l`importanza del sistema distributivo del mercato usa
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l`importanza del sistema distributivo del mercato usa
L’IMPORTANZA DEL SISTEMA DISTRIBUTIVO DEL MERCATO USA COME MERCATO DI SBOCCO DEI PRODOTTI LIFESTYLE www.nibi-milano.it Ing. Fabio Manenti 20 Gennaio 2014 Fiera Milano © 2012 Nuovo Istituto di Business Internazionale - All Rights Reserved. Presentazione ING. FABIO MANENTI Consulente direzionale e coach esperto di Marketing e Commercio Internazionale, di Project Management, di Reti d’Impresa, di Finanza agevolata, di Commercio Equo e Solidale, oltre che delle dinamiche e strategie di Internazionalizzazione aziendale, collabora da oltre 15 anni con società internazionali di varie dimensioni e settori sia in Italia che all’estero. Laureato in Ingegneria gestionale, ha conseguito alcuni Master internazionali in International Business & Management, in Lingue e culture estere (inglese, spagnolo, francese e portoghese) ed in Europrogettazione ed è membro dell’EUPF Albo Europeo degli Europrogettisti a Bruxelles. Fondatore della società di consulenza Demix International Consulting, del network professionale internazionale Demix Group, della Cooperativa agricola Ecomo International, dell’Associazione culturale Carica! e di altre realtà nazionali ed estere. Collabora come Export & Marketing Specialist in diversi progetti d’internazionalizzazione con Unioncamere, Finlombarda, Regione Lombardia, Eupolis ed altri Enti pubblici, oltre che come formatore presso NIBI ed altri Enti di formazione. 2 © 2012 Nuovo Istituto di Business Internazionale - All Rights Reserved. Premessa - Internazionalizzare è una soluzione per vivere la globalizzazione come una opportunità oltre che una esigenza. Opportunità per crescere e trovare la propria dimensione, ottimizzando i propri investimenti, trovando nuove nicchie di mercato a cui rivolgersi ed affrontando la competizione globale più attrezzati. - La globalizzazione è una strategia economica, perseguita dai Paesi maggiormente industrializzati e dalle multinazionali, la cui essenza è quella di garantire l’accesso ai mercati mondiali in una modalità di libero mercato. L'OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) definisce la globalizzazione come “un processo attraverso il quale mercati e produzione nei diversi paesi diventano sempre più interdipendenti, in virtù dello scambio di beni e servizi e del movimento di capitale e tecnologia”. Sebbene il processo, che ormai comprende ogni aspetto dalla vita moderna, sia iniziato secoli fa, è a partire dagli anni '70 che ha subito una grande accelerazione. - Le barriere doganali tendono progressivamente a diminuire, molti consumi tendono a diventare globali, nuovi paesi si affacciano nel panorama economico non solo come concorrenti, ma anche come potenziali acquirenti e consumatori e, da non trascurare, c’è interesse in tutto il mondo per il “made in Italy”, per la qualità, il design e l’innovazione dei nostri prodotti. Globalizzazione dei mercati, internazionalizzazione delle imprese, abbattimento delle barriere agli scambi di merci: sono tutti fenomeni con i quali l’impresa contemporanea, quale ne sia la dimensione, deve confrontarsi. 3 © 2012 Nuovo Istituto di Business Internazionale - All Rights Reserved. Accordi di libero scambio Wto, firmata intesa storica sugli scambi commerciali L'Organizzazione del Commercio internazionale ha approvato un accordo storico. Dopo 12 anni di estenuanti negoziati, a Bali, è stata appena firmata un'intesa, approvata all'unanimità dai 159 Paesi membri del Wto, che abbatterà le barriere commerciali dando il via ad una liberalizzazione dello scambio di merci in tutto il mondo. Il patto prevede lo snellimento delle procedure doganali, riducendone i costi e migliorandone la velocità e l’efficienza, oltre ad un’ampia gamma di misure per facilitare gli scambi commerciali, che secondo i calcoli del Wto dovrebbero generare oltre 960 miliardi di dollari e 21 milioni di posti di lavoro, la maggior parte nei Paesi sottosviluppati o in via di sviluppo. Proprio questi ultimi dovrebbero trarre i vantaggi maggiori dall'accordo, compresa la possibilità di accumulare derrate alimentari da distribuire ai più poveri, oltre ad una serie di misure per aiutarli a inserirsi nei flussi del commercio mondiale. Alcune Ong restano però scettiche e temono che le nuove regole faciliteranno soprattutto le multinazionali. Per il presidente della Commissione Ue José Manuel Barroso l’accordo «darà una vera spinta all’economia globale» e il premier italiano Enrico Letta ha salutato con favore l'accordo in cui vede un'occasione per le piccole e medie imprese italiane. La strada per l'applicazione resta comunque ancora lunga, tutti gli Stati dovranno infatti far approvare dal Parlamento gli accordi e poi rendere operative le misure. 