pensionato - associazione dipendenti a riposo mps

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pensionato - associazione dipendenti a riposo mps
LA NUOVA VOCE DEL
Anno X
novembre/dicembre 2010 n. 42
www.assopensmps.it
PENSIONATO
Direzione e Redazione:
via Monna Agnese 20, 53100 Siena
Tel. 0577 46 515 - 0577 236 212
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Periodico di informazioni
ORGANO BIMESTRALE DELL’ASSOCIAZIONE DIPENDENTI A RIPOSO DEL MONTE DEI PASCHI DI SIENA
Direttore: Alberto Cavalieri Direttore Responsabile: Tullio Mori Redazione: Flavio Egni Progetto grafico: Maruska Pradelli Impaginazione: Bernard Chazine
Reg. Tribunale di Siena n. 718 del 5 ottobre 2001 Stampa: Arti Grafiche Ticci, Sovicille (SI).
Auguri
Il Presidente ed il Comitato Direttivo di questa Associazione, in occasione delle prossime Festività, rivolgono un affettuoso augurio a tutti gli Associati ed alle loro famiglie.
Un fervido augurio anche agli esponenti della Banca Monte dei Paschi di Siena Spa,
della Fondazione, della Cassa di Previdenza, della Cassa di Mutua Assistenza e delle
Organizzazioni Sindacali.
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LA NUOVA VOCE DEL
PENSIONATO
FONDAZIONE ACCADEMIA MUSICALE CHIGIANA
a cura di Anna Maria Tiberi
Quando nel 1932 inaugurò i primi otto corsi
della sua Accademia musicale, il conte Guido
Chigi Saracini aveva cinquantadue anni. Alle sue
spalle c’era ormai una lunga esperienza di promotore e organizzatore di manifestazioni musicali, ispirate da una passione travolgente e da una nobile
generosità.
L’ingente patrimonio ereditato dallo zio Fabio Chigi Saracini, morto nel 1906 in un incidente di caccia, permise a Guido
di assolvere numerosi impegni e
di realizzare vari desideri nel
campo della musica, sempre
legati a Siena, la città dove era
nato e dove, evidentemente, fin
dalla più tenera età aveva subito
il fascino di una tradizione, fondata sugli interessi e sui gusti
musicali di nobili famiglie o di
specifiche accademie. Non mancano, infatti, testimonianze
dirette a dimostrare che la musica veniva insegnata assai presto
ai rampolli della nobiltà. Sappiamo, per fare un esempio, che
nel 1720 a Flavio Chigi furono
regalati un violino, un flauto e
una chitarra e sappiamo che clavicembalo e spinetta erano un
comune arredo negli aristocratici salotti.
Allievo del Collegio “Alla
Querce” di Firenze, Guido Chigi
(foto n. 1) – nato a Siena l’8
marzo 1880 da Antonio e da
Giulia Griccioli – offre di sé, sia
nelle poche immagini della giovinezza che in alcuni suoi versi,
scritti, quando aveva diciotto
anni, l’immagine di una persona
assai sensibile, spesso portata a
isolarsi in un melanconico abbandono, sognando un mondo
ideale, dominato dalla musica.
Durante la sua permanenza “Alla Querce” scrisse
diverse composizioni, alcune pubblicate dalla Casa
Ricordi dopo il 1907, quando Guido Chigi aveva
già ereditato dalla zio Fabio il secondo cognome e
le proprietà.
Come Fabio anche Guido non ebbe discendenza.
Si era sposato a Milano nel 1905 con Bianca, figlia
Foto 1- Il conte allievo del Collegio ‘Alla Querce’ di Firenze
LA NUOVA VOCE DEL
PENSIONATO
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del baritono Giuseppe
Kaschmann e dalla quale
divorziò nel 1926. Come
appare nelle Ricordanze,
il conte considerò come
sue creature le istituzioni
musicali, cui man mano
dette impulso e vita.
Quando ormai, agli
albori del 1923, i lavori
per il Salone dei Concerti
nel palazzo Chigi Saracini
erano conclusi e si attendeva solo la definitiva
istallazione del grande
organo sopra la porta
d’ingresso del salone, la
mancata consegna di questo strumento da parte
della ditta torinese di
Carlo Vegezzi-Bossi, che
l’aveva promesso entro il
mese di maggio, irritò non
poco il conte. In attesa di
poter degnamente inaugurare il suo salone,
Guido Chigi, che aveva
composto una Laude in
onore della Madonna di
Pancole, piccola località
nei pressi di San Gimignano, ne affidò l’esecuzione al suo collaboratore
Piero Baglioni.
Finalmente, dopo il
successo ottenuto con
l’esecuzione della Laude
Foto 2 - Arturo Viligiardi (1869-1936). Ritratto di Marco Enrico Bossi
in San Gimignano, il 22
novembre il conte potè inaugurare il salone. Fu a (foto n. 3), del 1923 che vide contemporaneamenMarco Enrico Bossi (foto n. 2), uno degli artefici te anche l’inaugurazione del sontuoso salone di
del rilancio anche a livello compositivo della musi- palazzo Chigi Saracini, appena restaurato e ridecoca strumentale in Italia che il conte Chigi affidò rato in forme neo-rococò da Arturo Viligiardi,
l’incarico di scrivere una composizione da eseguire arricchito anche da simboli araldici chigiani e di
in occasione dell’apertura della prima stagione di motti latini sulla musica. La scelta di questo particoncerti da lui stesso intitolata, dal motto della colare stile fu determinata da tre considerazioni,
famiglia, “Micat in vertice”. Egli l’aveva fissata per sulle quali il committente e il pittore-architetto si
il giorno 22 novembre, simbolicamente dedicato trovarono pienamente d’accordo: l’architettura orialla musica in quanto festa di Santa Cecilia ginaria della sala risaliva infatti al XVIII secolo, la
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decorazione settecentesca con la sua fastosità ben si
prestava ad ospitare concerti musicali, le superfici
curve contribuivano ad una buona resa acustica
dell’ambiente.
I rapporti tra Marco Enrico Bossi e il conte furono cordialissimi. Fu addirittura preparato per lui un
piccolo appartamento all’ultimo piano del palazzo,
arredato e decorato con eleganza, perché il musicista potesse stare comodamente accanto ai lavori di
costruzione dell’organo e alla preparazione dell’inaugurazione del salone.
Fra i nuovi tesori artistici del palazzo, il salone
era senza dubbio quello più spettacolare, con le pitture di tiepolesca audacia del Viligiardi, simboleggianti il ritorno del vittorioso esercito senese da
Montaperti, con le decorazioni di gusto settecentesco, rifinite col “giallo di Siena”, marmo che proveniva dalle cave di proprietà del conte, presso la
sua dimora di Palazzo al Piano, con le dieci iscrizioni latine dedicate all’arte musicale e allo stesso
salone, definito “tempietto d’Euterpe” con i quadri
delle sopra-porte, dedicati ai ritratti dei geni della
musica: Guido Monaco, con lo sfondo dell’Abbazia
di Pomposa, dove egli morì; Pierluigi da Palestrina,
col magnifico chiosco cosmatesco di San Giovanni
in Laterano; Claudio Monteverdi, con la prospettiva veneziana di San Marco e del Palazzo Ducale e
Girolamo Frescobaldi, con la cupola di San Pietro.
La scelta dei soggetti è particolarmente significativa per individuare il gusto che sottende alle intenzioni di Guido Chigi. I riquadri ritraggono, infatti,
non figure classiche della storia della musica italiana bensì quattro musicisti antichi, in un certo
senso tutti alle origini della musica nel nostro
paese; ad essi fu idealmente dedicato il salone che
il conte immaginò avrebbe risuonato delle musiche
loro e della loro epoca.
Infine, sopra la grande balconata, l’organo, sorto
come primo e forse unico esempio in Italia di
potenza melodica, completava la scenografia della
sala, dove nasce e si afferma la “primogenita creatura” del conte, come lui la chiamò: la società di
concerti Micat in vertice.
Fra le manifestazioni musicali anticipatrici della
stagione regolare di concerti “Micat in vertice”
emerge interessante il 7 ottobre 1920 la presenza a
Foto 3 - Arturo Viligiardi (1869-1936). Santa Cecilia martire, 1931 (bozzetto peer la statua della Cappella di Palazzo Chigi Saracini)
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Siena di una celebrità come Pietro Mascagni che,
su invito del conte, dirige, con grandissimo successo, al Teatro dei Rinnovati un grande concerto sinfonico-corale.
