Tesi Laurea - Itis Silvio De Pretto

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Tesi Laurea - Itis Silvio De Pretto
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI BARI
FACOLTÀ DI SCIENZE MATEMATICHE FISICHE E
NATURALI
DIPARTIMENTO DI CHIMICA
CORSO DI LAUREA IN CHIMICA
TESI DI LAUREA SPERIMENTALE
Eterostrutture nanocristalline a base di ossido
di titanio e ossido di ferro
Relatori:
Prof.ssa Angela Agostiano
Dott.ssa Maria Lucia Curri
Laureanda: Raffaella Buonsanti
ANNO ACCADEMICO 2004/2005
Indice
INDICE
CAPITOLO PRIMO
Introduzione
1.1 Struttura elettronica dei nanocristalli
1
1.2 Proprietà generali dei nanocristalli
6
1.2.1 Proprietà termodinamiche
6
1.2.2 Proprietà optoelettroniche
7
1.3 Caratteristiche della superficie dei nanocristalli
11
Bibliografia
13
CAPITOLO SECONDO
Proprietà magnetiche di nanocristalli
2.1 Proprietà generali dei materiali magnetici
16
2.2 Proprietà magnetiche dei nanocristalli
18
2.3 Influenza degli aspetti di superficie sulle proprietà magnetiche
24
2.4 Effetto delle dimensioni sulle proprietà magnetiche
26
2.5 Effetto della forma sulle proprietà magnetiche
29
2.6 Effetto della temperatura sulle proprietà magnetiche
30
2.7 Applicazioni delle nanoparticelle magnetiche
31
2.7.1 Applicazioni in ambito biomedico
31
2.7.2 Applicazioni in ambito elettronico
33
2.7.3 Applicazioni in catalisi
34
2.8 Nanocristalli di ferro e di ossidi di ferro
35
Bibliografia
38
I
Indice
CAPITOLO TERZO
Sintesi chimica di nanocristalli
3.1 Introduzione
40
3.2 Metodi in soluzione per la crescita di nanocristalli
41
3.2.1 Reazioni in fase gassosa, solida o su superficie
41
3.2.2 Reazioni in fase liquida
42
3.3 Crescita di nanocristalli in soluzione
43
3.4 Sintesi di nanocristalli per decomposizione termica del precursore
46
3.4.1 Schema generale
46
3.4.2 Controllo delle dimensioni dei nanocristalli
48
3.4.3 Controllo della forma dei nanocristalli
49
3.5 Nanocristalli ibridi
53
3.5.1 Introduzione
53
3.5.2 Stato dell’arte
54
3.5.3 Applicazioni dei nanocristalli ibridi
55
Bibliografia
58
CAPITOLO QUARTO
Sintesi e caratterizzazione di eterostrutture nanocristalline a base di ossido di
titanio e ossido di ferro
4.1 Motivazioni del lavoro
60
4.2 Preparazione delle eterostrutture nanocristalline: parte sperimentale
61
4.2.1 Materiali
61
4.2.2 Sintesi di TiO2 nanorods (NRs)
61
4.2.3 Sintesi delle eterostrutture
62
4.2.4. Caratterizzazione dei campioni
63
4.3 Eterostrutture nanocristalline TiO2-ossido di ferro: risultati
65
4.3.1 Analisi morfologica
65
4.3.2 Analisi strutturale
75
II
Indice
4.3.3 Misure magnetiche
79
4.4 Eterostrutture nanocristalline TiO2-ossido di ferro: discussione
82
4.5 Conclusioni e prospettive
86
Bibliografia
88
Ringraziamenti
III
Capitolo 1
Capitolo 1
Introduzione
Negli ultimi decenni, sono emersi nuovi settori di ricerca, nell’ambito vastissimo
delle cosiddette “nanoscienze”, finalizzati a realizzare e manipolare strutture
artificiali con un controllo delle dimensioni spinto fino al livello del nanometro.
L’apertura di questi nuovi orizzonti è stata favorita dallo sviluppo di strumenti e
tecniche raffinate in grado di esaminare le proprietà della materia con una
risoluzione vicina a quella dei singoli atomi.