4 © 2012 Nuovo Istituto di Business Internazionale - All Rights Reserved. Accordi di libero scambio North American Free Trade Agreement (NAFTA) Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Il North American Free Trade Agreement (Accordo nordamericano per il libero scambio), conosciuto anche con l'acronimo NAFTA e, nei paesi di lingua spagnola, come TLCAN (Tratado de Libre Comercio de América del Norte o più semplicemente TLC), è un trattato di libero scambio commerciale stipulato tra Stati Uniti, Canada e Messico e modellato sul già esistente accordo di libero commercio tra Canada e Stati Uniti (FTA), a sua volta ispirato al modello dell'Unione Europea. L'Accordo venne firmato dai Capi di Stato dei tre paesi il 17 dicembre 1992 ed entrò in vigore il 1º gennaio 1994. L’aspetto che maggiormente caratterizza il NAFTA è sicuramente legato alla progressiva eliminazione di tutte le barriere tariffarie fra i paesi che aderiscono all’accordo. 5 © 2012 Nuovo Istituto di Business Internazionale - All Rights Reserved. Accordi di libero scambio Sotto il NAFTA, gli scambi di merci tra Stati Uniti, Canada e Messico è triplicato, superando US$ 1.000 miliardi nel 2009, creando una delle più grandi zone di libero scambio del mondo, che oggi collega 450 milioni di persone che producono US$ 17.000 miliardi in valore di beni e servizi, gettando le basi per una forte crescita economica e l'aumento della prosperità nell’area. Gli scopi principali dell’Accordo sono: - eliminare le barriere alle importazioni e facilitare il movimento intra area di beni e servizi tra i territori delle parti; - promuovere le condizioni di leale concorrenza nell’area di libero scambio; - incrementare le opportunità di investimento nei territori delle parti; - fornire protezione adeguata ed effettiva e rinforzare i diritti di proprietà intellettuale nel territorio di ogni parte; - creare procedure efficaci per l’implementazione e l’applicazione di questo accordo, per le sue amministrazioni congiunte e per la risoluzione delle controversie; - stabilire un quadro per una ulteriore cooperazione trilaterale, regionale e multilaterale, al fine di espandere e accrescere i benefici di questo accordo. 6 © 2012 Nuovo Istituto di Business Internazionale - All Rights Reserved. Accordi di libero scambio Dopo i BRICS, i MIKT? Le nuove economie emergenti Dopo il lancio dei BRICS, acronimo utilizzato in economia internazionale per riferirsi congiuntamente a: Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica, Jim O’Neill ci ha riprovato e ha inventato i MIKT, a volte chiamati anche MIST: Messico, Indonesia, South Korea e Turchia. Si tratta di quattro potenze industriali emergenti che, a partire dall’inizio simbolico dell’era globale nel 1992 (l’anno della fine dell’URSS), hanno conosciuto una crescita impetuosa, sono usciti rafforzati dalle crisi ed hanno continuato a beneficiare della globalizzazione di prodotti, servizi e lavoro, oltre ad essere tutti “paesi - ponte”. Il Messico è quello con l’economia più grande e dopo l’ingresso nel NAFTA (North America Free Trade Agreement) si è sempre più trasformato in un’autentica potenza industriale. Il Messico è il più grande produttore mondiale di televisori, il terzo produttore mondiale di computer e il secondo produttore americano di automobili, è fornito di risorse quali petrolio e shale gas, è zona di incontro tra gli USA e l’America Latina e potrebbe diventare presto la più grande economia ‘ispanofona’ del pianeta. 