comma 1 non possono essere ampliate in sede di variante del PUCG prima che
ne sia stato utilizzato almeno l’ottanta per cento della superficie totale.
Art. 57(2b)
(Piani di utilizzazione aziendale)
1. Per le zone agricole, gli imprenditori agricoli, così come definiti all’articolo 2135 del codice
civile, singoli o associati, possono presentare al comune un piano di utilizzazione aziendale (PUA)
che, previa indicazione dei risultati aziendali che si intendono conseguire, evidenzi la necessità di
derogare alle prescrizioni relative al lotto minimo ed alle dimensioni degli annessi agricoli di cui
all’articolo 55.
2. Il PUA è sottoscritto da un dottore agronomo forestale, o da un perito agrario, debitamente
abilitato, nei limiti delle rispettive competenze professionali, ed è sottoposto al preventivo parere
della commissione edilizia comunale, integrata da un dottore agronomo forestale o da un perito
agrario ovvero da un agrotecnico o un agrotecnico laureato ovvero, in caso di mancata istituzione
della commissione edilizia, al preventivo parere di una commissione, nominata dal comune, di cui
fanno parte un rappresentante della struttura comunale competente e due esperti esterni dottori
agronomi forestali o periti agrari. Tale parere riguarda, in particolare: (2c)
a) la verifica dei presupposti agronomici e/o forestali;
b) la verifica degli aspetti paesistico-ambientali ed idrogeologici;
c) la verifica di coerenza e di compatibilità con i piani sovraordinati generali e di settore.
3. Il PUA contiene:
a) una descrizione dello stato attuale dell'azienda;
b) una descrizione degli interventi programmati per lo svolgimento dell'attività agricola e delle
attività connesse, nonché degli altri interventi previsti per la tutela e la valorizzazione ambientale;
c) l'individuazione dei fabbricati esistenti e l'individuazione dei fabbricati presenti nell'azienda
ritenuti non più rispondenti alle finalità economiche e strutturali descritte dal programma;
d) una descrizione dettagliata degli interventi edilizi necessari a migliorare le condizioni di vita e di
lavoro dell'imprenditore agricolo, nonché a potenziare le strutture produttive con l'indicazione dei
fabbricati da realizzare e dei terreni agricoli collegati agli stessi.
4. Il PUA può comprendere una pluralità di aree non contigue, purché, in questo caso, sia raggiunta
una superficie complessiva non inferiore al lotto minimo di cui all’articolo 55.
5. Il PUA è approvato dal comune e si realizza attraverso un'apposita convenzione che, oltre a
quanto previsto dall'articolo 76, stabilisce in particolare l'obbligo per il richiedente di:
a) effettuare gli interventi previsti dal programma, in relazione ai quali è richiesta la realizzazione di
nuove costruzioni rurali;
b) non modificare la destinazione d'uso agricola delle costruzioni esistenti o recuperate necessarie
allo svolgimento delle attività agricole e di quelle connesse per il periodo di validità del piano;
c) non modificare la destinazione d'uso agricola delle nuove costruzioni rurali eventualmente da
realizzare per almeno dieci anni dall'ultimazione della costruzione;
d) non alienare separatamente dalle costruzioni il fondo alla cui capacità produttiva sono riferite le
costruzioni stesse;
e) asservire le edificazioni ai terreni alla cui capacità produttiva esse si riferiscono.
6. Il vincolo di destinazione d'uso di cui al comma 5, lettere b) e c) è trascritto a cura e spesa del
beneficiario presso la competente conservatoria dei registri immobiliari.
Art. 58
(Vincolo di inedificabilità)
1. All’atto del rilascio della concessione edilizia per le costruzioni da realizzare ai sensi degli
articoli 55, 56 e 57, viene istituito un vincolo di non edificazione, trascritto presso la conservatoria
dei registri immobiliari, sul fondo di pertinenza dell’edificio per cui si è richiesta la concessione.
2. Le abitazioni esistenti in zona agricola alla data di entrata in vigore della presente legge
estendono sul terreno dello stesso proprietario un vincolo di non edificazione fino a concorrenza
della superficie fondiaria necessaria alla loro edificazione ai sensi dell’articolo 55. La demolizione
parziale o totale di tali costruzioni, corrispondentemente, riduce od elimina il vincolo.
TITOLO V
TUTELA E RECUPERO DEGLI INSEDIAMENTI URBANI STORICI
CAPO I
FINALITA’
Art. 59
(Finalità)
1. All’interno degli insediamenti urbani storici aggregati o centri storici e degli insediamenti storici
puntuali come definiti dall’articolo 60, gli interventi sono finalizzati a conservare od a ricostruire il
patrimonio edilizio e le pertinenze inedificate per consentire la piena utilizzazione,
rifunzionalizzazione ed immissione nel mercato immobiliare. Gli interventi perseguono, in
particolare, i seguenti obiettivi:
a) la tutela dell’integrità fisica e la valorizzazione dell’identità culturale del centro storico;
b) il mantenimento od il ripristino dell’impianto urbano;
c) la tutela, la valorizzazione e la rivitalizzazione del patrimonio edilizio storico;
d) il recupero abitativo e sociale del patrimonio edilizio minore o di base;
e) l’integrazione di attrezzature e servizi mancanti, compatibilmente con la morfologia
dell’impianto urbano e con i caratteri tipologici e stilistici-architettonici del patrimonio edilizio
storico da riutilizzare;
f) l’ammodernamento e la riqualificazione dell’urbanizzazione primaria.
Art. 60
(Definizione degli insediamenti urbani storici aggregati o centri storici e degli insediamenti storici
puntuali)
1. Sono centri storici gli organismi urbani di antica formazione che hanno dato origine alle città
contemporanee. Essi si individuano come strutture urbane che hanno mantenuto la riconoscibilità
delle tradizioni, dei processi e delle regole che hanno presieduto alla loro formazione e sono
costituiti da patrimonio edilizio, rete viaria e spazi inedificati. La loro perimetrazione, in assenza di
documentazione cartografica antecedente, si basa sulle configurazioni planimetriche illustrate nelle
planimetrie catastali redatte dopo l’avvento dello stato unitario. L’eventuale sostituzione di parti,
anche cospicue, dell’edilizia storica non influisce sui criteri indicati per eseguire la perimetrazione.
2. Gli insediamenti storici puntuali sono costituiti da strutture edilizie comprensive di edifici e spazi
inedificati, nonché da infrastrutture territoriali che testimoniano fasi dei particolari processi di
antropizzazione del territorio. Essi sono ubicati anche al di fuori delle strutture urbane e
costituiscono poli riconoscibili dell’organizzazione storica del territorio.
CAPO II
PROGRAMMAZIONE REGIONALE
Art. 61
(Programma pluriennale regionale di intervento per gli insediamenti urbani storici)
1. Per le finalità di cui all’articolo 59, la Regione approva un programma pluriennale regionale di
intervento per gli insediamenti urbani storici, che indichi, in particolare:
a) gli interventi da realizzare, nel rispetto del PUCG, nonché la localizzazione degli stessi, la durata
ed i tempi di realizzazione;
b) le prescrizioni per l’elaborazione e l’attuazione dei relativi progetti con l’individuazione dei
soggetti attuatori e con la specificazione dei parametri per il controllo preventivo dell’efficacia dei
progetti e per quello successivo di attuazione;
c) i costi di investimento e di gestione, le risorse da impiegare, le fonti di finanziamento ed i
destinatari dei finanziamenti.
2. La Giunta regionale predispone, previo parere del comitato previsto dall’articolo 16, una proposta
preliminare del programma di cui al comma 1, che viene pubblicata sul BUR. Contestualmente alla
pubblicazione, copia della proposta preliminare è trasmessa alle competenti Soprintendenze per
l’acquisizione dei pareri previsti dalla legislazione vigente.
3. La Giunta regionale, le province e la Città metropolitana di Roma effettuano le rispettive
consultazioni, secondo le modalità indicate dall’articolo 10, commi 5 e 6.
4. La Giunta regionale, sulla base delle risultanze delle consultazioni effettuate ai sensi del comma
3 e dei pareri espressi ai sensi del comma 2, elabora la proposta definitiva del programma di cui al
comma 1 e la trasmette al Consiglio regionale per l’approvazione entro centottanta giorni dalla data
di pubblicazione.
5. Il programma pluriennale regionale di intervento per gli insediamenti urbani storici è pubblicato
sul BUR ed acquista efficacia dal giorno successivo a quello della sua pubblicazione.
TITOLO VI
DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI
CAPO I
DISPOSIZIONI TRANSITORIE
Art. 62
(Primo PTRG)
1. In sede di prima applicazione della presente legge, ed in deroga a quanto previsto dall’articolo
10, lo schema di quadro di riferimento territoriale adottato dalla Giunta regionale con deliberazione
12 giugno 1998, n. 2437 e successive modificazioni, assume l’efficacia di schema di PTRG di cui
all’articolo 10, comma 2. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, la
Giunta regionale delibera la proposta di PTRG da sottoporre all’adozione del Consiglio regionale
unitamente ad una relazione motivata, tenendo conto delle consultazioni effettuate sullo schema di
PTRG.
Art. 63
(Verifica di compatibilità dei piani regionali di settore esistenti)
1. Entro un anno dalla data di esecutività del primo PTRG di cui all’articolo 62, la Giunta regionale,
sentito il comitato di cui all'articolo 16, verifica la compatibilità dei piani regionali di settore
esistenti con le previsioni del PTRG ed adotta le eventuali modifiche secondo le modalità indicate
dalle leggi che li hanno previsti.
Art. 63 bis (2d)
(Primo PTPG e prima verifica di compatibilità del PUCG)
1. In sede di prima applicazione della presente legge ed in deroga a quanto previsto dall’articolo 9,
comma 3, lettera c), la provincia adotta il PTPG, ai sensi dell’articolo 21, comma 4, entro il 31
dicembre 2003. Decorso inutilmente tale termine, la Regione attiva i poteri sostitutivi ai sensi
dell’articolo 74.
2. La provincia effettua la verifica di compatibilità del PUCG, di cui all’articolo 33, comma 3, a
decorrere dalla data di pubblicazione del PTPG ai sensi dell’articolo 21, comma 12.
3. La provincia che ha eventualmente adottato, entro la data di entrata in vigore della presente
legge, il piano territoriale di coordinamento ai sensi dell’articolo 55 della legge regionale 7 giugno
1999, n. 6, in corso di verifica di compatibilità da parte della Regione, adegua tali piani, entro il
termine di cui al comma 1, ai contenuti del PTPG previsti dall’articolo 20, con le procedure
disciplinate dall’articolo 21. In tale caso, ai fini della verifica di compatibilità del PUCG, si applica
la disposizione di cui al comma 2.
Art. 64
(Disposizioni transitorie per la Città metropolitana di Roma)
1. Fino alla costituzione della Città metropolitana di Roma, al comune di Roma non si applicano le
disposizioni di cui all'articolo 32.
Art. 65
(Termini per l’adozione dei PUCG)
1. I comuni sono obbligati ad adottare i PUCG di cui al titolo III, capo I, entro tre anni dalla data di
pubblicazione del PTPG ai sensi dell’articolo 21, comma 12. se capoluogo di provincia o se aventi
popolazione superiore ai cinquantamila abitanti ed entro cinque anni negli altri casi. (2e)
2. Nei comuni sprovvisti di strumento urbanistico generale e nei comuni dotati di programma di
fabbricazione sono consentiti soltanto gli interventi di cui all’articolo 31, primo comma, lettere a),
b), c) e d) della l. 457/1978, all’interno del perimetro del centro abitato definito ai sensi dell’articolo
41-quinquies della l. 1150/1942, come modificata dalla legge 6 agosto 1967, n. 765.
3. I comuni dotati di programma di fabbricazione possono apportare a tale strumento urbanistico
soltanto le varianti derivanti dall’approvazione di progetti di opere pubbliche di cui all’articolo 1,
quarto e quinto comma della legge 3 gennaio 1978, n. 1 e successive modificazioni.
4. Le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano ai comuni per i quali le province abbiano
stabilito termini diversi nei rispettivi PTPG ai sensi dell’articolo 20, comma 3, lettera c).
Art. 65 bis
(Disposizioni transitorie per le zone agricole)
1. Ai fini degli adempimenti comunali di cui all’articolo 52, la Giunta regionale, entro il 15
dicembre 2000, con propria deliberazione, detta appositi criteri ed indirizzi per la definizione della
diverse aree produttive del Lazio.
2.Entro il 31 dicembre 2001, i comuni provvedono ad indicare l’unità aziendale ottimale e l’unità
aziendale minima ai sensi dell’articolo 52, comma 3. (2f)
3. Fino alla scadenza del termine di cui al comma 2, in deroga a quanto disposto nell’articolo 51,
comma 2, alle zone agricole definite all’interno degli strumenti urbanistici vigenti continuano ad
applicarsi le disposizioni previste negli strumenti stessi. Decorso il termine suddetto alle zone
agricole definite all'interno degli strumenti urbanistici vigenti si applicano le disposizioni di cui al
Titolo IV. (3) (3a) (3b)
Art. 66
(Applicazione transitoria delle vigenti leggi urbanistiche)
1. Fatto salvo quanto previsto dal comma 2, ai piani regolatori generali e loro varianti, ivi compreso
quelle derivanti da accordi di programma, nonché agli strumenti urbanistici attuativi e loro varianti,
adottati dai comuni fino alla data di pubblicazione del PTPG ai sensi dell’articolo 21, comma 12,
continuano ad applicarsi le leggi urbanistiche previgenti, ferma restando, comunque, l’applicazione
delle procedure di pubblicità previste dall’articolo 49, comma 2, per le varianti che costituiscono
oggetto di accordo di programma. (4)
2. Fino alla data di adozione del PUCG ai sensi della presente legge e, comunque, fino alla scadenza
del termine previsto per l’adeguamento dei piani regolatori generali ai PTPG, agli strumenti
urbanistici attuativi in variante si applicano le disposizioni della legge regionale 2 luglio 1987, n. 36
e successive modificazioni.
2 bis. Fermo restando quanto previsto dal comma l, è in ogni caso facoltà dei comuni provvedere
alla formazione ed approvazione dei piani regolatori generali, adottati successivamente al 31
dicembre 2005 e non oltre la data di pubblicazione del PTPG e comunque entro il 30 giugno 2007,
con le modalità previste dai commi 2 e seguenti dell’articolo 66 bis. (5)
Art. 66 bis (6)
(Disposizioni transitorie per la formazione ed
approvazione dello strumento urbanistico generale del Comune di Roma)
l. In relazione alla particolare condizione di Roma quale Capitale della Repubblica, ribadita
dall’articolo 114 della Costituzione, alla sua configurazione istituzionale di capoluogo di area
metropolitana riconosciuta dall’articolo 22 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo
unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali), tenuto conto dei principi costituzionali di
adeguatezza e differenziazione, richiamati nell’articolo 16 dello Statuto regionale, nonché delle
oggettive peculiarità connesse alla dimensione territoriale, demografica e sociale della Capitale ed
alla ricaduta sul suo assetto e sviluppo urbanistico, il Comune di Roma, in deroga alla norma
transitoria di cui all’articolo 66 e nelle more dell’approvazione del PTPG, provvede alla formazione
ed approvazione dello strumento urbanistico generale o di sue varianti mediante la conclusione di
un accordo di pianificazione, secondo le forme e le modalità di cui ai commi successivi. (7)
2. Il Sindaco, al fine di verificare la possibilità di concludere l’accordo di cui al comma 1, decorsi
trenta giorni dalla trasmissione alla Regione del piano regolatore generale e della deliberazione di
controdeduzioni alle osservazioni pervenute, adottati ai sensi della l. 1150/1942 e successive
modifiche, convoca, d’intesa con il Presidente della Regione, una conferenza di copianificazione fra
i dirigenti delle strutture tecniche competenti del Comune, della Regione e della Provincia,
nell’ambito della quale viene esaminato il piano adottato e verificata l’acquisizione dei pareri e
nulla osta di altre amministrazioni prescritti dalla legislazione vigente, nonché l’opportunità di
introdurre le modifiche di cui all’articolo 10, comma 2, della 1. 1150/1942, come modificato
dall’articolo 3 della legge 6 agosto 1967, n. 765.
3. Nella conferenza vengono, in ogni caso, individuati gli adeguamenti necessari al fine di
conformare il piano adottato alle previsioni di strumenti di pianificazione territoriali e di settore, di
ambito regionale o statale.
4. In esito ai lavori della conferenza, che debbono comunque concludersi entro sessanta giorni dalla
convocazione, i partecipanti alla conferenza stessa convengono su uno schema di accordo, di cui è
parte integrante una relazione tecnica, corredata di opportuna cartografia, recante dettagliate ed
univoche indicazioni sulle eventuali modifiche, integrazioni ed adeguamenti da apportare al piano
adottato.
5. Qualora lo schema di accordo di cui al comma 4 preveda, rispetto al piano adottato dal Comune,
modifiche differenti dagli adeguamenti di cui al comma 3, sulle medesime si pronuncia il consiglio
comunale entro trenta giorni dal ricevimento dello schema stesso.
6. Nei trenta giorni successivi alla definizione dei lavori della conferenza ovvero alla pronuncia
favorevole del consiglio comunale ai sensi del comma 5, il Sindaco ed il Presidente della Regione,
sentito il Presidente della Provincia, stipulano l’accordo di pianificazione, che conferma e recepisce
lo schema di cui al comma 4. L’accordo è ratificato, entro trenta giorni a pena di decadenza, dalla
Giunta regionale e dal consiglio comunale.
7. Contestualmente alla ratifica dell’accordo, il consiglio comunale approva il piano adottato, in
conformità alle eventuali modifiche ed adeguamenti concordati nell’accordo medesimo.
8. Con l’atto di approvazione possono essere apportate al piano adottato esclusivamente le
modifiche necessarie per conformarli ai contenuti dell’accordo di pianificazione.
9. L’efficacia del piano regolatore generale è subordinata alla pubblicazione nel BURL dell’avviso
della avvenuta approvazione.
10. Le misure di salvaguardia previste dalla l. 1902/1952 hanno efficacia per cinque anni a
decorrere dalla data di adozione del piano regolatore generale.
Art. 67
(Disposizioni transitorie per il comitato)
1. Il comitato di cui all'articolo 16 è nominato entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore
della presente legge. Qualora il Consiglio regionale non proceda alle designazioni previste
dall'articolo 16, comma 3, alle designazioni stesse provvede il Presidente del Consiglio regionale, in
via sostitutiva, entro il termine perentorio dei dieci giorni successivi alla scadenza del termine
previsto per la nomina.
2. Dal suo insediamento il comitato di cui all'articolo 16 subentra nelle funzioni della prima sezione
del comitato tecnico consultivo regionale per l'urbanistica, l'assetto del territorio, i lavori pubblici e
le infrastrutture di cui alla legge regionale 8 novembre 1977, n. 43 e successive modificazioni,
relativamente ai procedimenti già avviati dalla prima sezione del comitato tecnico consultivo stesso
e non ancora conclusi alla data di insediamento del comitato di cui all'articolo 16.
2bis. In deroga a quanto previsto dall’articolo 16, comma 1, relativamente alle competenze del
comitato e ai fini di cui all’articolo 66, comma 1 , il comitato esercita le funzioni già di competenza
della prima sezione di cui al comma 2, concernente i piani e gli strumenti urbanistici adottati dai
comuni entro la data di pubblicazione del primo PTPG. (8)
CAPO II
DISPOSIZIONI FINALI
Art. 68
(Compatibilità urbanistico-territoriale ed ambientale degli interventi ed opere di interesse regionale
e provinciale)
1. Qualora per la realizzazione di interventi ed opere di interesse regionale o provinciale sia
necessaria una variazione al PUGC vigente, l’amministrazione procedente è tenuta a predisporre,
insieme al progetto, uno specifico studio sugli effetti urbanistico-territoriali ed ambientali dell’opera
o dell’intervento e sulle misure necessarie per il suo inserimento nel territorio comunale.
Art. 69
(Istruzioni tecniche per la redazione degli strumenti di pianificazione territoriale ed urbanistica
subregionali)
1. Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, la Giunta regionale,
con propria deliberazione, detta le istruzioni tecniche da osservare nella redazione degli strumenti di
pianificazione territoriale ed urbanistica subregionali ed individua gli elaborati costitutivi essenziali
dei singoli strumenti di pianificazione territoriale ed urbanistica al fine di assicurare completezza di
analisi ed omogeneità di linguaggio tecnico nonché uniformità di rappresentazione grafica.
Art. 70
(Criteri generali per l’adozione dei regolamenti edilizi)
1. La Giunta regionale adotta una deliberazione per la determinazione dei criteri generali per la
formazione dei regolamenti edilizi e per consentirne il necessario coordinamento con le norme
tecniche d'attuazione del PUCG.
2. Per i fini di cui al comma 1, la Giunta regionale, nel termine di novanta giorni dalla data di
entrata in vigore della presente legge, invia alle province uno schema di deliberazione ai fini della
consultazione degli enti locali. Entro i sessanta giorni successivi, le province trasmettono alla
Regione una relazione contenente le osservazioni presentate dagli enti locali.
3. Decorso il termine di sessanta giorni di cui al comma 2, la Giunta regionale adotta la
deliberazione, che deve contenere le controdeduzioni alle osservazioni presentate, qualora sia
pervenuta la relazione delle province.
Art. 71
(Regolamenti edilizi)
1. I comuni adottano i regolamenti edilizi di cui all'articolo 33 della l. 1150/1942 nel rispetto dei
criteri generali stabiliti dalla Giunta regionale con la deliberazione di cui all’articolo 70.
2. Gli schemi dei regolamenti edilizi adottati o delle loro varianti sono trasmessi alla provincia la
quale, entro sessanta giorni dalla data di ricevimento, può far pervenire al comune osservazioni
sulla rispondenza ai criteri generali indicati al comma 1, proponendo eventuali modifiche.
3. Decorso il termine di cui al comma 2 i comuni adottano i regolamenti edilizi o le loro varianti,
pronunciandosi motivatamente sulle eventuali osservazioni della provincia.
4. Le disposizioni del presente articolo si applicano successivamente all’emanazione dei criteri
generali indicati al comma 1 e comunque a partire dal settimo mese successivo alla data di entrata
in vigore della presente legge.
Art. 72
(Criteri per i PUCG per la stima dei fabbisogni di spazi per le diverse funzioni)
1. Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, la Giunta regionale
indica, con propria deliberazione, i criteri per la stima dei fabbisogni di spazi per le diverse funzioni
e le dotazioni di spazi per funzioni pubbliche e collettive, ai fini della predisposizione dei PUCG.
Art. 73
(Sportello urbanistico)
1. Al fine di accelerare l'acquisizione dei pareri relativi ai regimi vincolistici presenti sul territorio
necessari, ai sensi della normativa vigente, al rilascio delle concessioni edilizie, i comuni si dotano
dello sportello urbanistico.
2. La Giunta regionale, entro il termine di nove mesi dalla data di entrata in vigore della presente
legge, emana un atto di indirizzo e di coordinamento che stabilisce modalità e procedure per la
costituzione ed il funzionamento dello sportello urbanistico e prevede le necessarie risorse.
Art. 74
(Poteri sostitutivi)
1. La Regione provvede all'attivazione dei poteri sostitutivi ai sensi della normativa vigente, qualora
gli enti pubblici territoriali subregionali, sebbene invitati a provvedere entro congruo termine,
ritardino od omettano di compiere atti di loro competenza ai sensi della presente legge.
2. Ai fini dell'attivazione dei poteri sostitutivi di cui al comma 1 nei confronti dei comuni o loro
associazioni, le province provvedono a dare tempestiva comunicazione alla Regione dell'eventuale
inutile decorso dei termini previsti dalla presente legge per l'adozione degli atti da parte dei comuni
e loro associazioni.
Art. 75
(Collaborazione fra le strutture tecniche)
1. La Regione, le province, i comuni, la Città metropolitana di Roma e gli altri enti pubblici preposti
alla pianificazione territoriale assicurano la collaborazione delle rispettive strutture tecniche, anche
attraverso apposite intese.
2. La Regione, ai sensi dell'articolo 30 della l.r. 14/1999, garantisce assistenza tecnica agli enti
locali che ne facciano richiesta per l'esercizio delle funzioni e dei compiti amministrativi ad essi
conferiti.
Art. 76
(Convenzioni tra enti pubblici e privati)
1. Le convenzioni tra enti pubblici e privati previste dalla presente legge devono prevedere almeno:
a) l’impegno dei soggetti attuatori ad effettuare le trasformazioni nel rispetto delle vigenti
normative ed in conformità dei titoli abilitativi;
b) i termini di inizio e di ultimazione degli interventi;
c) la durata degli obblighi assunti;
d) le garanzie, reali e finanziarie, da prestare per l’adempimento degli obblighi assunti;
e) le sanzioni in caso di inosservanza degli obblighi assunti ed i casi di maggiore gravità in cui
l’inosservanza comporti la decadenza delle autorizzazioni o concessioni rilasciate;
f) l’esecuzione delle opere di urbanizzazione, ove si preveda che siano in tutto od in parte eseguite
dal soggetto attuatore delle trasformazioni autorizzate, con precisazione degli elementi progettuali,
delle modalità di controllo sulla loro esecuzione, delle garanzie, nonché dei criteri e modalità del
loro trasferimento all’ente pubblico.
2. Qualora la convenzione sia prevista per l’esecuzione di un PUOC, essa deve contenere le ulteriori
clausole previste dalle specifiche leggi statali e regionali vigenti.
Art. 77
(Disposizione finale)
1. Per quanto non disciplinato dalla presente legge continuano ad applicarsi le disposizioni
procedimentali previste dalla normativa statale e regionale vigente in relazione agli strumenti di
pianificazione territoriale ed urbanistica, ivi comprese quelle relative ai pareri obbligatori.
Art. 78
(Abrogazioni)
1. Sono abrogate tutte le disposizioni incompatibili con la presente legge.
2. In particolare è abrogata la l.r. 43/1977 e successive modificazioni concernente il comitato
tecnico consultivo regionale per l'urbanistica, l'assetto del territorio, i lavori pubblici e le
infrastrutture, unicamente in relazione alle disposizioni che disciplinano la composizione, il
funzionamento e le competenze della prima sezione. Tale abrogazione decorre dalla data di
insediamento del comitato di cui all'articolo 16 e, limitatamente alle funzioni previste dall'articolo
67, comma 2, dalla definizione dei procedimenti indicati dal medesimo articolo 67, comma 2.
Art. 79
(Risorse per l'esercizio delle funzioni e dei compiti amministrativi in materia di territorio ed
urbanistica)
1. Per il conferimento di eventuali risorse necessarie per l'esercizio delle funzioni e dei compiti
amministrativi in materia di territorio ed urbanistica di cui alla presente legge, si provvede in
conformità alle disposizioni di cui alla l.r. 14/1999.
Art. 80
(Dichiarazione d'urgenza)
1. La presente legge è dichiarata urgente ai sensi dell'articolo 127 della Costituzione e dell'articolo
31 dello Statuto regionale ed entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione
sul Bollettino Ufficiale della Regione Lazio.
Note:
(1) Pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione Lazio del 30 dicembre 1999, n. 36, S. O. n. 7
(1.1) Lettera abrogata dall'articolo 70, comma 1, della legge regionale 28 aprile 2006, n. 4 con
decorrenza, ai sensi del medesimo articolo 70, comma 8, dalla data di adozione del piano territoriale
paesistico regionale (PTPR) avvenuta con deliberazione della Giunta regionale del 25 luglio 2007,
n. 556.
(1.2) Comma modificato dall'articolo 1, comma 1 della legge regionale 6 agosto 2007, n. 14
(1.3) Lettera sostituita dall'articolo 1, comma 2 della legge regionale 6 agosto 2007, n. 14
(1.4) Lettera modificata dall'articolo 1, comma 3 della legge regionale 6 agosto 2007, nl 14
(1.5) Comma sostituito dall'articolo 1, comma 4 della legge regionale 6 agosto 2007, n. 14
(1a) Articolo inserito dall'articolo 285, comma 1 della legge regionale 10 maggio 2001, n. 10
(1aa) Articolo sostituito dall'articolo 70, comma 2 della legge regionale 28 aprile 2006, n. 4 con
decorrenza, ai sensi del medesimo articolo 70, comma 8, dalla data di adozione del piano territoriale
paesistico regionale (PTPR) avvenuta con deliberazione della Giunta regionale del 25 luglio 2007,
n. 556. Il testo originario è riportato nella sezione "Testo storico" della Banca dati delle leggi
regionali"
(1ab) Comma abrogato dall'articolo 70, comma 3 della legge regionale 28 aprile 2006, n. 4 con
decorrenza, ai sensi del medesimo articolo 70, comma 8, dalla data di adozione del piano territoriale
paesistico regionale (PTPR) avvenuta con deliberazione della Giunta regionale del 25 luglio 2007,
n. 556.
(1ac) Articolo abrogato dall'articolo 70, comma 4 della legge regionale 28 aprile 2006, n. 4 con
decorrenza, ai sensi del medesimo articolo 70, comma 8, dalla data di adozione del piano territoriale
paesistico regionale (PTPR) avvenuta con deliberazione della Giunta regionale del 25 luglio 2007,
n. 556.
(1ad) Comma modificato dall'articolo 21, comma 1 della legge regionale 11 agosto 2009, n. 21
(1ae) Lettera modificata dall'articolo 21, comma 2 della legge regionale 11 agosto 2009, n. 21
(1af) Articolo sostituito dall'articolo 70, comma 5 della legge regionale 28 aprile 2006, n. 4 con
decorrenza, ai sensi del medesimo articolo 70, comma 8, dalla data di adozione del piano territoriale
paesistico regionale (PTPR) avvenuta con deliberazione della Giunta regionale del 25 luglio 2007,
n. 556
(1b) Comma già modificato dall'articolo 285, comma 2 della legge regionale 10 maggio 2001, n. 10
poi dall'articolo 88, comma 2 della legge regionale 6 settembre 2001, n. 24 e da ultimo
dall'articolo 1, comma 1 della legge regionale 31 dicembre 2002, n. 44.
(1ba) Comma modificato dall'articolo 1, comma 2 della legge regionale 31 dicembre 2002, n. 44.
(1bb) Comma modificato dall'articolo 1, comma 3 della legge regionale 31 dicembre 2002, n. 44.
(1bc) Comma modificato dall'articolo 1, comma 4 della legge regionale 31 dicembre 2002, n. 44.
(1bd) Comma modificato dall'articolo 1, comma 5 della legge regionale 31 dicembre 2002, n. 44.
(1be) Comma modificato dall'articolo 1, comma 6 della legge regionale 31 dicembre 2002, n. 44.
(1c) Comma modificato dall'articolo 114, comma 1, lettera a) della legge regionale 16 aprile 2002,
n. 8
(1d) Comma abrogato dall'articolo 114, comma 1, lettera b) della legge regionale 16 aprile 2002, n.
8
(1d1) Articolo inserito dall'articolo 73, comma 1, della legge regionale 24 dicembre 2008, n. 31
(1e) Comma sostituito dall'articolo 1 della legge regionale 17 marzo 2003, n. 8
(1f) Comma modificato dall'articolo 2, comma 1 della legge regionale 17 marzo 2003, n. 8
(1g) Comma inserito dall'articolo 2, comma 2 della legge regionale 17 marzo 2003, n. 8
(1h) Alinea modificata dallì'articolo 2, comma 3 della legge regionale 17 marzo 2003, n. 8
(1i) Lettera modificata dall'articolo2, comma 4 della legge regionale 17 marzo 2003, n. 8
(1l) Comma modificato dall'articolo 2, comma 5 della legge regionale 17 marzo 2003, n. 8
(1m) Articolo abrogato dall'articolo 3 della legge regionale 17 marzo 2003, n. 8
(1n) Articolo inserito dall'articolo 21, comma 3 della legge regionale 11 agosto 2009, n. 21
(1o) Lettera sostituita dall'articolo 4 della legge regionale 17 marzo 2003, n. 8
(2) Articolo sostituito dall'articolo 5 della legge regionale 17 marzo 2003, n. 8
(2.1) Comma modificato dall'articolo 5, comma 36 della legge regionale 13 agosto 2011, n. 10
(2a) Articolo sostituito dall'articolo 6 della legge regionale 17 marzo 2003, n. 8
(2b) Articolo sostituito dall'articolo 7 della legge regionale 17 marzo 2003, n. 8
(2c) Alinea modificata dall'articolo 11, comma 28 della legge regionale 28 dicembre 2007, n. 27
(2d) Articolo inserito dall'articolo 2 della legge regionale 31 dicembre 2002, n. 44.