Mascagni fu ospitato a palazzo Chigi dal conte
che, ovviamente, gli riservò gli onori che il musicista meritava.
Fu soprattutto l’amore per Siena che determinò
in Guido Chigi l’idea di creare nella sua città una
stagione regolare di concerti da camera, anche se a
sorreggere le sue intenzioni fu anche una chiara
percezione dell’importanza che la musica strumentale andava sempre più assumendo in Italia, considerato ancora per eccellenza il “paese del melodramma”. Non che si volesse sostituire la gloriosa
tradizione operistica italiana
con un repertorio strumentale
in larga parte da riscoprire;
l’idea era piuttosto quella di
riproporre e di rivalutare quest’ultimo per collocarlo allo
stesso livello dell’altra sia qualitativamente, sia quantitativamente.
Dal canto suo Siena poco
aveva espresso in ambito
musicale nei tempi recenti e
l’attività che vi si svolgeva,
prima dell’intervento di
Guido Chigi, era diventata
piuttosto “provinciale”. Unico nome ad elevarsi al rango
nazionale ed internazionali,
era quello del violinista
Rinaldo Franci, a cui poi fu
intestata la scuola di musica
comunale.
Innestandosi quindi nella
tradizione di riscoperta di un
gusto musicale, Guido Chigi
Saracini, fondò la sua attività
concertistica stabile, aprendo
Siena ad una più ampia e qualificata presenza di interpreti.
Grazie alle sue conoscenze
personali, soprattutto in
ambiente fiorentino e romano, alla sua attraente persona-
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lità, alla singolarità della sede in cui peraltro talvolta ospitava gli artisti intessendo con loro un rapporto che non sempre in altre città era possibile,
Guido Chigi riuscì a far venire e a far ritornare a
Siena i grandi concertisti che percorrevano l’Italia
in tournée e che fino ad allora mai si erano fermati in questa città.
La singolarità di questa ubicazione, dentro il
palazzo dove il conte viveva (“la mia casa” la
chiamava lui) contribuì fin da principio a dare
alle serate una patina di eleganza aristocratica,
che si incarnava nella presenza del conte stesso
nel famoso “salotto rosso”, la stanza adiacente al
palco la cui porta aperta inequivocabilmente la
testimoniava.
Guido Chigi, La chanson d’Eve
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FISCO ED ALTRO: SELEZIONATI PER I NOSTRI SOCI
A PROPOSITO DI LAVORI
Come noto, l’attuale normativa fiscale prevede
due tipologie di agevolazione in materia di interventi edilizi:
a) Detrazione d’imposta del 36% (con limite massimo di € 48.000,00 per le spese sostenute) per
interventi di ristrutturazione edilizia (beneficio
in vigore fino al 31.12.2012);
b)Detrazione d’imposta del 55% (con vari limiti di
spesa in funzione delle tipologie di intervento
effettuato) per spese di riqualificazione energetica degli edifici (beneficio in scadenza il
31.12.2010 poi prorogato dalla manovra finanziaria: vedi apposito articolo di
seguito).
Quando gli interventi vengono
predisposti su fabbricati già esistenti, lasciandone inalterate caratteristiche e dimensioni, non si pongono problemi particolari in merito
all’ammissibilità allo sgravio tributario se non il rispetto dell’iter
burocratico previsto dalle norme
(invio di comunicazioni agli Enti
competenti, fatturazione delle
spese con indicazione del costo
della mano d’opera, pagamento
con bonifico bancario, ecc.).
Sull’argomento è recentemente
intervenuta l’Agenzia delle Entrate
con la circolare n. 39/E del
1.7.2010, prendendo in esame due
tipologie di intervento, alla luce
anche delle disposizioni emanate
dal Governo sul c.d. “piano casa”,
peraltro variamente regolamentato
dalle singole Regioni:
1 demolizione di fabbricato esistente con successiva ricostruzione;
2 ristrutturazione di fabbricato esistente con contestuale ampliamento dell’edificio.
Nella prima ipotesi è possibile
beneficiare delle detrazioni d’imposta solamente se la ricostruzione
è “fedele”, cioè se rimangono invariate sagoma e
volumetria rispetto al fabbricato demolito.
Più complessa è la seconda ipotesi, in quanto la
detrazione è ammessa per le sole spese sostenute per
la ristrutturazione del fabbricato esistente, mentre
vengono escluse quelle relative alla porzione ampliata (ad eccezione degli aumenti di cubatura che non
comportino incremento della superficie calpestabile
come, ad es., il rialzo di un sottotetto). Quindi per
poter beneficiare, almeno parzialmente, della detrazione d’imposta, è necessario poter separare, in funzione delle porzioni ristrutturate, spese, fatture e
bonifici, fermo rimanendo che per alcune tipologie
Guido Chigi, Occhioni neri, Firenze, Venturini (1906 circa)
Auguri
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di intervento, quale ad es. il rifacimento dell’impianto di climatizzazione invernale, la detraibilità
non è comunque consentita dal momento che il tipo
di lavoro non può che riguardare l’intero edificio
(porzione vecchia e porzione ampliata).
Per quanto concerne i lavori di cui alla lettera a),
ci sono invece buone notizie, a seguito di un chiarimento fornito da ENEA d’intesa con l’Agenzia
delle Entrate. L’ENEA, preposto per legge alla ricezione della documentazione tecnica dei lavori che
consente l’ammissibilità ai benefici fiscali del 55%,
ha infatti precisato che in caso di mancata ultimazione dei lavori entro il termine del 31.12.2010
(data di scadenza del beneficio fiscale) sono comunque detraibili le spese sostenute, fatturate e pagate
entro la fine del corrente anno. Rimane comunque
fermo l’obbligo d’invio della documentazione entro
90 giorni dalla ultimazione dei lavori.
(Da Il Sole 24 Ore del 24 e 25.10.2010)
È ARRIVATA UNA MULTA...
Il Codice della Strada prevede che le violazioni,
quando non è possibile la contestazione immediata,
vengano notificate direttamente all’effettivo trasgressore o, qualora non identificabile, ad uno dei
soggetti coobbligati in solido, quali ad esempio il proprietario del veicolo, l’usufruttuario, ecc., risultanti
dai pubblici registri alla data dell’accertamento.
Con le modifiche recentemente introdotte, il
termine di notifica è stato ridotto da 150 a 90 giorni, con decorrenza dal 14 agosto 2010 e per le infrazioni commesse a partire da tale data. Il termine
suddetto (150 o 90 giorni) è da intendersi come
limite temporale per la consegna del verbale, da
parte dell’ente che accerta la violazione (Polizia
municipale, Polstrada, ecc.), al soggetto incaricato
della notifica (di norma il Servizio Postale) al
destinatario. Pertanto quest’ultimo potrà effettivamente ricevere la contestazione anche oltre il termine dei 90/150 giorni, senza che ciò comporti
l’annullamento della notifica. Quest’ultima deve
essere inviata a mezzo raccomandata con avviso di
ricevimento. Inoltre, qualora la consegna avvenga
a persona diversa dal destinatario (coniuge, figlio,
collaboratrice domestica, ecc.), il postino, quale
soggetto incaricato della consegna, dovrà inviare, a
mezzo raccomandata, una comunicazione all’effet-
Guido Chigi, Bacio reso
tivo destinatario della notifica per fargli presente di
aver consegnato la medesima ad altro soggetto.
L’eventuale mancato rispetto di questa procedura è
causa di annullamento della notifica.
Il verbale è valido solamente se contiene tutte le
indicazioni previste dal Codice della Strada, con
particolare riguardo al giorno, all’ora e alla località dove è avvenuta la violazione. Il termine di
decadenza della notifica (90/150 giorni) decorre
dal giorno dell’accertamento solo se la residenza
effettiva del trasgressore coincide con quella risultante dalla carta di circolazione del veicolo. Pertanto, se la residenza è variata e il trasgressore o
l’intestatario del veicolo sono persone fisiche, si
possono avere due ipotesi:
1 Il destinatario della sanzione non ha denunciato
la variazione di residenza all’anagrafe comunale,
né alla Motorizzazione Civile (tenendo comunque presente che per le persone fisiche è sufficiente la sola denuncia al Comune): la notifica
va fatta nella residenza risultante dalla carta di
circolazione, ma con adempimenti particolari
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Guido Chigi, Pour vous, Milano, Ricordi (1913)
previsti dal Codice Civile in caso di “irreperibilità” del destinatario;
2 Il destinatario ha denunciato tempestivamente
la variazione di residenza all’anagrafe comunale
che però ha ritardato la dovuta comunicazione
alla Motorizzazione Civile. In questi casi la giurisprudenza è abbastanza controversa, anche se
la maggior parte delle sentenze ritengono corretto far decorrere il termine di notifica dalla
data dell’eventuale accertamento inviato alla
vecchia residenza del destinatario.