7 © 2012 Nuovo Istituto di Business Internazionale - All Rights Reserved. Accordi di libero scambio Comprehensive Economic and Trade Agrement (CETA) Accordo di libero scambio UE-Canada Il più grande accordo commerciale finora mai stipulato dall'Ue. L'intesa, siglata il 18 ottobre 2013, dovrebbe trasformarsi in realtà entro il 2015, rappresenta un importante precedente per l'accordo di libero scambio con gli Stati Uniti, in corso di negoziazione, cancellerà quasi interamente i dazi reciproci e aprirà alle imprese europee il lucrativo mercato degli appalti pubblici nelle province canadesi. Storico accordo tra l’Unione europea e il Canada per aprire i rispettivi mercati: l'eliminazione di dazi e tariffe dovrebbe aumentare le esportazioni delle nostre "eccellenze“; per l’Europa, significa infatti aumentare il commercio di prodotti agroalimentari di alta qualità e vedersi riconosciute le denominazioni d’origine, il Canada si è impegnato infatti a riconoscere 145 indicazioni geografiche europee, tra cui 39 italiane. Non potranno più essere usate bandiere tricolori o immagini del Belpaese per trarre in inganno il consumatore, né qualsiasi tipo di denominazione più specifica. L'accordo, una volta che avrà effetto, eliminerà tariffe esistenti su tutti i prodotti forestali, favorendo il Canada che è il primo esportatore mondiale di conifere, carta da giornale e pasta di legno. L’apertura del mercato oltreoceano dovrebbe fruttare all’Europa 12 miliardi di entrate aggiuntive all’anno, grazie a un commercio bilaterale potenziato del 23%. Soddisfatto Josè Barroso: “più crescita in Europa“, “l’inizio di una nuova era nelle relazioni tra Europa e Canada”, come ha sottolineato con orgoglio il presidente della Commissione Europea annunciando l’intesa. 8 © 2012 Nuovo Istituto di Business Internazionale - All Rights Reserved. Accordi di libero scambio Transatlantic Trade and Investment Partnership (TTIP) Accordo di libero scambio UE-USA UE e USA assieme costituiscono circa il 50% del PIL mondiale e quasi 1/3 dei flussi commerciali globali (UE: 25,1% del PIL mondiale e 17% del commercio mondiale; USA: 21,6% del PIL mondiale e 13,4% del commercio globale), lo stock di investimenti bilaterali è pari a 2.394 trilioni di euro ed ogni giorno vengono scambiati merci e servizi per un valore medio di quasi 2 miliardi di euro, anche se il loro interscambio è venuto deteriorandosi nel tempo. Tale declino sembra essere spiegabile soltanto cumulando gli effetti di vari fattori, tra i quali l’affermarsi dei mercati emergenti come nuove destinazioni per le esportazioni europee, l’impatto delle tariffe e/o NTBs (Non - Tariff Barriers) americane, la fitta interrelazione dei rapporti intra - company transatlantici, che si sottrae alle statistiche sul commercio estero (rappresentano oltre un terzo degli scambi transatlantici complessivi e le imprese UE e USA che operano nei reciproci territori danno lavoro a oltre 14 milioni di persone) e, dal 2008, la crisi economica e finanziaria globale. Le dogane US infatti richiedono molta documentazione, effettuano controlli capillari, con procedure lente e complesse, quindi costose, perciò la cooperazione doganale è fondamentale, soprattutto per le PMI. La UE è più avanzata in termini di E-Custom, celerità dei controlli e sveltimento delle procedure. La divergenza regolamentare costituisce, di fatto, un costo fisso per le imprese europee, per taluni settori assai elevato, riducendone l’accesso al mercato e la competitività. 9 © 2012 Nuovo Istituto di Business Internazionale - All Rights Reserved. Accordi di libero scambio L’accesso agli appalti pubblici è attualmente sbilanciato in favore degli US, il cui mercato è aperto alle imprese europee soltanto per poco più del 30%, con regole diverse a livello federale e statale, un’applicazione non uniforme dell’accordo WTO sugli appalti pubblici, clausole “Buy American” ed altre restrizioni. I dazi doganali tra le due aree sono già bassi (sotto il 3 per cento nella maggior parte dei casi), anche se l’azzeramento degli stessi, considerato l’enorme flusso di scambi effettuato, avrebbe un notevole impatto. Quello che cercano le due parti è, comunque, un accordo commerciale globale, che armonizzi gli standard in un’ampia varietà di settori e riduca o elimini un numero consistente di barriere. Un accordo che potrebbe valere circa 275 miliardi all’anno per le due parti, di cui oltre 100 miliardi l’anno solo per l’UE (equivalenti a quasi lo 0,5 per cento del PIL europeo) e che potrebbe creare fino a 2 milioni di nuovi posti di lavoro. Il rapporto indica già gli ambiti generali di negoziato: - accesso al mercato (dazi e quote per prodotti industriali, agricoli e servizi, liberalizzazione degli investimenti, accesso agli appalti pubblici); - dialogo regolamentare (armonizzazione degli standard ed eliminazione delle barriere tecniche); - collaborazione su temi globali di comune interesse (ambiente, lavoro, proprietà intellettuale, energia, PMI, etc.). 