(2e) Comma modificato dall'articolo 3 della legge regionale 31 dicembre 2002, n. 44.
(2f) Comma modificato dall'articolo 285, comma 3 della legge regionale 10 maggio 2001, n. 10 e
poi successivamente modificato dall'articolo 1 della legge regionale 3 agosto 2001, n. 17
(3) Articolo inserito dall'articolo 2 della legge regionale 4 settembre 2000, n. 28.
(3a) Vedi la legge regionale 30 gennaio 2002, n. 4 "Disposizioni concernenti l'attuazione della
disciplina delle zone agricole prevista dalla legge regionale 22 dicembre 1999, n. 38 "Norme sul
governo del territorio" e successive modifiche" che consente l'applicazione delle disposizioni
transitorie per le zone agricole fino al 30 giugno 2002.
(3b) Comma interpretato dall'articolo 1, comma 153 della legge regionale 13 agosto 2011, n. 12
(4) Comma sostituito dall'articolo 3 della legge regionale 4 settembre 2000, n. 28, poi modificato
dall'articolo 286, comma 1 della legge regionale 10 maggio 2001, n. 10 e dall'articolo 88, comma 1
della legge regionale 6 settembre 2001, n. 24 e da ultimo sostituito dall'articolo 4 della legge
regionale 31 dicembre 2002, n. 44.
(5) Comma inserito dall'articolo 70, comma 6 della legge regionale 28 aprile 2006, n. 4, con
decorrenza, ai sensi del medesimo articolo 70, comma 8, dalla data di adozione del piano territoriale
paesistico regionale (PTPR) avvenuta con deliberazione della Giunta regionale del 25 luglio 2007,
n. 556
(6) Articolo inserito dall'articolo 70, comma 7 della legge regionale 28 aprile 2006, n. 4, con
decorrenza, ai sensi del medesimo articolo 70, comma 8, dalla data di adozione del piano territoriale
paesistico regionale (PTPR) avvenuta con deliberazione della Giunta regionale del 25 luglio 2007,
n. 556
(7) Comma modificato dall'articolo 22, comma 1 della legge regionale 11 agosto 2009, n. 21
(8) Comma aggiunto dall'articolo 5 della legge regionale 31 dicembre 2002, n. 44.
Il testo non ha valore legale; rimane, dunque, inalterata l'efficacia degli atti legislativi originari.
L.R. 08 Novembre 2004, n. 12
Disposizioni in materia di definizione di illeciti edilizi (1)
SOMMARIO
Art. 1 - Oggetto e ambito di applicazione
Art. 2 - Opere abusive suscettibili di sanatoria
Art. 3 - Cause ostative alla sanatoria edilizia
Art. 4 - Domanda del titolo abilitativo edilizio in sanatoria
Art. 5 - Verifica della regolarità della domanda del titolo abilitativo edilizio in
sanatoria
Art. 6 - Procedimento istruttorio e determinazione sulla domanda
Art. 7 - Oblazione e oneri concessori
Art. 8 - (Vigilanza sull’attività urbanistico-edilizia e Osservatorio regionale sull’abusivismo
edilizio)
Art. 9 - Recupero urbanistico dell’abusivismo edilizio e modifiche alla legge
regionale 2 maggio 1980, n. 28 e successive modifiche
Art. 10 - Domande di concessione del titolo abilitativo edilizio in sanatoria
presentate anteriormente alla data di entrata in vigore della presente
legge
Art. 11 - Disposizioni finanziarie
Art. 12 - Entrata in vigore
ALLEGATO A - Misura dell'oblazione incrementata del 10%
ALLEGATO B - Misura dell'anticipazione degli oneri di concessione
Art. 1
(Oggetto e ambito di applicazione)
1. La presente legge detta disposizioni ai fini dell’attuazione, nell’ambito del territorio regionale,
della sanatoria degli abusi edilizi prevista dall’articolo 32 del decreto legge 30 settembre 2003 n.
269 (Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell’andamento dei conti
pubblici) convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, come ulteriormente
modificato dalla legge 24 dicembre 2003, n.350 (Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2004) e dal decreto legge 12 luglio 2004, n. 168
(Interventi urgenti per il contenimento della spesa pubblica) convertito, con modificazioni, dalla
legge 30 luglio 2004, n. 191.
2. La disciplina sostanziale e procedurale prevista dal citato articolo 32 e dai relativi allegati del d.l.
269/2003 e successive modifiche si applica, in quanto compatibile con la presente legge, alla
sanatoria di cui al comma 1.
Art. 2
(Opere abusive suscettibili di sanatoria)
1. Sono suscettibili di sanatoria, purché siano state ultimate ai sensi dell’articolo 31, secondo
comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell’attività urbanisticoedilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie) e successive modifiche, entro il 31
marzo 2003, le seguenti opere abusive:
a) opere realizzate in assenza del o in difformità dal titolo abilitativo edilizio e non conformi alle
norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici approvati o adottati al 31 marzo
2003, che non abbiano comportato un ampliamento del manufatto superiore al venti per cento della
volumetria della costruzione originaria o, in alternativa, superiore a 200 metri cubi;
b) opere di nuova costruzione a destinazione esclusivamente residenziale realizzate in assenza del o
in difformità dal titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni
degli strumenti urbanistici approvati o adottati al 31 marzo 2003 che:
1) non abbiano comportato la realizzazione di un volume superiore a 450 metri cubi per singola
domanda di titolo abilitativo edilizio in sanatoria a condizione che la nuova costruzione non superi,
nel suo complesso, 900 metri cubi, nel caso in cui si tratti di unità immobiliare adibita a prima casa
di abitazione del richiedente nel comune di residenza;
2) non abbiano comportato la realizzazione di un volume superiore a 300 metri cubi per singola
domanda di titolo abilitativo edilizio in sanatoria a condizione che la nuova costruzione non superi,
nel suo complesso, 600 metri cubi, nel caso in cui non si tratti di unità immobiliare adibita a prima
casa di abitazione del richiedente nel comune di residenza;
c) opere con specifica destinazione d’uso, risultante da atto d’obbligo, a centri che perseguono,
senza scopo di lucro, finalità sociali di assistenza e cura a persone disagiate, realizzate in assenza
del o in difformità dal titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche ed alle
prescrizioni degli strumenti urbanistici approvati o adottati al 31 marzo 2003, che non abbiano
comportato un ampliamento del manufatto superiore al 30 per cento della volumetria della
costruzione originaria o, in alternativa, superiore a 750 metri cubi;
d) opere realizzate in assenza del o in difformità dal titolo abilitativo edilizio ma conformi alle
norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici approvati o adottati alla data del 31
marzo 2003, nel rispetto dei limiti massimi di cubatura previsti dall’articolo 32, comma 25, del d.l.
269/2003 e successive modifiche;
e) opere di ristrutturazione edilizia come definite dall’articolo 3, comma 1, lettera d), del decreto del
Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e
regolamentari in materia edilizia) modificato dal decreto legislativo 27 dicembre 2002, n. 301,
realizzate in assenza del o in difformità dal titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme
urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici, approvati o adottati, eseguite all’interno
della sagoma originaria del fabbricato entro e fuori terra, anche con aumento della superficie utile
lorda (1a); limitatamente alle opere di ristrutturazione edilizia degli immobili ad uso commerciale
l’eventuale ampliamento della superficie utile lorda non può superare il 20 per cento della superficie
utile lorda originaria e, comunque, i 200 metri quadrati;
f) opere di restauro e risanamento conservativo come definite dall’articolo 3, comma 1, lettera c),
del d.p.r. 380/2001, realizzate in assenza del o in difformità dal titolo abilitativo edilizio nelle zone
omogenee A di cui all’articolo 2 del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444 (Limiti inderogabili
di densità edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati e rapporti massimi tra spazi destinati agli
insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde
pubblico o a parcheggi da osservare ai fini della formazione dei nuovi strumenti urbanistici o della
revisione di quelli esistenti, ai sensi dell’articolo 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765);
g) opere di restauro e risanamento conservativo come definite dall’articolo 3, comma 1, lettera c),
del d.p.r. 380/2001, realizzate in assenza del o in difformità dal titolo abilitativo edilizio;
h) opere di manutenzione straordinaria, come definite dall’articolo 3, comma 1, lettera b), del d.p.r.
380/2001, realizzate in assenza del o in difformità dal titolo abilitativo edilizio; opere o modalità di
esecuzione non valutabili in termini di superficie o di volume.
2. Le disposizioni di cui al comma 1 trovano applicazione anche nel caso di annullamento del titolo
abilitativo edilizio.
Art. 3
(Cause ostative alla sanatoria edilizia)
1. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 32, comma 27, del d.l. 269/2003 e successive
modifiche, dall’articolo 32 della l. 47/1985, come da ultimo modificato dall’articolo 32, comma 43,
del citato d.l. 269/2003, nonché dall’articolo 33 della l. 47/1985, non sono comunque suscettibili di
sanatoria:
a) le opere di cui all’articolo 2, comma 1, lettera a), b), c), d), ed e), realizzate su aree appartenenti
al demanio dello Stato, della Regione e degli enti locali ovvero realizzate da terzi su aree di
proprietà dei suddetti enti;
b) le opere di cui all’articolo 2, comma 1, realizzate, anche prima della apposizione del vincolo, in
assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche ed alle
prescrizioni degli strumenti urbanistici, su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi
statali e regionali a tutela dei monumenti naturali, dei siti di importanza comunitaria e delle zone a
protezione speciale (2a), non ricadenti all’interno dei piani urbanistici attuativi vigenti, nonché a
tutela dei parchi e delle aree naturali protette nazionali, regionali e provinciali; (2)
c) il cambio di destinazione ad uso non residenziale che interessi una superficie originariamente
destinata a parcheggio anche pertinenziale, realizzato anche ai sensi della legge 24 marzo 1989, n.
122 (Disposizioni in materia di parcheggi, programma triennale per le aree urbane maggiormente
popolate nonché modificazioni di alcune norme del testo unico sulla disciplina della circolazione
stradale, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 15 giugno 1959, n. 393), qualora
non sia dimostrato il reperimento della medesima quantità di superficie da destinare a parcheggio.
Art. 4
(Domanda del titolo abilitativo edilizio in sanatoria)
1. La domanda del titolo abilitativo edilizio in sanatoria è presentata, a pena di decadenza, entro il
10 dicembre 2004, utilizzando il modello di cui all’allegato 1 all’articolo 32 del d.l. 269/2003 e
successive modifiche.
2. La domanda, così come ogni successiva integrazione o comunicazione, può essere presentata
direttamente al comune competente, o inviata, nei comuni che lo consentano, per via telematica
ovvero inviata con raccomandata; in quest’ultimo caso si considera presentata il giorno della
consegna al servizio postale.
3. La domanda va corredata con la seguente documentazione:
a) attestazione del pagamento dell’anticipazione dell’oblazione e degli oneri concessori ai sensi
dell’articolo 7, comma 2;
b) dichiarazione del richiedente, resa ai sensi dell’articolo 47, comma 1, del decreto del Presidente
della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445 (Testo unico delle disposizioni legislative e
regolamentari in materia di documentazione amministrativa), dalla quale risulti la descrizione delle
opere per le quali si richiede il titolo abilitativo edilizio in sanatoria e lo stato dei lavori relativo, con
allegata documentazione fotografica;
c) perizia giurata sulle dimensioni e sullo stato delle opere e certificazione redatta da un tecnico
abilitato all’esercizio della professione attestante l’idoneità statica delle opere eseguite, qualora
l’opera per cui si richiede il titolo in sanatoria presenti un volume complessivo superiore ai 300
metri cubi, ovvero costituisca un edificio autonomo di volume complessivo eccedente i 120 metri
cubi;
d) certificato di residenza e dichiarazione del richiedente, resa ai sensi dell’articolo 47, comma 1,
del d.p.r. 445/2000, comprovante che si tratta di unità immobiliare adibita, alla data del 31 marzo
2003, a prima casa di abitazione nel comune di residenza e che il richiedente stesso non risulti
proprietario di altro immobile ad uso residenziale nel territorio del comune stesso, nel caso di cui
all’articolo 2, comma 1, lettera b), numero 1);
e) atto d’obbligo, da trascriversi a cura del richiedente, previo assenso del proprietario
dell’immobile, dal quale risulti la destinazione d’uso, per un periodo di 15 anni dalla data della
domanda del titolo abilitativo edilizio in sanatoria, a centro che persegue, senza scopo di lucro,
finalità sociali di assistenza e cura a persone disagiate, nel caso di cui all’articolo 2, comma 1,
lettera c).
Art. 5
(Verifica della regolarità della domanda del titolo abilitativo edilizio in sanatoria)
1. Il comune verifica la completezza della documentazione allegata alla domanda del titolo
abilitativo edilizio in sanatoria e, se del caso, invita l’interessato ad integrarla entro un congruo
termine, non inferiore comunque a trenta giorni.
2. Qualora il comune accerti che i pagamenti di cui all’articolo 4, comma 3, lettera a), siano stati
eseguiti in misura insufficiente, ne dà comunicazione all’interessato indicando, con provvedimento
motivato, l’importo ritenuto dovuto e la differenza da versare. La eventuale ulteriore somma
richiesta dal comune deve essere versata entro il termine perentorio di sessanta giorni dal
ricevimento della comunicazione.
3. L’omesso versamento delle somme di cui all’articolo 4, comma 3, lettera a), ovvero il mancato
pagamento, entro il termine stabilito, della ulteriore somma richiesta dal comune ai sensi del comma
2 del presente articolo, comportano il non accoglimento della domanda.
Art. 6
(Procedimento istruttorio e determinazione sulla domanda)
1. Il comune verifica la sussistenza dei presupposti per la concessione del titolo abilitativo edilizio
in sanatoria, nonché l’assenza delle cause ostative previste dall’articolo 3 e può, a tal fine,
richiedere per iscritto all’interessato ogni opportuno chiarimento, assegnando un congruo termine,
non inferiore ai trenta giorni, per comunicare le informazioni richieste.
2. Qualora, al termine dell’istruttoria, il comune determini che il titolo abilitativo edilizio in
sanatoria non può essere concesso, ne dà comunicazione all’interessato con provvedimento
motivato. In tal caso, l’interessato può formulare le proprie osservazioni, a pena di decadenza, entro
il termine di sessanta giorni.
3. La presentazione della domanda e della relativa documentazione, il pagamento degli oneri
concessori e dell’oblazione, la presentazione delle denunce di cui all’articolo 32, comma 37, del d.l.
269/2003 e successive modifiche, con le modalità e nei termini previsti dalla normativa vigente,
nonché la mancata adozione di un provvedimento negativo del comune entro i trentasei mesi dalla
data di scadenza del versamento della terza rata relativa agli oneri concessori prevista dall’ articolo
7, comma 2, lettera b), numero 2), equivalgono a titolo abilitativo edilizio in sanatoria. (3)
4. Il termine stabilito dal comma 3 resta sospeso nelle ipotesi previste dall’articolo 5, commi 1 e 2,
nonché dal comma 1 del presente articolo, per tutto il periodo decorrente dal ricevimento della
comunicazione del comune e fino alla scadenza del termine dato all’interessato per i relativi
adempimenti.
Art. 7
(Oblazione e oneri concessori)
1. Per la concessione del titolo abilitativo edilizio in sanatoria:
a) gli importi dell’oblazione stabiliti dall’articolo 32, comma 33, del d.l. 269/2003 e successive
modifiche, sono aumentati del 10 per cento, secondo quanto indicato dall’allegato A alla presente
legge, fatta eccezione per le opere abusive relative ai centri che perseguono, senza scopo di lucro,
finalità sociali di assistenza e cura a persone disagiate;
b) gli importi degli oneri di concessione, calcolati ai sensi della normativa vigente, sono aumentati,
fatta eccezione per le opere abusive relative alla prima casa di abitazione nel comune di residenza e
ai centri che perseguono, senza scopo di lucro, finalità sociali di assistenza e cura a persone
disagiate:
1) del 100 per cento in relazione a nuove costruzioni e ampliamenti;
2) del 50 per cento in relazione a ristrutturazioni e modifiche della destinazione d’uso e ad opere
realizzate in assenza del o in difformità dal titolo edilizio abilitativo, ma conformi agli strumenti
urbanistici.
2. L’oblazione e gli oneri concessori sono versati in tre rate, la prima delle quali è corrisposta, entro
la data di presentazione della domanda di cui all’articolo 4, a titolo di anticipazione, nella misura
del 30 per cento, calcolata in base a quanto indicato, rispettivamente, nell’allegato A e nell’allegato
B alla presente legge e ferme restando le misure minime previste dall’articolo 32 del d.l. 269/2003 e
successive modifiche e dai relativi allegati. Le rimanenti rate sono versate per importi uguali entro
le seguenti scadenze:
a) per l’oblazione:
1) seconda rata entro il 20 dicembre 2004;
2) terza rata entro il 30 dicembre 2004;
b) per gli oneri concessori:
1) seconda rata entro il 31 ottobre 2005;(4)
2) terza rata entro il 2 maggio 2006.(5)
3. Senza pregiudizio di quanto di pertinenza dello Stato ai sensi dell’articolo 32 del d.l. 269/2003 e
successive modifiche:
a) l’eccedenza degli importi dell’oblazione determinata ai sensi del comma 1, lettera a), è versata
direttamente alla Regione;
b) gli importi degli oneri concessori nella misura determinata ai sensi del comma 1, lettera b), sono
versati interamente ai comuni competenti.
Art. 8 (6)
(Vigilanza sull’attività urbanistico-edilizia e Osservatorio regionale sull’abusivismo edilizio)
Art. 9
(Recupero urbanistico dell’abusivismo edilizio e modifiche alla legge regionale 2 maggio 1980, n.
28 e successive modifiche)
1. In attuazione di quanto previsto dall’articolo 29 della l. 47/1985, come modificato dall’articolo
32, comma 42, del d.l. 269/2003 e successive modifiche, i comuni interessati da insediamenti edilizi
abusivi provvedono, entro il 30 giugno 2007, al loro recupero urbanistico attraverso apposite
varianti speciali, ai sensi della legge regionale 2 maggio 1980, n. 28 (Norme concernenti
l’abusivismo edilizio ed il recupero dei nuclei edilizi sorti spontaneamente), capi I e II, come
modificata, da ultimo, dal presente articolo, le cui proposte possono essere presentate sia da soggetti
pubblici che privati.
2. Nel caso di nuclei edilizi abusivi perimetrati, il recupero urbanistico provvede, tra l’altro, a
conferire agli insediamenti:
a) un razionale inserimento territoriale e urbano, in particolare delle infrastrutture viarie e di
trasporto;
b) un’adeguata urbanizzazione primaria e secondaria;
c) la disciplina per l’edilizia esistente e il suo eventuale completamento, nel rispetto degli interessi e
dei vincoli di carattere storico, artistico, archeologico, paesistico, ambientale e idrogeologico.
3. Al secondo comma dell’articolo 6 bis della l.r. 28/1980, da ultimo modificato dalla legge
regionale 17 dicembre 1996, n.58, le parole da: “omissis" a: “omissis” sono sostituite dalle seguenti:
“omissis”.
4. All’articolo 15 della l.r. 28/1980:
a) al primo comma le parole da: “omissis” a: “omissis” sono sostituite dalle seguenti: “omissis”;
b) al secondo comma le parole da: “omissis” a: “omissis.” sono sostituite dalle seguenti: “omissis”.
Art. 10
(Domande di concessione del titolo abilitativo edilizio in sanatoria presentate anteriormente alla
data di entrata in vigore della presente legge)
1. Le domande di concessione del titolo abilitativo edilizio in sanatoria presentate ai comuni
competenti ai sensi dell’articolo 32 del d.l. 269/2003 e successive modifiche antecedentemente alla
data di entrata in vigore della presente legge, qualora non sia stata comunicata rinuncia nei termini
previsti dal comma 3, sono valide ed efficaci ai fini della legge stessa.
2. La differenza tra le somme già corrisposte dall’interessato in applicazione delle disposizioni
dell’articolo 32 del d.l. 269/2003 e successive modifiche e gli importi dovuti in applicazione della
presente legge, va versata, a pena del non accoglimento della domanda, entro il 10 dicembre 2004.
Entro la medesima data vanno inoltre presentate al comune le integrazioni documentali conseguenti
all’applicazione della presente legge.
3. Coloro che hanno presentato la domanda di concessione del titolo abilitativo edilizio in sanatoria
antecedentemente alla data di entrata in vigore della presente legge hanno facoltà di rinunciarvi,
entro il 30 novembre 2004, mediante comunicazione scritta inviata con raccomandata al comune di
competenza. In caso di successiva presentazione di una nuova domanda, in conformità alle
disposizioni della presente legge, le somme già corrisposte in occasione della domanda originaria
vanno a scomputo di quanto dovuto in applicazione della legge stessa; per le eventuali relative
integrazioni si applicano le disposizioni del primo periodo del comma 2.
Art. 11(7)
(Disposizioni finanziarie)
1. Ai fini dell’attuazione di quanto previsto dall’articolo 8, nel bilancio regionale per l’esercizio
finanziario 2004 è istituito “per memoria” apposito capitolo denominato “Fondo regionale per la
vigilanza e il monitoraggio sull’abusivismo edilizio”, in cui confluiscono le somme di spettanza
della Regione ai sensi dell’articolo 7, comma 3, lettera a).
Art. 12
(Entrata in vigore)
1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione sul Bollettino
Ufficiale della Regione Lazio.
ALLEGATO A
MISURA DELL'OBLAZIONE INCREMENTATA DEL 10%
Misura
Misura dell'oblazione
euro/mq
dell'oblazione
Immobili residenziali
euro/mq
Immobili non
residenziali
destinati a
centri che
perseguono,
senza scopo di
lucro, finalità
sociali
di assistenza e
cura a persone
disagiate
Tipologia dell'abuso
Misura
dell'oblazione
euro/mq
Immobili non
residenziali
1 - Opere realizzate in assenza del o
in difformità dal titolo abilitativo
edilizio e non conformi alle norme
urbanistiche e alle prescrizioni degli
strumenti urbanistici di cui all'articolo
2, comma 1, lettere a), b) e c), della
presente legge.
165,00
150,00
110,00
2 - Opere realizzate in assenza del o
in difformità dal titolo abilitativo
edilizio, ma conformi alle norme
urbanistiche e alle prescrizioni degli
strumenti urbanistici dalla data del 31
marzo
2003 di cui all'articolo 2, comma 1,
lettera d),
della presente legge.
110,00
100,00
88,00
3 - Opere di ristrutturazione edilizia
realizzate in assenza del o in
difformità dal titolo abilitativo
edilizio non conformi alle norme
urbanistiche e alle prescrizioni degli
strumenti urbanistici di cui all'articolo
2, comma 1, lettera e), della presente
legge.
88,00
80,00
66,00
(segue tabella A)
Tipologia dell'abuso
Misura dell'oblazione
Forfait
Misura
dell'oblazione
Forfait
Immobili non
residenziali
destinati a
centri che
perseguono,
senza scopo di
lucro, finalità
sociali
di assistenza
e cura a
persone
disagiate
4 - Opere di restauro e risanamento conservativo
realizzate in
assenza del o in difformità dal titolo abilitativo
edilizio, nelle
zone omogenee A previste dall'articolo 2 del
decreto
ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444, di cui
all'articolo 2,
comma 1, lettera f), della presente legge
3.850,00
3.500,00
5 - Opere di restauro e risanamento conservativo
realizzate in
assenza del o in difformità dal titolo abilitativo
edilizio di cui
all'articolo 2, comma 1, lettera g), della presente
legge
1.870,00
1700,00
6 - Opere di manutenzione straordinaria
realizzate in assenza
del o in difformità dal titolo abilitativo edilizio;
opere o modalità
di esecuzione non valutabili in termini di
superficie o di
volume di cui all'articolo 2, comma 1, lettera h),
della
presente legge
567,60
516,00
ALLEGATO B
MISURA DELL’ANTICIPAZIONE DEGLI ONERI DI CONCESSIONE
Numero
abitanti
Nuove
costruzioni,
ampliamenti
(euro/mq)
Nuove costruzioni e
ampliamenti di
immobili
residenziali
utilizzati come
prima casa e di
immobili destinati
a centri che
perseguono, senza
scopo di lucro,
finalità sociali di
assistenza e cura a
persone disagiate
(euro/mq)
Ristrutturazioni di
immobili
residenziali utilizzati
come prima casa e
di immobili destinati
a centri che
perseguono, senza
scopo di lucro,
finalità sociali e di
assistenza e cura a
persone disagiate
Ristrutturazioni e
modifiche della
destinazione d’uso
con o senza aumento
della superficie utile
lorda (SUL) e opere
realizzate in assenza
del o difformità dal
titolo abilitativo ma
conformi agli
strumenti urbanistici
(euro/mq)
(euro/mq)
Fino a
10.000
76,00
38,00
18,00
27,00
Da 10.001
a 100.000
110,00
55,00
27,00
40,50
Da
100.001 a
300.000
142,00
71,00
36,00
54,00
Oltre
300.001
178,00
89,00
45,00
67,50
Note:
(1) Pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Lazio del 10 novembre 2004, n. 31, s.o. n. 5
(1a) Vedi per l'interpretazione della locuzione “anche con aumento della superficie utile lorda”
l'articolo 5, comma 35 della legge regionale 13 agosto 2011, n. 10
(2) Lettera sostituita dall'articolo 35 della legge regionale 9 dicembre 2004, n. 18
(2a) Vedi per l'interpretazione della locuzione “zone a protezione speciale” l'articolo 5, comma 34
della legge regionale 13 agosto 2011, n. 10
(3) Comma modificato dall'articolo 1 della legge regionale 3 ottobre 2005, n. 17
(4) Numero modificato dall'articolo 2, comma 1 della legge regionale 3 ottobre 2005, n. 17
(5) Numero modificato dall'articolo 2, comma 2 della legge regionale 3 ottobre 2005, n. 17
(6) Articolo sostituito dall'articolo 3 della legge regionale 3 ottobre 2005, n. 17 e poi abrogato
dall'articolo 37, comma 1, lettera d), della legge regionale 11 agosto 2008, n. 15
(7) Articolo modificato dall'articolo 4 della legge regionale 3 ottobre 2005, n. 17
Il testo non ha valore legale; rimane, dunque, inalterata l'efficacia degli atti legislativi originari.
L.R. 27 Maggio 2008, n. 6
Disposizioni regionali in materia di architettura sostenibile e di bioedilizia (1)
SOMMARIO
CAPO I DISPOSIZIONI GENERALI
Art. 1 (Finalità e oggetto)
Art. 2 (Interventi di edilizia sostenibile, architettura sostenibile e di bioedilizia)
CAPO II APPLICAZIONI FONDAMENTALI DELLA SOSTENIBILITA’ENERGETICO
AMBIENTALE
Art. 3 (Sostenibilità energetico ambientale negli strumenti della pianificazione territoriale ed
urbanistica)
Art. 4 (Risparmio idrico)
Art. 5 (Fonti energetiche rinnovabili)
Art. 6 (Recupero delle tradizioni costruttive biosostenibili)
CAPO III PROTOCOLLO E CERTIFICAZIONE DEGLI INTERVENTI DI BIOEDILIZIA
Art. 7 (Protocollo regionale sulla bioedilizia)
Art. 8 (Criteri di selezione dei materiali da costruzione e delle tecniche costruttive)
Art. 9 (Certificazione di sostenibilità degli interventi di bioedilizia)
Art. 10 (Controlli e sanzioni)
Art. 11 (Prezzario e capitolato tipo prestazionale)
CAPO IV INCENTIVAZIONE E PROMOZIONE DELLA SOSTENIBILITA’ DEGLI
INTERVENTI DI BIOEDILIZIA
Art. 12 (Calcolo degli indici di fabbricabilità)
Art. 13 (Incentivi per interventi di bioedilizia)
Art. 14 (Contributi regionali per interventi di bioedilizia)
Art. 15 (Attività regionali formative ed informative)
Art. 16 (Sostenibilità energetico ambientale nell’edilizia residenziale pubblica. Modifica alla legge
regionale 6 agosto 1999, n.12 “Disciplina delle funzioni amministrative regionali e locali in
materia di edilizia residenziale pubblica” e successive modifiche)
CAPO V DISPOSIZIONI FINALI
Art. 17 (Disposizione transitoria)
Art. 18 (Abrogazioni)
Art. 19 (Disposizione finanziaria)
CAPO I
DISPOSIZIONI GENERALI
Art. 1
(Finalità e oggetto)
1. La Regione, al fine di salvaguardare l’ambiente, il territorio e la salute degli abitanti, promuove
ed incentiva la sostenibilità energetico-ambientale nella progettazione e realizzazione di opere
edilizie pubbliche e private, individuando e promuovendo l’adozione e la diffusione di principi,
modalità e tecniche proprie dell’architettura sostenibile e della bioedilizia, ivi compresi quelli tesi al
miglioramento delle prestazioni energetiche degli edifici in conformità a quanto stabilito dal decreto
legislativo 19 agosto 2005, n. 192 (Attuazione della direttiva 2002/91/CE relativa al rendimento
energetico nell’edilizia) e successive modifiche.
2. Ai fini di cui al comma 1, la Regione definisce altresì un sistema di valutazione e certificazione
della sostenibilità energetico-ambientale degli edifici.
Art. 2
(Interventi di edilizia sostenibile, architettura sostenibile e di bioedilizia)
1. Ai fini della presente legge per interventi di edilizia sostenibile, di architettura sostenibile e di
bioedilizia si intendono gli interventi che soddisfano i seguenti requisiti:
a) perseguire uno sviluppo armonioso e sostenibile del territorio, dell’ambiente urbano e
dell’intervento edilizio;
b) tutelare l’identità storica degli agglomerati urbani e favorire il mantenimento dei caratteri storici
e tipologici legati alla tradizione degli edifici;
c) favorire il risparmio energetico e l’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili;
d) realizzare risparmi sul consumo di acqua potabile, attraverso il recupero e il riutilizzo delle acque
piovane, il riutilizzo, per usi compatibili, delle acque grigie e sistemi di trattamento delle acque di
scarico;
e) garantire il benessere, la salute e la sicurezza degli occupanti;
f) ricercare e applicare tecnologie edilizie sostenibili sotto il profilo ambientale, economico e
sociale al fine di soddisfare le necessità del presente senza compromettere quelle delle future
generazioni;
g) utilizzare materiali, tecniche costruttive, componenti per l’edilizia, impianti, elementi di finitura e
arredi fissi biocompatibili, sostenibili, ecologici e non nocivi per la salute;
h) privilegiare l’impiego di materiali e manufatti di cui sia possibile il riutilizzo anche al termine del
ciclo di vita dell’edificio e la cui produzione comporti un basso consumo energetico.
CAPO II
APPLICAZIONI FONDAMENTALI DELLA SOSTENIBILITÀ ENERGETICO
AMBIENTALE
Art. 3
(Sostenibilità energetico ambientale negli strumenti della pianificazione territoriale ed urbanistica)
1. Gli strumenti della pianificazione territoriale ed urbanistica regionale, provinciale e comunale,
nonché i regolamenti edilizi, nell’ambito dei rispettivi contenuti previsti dalla legge regionale 22
dicembre 1999, n. 38 (Norme sul governo del territorio) e successive modifiche, perseguono e
promuovono la sostenibilità energetico ambientale nelle trasformazioni territoriali e urbanistiche.
2. Ai fini di cui al comma 1, il processo di pianificazione garantisce:
a) l’ordinato sviluppo del territorio, dei tessuti urbani e del sistema produttivo;
b) la compatibilità dei processi di trasformazione ed uso del suolo con la sicurezza, l’integrità fisica
e con la identità storico-culturale del territorio stesso;
c) il miglioramento della qualità ambientale, architettonica e della salubrità degli insediamenti;
d) la riduzione della pressione degli insediamenti sui sistemi naturalistico-ambientali, anche
attraverso opportuni interventi di mitigazione degli impatti;
e) la riduzione del consumo di nuovo territorio, evitando l’occupazione di suoli ad alto valore
agricolo e/o naturalistico, privilegiando il risanamento e recupero di aree degradate e la sostituzione
dei tessuti esistenti ovvero la loro riorganizzazione e riqualificazione;
f) il migliore utilizzo delle risorse naturali e dei fattori climatici nonché la prevenzione dei rischi
ambientali.