Una volta ricevuto il verbale di notifica, il trasgressore può procedere, entro 60 giorni, al pagamento della sanzione in misura ridotta (in genere
un quinto o un quarto dell’importo massimo),
oppure può impugnare il provvedimento con ricorso al Prefetto o al
Giudice di Pace.
Il Prefetto, entro 60 giorni dal ricevimento del ricorso, deve chiedere gli
atti all’organo di polizia che ha rilevato l’infrazione e deve successivamente deliberare entro 120 giorni
dalla ricezione degli atti medesimi.
Nel frattempo il ricorrente sospende
il pagamento e la sanzione non viene
iscritta a ruolo. Il mancato accoglimento del ricorso comporterà
l’emissione di un’ordinanza-ingiunzione di pagamento di una sanzione
pari al doppio dell’importo minimo,
avverso la quale è comunque possibile, entro 30 giorni dalla notifica,
ricorrere al Giudice di Pace.
Il ricorso al Giudice di Pace,
anche in prima istanza, non impedisce l’iscrizione a ruolo della sanzione.
In caso, invece, di ricevimento di
una cartella di iscrizione a ruolo per
un sanzione per la quale non sia
stata consegnata precedentemente
la notifica, è possibile far annullare
l’iscrizione a ruolo mediante ricorso
al Giudice di Pace entro 30 giorni
dalla notifica della cartella, oppure
opponendosi all’esecuzione, ai sensi
dell’art.615 del Codice di Proc.
Civile, senza limiti di tempo, oppure opponendosi all’esecuzione, ai
sensi dell’art. 617 del Cod. Proc. Civ., entro 20
giorni dalla notificazione.
(Da Il Sole 24 Ore del 15.11.2010)
PROVIAMO A METTERCI
D’ACCORDO...
Dal 20.3.2011 saranno interamente operanti,
salvo slittamenti dettati da opportunità politiche,
le nuove norme, introdotte dalla riforma del Codice Civile, che prevedono il tentativo obbligatorio
di conciliazione prima di intraprendere una causa
in materia di:
1 condominio;
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Guido Chigi, Serenata, autografo (1903)
2 successioni ereditarie;
3 riconoscimento del danno da incidente stradale
o nautico;
4 responsabilità medica;
5 contratti assicurativi, bancari o finanziari;
6 diffamazione.
Il predetto tentativo dovrà essere effettuato avvalendosi dell’assistenza dei c.d. “enti mediatori”, la cui
attività (requisiti professionali, formazione, tariffe) è
stata regolamentata con l’emanazione del Decreto
del Ministero di Grazia e Giustizia n. 180 del
18.10.2010, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.
258 del 4.11.2010. I predetti enti mediatori potranno essere sia pubblici (costituiti presso le Camere di
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Commercio o presso ordini professionali), che privati e con il citato
Decreto ne sono state definite le
modalità di accesso e i requisiti dei
partecipanti.
La nuova normativa prevede che il
tentativo di conciliazione non debba
durare oltre i quattro mesi, decorsi i
quali senza adesione da parte dei litiganti al verbale d’intesa, comunque
proposto dal mediatore, sarà possibile
intraprendere la strada della causa
civile presso il Tribunale. Occorre
però tenere presente che, qualora il
Giudice stabilisca in sentenza un
indennizzo per la parte vincente corrispondente a quello proposto nel verbale di conciliazione, la parte medesima potrà vedersi costretta al pagamento delle spese processuali.
Se, invece, l’accordo verrà raggiunto entro il termine dei quattro
mesi, sarà sufficiente far omologare
il verbale di conciliazione ad un
giudice, affinché gli accordi previsti
divengano immediatamente esecutivi.
Con il D.M. n. 180 sono state stabilite anche le tariffe applicabili da
parte degli enti mediatori pubblici,
con importi che variano in funzione
del valore della lite: si parte da una
tariffa minima di € 65,00 (per ciascuna delle parti) per liti di €
1.000,00 fino ad una tariffa massima
di € 9.200,00 per liti il cui valore superi €
5.000.000,00.
Al fine di incentivare il successo di questo nuovo
strumento, sono stati previsti dal legislatore alcuni
incentivi di natura fiscale: esenzione del procedimento da imposta di bollo, esenzione dall’imposta
di registro dei verbali di conciliazione per importi
fino a € 50.000,00, credito d’imposta (importo
massimo di € 500,00) per la parte soccombente.
Con l’introduzione del tentativo obbligatorio, il
legislatore spera di ridurre in maniera significativa
i futuri carichi di lavoro dei Tribunali Civili, attualmente “ingolfati” da un’enorme mole di procedi-
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LA NUOVA VOCE DEL
PENSIONATO
menti il cui smaltimento richiederà probabilmente
il ricorso a misure straordinarie.
Per finire, è da tenere presente che la “conciliazione stragiudiziale” sarà sempre e comunque possibile anche per i procedimenti avviati, sia per iniziativa delle parti, sia su disposizione del Giudice.
(Da Il Sole 24 Ore del 4.11.2010)
“Pensioni d’oro”
La Corte Costituzionale, con sentenza n. 316 del
11.11.2010, ha confermato la legittimità del mancato riconoscimento della perequazione automatica per l’anno 2008, disposto dall’art. 1, comma 19,
della Legge n. 247/2007 (Legge Finanziaria 2008),
per le pensioni INPS di importo superiore a otto
volte l’importo minimo. La Suprema Corte ha rilevato che il sacrificio imposto dal legislatore è di
natura transitoria (limitato al solo anno 2008) e
non comporta un’erosione significativa del valore
del trattamento pensionistico.
(Da Il Sole 24 Ore del 12.11.2010)
Manovra finanziaria
La Camera dei Deputati ha approvato a metà
novembre un disegno di legge, denominato “Legge
di stabilità”, contenente varie misure di carattere
finanziario, che è attualmente all’esame del Senato.
Tra le varie disposizioni, si segnala la proroga al
31.12.2011 delle agevolazioni tributarie previste per
le spese sostenute per riqualificazione energetica
degli edifici (sostituzione infissi, sostituzione caldaie,
coibentazione tetti, ecc.). Nel disporre la proroga dei
benefici, consistenti nella possibilità di detrarre il
55% delle spese sostenute (con limiti variabili in
funzione della tipologia di intervento effettuato) il
legislatore ha però elevato il numero delle rate
annuali di utilizzo da cinque a dieci. Altre disposizioni riguardano la concessione di finanziamenti alle
università, alle scuole paritarie, il rifinanziamento
degli ammortizzatori sociali, la proroga dell’esenzione (per soli cinque mesi) del ticket sulle visite specialistiche. Sono stati, inoltre, ridotti i fondi agli
enti destinatari del 5 per mille del gettito Irpef e
sono previsti incrementi dei biglietti dei treni regionali. Dal momento che il provvedimento deve ancora essere approvato in via definitiva, ci riserviamo di
tornare sull’argomento per segnalare eventuali disposizione di interesse per gli associati.
L’inaugurazione del Salone el Palazzo Chigi saracini il 22 novembre 1923 (giorno di Santa Cecilia)
(Da Il Sole 24 Ore del 20.11.2011)
LA NUOVA VOCE DEL
PENSIONATO
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RUBRICHE: DALLA REDAZIONE
LA POESIA DI MARIO PETRI
Potremmo definirlo come un’ape che punge. La
poesia di Mario Petri coglie sempre gli aspetti
umani con i loro i vizi più evidenti.
LA POESIA DI ANTONIO TASSO
La vena di Antonio Tasso continua nella serie di
poesie riunite come “i sonetti di baffo” . Pubblichiamo di questa serie altre due poesie.
La maldicenza
La maldicenza è quell’argomento
che è stato e resterà sempre attuale.