10 © 2012 Nuovo Istituto di Business Internazionale - All Rights Reserved. Accordi di libero scambio Data l’ampia portata dell’accordo e dei suoi potenziali benefici, i problemi diplomatici creati dallo scandalo Datagate, a seguito del programma National Security Agency (NSA) dell’intelligence americana, le mid-terms americane a novembre 2014 ed il rinnovo di Parlamento Europeo e Commissione rispettivamente a maggio ed ottobre 2014, raggiungere un’intesa sarà molto difficile, per lo meno in tempi brevi, e potrebbe spingere il calendario delle discussioni fino al 2015. La congiuntura economica internazionale, il definitivo stallo dell’Agenda di Doha, il ruolo dei BRICS, l’ascesa delle altre economie emergenti, impongono ai due attori di essere ambiziosi, ma anche realisti e pragmatici nel determinare un giusto compromesso. Gli Usa fanno già parte dell'American Free Trade Agreement (Nafta) e del Central America Free Trade Agreement (Cafta) e hanno già avviato i negoziati per due nuovi accordi: la Ttip, appunto, con l'Unione Europea e la Ttp con vari paesi dell'Asia. Inoltre Stati Uniti e Canada assieme a Francia, Germania, Giappone, Italia, Regno Unito fanno parte del Gruppo dei Sette (G7), il vertice dei ministri dell'economia delle sette nazioni sviluppate con la ricchezza netta più grande al mondo, che rappresenta oltre il 63% della ricchezza netta mondiale detenuta secondo il Credit Suisse Global Wealth Report 2013. Grazie a questi trattati gli Usa si troveranno al centro di una vasta zona di libero scambio che renderà vantaggioso per le aziende estere spostare la produzione negli Stati Uniti, sia per alimentare l'enorme mercato interno sia per riesportare in tutti quei paesi che hanno accordi di libero scambio con gli Usa. 11 © 2012 Nuovo Istituto di Business Internazionale - All Rights Reserved. Distribuire negli Stati Uniti CAMBIO EURO / DOLLARO: il bisogno di un riaggiustamento del tasso di cambio dell'euro per le imprese italiane Il cambio Lira-Dollaro oggi risulterebbe pari a 1450. Più di una decade fa, e più precisamente il 26 ottobre del 2000, ad un anno dall’abbandono della Lira e dall’entrata in vigore dell’Euro, il dollaro valeva oltre 2350 lire. E’ vero, sì, che l’economia Europea ha avuto una forte espansione a pochi anni dall’introduzione della moneta unica, mentre gli Stati Uniti boccheggiavano, con la FED che teneva tassi di interesse fissi, ma e’ anche vero che la crisi finanziaria internazionale del 2007 e la crisi da spread del 2011, ha messo in ginocchio l’Eurozona (e soprattutto l’Europa meridionale) più di altre economie mondiali. Questa situazione macro economica di Europa a due velocità non si e' riflessa sul tasso di cambio Euro/Dollaro come avrebbe dovuto. La politica italiana, dal secondo dopo guerra, ha sempre attuato svalutazioni competitive della Lira, un po’ per rilanciare l’economia, avvantaggiando lo sviluppo del paese e la produttività interna, consentendo una maggiore esportazione di prodotti, a scapito della credibilità internazionale. Tuttavia, dall’adozione della moneta unica, tali strategie non sono state più possibili, poiché tutto, ora, e’ rimesso nelle mani della BCE. Gli interessi contrastanti dei vari paesi (la Germania interessata a mantenere un Euro forte, e paesi come Spagna, Portogallo, Italia anelanti un deprezzamento) bloccano il rilancio dell’export ed una strategia di lungo periodo allineata con le altre maggiori economie (Stati Uniti, Giappone, Gran Bretagna stanno tutte adottando politiche monetarie volte ad una svalutazione della proprio moneta). 12 © 2012 Nuovo Istituto di Business Internazionale - All Rights Reserved. Distribuire negli Stati Uniti SETTORI MODA e COSMETICA - principali canali distributivi statunitensi Per quanto riguarda i Settori Moda e Cosmetica, negli ultimi anni, da un lato si e’ assistito ad un aumento della competitività da parte degli esportatori dei cosiddetti Paesi Emergenti che hanno portato ad una massificazione dei prodotti di bassa qualità e dall’altro si e’ avuta una crescita dei segmenti più alti. La politica di attenzione al cliente fa si che un prodotto possa essere riconsegnato al punto vendita entro 15/30 giorni dal momento dell’acquisto dietro presentazione dello scontrino di acquisto. In questo caso il cliente