3. Per il perseguimento degli obiettivi di cui al comma 2, fatto salvo quanto previsto dalla l.r.
38/1999, gli strumenti della pianificazione territoriale ed urbanistica regionale, provinciale e
comunale generale sono definiti anche sulla base di indagini territoriali ed ambientali aventi lo
scopo di valutare le trasformazioni indotte nell’ambiente dai processi di urbanizzazione, corredate
da analisi di settore quali analisi dei fattori ambientali, naturali e climatici del territorio, analisi delle
risorse ambientali, idriche ed energetiche con particolare riferimento all’uso di fonti rinnovabili,
analisi dei fattori di rischio ambientale di natura antropica, analisi delle risorse e delle produzioni
locali.
Art. 4
(Risparmio idrico)
1. La Giunta regionale, in collaborazione con gli organismi competenti e sentite le commissioni
consiliari competenti, individua i criteri e le modalità di salvaguardia delle risorse idriche e del loro
uso razionale, in particolare attraverso:
a) la predisposizione di misure atte a verificare la qualità e l’efficienza delle reti di distribuzione,
anche attraverso il monitoraggio dei consumi;
b) l’individuazione di standard ottimali di riferimento per i consumi di acqua potabile e per gli
scarichi immessi nella rete fognaria ed i relativi sistemi di controllo;
c) la promozione dell’utilizzo di tecniche di depurazione naturale;
d) l’utilizzo di tecniche per il recupero delle acque piovane e grigie.
2. Negli interventi di ristrutturazione edilizia, di nuova costruzione e di ristrutturazione urbanistica,
di cui rispettivamente all’articolo 3, comma 1, lettere d), e) ed f) del decreto del Presidente della
Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in
materia edilizia) e successive modifiche è obbligatorio:
a) il recupero delle acque piovane e delle acque grigie ed il riutilizzo delle stesse per gli usi
compatibili, tramite la realizzazione di appositi sistemi integrativi di raccolta, filtraggio ed
erogazione;
b) l’installazione di cassette d’acqua per water con scarichi differenziati;
c) l’installazione di rubinetteria dotata di miscelatore aria ed acqua;
d) l’impiego, nelle sistemazioni delle superfici esterne dei lotti edificabili, di pavimentazioni
drenanti nel caso di copertura superiore al 50 per cento della superficie stessa, al fine di conservare
la naturalità e la permeabilità del sito e di mitigare l’effetto noto come isola di calore.
3. Sono fatti salvi i limiti previsti da vincoli relativi a beni culturali, ambientali e paesaggistici.
Sono altresì fatti salvi, nel caso di ristrutturazioni edilizie, eventuali impedimenti tecnici
adeguatamente documentati relativi agli interventi per il recupero ed il riutilizzo delle acque
piovane e grigie di cui al comma 2, lettera a).
Art. 5
(Fonti energetiche rinnovabili)
1. Negli interventi di ristrutturazione edilizia, di nuova costruzione e di ristrutturazione urbanistica
di cui, rispettivamente, all’articolo 3, comma 1, lettere d), e) ed f) del d.p.r. 380/2001, è obbligatoria
l’installazione di impianti per il ricorso a fonti energetiche rinnovabili al fine di soddisfare:
a) il fabbisogno di acqua calda dell’edificio per usi igienico sanitari in misura non inferiore al 50
per cento;
b) il fabbisogno di energia elettrica in misura non inferiore a 1 kW per ciascuna unità immobiliare e
non inferiore a 5 kW per i fabbricati industriali, commerciali e di servizio di estensione superficiale
di almeno 100 metri quadrati.
2. La progettazione degli interventi edilizi ai sensi del comma 1 deve curare l’integrazione con le
strutture del fabbricato o del quartiere.
3. Sono fatti salvi i limiti previsti da vincoli relativi a beni culturali, ambientali e paesaggistici
nonché eventuali impedimenti tecnici adeguatamente documentati.
4. Per i titoli abilitativi relativi all’installazione di impianti per il ricorso a fonti energetiche
rinnovabili, si applica quanto previsto dall’articolo 19, comma 4, della legge regionale 28 dicembre
2007, n. 26 (Legge finanziaria regionale per l’esercizio 2008).
Art. 6
(Recupero delle tradizioni costruttive biosostenibili)
1. Al fine di preservare l’identità storica e culturale del patrimonio edilizio e architettonico e le
relative tradizioni e tecniche costruttive e tipologiche, gli elementi costruttivi presenti negli edifici
storici e nell’edilizia tradizionale locale e/o rurale che trovano piena rispondenza nei principi
dell’architettura sostenibile e della bioedilizia ai sensi della presente legge devono essere preservati.
2. Per gli interventi di recupero degli edifici di cui al comma 1, i comuni adottano specifiche
disposizioni per assicurare la conservazione ed il ripristino degli elementi e delle soluzioni
costruttive proprie dell’architettura sostenibile e della bioedilizia ovvero la sostituzione degli stessi
con materiali che ne mantengano inalterate le originali caratteristiche di biocompatibilità.
CAPO III
PROTOCOLLO E CERTIFICAZIONE DEGLI INTERVENTI DI BIOEDILIZIA
Art. 7
(Protocollo regionale sulla bioedilizia)
1. Il protocollo regionale sulla bioedilizia, con le relative linee guida di utilizzo, è lo strumento di
cui si dota la Regione per valutare e certificare la sostenibilità degli interventi edilizi di cui
all’articolo 3, comma 1, lettere d), e) ed f) del d.p.r. 380/2001, attribuire agli stessi un punteggio e
graduare i contributi previsti dalla presente legge.
2. Il protocollo regionale è diviso in aree di valutazione, corrispondenti alle varie tematiche da
esaminare in sede di valutazione degli interventi, e contiene, oltre alle condizioni minime previste
dal capo II, i requisiti di bioedilizia richiesti con le corrispondenti scale di prestazione quantitativa e
qualitativa, con riferimento, in particolare:
a) alla qualità ambientale degli spazi esterni attraverso:
1) il controllo della temperatura superficiale e dei flussi d’aria, dell’inquinamento acustico,
luminoso, atmosferico, elettromagnetico, del suolo e delle acque, nonché la valutazione degli aspetti
di percezione sensoriale dell’ambiente costruito;
2) l’integrazione degli edifici con il contesto paesaggistico, ambientale e geomorfologico;
3) l’integrazione degli edifici con la cultura locale attraverso il mantenimento dei caratteri storici,
materiali e costruttivi tradizionali locali;
b) al risparmio delle risorse attraverso:
1) l’utilizzo di materiali da costruzione a limitato consumo energetico nelle fasi di produzione,
trasporto, montaggio e dismissione, da selezionare in conformità ai criteri di cui all’articolo 8,
nonché il riutilizzo delle strutture esistenti;
2) l’utilizzo di dispositivi per la riduzione del consumo di energia elettrica o per la produzione da
fonti rinnovabili;
3) il contenimento dei consumi di acqua potabile negli edifici, impianti e relative pertinenze
attraverso il monitoraggio dell’uso e l’installazione di adeguati dispositivi di riduzione;
4) la riduzione del consumo energetico per il riscaldamento ed il raffrescamento dell’edificio, con
l’ottimale inerzia e isolamento termico dello stesso e l’uso di energie rinnovabili;
5) la realizzazione di impianti di ventilazione e raffrescamento efficienti, mediante il controllo degli
apporti calorici solari e dell’inerzia termica degli elementi costruttivi;
6) la riduzione dei consumi energetici per la produzione di acqua calda sanitaria attraverso
l’impiego di energie rinnovabili;
c) ai carichi ambientali degli edifici attraverso:
1) la riduzione dei rifiuti solidi da cantiere, da costruzione e da demolizione;
2) il contenimento dei rifiuti liquidi, con sistemi di trattamento delle acque di scarico e
privilegiando il ricorso a tecniche di depurazione naturale, la raccolta e recupero delle acque
piovane, per usi sia pubblici che privati, il riuso delle acque grigie, l’aumento della capacità
drenante delle superfici calpestabili;
3) la riduzione delle emissioni di gas;
d) alla qualità dell’ambiente interno attraverso l’elevazione del comfort visivo, acustico, termico,
della qualità dell’aria, interna ed esterna con particolare riferimento al controllo della migrazione
del gas radon, la minimizzazione del livello dei campi elettrici e magnetici;
e) alla qualità del servizio fornito dall’edificio relativamente alla manutenzione edilizia ed
impiantistica, attraverso l’adozione di elementi di protezione dell’involucro esterno dell’edificio;
f) alla qualità della gestione, attraverso la disponibilità della documentazione tecnica relativa
all’edificio;
g) alla accessibilità e fruibilità dei servizi sociali di interesse collettivo, anche attraverso
l’integrazione con il trasporto pubblico ed i sistemi di mobilità sostenibile e l’adozione di misure
per favorire il trasporto alternativo.
3. I requisiti individuati dal protocollo regionale relativamente al consumo energetico dell’edificio
sono determinati tenendo altresì conto di quanto previsto dal d.lgs. 192/2005 concernente il
rendimento energetico nell’edilizia.
4. La Giunta regionale, sentita la competente commissione consiliare, adotta il Protocollo entro un
anno dalla data di entrata in vigore della presente legge e provvede al relativo aggiornamento con
cadenza almeno biennale. (2)
5. L’applicazione del protocollo regionale costituisce:
a) condizione per il rilascio della certificazione di cui all’articolo 9 e per l’accesso agli incentivi ed
ai contributi previsti dagli articoli 13 e 14;
b) criterio di priorità per l’accesso da parte degli enti locali ai finanziamenti previsti dalla normativa
regionale in materia di pianificazione territoriale e urbanistica, di edilizia, di lavori pubblici.
6. Ai fini di cui al comma 5, il protocollo regionale, oltre a disciplinare l’attribuzione dei punteggi,
definisce altresì soglie minime di valutazione al di sotto delle quali non è previsto il rilascio della
certificazione e l’accesso agli incentivi ed ai contributi.
Art. 8
(Criteri di selezione dei materiali da costruzione e delle tecniche costruttive)
1. Negli interventi edilizi da realizzare in conformità al protocollo regionale è previsto l’uso di
materiali da costruzione, componenti per l’edilizia, impianti, elementi di finitura, arredi fissi e
tecnologie costruttive che siano:
a) selezionati tra quelli ecocompatibili, con ridotti valori di energia e di emissioni di gas serra
inglobati, non nocivi per la salute; tali requisiti devono permanere per l’intero ciclo di vita del
fabbricato;
b) riciclati, riciclabili, di recupero, prodotti con un basso bilancio energetico ambientale, di
provenienza locale.
2. I requisiti di qualità di cui al comma 1 costituiscono i criteri per la redazione del capitolato tipo e
del prezzario regionale di cui all’articolo 11.
Art. 9
(Certificazione di sostenibilità degli interventi di bioedilizia)
1. La certificazione della sostenibilità degli interventi di bioedilizia è un sistema di procedure
univoche e normalizzate che utilizza il protocollo e le relative linee guida per valutare sia il progetto
che l’edificio realizzato.
2. La certificazione di cui al comma 1 ha carattere volontario e ricomprende la certificazione
energetica obbligatoria di cui al d.lgs. 192/2005, per la quale sono parimenti utilizzati le modalità e
gli strumenti di valutazione di cui all’articolo 7 della presente legge, con riferimento ai requisiti ed
ai parametri indicati nel citato decreto.
3. Il certificato di sostenibilità degli edifici è rilasciato, su richiesta del proprietario dell’immobile o
del soggetto attuatore dell’intervento, da un professionista estraneo alla progettazione e alla
direzione lavori, accreditato ai sensi del comma 4, lettera c). Il certificato è affisso nell’edificio in
luogo facilmente visibile.
4. Entro centottanta giorni dall’adozione del protocollo regionale di cui all’articolo 7, la Regione,
con regolamento da adottare ai sensi dell’articolo 47, comma 2, lettera b) dello Statuto, sentita la
competente commissione consiliare, definisce: (3)
a) la procedura e le modalità per la richiesta ed il rilascio della certificazione di sostenibilità degli
edifici;
b) le procedure, le modalità ed i tempi per l’effettuazione dei controlli, anche a campione, sugli
interventi edilizi in fase di realizzazione nonché sugli interventi realizzati al fine di accertare la
conformità degli stessi alla certificazione rilasciata;
c) il sistema di accreditamento dei soggetti abilitati al rilascio della certificazione di sostenibilità
degli edifici comprensivo dell’individuazione dei relativi requisiti professionali, in coerenza,
relativamente alla certificazione energetica, con quanto stabilito dall’articolo 4 del d.lgs. 192/2005,
nonché le modalità di controllo, anche a campione, sulla sussistenza dei suddetti requisiti e
sull’attività certificatoria.
5. L’applicazione del protocollo e l’acquisizione del certificato di sostenibilità è obbligatoria per gli
interventi relativi agli immobili di proprietà della Regione.
Art. 10
(Controlli e sanzioni)
1. I controlli previsti dall’articolo 9, comma 4, lettera b), sono effettuati dai comuni, anche in
raccordo con la Regione. Qualora dagli stessi risultino difformità, il comune ingiunge al soggetto
attuatore o al proprietario di effettuare i lavori necessari per rendere uniforme l’intervento a quanto
dichiarato ai fini della certificazione di sostenibilità degli interventi di bioedilizia. In caso di
inottemperanza, il comune:
a) provvede ad effettuare le necessarie comunicazioni alla Regione ai fini della revoca della
certificazione di sostenibilità degli interventi di bioedilizia rilasciata, nonché della revoca della
concessione o della erogazione dei contributi di cui all’articolo 14;
b) provvede alla revoca degli eventuali incentivi concessi ai sensi dell’articolo 13.
2. I controlli previsti dall’articolo 9, comma 4, lettera c), sono effettuati dalla Regione. Nel caso in
cui vengano meno i requisiti previsti per l’accreditamento dei soggetti abilitati al rilascio della
certificazione, ai sensi dell’articolo 9, comma 4, lettera c), ovvero nel caso di rilascio di
certificazioni irregolari, i soggetti decadono dall’accreditamento medesimo e la Regione ne segnala
l’operato al rispettivo ordine professionale.
Art. 11
(Prezzario e capitolato tipo prestazionale)
1. La Regione, entro novanta giorni dall'adozione del protocollo di cui all'articolo 7, adotta un
capitolato tipo prestazionale per la realizzazione degli interventi di bioedilizia e nell’ambito del
tariffario regionale dei prezzi per la realizzazione di opere edili istituisce un’apposita sezione
dedicata alla bioedilizia.(4)
2. (5)
CAPO IV
INCENTIVAZIONE E PROMOZIONE DELLA SOSTENIBILITÀ
DEGLI INTERVENTI DI BIOEDILIZIA
Art. 12
(Calcolo degli indici di fabbricabilità)
1. Al fine di favorire la realizzazione di edifici a basso consumo energetico, i comuni prevedono,
per la determinazione dell’indice di fabbricabilità fissato dallo strumento urbanistico e fermo
restando il rispetto delle distanze minime previste dalla normativa vigente, lo scomputo:
a) del maggior spessore delle murature esterne degli edifici, siano esse tamponature o muri portanti,
per la parte eccedente 30 centimetri, fino ad un massimo di 25 centimetri;
b) del maggior spessore dei solai intermedi e di copertura, per la parte eccedente 30 centimetri e,
rispettivamente,
fino
ad
un
massimo
di
15
e
25
centimetri;
c) delle serre solari di dimensioni non superiori al 30 per cento della superficie utile dell’unità
abitativa realizzata, costruite sia in aderenza che in adiacenza, con almeno tre lati realizzati a vetro o
materiali adatti allo scopo o con una superficie vetrata o di materiale equivalente di congrue
dimensioni;(6)
d) degli altri maggiori volumi o superfici finalizzati, attraverso l’isolamento termico ed acustico, la
captazione diretta dell’energia solare e la ventilazione naturale, alla riduzione dei consumi
energetici o del rumore proveniente dall’esterno.
2. Il contenimento del consumo energetico realizzato con gli interventi di cui al comma 1 deve
essere dimostrato nell’ambito della documentazione tecnica richiesta per il titolo abilitativo, anche
in conformità con quanto previsto dal d.lgs. 192/2005.
3. I comuni applicano lo scomputo dei maggiori volumi realizzati ai sensi del comma 1 anche ai fini
della determinazione del contributo di costruzione per il rilascio del permesso di costruire.
4. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 3 sono applicabili anche agli interventi di recupero degli
edifici esistenti, a condizione che siano salvaguardati gli elementi costruttivi e decorativi di pregio
storico ed artistico nonché gli allineamenti o conformazioni diverse, orizzontali, verticali, e le falde
dei tetti che caratterizzano le cortine di edifici urbani e rurali di antica formazione.
5. I comuni, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, adeguano i
propri regolamenti edilizi alle disposizioni di cui al comma 1. In mancanza di adeguamento, le
suddette disposizioni trovano comunque applicazione.
Art. 13
(Incentivi per interventi di bioedilizia)
1. I comuni prevedono, per gli interventi edilizi conformi al protocollo regionale, la riduzione degli
oneri di urbanizzazione secondaria e del costo di costruzione, in misura crescente in relazione al
livello di sostenibilità energetico-ambientale e comunque fino ad un massimo del 50 per cento,
ovvero adottano, in riferimento agli edifici a maggiori prestazioni energetico-ambientali, altre forme
di incentivazione.
2. La riduzione degli oneri di urbanizzazione secondaria può essere cumulata ad eventuali altre
riduzioni sui medesimi, previste dalla normativa vigente.
3. Gli incentivi di cui al presente articolo sono cumulabili con gli altri contributi previsti
dall’articolo 14 e dalla normativa vigente.
Art. 14
(Contributi regionali per interventi di bioedilizia)
1. La Regione, al fine di incentivare la realizzazione di interventi edilizi in conformità ai contenuti
del protocollo regionale, concede contributi a soggetti pubblici e privati nella misura massima,
rispettivamente, del 50 e del 20 per cento del costo complessivo dell’intervento.
2. Con il regolamento di cui all’articolo 9 sono stabiliti i criteri e le modalità per la concessione e
l’erogazione dei contributi di cui al comma 1.
Art. 15
(Attività regionali formative e informative)
1. La Regione, al fine di favorire la diffusione e la conoscenza dei principi della sostenibilità
energetico ambientale nell’edilizia, promuove:
a) anche in collaborazione con soggetti pubblici e privati, specifici corsi di formazione,
aggiornamento e riqualificazione professionale rivolti, in particolare, agli enti locali, alle aziende
territoriali per l’edilizia residenziale, alle imprese ed ai liberi professionisti;
b) iniziative culturali, studi e ricerche sulle tecniche e sui criteri costruttivi dell’architettura
sostenibile e della bioedilizia, anche mediante intese o collaborazioni con le università, le istituzioni
scolastiche e formative, gli ordini professionali, le associazioni di categoria interessate, gli enti di
ricerca;
c) anche in collaborazione con gli enti locali, concorsi di idee o progettazioni per la realizzazione di
interventi di architettura sostenibile e di bioedilizia;d) campagne informative per la diffusione di
una cultura dell’uso responsabile del territorio e del costruire, finalizzate al rispetto dell’ambiente
ed al risparmio energetico.
2. La Regione realizza, altresì, sul proprio sito internet, anche attraverso convenzioni con gli enti
pubblici interessati, uno sportello informativo sulla architettura sostenibile e sulla bioedilizia.
Art. 16
(Sostenibilità energetico ambientale nell’edilizia residenziale pubblica. Modifica alla legge
regionale 6 agosto 1999, n. 12 “Disciplina delle funzioni amministrative regionali e locali in
materia di edilizia residenziale pubblica” e successive modifiche)
1. La Regione, ai sensi dell’articolo 7 della l.r. 12/1999, come modificato dal comma 2 del presente
articolo, riserva una quota dei fondi da ripartire a favore di interventi di edilizia residenziale
pubblica da realizzare in conformità al protocollo regionale di cui all’articolo 7.
2. Dopo il comma 2 dell’articolo 7 della l.r. 12/1999 è inserito il seguente:
“2bis. Una quota non inferiore al 60 per cento delle risorse finanziarie disponibili di cui al comma
2, lettera a) è riservata agli interventi di nuova realizzazione e di recupero conformi al protocollo
regionale sulla bioedilizia, ripartita in base al punteggio attribuito dall’applicazione del suddetto
protocollo”.
CAPO V
DISPOSIZIONI FINALI
Art. 17
(Disposizione transitoria)
1. Ai titoli abilitativi edilizi relativi agli interventi di cui agli articoli 4, comma 2, 5 e 12, richiesti e
non ancora rilasciati alla data di entrata in vigore della presente legge, si applica la disciplina
normativa previgente.
1bis. Fino all’adozione del protocollo di cui all’articolo 7 e del regolamento di cui all’articolo 9,
non trovano applicazione gli articoli 13 e 14. (7)
Art.18
(Abrogazioni)
1. Dalla data di entrata in vigore della presente legge sono abrogati:
a) la legge regionale 8 novembre 2004, n. 15 (Disposizioni per favorire l’impiego di energia solare
termica e la diminuzione degli sprechi idrici negli edifici);
b) i commi 6 e 7 dell’articolo 19 della legge regionale 28 dicembre 2007, n. 26 (Legge finanziaria
regionale per l’esercizio 2008).
Art. 19
(Disposizione finanziaria)
1. Per la copertura degli oneri finanziari derivanti dall’attuazione della presente legge viene istituito,
nell’ambito dell’UPB E62, un capitolo denominato “Disposizioni in materia di architettura
sostenibile e di bioedilizia” con lo stanziamento di 500 mila euro per ciascuno degli anni 2008,
2009 e 2010.
2. Ai relativi oneri di cui al comma 1 si fa fronte mediante riduzione di pari importo dello
stanziamento del capitolo E62516.
Note:
(1) Legge pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Lazio del 7 giugno 2008, n. 21
(2) Comma modificato dall'articolo 23, comma 1, lettera a) della legge regionale 24 dicembre 2008,
n. 32
(3) Comma modificato dall'articolo 23, comma 1, lettera b) della legge regionale 24 dicembre 2008,
n. 32
(4) Comma modificato dall'articolo 23, comma 1, lettera c), numero 1) della legge regionale 24
dicembre 2008, n. 32
(5) Comma abrogato dall'articolo 23, comma 1, lettera c), numero 2) della legge regionale 24
dicembre 2008, n. 32
(6) Lettera sostituita dall'articolo 5, comma 37 della legge regionale 13 agosto 2011, n. 10
(7) Comma aggiunto dall'articolo 23, comma 1, lettera d) della legge regionale 24 dicembre 2008, n.
32
Il testo non ha valore legale; rimane, dunque, inalterata l'efficacia degli atti legislativi originari.
L.R. 16 Aprile 2009, n. 13
Disposizioni per il recupero a fini abitativi dei sottotetti esistenti (1)
SOMMARIO
Art. 1 (Finalità)
Art. 2 (Definizione)
Art. 3 (Condizioni per il recupero)
Art. 4 (Classificazione dell’intervento ed oneri concessori)
Art. 5 (Modalità di intervento)
Art. 6 (Sostenibilità energetica ambientale)
Art. 7 (Esclusioni e deroghe)
Art. 1
(Finalità)
1. La Regione promuove il recupero a fini abitativi dei sottotetti esistenti con l’obiettivo di limitare
il consumo di nuovo territorio attraverso un più efficace riutilizzo, nel rispetto delle caratteristiche
tipologiche e morfologiche degli immobili, dei volumi esistenti nonché di favorire la messa in opera
di interventi tecnologici per il contenimento dei consumi energetici.
Art. 2
(Definizione)
1. Ai fini della presente legge si definiscono sottotetti i volumi sovrastanti l’ultimo piano
dell’edificio o di sue parti, compresi nella sagoma di copertura, che, all’atto del rilascio del relativo
titolo abilitativo, non siano stati computati come volumi residenziali. Sono compresi, altresì, nella
definizione di sottotetto i volumi sottostanti la copertura a falda degli edifici, anche se già computati
nel volume residenziale, qualora siano suscettibili di una suddivisione mediante la realizzazione di
un solaio intermedio che assicuri il rispetto delle altezze minime previste dai regolamenti edilizi
comunali nonché delle caratteristiche geometriche e delle altezze minime stabilite dall’articolo 3.
(2)
Art. 3
(Condizioni per il recupero)
1. Possono essere recuperati a fini abitativi, previo rilascio del relativo titolo edilizio abilitativo, i
sottotetti esistenti alla data di entrata in vigore della presente legge, purchè attigui o comunque
annessi ad unità immobiliari ubicate nel medesimo edificio, qualora sussistono le seguenti
condizioni:
a) l’edificio dove è ubicato il sottotetto deve essere stato legittimamente realizzato ovvero
condonato ai sensi della normativa vigente in materia di sanatoria di abusi edilizi;
b) l’altezza media interna netta che, nel caso in cui il solaio sovrastante, o una sua porzione, non sia
orizzontale, si intende come la distanza tra il solaio di calpestio ed il piano virtuale orizzontale,
mediano tra il punto più alto e quello più basso dell’intradosso del solaio sovrastante ad esso, deve
essere fissata in 2,00 metri, ivi compresi i volumi tecnici con copertura piana; (3)
c) nei locali con soffitto a volta l’altezza media è calcolata come media aritmetica tra l’altezza
dell’imposta e quella del colmo della volta stessa, misurata dal pavimento al loro intradosso con una
tolleranza fino al 5 per cento; il rapporto aeroilluminante deve essere pari o superiore a un
sedicesimo (1/16);
d) in caso di soffitto non orizzontale, ferma restando l’altezza media di cui alla lettera b), l’altezza
della parete minima non può essere inferiore a 1,50 metri per gli spazi ad uso abitazione ed a 1,30
metri per gli spazi accessori o di servizio;
e) gli eventuali spazi di altezza inferiore ai minimi di cui alle lettere b) e d) devono essere chiusi
mediante opere murarie o arredi fissi e ne è consentito l’uso come spazio di servizio destinato a
guardaroba o ripostiglio; in corrispondenza delle fonti di luce diretta la chiusura di tali spazi non è
prescritta; (4)
f) sono consentite modificazioni delle altezze di colmo e di gronda nonché delle linee di pendenza
delle falde esistenti, unicamente al fine di assicurare i parametri fissati dalla presente legge, a
condizione che non comportino un aumento superiore al 20 per cento della volumetria del sottotetto
esistente. (5)
2. Ai fini del raggiungimento dell’altezza prevista per l’abitabilità ovvero dell’altezza media di cui
al comma 1, lettere b) e c), sono consentiti la sopraelevazione o l’abbassamento dell’ultimo solaio e
la conseguente modifica della quota d’imposta dello stesso, a condizione che rispettino le altezze
fissate dai regolamenti edilizi e che non incidano negativamente sulla statica e sul prospetto
dell’edificio e che siano rispettati i requisiti minimi di agibilità dei locali sottostanti, previsti dalla
normativa vigente, nonché le norme sismiche. (6)
3. L’intervento di recupero dei sottotetti, se volto alla realizzazione di nuove unità immobiliari, è
subordinato all’obbligo di reperimento di spazi per parcheggi pertinenziali nella misura prevista
dagli strumenti della pianificazione comunale e con un minimo di 1 metro quadrato ogni 10 metri
cubi della volumetria resa abitativa ed un massimo di 25 metri quadrati per ciascuna nuova unità
immobiliare.
4. Qualora sia dimostrata l’impossibilità, per mancata disponibilità di spazi idonei, di assolvere
all’obbligo di cui al comma 3, è consentito, anche in deroga ai regolamenti edilizi vigenti,
l’intervento di recupero dei sottotetti previo versamento al comune di una somma pari al costo base
di costruzione per metro quadrato di spazio per parcheggi da reperire. Tale somma deve essere
destinata alla realizzazione di parcheggi da parte del comune.
5. Non sono assoggettati al versamento di cui al comma 4 gli interventi di recupero dei sottotetti
realizzati in immobili per l’edilizia residenziale pubblica destinata all’assistenza abitativa di
proprietà del comune o delle Aziende territoriali per l’edilizia residenziale pubblica (ATER).
6. Nei comuni destinatari del fondo regionale per il sostegno all’accesso alle abitazioni in locazione
di cui all’articolo 14 della legge regionale 6 agosto 1999, n. 12 (Disciplina delle funzioni
amministrative regionali e locali in materia di edilizia residenziale pubblica) l’intervento di
recupero dei sottotetti, se volto alla realizzazione di nuove unità immobiliari, è, altresì, subordinato
all’obbligo di destinare la nuova unità immobiliare alla locazione a canone concordato di cui
all’articolo 2, comma 3, della legge 9 dicembre 1998, n. 431 (Disciplina delle locazioni e del
rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo) e successive modifiche per un periodo non inferiore
a otto anni, fatto salvo il caso in cui la medesima unità immobiliare sia utilizzata come prima casa
da un parente in linea retta del proprietario, con l’obbligo di non alienarla per un periodo pari a
cinque anni.
Art. 4
(Classificazione dell’intervento ed oneri concessori)
1. L’intervento di recupero del sottotetto a fini abitativi è classificato come intervento di
ristrutturazione edilizia ai sensi dell’articolo 3, comma 1, lettera d), del decreto del Presidente della
Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in
materia edilizia) e successive modifiche.
2. L’intervento di cui al comma 1 comporta la corresponsione del versamento del contributo di cui
all’articolo 16 del d.p.r. 380/2001 e successive modifiche, calcolato sulla volumetria resa abitativa
secondo le tabelle approvate e vigenti in ciascun comune per le opere di nuova costruzione.
3. I comuni possono deliberare l’applicazione di una maggiorazione, nella misura massima del 20
per cento del contributo di cui al comma 2, da destinare obbligatoriamente alla realizzazione di
interventi di riqualificazione urbana, di arredo urbano e di valorizzazione del patrimonio comunale
di edilizia residenziale.
Art. 5
(Modalità d’intervento)
1. L’intervento di recupero del sottotetto a fini abitativi deve comunque garantire il rispetto delle
caratteristiche architettoniche dell’edificio, tenuto anche conto della zona in cui lo stesso ricade,
nonché delle prescrizioni igienico-sanitarie riguardanti le condizioni di agibilità.
2. Al fine di assicurare l’osservanza dei requisiti di fruibilità e di aeroilluminazione naturale dei
locali, l’intervento di recupero del sottotetto a fini abitativi può essere realizzato anche mediante
l’apertura di finestre, lucernari, porte, nella salvaguardia delle caratteristiche strutturali e formali
dell’edificio e nel rispetto dei requisiti minimi di agibilità dei locali sottostanti.
Art. 6
(Sostenibilità energetica ambientale)
1. Il progetto di recupero del sottotetto a fini abitativi deve prevedere interventi di isolamento
termico nonché, in conformità agli articoli 4, 5 e 6 della legge regionale 27 maggio 2008, n. 6
(Disposizioni regionali in materia di architettura sostenibile e di bioedilizia), interventi di risparmio
idrico, di ricorso a fonti energetiche rinnovabili e di recupero delle tradizioni costruttive
biosostenibili.
Art. 7
(Esclusioni e deroghe)
1. Le disposizioni della presente legge non si applicano alle zone individuate come insediamenti
urbani storici dal piano territoriale paesaggistico regionale (PTPR). (7)
2. Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, i comuni possono
disporre motivatamente l’esclusione, totale o parziale, di ulteriori zone territoriali omogenee nonché
di determinate tipologie di edifici, anche in relazione a caratteristiche storico-culturali,
morfologiche, paesaggistiche.
3. Il recupero del sottotetto a fini abitativi, come disciplinato dalla presente legge, è consentito
anche in deroga agli strumenti urbanistici comunali, adottati o vigenti, e ai regolamenti edilizi
vigenti.
4. L’intervento di recupero del sottotetto, se in deroga ai limiti fissati dal decreto del Ministro dei
lavori pubblici 2 aprile 1968, deve prevedere il conferimento, da parte dei richiedenti, di superfici
idonee a compensare gli standard urbanistici mancanti ovvero la loro monetizzazione in base ai
costi correnti di esproprio all’interno dell’area considerata.