Viene affrontato proprio nel momento
che è ritenuto adatto e congeniale.
Di solito si parla sempre male
della persona che non è presente;
questa è la prassi, come un rituale,
che è nel comportamento della gente!
Pertanto si ritiene pertinente:
se uno non vuole essere criticato,
che abbia lavorato o fatto niente,
abbia o non abbia combinato guai
perché male di lui non sia parlato
è importante non mancare mai!
I guadagni di Pottino
Al tempo si faceva la bu’ata
colla massaia, ’l ranno e col sapone,
nel capo di Pottino c’era entrata
l’idea di pote’ fare un affarone:
“ La cendere, lo vedi, è ricercata:
sbianca i lenzòli, lava anche ‘l coltrone,
si vende bene ma… va fabbri’ata! “
e qui Pottino fece confusione.
Siccome ‘un la trovava da’ grossisti
né li riusciva ave’ rifornimenti
pe’ ‘unn’ave’ né sorprese né ‘mprevisti
di notte andò all’armadio, aprì ‘ battenti
e, a rischio d’arrosti’ moglie e figlioli,
bruciò –pe’ fa’ la cendere- i… lenzòli!!!
Prevenzione
Per via dell’influenza del maiale
sarà asciugata l’acqua benedetta
dalle piluzze della ‘attedrale
(l’igiene dei fedeli ‘unn’è perfetta!)
e poi sarà cambiato il rituale
del “segno della pace”: è interdetta
la strizzata di mano e, nel finale,
per da’ la ‘omunione… una pinzetta!
Ora, da’ retta, ‘un ciò da criti’a’:
qui si tratta di fa’ la prevenzione…
però, poi, al forno, quando vo a compra’
un corollo, du’ semelli e un filone
e una sola dà ‘l pane e mi fa ‘l resto
‘unn’è per esse’ lezzi, ma protesto!!
Luigi Norelli (vedi articolo pagina 12)- Al chiar di luna
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LA NUOVA VOCE DEL
PENSIONATO
LA PITTURA DI LUIGI NORELLI
Luigi Norelli, collega di Pisa in pensione si diletta, come molti altri bravi pensionati a coltivare arti
che in tanti anni di lavoro erano rimaste sopite o
rimandate a tempi migliori. Ci piace sottolineare
come Norelli riesca “nello sporcare le tele” , come
Lui definisce questa attività, ad affrontare nei suoi
lavori temi diversi.
Dialogo fra un fauno e un merlo
Fin da ragazzo aveva provato a sporcare qualche
tela , poi giovanissimo entrato al Monte, colori,
pennelli e velleità artistiche finirono nel dimenticatoio. Approdato a Siena dopo aver peregrinato
per diverse filiali, è qui rimasto fino alla fine lavorando sempre nel settore della finanza (allora si
chiamava Ufficio Titoli e Borsa). La sua permanenza ‘in questa bellissima città’ è stata lunga, il
lavoro lo ha entusiasmato e gratificato , ma fra queste mura il destino
non ha risparmiato alla sua famiglia
tragici eventi.
Colleghi e amici gli furono in
quei momenti molto vicini e non
fecero mancare la loro solidarietà e
il loro affetto: “ecco perché ancora
oggi, ogni volta che vengo a Siena
è tutto un abbraccio o uno stringer
di mani”.
Ultimamente gli sono tornati a
mente pennelli e colori e così ,
detto fatto , ha trasformato parte
del garage in “studio” e di tanto in
tanto passa un po’ di tempo lavorando ai suoi tentativi artistici.
Gelato
in alto: La leggenda del pettirosso
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LA NUOVA VOCE DEL
PENSIONATO
IL SOMMELIER DEL PANE
Stiamo assistendo alla rinascita del pane,
l’alimento più semplice e antico del mondo: “viene
dall’Oriente, ha attraversato le infinite selezioni
delle spighe, l’intelligenza di millenarie civiltà contadine, contiene il meglio delle esperienza alimentari dell’umanità. In questi ultimi tempi, si era
declassato, diventando inodore, insapore, ma
attualmente vive un momento di rinascita” . Il
pane, oggi, sta riacquistando un ruolo importante
come aveva nel passato arcaico, ma anche in tempi
non troppo remoti, come alimento basilare. Il suo
mondo è in fermento e delle novità interessanti
sono già nate. Sta arrivando, ad esempio, il sommelier del pane, una figura nuova in grado di assaggiare e stabilire la genuinità e qualità di sfilatini,
filoni e rosette, così come esiste già per il vino,
l’olio, e addirittura per l’aceto e l’acqua.
L’Inap, Istituto Nazionale Assaggiatori Pane,
nato con l’intenzione di diffondere una nuova cultura del pane e di ridargli la giusta dignità, ha organizzato dei corsi per preparare gli interessati a questo compito. E c‘è un’altra novità, la tendenza a
trasformare il normale forno in boutique del pane,
da frequentare dalla mattina sino alle happy hours,
dove assaggiare prodotti da forno con valore
aggiunto. Un’immagine nuova del panificio con
fuoco a vista, presenza dell’acqua e della pietra, un
arredo funzionale, firmato da importanti designer.
Si sceglie tra le molte qualità il pane preferito da
portare a casa, o lo si consuma in loco insieme al
vino e ad altri cibi cucinati. Mangiare in panetteria? Perché no? Una recente indagine ha appurato
che il 32 per cento degli italiani mangerebbe
volentieri in panetteria anche perché è meno caro
che andare al fast food.
In Italia sono circa 400 le varietà di pane conosciute, tra rosette, tartarughe, ciabatte, biove, coppie ferraresi, casereccio di Genzano, senza dimenticare il pane pugliese di Altamura, che è stato il
primo a fregiarsi della dicitura Dop. Qualche cifra:
sono 25 mila le aziende del settore panificazione
con un indotto di 450 mila lavoratori. Oggi, nell’ambito dei cambiamenti in corso, oltre agli ingredienti base, acqua, farina, sale, lievito, si sono
aggiunti orzo, avena, cereali diversi. Non esiste più,
nella maggioranza dei casi, l’ora del pane all’alba,
ma lo si sforna a tutte le ore e si realizzano molti
altri prodotti come pizze, biscotti, torte, pasticcini,
e via via. Dove l’artigianalità è presente in misura
preponderante.
NACQUERO IN TOSCANA
LE PRIME BANCONOTE
È in Toscana che sono nate le prime banconote
italiane. Il Granducato di Toscana ha il merito di
aver dato corso nel marzo 1766 – primo tra gli antichi Stati Italiani – a una vera e propria circolazione monetaria cartacea, rappresentata da biglietti al
portatore, garantiti dallo Stato, rimborsabili a vista
in numerario metallico col potere liberatorio di
qualsivoglia pagamento.
A porre le basi di questa iniziativa fu il granduca
Pietro Leopoldo che fece propria l’iniziativa delle
cedole del Banco Zettel, in circolazione in Austria.
Fino ad allora nel nostro paese avevano circolato
come cartamoneta dei titoli di credito, come i luoghi di monte, le cedole dello stato pontificio, fedi
di credito dei monti e dei banchi pubblici.
Nel 1817, arrivarono i biglietti della Cassa di
Sconto di Firenze, che rappresentano le prime banconote emesse nel nostro Paese. Superate le turbolenze monetarie seguite all’entrata nel regno
d’Italia, nel 1869 la Banca Nazionale Toscana fu
autorizzata ad emettere banconote di taglio importante. Solo nel 1873, in ritardo quindi rispetto ai
banchi di Napoli e Sicilia, la Banca Nazionale
Toscana si dotò di biglietti di piccolo taglio.
Articoli tratti da Esperienza, mensile di attualità, cultura e informazione n.9 e 10/2010
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LA NUOVA VOCE DEL
PENSIONATO
NOTIZIE DALLA PERIFERIA
PERUGIA: INAUGURAZIONE
Grazie all’impegno costante ed alla fattiva presenza del Responsabile di Area, Gianfranco Gamboni si è resa possibile l’apertura di un nuovo punto
di riferimento per i colleghi Umbri. Pubblichiamo
con piacere il reportage della Cerimonia di Inaugurazione pervenutoci dal collega Gamboni.
