TUTTO PUO` CAMBIARE pdf - Lo Spettacolo del Veneto
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TUTTO PUO` CAMBIARE pdf - Lo Spettacolo del Veneto
Federazione [email protected] Italiana Cinema d’Essai [email protected] wwww.spettacoloveneto.it Associazione Generale Italiana dello Spettacolo Film d'Apertura, Fuori Concorso, al Festival di Cannes, 2014 INTERPRETI: Nicole Kidman, Tim Roth, Frank Langella, Paz Vega, Parker Posey SCENEGGIATURA: Arash Amel FOTOGRAFIA: Éric Gautier MONTAGGIO: Olivier Gajan SCENOGRAFIA: Dan Weil DISTRIBUZIONE: Lucky Red NAZIONALITÀ: Francia, 2013 DURATA: 103 min. di John Carney PRESENTAZIONE E CRITICA Dan Mulligan, produttore musicale in caduta libera, con una figlia adolescente, un matrimonio fallito alle spalle e il vizio della bottiglia, incontra Gretta, una cantautrice inglese in panne sulla banchina della metropolitana. Arrivata a New York col fidanzato quasi celebre e la promessa di una vita da spendere insieme, Gretta perde in un baleno ragazzo e sogni. Autrice di ballate sentimentali, una sera si esibisce suo malgrado in un locale dell'East Village frequentato da Dan. Ubriaco di sventura ma avvinto dalla sua musica, Dan le propone di lavorare insieme per riprendersi il loro posto nel mondo. Sei anni dopo Once, un mélo-musicale ambientato a Dublino, John Carney attraversa l'oceano e compone un nuovo refrain, una creazione musicale e un processo di creazione musicale che canta l'amore ed esalta il potere trasformativo dell'arte. Romantico e spassoso, TUTTO PUÒ CAMBIARE non è assimilabile comunque alla commedia sentimentale, che lambisce senza mai consumare veramente. Il nuovo film di Carney è piuttosto una ballata, un componimento pop(olare) costruito intorno a distinti attimi di felicità e affidato alla citazione viva: promenade e evasioni urbane guidate dalla musica. La linea dei grattacieli di New York (ri)trova una celebrazione e fornisce un incipit a una storia che ripaga i protagonisti dei molti affanni ma non prelude a una relazione sentimentale. Perché, alla maniera di Once, TUTTO PUÒ CAMBIARE non esplicita il sentimento, lasciando che la dialettica amorosa scorra dentro le canzoni eseguite nei vicoli, nei parchi, sulle strade e nella dismisura scenografica di New York. Città isola e unico luogo pensabile in cui realizzare il proprio sogno e magari aiutare un amico a realizzare il suo. TUTTO PUÒ CAMBIARE si muove intorno al doppio jack di Mark, cavo e oggetto del cuore allacciato allo specchio interno della sua Jaguar vintage, che collega due cuffie a un medesimo lettore e compendia la poetica di John Carney. Un'idea di cinema che accorda le persone attraverso la musica. Pericolosamente in bilico dentro una metropoli sfruttata dal turismo sentimentale, il regista irlandese, ex batterista dei The Frames (band indie irlandese), si mantiene al di qua del limite, dissimulando i cliché, trasformando New York in uno studio di registrazione en plein air e realizzando una demo che ci viene personalmente recapitata. Come Dan spiega a Gretta, è la musica a rendere ogni passaggio della vita irrinunciabile, a cambiarla di segno proprio come fa con la commedia di Carney, definendo l'armonia della sua tessitura e sollevandola da un esito altrimenti convenzionale. (www.mymovies.it) Quale che sia la realtà dei fatti, in particolar modo oggi, non è difficile immaginare la Grande Mela come luogo dove tutto sembra davvero possibile. «La città che non dorme mai», la chiamano così, e forse anche per questo suo tenere gli occhi costantemente sgranati riesce a non perdere di vista coloro che in lei confidano, che ne siano coscienti o meno. Così è per Greta che arriva negli States dal Regno Unito insieme al suo ragazzo, un astro nascente la cui ultima canzone ha riscosso un successo immenso grazie ad un ________________________________________________________________________________ di John Carney film. C’è qui una venatura ironica, lieve, composta ma comunque percepibile, verso quel fenomeno di musicisti sdoganati al cinema prima o più che