Note:
(1) Legge pubblicata sul Bollettino ufficiale della Regione Lazio del 21 aprile 2009, n.15
(2) Comma modificato dall'articolo 5, comma 28 della legge regionale 13 agosto 2011, n. 10
(3) Lettera sostituita dall'articolo 5, comma 29, lettera a) della legge regionale 13 agosto 2011, n. 10
(4) Lettera modificata dall'articolo 5, comma 29, lettera b) della legge regionale 13 agosto 2011, n.
10
(5) Lettera sostituita dall'articolo 5, comma 29, lettera c) della legge regionale 13 agosto 2011, n. 10
(6) Comma sostituito dall'articolo 5, comma 29, letter d) della legge regionale 13 agosto 2011, n. 10
(7) Comma sostituito dall'articolo 5, comma 30 della legge regionale 13 agosto 2011, n. 10
Il testo non ha valore legale; rimane, dunque, inalterata l'efficacia degli atti legislativi originari.
R. 11 Agosto 2008, n. 15
Vigilanza sull'attività urbanistico-edilizia (1)
S O M MA R I O
CAPO I - DISPOSIZIONI GENERALI
Art. 1 Oggetto e finalità
Art. 2 Collaborazione istituzionale
Art. 3 Supporto agli enti preposti alla vigilanza urbanistico-edilizia
Art. 4 Rilevamenti aerofotogrammetrici e satellitari
Art. 5 Monitoraggio
Art. 6 Osservatorio regionale sull’abusivismo edilizio
Art. 7 Banca dati sull’abusivismo
CAPO II - VIGILANZA SULL’ATTIVITA’ URBANISTICO-EDILIZIA.
SANZIONI.
Sezione I - Titolarità ed esercizio della vigilanza. Responsabili degli abusi.
Art. 8 Enti preposti alla vigilanza
Art. 9 Attuazione della vigilanza
Art. 10 Elenchi degli abusi urbanistico-edilizi
Art. 11 Indagini regionali sul territorio
Art. 12 Responsabilità del titolare del titolo abilitativo, del committente, del costruttore, del
direttore dei lavori e del progettista
Sezione II - Sistema sanzionatorio. Procedure ordinarie.
Art. 13 Esibizione del titolo abilitativo e mancata apposizione del cartello
Art. 14 Sospensione dei lavori
Art. 15 Interventi di nuova costruzione eseguiti in assenza di titolo abilitativo, in totale difformità o
con variazioni essenziali
Art. 16 Interventi di ristrutturazione edilizia e cambi di destinazione d’uso in assenza di titolo
abilitativo, in totale difformità o con variazioni essenziali
Art. 17 Variazioni essenziali
Art. 18 Interventi di nuova costruzione e di ristrutturazione edilizia eseguiti in parziale difformità
dal titolo abilitativo
Art. 19 Interventi eseguiti in assenza o in difformità dalla denuncia di inizio attività
Art. 20 Interventi eseguiti in base a titolo abilitativo annullato d’ufficio o in via giurisdizionale
Art. 21 Opere abusive eseguite su suoli di proprietà dello Stato e di altri enti pubblici
Art. 22 Accertamento di conformità
Art. 23 Lottizzazione abusiva
Sezione III - Sistema sanzionatorio. Procedure speciali nelle aree sottoposte a
vincoli.
Art. 24 Interventi senza titolo in aree sottoposte a vincoli di natura urbanistica e idrogeologica e in
aree di salvaguardia delle acque superficiali e sotterranee destinate al consumo umano
Art. 25 Interventi abusivi su immobili e beni culturali e su immobili soggetti a vincolo
paesaggistico di inedificabilità assoluta
Art. 26 Interventi su beni paesaggistici
CAPO III - MODALITÀ DI DEMOLIZIONE DEGLI IMMOBILI ABUSIVI. FONDO
REGIONALE DI ROTAZIONE. DESTINAZIONE DELLE SANZIONI PECUNIARIE.
Art. 27 Relazione annuale sull’attività di vigilanza e sulle demolizioni
Art. 28 Demolizione di opere abusive
Art. 29 Fondo regionale di rotazione per le spese di demolizione e di ripristino
Art. 30 Destinazione dei proventi delle sanzioni pecuniarie
CAPO IV - POTERE SOSTITUTIVO DELLA REGIONE
Art. 31 Esercizio del potere sostitutivo
Art. 32 Commissario ad acta
Art. 33 Potere sostitutivo della Regione nei confronti degli organismi di gestione delle aree naturali
protette regionali
Art. 34 Annullamento di deliberazioni e provvedimenti comunali da parte della Regione
CAPO V - DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI
Art. 35 Modifiche all’articolo 7 della l.r. 36/1987
Art. 36 Disposizione transitoria
Art. 37 Abrogazioni
Art. 38 Disposizioni finanziarie
CAPO I
DISPOSIZIONI GENERALI
Art. 1
(Oggetto e finalità)
1. La presente legge, in conformità ai principi fondamentali stabiliti dalle leggi statali e in
particolare dal decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle
disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia) e successive modifiche, nonché nel
rispetto dei criteri di sussidiarietà e di leale collaborazione, detta una disciplina organica in materia
di vigilanza sull’attività urbanistico-edilizia, allo scopo di assicurare un ordinato sviluppo del
territorio, la salvaguardia delle risorse ambientali, del paesaggio e del patrimonio culturale.
Art. 2
(Collaborazione istituzionale)
1. La Regione, per assicurare su tutto il territorio regionale un’efficace e coordinata attività di
prevenzione e repressione dell’abusivismo urbanistico-edilizio, promuove forme di collaborazione
istituzionale, anche attraverso la stipula di apposite convenzioni tra amministrazioni, enti ed organi
statali, regionali e locali, tese a garantire, in particolare:
a) l’esercizio integrato delle funzioni di vigilanza e di accertamento delle violazioni urbanisticoedilizie;
b) l’effettiva demolizione delle opere abusive e il ripristino dello stato dei luoghi;
c) la gestione e lo scambio dei dati e delle informazioni relative all’abusivismo.
Art. 3
(Supporto agli enti preposti alla vigilanza urbanistico-edilizia)
1. Al fine di sostenere gli enti preposti alla vigilanza urbanistico-edilizia nell’esercizio delle
funzioni di propria competenza, la Regione:
a) tramite le proprie strutture e anche attraverso la Conferenza permanente Regione-Ordini e collegi
professionali, istituita con la legge regionale 22 luglio 2002, n. 19, attiva servizi di consulenza
nonché di assistenza tecnica, amministrativa e giuridico-normativa in ordine all’adozione degli atti
di repressione dell’abusivismo previsti dalla presente legge;
b) concede finanziamenti per l’organizzazione ed il potenziamento delle strutture degli enti locali,
ivi compresi i municipi, preposte alla vigilanza;
c) istituisce il fondo regionale di rotazione per le spese di demolizione e ripristino dello stato dei
luoghi, di cui all’articolo 29.
2. La Giunta regionale, con apposita deliberazione, sentita la competente commissione consiliare,
stabilisce i criteri per l’accesso ai finanziamenti di cui al comma 1, lettera b), nonché le modalità di
presentazione delle domande e di concessione ed erogazione degli stessi.
Art. 4
(Rilevamenti aerofotogrammetrici e satellitari)
1. La Regione verifica periodicamente le trasformazioni del territorio mediante rilevamenti
aerofotogrammetrici e satellitari, programmati dalla Giunta regionale anche d’intesa con gli enti
locali o con altri soggetti pubblici interessati.
2. I rilevamenti aerofotogrammetrici e satellitari di cui al comma 1 confluiscono nei sistemi
cartografici territoriali regionali.
.
Art. 5
(Monitoraggio)
1. La struttura regionale competente in materia di vigilanza urbanistico-edilizia, allo scopo di
conoscere e prevenire il fenomeno dell’abusivismo e favorire il recupero e la pianificazione
territoriale-urbanistica, effettua un costante monitoraggio attraverso, in particolare:
a) i dati e le informazioni contenute negli elenchi trasmessi dai comuni ai sensi dell’articolo 10;
b) i dati e le informazioni provenienti da altri soggetti pubblici, acquisiti anche a seguito delle forme
di collaborazione istituzionale previste dall’articolo 2;
c) i riscontri e le analisi dei rilevamenti aerofotogrammetrici e satellitari di cui all’articolo 4;
d) i riscontri emersi dalle indagini sul territorio effettuate ai sensi dell’articolo 11.
Art. 6
(Osservatorio regionale sull’abusivismo edilizio)
1. E’ istituito, presso l’assessorato regionale competente in materia di urbanistica, l’Osservatorio
regionale sull’abusivismo edilizio, di seguito denominato osservatorio.
2. L’ osservatorio:
a) analizza ed interpreta i risultati dell’attività di monitoraggio di cui all’articolo 5;
b) individua gli elementi sociali, economici e territoriali del fenomeno dell’abusivismo;
c) riferisce periodicamente alla Giunta regionale e alla commissione consiliare permanente
competente in materia, nonché agli enti locali interessati;
d) formula proposte agli organi istituzionali della Regione per il contrasto dell’abusivismo;
e) si raccorda con l’Osservatorio nazionale dell’abusivismo edilizio.
3. La Giunta regionale stabilisce la composizione dell’osservatorio con propria deliberazione,
sentita la commissione consiliare competente in materia.
4. L’osservatorio è costituito con decreto del Presidente della Regione sulla base della deliberazione
di cui al comma 3.
5. Le attività di segreteria dell’osservatorio sono assicurate nell’ambito dell’assessorato regionale
competente in materia di urbanistica.
6. Le relazioni e le proposte di cui al comma 2, lettere c) e d) sono pubblicate sul Bollettino
ufficiale della Regione e sul sito web della Regione.
Art. 7
(Banca dati dell’abusivismo)
1. Nell’ambito del sistema informativo territoriale regionale (SITR), di cui all’articolo 17 della
legge regionale 22 dicembre 1999, n. 38 (Norme sul governo del territorio), in raccordo con il
sistema informativo regionale per l’ambiente (SIRA) e con il sistema informativo nazionale
sull’abusivismo di cui all’articolo 32, comma 13, del decreto legge 30 settembre 2003, n. 269
(Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti pubblici)
convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, è costituita un’apposita banca
dati contenente i dati e le informazioni concernenti il fenomeno dell’abusivismo edilizio nel
territorio regionale, ivi compresi quelli risultanti dagli elenchi trasmessi dai comuni ai sensi
dell’articolo 10.
2. In attuazione di quanto previsto dall’articolo 17, comma 3, della l.r. 38/1999 e nel rispetto della
normativa statale sul coordinamento informatico, la Regione concorda con gli enti locali e con gli
altri enti pubblici coinvolti criteri e modalità per lo scambio e l’integrazione di dati e di
informazioni e per la creazione di una rete unificata.
3. Gli enti e le strutture regionali devono fornire i dati e le informazioni in loro possesso alla banca
dati di cui al comma 1.
CAPO II
VIGILANZA SULL’ATTIVITA’ URBANISTICO-EDILIZIA. SANZIONI.
Sezione I
Titolarità ed esercizio della vigilanza. Responsabilità degli abusi.
Art. 8
(Enti preposti alla vigilanza)
1. Fatto salvo quanto previsto dai commi 2 e 3, la vigilanza sull’attività urbanistico-edilizia è
esercitata dai comuni, anche in forma associata o avvalendosi delle forme di collaborazione
istituzionale di cui all’articolo 2, con le modalità previste dalla presente legge, dagli statuti e dai
regolamenti comunali, al fine di assicurare la rispondenza degli interventi alle norme di legge e di
regolamento, alle prescrizioni degli strumenti urbanistici ed edilizi nonché alle modalità esecutive
fissate dai titoli abilitativi.
2. In caso di attività urbanistico-edilizia esercitata in aree naturali protette regionali, restano ferme
le disposizioni di cui all’articolo 28 della legge regionale 6 ottobre 1997, n. 29 (Norme in materia di
aree naturali protette regionali) e successive modifiche.
3. In caso di attività urbanistico-edilizia concernente i beni culturali, restano ferme le competenze in
materia di vigilanza del Ministero per i beni e le attività culturali di cui all’articolo 25.
4. Ai sensi dell’articolo 28 del d.p.r. 380/2001, in caso di attività urbanistico-edilizia eseguita da
amministrazioni statali, qualora il comune accerti l’inosservanza delle norme, delle prescrizioni e
delle modalità esecutive di cui al comma 1 ne informa immediatamente la Regione ed il Ministero
delle infrastrutture e dei trasporti, al quale compete, d’intesa con il Presidente della Regione,
l’adozione dei provvedimenti previsti dalle sezioni II e III.
Art. 9
(Attuazione della vigilanza)
1. I compiti di vigilanza sull’attività urbanistico-edilizia sono svolti, secondo le modalità stabilite
dalla presente legge nonché dagli statuti e dai regolamenti comunali, dal dirigente o dal
responsabile della struttura comunale competente:
a) sulla base di verifiche d’ufficio;
b) sulla base delle comunicazioni degli ufficiali e degli agenti di polizia giudiziaria di cui al comma
2;
c) sulla base delle segnalazioni della struttura regionale competente in materia urbanistica, a seguito
delle indagini effettuate sul territorio ai sensi dell’articolo 11;
d) su denuncia dei cittadini e di tutti i soggetti interessati, ivi compresi gli enti portatori di interessi
diffusi.
2. Ai sensi dell’articolo 27, comma 4, del d.p.r. 380/2001 e successive modifiche, gli ufficiali e gli
agenti di polizia giudiziaria provvedono a dare immediata comunicazione e, comunque, non oltre le
quarantotto ore, delle presunte violazioni urbanistico edilizie riscontrate alle competenti strutture
del comune e della Regione, nonché alle altre autorità previste dall’articolo medesimo. (2)
3. Il dirigente o il responsabile della struttura comunale competente accerta, entro trenta giorni dalle
verifiche d’ufficio, dalle comunicazioni, dalle segnalazioni e dalle denunce previste al comma 1, la
regolarità delle opere e dispone gli atti conseguenti ai sensi delle disposizioni di cui alle sezioni II e
III.
Art. 10
(Elenchi degli abusi urbanistico-edilizi)
1. Il dirigente o il responsabile della struttura comunale competente redige ogni mese gli elenchi
relativi agli immobili e alle opere realizzati abusivamente e ai provvedimenti repressivi e
sanzionatori adottati e trasmette gli elenchi stessi, anche se negativi, alla Regione, all’autorità
giudiziaria e, tramite la Prefettura - ufficio territoriale del Governo, al Ministero delle infrastrutture
e dei trasporti. (3)
2. Il segretario comunale provvede ogni mese alla pubblicazione degli elenchi mediante affissione
nell’albo pretorio del comune. (3)
3. La Giunta regionale, con apposita deliberazione, stabilisce i criteri e le modalità di redazione
degli elenchi, di trasmissione, anche telematica, alla Regione, nonché di raccolta e di trattamento
dei dati e delle informazioni ivi contenuti ai fini del monitoraggio di cui all’articolo 5. Gli elenchi
devono comunque contenere i dati relativi alla tipologia di abuso, alla tipologia di vincolo, agli atti
di sospensione dei lavori, alle ingiunzioni di demolizione e ai relativi accertamenti di
inottemperanza, alle immissioni nel possesso, alle acquisizioni al patrimonio degli enti pubblici, ai
provvedimenti adottati dall’autorità giudiziaria, alle sanzioni pecuniarie e ai titoli abilitativi in
sanatoria.
Art. 11
(Indagini regionali sul territorio)
1. La struttura regionale competente in materia urbanistica, qualora constati, dall’esito dei rilievi
aerofotogrammetrici e satellitari di cui all’articolo 4, dal monitoraggio di cui all’articolo 5 o dalle
denunce dei cittadini, situazioni di presunta violazione delle norme urbanistico-edilizie che non
risultano dagli elenchi degli abusi edilizi di cui all’articolo 10, procede ad indagini sul territorio.
2. L’esito delle indagini sul territorio è segnalato al dirigente o al responsabile della struttura
comunale competente, che provvede ai sensi dell’articolo 9, comma 3.
Art. 12
(Responsabilità del titolare del titolo abilitativo, del committente,
del costruttore, del direttore dei lavori e del progettista)
1. Il titolare del titolo abilitativo, il committente e il costruttore sono responsabili, ai fini e per gli
effetti delle norme contenute nella presente legge, della conformità delle opere alla normativa
urbanistica ed edilizia, alle previsioni degli strumenti di pianificazione paesistica e dei piani
settoriali, al nulla osta rilasciato dall’organismo di gestione dell’area naturale protetta regionale
nonché, unitamente al direttore dei lavori, alle previsioni del titolo abilitativo e alle modalità
esecutive o prescrizioni stabilite dal medesimo. I suddetti soggetti sono, altresì, tenuti al pagamento
delle sanzioni pecuniarie e, solidalmente, alle spese per l’esecuzione in danno, in caso di
demolizione delle opere abusivamente realizzate, salvo che dimostrino di non essere responsabili
dell’abuso.
2. Ai sensi dell’articolo 29, comma 2, del d.p.r. 380/2001, il direttore dei lavori è esonerato da
responsabilità qualora abbia contestato agli altri soggetti la violazione delle prescrizioni del titolo
abilitativo, con esclusione delle varianti in corso d’opera, fornendo al dirigente o responsabile della
struttura comunale competente contestuale e motivata comunicazione della violazione stessa e, nei
casi di totale difformità o di variazione essenziale rispetto al titolo abilitativo, qualora abbia inoltre
rinunziato all’incarico contestualmente alla comunicazione resa al suddetto dirigente o responsabile.
In caso contrario, il dirigente o il responsabile della struttura comunale competente segnala al
consiglio dell’ordine professionale di appartenenza la violazione in cui è incorso il direttore dei
lavori, ai fini dell’applicazione delle sanzioni disciplinari stabilite dal medesimo articolo 29, comma
2, del d.p.r. 380/2001.
3. Ai sensi dell’articolo 29, comma 3, del d.p.r. 380/2001, per le opere realizzate dietro
presentazione di denuncia di inizio attività, il progettista assume la qualità di persona esercente un
servizio di pubblica necessità ai sensi degli articoli 359 e 481 del codice penale. In caso di
dichiarazioni non veritiere, il dirigente o il responsabile della struttura comunale competente ne dà
comunicazione all’autorità giudiziaria e al competente ordine professionale per l’irrogazione delle
sanzioni disciplinari.
Sezione II
Sistema sanzionatorio. Procedure ordinarie.
Art. 13
(Esibizione del titolo abilitativo e mancata apposizione del cartello)
1. Nei luoghi in cui vengono realizzate le opere, qualora non sia esibito il permesso di costruire o
non sia apposto il prescritto cartello, si applica la sanzione pecuniaria da un minimo di cinquecento
euro a un massimo di millecinquecento euro in relazione all’entità delle opere stesse.
Art. 14
(Sospensione dei lavori)
1. Qualora sia accertata l’esistenza di opere, non ultimate, in difformità dalle norme di legge e di
regolamento, dalle prescrizioni degli strumenti urbanistici ed edilizi nonché dalle modalità esecutive
fissate dai titoli abilitativi, ovvero di opere, non ultimate, conformi alle norme urbanistiche ma in
assenza di titolo abilitativo, il dirigente o il responsabile della struttura comunale competente ordina
l’immediata sospensione dei lavori.
2. L’atto di sospensione dei lavori è comunicato ai responsabili dell’abuso, al direttore dei lavori e
al proprietario, ove non coincidenti con i primi. La suddetta comunicazione costituisce avviso di
avvio del procedimento per l’adozione dei provvedimenti sanzionatori di cui agli articoli successivi,
ai sensi dell’articolo 7 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di
procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi) e successive
modifiche.
3. Entro quarantacinque giorni dall’ordine di sospensione, il dirigente o il responsabile della
struttura comunale competente adotta e notifica i provvedimenti sanzionatori definitivi di
ingiunzione della demolizione e del ripristino dello stato dei luoghi, di acquisizione e di
demolizione, nonché di applicazione delle sanzioni pecuniarie, nei casi e secondo le procedure
indicati dagli articoli successivi.
Art. 15
(Interventi di nuova costruzione eseguiti in assenza di titolo abilitativo,
in totale difformità o con variazioni essenziali)
1. Ferma restando la sospensione dei lavori prevista dall’articolo 14 per le opere non ultimate, il
dirigente o il responsabile della struttura comunale competente, qualora accerti l’esistenza di
interventi di nuova costruzione in assenza di permesso di costruire o di denuncia di inizio attività
nei casi previsti dall’articolo 22, comma 3, lettere b) e c), del d.p.r. 380/2001 e successive
modifiche o in totale difformità dagli stessi, ovvero con variazioni essenziali determinate ai sensi
dell’articolo 17, ingiunge al responsabile dell’abuso, nonché al proprietario, ove non coincidente
con il primo, la demolizione dell’opera ed il ripristino dello stato dei luoghi in un congruo termine,
comunque non superiore a novanta giorni, indicando nel provvedimento l’opera e l’area che
vengono acquisite di diritto nel caso previsto dal comma 2. Ai fini della presente legge, si
considerano interventi eseguiti in totale difformità dai citati titoli abilitativi gli interventi che
comportano la realizzazione di un organismo edilizio integralmente diverso per caratteristiche
tipologiche, planovolumetriche o di utilizzazione da quello oggetto dei titoli stessi, ovvero
l’esecuzione di volumi edilizi, oltre i limiti indicati nel progetto, e tali da costituire un organismo
edilizio, o parte di esso, con specifica rilevanza ed autonomamente utilizzabile.
2. Se il responsabile dell’abuso non provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi
nel termine di cui al comma 1, l’opera e l’area di sedime, nonché quella necessaria, secondo le
vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive, sono
acquisiti di diritto gratuitamente al patrimonio del comune.
3. L’atto di accertamento dell’inottemperanza all’ingiunzione a demolire definisce la consistenza
dell’area da acquisire, previo frazionamento catastale effettuato dall’ufficio tecnico comunale,
ovvero, in caso di carenza di organico e/o delle necessarie strumentazioni topografiche, da tecnici
esterni all’amministrazione. L’atto di accertamento dell’inottemperanza, previa notifica
all’interessato, costituisce titolo per l’immissione nel possesso e per la trascrizione nei registri
immobiliari, che ai sensi dell’articolo 31, comma 6, del d.p.r. 380/2001 e successive modifiche è
eseguita gratuitamente. L’accertamento dell’inottemperanza comporta, altresì, l’applicazione di una
sanzione pecuniaria da un minimo di 2 mila euro ad un massimo di 20 mila euro, in relazione
all’entità delle opere.
4. L’opera acquisita è demolita con ordinanza del dirigente o del responsabile della struttura
comunale competente a spese dei responsabili dell’abuso, salvo che, con deliberazione consiliare,
non si dichiari l’esistenza di prevalenti interessi pubblici e sempre che l’opera non contrasti con
rilevanti interessi urbanistici, ambientali o paesaggistici.
5. Non si procede all’acquisizione dell’area ai sensi del comma 2 ma esclusivamente alla
demolizione dell’opera abusiva nel caso in cui il proprietario della stessa non sia responsabile
dell’abuso.
6. Per le opere ultimate eseguite abusivamente su terreni sottoposti a vincoli di cui agli articoli 24 e
26, l’acquisizione gratuita, nel caso di inottemperanza all’ingiunzione di demolizione, si verifica di
diritto a favore dell’ente cui compete la vigilanza sull’osservanza del vincolo, che procede alla
demolizione delle opere abusive e al ripristino dello stato dei luoghi a spese dei responsabili
dell’abuso. Nell’ipotesi di concorso dei vincoli, l’acquisizione si verifica a favore del patrimonio
del comune.
7. In caso di inerzia o di inadempimento del comune agli obblighi previsti dal presente articolo, la
Regione esercita il potere sostitutivo di cui agli articoli 31 e seguenti e l’acquisizione gratuita del
bene e dell’area di sedime si verifica a favore della Regione stessa.
Art. 16
(Interventi di ristrutturazione edilizia e cambi di destinazione d’uso in assenza di titolo abilitativo,
in totale difformità o con variazioni essenziali)
1. Ferma restando la sospensione dei lavori prevista dall’articolo 14 per le opere non ultimate, il
dirigente o il responsabile della struttura comunale competente, qualora accerti l’esistenza di
interventi di ristrutturazione edilizia di cui all’articolo 10, comma 1, lettera c), del d.p.r. 380/2001 e
successive modifiche, nonché cambi di destinazione d’uso da una categoria generale ad un’altra di
cui all’articolo 7, terzo comma, della legge regionale 2 luglio 1987, n. 36 (Norme in materia di
attività urbanistico-edilizia e snellimento delle procedure) in assenza di permesso di costruire o di
denuncia di inizio attività nei casi previsti dall’articolo 22, comma 3, lettera a), del d.p.r. 380/2001 e
successive modifiche, in totale difformità dagli stessi ovvero con variazioni essenziali determinate
ai sensi dell’articolo 17, ingiunge al responsabile dell’abuso, nonché al proprietario, ove non
coincidente con il primo, di provvedere in un congruo termine, comunque non superiore a
centoventi giorni, alla demolizione dell’opera e al ripristino dello stato dei luoghi.
2. Decorso inutilmente il termine di cui al comma 1, l’ingiunzione è eseguita a cura del comune e a
spese del responsabile dell’abuso.
3. Qualora, sulla base di un motivato accertamento dell’ufficio tecnico comunale, la demolizione e
il ripristino dello stato dei luoghi non sia possibile, il dirigente o il responsabile della struttura
comunale competente applica una sanzione pecuniaria pari al doppio dell’incremento del valore di
mercato dell’immobile conseguente alla esecuzione delle opere, determinato con riferimento alla
data di applicazione della sanzione. In tale caso è comunque dovuto il contributo di costruzione di
cui alla legge regionale 12 settembre 1977, n. 35 (Tabelle parametriche regionali e norme di
applicazione della legge 28 gennaio 1977, n. 10, per la determinazione del contributo per le spese di
urbanizzazione gravante le concessioni edilizie) e successive modifiche.
4. Qualora le opere siano state eseguite sui beni ricompresi fra quelli indicati dalla parte seconda del
decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio ai sensi
dell’articolo 10 della L. 6 luglio 2002, n. 137) e successive modifiche, l’amministrazione
competente a vigilare sull’osservanza del vincolo ingiunge al responsabile dell’abuso, nonché al
proprietario, ove non coincidente con il primo, la demolizione e il ripristino dello stato dei luoghi a
cura e spese dello stesso, indicando criteri e modalità diretti a ricostituire l’originario organismo
edilizio, ed irroga una sanzione pecuniaria da 2 mila 500 euro a 25 mila euro. Per le opere eseguite
su beni paesaggistici di cui alla parte terza del d.lgs. 42/2004 e successive modifiche resta
comunque fermo quanto previsto dall’articolo 167 del decreto medesimo. (4)
5. Qualora le opere siano state eseguite su immobili anche non vincolati compresi nelle zone
omogenee A di cui al decreto del Ministro dei lavori pubblici del 2 aprile 1968, (Limiti inderogabili
di densità edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati e rapporti massimi tra spazi destinati agli
insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde
pubblico o a parcheggi da osservare ai fini della formazione dei nuovi strumenti urbanistici o della
revisione di quelli esistenti, ai sensi dell’art. 17 della L. 6 agosto 1967, n. 765), il dirigente o il
responsabile della struttura comunale competente decide l’applicazione delle sanzioni previste al
comma 4 previa acquisizione del parere di cui all’articolo 33, comma 4, del d.p.r. 380/2001 e
successive modifiche, fermo restando quanto ivi stabilito nell’ipotesi di mancato rilascio dello
stesso. (5)
6. In caso di inerzia o inadempimento del comune agli obblighi previsti dal presente articolo, la
Regione esercita il potere sostitutivo di cui agli articoli 31 e seguenti e introita le sanzioni
pecuniarie.
Art. 17
(Variazioni essenziali)
1. Ai fini dell’applicazione degli articoli 15 e 16, costituiscono variazioni essenziali al progetto
approvato le opere eseguite abusivamente quando si verifichi una o più delle seguenti condizioni:
a) mutamento della destinazione d’uso che implichi variazione degli standard previsti dal d.m.
lavori pubblici 2 aprile 1968;
b) mutamento delle destinazioni d’uso, con o senza opere a ciò preordinate, quando per lo stesso è
richiesto, ai sensi dell’articolo 7, terzo comma, della l.r. 36/1987, il permesso di costruire;
c) aumento superiore al 2 per cento del volume o della superficie lorda complessiva del fabbricato;
d) modifica dell’altezza quando, rispetto al progetto approvato, questa sia superiore al 10 per cento,
sempre che rimanga inalterato il numero dei piani;
e) modifica della sagoma quando la sovrapposizione di quella autorizzata, rispetto a quella
realizzata in variante, dia un’area oggetto di variazione, in debordamento od in rientranza, superiore
al 10 per cento della sagoma stessa;
f) modifica della localizzazione quando la sovrapposizione della sagoma a terra dell’edificio
autorizzato e di quello realizzato, per effetto di rotazione o traslazione di questo, sia inferiore al 50
per cento;
g) mutamento delle caratteristiche dell’intervento edilizio assentito in relazione alla classificazione
dell’articolo 3 del d.p.r. 380/2001 e successive modifiche;
h) violazione delle norme vigenti in materia di edilizia antisismica quando non attenga a fatti
procedurali.
2. La modifica della localizzazione del fabbricato non è comunque considerata variazione
essenziale quando, a prescindere dai limiti stabiliti nel comma 1, lettera f), rimangono invariate le
destinazioni d’uso, la sagoma, il volume, le superfici, l’altezza della costruzione e sempre che la
nuova localizzazione non contrasti con leggi, norme e regolamenti.
3. Non possono ritenersi comunque variazioni essenziali quelle che incidono sulla entità delle
cubature accessorie, sui volumi tecnici e sulla distribuzione interna delle singole unità abitative.
4. Gli interventi di cui al comma 1, effettuati su immobili sottoposti a vincolo storico, artistico,
architettonico, archeologico, paesistico ed ambientale, nonché su immobili ricadenti in aree naturali
protette nazionali e regionali, sono considerati in totale difformità dal titolo abilitativo. Tutti gli altri
interventi sui medesimi immobili sono considerati variazioni essenziali.
Art. 18
(Interventi di nuova costruzione e di ristrutturazione edilizia eseguiti
in parziale difformità dal titolo abilitativo)
1. Ferma restando la sospensione dei lavori prevista dall’articolo 14 per le opere non ultimate, il
dirigente o il responsabile della struttura comunale competente qualora accerti l’esistenza di
interventi di nuova costruzione o di ristrutturazione edilizia di cui all’articolo 10, comma 1, lettera
c), del d.p.r. 380/2001 e successive modifiche, in parziale difformità dal permesso di costruire o
dalla denuncia di inizio attività nei casi previsti dall’articolo 22, comma 3, lettera a), del d.p.r.
380/2001 e successive modifiche, ingiunge al responsabile dell’abuso, nonché al proprietario, ove
non coincidente con il primo, di provvedere a proprie spese entro un congruo termine, comunque
non superiore a centoventi giorni, alla demolizione dell’opera e al ripristino dello stato dei luoghi.
2. Decorso inutilmente il termine di cui al comma 1, la demolizione è eseguita a cura del comune e
a spese del responsabile dell’abuso.
3. Qualora, sulla base di un motivato accertamento dell’ufficio tecnico comunale, la demolizione e
il ripristino dello stato dei luoghi non possa avvenire senza pregiudizio della parte dell’immobile
eseguita in conformità, il dirigente o il responsabile della struttura comunale competente applica
una sanzione pecuniaria pari al doppio dell’incremento del valore di mercato dell’immobile
conseguente alla esecuzione delle opere abusive, determinato con riferimento alla data di
applicazione della sanzione.
4. Qualora, in relazione alla tipologia di abuso accertato, non sia possibile determinare il valore di
mercato di cui al comma 3, si applica una sanzione pecuniaria da un minimo di 3 mila euro ad un
massimo di 30 mila euro, in relazione alla gravità dell’abuso.