Con la partecipazione di oltre 50 colleghi si è
tenuto – il 24 Novembre scorso – un simpatico
incontro conviviale presso l’Hotel Plaza per inaugurare la sede periferica di Perugia della nostra
Associazione; sede ubicata nei locali dell’Agenzia
n. 12 della nostra Banca in Via Martiri dei Lager,
zona semicentrale facilmente raggiungibile anche
con mezzi pubblici.
Erano presenti il Presidente Alberto Cavalieri, il
Direttore del “Giornalino” Tullio Mori e, per la
Banca, il Direttore Responsabile dell’Area Umbria
Marche Fausto Mecatti con alcuni collaboratori.
Prendendo la parola il Rappresentante di Area
Gianfranco Gamboni ha ringraziato il Direttore
della Banca ed il Presidente Cavalieri per
l’attenzione e la disponibilità che hanno portato al
conseguimento di questo obiettivo ed i numerosi
colleghi che con amicizia e simpatia sono intervenuti a questo incontro. Dopo aver ricordato che i
principali motivi di questa presenza sul territorio
sono quelli di creare un più stretto collegamento
tra l’Associazione e gli Iscrittti, Gamboni ha ribadito di essere a disposizione di tutti, insieme ai col-
leghi Manlio Nocioni ed Alfredo Mugnani, per
eventuali necessità riguardanti la sanità, la previdenza e quanto altro attiene alla nostra condizione
di dipendenti in quiescenza del Monte.
Ha preso quindi la parola il Presidente Alberto
Cavalieri il quale ha sinteticamente ripercorso le
motivazioni dello stare insieme nell’Associazione,
già illustrate nella relazione del cinquantenario,
compendiabili nel confermare il ruolo dei dipendenti a riposo quali portatori della cultura e dei
valori che hanno fatto grande e “diversa” la Banca
più antica del Mondo nell’ambito dell’universo
bancario, con l’augurio che questa diversità positiva possa permanere – pur nella mutata realtà e
nelle difficoltà oggettive del momento – in quan-
LA NUOVA VOCE DEL
PENSIONATO
15
to riconosciuta dai giovani ed alimentata da
coerenti atteggiamenti del vertice aziendale. Su
questa linea lo sviluppo di realtà locali assume particolare rilievo.
È seguito l’intervento del Direttore Mecatti il
quale dopo aver ricordato l’importanza del Monte
sia per il numero di Filiali presenti sul territorio, sia
come Banca di riferimento per tutta la clientela, ha
illustrato i programmi del Monte per un’ulteriore
crescita della sua presenza nell’Area ed ha concluso rivolgendo un vivo ringraziamento a tutti i pensionati per l’attaccamento che dimostrano nei confronti della Banca.
Al termine una simpatica cena e l’impegno a
rivedersi presto.
GENOVA: INCONTRO ANNUALE
Riceviamo dal collega Alessandro Badino, responsabile della delegazione di Genova.
Organizzata dal Gruppo di Genova dell’Associazione Dipendenti a Riposo del Monte dei Paschi di
Siena il 13.11.2010 si è svolta a Genova la tradizionale riunione annuale dei soci. Dopo una fun-
zione religiosa in commemorazione di tutti i colleghi defunti, ha avuto luogo l’incontro conviviale
presso un noto ristorante con vista sul mare, con la
partecipazione anche di diversi colleghi tuttora in
servizio attivo; il ricco menù con piatti tipici della
cucina ligure è stato particolarmente apprezzato dai
commensali.
Tra un piatto di “trofiette” ed un bicchiere di
“pigato” i partecipanti all’incontro hanno passato
in allegria un piacevole pomeriggio.
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LA NUOVA VOCE DEL
PENSIONATO
IL DONO E LA GIOIA
di Francesco Turreni
(articolo già pubblicato sul quotidiano “La Nazione”, ispirato all’autore nei momenti in cui lo stesso collaborava con la la Misericordia di Siena)
“Buia e vuota alzerò la mia lanterna. E a riem- riore che promana da chi partecipa come protagopirla d’olio, così come ad accenderla, sarà il guar- nista ai grandi eventi. Mentre si avvicinavano alla
vettura, con incedere solenne, ebbi appena il tempo
diano della notte”.
Reminiscenze gibraniane affluivano alla mia di vedere il contenitore che avrebbe accolto il
memoria mentre assistevo, a tarda sera, sul piazza- cuore dopo l’espianto.
Solo allora la mia mente si volse all’ignoto donale antistante l’ingresso del pronto soccorso delle
Scotte, alle fasi preliminari di una complessa ope- tore. Pensai, con profondo rispetto, che tra poco,
razione. Si trattava di trasferire a Cesena l’équipe qualcuno avrebbe interrotto i circuiti della vita artimedica impegnata in un espianto di cuore, con ficiale che alimentavano il vortice delle aspettative
infrante di una famisuccessivo rientro a
glia, di una comunità.
Siena per il trapianto.
Il beneficiato, sicuLa fiammante Ponramente, era stato
tiac della Misericordia,
avvertito. Lo immagicon le luci di posizione
nai mentre alzava la
accese, offriva il suo
lanterna buia e vuota
profilo aerodinamico ai
della propria speranza,
presenti, quasi a riafperché il guardiano
fermare una supremadella notte la riempisse
zia tecnica sulle diffid’olio e la accendesse.
coltà e sulle incognite
In quel momento
rappresentate
dalla
cercai di compenetrare
pioggia e dalla nebbia.
il senso misterioso e
Era stata appena inaupalpitante di quello
gurata e sembrava anche è il mondo dei sensiosa di mostrare la
timenti e delle emoziopropria utilità.
ni, attraversando un
I due autisti, entramfatto drammatico sebi volontari di lungo
Stampa
rappresentante
Confratelli
della
Misericordia
gnato dall’angoscia e
corso, si muovevano
che trasportano una barella a Firenze
dalla sofferenza, eppure
con efficienza, senza
trasfigurato dalla luce
tradire alcuna emozione. Avevano appena terminato il turno preceden- della misericordia e della resurrezione.
I guardiani della notte (la macchina, i volontate ed avevano risposto a questa nuova emergenza,
che li avrebbe impegnati l’intera nottata, senza ri, i medici, il donatore) ed il beneficiato: strani
scomporsi, con quella serenità che appartiene solo rapporti. L’estremo dolore e l’estrema speranza
a chi possiede la sensibilità e l’intuizione che supe- aprivano forse il medesimo orizzonte?
Di nuovo, Almustafà, l’eletto, mi suggerì il
rano i modi di essere banali e quotidiani di ogni
significato di quegli eventi: “vi sono coloro che
esistenza “normale”.
L’équipe medica era costituita da tre giovani sani- donano con gioia, e questa è la loro ricompensa”.
tari. I loro volti erano permeati di quella forza inte-
LA NUOVA VOCE DEL
PENSIONATO
17
CERTEZZE E RELATIVISMO
di Gianfranco Gamboni
Non si può certo negare che il nostro Paese sia
stato interessato da crisi economiche ricorrenti,
instabilità politica, ripetuti atti di terrorismo e
gravi calamità naturali.
Nonostante ciò l’Italia grazie al suo sistema
democratico, alle sue leggi, alle capacità ed al lavoro dei cittadini (per citare alcune certezze) si è
enormemente sviluppata fino a diventare, come
tutti sanno, una delle più importanti realtà economiche del mondo. Questa notevole crescita ha prodotto però, come era logico prevedere, forti cambiamenti specialmente negli ultimi venti anni.
Determinante per questi cambiamenti è stata la
totale apertura delle frontiere, fenomeno che va
sotto il nome di “globalizzazione” e che ci ha trovato, purtroppo, assai impreparati.
Globalizzazione che creando un più stretto contatto con altri popoli portatori di culture e tradizioni diverse, da un lato ha permesso il miglioramento degli scambi e delle relazioni internazionali, ma
dall’altro ha favorito l’arrivo indesiderato di tante
persone che attratte dal nostro “benessere”sono
venute in Italia non per cercare un posto di lavoro,
ma per compiere atti delittuosi contro la vita ed il
patrimonio dei nostri concittadini.
Sono arrivate anche, per la verità, tante persone
oneste e laboriose che hanno consentito la risoluzione di problemi familiari come l’assistenza agli
anziani e l’espletamento di lavori e servizi che noi
italiani non vogliamo più fare, ma queste persone
sono andate ad accrescere la domanda di abitazioni
e di servizi con ciò aggravando la nostra già fragile
situazione e l’onere per le pubbliche finanze.