si vede restituito il 100% del valore della merce. La merce riconsegnata al punto vendita viene normalmente restituita al fornitore con spese di consegna a completo carico di quest’ultimo. Per questo motivo, considerati anche i costi di trasporto e doganali, in caso di ordini ingenti e’ consigliabile predefinire direttamente sul territorio statunitense una strategia di “ricollocamento” dei prodotti restituiti o ricorrere, qualora il margine di profitto lo consenta, a operazioni di factoring e/o di assicurazione sul venduto con clausola pro-soluto. Nel pianificare le proprie strategie di penetrazione del mercato statunitense, va considerato che i responsabili degli uffici acquisti, specialmente dei Department Stores e dei Specialty Stores, sono costantemente pressati dalle richieste di incontro da parte dei potenziali fornitori. La frequentazione assidua di uno specifico ufficio acquisti e la presenza presso le fiere specializzate del proprio settore di riferimento da parte dei propri rappresentanti delle vendite e’ ben vista dagli operatori statunitensi e accresce le possibilità di vendita del prodotto. 13 © 2012 Nuovo Istituto di Business Internazionale - All Rights Reserved. Distribuire negli Stati Uniti I canali distributivi principali che al momento si registrano negli USA per i settori della moda e della cosmetica sono: - Gli Specialty Stores (Neiman Marcus, Bergdorf Goodman, Sacks) che si differenziano dai Department Stores (Macy’s, Bloomingdale’s) perché al loro interno non offrono prodotti dedicati all’abitazione. Entrambe le tipologie applicano una selezione molto rigida sui prodotti a scaffale, oltre alla qualità del prodotto, l’azienda fornitrice deve garantire la massima puntualità nelle consegne e servizi aggiuntivi al prodotto che possono anche variare a seconda del grande magazzino preso in esame. Massima cura va dedicata all’etichettatura e alle modalità di fornitura fissate al momento dell’ordine. - La distribuzione indipendente rappresenta un canale in continua crescita per le imprese italiane. Infatti, attraverso gli Independent Retailers e’ possibile raggiungere nicchie geografiche del mercato non ancora coperte dalla grande distribuzione. E’ pratica commercialmente consigliata la conoscenza diretta e la partecipazione alle politiche di marketing del punto vendita. - Discount Stores (Daffy’s, T.J. Max). Questo tipo di catene può rappresentare, per talune aziende, un ammortizzatore finanziario di rilievo qualora si vedano restituire dagli acquirenti originali, grandi lotti di merce per mancata vendita o perché non conformi alle disposizioni contrattuali siglate. Inoltre applicano una politica di restituzione dei prodotti molto vantaggiosa per il cliente che va considerata al momento della vendita. 14 © 2012 Nuovo Istituto di Business Internazionale - All Rights Reserved. Distribuire negli Stati Uniti - Chain Stores e catene monomarca (Target, Searle, K-Mart). In questo tipo di punti vendita i prodotti presenti sono esclusivamente correlati al marchio di appartenenza. Le possibilità di vendita per le aziende straniere sono quelle specifiche del private label. - Commercio elettronico (e-commerce). Nel settore dei beni di consumo, il commercio elettronico sta divenendo un elemento strategico per la penetrazione commerciale del mercato. In particolare, per quanto riguarda la moda, con un ritardo di alcuni anni rispetto a quanto avvenuto in altri settori dei beni di consumo, la presenza internet delle aziende e la costruzione di online stores comincia a raggiungere quote considerevoli del fatturato. Al di là della creazione del sito, uno degli elementi principali da considerare e’ rappresentato dal sistema di consegna della merce e sulla necessità (in molti casi) di gestire un magazzino sul territorio americano. - Canali televisivi di vendita. tra i possibili canali di vendita di prodotti moda vanno segnalati QVC e HSN che si rivolgono a consumatori di tutte le età. In particolari fasce orarie o in programmi dedicati vengono offerti anche prodotti di alta qualità e di fascia lusso. I canali di televendita possono generare elevate quantità di ordini, i prodotti vengono normalmente posti in vendita a prezzi particolarmente vantaggiosi per il consumatore se comparati con quelli dei canali distributivi tradizionali. Solitamente, una volta fornita la merce, il canale televisivo si fa carico di ogni ulteriore onere legato alla consegna del prodotto, fatto salvo la politica di attenzione al cliente che continuerà in ogni caso a gravare sul fornitore. 