Art. 19
(Interventi eseguiti in assenza o in difformità dalla denuncia di inizio attività)
1. Ferma restando la sospensione dei lavori prevista dall’articolo 14 per le opere non ultimate, il
dirigente o il responsabile della struttura comunale competente, qualora accerti l’esistenza di
interventi edilizi di cui all’articolo 22, commi 1 e 2, del d.p.r. 380/2001 e successive modifiche,
nonché mutamenti di destinazione d’uso nell’ambito di una stessa categoria previsti dall’articolo 7,
comma terzo, della l.r. 36/1987, in assenza della prescritta denuncia di inizio attività o in difformità
dalla stessa, applica una sanzione pecuniaria da un minimo di millecinquecento euro ad un massimo
di 15 mila euro, in relazione alla gravità dell’abuso.
2. Fatto salvo quanto previsto per i beni paesaggistici dall’articolo 167 del d.lgs. 42/2004 e
successive modifiche, qualora le opere eseguite in assenza di denuncia di inizio attività consistano
in interventi di restauro e di risanamento conservativo di cui all’articolo 3, comma 1, lettera c), del
d.p.r. 380/2001 e successive modifiche, su immobili comunque vincolati in base a leggi statali e
regionali e ad altre norme urbanistiche vigenti, l’ente preposto alla tutela del vincolo ingiunge al
responsabile dell’abuso nonché al proprietario, ove non coincidente con il primo, di provvedere in
un congruo termine, comunque non superiore a novanta giorni, alla demolizione dell’opera e al
ripristino dello stato dei luoghi e applica una sanzione pecuniaria da un minimo di 2 mila 500 euro a
un massimo di 25 mila euro, in relazione alla gravità dell’abuso. (6)
3. Qualora gli interventi di cui al comma 2 siano eseguiti su immobili anche non vincolati, compresi
nelle zone indicate nella lettera A dell’articolo 2 del d.m. lavori pubblici 2 aprile 1968, il dirigente o
il responsabile della struttura comunale competente decide l’applicazione delle sanzioni previste dal
comma 2 previa acquisizione del parere di cui all’articolo 37, comma 3, del d.p.r. 380/2001, fermo
restando quanto ivi stabilito nell’ipotesi di mancato rilascio dello stesso. (7)
4. La mancata denuncia di inizio attività non comporta l’applicazione delle sanzioni previste
dall’articolo 44 del d.p.r. 380/2001 e successive modifiche.
Art. 20
(Interventi eseguiti in base a titolo abilitativo
annullato d’ufficio o in via giurisdizionale)
1. In caso di permesso di costruire annullato d’ufficio, ai sensi dell’articolo 21nonies della l.
241/1990, o in via giurisdizionale, il dirigente o il responsabile della struttura comunale competente,
qualora non sia possibile, in base a motivata valutazione, la rimozione di vizi delle procedure
amministrative o il ripristino dello stato dei luoghi, applica la sanzione pecuniaria pari al valore di
mercato dell’immobile o all’incremento del valore di mercato dello stesso conseguente
all’esecuzione delle opere.
2. L’integrale corresponsione della sanzione pecuniaria irrogata produce i medesimi effetti del
permesso di costruire in sanatoria di cui all’articolo 22.
3. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche agli interventi edilizi eseguiti mediante
denuncia di inizio attività ai sensi dell’articolo 22, comma 3, del d.p.r. 380/2001 e successive
modifiche, qualora il dirigente o il responsabile della struttura comunale competente accerti
l’inesistenza dei presupposti richiesti per la formazione del relativo titolo.
Art. 21
(Opere abusive eseguite su suoli di proprietà dello Stato e di altri enti pubblici)
1. Il dirigente o il responsabile della struttura comunale competente, qualora accerti l’esistenza, da
parte di soggetti diversi da quelli di cui all’articolo 8, comma 4, di opere su suoli del demanio o del
patrimonio dello Stato, della Regione, dei comuni, delle province o di altri enti pubblici, nonché su
terreni di uso civico, in assenza di permesso di costruire o di denuncia di inizio attività, nei casi
previsti dall’articolo 22, comma 3, del d.p.r. 380/2001 e successive modifiche, o in totale o parziale
difformità dagli stessi ovvero con variazioni essenziali determinate ai sensi dell’articolo 17,
ingiunge al responsabile dell’abuso e al proprietario, ove non coincidente con il primo, la
demolizione dell’opera e il ripristino dello stato dei luoghi in un congruo termine, comunque non
superiore a novanta giorni.
2. Il provvedimento di ingiunzione è comunicato all’ente proprietario del suolo.
3. Decorso inutilmente il termine di cui al comma 1, l’ingiunzione è eseguita a cura del comune e a
spese del responsabile dell’abuso.
4. Resta fermo il potere di autotutela dello Stato, della Regione, dei comuni, delle province e degli
altri enti pubblici previsto dalla normativa vigente.
Art. 22
(Accertamento di conformità)
1. Nei casi previsti dagli articoli 15, 16, 18 e 19, il responsabile dell’abuso, nonché il proprietario,
ove non coincidente con il primo, può richiedere il rilascio del permesso di costruire in sanatoria o
presentare denuncia di inizio attività in sanatoria, fino alla scadenza dei termini di cui agli articoli
15, comma 1, 16, comma 1 e 18, comma 1 e, comunque, fino all’irrogazione delle relative sanzioni
amministrative, se gli interventi risultino conformi alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia
al momento dell’esecuzione degli stessi sia al momento della richiesta.
2. Il permesso di costruire e la denuncia di inizio attività in sanatoria sono subordinati al pagamento,
a titolo di oblazione:
a) nel caso previsto dall’articolo 15, di un importo pari al valore di mercato dell’intervento eseguito,
determinato con riferimento alla data di applicazione dell’oblazione;
b) nei casi previsti dagli articoli 16 e 18, di un importo pari al doppio dell’incremento del valore di
mercato dell’immobile conseguente alla esecuzione delle opere, determinato con riferimento alla
data di applicazione dell’oblazione; qualora, in relazione alla tipologia di abuso accertato, non sia
possibile determinare l’incremento del valore di mercato, si applica una sanzione pecuniaria pari al
triplo del costo di costruzione;
c) nei casi previsti dall’articolo 19, di un importo da un minimo di mille euro ad un massimo di 10
mila euro, in relazione alla gravità dell’abuso.
3. La richiesta del titolo abilitativo in sanatoria è accompagnata dalla dichiarazione del
professionista abilitato che attesti, ai sensi dell’articolo 481 del codice penale, le conformità di cui
al comma 1.
4. Sulla richiesta del titolo abilitativo in sanatoria il comune si pronuncia entro sessanta giorni dal
ricevimento della stessa, decorsi i quali la richiesta si intende rifiutata.
5. Per le aree sottoposte a vincolo paesaggistico resta comunque salvo quanto previsto dall’articolo
146, comma 4, del d.lgs. 42/2004 e successive modifiche.
Art. 23
(Lottizzazione abusiva)
1. Ai sensi dell’articolo 30 del d.p.r. 380/2001 e successive modifiche, si ha lottizzazione abusiva di
terreni a scopo edificatorio quando:
a) senza la prescritta autorizzazione, sono iniziati interventi che comportano una trasformazione
urbanistica od edilizia dei terreni in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici, vigenti
o adottati, o delle prescrizioni stabilite dalle leggi statali o regionali, anche se per le singole opere
facenti parte della lottizzazione sia stato rilasciato il relativo titolo abilitativo;
b) senza la prescritta autorizzazione, si realizzano i presupposti per una trasformazione urbanistica o
edilizia dei terreni attraverso il loro frazionamento e vendita, o atti equivalenti, in lotti che per le
loro caratteristiche, quali la dimensione in relazione alla natura del terreno e alla sua destinazione
secondo gli strumenti urbanistici, il numero, l’ubicazione o l’eventuale previsione di opere di
urbanizzazione e, in rapporto agli elementi riferiti agli acquirenti, denunciano in modo non
equivoco la destinazione a scopo edificatorio.
2. Agli atti tra vivi, sia in forma pubblica sia in forma privata, aventi ad oggetto trasferimento o
costituzione o scioglimento della comunione di diritti reali relativi a terreni si applicano le
disposizioni di cui all’articolo 30, commi 2, 3, 4, 4 bis e 5 del d.p.r. 380/2001 e successive
modifiche.
3. Il dirigente o il responsabile della struttura comunale competente, qualora accerti l’esecuzione di
lottizzazioni di terreni a scopo edificatorio senza la prescritta autorizzazione, ne dispone la
sospensione con ordinanza da notificare ai proprietari delle aree interessate ed ai soggetti indicati
dall’articolo 12. L’ordinanza comporta l’immediata sospensione dei lavori in corso ed il divieto di
disporre dei suoli e delle opere eseguite. L’ordinanza è trascritta, ai sensi dell’articolo 30 del d.p.r.
380/2001 e successive modifiche, nei registri immobiliari.
4. Decorsi novanta giorni dalla notifica dell’ordinanza di cui al comma 3, le aree lottizzate sono
acquisite di diritto al patrimonio disponibile del comune. Il dirigente o il responsabile della struttura
comunale competente provvede alla demolizione delle opere ed al ripristino dello stato dei luoghi a
spese del responsabile dell’abuso.
5. In caso di inerzia del comune agli adempimenti di cui ai commi 3 e 4, la Regione esercita il
potere sostitutivo e l’acquisizione gratuita delle aree lottizzate si verifica a favore della Regione
stessa.
6. In caso di lottizzazione abusiva non si applica quanto previsto dall’articolo 22.
Sezione III
Sistema sanzionatorio. Procedure speciali nelle aree sottoposte a vincoli.
Art. 24
(Interventi senza titolo in aree sottoposte a vincoli di natura urbanistica e idrogeologica e in aree
di salvaguardia delle acque superficiali
e sotterranee destinate al consumo umano)
1. Il dirigente o il responsabile della struttura comunale competente provvede direttamente, a spese
del responsabile dell’abuso, alla demolizione dell’opera ed al ripristino dello stato dei luoghi
quando accerti l’esistenza di interventi, non ultimati, senza titolo, su aree:
a) soggette a vincolo di inedificabilità previsto da leggi, statali o regionali, o da altre norme
urbanistiche, vigenti o adottate;
b) soggette a vincolo di destinazione per la realizzazione di opere e spazi pubblici o di interventi di
edilizia residenziale pubblica di cui alla legge 18 aprile 1962, n. 167 (Disposizioni per favorire
l’acquisizione di aree fabbricabili per l’edilizia economica e popolare) e successive modifiche;
c) soggette alla tutela di cui al regio decreto 30 dicembre 1923, n. 3267 (Riordinamento e riforma
della legislazione in materia di boschi e terreni montani) e successive modifiche;
d) soggette alle disposizioni di cui all’articolo 94, relativo alla disciplina delle aree di salvaguardia
delle acque superficiali e sotterranee destinate al consumo umano, del decreto legislativo 3 aprile
2006, n. 152 (Norme in materia ambientale).
2. La demolizione è effettuata previa notifica del relativo provvedimento al responsabile dell’abuso,
nonché al proprietario e all’eventuale titolare di altro diritto reale di godimento, ove non coincidenti
con il primo.
3. Nel caso delle aree di cui comma 1, lettera c), il dirigente o il responsabile della struttura
comunale competente provvede alla demolizione dell’opera e al ripristino dello stato dei luoghi,
previa comunicazione all’amministrazione competente alla tutela del vincolo che può intervenire di
propria iniziativa dandone avviso al comune, a pena di decadenza, entro trenta giorni dalla
comunicazione stessa.
4. Il comune può stipulare accordi con privati, interessati alla demolizione e al ripristino dello stato
dei luoghi, diretti ad anticipare e sostenere i relativi costi. In tal caso si applicano i principi del
codice civile in materia di obbligazioni e contratti, in quanto compatibili.
5. Qualora l’accertamento di cui al comma 1 riguardi opere già ultimate, si applica la procedura
disciplinata dagli articoli 15 e 16.
Art. 25
(Interventi abusivi su immobili e beni culturali e su immobili
soggetti a vincolo paesaggistico di inedificabilità assoluta)
1. Il competente organo del Ministero per i beni e le attività culturali provvede, ai sensi dell’articolo
27, comma 2, del d.p.r. 380/2001 e successive modifiche, alla vigilanza, ivi compreso
l’accertamento dell’abuso e le demolizioni, su:
a) immobili dichiarati monumento nazionale con provvedimenti aventi forza di legge;
b) immobili dichiarati di interesse culturale ai sensi degli articoli 12, 13 e 14 del d.lgs. 42/2004 e
successive modifiche;
c) beni di interesse archeologico;
d) (8)
2. Il dirigente o il responsabile della struttura comunale competente, qualora accerti l’esistenza di
opere abusive sugli immobili o sui beni di cui al comma 1, ne dà comunicazione al competente
organo del Ministero per i beni e le attività culturali che provvede agli atti di competenza.
Art. 26
(Interventi su beni paesaggistici)
1. Il dirigente o il responsabile della struttura comunale competente provvede direttamente a spese
del responsabile dell’abuso alla demolizione dell’opera ed al ripristino dello stato dei luoghi quando
accerti l’esistenza di interventi senza titolo, non ultimati, sui beni paesaggistici di cui all’articolo
134 del d.lgs. 42/2004 e successive modifiche.
2. La demolizione è effettuata previa notifica del relativo provvedimento al responsabile dell’abuso,
nonché al proprietario e all’eventuale titolare di altro diritto reale di godimento, ove non coincidenti
con il primo.
3. Qualora l’accertamento di cui al comma 1 riguardi opere già ultimate, si applica la procedura
disciplinata dagli articoli 15 e 16.
4. Resta comunque fermo quanto previsto dall’articolo 167 del d.lgs. 42/2004 e successive
modifiche.
CAPO III
MODALITÀ DI DEMOLIZIONE DEGLI IMMOBILI ABUSIVI. FONDO REGIONALE DI
ROTAZIONE. DESTINAZIONE DELLE SANZIONI PECUNIARIE.
Art. 27
(Relazione annuale sull’attività di vigilanza e sulle demolizioni)
1. Entro il 31 dicembre di ogni anno, il dirigente o il responsabile della struttura comunale
competente invia alla Regione una relazione, anche se negativa, sull’attività di vigilanza espletata,
contenente, altresì, per ciascun abuso urbanistico edilizio riportato negli elenchi di cui all’articolo
10, per il quale è prevista la demolizione ai sensi della presente legge:
a) l’indicazione delle demolizioni effettuate dai responsabili degli abusi o direttamente dal comune;
b) l’elenco delle opere per le quali non si sia ancora provveduto alla demolizione con l’indicazione
delle specifiche cause ostative.
2. La relazione di cui al comma 1 è pubblicata sul Bollettino ufficiale della Regione e sul sito web
della Regione.
Art. 28
(Demolizione di opere abusive)
1. Il dirigente o il responsabile della struttura comunale competente dispone, in tutti i casi previsti
dalla presente legge, la demolizione delle opere abusive e il ripristino dello stato dei luoghi sulla
base di una valutazione tecnico-economica adottata dall’organo comunale competente.
2. I lavori di demolizione, laddove non eseguibili direttamente dal comune, sono affidati, con le
procedure di evidenza pubblica previste dalla normativa vigente, ad imprese tecnicamente e
finanziariamente idonee.
3. Nel caso di impossibilità di affidamento dei lavori ai sensi del comma 2, il dirigente o il
responsabile della struttura comunale competente ne dà notizia alla Prefettura - ufficio territoriale
del Governo il quale provvede alla demolizione con i mezzi a disposizione della pubblica
amministrazione, ovvero tramite impresa finanziariamente e tecnicamente idonea, se i lavori non
siano eseguibili in gestione diretta.
4. Il comune per le esecuzioni che esegue direttamente può avvalersi, per il tramite del servizio
integrato infrastrutture e trasporti di cui al decreto del Presidente della Repubblica 2 luglio 2004, n.
184 (Riorganizzazione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti) e successive modifiche,
delle strutture tecnico-operative del Ministero della difesa, sulla base di apposita convenzione
stipulata d’intesa fra il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro della difesa e la
Regione.
5. Per le aree sottoposte a vincolo paesaggistico resta fermo quanto previsto dall’articolo 167,
comma 3, del d.lgs. 42/2004 e successive modifiche.
6. I comuni possono richiedere alla Regione un’anticipazione delle spese relative agli interventi di
demolizione delle opere abusive ed al ripristino dello stato dei luoghi, nei limiti del fondo regionale
di rotazione di cui all’articolo 29.
Art. 29
(Fondo regionale di rotazione per le spese connesse alle attività di prevenzione e repressione
dell’abusivismo edilizio) (9)
1. Al fine di concedere ai comuni anticipazioni, senza interessi, sui costi relativi agli interventi di
demolizione delle opere abusive e di ripristino dello stato dei luoghi di acquisizione al patrimonio
comunale degli immobili abusivi nonché sulle spese afferenti alla predisposizione degli strumenti
urbanistici relativi ai nuclei edilizi abusivi, è istituito, presso l’assessorato regionale competente in
materia di urbanistica, un apposito fondo regionale di rotazione. (10)
2. La Giunta regionale definisce, con propria deliberazione, le modalità di gestione del fondo, i
criteri e le priorità per il riparto delle risorse tra i comuni e per la restituzione delle somme
anticipate.
3. I comuni restituiscono le anticipazioni utilizzando prioritariamente gli introiti derivanti
dall’applicazione delle sanzioni pecuniarie.
4. Qualora le somme anticipate non siano rimborsate entro cinque anni, la Regione, al fine di
reintegrare il fondo di rotazione, trattiene la corrispondente somma dai fondi dei capitoli del
bilancio regionale che prevedono a qualsiasi titolo trasferimenti ai comuni inadempienti.
Art. 30
(Destinazione dei proventi delle sanzioni pecuniarie)
1. I proventi derivanti dal pagamento delle sanzioni pecuniarie previste dalla presente legge,
introitati dai comuni, sono destinati prioritariamente:
a) alla restituzione delle anticipazioni sui costi sostenuti per la demolizione delle opere abusive e il
ripristino dello stato dei luoghi, di cui all’articolo 29;
b) ad incentivare lo svolgimento dell’attività di vigilanza da parte del personale dipendente;
c) allo sviluppo di strumenti tecnologici e conoscitivi finalizzati alla prevenzione degli abusi, anche
in accordo con altri enti preposti alla salvaguardia del territorio e dell’ambiente.
CAPO IV
POTERE SOSTITUTIVO DELLA REGIONE
Art. 31
(Esercizio del potere sostitutivo)
1. La Regione esercita il potere sostitutivo nei confronti dei comuni in caso di inerzia o
inadempimento degli stessi:
a) nella verifica della regolarità delle opere di cui all’articolo 9, comma 3;
b) nell’adozione dei provvedimenti di sospensione dei lavori di cui agli articoli 14, comma 1 e 23,
comma 3;
c) nell’adozione dei provvedimenti di ingiunzione di demolizione o di applicazione delle sanzioni
pecuniarie di cui agli articoli 15, commi 1 e 3, 16, commi 1 e 4, 18, commi 1, 3 e 4, 19, commi 1 e
3, 20, comma 1, 21, commi 1 e 3 e 34, comma 7;
d) nell’adozione dei provvedimenti di acquisizione delle aree e di demolizione delle opere abusive
di cui agli articoli 15, commi 2 e 4, 18, comma 2 e 23, comma 4.
2. Ai fini di cui al comma 1, la struttura regionale competente, accertata d’ufficio o su istanza di
parte l’inerzia o l’inadempimento del comune, diffida questo ultimo a provvedere entro un congruo
termine ovvero a comunicare le motivazioni del ritardo. Decorso inutilmente tale termine, ovvero
nel caso in cui le motivazioni addotte non risultino tali da giustificare l’inerzia o l’inadempimento,
la struttura regionale competente trasmette gli atti alla Giunta regionale la quale delibera
sull’esercizio del potere sostitutivo attraverso un commissario ad acta, da nominare con decreto del
Presidente della Regione. Il decreto di nomina è comunicato al comune interessato e al responsabile
dell’abuso nonché al proprietario, ove non coincidente con il primo.
3. In caso di esercizio del potere sostitutivo, le sanzioni pecuniarie e le aree da acquisire sono,
rispettivamente, introitate dalla Regione e acquisite al patrimonio della stessa.
Art. 32
(Commissario ad acta)
1. Il commissario ad acta può essere scelto tra i dipendenti della Regione, in possesso dei requisiti
necessari per l’espletamento delle funzioni richieste, o tra tecnici esterni alla stessa ed iscritti in un
apposito albo istituito presso l’assessorato regionale competente in materia di urbanistica. Il
commissario ad acta, se scelto fra tecnici esterni all’amministrazione regionale, deve essere
residente in una provincia diversa rispetto a quella in cui ricade il comune nei cui confronti è stato
attivato l’esercizio del potere sostitutivo.
2. Fatto salvo quanto previsto dalla presente sezione, per la nomina del commissario ad acta si
applicano le disposizioni di cui agli articoli 356, commi 5, 6, 7, 8 e 9, lettera b), 373, 374 e 388 del
regolamento regionale 6 settembre 2001, n. 1 (Regolamento di organizzazione degli uffici e dei
servizi della Giunta regionale) e successive modifiche. I compensi spettanti al commissario ad acta
sono a carico del comune inadempiente.
3. Il commissario ad acta esercita la propria attività nel rispetto del principio di leale
collaborazione, ponendo sempre il comune in condizione di interloquire e di adempiere
autonomamente agli atti di propria competenza fino al momento dell’adozione dei provvedimenti
sostitutivi.
4. Il commissario ad acta, espletate le attività sostitutive, trasmette tutti gli atti alla Procura della
Repubblica e alla Corte dei conti per gli accertamenti di rispettiva competenza.
Art. 33
(Potere sostitutivo della Regione nei confronti degli organismi
di gestione delle aree naturali protette regionali)
1. Le norme della presente sezione si applicano anche in caso di inerzia o inadempimento
nell’adozione degli atti di cui all’articolo 8, comma 2, da parte del rappresentante legale
dell’organismo di gestione delle aree naturali protette regionali.
Art. 34
(Annullamento di deliberazioni e provvedimenti
comunali da parte della Regione)
1. La Regione può annullare, entro dieci anni dalla loro adozione, le deliberazioni ed i
provvedimenti comunali che autorizzano interventi non conformi a prescrizioni degli strumenti
urbanistici o dei regolamenti edilizi o comunque in contrasto con la normativa urbanistico-edilizia
vigente al momento della loro adozione o, nel caso di interventi realizzabili mediante denuncia di
inizio attività ai sensi dell’articolo 22, comma 3, del d.p.r. 380/2001 e successive modifiche, vigente
al momento della scadenza del termine di trenta giorni dalla presentazione della denuncia stessa.
2. La struttura regionale competente, accertata d’ufficio o su denuncia, la violazione di cui al
comma 1, effettua la contestazione della violazione stessa al titolare del permesso di costruire o
della denuncia di inizio attività ed al comune interessato con l’invito a presentare le proprie
controdeduzioni entro sessanta giorni.
3. Valutate le controdeduzioni o riscontrata l’omessa presentazione delle stesse, la struttura
regionale competente qualora confermi le proprie contestazioni diffida il comune a provvedere,
entro un congruo termine, in via di autotutela all’annullamento del permesso di costruire o della
denuncia di inizio attività.
4. Decorso inutilmente il termine di cui al comma 3, la struttura regionale competente trasmette gli
atti alla Giunta regionale la quale delibera sull’annullamento nonché alla Procura della Repubblica
ed alla Corte dei conti per gli accertamenti di rispettiva competenza.
5. La delibera di annullamento non può essere adottata trascorsi diciotto mesi dall’accertamento di
cui al comma 2.
6. In pendenza delle procedure di annullamento, la struttura regionale competente può ordinare la
sospensione dei lavori che viene comunicata al comune e notificata al titolare del permesso di
costruire o della denuncia di inizio attività. L’atto di sospensione dei lavori cessa di avere efficacia
se, entro sei mesi dalla notifica, non sia emanata la delibera della Giunta regionale.
7. Il dirigente o il responsabile della struttura comunale competente, nei sei mesi successivi
all’adozione del provvedimento di annullamento, ingiunge la demolizione delle opere eseguite in
base alle deliberazioni ed ai provvedimenti annullati.
8. L’atto di sospensione dei lavori ed il provvedimento di annullamento sono resi noti al pubblico
mediante affissione all’albo pretorio del comune dei dati relativi agli immobili ed alle opere
eseguite.
CAPO V
DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI
Art. 35
(Modifiche all’articolo 7 della l.r. 36/1987)
1. Al terzo comma dell’articolo 7 della l.r. 36/1987 le parole: “concessione edilizia” sono sostituite
dalle seguenti: “permesso di costruire” e la parola: “autorizzazione” è sostituita dalle seguenti:
“denuncia di inizio attività”.
Art. 36
(Disposizione transitoria)
1. Ai procedimenti sanzionatori già in atto alla data di entrata in vigore della presente legge si
applicano le disposizioni previgenti.
Art. 37
(Abrogazioni)
1. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge sono o restano abrogate le seguenti
disposizioni:
a) articoli 2 e 3 della legge regionale 22 luglio 1974, n. 34 (Lottizzazione a scopo edilizio);
b) lettere a) e b) del primo comma dell’articolo 8, della legge regionale 5 settembre 1972, n. 8
(Norme per l’esercizio delle funzioni di competenza della Regione Lazio in materia di urbanistica e
di assetto del territorio);
c) articolo 8 della legge regionale 2 luglio 1987, n. 36 (Norme in materia di attività urbanisticoedilizia e snellimento delle procedure);
d) articolo 8 della legge regionale 8 novembre 2004, n. 12 (Disposizioni in materia di definizione di
illeciti edilizi);
e) articolo 3 della legge regionale 3 ottobre 2005, n. 17, relativo a modifiche all’articolo 8 della l.r.
12/2004.
Art. 38
(Disposizioni finanziarie)
1. Ai fini dell’attuazione della presente legge, si provvede mediante l’istituzione, nell’ambito
dell’UPB E72, di un apposito capitolo denominato “Fondo regionale di rotazione per le
anticipazioni relative alle spese connesse alle attività di prevenzione e repressione dell’abusivismo
edilizio”, con uno stanziamento pari a 100 mila euro per l’esercizio finanziario 2008, la cui
copertura è assicurata dal prelevamento di pari importo dal capitolo T22501. (11)
2. Nello stato di previsione delle entrate per l’anno 2008, è istituito, nell’ambito dell’UPB 331, un
apposito capitolo denominato “Recupero anticipazioni dai comuni per le somme riferite alle spese
connesse alle attività di prevenzione e repressione dell’abusivismo edilizio. (12)
3. Alla copertura degli oneri connessi alle attività di cui agli articoli 3, comma 1, lettera b), 4, 5 e 7
si provvede mediante lo stanziamento del capitolo E74507 del bilancio regionale 2008.
Note:
(1) Legge pubblicata sul Bollettino ufficiale della Regione Lazio del 21 agosto 2008, n. 31
(2) Comma sostituito dall'articolo 74, comma 1, della legge regionale 24 dicembre 2008, n. 31
(3) Comma modificato dall'articolo 74, comma 2, della legge regionale 24 dicembre 2008, n. 31
(4) Comma modificato dall'articolo 74, comma 3, lettera a), numeri 1) e 2), della elgge regionale 24
dicembre 2008, n. 31
(5) Comma modificato dall'articolo 74, comma 3, lettera b), della legge regionale 24 dicembre
2008, n. 31
(6) Comma modificato dall'articolo 74, comma 4, lettera a), numeri 1), 2) e 3), della legge regionale
24 dicembre 2008, n. 31
(7) Comma modificato dall'articolo 74, comma 4, lettera b), della leggge regionale 24 dicembre
2008, n. 31
(8) Lettera abrogata dall'articolo 74, comma 5, della legge regionalde 24 dicembre 2008, n. 31
(9) Rubrica modificata dall'articolo 5, comma 26, lettera a) della legge regionale 13 agosto 2011, n.
10
(10) Comma modificato dall'articolo 5, comma 26, lettera b) della legge regionale 13 agosto 2011,
n. 10
(11) Comma modificato dall'articolo 5, comma 27, lettera a) della legge regionale 13 agosto 2011,
n. 10
(12) Comma modificato dall'articolo 5, comma 27, lettera b) della legge regionale 13 agosto 2011,
n. 10
Il testo non ha valore legale; rimane, dunque, inalterata l'efficacia degli atti legislativi originari.
Legge Regionale 11 agosto 2009, n.21
Misure straordinarie per il settore edilizio ed interventi per l'edilizia residenziale sociale (1)
CAPO I
DISPOSIZIONI GENERALI
Art. 1
(Oggetto e finalità)
1. La presente legge, nel rispetto dei vincoli relativi ai beni culturali, paesaggistici e ambientali, a partire
dall’intesa sull’atto concernente misure per il rilancio dell’economia attraverso l’attività edilizia, pubblicata sulla
Gazzetta ufficiale del 29 aprile 2009, n. 98, adottata tra Stato, Regioni ed enti locali, ai sensi dell’articolo 8,
comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131 (Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica
alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3), disciplina:
a) misure straordinarie ed urgenti nel settore edilizio, finalizzate a contrastare la crisi economica ed a favorire
l’adeguamento del patrimonio edilizio esistente alla normativa antisismica, il miglioramento della qualità
architettonica e la sostenibilità energetico-ambientale del patrimonio stesso, secondo le tecniche, le disposizioni
ed i principi della bioedilizia;
b) misure urgenti per incrementare e sostenere l’offerta di edilizia residenziale sovvenzionata e sociale;
c) modalità di coordinamento e di integrazione delle misure straordinarie ed urgenti di cui alle lettere a) e b),
nell’ambito di programmi integrati di riqualificazione urbana, di promozione dell’edilizia residenziale sociale, di
ripristino ambientale e di risparmio energetico;
d) lo snellimento delle procedure in materia urbanistica tramite le modifiche ovvero le integrazioni alle leggi
regionali 2 luglio 1987, n. 36 (Norme in materia di attività urbanistico-edilizia e snellimento delle procedure) e
successive modifiche, 26 giugno 1997, n. 22 (Norme in materia di programmi integrati di intervento per la
riqualificazione urbanistica, edilizia ed ambientale del territorio della Regione), 22 dicembre 1999, n. 38 (Norme
sul governo del territorio) e successive modifiche e 16 aprile 2009, n. 13 (Disposizioni per il recupero a fini
abitativi dei sottotetti esistenti).(2)
CAPO II
MISURE STRAORDINARIE PER IL SETTORE EDILIZIO
Art. 2 (3)
(Ambito di applicazione)
1. Le disposizioni del presente capo si applicano agli interventi di ampliamento, di ristrutturazione e di
sostituzione edilizia degli edifici di cui agli articoli 3, 3 bis, 3 ter, 4, e 5 per i quali, alla data di entrata in vigore
della presente legge, sussista, alternativamente, una delle seguenti condizioni:
a) siano edifici legittimamente realizzati ed ultimati come definiti dall’articolo 31 della legge 28 febbraio 1985,
n. 47 (Norme in materia di controllo dell'attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere
edilizie) e successive modifiche ovvero, se non ultimati, abbiano ottenuto il titolo abilitativo edilizio;
b) siano edifici ultimati per i quali sia stato rilasciato il titolo abilitativo edilizio in sanatoria, anche a seguito
della formazione del silenzio-assenso per decorso dei termini di cui agli articoli 35 della l. 47/1985, 39 della
legge 23 dicembre 1994, n. 724 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), 32 del decreto-legge 30
settembre 2003, n. 269 (Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei
conti pubblici) convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326 nonché dell’articolo 6 della
legge regionale 8 novembre 2004, n. 12 (Disposizioni in materia di definizione di illeciti edilizi) e successive
modifiche ovvero venga rilasciato entro il termine previsto dall’articolo 6, comma 4.