Questo maggiore afflusso di stranieri portatori di
culture,religioni,usi e costumi diversi unito alla
crescente disaffezione nei valori tradizionali da
parte dei nostri cittadini sono state poi, a mio giudizio, le principali cause della diffusione, anche in
Italia, del “relativismo”, posizione filosofica che,
come è noto, non pone una netta linea di demarcazione tra il bene ed il male e nega l’esistenza di
verità assolute.
In nome di una presunta libertà il relativismo
vuole accreditare l’immagine di una società aperta
dove tutto può essere permesso e cancellare il
pieno rispetto delle norme esistenti considerato
segno di debolezza e stantio conformismo.
Obiettivamente non possiamo non riconoscere
la validità del “relativismo culturale” quando raccomanda il rispetto delle diverse culture e dei valori in esse professati, ma da cattolici lo rifiutiamo
quando mette in dubbio le verità rivelate che sono
alla base della nostra fede.
Così come rifiutiamo il relativismo quando i principi ed i comportamenti permessi nelle diverse culture violano la nostra Costituzione e le nostre leggi.
Sono convinto che la crescente diffusione del
relativismo non può che aggravare le difficoltà presenti nella nostra attuale realtà ( per citarne alcune la pesante crisi economica di cui non si riesce a
vedere la fine che rende estremamente difficile
l’ottenimento o il mantenimento del posto di lavoro;la inadeguatezza degli strumenti posti a difesa
dello stato democratico; il progressivo abbandono
dei valori etici; l’adesione ai partiti politici non più
per motivi ideologici, ma quasi esclusivamente per
motivi di convenienza; il progressivo abbassamento del livello culturale dei nostri cittadini; la crescente disgregazione delle famiglie).
È necessario ed urgente quindi che ci amministra, consapevole del difficile momento che stiamo
vivendo e pensando al futuro delle giovani generazioni, deve far approvare dal Parlamento, oltre le
tanto attese riforme, norme che richiamandosi ai
nostri valori fondamentali meglio tutelino e garantiscano lo stato di diritto
Il nostro impegno di cittadini dovrà essere forte
perché oltre ad essere più rispettosi delle leggi
dovremo abituarci a vivere in una società che sarà
sempre più multirazziale e multiconfessionale.
Dovremo quindi essere più tolleranti, più disponibili, più attenti ai bisogni ed alle necessità degli
altri, ma inflessibili nella difesa della nostra identità e della nostra libertà.
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LA NUOVA VOCE DEL
PENSIONATO
È bastata una breve apparizione in video di
Nicola di Bari, con il capo affondato in un bel cappello, per accendere la mente alla rievocazione di
quel apparentemente superfluo ma salutare capo
d’abbigliamento.
Nicola calzava un bel feltro di alta fattura, peccato che la circonferenza interna fosse di qualche
centimetro più larga della misura della testa, così
che gli si appoggiava sulle orecchie, di per se già
ben evidenti, allargandole fino a renderle somiglianti a quelle famose di topo Gigio.
Nei tempi andati per le donne il copricapo, per
entrare nei luoghi Sacri era un capo necessario in
sostituzione del velo mentre nell’effimero, modellato nelle forme più svariate, un segno di eleganza
da sfoggiare nelle cerimonie, indice di civettuola
raffinatezza. Da Parigi venivano dettate le linee
della moda, cappellini dalle fogge più bizzarre, cloche, boleri, turbanti, impreziositi da accessori di
piume, spille, fili di agrette, nastri e velette, cappelli che per il ritmo assunto oggi dalla vita sono
stati abbandonati e sostituiti da più pratiche anche
se sofisticate acconciature.
Per gli uomini era un accessorio abituale che
completava l’abbigliamento, i feltri Panizza e i più
famosi Borsalino rappresentavano l’apice dell’eleganza. Il cappello (con i quattro schiaccioni) che
James Stewart usava nei film nelle parti di giornalista era diventato un mito per i giovani.
I lavoratori dei campi, anche se in modo meno
borghese, ricorrevano all’uso di questo indumento
per ripararsi dai raggi del sole e dalle intemperie; la
paglia di Firenze a larghe falde, come
un vezzo copriva il capo delle donne
durante le operazioni di semina e di
raccolto nei campi e le mondine nelle
risaie, mentre i vecchi cappellacci,
spesso usati e di seconda mano, erano
indispensabili ai contadini.
Nella stagione estiva con il cambio
dell’abbigliamento anche il cappello
si adeguava con modelli più leggeri e
sofisticati; le matasse di paglie colorate venivano abilmente cucite nelle
più svariate fogge e coni esotici provenienti dal lontano oriente davano
forma a esclusivi costosi modelli. Per
gli uomini il cappello di paglia era
segno di distinzione e variava dal semplice e modesto cucito, al raro e costoso Panama Montecristo fino alla
famosa ed eccentrica paglietta rigida,
LA NUOVA VOCE DEL
PENSIONATO
di cui oltre a Stanlio & Ollio
ne fece un indimenticabile
gag Nino Taranto.
Per l’uomo era anche il
mezzo di distinzione personale che si manifestava nell’incontro, lo stile nel porgere il
segno di rispetto, quel tocco
di garbata galanteria nel sollevare leggermente il cappello dal capo accompagnando il
gesto con un inchino appena accennato che ingentiliva il saluto.
Il copricapo ci accompagnava nel corso della
vita, dalla cuffietta ricamata che completava quella sacrificante fasciatura che ci irrigidiva nella culla
come mummie, al berrettone di lana o di feltro
simile a una padella posata sul capo, con quel “pirulino” al centro che non si sa a cosa servisse. Indossavamo le berrette quelle
ordinarie che avevano un
bottone automatico per
fissare la visiera, i raffinati
fantini tipo college di Jack
Emerson cuciti a spicchi, i
baschi ornati con qualche
nastro, cappellini di svariate forme che imbarazzavano per introdurci alla
prima eleganza giovanile.
Per la cerimonia della
prima comunione, c’era chi
sceglieva le divise militari
con galloni, alamari, bottoni
dorati e berretti con la visiera
lucida, tutte cose che imbaldanzivano i bambini protagonisti distogliendoli dall’essenza della funzione che li vedeva accostarsi per la prima
volta alla cena Eucaristica.
A quei, purtroppo pochi privilegiati che potevano
avanzare negli studi, all’atto della conquista del
libretto con la matricola universitaria, nel pieno
orgoglio dei familiari, veniva regalato il berretto a
feluca del colore della facoltà: bianco (lettere-filosofia), rosso (medicina), nero (ingegneria), verde (chimica-matematica), blu (legge), grigio (economia)
19
che nell’ambiente goliardico
significava il periodo della
spensierata gioiosa giovinezza
che formava nello studio i
futuri quadri dirigenti.
La feluca di anno in anno
era arricchita da oggettini,
medaglie, piume e i più disparati fronzoli appiccicati
sulle falde fino alla frangia
che indicava la conclusione
degli studi. Per tanti significava un indimenticabile ciclo della vita e con cura era riposta e ben custodita accanto a quella bustina o basco che nella
disciplina dei quindici o diciotto mesi di naja aveva
concluso il periodo della gioventù. Nostalgica epopea romantica di una gioventù studiosa ma spensierata e gaudente ormai da anni emarginata nel
ghetto dell’infantilismo intellettuale soffocata
dalla superiorità di movimenti culturali che hanno
rinnovato la società civile
che ci circonda.
Per l’uso di tutti è omologato il berretto tipo
baseball, adatto per ogni
età, personalizzabile con i
colori e le insegne distintive per qualificare l’appartenenza ai vari club. Così
tutti con il berrettino
diventato icona del look
casual, per il bambino, il
tempo libero del professionista, lo sportivo che fa jogging
calzandolo magari con la
visiera all’indietro, l’anziano
che lo adatta serioso alla sua
terza età.
Il cappello che rimane sempre uguale e attuale è quello
verde con la penna nera, simbolo ineguagliabile
dell’umiltà, del sacrificio, del volontariato nella
dedizione verso il prossimo, orgoglio di chi l’ha
indossato con amore e dignità per la Patria: il cappello d’Alpino.
A lui onore e gloria: chapeau!