15 © 2012 Nuovo Istituto di Business Internazionale - All Rights Reserved. Distribuire negli Stati Uniti SETTORI GIOIELLERIA e OREFICERIA - principali canali distributivi statunitensi Vi sono due canali principali per la distribuzione di gioielleria italiana negli Stati Uniti: i designers di alta gamma, che contattano una clientela selezionata, principalmente dettaglianti indipendenti e catene di negozi di alta gamma, e attraverso i maggiori importatori / grossisti, che vendono principalmente prodotti importati “non branded” e oreficeria a negozi di alto livello, negozi indipendenti ed altri canali. I principali importatori / grossisti sono Bel-Oro, Aurafin (entrambe aziende acquistate dal gruppo di Warren Buffet), Leslie’s e Royal Chain. L’oreficeria italiana è una delle fasce che negli ultimi anni ha sofferto maggiormente in seguito alla concorrenza di altre nazioni favorite per varie cause (costo manodopera, tasse doganali favorevoli, cambio euro / dollaro). I canali di distribuzione non tradizionali (internet, canali televisivi, ecc), così come i grandi magazzini di massa (Wal-Mart, Target, Costco, Sam’s Club, ecc) raggiungono circa il 30% del totale delle vendite di gioielleria / oreficeria negli Stati Unti. Mentre i negozi indipendenti e le catene specializzate di gioielleria sono ancora le principali vie di distribuzione di oreficeria con il 42% delle vendite. In tempi passati si pensava che la vendita di gioielleria via internet fosse di difficile realizzazione in quanto la tipologia di prodotto richiedeva la possibilità da parte del consumatore di poter visualizzare e toccare il pezzo. Ciò non sembra invece avvenire per l’oreficeria che sta incrementando le vendita via internet, Blue Nile Inc. è il sito internet principale di vendita di gioielleria / oreficeria. 16 © 2012 Nuovo Istituto di Business Internazionale - All Rights Reserved. Distribuire negli Stati Uniti SETTORI DEL MOBILE e ARREDO - principali canali distributivi statunitensi L’industria del mobile e’ composta da circa 20,000 aziende con un totale fatturato annuo intorno ai 45 miliardi di dollari. Il settore del mobile e’ comunque molto frammentato, in quanto i principali 50 leader del settore controllano solo il 30% del mercato. Molte aziende hanno vari negozi che vengono forniti direttamente da centri di vendita all’ingrosso (warehouses) i quali a loro volta si rivolgono direttamente alle aziende produttrici. Nei grandi centri urbani e’ molto diffuso il negozio di tipologia showroom dove il cliente può visionare la merce e ordinarla, per poi riceverla direttamente da un magazzino predisposto alla spedizione della stessa merce. Fuori dai centri urbani e nelle zone periferiche e’ più facile trovare negozi con depositi annessi dove il cliente può acquistare prodotti pronti per essere trasportati al momento. Il marketing per aziende produttrici di mobili e rivenditori avviene di solito sotto forma di spazi pubblicitari su quotidiani, periodici, riviste specializzate e spot televisivi. Inoltre, aziende e rivenditori in molti casi creano collaborazioni con studi di architettura o di interior design offrendo a quest’ultimi una percentuale sulle vendite come incentivo a scegliere i propri prodotti. Il mercato degli articoli da regalo e dell'arredamento per la casa italiani in America non è un mercato di massa, ma si rivolge piuttosto ai consumatori benestanti e di lusso con redditi elevati e gusti sofisticati che apprezzano i valori e le qualità offerti loro dai prodotti italiani. 17 © 2012 Nuovo Istituto di Business Internazionale - All Rights Reserved. Distribuire negli Stati Uniti I GRANDI MAGAZZINI L’industria dei grandi magazzini comprende oltre 3,300 centri con un totale fatturato annuo di circa 90 miliardi di dollari. Tra le più importanti catene del settore spiccano Sears; JC Penney; Macy's, Bloomingdale’s and Kohl's. Il settore dei grandi magazzini e’ molto concentrato, infatti le 50 leader del settore controllano quasi interamente il mercato di riferimento. Florida, Texas e Pennsylvania sono gli Stati con il maggiore numero di “Shopping Center”, mentre la zona nord orientale del Paese ha la più densa concentrazione. I prodotti più venduti nei grandi magazzini sono: - Abbigliamento (50% delle vendite