2. Le disposizioni del presente capo non si applicano agli interventi di cui al comma 1 da effettuarsi su edifici
realizzati abusivamente nonché:
a) su edifici situati nelle zone individuate come insediamenti urbani storici dal piano territoriale paesaggistico
regionale (PTPR);
b) su edifici situati nelle aree sottoposte a vincolo di inedificabilità assoluta;
c) su edifici situati nelle aree naturali protette, con esclusione delle zone di promozione economica e sociale
individuate nei piani di assetto delle aree naturali protette vigenti ovvero, in assenza dei piani di assetto, delle
zone B individuate dalle leggi istitutive delle aree ai fini dell’applicazione delle disposizioni di salvaguardia
ovvero, in assenza dell’individuazione delle zone B, nelle zone che nelle leggi istitutive delle aree naturali
protette si considerano edificabili ai fini dell’applicazione delle norme di salvaguardia ed in ogni caso ovunque
ricorrano le condizioni di cui al comma 1;
d) su edifici situati nelle aree del demanio marittimo;
e) su edifici situati nelle zone di rischio molto elevato individuate dai piani di bacino o dai piani stralcio di cui
alla legge 18 maggio 1989, n. 183 (Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo) e
successive modifiche e alla legge regionale 7 ottobre 1996, n. 39 (Disciplina Autorità dei bacini regionali) e
successive modifiche, adottati o approvati, fatta eccezione per i territori ricadenti nei comprensori di bonifica in
cui la sicurezza del regime idraulico è garantita da sistemi di idrovore;
f) su edifici situati nelle aree con destinazioni urbanistiche relative ad aspetti strategici ovvero al sistema della
mobilità, delle infrastrutture e dei servizi pubblici generali nonché agli standard di cui al decreto del Ministro per
i lavori pubblici 2 aprile 1968;
g) su edifici situati nelle fasce di rispetto, come definite dal decreto del Ministro per i lavori pubblici 1° aprile
1968, n. 1404, delle strade pubbliche, fatte salve le previsioni degli strumenti urbanistici vigenti, nonché nelle
fasce di rispetto ferroviarie, igienico-sanitarie e tecnologiche;
h) su casali e complessi rurali, ancorché non vincolati dal PTPR, che siano stati realizzati in epoca anteriore al
1930.
3. Per gli edifici situati in aree sottoposte a vincolo paesaggistico e per gli immobili vincolati ai sensi della parte
II del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio ai sensi dell’articolo
10 della legge 6 luglio 2002, n. 137) e successive modifiche, gli interventi di cui al presente capo sono
consentiti previa autorizzazione dell’amministrazione preposta alla tutela del vincolo, secondo quanto previsto
dall’articolo 146 del d.lgs. 42/2004.
4. I comuni, entro il termine perentorio del 31 gennaio 2012, possono individuare, con deliberazione del
consiglio comunale, ambiti del proprio strumento urbanistico ovvero immobili nei quali, in ragione di particolari
qualità di carattere storico, artistico, urbanistico ed architettonico, limitare o escludere gli interventi previsti nel
presente articolo.
5. Ai fini dell’attuazione della presente legge, i parametri urbanistici ed edilizi della volumetria o della superficie
utile, utilizzati per il calcolo dei volumi o delle superfici degli edifici esistenti nonché degli edifici compresi nei
piani previsti dalla presente legge, devono essere gli stessi utilizzati per il calcolo degli ampliamenti previsti
negli articoli 3, 3 bis, 3 ter e 4.
Art. 3 (4)
(Interventi di ampliamento degli edifici)
1. In deroga alle previsioni degli strumenti urbanistici ed edilizi comunali vigenti o adottati nonché nei comuni
sprovvisti di tali strumenti, sono consentiti, previa acquisizione del titolo abilitativo di cui all’articolo 6,
interventi di ampliamento, nei seguenti limiti massimi relativi alla volumetria esistente o alla superficie utile:
a) 20 per cento per gli edifici indicati nell’articolo 2 a destinazione residenziale, pubblica o privata, uniplurifamiliari, per un incremento complessivo massimo, per ogni edificio così come definito dalla circolare
ministeriale 23 luglio 1960, n. 1820, di 70 metri quadrati di superficie, e comunque per ogni unità immobiliare
dell’edificio dotata di specifica autonomia funzionale;
b) 20 per cento per gli edifici indicati nell’articolo 2 destinati alle strutture che prestano servizi socioassistenziali di cui alla legge regionale 12 dicembre 2003, n. 41 (Norme in materia di autorizzazione all’apertura
ed al funzionamento di strutture che prestano servizi socio-assistenziali) e successive modifiche, per un
incremento massimo di 200 metri quadrati per l’intero edificio;
c) 20 per cento per gli edifici di cui all’articolo 2, a destinazione non residenziale, per un incremento massimo di
200 metri quadrati di superficie per l’intero edificio; tali limiti sono aumentati al 25 per cento, per un
incremento massimo di 500 metri quadrati, in caso di destinazione per le attività produttive e artigianali;
d) per gli edifici a destinazione mista, residenziale e non, le percentuali ed i limiti massimi previsti dalle lettere
a) e b) si sommano e vengono calcolati in relazione alla volumetria o alla superficie utile delle singole porzioni a
differente destinazione.
2. In deroga alle previsioni degli strumenti urbanistici ed edilizi comunali vigenti o adottati nonché nei comuni
sprovvisti di tali strumenti, sono consentiti, altresì, previa acquisizione del titolo abilitativo di cui all’articolo 6,
interventi di realizzazione di pertinenze che non comportino aumenti di volume e di superficie utile.
3. Gli ampliamenti di cui al comma 1 sono consentiti anche con aumento del numero delle unità immobiliari:
a) in adiacenza, in aderenza rispetto al corpo di fabbrica, anche utilizzando parti esistenti dell’edificio; ove ciò
non risulti possibile oppure comprometta l’armonia estetica del fabbricato esistente può essere autorizzata la
costruzione di un corpo edilizio separato di carattere accessorio e pertinenziale;
b) nel rispetto delle distanze e delle altezze previste dalla legislazione vigente ai sensi degli articoli 8 e 9 del
decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968.
4. Gli interventi di cui al comma 1 sono realizzati nel rispetto del decreto del Ministro delle infrastrutture 14
gennaio 2008.
5. Gli ampliamenti di cui al comma 1 devono essere realizzati nel rispetto di quanto previsto dalla normativa
statale e regionale in materia di sostenibilità energetico-ambientale e di bioedilizia e, in particolare, dal decreto
legislativo 19 agosto 2005, n. 192 (Attuazione della direttiva 2002/91/CE relativa al rendimento energetico
nell’edilizia) nonché dalla legge regionale 27 maggio 2008, n. 6 (Disposizioni regionali in materia di architettura
sostenibile e di bioedilizia) e successive modifiche, dal decreto del Presidente della Repubblica 2 aprile 2009 n.
59 (Regolamento di attuazione dell’articolo 4, comma 1, lettere a) e b) del decreto legislativo 19 agosto 2005,
n. 192 concernente attuazione della direttiva 2002/91/CE sul rendimento energetico in edilizia) e successive
modifiche e dal decreto del Ministro dello sviluppo economico 26 giugno 2009 (Linee guida nazionali per la
certificazione energetica degli edifici). Le percentuali di cui al comma 1 sono elevate di un ulteriore 10 per cento
nel caso di utilizzo di tecnologie che prevedano l’uso di fonti di energia rinnovabile con una potenza non
inferiore a 1 Kw.
6. Fatto salvo quanto previsto dal comma 5 la realizzazione degli ampliamenti di cui al comma 1 è subordinata
all’esistenza delle opere di urbanizzazione primaria, ivi compresi gli impianti autonomi approvati dall’organo
competente, e delle opere di urbanizzazione secondaria ovvero al loro adeguamento o realizzazione, in
relazione al maggior carico urbanistico connesso al previsto aumento di volume o di superficie utile degli edifici
esistenti, nonché alla realizzazione dei parcheggi di cui all’articolo 41 sexies della legge 17 agosto 1942, n.
1150 (Legge urbanistica), purché la superficie da destinare a parcheggio, calcolata in relazione all’entità
dell’ampliamento, non sia inferiore a 20 metri quadrati.
7. Qualora venga comprovata l’impossibilità dell’adeguamento o della realizzazione delle opere di
urbanizzazione secondaria, come individuate dagli articoli 3 e 5 del decreto del Ministro per i lavori pubblici 2
aprile 1968, la realizzazione degli ampliamenti di cui al comma 1 è consentita purché il titolo abilitativo edilizio
sia subordinato al pagamento, oltre che degli oneri concessori, di un contributo straordinario pari al 50 per
cento degli oneri concessori dovuti ai sensi dell’articolo 16 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno
2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia) e successive
modifiche. Le risorse derivanti dai contributi straordinari sono destinate dai comuni all’adeguamento dei servizi
e delle infrastrutture nei territori interessati dagli interventi. Qualora gli interventi di ampliamento siano
realizzati negli ambiti interessati da piani di recupero, le risorse derivanti dai contributi straordinari sono
destinate ai consorzi di autorecupero, al fine della realizzazione delle opere di urbanizzazione a scomputo. Per i
fini di cui al presente comma i comuni possono individuare nuove aree, prevalentemente contermini alle zone
ove ricadono gli interventi, per adeguare gli standard urbanistici.
8. Gli ampliamenti di cui al comma 1 non si sommano con gli ampliamenti eventualmente consentiti dalla
presente legge nonché da altre norme vigenti o dagli strumenti urbanistici comunali sui medesimi edifici. Per gli
edifici costituiti da più unità immobiliari, le percentuali di cui al comma 1 sono applicabili proporzionalmente alle
singole unità e gli ampliamenti devono essere realizzati sulla base di un progetto unitario, riguardante l’intero
edificio, fatta salva la fattispecie di cui al comma 1, lettera a), per la quale l’ampliamento fino al 20 per cento
della volumetria o della superficie utile esistente, è applicabile integralmente alla singola unità immobiliare. Gli
ampliamenti di cui al comma 1, lettera a) sono cumulabili con il recupero a fini residenziali dei volumi accessori
e pertinenziali di cui all’articolo 5, comma 1, lettera a), esclusivamente per le tipologie residenziali unifamiliari,
plurifamiliari a schiera e comunque per ogni unità immobiliare dell'edificio, così come definito dalla circolare
ministeriale 23 luglio 1960, n. 1820, dotata di specifica autonomia funzionale.
9. La destinazione d’uso degli edifici di cui al comma 1 deve essere mantenuta per dieci anni dalla dichiarazione
di ultimazione dei lavori relativi agli interventi di ampliamento.
10. Qualora gli interventi di cui al comma 1 afferiscano alla prima casa, viene riconosciuta ai comuni la facoltà
di consentire, con deliberazione del consiglio comunale adottata entro il 31 dicembre 2011, una riduzione fino al
massimo del 30 per cento del contributo dovuto in riferimento agli oneri di urbanizzazione primaria e
secondaria.
Art. 3 bis (5)
(Incentivi per l’adeguamento sismico degli edifici esistenti)
1. Al fine di incentivare l’adeguamento di un intero edificio esistente secondo quanto previsto dalla vigente
normativa antisismica, le percentuali di cui all’articolo 3, comma 1, sono così incrementate:
a) fino al 35 per cento della volumetria o della superficie utile esistente, fino ad un massimo di 90 metri
quadrati, per gli edifici di cui all’articolo 3, comma 1, lettere a) e b), ricadenti nella zona sismica 1 o nella
sottozona sismica 2a o 2b, come individuate dalla deliberazione della Giunta regionale 22 maggio 2009, n. 387;
b) fino al 25 per cento della volumetria o della superficie utile esistente, fino ad un massimo di 80 metri
quadrati, per gli edifici di cui all’articolo 3, comma 1, lettere a) e b), ricadenti in sottozona sismica 3a o
sottozona sismica 3b, come individuate dalla deliberazione della Giunta regionale 387/2009.
2. Gli interventi di cui al comma 1 devono essere realizzati nel rispetto delle disposizioni previste dall’articolo 3,
commi 3, 4, 5, 6, 7 e 8.
Art. 3 ter (6)
(Interventi finalizzati al reperimento di alloggi a canone calmierato attraverso il cambiamento di destinazione
d’uso da non residenziale a residenziale)
1. In deroga alle previsioni degli strumenti urbanistici ed edilizi comunali vigenti o adottati nonché nei comuni
sprovvisti di tali strumenti, sono consentiti cambi di destinazione d’uso a residenziale attraverso interventi di
ristrutturazione edilizia, di sostituzione edilizia con demolizione e ricostruzione, e di completamento, con
ampliamento entro il limite del 30 per cento della superficie utile esistente nei limiti previsti dalla lettera c),
previa acquisizione del titolo abilitativo di cui all’articolo 6, degli edifici di cui all’articolo 2 aventi destinazione
non residenziale, che siano dismessi o mai utilizzati alla data del 30 settembre 2010, ovvero che alla stessa
data siano in corso di realizzazione e non siano ultimati e/o per i quali sia scaduto il titolo abilitativo edilizio
ovvero, limitatamente agli edifici con destinazione d’uso direzionale, che siano anche in via di dismissione. Gli
interventi di cui al presente comma sono consentiti nel rispetto delle seguenti condizioni:
a) gli interventi non possono riguardare edifici ricompresi all’interno delle zone D di cui al decreto del Ministro
per il lavori pubblici 2 aprile 1968, ovvero nell’ambito di consorzi industriali o di piani degli insediamenti
produttivi, fatti salvi gli interventi nelle zone omogenee D inferiori a 10 ha, che riguardino edifici dismessi o mai
utilizzati alla data del 31 dicembre 2005;
b) gli interventi non possono riguardare gli edifici ricompresi all’interno delle zone omogenee E, di cui al al
decreto del Ministro per il lavori pubblici 2 aprile 1968;
c) gli interventi sono finalizzati al cambio di destinazione d’uso in residenziale fino ad un massimo di 15.000
metri quadrati di superficie utile lorda esistente, da incrementare con l’ampliamento di cui all’alinea del
presente comma; tali interventi sono subordinati a riservare una quota della superficie complessiva oggetto di
trasformazione alla locazione con canone calmierato per l’edilizia sociale, secondo quanto definito dalla Giunta
regionale con regolamento di attuazione; detta quota è stabilita nella misura minima del 30 per cento per cambi
di destinazione d’uso con una superficie esistente inferiore a 10.000 metri quadrati e nella misura minima del
35 per cento per cambi di destinazione d’uso con una superficie esistente superiore a 10.000 metri quadrati e
inferiore a 15.000 metri quadrati; nelle percentuali riservate alla locazione può essere destinata una quota alla
locazione per studenti universitari e alle categorie protette e svantaggiate come definite dalle norme nazionali e
comunitarie nonché ai componenti del comparto sicurezza, dei vigili del fuoco e delle forze armate;
d) gli interventi sono realizzati nel rispetto delle altezze e delle distanze previste dagli articoli 8 e 9 del decreto
del Ministro per il lavori pubblici 2 aprile 1968.
2. Gli interventi di modifica di destinazione d’uso di cui al comma 1 determinano automaticamente la modifica
della destinazione di zona dell’area di sedime e delle aree pertinenziali dell’edificio.
3. E’ consentita, nelle aree edificabili libere con destinazione non residenziale nell’ambito dei piani e programmi
attuativi di iniziativa pubblica o privata, ancorché decaduti, con esclusione dei piani degli insediamenti
produttivi, dei piani industriali particolareggiati, nonché di quelli approvati ai sensi dell’articolo 11 del decretolegge 5 ottobre 1993, n. 398 (Disposizioni per l'accelerazione degli investimenti a sostegno dell'occupazione e
per la semplificazione dei procedimenti in materia edilizia) convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre
1993, n. 493, la realizzazione di immobili ad uso residenziale entro il limite di 10.000 metri quadrati di
superficie utile lorda e comunque non oltre la superficie non residenziale prevista dal piano, incrementata del 10
per cento dell’intera volumetria prevista dal piano stesso, proporzionalmente distribuita in relazione alle
volumetrie ammesse per ogni area libera destinata a non residenziale. La realizzazione di tali interventi rimane
subordinata alla riserva di una quota di superficie, stabilita nella misura minima del 30 per cento, destinata alla
locazione con canone calmierato per l’edilizia sociale secondo quanto definito dalla Giunta regionale con il
regolamento di attuazione di cui al comma 1, lettera c).
4. Fermo restando quanto stabilito dal comma 1 sono consentiti cambi di destinazione d’uso a residenziale degli
edifici adibiti a strutture sanitarie private che cessano l’attività sanitaria in conseguenza di quanto previsto nei
piani regionali di rientro della rete ospedaliera o nel piano di rientro dal disavanzo sanitario, nonché di tutti i
provvedimenti ad essi connessi.
5. Gli interventi di cui al comma 1 devono essere realizzati nel rispetto di quanto previsto dalla normativa
statale e regionale in materia di sostenibilità energetico-ambientale e di bioedilizia e, in particolare, dal d.lgs.
192/2005 nonché dalla l.r. 6/2008 e successive modifiche, dal dpr. 59/2009 e dal decreto del Ministero dello
Sviluppo economico 26 giugno 2009.
6. Fatto salvo quanto previsto dal comma 4, la realizzazione degli interventi di cui al comma 1 è subordinata
all’esistenza delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria ovvero, al loro adeguamento o realizzazione, in
relazione al maggior carico urbanistico connesso al previsto aumento di volume o di superficie utile degli edifici
esistenti, nonché alla realizzazione dei parcheggi di cui all’articolo 41 sexies della l. 1150/1942.
7. Nel caso in cui gli interventi previsti al comma 1 riguardino un edificio con una superficie utile inferiore a 500
metri quadrati o riguardino un immobile edificato in un comune con popolazione inferiore a 15.000 abitanti o un
immobile ricompreso all’interno di un piano di recupero approvato ai sensi della l.r. 2 maggio 1980, n. 28
(Norme concernenti l'abusivismo edilizio ed il recupero dei nuclei edilizi sorti spontaneamente) e successive
modifiche, può non applicarsi la condizione di cui al comma 1, lettera c), purché l’interessato corrisponda, prima
dell’ultimazione dei lavori, il pagamento di un importo pari al 20 per cento del corrispondente valore catastale
determinato ai fini dell’imponibile ICI o si impegni alla realizzazione di opere pubbliche di interesse
dell’amministrazione comunale di pari importo.
8. Le disposizioni previste dal presente articolo possono riguardare anche interventi di ristrutturazione edilizia
finalizzati al cambio di destinazione d’uso in residenziale di edifici, o parti di essi, aventi destinazione non
residenziale anche non dismessi ricadenti all’interno dei piani di zona di cui alla legge 18 aprile 1962, n. 167
(Disposizioni per favorire l'acquisizione di aree fabbricabili per l'edilizia economica e popolare) e successive
modifiche o all’interno dei piani di recupero di cui alla l.r. 28/1980 e successive modifiche.
9. I comuni istituiscono il registro degli interventi di cui al presente articolo al fine di monitorare l’incremento
dei pesi insediativi nell’ambito del territorio comunale. I comuni provvedono annualmente a trasmettere i dati
riepilogativi alla Regione.
9 bis. Per i comuni ad alta tensione abitativa, nel caso di procedure di evidenza pubblica, anche in corso,
finalizzate al reperimento di alloggi ed aree da destinare all’edilizia sociale e all’edilizia residenziale pubblica, le
procedure di adozione e di eventuali controdeduzioni alle varianti allo strumento urbanistico dei progetti e dei
programmi urbanistici di cui al presente articolo, sono approvate dal consiglio comunale con propria
deliberazione, previe conferenze dei servizi convocate dal responsabile del procedimento, ai sensi dell’articolo
14 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di
diritto di accesso ai documenti amministrativi) e successive modifiche con la partecipazione delle
amministrazioni interessate dall’intervento, ivi compresa la Regione e le amministrazioni preposte alla tutela del
vincolo, qualora l’intervento sia ricompreso all’interno di aree di interesse culturale, ambientale o comunque
vincolate. Le varianti urbanistiche contenute nei progetti e programmi sono approvate con deliberazione della
Giunta regionale. Le procedure previste dal presente comma devono in ogni caso concludersi entro il 31
gennaio 2015. (6a)
Art. 4 (7)
(Interventi di sostituzione edilizia con demolizione e ricostruzione degli edifici)
1. In deroga alle previsioni degli strumenti urbanistici ed edilizi comunali vigenti o adottati nonché nei comuni
sprovvisti di tali strumenti, sono consentiti, con esclusione degli edifici ricadenti nelle zone C di cui al decreto
del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968 realizzati da meno di venti anni e previa acquisizione del titolo
abilitativo di cui all’articolo 6, interventi di sostituzione edilizia con demolizione e ricostruzione, con
ampliamento entro i limiti massimi di seguito riportati della volumetria o della superficie utile esistente, degli
edifici di cui all’articolo 2, limitatamente alle seguenti fattispecie:
a) per edifici a destinazione residenziale per almeno il 50 per cento, ampliamento fino al 35 per cento;
b) per edifici a destinazione prevalentemente non residenziale, ampliamento fino al 35 per cento e comunque
non superiore a 350 metri quadrati, a condizione che nella ricostruzione si rispettino le destinazioni d’uso
previste dagli strumenti urbanistici;
c) per edifici plurifamiliari a destinazione residenziale superiori a 500 metri quadrati in stato di degrado,
ampliamento fino al 60 per cento, a condizione che venga mantenuto almeno il precedente numero di unità
immobiliari in capo ai proprietari;
d) per edifici residenziali ricadenti nelle zone territoriali omogenee E, con esclusione di quelli realizzati prima del
1950, ampliamento fino al 20 per cento della cubatura esistente.
2. Gli interventi di cui al comma 1 sono realizzati nel rispetto delle distanze e delle altezze previste dalla
legislazione vigente e dagli articoli 8 e 9 del decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968 e in
conformità al decreto del Ministro per le infrastrutture 14 gennaio 2008.
3. Gli interventi di demolizione e ricostruzione di cui al comma 1 devono essere realizzati nel rispetto di quanto
previsto dalla normativa statale e regionale in materia di sostenibilità energetico-ambientale e di bioedilizia e, in
particolare, dal d.lgs. 192/2005 nonché dalla l.r. 6/2008 e in modo che la prestazione energetica risulti inferiore
del 10 per cento rispetto ai valori limite per il fabbisogno annuo di energia fissati dal d.lgs. 192/2005 ovvero
rispetto agli eventuali limiti più restrittivi definiti dal protocollo regionale sulla bioedilizia di cui all’articolo 7 della
l.r. 6/2008 e successive modifiche.
4. La realizzazione degli interventi di demolizione e ricostruzione di cui al comma 1 è subordinata:
a) all’esistenza o alla realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria ovvero al loro
adeguamento in relazione al maggior carico urbanistico connesso al previsto aumento di volume o di superficie
utile degli edifici esistenti nonché alla realizzazione dei parcheggi di cui all’articolo 41 sexies della l. 1150/1942;
b) alla realizzazione di interventi di piantumazione di essenze arboree e vegetazionali con un indice minimo di
densità arborea, comprese le alberature esistenti, pari ad 1 albero di alto fusto ogni 100 metri quadrati di
superficie libera da costruzioni ed un indice minimo di densità arbustiva, compresi gli arbusti esistenti, pari ad 1
arbusto ogni 100 metri quadrati di superficie libera.
5. Gli ampliamenti di cui al comma 1 non si sommano con gli ampliamenti eventualmente consentiti da altre
norme vigenti o dagli strumenti urbanistici comunali sui medesimi edifici.
6. Nei comuni destinatari del fondo regionale per il sostegno all’accesso alle abitazioni in locazione di cui
all’articolo 14 della legge regionale 6 agosto 1999, n. 12 (Disciplina delle funzioni amministrative regionali e
locali in materia di edilizia residenziale pubblica), l’intervento di ristrutturazione edilizia, se volto alla
realizzazione di ulteriori unità immobiliari rispetto a quelle preesistenti, è, altresì, subordinato all’obbligo di
destinare il 25 per cento delle unità immobiliari aggiuntive alla locazione a canone concordato di cui all’articolo
2, comma 3, della legge 9 dicembre 1998, n. 431 (Disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti
ad uso abitativo) e successive modifiche per un periodo non inferiore a otto anni.
7. Al fine di promuovere la qualità edilizia ed architettonica degli edifici di cui al presente articolo e
dell’ambiente urbano, nel caso in cui il soggetto proponente l’intervento di sostituzione edilizia provveda
mediante la procedura del concorso di progettazione, con l’assistenza degli ordini professionali competenti,
l’ampliamento di cui al comma 1 è aumentato del 10 per cento, purché l’intervento sia realizzato sulla base del
progetto vincitore del concorso.
8. Qualora gli interventi di cui al comma 1 afferiscano alla prima casa, è riconosciuta ai comuni la facoltà di
consentire, con deliberazione del consiglio comunale, entro il 31 gennaio 2012, una riduzione fino al massimo
del 30 per cento del contributo dovuto in riferimento agli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria.
Art. 5 (8)
(Interventi di recupero degli edifici esistenti)
1. In deroga alle previsioni degli strumenti urbanistici ed edilizi comunali vigenti o adottati nonché nei comuni
sprovvisti di tali strumenti sono consentiti, previa acquisizione del titolo abilitativo di cui all’articolo 6:
a) interventi di recupero a fini residenziali dei volumi accessori, pertinenziali, nonché delle unità immobiliari ad
altri usi destinati, degli edifici di cui all’articolo 2, comma 1, a destinazione residenziale per almeno il 50 per
cento, limitatamente al 20 per cento del volume o della superficie per ogni edificio, così come definito dalla
circolare ministeriale 23 luglio 1960, n. 1820 e comunque per ogni unità immobiliare dell’edificio dotata di
specifica autonomia funzionale, fino ad un massimo di 70 metri quadrati;
b) interventi di recupero a fini residenziali di volumi accessori e pertinenziali degli edifici di cui all’articolo 2,
comma 1, a destinazione prevalentemente residenziale, ubicati in zone destinate urbanisticamente
all’agricoltura, purché il cambio di destinazione d’uso non superi il 50 per cento della superficie della parte
residenziale preesistente e comunque entro il limite di cui alla lettera a);
c) interventi di recupero di volumi accessori e pertinenziali degli edifici di cui all’articolo 2, comma 1, a
destinazione prevalentemente a servizi finalizzati all’attività sportiva, purché il cambio di destinazione all’uso
sportivo non superi il 50 per cento della parte a destinazione a servizi finalizzati all’attività sportiva
preesistente.
2. La realizzazione degli interventi di cui al comma 1, lettere a) e b) è subordinata all’esistenza delle opere di
urbanizzazione primaria e secondaria ovvero al loro adeguamento o alla realizzazione, in relazione al maggior
carico urbanistico connesso alla trasformazione a destinazione residenziale nonché alla realizzazione dei
parcheggi di cui all’articolo 41 sexies della l. 1150/1942, purché la superficie da destinare a parcheggio,
calcolata in relazione all’entità dell’ampliamento, non sia inferiore a 20 metri quadrati.
3. Gli interventi di cui al comma 1 devono essere realizzati nel rispetto di quanto previsto dalla normativa
statale e regionale in materia di sostenibilità energetico-ambientale e di bioedilizia e, in particolare, dal d.lgs.
192/2005 nonché dalla l.r. 6/2008 e in modo che la prestazione energetica risulti inferiore del 10 per cento
rispetto ai valori limite per il fabbisogno annuo di energia fissati dal d.lgs. 192/2005 ovvero rispetto agli
eventuali limiti più restrittivi definiti dal protocollo regionale sulla bioedilizia di cui all’articolo 7 della l.r. 6/2008
e successive modifiche.
4. Gli interventi di cui al comma 1 non possono essere sommati con quelli previsti dall’articolo 3, fatto salvo
quanto previsto agli articoli 3 comma 11, 3 bis, 3 ter e 4.
Art. 6 (9)
(Titoli abilitativi e termini per la presentazione delle domande)
1. Fermi restando i nulla osta, le autorizzazioni ed ogni altro atto di assenso comunque denominato previsti
dalla normativa statale e regionale vigente e fatto salvo quanto previsto dal comma 2, gli interventi di cui agli
articoli 3, 3 bis, 3 ter, 4 e 5 sono consentiti previa denuncia di inizio attività (DIA) ai sensi dell’articolo 23 del
dpr 380/2001 e successive modifiche, fermo restando quanto dovuto a titolo di oneri concessori ai sensi della
normativa vigente. Per gli interventi straordinari da realizzare nei territori ricadenti nei comprensori di bonifica
previsti dall’articolo 2, comma 2, lettera e), ai fini dell’ottenimento del titolo abilitativo edilizio deve essere,
altresì, acquisito il parere del competente consorzio di bonifica, da rendersi entro sessanta giorni dalla richiesta,
decorsi i quali si intende favorevolmente reso.
2. Gli interventi di cui agli articoli 3 ter e 4, con una superficie utile esistente superiore a 500 metri quadrati,
sono consentiti previa acquisizione del permesso di costruire, il cui ottenimento è subordinato all’esito di una
apposita conferenza dei servizi, convocata ai sensi della normativa vigente entro novanta giorni dalla
presentazione della domanda di permesso, con la partecipazione delle amministrazioni interessate
dall’intervento, ivi compresa la Regione e le amministrazioni preposte alla tutela del vincolo, qualora l’intervento
sia ricompreso all’interno di aree di interesse culturale e ambientale o comunque vincolate.
3. Alla DIA e alla domanda per il rilascio del permesso di costruire sono allegate, tra l’altro, conformemente alla
normativa vigente in materia, l’attestazione del tecnico abilitato relativa all’ultimazione dei lavori ovvero allo
stato dei lavori nei casi previsti dall’articolo 3 ter nonché, nel caso di decorso dei termini per la formazione del
silenzio-assenso ai sensi dell’articolo 35 della l. 47/1985, dell’articolo 39 della l. 724/1994, dell’articolo 32 del
d.l. 269/2003 nonché dell’articolo 6 della l.r. 12/2004, l’attestazione del tecnico abilitato dell’avvenuta
formazione del titolo abilitativo edilizio in sanatoria.
4. Le DIA e le domande per il rilascio del permesso di costruire sono presentate a decorrere dal termine di cui
articolo 2, comma 4. Le DIA previste in relazione agli interventi di cui all’articolo 3 possono essere presentate
dalla data del 15 settembre 2011 ed entro il 31 gennaio 2015. (9a)
5. Ai fini della corresponsione degli oneri concessori i comuni possono, con apposita deliberazione, applicare
una riduzione, limitatamente al costo di costruzione, fino a un massimo del 30 per cento.
6. L’esecuzione dei lavori degli interventi previsti dalla presente legge deve essere effettuata da imprese di
costruzione in possesso dei requisiti previsti dalla legge.
7. Le disposizioni di cui agli articoli 3, 3 bis, 3 ter, 4 e 5 possono essere applicate, con riferimento ad ogni
singolo intervento, una sola volta a partire dalla data di entrata in vigore della presente legge. A tal fine il
comune istituisce un apposito registro degli interventi eseguiti secondo le disposizioni della presente legge e
provvede annualmente a trasmettere i dati riepilogativi alla Regione.
Capo II bis
(Ulteriori misure per il settore edilizio) (10)
Art. 7 (11)
(Programmi integrati di riqualificazione urbana e ambientale)
1. Allo scopo di riqualificare e recuperare i territori caratterizzati dalla presenza di elevate valenze
naturalistiche, ambientali e culturali, nonché per riqualificare ambiti urbani con presenza di tessuti edilizi
disorganici o incompiuti, nonché di edifici isolati a destinazione industriale o terziaria dismessi, parzialmente
utilizzati o degradati, i comuni, sulla base di iniziative pubbliche o private, anche su proposta di consorzi,
imprese e cooperative, adottano, anche in variante della strumentazione urbanistica vigente, o adottata,
programmi integrati di riqualificazione urbana e ambientale ai sensi della l.r. 22/1997 e successive modifiche.
2. I programmi integrati di riqualificazione urbana sono volti al rinnovo del patrimonio edilizio e al riordino del
tessuto urbano, attraverso interventi di sostituzione edilizia, anche con incrementi volumetrici e modifiche di
destinazione d’uso di aree e di immobili, a condizione che la ristrutturazione urbanistica preveda una dotazione
straordinaria degli standard urbanistici e delle opere di urbanizzazione primaria, nonché una quota destinata
allo standard di cui all’articolo 18.
3. I programmi di riqualificazione ambientale sono volti al recupero e alla riqualificazione di aree sottoposte a
vincoli ambientali e paesaggistici compromesse da degrado ambientale. Il programma integrato di
riqualificazione ambientale prevede, disponendone la contestuale attuazione:
a) la demolizione, a carico dei proprietari, delle porzioni di tessuti edilizi o dei singoli edifici e la cessione a titolo
gratuito al comune dell’area oggetto del ripristino ambientale e della riqualificazione della stessa;
b) la traslazione, previa localizzazione, delle volumetrie degli edifici demoliti e di quelle previste dalla
pianificazione comunale vigente, in altre aree esterne a quelle vincolate, facendo ricorso anche al cambio di
destinazione d’uso rispetto agli edifici demoliti, alla modifica delle destinazioni urbanistiche vigenti e all’aumento
della capacità edificatoria.
