A Rimini una squadra di 20 “bravi ragazzi”
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A Rimini una squadra di 20 “bravi ragazzi”
Cronaca di Rimini LUNEDÌ 17 DICEMBRE 2012 5 LE MANI DELLA CAMORRA SULLA RIVIERA I contorni inquietanti dell’operazione Vulcano condotta dai Ros dei carabinieri che ha dato un colpo alle infiltrazioni malavitose in Romagna A Rimini una squadra di 20 “bravi ragazzi” La bella vita del boss a 60mila euro al mese. Appartamenti passano di mano mostrando la pistola di Giacomo Bedeschi RIMINI. La bella vita. Cinquanta, sessantamila euro al mese. Fare l’affiliato, l’“ambasciatore” dei Casalesi in Riviera, non è un impiego da due spicci. Bella gonfia era la “busta paga” di Francesco Vallefuoco, il tentacolo più robusto della piovra finita nella rete dei carabinieri del Ros e della Direzione distrettuale antimafia di Bologna con l’operazione Vulcano. D’altra parte il manager dell’impresa Camorra srl tra Rimini, la Romagna e San Marino governava una squadra anche di 20 dipendenti. Bravi ragazzi pronti a darsi da fare per minacciare, taglieggiare, regolare conti e strozzare commercianti, imprenditori. E’ questo uno dei lati più inquietanti che si scoprono tra le 392 pagine dell’ordinanza che contiene i nomi di 100 indagati (per 17 sono scattate le misure cautelari). I soldati. «E mica non ne ho fatte... di guerre ne ho e io mi prendevo «Saltai sul tavolo dall’altro fatte... 50-60mila euro al mese, pelato, sfilai la pistola rò, aspetta un minuto, pagavamo i ragazzi che stagliela misi... proprio in vano su». Al cellulare, a faccia gliela misi...» vantarsi con uno degli altri coinvolti in questo terzo filone dell’inchiesta Vulcano che svela la struttura organizzata e le radici infilate dalla Camorra in Riviera e in Romagna a suon di estorsioni, botte, pistole spianate in faccia alla gente, è il boss Francesco Vallefuoco, lunga mano di Gomorra con un piede a Rimini e l’altro a San Marino. Racconta di come la sua “società” di malavita abbia a libro paga giovani braccia (sicuramente allenate a passare all’azione in caso di bisogno) per aiutarlo a condurre i suoi affari. Tutti ragazzi che «ho intorno a me! 5-10, 15 alle volte 20», dice Vallefuoco. Gente di fiducia stipendiata e sistemata in qualche appartamento sicuro. Pistola e immobili. Perché le case ai malavitosi non sono mai mancate. E’ gente a cui piace il mattone, un po’ come gli orologi d’oro e i colli delle camicie “spalancati” sulle giacche ai gangster dei film. Investimento sicuro, si è sempre detto. Specie quando bastano trenta secondi per fare un affare immobiliare senza spendere un centesimo. E’ sempre il boss che parla. Racconta di quando ha fatto cancellare un debito milionario a una persona. Il modo è brutale ma efficace. Va dal creditore. «Saltai sul tavolo dall’altro lato, sfilai la pistola, gliela misi... proprio in faccia gliela misi... gli dissi: “Togli i debiti a questo, togli tutti i debiti... togli tutto adesso”. Li strappò». Ma non esiste beneficenza tra uomini d’affari. E l’uomo che ha appena visto svanire il suo debito deve pagare pegno. E una manciata di appartamenti passa di mano in un amen. «Io in quell’azione gli salvai la casa, gli salvai «Sono nove le macchine, gli salvai il laappartamenti, nove voro... gli dissi: “anzi fai ucosa, di tanti appartavillette a schiera e tu na menti questi nove me li lame le devi dare...» sci a me intestati puliti... Sono nove appartamenti, nove villette a schiera e tu me le devi dare...”