totali) Cosmetici (10% delle vendite totali) Elettrodomestici (10% delle vendite totali) Calzature (7% delle vendite totali) I servizi offerti ai clienti comprendono consegna di prodotti a domicilio, istallazione di elettrodomestici, l’impacchettamento dei regali e il cosiddetto personal shopping e il cliente tipo e’ in genere una donna istruita, fra i 25 e i 54 anni, con uno stipendio medio che varia a seconda del mercato al quale si rivolge il grande magazzino. I tradizionali veicoli di promozione includono pubblicità TV e radio, inserzioni in giornali e riviste, materiale promozionale inviato tramite posta, sponsorizzazioni ed eventi. Nonostante i prodotti di marca siano importanti, i prodotti “private label” sono una parte del merchandising in crescita. 18 © 2012 Nuovo Istituto di Business Internazionale - All Rights Reserved. Distribuire negli Stati Uniti Prospettive future delle vendite online Un’interessante ricerca di Forrester Research esamina i modelli di comportamento ed il potere di acquisto dei giovani americani, utenti della Rete. Il profilo socio-demografico è: età 16-22 anni e reddito spendibile annuo (globale) di 37 miliardi di dollari. Sono 12,4 milioni i giovani utenti Internet (il 50% di quella fascia d'età) e, secondo la ricerca, a differenza degli utenti adulti, hanno ormai "interiorizzato" Internet nei loro modelli di comportamento (e consumo). Questo significa che la Rete è per loro il principale strumento per studiare, divertirsi, fare conoscenze e, non ultimo, per fare acquisti. Questa interiorizzazione ha diverse importanti implicazioni per coloro che vogliono offrire prodotti / servizi di valore su Internet a questi consumatori: 1) fornire informazioni dettagliate ed aggiornate; 2) offrire qualcosa in cambio delle informazioni personali del giovane utente; 3) ampia possibilità di configurare il prodotto / servizio secondo le esigenze del consumatore; 4) prove gratuite ed omaggi mirati per attrarre l'attenzione; 5) ampio utilizzo delle email per costruire la fedeltà del giovane utente, attraverso messaggi-novità mirati alle sue esigenze. 19 © 2012 Nuovo Istituto di Business Internazionale - All Rights Reserved. Distribuire negli Stati Uniti I CYBER MALL: lo Shopping Center su Internet Il concetto dello “Shopping Center” è stato trasferito anche su Internet, dove le due forme di distribuzione si sono fuse creando quelli che gli analisti definiscono “CyberMall”, ovvero centri commerciali in rete dove è possibile fare acquisti navigando attraverso “pagine” gestite da vari operatori commerciali uniti in un unico grande sito. La scelta dei canali distributivi è strettamente legata al tipo di prodotto che si vuole esportare, alla distribuzione geografica dei potenziali clienti e della concorrenza, oltre che all'ampiezza degli investimenti finanziari dedicati dall'impresa. I CATALOG STORES: le vendite tramite cataloghi postali Si rileva che i consumatori sono incentivati a comprare per corrispondenza da normative fiscali che annullano le tasse su un prodotto, se spedito ad un indirizzo in uno Stato diverso da quello del produttore. A seconda della dimensione e del peso dell’oggetto, i prezzi di spedizione possono rivelarsi fortemente inferiori alle tasse che sarebbero aggiunte se il consumatore completasse il suo acquisto nello Stato di residenza. 20 © 2012 Nuovo Istituto di Business Internazionale - All Rights Reserved. Distribuire negli Stati Uniti I LIFESTYLE STORES: Una vetrina alternativa per gli stilisti italiani che vogliono vendere a New York Il lifestyle store a New York: un canale alternativo per esportare la propria linea d’abbigliamento negli Stati Uniti d’America. New York, capitale della moda, rappresenta un meta ambita quanto ambiziosa per molti stilisti italiani che vogliano investire negli Stati Uniti. La concorrenza spietata e i proibitivi prezzi d’affitto degli spazi commerciali sono fattori che dissuadono anche i più promettenti stilisti dall’assumersi i rischi derivanti dall’esportare competenze e prodotti in America. Eppure, in questo quadro, taluni negozi di moda riescono ad operare con successo a dispetto del mediocre andamento dei loro concorrenti. Si tratta dei Lifestyle retailers, negozi all’interno dei quali l’obiettivo non e’ vendere un prodotto ma offrire al consumatore la possibilità di acquistare tutto quanto gli serva ad esprimere la propria personalità. In uno di questi punti vendita, UrbanOutfitters, Aeropostale o Anthropologie ne sono un esempio, non solo si potranno acquistare abiti, accessori, cosmetici e persino oggetti per la casa, ma si avrà la sensazione di essere in un luogo da vivere più che in un negozio. Questa tipologia di negozio al dettaglio potrebbe senza dubbio rappresentare un’ottima vetrina per gli stilisti italiani che non vogliano solo essere “ospiti” del mercato americano, ma che ambiscano ad esserne attori protagonisti, capaci di entrare in contatto con i gusti, le abitudini e i lifestyle dei loro consumatori. 