4. I programmi integrati di cui ai commi 2 e 3 possono essere definiti in modo coordinato, affinché il
trasferimento della edificazione esistente o prevista nelle aree di valore paesaggistico possa avvenire all’interno
degli ambiti sottoposti a riqualificazione urbana o in altri ambiti della pianificazione urbanistica comunale
individuando, ove necessario per la corretta attuazione del programma, aree esterne ai perimetri urbani, come
individuati dagli strumenti urbanistici generali vigenti, sulle quali il peso insediativo non deve superare il 50 per
cento di quello complessivo.
5. Per l’accesso ai finanziamenti regionali, i comuni individuano, con deliberazione del consiglio comunale, gli
ambiti destinati alla riqualificazione urbana e ambientale e quelli destinati ad accogliere gli interventi di
ricostruzione con riferimento allo strumento urbanistico vigente, con esclusione degli insediamenti urbani
storici, come individuati dal PTPR, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 2, comma 4, della l.r. 22/1997 e
successive modifiche e definiscono, altresì, i criteri e gli indirizzi per l’attuazione dei programmi integrati. A tal
fine, nel rispetto di quanto previsto dalla deliberazione di cui all’articolo 9, comma 2, il comune provvede,
all’adozione di un programma preliminare per ogni singolo ambito o per ambiti coordinati, che definisca lo
schema preliminare di assetto; le principali opere pubbliche da realizzare, le aree da acquisire e le modalità per
la loro acquisizione; gli indirizzi specifici per la formazione delle proposte private d’intervento. Sulla base del
programma preliminare, il comune, attraverso procedure di evidenza pubblica, acquisisce le proposte private
d’intervento, ai fini dell’adozione del relativo programma integrato di intervento.
6. I comuni che non procedono all’individuazione degli ambiti previsti dal comma 5, non possono accedere ai
finanziamenti regionali di cui all’articolo 9.
7. Gli incrementi di edificabilità e le modifiche di destinazione d’uso di cui ai commi 2 e 3, sono stabiliti
coerentemente con gli obiettivi da conseguire, secondo criteri e requisiti di sostenibilità urbanistica e di
compatibilità ambientale, senza generare, nel complesso, un incremento maggiore del 75 per cento delle
volumetrie demolite.
8. Limitatamente ai comuni costieri, i programmi integrati di cui al comma 3, finalizzati a delocalizzare gli edifici
esistenti nelle fasce di rispetto relative al territorio costiero marittimo previste dall’articolo 142, comma 1,
lettera a), del d.lgs. 42/2004 e successive modifiche, devono prevedere la ricostruzione degli edifici demoliti al
di fuori delle fasce medesime consentendo un incremento delle volumetrie fino al 150 per cento. Le aree
recuperate sono utilizzate per la fruizione pubblica del litorale.
9. I comuni valutano le possibilità di incrementare i valori riportati ai commi 7 e 8 in relazione alle
caratteristiche dell’intervento proposto.
10. Gli interventi previsti dal programma integrato devono essere realizzati nel rispetto di quanto previsto dalla
normativa statale e regionale in materia di sostenibilità energetico-ambientale e di bioedilizia e, in particolare,
dal d.lgs. 192/2005 nonché dalla l.r. 6/2008 e in modo che la prestazione energetica risulti inferiore del 10 per
cento rispetto ai valori limite per il fabbisogno annuo di energia fissati dal d.lgs. 192/2005 ovvero rispetto agli
eventuali limiti più restrittivi definiti dal protocollo regionale sulla bioedilizia di cui all’articolo 7 della l.r. 6/2008
e successive modifiche.
11. Per i fini di cui al presente articolo, la Regione promuove corsi di formazione professionale volti allo sviluppo
delle competenze nel campo delle nuove metodologie di costruzione eco-compatibili ovvero della bio-edilizia
nonché delle connesse problematiche di sicurezza sui luoghi di lavoro. La Regione promuove, altresì, specifiche
azioni dirette alla ricollocazione e alla stabilizzazione lavorativa, mediante l’impiego nei nuovi settori edilizi,
anche ai sensi della legge regionale 22 luglio 2002, n. 21 (Misure eccezionali per la stabilizzazione
occupazionale dei lavoratori socialmente utili e di altre categorie svantaggiate di lavoratori nell’ambito di
politiche attive del lavoro) e successive modifiche.
12. I comuni istituiscono il registro degli interventi di cui al presente articolo al fine di monitorare l’incremento
dei pesi insediativi nell’ambito del territorio comunale. I comuni provvedono annualmente a trasmettere i dati
riepilogativi alla Regione.
Art. 8
(Programma integrato per il riordino urbano e delle periferie)
(12)
Art. 9
(Misure per la riqualificazione urbanistica)
1. La Regione promuove la formazione degli strumenti urbanistici anche attuativi o dei programmi di iniziativa
pubblica volti a sviluppare i processi urbanistici di ripristino ambientale, di riordino urbano e delle periferie di cui
al presente capo, effettuati sulla base di bandi concorsuali di evidenza pubblica e mirati ad integrare gli obiettivi
strategici pubblici previsti dai comuni con le proposte di iniziativa privata ricadenti nelle parti delle città e dei
quartieri oggetto dei piani o dei programmi.
2. Alle finalità di cui al comma 1, la Giunta regionale, con deliberazione da adottare entro novanta giorni dalla
data di 'entrata in vigore della presente legge, definisce gli indirizzi ed i criteri per 1'assegnazione dei contributi
per la formazione degli strumenti di cui al comma 1, tenendo conto di quanto previsto nella legge regionale 3
novembre 1976, n. 55 (Nuove disposizioni per agevolare la formazione di strumenti di pianificazione territoriale
ed urbanistica. Abrogazione della legge regionale 7 febbraio 1974, n. 8) e successive modifiche, fatta salva
1'estensione dei benefici a tutti i comuni del Lazio. Costituisce condizione necessaria per l’accesso ai
finanziamenti di cui al presente comma l’adozione, da parte dei comuni, della deliberazione prevista dall’articolo
7, comma 5. (13)
3. Gli oneri derivanti dai contributi per la formazione degli strumenti urbanistici di cui al comma 2 gravano sulle
disponibilità del capitolo E 72505.
4. La Regione contribuisce al finanziamento delle opere per il perseguimento degli obiettivi strategici di cui al
comma 1 previste dai comuni, con le modalità stabilite nella legge regionale 12 aprile 2007, n. 6 (Interventi
straordinari per la riqualificazione urbanistico ambientale e per il risanamento igienico sanitario e paesaggistico
di ambiti territoriali individuati dalla Regione caratterizzati da gravi fenomeni di abusivismo edilizio.). Gli oneri
di cui al presente comma gravano sul capitolo E 74509. (14)
4 bis. Le opere ricomprese negli strumenti urbanistici di cui all’articolo 7 possono essere finanziate anche
attraverso appositi strumenti di ingegneria finanziaria previsti dall’Unione europea. (15)
Art. 10
(Modifica alla legge regionale 16 aprile 2009, n. 13
“Disposizioni per il recupero afini abitativi dei sottotetti esistenti”)
1. La lettera f), del comma 1 dell’articolo 3 della l.r. 13/2009 è sostituita dalla seguente:
“f) sono consentite modificazioni delle altezze di colmo e di gronda nonché delle linee di pendenza delle falde
esistenti, unicamente al fine di assicurare i parametri fissati dalla presente legge, a condizione che non
comportino un aumento superiore al 20 per cento della volumetria del sottotetto esistente.”.
Art. 11
(Modifiche alla legge regionale 26 giugno 1997, n. 22 “Norme in materia di programmi integrati di intervento
per la riqualificazione urbanistica, edilizia ed ambientale del territorio della Regione”)
1. Il comma 1 dell’articolo 4 della l.r. 22/1997 è sostituito dal seguente:
“1. Il comune adotta i programmi integrati di cui all’articolo 3, presentati da soggetti pubblici o privati, entro il
termine di sessanta giorni dalla data di presentazione, ovvero di novanta giorni, qualora siano in variante allo
strumento urbanistico generale. Il comune può subordinare l’avvio dei programmi in variante ad un preventivo
atto di indirizzo da assumersi con deliberazione di consiglio.”.
2. Al comma 2 dell’articolo 4 della l.r. 22/1997 sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: “, fatto salvo quanto
previsto dal comma 3.”.
3. Al comma 3 dell’articolo 4 della l.r. 22/1997 le parole da: “ trascorsi” a: “comma 4” sono soppresse.
4. Al comma 4 dell’articolo 4 della l.r. 22/1997 le parole: “Al fine di” sono sostituite dalle seguenti: “In
alternativa ai commi 2 e 3, al fine di”.
5. Prima del comma 1 dell’articolo 3 è inserito il seguente:
“01. Al fine di garantire il perseguimento degli obiettivi di qualità edilizia, sicurezza nei luoghi di lavoro e
regolarità contributiva gli interventi della presente legge sono presentati da soggetti pubblici o privati associati
con soggetti in possesso di capacità tecnica, organizzativa ed economica adeguati all’importo dei lavori oggetto
della proposta, che, all’atto di presentazione del programma integrato, dimostrino l’applicazione dei contratti
collettivi di lavoro nazionali e territoriali di settore e presentino il documento unico di regolarità contributiva
(DURC).”.
CAPO III
EDILIZIA RESIDENZIALE PUBBLICA E SOCIALE
Art. 12
(Edilizia residenziale sociale. Prime disposizioni per il diritto all’abitare)
1. In attesa della disciplina organica in materia di edilizia residenziale sociale, al fine di garantire il diritto
all’abitare, la Regione promuove sul proprio territorio, con il concorso di enti locali, aziende pubbliche,
fondazioni no profit, imprese sociali, banche etiche e di altri soggetti senza scopo di lucro nonché delle imprese
di costruzioni e delle cooperative di abitazione, l’edilizia residenziale sociale, intesa come disponibilità di alloggi
realizzati o recuperati da operatori pubblici e privati, con il ricorso a contributi o agevolazioni pubbliche quali
esenzioni fiscali, assegnazioni di aree od immobili, fondi di garanzia, agevolazioni di tipo urbanistico, destinati
alla locazione permanente a canone sostenibile o a riscatto, ai sensi dell’articolo 15, comma 5. Rientra, altresì,
nell’edilizia residenziale sociale l’albergo sociale, consistente in una struttura residenziale in grado di fornire una
sistemazione alloggiativa temporanea con servizi e spazi comuni.
2. Nelle aree ad alta tensione abitativa e in relazione alle fasce di popolazione più esposte al disagio abitativo la
Regione, per le finalità di cui al comma 1, si avvale, oltre che dei soggetti di cui al medesimo comma 1, delle
ATER mediante la stipula di contratti di servizio, per la definizione di tutti i rapporti funzionali, prestazionali,
economici e finanziari.
3. L’edilizia residenziale sociale è realizzata da operatori pubblici e privati tramite l’offerta di alloggi in locazione
o a riscatto, in modo da garantire l’integrazione di diverse fasce sociali e il miglioramento delle condizioni di vita
dei destinatari, anche attraverso la realizzazione di un progetto sociale di comunità ambientalmente e
socialmente sostenibile con il supporto di strumenti e servizi per la riduzione dell’impatto ambientale,
l’istruzione, la salute, il lavoro e l’educazione ambientale.
4. Sono definiti gestori di edilizia residenziale sociale i soggetti, pubblici e privati, che gestiscono alloggi di
edilizia residenziale sociale di proprietà pubblica, affidati a seguito di procedure di evidenza pubblica nonché di
proprietà privata. I gestori di edilizia residenziale sociale sono iscritti in un elenco regionale, la cui tenuta è
curata dall’assessorato regionale competente in materia di politiche della casa. Il regolamento previsto dal
comma 5 disciplina i criteri e le modalità per l’iscrizione all’elenco e per la tenuta dello stesso.
4 bis. Ai fini di una più efficace attuazione degli interventi e della programmazione prevista dal presente capo in
materia di edilizia sociale, la Giunta regionale adotta una specifica carta dei suoli e degli immobili pubblici
ricadenti nel territorio regionale, finalizzata alla pianificazione delle aree utilizzabili e idonee, secondo i vigenti
strumenti urbanistici generali, per interventi di superamento dell’emergenza abitativa. La carta ricognisce e
individua, altresì, gli edifici di proprietà pubblica, afferenti al patrimonio regionale o di altri enti pubblici, al fine
di promuovere l’adozione di specifici piani di recupero ai sensi della l. 457/1978. La Regione, per la
realizzazione di detti piani di recupero, può acquisire immobili rimasti inutilizzati per più di cinque anni e/o in
evidente stato di degrado, al fine di recuperarli, con priorità per gli immobili ubicati nei centri storici. I comuni
localizzano gli interventi relativi ai fabbisogni abitativi prioritariamente nelle aree o immobili disponibili
individuati dalla carta dei suoli e degli immobili pubblici, ove adottata. (16)
5. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge la Giunta regionale adotta un
regolamento, ai sensi dell’articolo 47, comma 2, lettera b), dello Statuto, per la disciplina dei criteri di
attuazione e gestione degli interventi di edilizia residenziale sociale, dei requisiti per l’accesso e la permanenza
nella stessa, dei criteri per la determinazione del canone sostenibile e dei criteri e delle modalità per l’iscrizione
all’elenco dei gestori di edilizia residenziale sociale e per la tenuta dello stesso. Il regolamento è adottato
sentita la competente commissione consiliare, le organizzazioni sindacali degli inquilini più rappresentative nel
territorio regionale, le associazioni di categoria delle imprese di costruzioni e delle cooperative di abitazione
nonché le associazioni presenti sul territorio interessate alle problematiche del disagio abitativo.
Art. 13
(Indirizzi ai comuni per garantire il passaggio
da casa a casa di particolari categorie sociali)
1. Al fine di contenere il disagio abitativo e di garantire il passaggio da casa a casa dei soggetti aventi i requisiti
di cui all’articolo 1 della legge 8 febbraio 2007, n. 9 (Interventi per la riduzione del disagio abitativo per
particolari categorie sociali) e delle famiglie oggetto di azioni di rilascio per morosità collocate utilmente nelle
graduatorie comunali per l’accesso agli alloggi di edilizia residenziale pubblica, i comuni individuati nell’articolo 1
della l. 9/2007 possono istituire apposite commissioni per promuovere l’eventuale graduazione delle azioni di
rilascio da parte della competente autorità giudiziaria ordinaria.
2. I comuni disciplinano il funzionamento e la composizione delle commissioni di cui al comma 1, garantendo la
presenza, previa intesa con le amministrazioni statali di appartenenza, di un rappresentante della prefettura e
di un rappresentante della questura competenti per territorio, dei rappresentanti delle organizzazioni sindacali
degli inquilini e dei rappresentanti delle associazioni di proprietà edilizia maggiormente rappresentative
individuate ai sensi dell’articolo 4, comma 1, della l. 431/1998 e successive modifiche e della convenzione
nazionale sottoscritta ai sensi del medesimo articolo 4, comma 1, in data 8 febbraio 1999 e successive
modifiche, nonché di un rappresentante dell’ATER competente territorialmente.
Art. 14 (17)
(Misure a sostegno dei soggetti che hanno contratto o contrarranno mutui per l’autocostruzione per l’acquisto
della prima casa e per l’autorecupero)
1. Per sostenere gli individui che hanno contratto o intendono contrarre un mutuo finalizzato all’acquisto, alla
costruzione, all’autocostruzione anche associata, al recupero o all’autorecupero della prima casa, la Regione
promuove misure di sostegno e garanzia.
2. Accanto al fondo di solidarietà per i mutui istituito dall’articolo 13 della legge regionale 24 dicembre 2008, n.
31 (Legge finanziaria regionale per l’esercizio 2009) è istituito, a favore dei nuclei familiari con un reddito ISEE
fino a 40 mila euro che non presentano sufficienti garanzie per l’accensione di mutui, un fondo di garanzia
finalizzato a consentire l’accesso al mutuo. I soggetti di cui al presente articolo non devono possedere altri
immobili di proprietà nella regione Lazio e il mutuo da contrarre non può essere superiore a quindici volte il loro
reddito ISEE. Con apposita deliberazione della Giunta regionale sono stabiliti i requisiti per l’identificazione dei
nuclei familiari interessati e la modalità di funzionamento del fondo la cui gestione è affidata a Sviluppo Lazio
S.p.A o a sue controllate.
3. Le misure di cui ai commi 1 e 2 sono rivolte anche alle cooperative di autorecupero di immobili pubblici. Il
fondo previsto al comma 2 può essere anche utilizzato per l’accensione di mutui individuali o la trasformazione
dei mutui intrapresi dalle cooperative di autorecupero in mutui individuali e comunque finalizzati
all’autorecupero di immobili pubblici. Le misure previste dal presente articolo sono rivolte, altresì, ai soggetti
che intendono realizzare interventi in autocostruzione anche associata. Con successivo regolamento, la Giunta
regionale fornisce indirizzi e direttive atte a disciplinare gli interventi di autocostruzione, anche associata.
4. Le risorse di cui al fondo di garanzia previsto dal comma 2 sono utilizzate, fino a un limite massimo del 25
per cento della disponibilità annuale, per la concessione di contributi a favore dei nuclei familiari, anche
monoparentali, costituiti da persone ultrasessantacinquenni con reddito ISEE, riferito all’intero nucleo familiare,
inferiore o uguale a 25 mila euro, per ristrutturare o adeguare gli immobili di proprietà, destinati a prima casa,
al fine della messa in sicurezza e adeguamento degli impianti tecnologici ed igienici, dell’incremento del
risparmio energetico, dell’eventuale abbattimento delle barriere architettoniche e dell’installazione di
apparecchiature di telesoccorso e telecontrollo, di meccanismi di rilevazioni di perdite (gas, acqua) e
automatismi in genere. Il contributo regionale previsto dal presente comma può essere concesso fino ad un
massimo del 50 per cento della spesa dichiarata ammissibile con deliberazione della Giunta, da determinare con
riferimento alla tipologia dell’intervento e/o dell’impianto ed alle condizioni reddituali del nucleo familiare.
5. Alla copertura delle spese relative ai contributi previsti ai commi 3 bis e 4 si provvede nei limiti degli
stanziamenti disposti ai sensi dell’articolo 15, comma 5 bis, fino ad un importo stabilito annualmente con
deliberazione della Giunta regionale; alla copertura delle ulteriori spese previste dal presente articolo si
provvede con appositi fondi previsti dall’articolo 13 della l.r. 31/2008 e dall’articolo 75 della legge regionale 28
aprile 2006, n. 4, relativo al fondo speciale di garanzia per la casa.
Art. 15
(Programmazione regionale dell’edilizia residenziale sociale
e piano straordinario decennale di edilizia sovvenzionata)
1. Al fine di garantire sul territorio regionale i livelli minimi essenziali di fabbisogno abitativo per il pieno
sviluppo della persona umana, in attesa della riforma generale della disciplina dell’edilizia residenziale pubblica,
la Regione predispone un’organica programmazione di interventi per l’edilizia residenziale sociale, tenendo
conto in primo luogo delle necessità segnalate dai comuni definiti ad alta tensione abitativa e promuove un
piano straordinario decennale di interventi finalizzati in particolare alla manutenzione e realizzazione di edilizia
sovvenzionata anche attraverso il recupero di edifici dismessi, assicurando il coordinamento dei soggetti
pubblici e privati e del terzo settore. In questo quadro la Regione promuove, d’intesa con i comuni interessati, il
censimento delle realtà di emergenza alloggiativa presenti al fine di promuovere nei confronti dei nuclei
interessati l’applicazione della disposizione di cui al comma 4, lettera a).
2. Nella programmazione regionale di cui al comma 1 sono ricompresi, in particolare, gli interventi comunque
rivolti all’incremento dell’offerta abitativa da destinare prioritariamente a nuclei familiari a basso reddito e ad
altri soggetti in condizioni sociali ed economiche svantaggiate, come individuati, anche in sede di finanziamento
degli interventi stessi, da apposita deliberazione della Giunta regionale.
3. Nell’ambito dell’edilizia residenziale sociale ricadono sia gli alloggi destinati alla locazione a canone
sostenibile di cui all’articolo 1, commi 258, 259, 285 e 286 della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni
per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato- Legge finanziaria 2008) sia gli alloggi sociali
come definiti e disciplinati dal decreto del Ministro delle infrastrutture 22 aprile 2008 (Definizione di alloggio
sociale ai fini dell’esenzione dall’obbligo di notifica degli aiuti di Stato, ai sensi degli articoli 87 e 88 del Trattato
istitutivo della Comunità europea).
4. Per le finalità di cui al comma 1 ed in base all’intesa ai sensi all’articolo 8, comma 6, della l. 131/2003 tra
Stato, Regioni ed enti locali, sull’atto concernente misure per il rilancio dell’economia attraverso l’attività
edilizia, come pubblicata sulla Gazzetta ufficiale 29 aprile 2009 n.98, la Regione individua una serie di strumenti
per garantire a tutti i soggetti di cui al comma 1 il diritto all’abitare attraverso:
a) interventi di edilizia residenziale pubblica sovvenzionata a totale carico del soggetto pubblico volti ad
aumentare la disponibilità di alloggi destinati alla fasce sociali più deboli;
b) interventi di edilizia agevolata e convenzionata realizzati da imprese di costruzioni e cooperative di
abitazione destinati alla locazione o alla proprietà;
c) interventi di edilizia residenziale sociale volti ad aumentare la disponibilità di alloggi posti in affitto a canone
sostenibile o a riscatto così come definito nel comma 5 promossi sia da soggetti pubblici che privati e destinati
alle fasce sociali non in grado di accedere alla locazione nel libero mercato;
d) interventi volti a sostenere le fasce sociali in difficoltà nell’accesso alla prima casa sul libero mercato, sia
nell’acquisto che nella locazione.
5. Fermo restando quanto previsto all’articolo 70 della l.r. 31/2008, la locazione degli alloggi di edilizia
residenziale sociale, anche agevolata, può essere trasformata in riscatto, purché sia garantita per l’inquilino la
possibilità di scelta qualora voglia rimanere in affitto. Qualora l’inquilino non eserciti il diritto al riscatto esso
verrà esercitato dall’ATER del territorio di competenza che continuerà a garantire all’inquilino il diritto alla
locazione nei limiti e secondo i criteri e le modalità da definire in sede di applicazione della previsione contenuta
nell’articolo 15, comma 2, lettera c), della legge regionale 3 settembre 2002, n. 30 (Ordinamento degli enti
regionali operanti in materia di edilizia residenziale pubblica).
5bis. Agli oneri connessi all’applicazione del piano straordinario decennale di edilizia sovvenzionata di cui al
presente articolo, si provvede mediante l’istituzione, nell’ambito dell’U.P.B. E62, di un apposito capitolo
denominato “Spese connesse all’attuazione degli interventi di edilizia sovvenzionata”, con uno stanziamento,
per l’esercizio finanziario 2009, pari ad euro 50 milioni e, per ciascuna delle annualità 2010-2018, pari ad euro
65 milioni. (18)
6. Nelle more dell’istituzione di uno specifico tributo regionale ai sensi di quanto previsto dall’articolo 7 della
legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell’articolo 119
della Costituzione), al pagamento degli oneri connessi alla contrazione del mutuo concernente gli interventi di
cui al piano straordinario decennale di edilizia sovvenzionata si provvede, a partire dall’esercizio finanziario
2010, mediante parte del gettito della tassa automobilistica. (19)
Art. 15 bis (20)
(Interventi di edilizia sovvenzionata per mutuo sociale)
1. In aggiunta agli strumenti di cui all’articolo 15, comma 4, sono previsti anche interventi di edilizia
sovvenzionata per mutuo sociale.
2. Al fine di consentire l’acquisto del bene “casa” tramite riscatto con patto di futura vendita degli alloggi ATER
o degli alloggi di nuova costruzione di edilizia “sovvenzionata per mutuo sociale”, è istituita una modalità di
rateizzazione del prezzo di acquisto, di seguito denominato “mutuo sociale”. Per interventi di edilizia
“sovvenzionata per mutuo sociale” si intendono interventi di nuova costruzione di alloggi realizzati, al fine di
calmierare i costi, su terreni nelle disponibilità degli enti pubblici e attuati, in forma diretta, dalla direzione
regionale competente in materia di piani e programmi di edilizia residenziale.
3. Con deliberazione della Giunta regionale, su proposta dell’Assessore competente in materia di piani e
programmi di edilizia residenziale, sono stabiliti annualmente:
a) l’ammontare delle risorse finanziarie da destinare alla costruzione di nuovi alloggi di edilizia sovvenzionata
per mutuo sociale e all’acquisto degli alloggi delle ATER;
b) i requisiti di accesso al mutuo sociale e i bandi per la definizione dei soggetti beneficiari.
4. L’importo del mutuo sociale è pari al costo totale sostenuto per la realizzazione dell’alloggio di nuova
costruzione di edilizia “sovvenzionata per mutuo sociale”, o pari al prezzo complessivo richiesto dall’ATER per
l’acquisto. In tal caso la Regione si sostituisce al soggetto avente titolo all’acquisto. In entrambi i casi la
cessione della proprietà avviene con il pagamento dell’ultimo rateo di riscatto.
5. I ratei di riscatto con mutuo sociale sono mensili, fissi e composti dalla quota capitale maggiorata dell’1 per
cento di interesse, e di ammontare non superiore al 20 per cento del reddito mensile del nucleo familiare del
beneficiario. Il pagamento della rata e’ sospeso in caso di disoccupazione del beneficiario o altro impedimento al
pagamento che si verifichi in capo al beneficiario, previo accertamento dell’impedimento stesso da parte della
Regione. Nel periodo di sospensione, il beneficiario è tenuto al pagamento del canone di locazione mediante le
medesime modalità della locazione delle ATER. Al termine dello stato di disoccupazione o al cessare di altro
impedimento al pagamento, quanto versato dal beneficiario a titolo di canone di locazione viene calcolato in
conto prezzo. E’ consentita l’estinzione anticipata. I ratei di mutuo sociale debbono essere reimpiegati per il
finanziamento dell’edilizia residenziale sociale.
6. Alla definizione delle modalità e dei criteri di attuazione del presente articolo si provvede mediante
deliberazione della Giunta regionale da approvarsi, su proposta dell’Assessore competente in materia di piani e
programmi di edilizia residenziale, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.
7. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano anche agli alloggi delle ATER che alla data di entrata in
vigore della presente legge, risultino già inseriti nei piani di vendita approvati dalla Giunta regionale.
Art. 16
(Misure urgenti per gli immobili della Regione, delle ATER,
degli altri enti dipendenti della Regione e degli enti locali)
1. Al fine di incrementare l’offerta di alloggi sociali, la Regione, le ATER e gli altri enti dipendenti dalla Regione e
gli enti locali, in deroga alle previsioni degli strumenti urbanistici vigenti o adottati e ai regolamenti edilizi,
possono eseguire sugli edifici di loro proprietà, sia a destinazione non residenziale che residenziale,
rispettivamente, il cambio di destinazione ad uso residenziale, con o senza opere, nonché il frazionamento di
unità abitative con il rispetto della superficie minima stabilita nel regolamento edilizio che, in assenza di
specifica previsione, non può essere inferiore a 38 metri quadrati. Le ATER e gli enti locali possono, altresì,
utilizzare, in deroga alle previsioni degli strumenti urbanistici vigenti o adottati e ai regolamenti edilizi, anche al
fine di realizzare alloggi privi di barriere architettoniche, i piani terra liberi degli edifici di loro proprietà non
oggetto dei vincoli di tutela prevista dalla legislazione vigente o degli strumenti urbanistici.
2. Negli edifici di cui al comma 1 sono altresì consentiti gli interventi di ampliamento e di sostituzione edilizia
con demolizione e ricostruzione di cui al capo II, nel rispetto dei limiti ivi previsti.
3. Gli interventi previsti dal comma 2 sono realizzati dalla Regione, dalle ATER, dagli altri enti dipendenti dalla
Regione e dagli enti locali nel rispetto e salvaguardia delle caratteristiche storico-architettoniche degli edifici e
dell’impianto urbanistico.
4. Nei casi in cui gli interventi di cui al comma 1 comportino una modifica della destinazione d’uso, gli stessi
sono comunicati ai comuni interessati.
4 bis. Le previsioni di cui all’articolo 1 bis, comma 1, lettera a), della l.r. 36/1987 si applicano anche alle aree
destinate a verde pubblico e servizi, ricadenti nei piani di zona di cui alla l. 167/1962, per la realizzazione di
nuovi alloggi ERP, purché in dette aree sia garantita la relativa dotazione degli standard urbanistici. (21)
4 ter. Nel rispetto della dotazione degli standard urbanistici, le ATER e gli enti locali, anche in deroga alle
previsioni degli strumenti urbanistici vigenti o adottati e ai regolamenti edilizi, possono realizzare sulle aree
comprese nei piani di zona di cui alla l. 167/1962, nuove volumetrie da destinare all’edilizia sovvenzionata
nonché, in misura non superiore al 50 per cento, all’edilizia convenzionata e agevolata. (21) (21a)
4 quater. Gli interventi di cui al comma 4ter, proposti ed approvati dalle ATER sono attuabili previa acquisizione
del parere del comune territorialmente competente, in sede di conferenza di servizi.(21)
Art. 17
(Riqualificazione di quartieri di edilizia residenziale pubblica)
1. I comuni, al fine di ottimizzare l’utilizzo delle aree per l’edilizia residenziale pubblica inserite negli ambiti
urbanistici compresi nei piani di zona, anche in eccedenza del fabbisogno abitativo previsto e previa valutazione
della sostenibilità del maggior carico insediativo, possono effettuare:
a) l’aumento della previsione edificatoria delle aree già destinate dallo strumento urbanistico ad edilizia
residenziale pubblica, fermo restando il rispetto dello standard urbanistico minimo inderogabile riferito al
numero degli abitanti complessivamente insediati, ivi compresi quelli derivanti dall’incremento;
b) la variazione in edilizia residenziale sociale degli standard urbanistici, eventualmente eccedenti rispetto a
quanto previsto dal decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968, qualora si accerti, nell’ambito del
piano di zona, il rispetto della misura minima inderogabile riferita al numero degli abitanti complessivamente
insediati, ivi compresi quelli derivanti dall’incremento;
c) interventi di ristrutturazione urbanistica.
2. Per le finalità del presente articolo i comuni, in relazione alle diverse tipologie di intervento, possono
adottare, anche attivando processi partecipativi che coinvolgano gli abitanti di quartieri interessati:
a) varianti ai piani di zona di cui alla legge 18 aprile 1962, n. 167 (Disposizioni per favorire l’acquisizione di
aree fabbricabili per l’edilizia economica e popolare);
b) le localizzazioni degli interventi con le procedure di cui all’articolo 51 della legge 22 ottobre 1971, n. 865
(Programmi e coordinamento dell’edilizia residenziale pubblica; norme sull’espropriazione per pubblica utilità;
modifiche ed integrazioni alle leggi 17 agosto 1942, n. 1150; 18 aprile 1962, n. 167; 29 settembre 1964, n.
847; ed autorizzazione di spesa per interventi straordinari nel settore dell’edilizia residenziale, agevolata e
convenzionata);
c) i programmi integrati di cui alla l.r. 22/1997;
d) la variante urbanistica di cui all’articolo 66 bis della l.r. 38/1999.
3. Alle varianti e ai piani e programmi per la realizzazione degli interventi di cui al comma 1, ricadenti all’interno
degli attuali perimetri dei piani di zona, anche se decaduti o in corso di attuazione ai sensi dell’articolo 5 bis del
decreto-legge 27 maggio 2005, n. 86 (Misure urgenti di sostegno nelle aree metropolitane per i conduttori di
immobili in condizioni di particolare disagio abitativo conseguente a provvedimenti esecutivi di rilascio)
convertito con modificazioni dalla legge 26 luglio 2005, n.148 ovvero aventi una diversa destinazione
urbanistica ai sensi degli strumenti urbanistici generali vigenti, si applica la procedura prevista dall’articolo 1
della l.r. 36/1987 come modificato dalla presente legge, salvo quanto previsto dall’articolo 1 bis della medesima
l.r. 36/1987, come introdotto dalla presente legge. (22)
4. I programmi integrati di cui al comma 2, lettera c) possono comprendere anche aree libere e singole funzioni
urbanistiche, con esclusione di quelle interessate da destinazioni che attengono ad aspetti strategici dello
strumento urbanistico generale vigente, ovvero al sistema dei servizi pubblici generali, delle infrastrutture e
della mobilità. I programmi integrati possono ricomprendere, altresì, le zone indicate dall’articolo 2, commi 4 e
5, della l.r. 22/1997, per i fini e con i limiti ivi previsti.