altrove. Impressione non del tutto infondata, se si pensa alla storia di un altro personaggio, ossia Dan, in rotta definitiva con la casa discografica che ha fondato a cavallo tra gli anni ’80 e ’90, incidendo in maniera sostanziale sul panorama musicale di quegli anni. Dan oramai è alla deriva: vive in un loculo nel bel mezzo di Manhattan, è sbronzo con discreta regolarità, ma soprattutto vede poco la figlia, frutto della separazione con la moglie. Eppure all’inizio non si capisce cosa abbia innescato tale vortice. Critico verso ciò che l’industria discografica è diventata, il suo atteggiamento supponente ed arrogante volge però ad un periodo in cui osare era bene, ancor meglio se fruttava bene. E per chi vede la propria occupazione come una sorta di missione, perdere la bussola può rivelarsi devastante. John Carney, che ha sia scritto che diretto TUTTO PUÒ CAMBIARE, ci va con mano leggera, adottando un registro che sa affabulare. Tanto che la svolta di questa storia non avviene chissà quando se non all’inizio: in un locale dove si esibiscono musicisti non esattamente “famosi”, Greta è incalzata da un amico a salire sul palco e cantare una sua canzone. Solo lei, la sua voce e la sua chitarra. Ed infatti pare non accada un granché. Greta scende delusa dal palco, convinta che la sua performance non sia semplicemente dispiaciuta, peggio… che abbia lasciato indifferente. Ma non è così. Non per tutti. Le prime fasi sono infatti costituite da una serie di ellissi ed analessi, che in poche parole significa andare avanti e indietro nella narrazione omettendo e integrando episodi e momenti chiave al momento giusto. Scelta che si rivela interessante, perché contribuisce a seguire un discorso che non si limita al mero espediente narrativo; basti pensare alla scena sopracitata, che attraverso lo sguardo di Greta vediamo in un modo, salvo poi l’ebbrezza di Dan restituircela in maniera diversa, con gli occhi di chi «vede la magia realizzarsi» sotto i propri occhi... con un piccolo incoraggiamento da parte dell’alcol, ok. Seguendo la struttura di TUTTO PUÒ CAMBIARE, anche noi abbiamo omesso un particolare non da poco: Greta viene lasciata da Dave, quest’ultimo in procinto di incidere il suo prossimo disco e partire in tour. Anche grazie a questa svolta, si può ben intuire il tenore del film: giovane disillusa lasciata dal ragazzo musicista incrocia produttore in crisi in cerca del talento che segni la svolta. Niente di meno originale, verrebbe da dire, ma l’abilità di Carney sta proprio nella capacità d’infondere quell’aria di leggera spensieratezza, che non è mai greve o inopportuna. Dimostrando, per l’ennesima, che sul grande schermo conta più il come che il cosa. Sì che il nostro in questo caso non disdegna a priori l’accodarsi, perché i temi sono quelli: rivalsa dall’anonimato al successo, riscoperta di ciò che davvero conta, amicizia, amore. Cose di questo genere insomma. Il punto però è che TUTTO PUÒ CAMBIARE si lascia seguire con gusto dall’inizio alla fine, senza exploit ma mantenendo all’incirca lo stesso equilibrio in modo costante. Anche quando sappiamo o possiamo immaginare come finirà; quando in un determinato momento siamo lì a sperare che quella piega, così banale, non si verifichi; quando a tratti si è lì lì per storcere il naso a causa dell’ennesimo richiamo ad una non meglio precisata «autenticità». Quando avviene tutto questo, e te ne rendi conto, eppure non trovi ragione per smettere di seguire; è allora che puoi pesare con cognizione di causa questo film. Carney gira un musical che non è un musical, un po’ come Greta e Dan registrano un disco che non è il risultato di una serie di sessioni in sala di registrazione. Beneficiando di una Knightley come al suo solito magnetica, oltre che di un Ruffalo sempre più consapevole, oseremmo dire dotato, TUTTO PUÒ CAMBIARE è uno di quei film che possono far stare bene senza nemmeno provare ad eccellere. Sarà la musica, certo. Ma non solo. (www.cineblog.it) ________________________________________________________________________________