Sergio Gradi – Rivoli (To)
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LA NUOVA VOCE DEL
PENSIONATO
LA CUCINA DELLE FESTE
a cura di Flavio Egni
Tagliolini
in passato di ceci
Una ricetta gradevole da servire magari anche come
antipasto o come piatto di apertura ad uno più importante. Tralascio la preparazione dei tagliolini, che
volendo si possono trovare di buona qualità anche già
preparati.
Ingredienti per il passato di ceci: ceci, aglio, rosmarino, pomodori, sale, olio extra vergine di oliva.
Tenete in ammollo i ceci per almeno 12 ore, quindi
metteteli in una pentola coperti di acqua che non deve
superare di 2 o 3 dita il loro livello. Aggiungete un
rametto di rosmarino, uno spicchio d’aglio non sbucciato, poco sale ed un cucchiaio d’olio . Fate cuocere
a fuoco basso con pentola coperta per circa tre ore.
In una pentola dalle dimensioni adeguate mettete
dell’olio extra vergine di oliva (due o tre cucchiai) uno
spicchio d’aglio in camicia schiacciato uno o due
rametti di rosmarino, fate insaporire e togliete l’aglio,
aggiungete i pomodori freschi passati al setaccio (uno o
due secondo dimensioni), salate, fate cuocere per qualche minuto, quindi aggiungete i ceci che avrete preventivamente passato al setaccio. Io non consiglio di
frullarli con i moderni frullatori ad immersione perché
nel migliore dei casi resterebbero dei piccoli residui
delle bucce che non sarebbero per niente piacevoli da
mangiare. La quantità dovrà variare a seconda dei piatti da fare, tenete comunque presente che dopo aver
aggiunto anche l’acqua di cottura dei ceci o eventualmente altra acqua se necessaria, il composto deve
risultare sempre cremoso.
Lasciate cuocere almeno 10/15 minuti a fuoco
basso, aggiungete i tagliolini e una volta cotti servire
ben caldo. BUON APPETITO !!!
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LA NUOVA VOCE DEL
PENSIONATO
Pollo in galantina
Pici all’aglione
I Pici sono una ricetta povera della tradizione senese, la cui origine è contesa tra diversi paesi del sud
della Provincia di Siena. Sicuramente a Celle Sul Rigo
sono maestri nel rispettare e nel mantenere la tradizione di questo gustoso piatto. Almeno è lì che ho imparato ad apprezzarlo e lì che di tanto in tanto colgo
l’occasione per rinnovarne i sapori. È un piatto sconsigliato a chi non gradisce il gusto dell’aglio che ovviamente deve invece essere molto intenso.
Pici ingredienti per 4 persone: mezzo kg di farina, un
bicchiere di acqua, un cucchiaio di olio, un pizzico
di sale.
Impastate insieme gli ingredienti fino ad ottenere un
impasto liscio e compatto, lasciatelo riposare per un
quarto d’ora circa, quindi stendetelo fino ad uno spessore di 7 – 8 mm. Tagliate a strisce circa della stessa
misura, poi lavoratele una alla volta con le mani fino
ad ottenere uno spaghettone lungo e dalla forma irregolare. Cospargeteli con una spruzzatina di farina e
copriteli fino al momento della cottura.
Aglione ingredienti: 8/10 spicchi di aglio, abbondanza
di pomodori freschi (possibilmente), o in scatola a
pezzetti finissimi, olio extra vergine di oliva, sale,
peperoncino a piacere.
Pestate gli spicchi d’aglio fino a ridurli in una crema,
passarli in abbondante olio facendo attenzione di cuocere a fuoco moderato affinché non prendano colore,
aggiungete il peperoncino se gradito, quindi i pomodori freschi passati al setaccio, salate e fate cuocere per
circa dieci minuti.
Cuocete i pici in abbondante acqua salata, scolateli
e conditeli con il sugo all’aglione.
I pici sono ottimi conditi anche con altri ingredienti: al
cacio e pepe, alle briciole, con un ottimo ragù di carne o
meglio con un ragù di anatra. BUON APPETITO!!
È un piatto di mezzo eccezionale, provatelo a fare e
vedrete che non ha nulla a che vedere con quello che
siamo normalmente abituati a comprare.
Ingredienti: un pollo disossato che potrete richiedere al
vostro macellaio o trovare nei buoni supermercati,
300 gr di magro macinato di vitello, 300 gr di magro
macinato di maiale, 100 gr di prosciutto crudo
tagliato a dadini, 100 gr di lingua salmistrata tagliata a dadini, 30 gr di pistacchi, 2 uova intere, pezzetti
piccoli di polpa del pollo tolta dalle varie parti dove
abbonda, tartufo (se piace), sale, pepe.
Preparate il composto per riempire il pollo mettendo
tutti gli ingredienti di cui sopra in un recipiente
mischiando energicamente; quando tutto sarà ben
amalgamato riempire il pollo già disossato.
Cucite le parti che saranno rimaste aperte nella
disossatura con ago e filo da cucina, quindi avvolgetelo strettamente in un panno bianco che chiuderete alle
estremità legandolo.
Mettetelo a bollire per circa un’ora e mezzo in
abbondante acqua salata. A cottura ultimata togliete il
pollo, ponetelo su un tagliere e metteteci sopra un peso
affinché raffreddando prenda una forma leggermente
schiacciata. È consigliabile aspettare almeno 24 ore
prima di servirlo. Di contorno potrete servire uno sformato di gobbi. (cfr. n. 38 del nostro giornale).
BUON APPETITO !!!
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LA NUOVA VOCE DEL
PENSIONATO
Capitone nel tegame
Il Capitone come noto è un pesce simile all’anguilla,
ma che raggiunge dimensioni più ragguardevoli. Dalle
nostre parti si trova in vendita nelle pescherie solamente
nel periodo Natalizio. In Toscana nei tempi passati era
un piatto tipico delle feste, nelle campagne poteva ancora (oggi non più) essere trovato nei corsi d’acqua ed era
pertanto un piatto ricco, diverso ed a buon mercato.
Anche in casa mia è stato oggetto del menù di Natale per più di una volta.
Ingredienti: Capitone di buone dimensioni (per sei persone almeno un Kg e mezzo), 2 cipolle di media
grandezza, una costa di sedano, una manciata di
prezzemolo, olio extra vergine di oliva, un bicchiere di vino rosso, 2/3 pomodori freschi o in scatola a
pezzetti fini, sale, pepe.
In un capiente tegame mettete nell’olio un battuto di
cipolle, sedano e prezzemolo. Fatelo rosolare girando
spesso per non farlo attaccare. Preparate il capitone,
dopo averlo ben pulito, lavato, tolto le interiora, senza
spellarlo, tagliatelo a tocchetti di 5/6 cm. ed aggiungetelo al soffritto quando questo avrà preso un bel colore
biondo. Fate rosolare il capitone ed unite il vino, dopo
che sarà evaporato salate e pepate. Aggiungete i pomodori passati al setaccio o quelli in scatola fini già pronti.
Fate cuocere a fuoco basso fino a che si sarà formato
un bel sughetto. Servite ben caldo. BUON APPETITO !!!