5. Ai soli fini della dotazione di edilizia residenziale sociale, prevalentemente per le categorie degli anziani in
condizioni sociali ed economiche svantaggiate e degli studenti fuori sede per assicurare il diritto allo studio, i
comuni possono variare le destinazioni del proprio strumento urbanistico generale vigente, nel limite massimo
del 10 per cento delle destinazioni stesse, con esclusione di quelle di cui al comma 1, di quelle che attengono ad
aspetti strategici dello strumento urbanistico generale vigente, ovvero al sistema dei servizi pubblici generali,
delle infrastrutture, della mobilità e delle zone agricole, fatte salve le fattispecie previste al comma 4.
6. Gli interventi previsti negli strumenti di cui al comma 2 devono essere realizzati nel rispetto di quanto
previsto dalla normativa statale e regionale in materia di sostenibilità energetico-ambientale e di bioedilizia e, in
particolare, dal d.lgs. 192/2005 nonché dalla l.r. 6/2008 e in modo che la prestazione energetica risulti inferiore
del 10 per cento rispetto ai valori limite per il fabbisogno annuo di energia fissati dal d.lgs. 192/2005 ovvero
rispetto agli eventuali limiti più restrittivi definiti dal protocollo regionale sulla bioedilizia di cui all’articolo 7 della
l.r. 6/2008.
Art. 18
(Standard per l’edilizia residenziale sociale)
1. Fatto salvo quanto disciplinato dalle norme di attuazione degli strumenti urbanistici vigenti, al fine di
soddisfare il fabbisogno di alloggi sociali ed evitarne la concentrazione in circoscritti ambiti urbani, negli
strumenti urbanistici generali di nuova formazione e nei relativi strumenti attuativi, nonché nelle varianti
generali di nuova formazione, alle aree necessarie per la dotazione degli standard urbanistici di cui al decreto
del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968 sono aggiunte le aree o immobili per la realizzazione degli
interventi di edilizia residenziale sociale, in applicazione dell’articolo 1, commi 258 e 259, della l. 244/2007 da
cedere gratuitamente da parte dei proprietari singoli o in forma consortile o associata, all’amministrazione
comunale.
2. In relazione al tipo di intervento urbanistico, la cessione gratuita di cui al comma 1 riguarda prevalentemente
le zone C del decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968 ricomprese nei piani urbanistici attuativi.
3. Nei casi di cui al comma 1 la cessione delle aree per l’edilizia residenziale sociale è determinata nella misura
minima del 20 per cento dell’area fondiaria edificabile, fatte salve le cessioni complessive per gli standard
urbanistici. I comuni, al fine di soddisfare il fabbisogno di edilizia residenziale sociale, possono incrementare
tale percentuale.
4. (23)
5. Nell’ambito delle percentuali di area fondiaria edificabile destinate all’edilizia residenziale sociale indicate nel
comma 3, i comuni riservano almeno la metà delle stesse alla realizzazione di interventi di edilizia residenziale
sovvenzionata. (24)
6. Nell’ambito degli strumenti urbanistici di cui al comma 1, gli standard di cui al decreto del Ministro per i lavori
pubblici 2 aprile 1968 devono essere dimensionati con riferimento al numero di abitanti previsti, ivi compresi
quelli derivanti dalla quota per l’edilizia residenziale sociale.
7. Fatta salva la cessione gratuita delle aree di cui al presente articolo, ai fini della realizzazione degli interventi
di edilizia residenziale sociale, il comune può, nell'ambito delle previsioni degli strumenti urbanistici, consentire
un aumento di volumetria premiale pari alla capacità edificatoria delle aree fondiarie cedute per l’edilizia
residenziale sociale e stabilire oneri straordinari in relazione all’incremento del valore immobiliare. Il comune
può, con procedure ad evidenza pubblica, assegnare quota-parte delle aree acquisite, destinandole ad edilizia
libera residenziale destinata ad affitti a canone concordato o alle altre forma stabilite dalle vigenti disposizioni in
materia di edilizia residenziale pubblica e sociale.
Art. 19
(Accelerazioni procedurali per gli interventi di edilizia residenziale pubblica)
1. Al fine di accelerare la conclusione degli interventi regionali di edilizia residenziale pubblica già programmati
e finanziati, con particolare riferimento a quelli attribuiti alle ATER, assicurando l’efficace utilizzo delle risorse
disponibili, la Regione adotta i provvedimenti necessari per il concreto avvio del procedimento e per la regolare
esecuzione ed ultimazione degli interventi stessi.
2. In caso di inadempienza delle ATER nell’attuazione degli interventi di cui al comma 1, la Regione esercita i
poteri sostitutivi previsti dalla l.r. 30/2002.
3. In caso di inadempienza degli enti locali nell’attuazione degli interventi di cui al comma 1, la struttura
regionale competente, nel rispetto dei principi di cui all’articolo 49 dello Statuto, accertata l’inerzia o
l’inadempimento del comune, diffida quest’ultimo a provvedere entro un congruo termine ovvero a comunicare
le motivazioni del ritardo. Decorso inutilmente tale termine, ovvero nel caso in cui le motivazioni addotte non
risultino tali da giustificare l’inerzia o l’inadempimento, la struttura regionale competente trasmette gli atti alla
Giunta regionale la quale delibera sull’esercizio dei poteri sostitutivi attraverso un commissario ad acta, da
nominare con decreto del Presidente della Regione. Il decreto di nomina è comunicato al comune interessato.
Art. 20
(Fascicolo del fabbricato di edilizia residenziale pubblica)
(25)
Art. 21
(Modifiche alla legge regionale 22 dicembre 1999, n. 38
“Norme sul governo del territorio” e successive modifiche)
1. Al comma 4 dell’articolo 29 della l.r. 38/1999 dopo le parole: “soddisfacimento dei fabbisogni” sono inserite
le seguenti: “anche abitativi nell’ambito dell’edilizia residenziale sociale”.
2. Alla lettera f) del comma 1 dell’articolo 30 della l.r. 38/1999 sono aggiunte, in fine, le seguenti parole:
“nonché gli interventi di edilizia residenziale sociale ai sensi dell’articolo 1, commi 258 e 259 della legge 24
dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato. Legge
finanziaria 2008);”.
3. Dopo l’articolo 53 della l.r. 38/1999 e successive modifiche è inserito il seguente:
“Art. 53 bis
(Indirizzi per la redazione dei regolamenti edilizi)
1. I comuni, in relazione alle specifiche caratteristiche del paesaggio rurale delle zone agricole, prevedono nei
propri regolamenti edilizi, oltre a quanto previsto dalla legge regionale 27 maggio 2008, n. 6 (Disposizioni
regionali in materia di architettura sostenibile e di bioedilizia) e successive modifiche e in particolare dall’articolo
6, specifiche modalità di intervento, prescrivendo l’utilizzo di materiali e di tecniche costruttive tradizionali volti
al mantenimento delle caratteristiche tipologiche e architettoniche degli edifici rurali.”.
Art. 22
(Modifica all’articolo 66bis della l.r. 38/1999)
1. Al comma 1 dell’articolo 66bis della l.r. 38/1999 dopo le parole: “provvede alla formazione e approvazione
dello strumento urbanistico generale” sono inserite le seguenti: “o di sue varianti”.
CAPO IV
DISPOSIZIONI FINALI
Art. 23
(Osservanza degli standard urbanistici)
1. Qualora i comuni, nella formazione dei nuovi strumenti urbanistici generali, utilizzino, al fine di migliorare la
qualità abitativa, parametri dimensionali per ogni abitante o stanza equivalente, insediati o da insediare,
superiori a quelli stabiliti dall’articolo 3, comma 2, del decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968, gli
stessi comuni, al fine di osservare il rispetto degli standard urbanistici e non diminuire la quantità e la qualità
della dotazione di servizi e verde pubblico nella città o in ciascuna porzione urbana interessata dalla variante,
devono applicare un proporzionale incremento ai corrispondenti minimi inderogabili previsti dallo stesso
decreto.
2. Sono fatti salvi gli strumenti urbanistici generali già approvati o adottati alla data di entrata in vigore della
presente legge nonché i relativi strumenti urbanistici necessari alla loro attuazione, ivi comprese le varianti ai
piani attuativi di cui agli articoli 1 e 1 bis della l.r. 36/1987, come modificata dalla presente legge.
Art. 24
(Realizzazione di opere di urbanizzazione primaria)
1. Al fine di consentire il completamento delle opere di urbanizzazione primaria delle periferie, i comuni possono
derogare a quanto disposto dall'articolo 17, commi 1 e 2 della legge regionale 12 settembre 1977, n. 35
(Tabelle parametriche regionali e norme di applicazione della legge 28 gennaio 1977, n. 10, per la
determinazione del contributo per le spese di urbanizzazione gravante le concessioni edilizie).
Art. 25 (26)
(Disposizioni per favorire il recupero dei nuclei edilizi abusivi
e definizione delle domande di sanatoria edilizia)
1. Al fine di consentire la definizione dei procedimenti di sanatoria edilizia straordinaria ancora pendenti, i
soggetti che hanno presentato domanda per il rilascio del titolo abilitativo edilizio in sanatoria ai sensi della l.
47/1985 e successive modifiche, dell’articolo 39 della l. 724/1994 e successive modifiche, dell’articolo 32 del
d.l. 269/2003 e della l.r. 12/2004, possono presentare al comune alternativamente:
a) una perizia giurata del tecnico abilitato dell’avvenuta formazione del titolo abilitativo edilizio in sanatoria per
decorso dei termini stabiliti dall’articolo 35 della l. 47/1985, dall’articolo 39 della l. 724/1994, dall’articolo 32 del
d.l. 269/2003 nonché dall’articolo 6 della l.r. 12/2004, ove ne ricorrano le condizioni previste;
b) la documentazione integrativa a quella trasmessa al comune, resa in conformità alle relative discipline delle
singole sanatorie edilizie.
2. Sono escluse dall’applicazione del comma 1 tutte le domande per cui sia stata notificata l’improcedibilità.
3. I comuni, entro novanta giorni dal ricevimento dalla perizia giurata di cui al comma 1, lettera a), verificano la
veridicità delle attestazioni stesse. Decorso il termine senza l’adozione di un provvedimento di autotutela da
parte del comune, il titolo abilitativo edilizio in sanatoria si intende formato a tutti gli effetti di legge nei termini
previsti dalle singole leggi di sanatoria indicate nel medesimo comma 1, lettera a).
4. L’interessato presenta la documentazione integrativa di cui al comma 1, lettera b), entro dodici mesi dalla
data di entrata in vigore del regolamento di cui al comma 7. Il comune, entro novanta giorni dalla ricezione
della documentazione, provvede a rilasciare il titolo abilitativo edilizio in sanatoria; nei comuni con popolazione
superiore a 50.000 abitanti il termine per il rilascio del titolo è di centoventi giorni. Trascorsi inutilmente i
termini per il rilascio del titolo è possibile attivare le procedure di cui al comma 1, lettera a), ove ricorrano le
condizioni previste dalle leggi citate.
5. Il comune interessato, entro sessanta giorni dal ricevimento dell’attestazione di cui al comma 1, lettera a)
ovvero dalla concessione del titolo abilitativo edilizio in sanatoria ai sensi del comma 4, trasmette la
documentazione necessaria all’autorità giudiziaria ai fini di quanto previsto dall’articolo 38 della l. 47/1985 e
successive modifiche.
6 Al fine di consentire l’effettivo espletamento delle funzioni amministrative di competenza comunale connesse
alla definizione dei procedimenti di cui al comma 1, i comuni possono applicare diritti istruttori, sulla base dei
criteri definiti dal regolamento di cui al comma 7.
7. La Giunta regionale, entro il 31 gennaio 2012, con regolamento di attuazione di cui all’articolo 47, comma 2,
lettera b), dello Statuto, definisce i criteri e le modalità per la presentazione degli atti e dei documenti di cui al
comma 1 nonché per la definizione dei diritti istruttori ai sensi del comma 6.
8. Entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore del regolamento di cui al comma 7, il comune invia alla
Regione l’elenco completo dei titoli abilitativi edilizi in sanatoria, rilasciati anche per effetto delle disposizioni di
cui ai commi 3 e 4 nonché l’elenco delle richieste dei titoli abilitativi edilizi in sanatoria ancora non definite.
9. I comuni, entro duecentodieci giorni dalla data di entrata in vigore del regolamento di cui al comma 7,
adottano o adeguano le perimetrazioni dei nuclei edilizi abusivi, ai sensi della legge regionale 2 maggio 1980, n.
28 (Norme concernenti l’abusivismo edilizio ed il recupero dei nuclei edilizi sorti spontaneamente) e successive
modifiche, tenendo conto delle costruzioni abusive ultimate entro il 31 marzo 2003. A seguito dell’adozione
della perimetrazione, i comuni adottano gli ulteriori strumenti urbanistici previsti dalla l.r. 28/1980 per la
riqualificazione dei nuclei edilizi abusivi. La mancata adozione della perimetrazione di cui al presente comma
entro i termini previsti produce la decadenza da eventuali finanziamenti previsti dalla l.r. 28/1980 e successive
modifiche e l’impossibilità di accedere ai finanziamenti relativi alla riqualificazione urbana di cui all’articolo 9.
Art. 26
(Modifiche alla legge regionale 2 luglio 1987, n. 36
“Norme in materia di attività urbanistico-edilizia e snellimento delle procedure” e successive modifiche)
1. L’articolo 1 della l.r. 36/1987 è sostituito dal seguente:
“Art. 1
1. I piani particolareggiati ed i piani di lottizzazione di cui alla legge 17 agosto 1942, n. 1150 (Legge
urbanistica), i piani di cui alla legge 18 aprile 1962, n. 167 (Disposizioni per favorire l’acquisizione di aree
fabbricabili per l’edilizia economica e popolare) e quelli previsti dall’ articolo 27 della legge 22 ottobre 1971, n.
865, in materia di programmi e coordinamento di edilizia residenziale pubblica, i piani di recupero del
patrimonio edilizio esistente di cui all’articolo 28 della legge 5 agosto 1978, n. 457 (Norme per l’edilizia
residenziale), nonché dei nuclei abusivi e i toponimi, i programmi di intervento di cui all’articolo 11 del decretolegge 5 ottobre 1993, n. 398 (Disposizioni per l’accelerazione degli investimenti ed il sostegno dell’occupazione
e per la semplificazione dei procedimenti in materia edilizia) convertito con modificazioni dalla legge 4 dicembre
1993, n. 493, e successive modifiche, i programmi integrati di intervento di cui alla legge regionale 26 giugno
1997, n. 22 (Norme in materia di programmi integrati di intervento per la riqualificazione urbanistica, edilizia ed
ambientale del territorio della regione) nonché ogni ulteriore piano attuativo dello strumento urbanistico
generale non sono sottoposti ad approvazione regionale quando comportano le varianti allo strumento
urbanistico generale di seguito elencate:
a) la viabilità primaria per la parte che interessa il comprensorio oggetto dello strumento attuativo, a condizione
che le modifiche alla stessa apportate non compromettano l’ attuazione delle previsioni dello strumento
urbanistico generale per la parte esterna al comprensorio medesimo e non mutino le caratteristiche della
viabilità’ quali risultano fissate da dette previsioni;
b) l’adeguamento dello strumento urbanistico generale ai limiti e rapporti fissati dal decreto interministeriale 2
aprile 1968, n. 1444 (Limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati e rapporti
massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività
collettive, al verde pubblico o a parcheggi da osservare ai fini della formazione dei nuovi strumenti urbanistici o
della revisione di quelli esistenti, ai sensi dell’articolo 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765) e da leggi regionali;
c) il reperimento, all’ esterno dei nuclei edilizi abusivi oggetto della variante prevista dall’ articolo 1 della legge
regionale 2 maggio 1980, n. 28 (Norme concernenti l’abusivismo edilizio ed il recupero dei nuclei edilizi sorti
spontaneamente) e successive modifiche, delle aree per il verde, i servizi pubblici ed i parcheggi quando
sussista la comprovata impossibilità di soddisfare tali esigenze nell’ambito dei nuclei medesimi;
d) le modifiche del perimetro di comprensori oggetto di recupero urbanistico ai sensi della l.r. 28/1980 e della
legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell’attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero
e sanatoria delle opere edilizie) e successive modifiche, operate al fine di inserire nel comprensorio edifici
adiacenti;
e) fatto salvo quanto previsto dall’articolo 1 bis, comma 1, lettera d), il mutamento delle destinazioni d’uso che
non comporti diminuzione nella dotazione di aree per servizi pubblici o di uso pubblico prevista dai piani e sia
contenuto, per ogni singola funzione prevista, entro il limite massimo del 30 per cento e non comporti la
realizzazione di organismi edilizi autonomi;
f)
le
modifiche
planovolumetriche
che
alterano
le
caratteristiche
tipologiche
degli
edifici.
2. La deliberazione comunale con la quale si adottano gli strumenti urbanistici attuativi di cui al comma 1 è
pubblicata nell’albo pretorio del comune e, successivamente al ricevimento delle eventuali opposizioni, è
inviata, con gli atti che la corredano, alla Regione che, entro trenta giorni dal ricevimento, può far pervenire al
comune
osservazioni
sulla
rispondenza
degli
stessi
alle
norme
della
presente
legge.
3. Gli strumenti urbanistici attuativi di cui al presente articolo sono approvati dal comune con deliberazione
consiliare, che non può essere adottata prima della scadenza del termine di cui al comma 2. Con la
deliberazione di approvazione dello strumento urbanistico attuativo il comune decide sulle eventuali opposizioni
pervenute, si pronuncia con motivazioni specifiche sulle eventuali osservazioni della Regione trasmettendo alla
stessa il provvedimento di approvazione entro i successivi quindici giorni.”.
2. Dopo l’articolo 1 della l.r. 36/1987 è inserito il seguente:
“Art. 1 bis
1. I piani attuativi di cui all’ articolo 1 sono approvati dal consiglio comunale senza l’applicazione delle
procedure di cui al medesimo articolo 1, commi 2 e 3, quando sono conformi allo strumento urbanistico
generale. I piani attuativi non comportano varianti quando riguardano:
a) una diversa utilizzazione, sempre ai fini pubblici, degli spazi destinati a verde pubblico e servizi;
b) le previsioni di spazi per attrezzature pubbliche di interesse generale, quando l’esigenza di prevedere le
attrezzature stesse nell’ambito del comprensorio oggetto dello strumento attuativo era stata riconosciuta in
sede di strumento urbanistico generale;
c) la riduzione delle volumetrie edificabili rispetto a quelle previste dallo stesso strumento urbanistico generale,
purché contenute entro il 20 per cento;
d) il mutamento delle destinazioni d’uso che non comporti diminuzione nella dotazione di aree per servizi
pubblici o di uso pubblico prevista dai piani attuativi e sia contenuto, per ogni singola funzione prevista dal
programma, entro il limite massimo del 10 per cento e non comporti la realizzazione di organismi edilizi
autonomi;
e) le modifiche all’altezza degli edifici in misura non superiore a metri 1,00 purché senza variazione del numero
dei piani e nel rispetto delle norme relative alle distanze degli edifici dalle altre costruzioni e dai confini di
proprietà;
f) modificazioni planovolumetriche che non alterino le caratteristiche tipologiche e le volumetrie complessive
degli edifici, anche se comportanti modifiche delle altezze oltre i limiti previsti dalla lettera e);
g) le modifiche che incidono sull’entità delle cubature dei locali tecnici ed impianti tecnologici e sulla
distribuzione interna delle singole unità immobiliari, nonché le modifiche che variano il numero delle unità
stesse;
h) la verifica di perimetrazioni conseguenti alla diversa scala di rappresentazione grafica del piano;
i) le modificazioni dei perimetri motivate da esigenze sopravvenute, quali ritrovamenti archeologici, limitazioni
connesse all’imposizione di nuovi vincoli, problemi geologici;
l) la diversa dislocazione, entro i limiti del 20 per cento, degli insediamenti, dei servizi, delle infrastrutture o del
verde pubblico senza aumento delle quantità e dei pesi insediativi e senza la riduzione degli standard
urbanistici;
m) l’individuazione delle zone di recupero di cui all’articolo 27 della l. 457/1978;
n) le modifiche alle modalità di intervento sul patrimonio edilizio esistente di cui all’articolo 3, comma 1, lettere
a), b), c) e d) del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni
legislative e regolamentari in materia edilizia) e successive modifiche;
o) l’adeguamento e/o la rettifica di limitata entità che comportino modifiche al perimetro del piano o del
programma;
p) le modifiche alla viabilità secondaria e la precisazione dei tracciati della viabilità primaria;
q) la suddivisione dei comparti edificatori in sub-comparti, ivi inclusi quelli ricadenti nelle zone di recupero dei
nuclei edilizi abusivi, fermo restando il rispetto degli standard urbanistici.
2. Sono fatte salve le procedure dell’articolo 6 della l.r. 22/1997 per le lettere d), e), f), g), h) e l) di cui al
presente articolo. Sono fatte salve, altresì, le procedure di approvazione delle modifiche dei programmi di
recupero urbano stabilite nei rispettivi accordi di programma.”.
3. All’articolo 2 della l.r. 36/1987:
a) al secondo comma le parole da: “dal primo comma del precedente articolo” sono sostituite dalle seguenti:
“dall’articolo 1”;
b) al terzo comma dopo le parole: “schema di convenzione” sono inserite le seguenti: “autorizzano il sindaco
alla stipula della convenzione con il proprietario o i proprietari lottizzanti e”;
c) il quinto comma dell’articolo 2 della l.r. 36/1987 è sostituito dal seguente:
“Con deliberazione da adottare entro quindici giorni dalla scadenza del termine di cui al quarto comma, il
consiglio comunale si pronuncia con motivazioni specifiche sulle eventuali osservazioni della Regione e in caso
di assenza delle suddette osservazioni la deliberazione non è dovuta.”.
4. Al terzo comma dell’articolo 4 della l.r. 36/1987 le parole: “il termine di centoventi giorni” sono sostituite dal
seguente: “il termine di novanta giorni”.
Art. 27
(Prevenzione del rischio sismico. Adeguamento della legge
regionale 5 gennaio 1985, n. 4 “Prime norme per l’esercizio delle funzioni regionali in materia
di prevenzione del rischio sismico. Snellimento delle procedure”)
1. Con regolamento autorizzato adottato ai sensi dell’articolo 47, comma 2, lettera c), dello Statuto, entro
novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, la Giunta regionale disciplina, in conformità
alla normativa statale vigente in materia di prevenzione del rischio sismico e, in particolare, alle disposizioni di
cui al capo IV, sezione II, del d.p.r. 380/2001 e dell’articolo 20 della legge 10 dicembre 1981, n. 741 (Ulteriori
norme per l’accelerazione delle procedure per l’esecuzione di opere pubbliche), i criteri e le modalità per la
presentazione dei progetti di costruzioni in zone sismiche, per la denuncia dell’inizio dei lavori, per
l’autorizzazione da parte della competente struttura tecnica regionale, nonché per l’adeguamento delle
costruzioni esistenti alle nuove classificazioni sismiche e per l’espletamento dei controlli.
2. Fatto salvo quanto previsto dalla suddetta normativa statale, il regolamento di cui al comma 1 è adottato nel
rispetto dei seguenti principi:
a) snellimento delle procedure, nel rispetto di quanto previsto dall’articolo 20 della l. 741/1981 ed adeguamento
delle stesse alla vigente normativa statale;
b) controllo di tutte le costruzioni con funzioni pubbliche o strategiche di particolare rilevanza, quali strutture
ospedaliere, strutture civili, strutture militari, strutture industriali, infrastrutture, nonché di tutte le costruzioni il
cui uso preveda affollamenti significativi quali strutture per l’istruzione, strutture destinate a manifestazioni
culturali, sportive e spettacoli, mercati, strutture civili e industriali;
c) controllo a campione sorteggiato per le restanti costruzioni con valore del campione crescente in funzione
della pericolosità sismica del territorio.
3. A decorrere dalla data di entrata in vigore del regolamento di cui al comma 1, sono abrogati gli articoli 6, 7,
8, 9, 10, 11, 12, 13 e 14 della l.r. 4/1985.
3 bis. Nelle more dell’adozione del regolamento di cui al comma 1, per i criteri e le modalità per la
presentazione dei progetti di costruzioni in zone sismiche, per la denuncia dell’inizio dei lavori, per
l’autorizzazione da parte della competente struttura tecnica regionale, nonché per l’adeguamento delle
costruzioni esistenti alle nuove classificazioni sismiche e per l’espletamento dei controlli si applica la normativa
vigente in materia di prevenzione del rischio sismico. (27)
Art. 28
(Modifiche alla legge regionale 12 settembre 2002, n. 31
“Istituzione del fascicolo del fabbricato” e successive modifiche)
1. Alla lettera e) del comma 1 dell'articolo 3 della l.r. 31/2002 e successive modifiche sono aggiunte, in fine, le
seguenti parole: “finalizzate, tra 1'altro, a concordare agevolazioni economiche a favore dei proprietari degli
edifici;”.
2. Al comma 1 dell'articolo 4 della l.r. 31/2002 le parole da: “, con le modificazioni” a:”nel tempo” sono
sostituite dalle seguenti: “. La valutazione delle condizioni di sicurezza e staticità dell'edificio è effettuata,
altresi, tenendo conto delle modificazioni e adeguamenti dell'edificio, conosciuti o conoscibili con 1'ordinaria
diligenza da parte del proprietario.”.
3. Al comma 2 dell'articolo 4 della l.r. 31/2002 sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: “Qualora il
proprietario non dia seguito all'ulteriore fase di approfondimento conoscitivo, il professionista incaricato ne dà
immediata comunicazione ai competenti uffici comunali, specificando il grado di rischio per la sicurezza
dell'edificio.”.
4. Dopo il comma 1 dell'articolo 7 della l.r. 31/2002 è inserito il seguente:
“1 bis. L'acquisizione presso gli uffici regionali della documentazione tecnico-amministrativa necessaria alla
predisposizione del fascicolo avviene senza oneri per il richiedente. Gli enti locali possono prevedere analoghe
forme di agevolazione.”.
5. Il comma 4 dell'articolo 7 della l.r. 31/2002 è sostituito dal seguente:
“4. Al fine di consentire la redazione del fascicolo del fabbricato, la Regione e i comuni prevedono forme di
incentivo o di agevolazione per i proprietari in condizioni economiche o sociali disagiate. Con deliberazione della
Giunta regionale sono definiti i requisiti per 1'accesso alle forme di incentivo o agevolazione nonché le modalità
di concessione.”.
6. Dopo 1'articolo 7 della l.r. 31/2002 e inserito il seguente:
“Art. 7 bis
(Sanzioni)
1. La violazione dell'obbligo di redazione del fascicolo del fabbricato comporta 1'applicazione a carico degli
obbligati di una sanzione amministrativa pecuniaria da 2.500 euro a 5.000 euro.”.
Art. 29
(Modifiche alla legge regionale 3 agosto 2004, n. 10 “Interventi straordinari
in favore di soci di cooperative edilizie in difficoltà economiche” e successive modifiche)
1. Dopo il comma 2 dell'articolo 1 della l.r. 10/2004 e successive modifiche sono aggiunti, in fine, i seguenti:
“2 bis. I soci delle cooperative edilizie di cui al comma 1, destinatari della sovvenzione regionale finanziata in
base alla legge 17 febbraio 1992, n. 179 (Norme per 1'edilizia residenziale pubblica) e successive modifiche,
che non abbiano ottenuto la liquidazione dell'intero importo dovuto, mantengono l’inserimento nella prima
fascia di reddito considerato alla data di assegnazione della sovvenzione alla cooperativa, senza obbligo di
restituzione dell'importo già liquidato.
2 ter. Ai soci delle cooperative edilizie di cui al comma l che, alla data di entrata in vigore della presente legge,
non abbiano ottenuto la liquidazione della sovvenzione regionale finanziata in base al decreto-legge 5 ottobre
1993, n. 398 (Disposizioni per 1'accelerazione degli investimenti a sostegno dell'occupazione e per la
semplificazione dei procedimenti in materia edilizia.) convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993,
n. 493, ancorchè erogata nella misura del 30 per cento, si applicano le disposizioni di cui alla 1. 179/1992 per
consentire la trasformazione della locazione a termine in proprietà degli alloggi. A tal fine le cooperative
interessate richiedono alla Regione l’autorizzazione alla trasformazione e provvedono al conseguente
adeguamento della convenzione stipulata con i comuni.”.
Note:
(1) Legge pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Lazio del 21 agosto 2009, n. 31, s.o. n. 142
(2) Comma modificato dall'articolo 1 della legge regionale 13 agosto 2011, n. 10
(3) Articolo sostituito dall'articolo 2 della legge regionale 13 agosto 2011, n. 10
(4) Articolo sostituito dall'articolo 3 della legge regionale 13 agosto 2011, n. 10
(5) Articolo inserito dall'articolo 4 della legge regionale 13 agosto 2011, n. 10
(6) Articolo inserito dall'articolo 5, comma 1 della legge regionale 13 agosto 2011, n.10
(6a) Comma inserito dall'articolo 1, comma 166 della legge regionale 13 agosto 2011, n, 12
(7) Articolo sostituito dall'articolo 5, comma 2 della legge regionale 13 agosto 2011, n. 10
(8) Articolo, modificato con avviso di rettifica pubblicato nel B.U. 14 ottobre 2009, n. 38, poi sostituito
dall'articolo 5, comma 3 della legge regionale 13 agosto 2011, n. 10
(9) Articolo sostituito dall'articolo 5, comma 4 della legge regionale 13 agosto 2011, n. 10
(9a) Comma sostituito dall'articolo 1, comma 167 della legge regionale 13 agosto 2011, n. 12
(10) Capo inserito dall'articolo 5, comma 5 della legge regionale 13 agosto 2011, n. 10
(11) Articolo sostituito dall'articolo 5, comma 6 della legge regionale 13 agosto 2011, n. 10
(12) Articolo abrogato dall'articolo 5, comma 7 della legge regionale 13 agosto 2011, n. 10
(13) Comma modificato dall'articolo 5, comma 8, lettera a) della legge regionale 13 agosto 2011, n. 10
(14) Comma modificato dall'articolo 5, comma 8, lettera b) della legge regionale 13 agosto 2011, n. 10
(15) Comma aggiunto dall'articolo 5, comma 8, lettera c) della legge regionale 13 agosto 2011, n. 10
(16) Comma inserito dall'articolo5, comma 9 della legge regionale 13 agosto 2011, n. 10
(17) Articolo sostituito dall'articolo 5, comma 10 della legge regionale 13 agosto 2011, n. 10
(18) Comma aggiunto dall'articolo 1, comma 49 della legge regionale 11 agosto 2009, n. 22
(19) Comma modificato dall'articolo 6 della legge regionale 10 agosto 2010, n. 3
(20) Articolo inserito dall'articolo 5, comma 11 della legge regionale 13 agosto 2011, n. 10
(21) Comma aggiunto dall'articolo 5, comma 12 della legge regionale 13 agosto 2011, n. 10 e
(21a) Comma modificato dall'articolo 1, comma 168 della legge regionale 13 agosto 2011, n. 12
(22) Comma modificato dall'articolo 5, comma 13 della legge regionale 13 agosto 2011, n. 10
(23) Comma abrogato dall'articolo 5, comma 14, lettera a) della legge regionale 13 agosto 2011, n. 10
(24) Comma modificato dall'articolo 5, comma 14, lettera b) della legge regionale 13 agosto 2011, n. 10
(25) Articolo abrogato dall'articolo 1, comma 3 della legge regionale 3 febbraio 2010, n. 1
(26) Articolo sostituito dall'articolo 5, comma 15 della legge regionale 13 agosto 2011, n. 10
(27) Comma aggiunto dall'articolo 2 della legge regionale 3 febbraio 2010, n. 1
Il testo non ha valore legale; rimane, dunque, inalterata l'efficacia degli atti legislativi originari.