21 © 2012 Nuovo Istituto di Business Internazionale - All Rights Reserved. Distribuire negli Stati Uniti Metodi innovativi per superare i tradizionali schemi di merchandising della grande distribuzione in America Gli anni recenti sono stati testimoni del boom dell’e-commerce: ognuno può trovare e comprare prodotti e servizi direttamente online, senza spostarsi dal proprio appartamento. Ancor più funzionale in una grande metropoli, dove le enormi distanze e le strade brulicanti di vita rendono la shopping experience molto difficoltosa. Ciò nonostante, molti consumatori si riversano nei grandi supermarket o nei cosiddetti drugstores, attirati dagli innumerevoli brand, esposti su ogni scaffale e ripiano contendendosi l’attenzione del cliente. Per meglio organizzare l’offerta, le grandi catene retail americane hanno studiato schemi di merchandising, affidandosi a dettagliatissimi piani chiamati Plan-o-grams. Questi sono rappresentazioni visive della disposizione dei prodotti in un negozio studiati in maniera tale da massimizzare le vendite. Sconti forzati dopo ristretti periodi di merce invenduta ed extra fees sono assegnate poi ai produttori più piccoli e meno importanti. E’ ovvio che per un’impresa italiana che vuole esportare e vendere i proprio prodotti negli Stati Uniti attraverso queste catene di distribuzione, posizionare i propri prodotti in maniera profittevole senza elargire esagerate somme di denaro ai retailers o esser forzata a sconti sulla merce invenduta dopo solo pochi giorni, risulta una vera e propria sfida. Una strategia potrebbe essere quella di persuadere la distribuzione a concedere quegli spazi inutilizzati al di fuori dei plan-o-grams, spazi nascosti ma in cui l’occhio del cliente cade spesso, e il cui sfruttamento richiede la capacità di ridisegnare il packaging del prodotto o del supporto su cui venderlo, in modo da inserirlo con facilità in questi spazi. 22 © 2012 Nuovo Istituto di Business Internazionale - All Rights Reserved. Conclusioni L’export è rimasta una delle poche fonti di crescita per le imprese italiane. In un mercato interno bloccato, aumentare il fatturato è diventato uno zero-sum-game, dove le quote di mercato si possono solo rubare al concorrente mentre le vendite totali rimangono le stesse. Rispetto ai paesi di moda come Cina, Brasile, India e Russia, gli Stati Uniti offrono un sistema politico stabile, un sistema giuridico imparziale, regole di diritto certe, bassa burocrazia, infrastrutture e servizi sviluppati, una logistica impeccabile e un settore pubblico efficiente. Last but not least, gli USA si stanno avviando verso l’indipendenza energetica, un fatto che cambierà radicalmente, e per il meglio, le prospettive dell’economia americana già nel corso dei prossimi cinque anni. I settori tipici del nostro export, sono la moda, la meccanica, gli apparecchi elettromedicali e il design. Purtroppo in un mercato globale come quello attuale nel quale multinazionali di tutto il mondo si stanno spartendo la gran parte del commercio internazionale, gli investimenti necessari per competere alla concorrenza internazionale non sono più compatibili con le dimensioni delle nostre aziende. Serve quindi adottare soluzioni innovative ed aggregative tra PMI e joint venture tra aziende italiane e straniere, che collaborano al fine di creare un prodotto maggiormente consono alla realtà in cui verrà venduto. 23 © 2012 Nuovo Istituto di Business Internazionale - All Rights Reserved. Ing. Fabio Manenti Cell +39.347.8703864 Email [email protected] Skype demix international consulting NIBI – Nuovo Istituto di Business Internazionale Tel. 02 8515 5135 – 5136 Fax 02 8515 5227 [email protected] Promos – Az. Spec. CCIAA Milano Via Camperio, 1 20123 Milano www.nibi-milano.it © 2012 Nuovo Istituto di Business Internazionale - All Rights Reserved.