Augper
uri
un
Sereno
Natale
ed un
Felice Anno Nuovo
23
LA NUOVA VOCE DEL
PENSIONATO
NUOVI SOCI
Sono entrati a far parte della nostra Associazione
i seguenti nuovi Soci:
AFFINITA COSIMO – Messina
ANASTASIO CATERINA – Amalfi
ANGELUCCI TIZIANO – Manciano
ANICHINI PATRIZIA – Castelnuovo Berardenga
ANTOGNOLI GIANFRANCO – Viareggio
BACCARINI MIRCO – Castel Guelfo
BALDELLI GIORGIO – Montepulciano
BALSANO ANGELO – Roma
BARALDI CARLO – Mantova
BARCHI CARLO – Pistoia
BARLUZZI PATRIZIA – Castelnuovo Berardenga
BECUCCI ANTONIO – Monticiano
BENCINI FIORENZA – San Giovanni Valdarno
BENEFORTI DARIO – Firenze
BERNABUCCI GIANNI – Montignoso
BETTINI FABIO – Montaione
BINDI SETTIMIO – Bucine
BISCARINI CLAUDIO – Perugia
BISOGNI MARCO – Roma
BONDIELLI GIUSEPPE – Massa
BORGIANNI FRANCA – Colle Val d’Elsa
BOTTARI LUCA – Viareggio
BOTTEGHI MARCO – Rimini
BOVARI AURELIO – Senigallia
BRILLO SIMONETTA – Castelnuovo Berardenga
BRINDANI LIVIA – Reggio Emilia
BRUSCHETINI GABRIELLA – Firenze
BUCCIANTI FABRIZIO – Firenze
BUETI SERFAINO – Colle Val D’Elsa
BUFANO PIETRO – Empoli
BUNGARO ANNA MARIA – Vaglia
BURCHIELLA SILVANO – San Casciano Bagni
BURRESI CESARE – Poggibonsi
CASALE ANGELO – Spadafora
CASTELLANO ANTONIO – Pistoia
CALCATERRA FRANCESCO – Roma
CANNAVO’ ROBERTO – Roma
CAPPELLETTI PAOLO – Siena
CAPUZZIMATI FIORENZO – San Marzano
CARADONNA NICOLA – Taranto
CARATOZZOLO ANTONIO – Buttapietra
CARBONERO GIUSEPPE – Torino
CAZZANIGA GIOVANNI BATTISTA – Cisliano
CENNI ROSSANA – Siena
CHELI MORENO – San Casciano Val di Pesa
CICALONI EMILIO – Cetona
CINI FRANCA – Sovicille
CIRILLO SILVANO – Sovignana Vinci
CIOPPI ALFIO – Poggibonsi
COLOMBI ROBERTO – Zinasco
COLONNA MARTINO – Bari
COPPINI MARCO – Carmignano
CORNUTI GIUSEPPE – Siena
COSENTINO GUIDO – Torre del Greco
CUDICIO LORETTA – Milano
CULLA ROBERTA – Torino
CURRADI MASSIMO – Ruffina
D’ANDREA GIOVANNI – Roma
DE PAOLIS MARIO – Galatina
DE TUGLIE MARIA – Taranto
DEL VENUTO CARMELINA – Sesto San Giovanni
DONATI MARCELLO – Arezzo
DONNINI GIOVANNA – Firenze
FALASCHI FRANCO – Sinalunga
FANFANI GIANNI – Firenze
FATUZZO GIUSEPPE – San Gregorio di Catania
FONTANESI MARIA – Roma
FRANCO MARIO – Crispiano
GENTILE GAETANO – Triggiano
GHIANDAI PAOLA – Arezzo
GIANNINI ESTERA – Pescia
GIGLIONI VALENTINO – Città della Pieve
GIOLLI LUISA – Poggibonsi
GIOVANNITTI GIUSEPPE – Trani
GIUGANINO DANIELA – Roma
GRANDIS ORNELLA – Roma
GRAZZINI SERGIO – Badia Alpino
GRAZZINI SIMONETTA – Firenze
GRECO ROCCO – Palmi
GRIGIOTTI LUCIANO – Lucignano
IEMMOLO CALOGERO – Licata
IMPERATORE ROCCO – Genova
INDRIZZI GIAN FRANCO – Siena
LA FORGIA PAOLO ANNA – Molfetta
LA MOTTA BRUNO – San Nicola la Strada
LANDI ANGELO – Monticiano
LANDRIANI SERFAINO – Motta Visconti
LENZINI ROBERTO – Castelnuovo Berardenga
LEONI ERNESTO – Milano
LUCIANI RENZA – Sarzana
LUCIOLI ALBERTO – Acquaviva di Montepulciano
LUPPI MARIO – Latina
LODI NEDDA – Firenze
MALATESTA FRANCA – Pescara
MALPELO LUIGI – Montepulciano
MARANGELLA FRANCESCO – Grottaglie
MARAVENTANO DIEGO – Palermo
I NOSTRI LUTTI
Comunichiamo con vivo cordoglio la scomparsa dei
Colleghi:
BARTALINI GIOVANNI – Siena
CARINI GAETANO – Siena
CERRETANI FOSCO – Orvieto
CORAMUSI GIORGIO – Roma
DE FERRANTE ANGELO – San Paolo Belsito
FRANCI CESARINO – Chiusi
GAROFOLO RITA PIA – Siena
GRANAI MARIA – Siena
LANZI GIUSEPPE – Campagnatico
MAMMARELLA ALBERTO – Lastra a signa
PARRINI MARIO – Siena
PETRI CESARE – Massa
ROSSI ADINO – Siena
CONTRIBUTI VOLONTARI
Sono pervenuti alla nostra Associazione, per le proprie
attività organizzative e per il periodico ‘LA NUOVA
VOCE DEL PENSIONATO’, contributi volontari da
parte dei seguenti Colleghi:
GALARDI MARIA LUISA VED. GRANAI – Siena
NENCINI ANNA MARIA VED. CORSINI – Siena
Versamenti pervenuti dalla Delegazione di Firenze:
ABRAM ERMINIO
BERTI ERMANNO
BOZZI PAOLO
BULLI ANDREA
BUONAPROLE FERRUCCIO
CESARI BALLONI MARIA
CENI IRMA
CHECCHI SANDRA
FANTASTICHINI LUIGI
FANUCCI GIULIANO
GANDI CARLA
GIULIANI NEDA
GUELFI PANERAI MARIA LUISA
LANDI GIUSEPPINA
LUTI ANNA
MACCHIAVELLI EMILIO
MARGHERI VALERIA
MESSINA GIOVANNA
MULINACCI BRUNO
NACCI FERNANDO
NOTARI PIOLI IONE
NUTI ANNA
PESTELLI DINO
ROSSETTI PICCIOLI DIVA
TESI EDOARDO
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LA NUOVA VOCE DEL
PENSIONATO
“ FACITE AMMUINA “
di Mario Masseti
Chissà quante volte, anche noi toscani, avremo
pronunciato, magari a sproposito, la parola
‘Ammuina’, gergale prettamente napoletano, ma
entrata in uso comune per indicare sia confusione
che modo di porsi in maniera subdola e appariscente, per ottenere dal prossimo quanto desiderato.
“Per renderti importante stai facendo un’ammuina!”
Ci avranno apostrofato chissà quante volte con
questo termine, solitamente in modo scherzoso, ma
spesso anche offensivo.
Eppure ‘ammuina’ ha origini più che nobili, specialmente al sud: una volta stava a significare un
modo, magari gentile, per entrare nelle grazie del
prossimo, con parole, doni, o attività al di fuori del
comune .
L’espressione ‘ammuina’ colpì anche il grande
Horatio Nelson, il vincitore di Trafalgar, visconte ed
ammiraglio della flotta inglese, anche se a Napoli,
nel 1799 patrocinò la spietata rappresaglia contro
gli esponenti della Repubblica partenopea. Fu proprio lui, consapevole della disciplina imposta a
bordo delle navi di linea britanniche, a suggerire
alla Segreteria di Stato borbonica un bizzarro contegno, da attuarsi a bordo dei navigli, facendo eseguire ai marinai, e soprattutto ai ‘terrazzaniì, la
componente non qualificata della ciurma, spesso
arruolata a forza, un comportamento, oggi ridicolo,
suggerito dal termine ìammuinaì, capace di esaltare, agli occhi delle autorità del Regno e degli stranieri, la capacità e l’efficenza della flotta.
Qualche anno dopo la morte di Nelson, avvenuta
durante la battaglia navale di Trafalgar, l’Ammiragliato napoletano emise un regolamento che, all’epoca, doveva risultare estremamente efficente.
Lo riportiamo tale quale come appare nel documento ufficiale:
Regno delle Due Sicilie - COLLEZIONE DE’
REGOLAMENTI della Marina. Anno 1841 N° 266
(N° 6975.) REGOLAMENTO da impiegare a
bordo dei legni e dei bastimenti della Real Marina.
Napoli, 20 Settembre 1841.
CAPITOLO XIX
Art. 27 - FACITE AMMUINA - All’ordine
“Facite Ammuina”: tutti chilli che stanno a
prora, vann’a poppa e chilli che stann’a poppa
vann’a prora; chilli che stann’a dritta vann’a
sinistra e chilli che stann’a sinistra vann’a dritta; tutti chilli che stanno abbascio vann’ncoppa e chilli che stanno n’coppa vann’abbascio,
passann’ tutti p’o stesso pertuso; chi nun tiene
nient’a ffa, s’arameni a ‘cca e a ‘lla.
Ordine: “FACITE AMMUINA”!!!
N. B. : Da usare in occasione di visite a
bordo delle Alte Autorità del Regno.