. Questo prende e firma quando uscimmo da lì». Che figuraccia... Il boss ha una reputazione. In un quadro dove le leggi non esistono e la violenza è il solo biglietto da visita fa quasi sorridere come Francesco Vallefuoco tenesse comunque alla facciata, al suo mantello di rispettabilità sociale. In una banca a Rimini si presenta per mettere all’incasso alcuni assegni di un creditore finito nella morsa dell’estorsione. Allo sportello gli rispondono picche. L’assegno viene da un blocchetto che, sulla base di una denuncia, risulta smarrito. Vallefuoco esce furente e si attacca al cellulare col debitore che gli ha fatto lo scherzetto. «Ma tu con chi credi di avere a che fare? Io ste figure in banca non le ho mai fatte e non le voglio fa.. Non le voglio fare per colpa tua... Domani mi devi risolvere il problema! Se non mi risolvi il problema vai a dormire con i pesci!». POTERE DEL BOSS La bandiera del Titano sventolava a Brusciano Un arrestato durante una precedente fase dell’operazione Vulcano A lezione di legalità e libertà Il giudice Morosini incontra gli studenti del “Gobetti” MORCIANO. “Legalità e libertà”. E’ il titolo del convegno che si è svolto nell’aula magna dell’istituto Gobetti. Ospite d’onore, il giudice Piergiorgio Morosini. Nella prima parte dell’incontro alcuni studenti hanno letto brani scelti dai ragazzi stessi (molto apprezzati in particolare quelli dedicati a Falcone e Borsellino). Nella seconda parte Morosini ha parlato delle infiltrazioni della mafia nel territorio riminese e spiegato come la criminalità si inserisce in un tessuto sano, soprattutto nel momento della crisi, a causa delle difficoltà nel sistema del credito. Tema questo quanto mai d’attualità, vista l’operazione “Vulcano” messa a segno in questi giorni dagli inquirenti. Un particolare riferimento va anche alla politica e alla corruzione, quando L’incontro con il giudice Morosini Morosini ha invitato i ragazzi a non uniformarsi a modelli di comportamento omologati e a essere se stessi. Numerose infine le domande, anche sulle scelte personali e professionali del giudice che ha dimostrato disponibilità al confronto con gli studenti. 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Tra gli episodi citati dalle forze dell’ordine in Campania c’è infatti quello relativo al giglio della paranza “Uragano”, l’obelisco religioso esibito durante la festa dei gigli di Brusciano, che si celebra ad agosto. La paranza Uragano è finanziata da sempre dalla famiglia Vallefuoco. Quest’anno sull’obelisco è stata piazzata una bandiera di San Marino. «Un chiaro omaggio secondo gli inquirenti – a Francesco Vallefuoco». Circostanze che raccontano il potere raggiunto dal 45enne che tirava di molti affari di camorra in Riviera. I metodi, si sa, sono quelli collaudati delle estorsioni, delle minacce, della violenza. Le vittime, a volte pescate sui fondali della fragilità umana come il riminese malato terminale di cancro al quale erano state intestate società in cambio di un promesso guadagno da destinare agli eredi, cedono quasi sempre. Quasi, perché tra le 400 pagine di ordinanza spunta anche un coraggioso (forse non proprio uno stinco di santo nemmeno lui) che preso di mira alza la voce più dei “guappi” che lo minacciano. Frequenta una bisca di Riccione. Offre una “garanzia” per un altro cliente che chiede un prestito: ieri l’ho visto vincere e non dovrebbe aver problemi a restituire tutto. Niente di più. Ma poi gli uomini che gravitano nel giro della camorra i soldi indietro li pretendono da lui. Lo minacciano. E lui esplode. Li richiama al telefono: «Se ti prendo ti stacco la testa! Sono incazzato nero capito? Io di te e del tuo amico, delle tue minacce di Napoli non me ne frega niente. Te domani vieni alle nove e un quarto, ti faccio vedere io cosa ti faccio... Te vieni domattina, te lo giuro, ti uccido davanti a tutti!». Bastò, ma è un caso, ad uscirne indenne.