In tale contesto si inserisce il presente lavoro di tesi, che è stato rivolto alla sintesi
chimica e alla caratterizzazione strutturale e magnetica di eterostrutture
nanocristalline composte da biossido di titanio (TiO2) e ossidi di ferro
(Fe3O4,Fe2O3). In questo capitolo introduttivo saranno descritte le proprietà
generali che rendono i nanocristalli rilevanti dal punto di vista tecnologico.
1.1 Struttura elettronica dei nanocristalli
Quando le dimensioni dei cristalli che compongono un solido inorganico vengono
ridotte a pochi nanometri, le proprietà termodinamiche, ottiche, elettriche, e
magnetiche del materiale diventano strettamente dipendenti dalla loro forma e
dimensioni.1-6
In generale, tutti i solidi di dimensioni nanometriche, comunemente chiamati
“nanocristalli”, possono essere descritti come intermedi tra i solidi macroscopici
(“bulk”) e i sistemi atomici e/o molecolari. Questo fatto può essere ben compreso
analizzando la Figura 1, che mette a confronto i rispettivi diagrammi energetici. Si
osserva come, al diminuire delle dimensioni, il “continuo” delle bande dei solidi
macroscopici venga modificato dalla comparsa di livelli energetici discreti e da un
allargamento del gap energetico proibito.
1
Capitolo 1
La struttura elettronica di un solido può essere derivata sia mediante un approccio
di tipo “fisico” (rigoroso dal punto di vista teorico e matematicamente complesso)
che mediante un approccio di tipo “chimico” (più semplice e immediato).
Figura 1. Diagramma schematico dei livelli energetici in un solido bulk, in un nanocristallo e in
una molecola
I Fisici applicano la teoria delle bande dei solidi macroscopici ai nanocristalli. Il
comportamento dei portatori di carica all’interno di un cristallo bulk può essere
descritto con il modello del “gas di elettroni liberi”. In prima approssimazione, si
assume che tali elettroni non interagiscano con il potenziale interno del cristallo,
dovuto ai nuclei e agli elettroni di “core”. Inoltre, si considera il solido di
dimensioni infinite, in modo da poter trascurare il contributo degli atomi
superficiali. Quest’ultima approssimazione non potrà essere più valida nel caso di
un nanocristallo, in cui la frazione degli atomi di superficie rispetto al totale è
elevata e ciò introduce un contributo significativo al potenziale totale del solido.
Quando le dimensioni del cristallo diventano paragonabili alla lunghezza d’onda di
De Broglie associata alle particelle che interagiscono con esso, il moto dei portatori
di carica risulta fortemente confinato all’interno di tale struttura. La descrizione del
loro comportamento ha, quindi, analogie con il problema quantistico della
“particella nella scatola” per mezzo della risoluzione dell’equazione di Schrodinger
ad essa associata. Per un nanocristallo, questo approccio permette di ricavare una
discretizzazione dei livelli energetici in prossimità delle bande, che è una
caratteristica distintiva rispetto al continuo di livelli energetici associati al
corrispondente
solido
bulk
(Figura
1).
Tale
fenomeno,
riscontrabile
2
Capitolo 1
sperimentalmente, è comunemente indicato come “quantum-size effect” o
confinamento quantico.
Si può ricavare la densità degli stati quantici in funzione dell’energia a seconda che
la “scatola” di potenziale sia limitata in una, due o tre dimensioni, come illustrato
in Figura 2.
In un solido di bulk, si ha quasi un continuo di energia e la densità degli stati
elettronici, N(E), è funzione di E1/2. In un sistema bi-dimensionale (”quantum
well” o buca quantica), cioè esteso infinitamente nelle direzioni x e y, gli effetti di
quantizzazione sono dovuti al confinamento dei portatori di carica lungo la sola
direzione z. In questo caso N(E) ha un andamento “a gradini”, per cui la densità
degli stati è quasi-continua rispetto a kz (k è il vettore d’onda associato un possibile
stato elettronico), ma assume solo alcuni valori indipendenti dall’energia E. Queste
caratteristiche consentono, per esempio, l’utilizzo di “quantum wells” di
semiconduttori nei LEDs (“light-emitting diodes”) o come sorgenti laser per la
lettura di dischi.7-9
In un sistema uni-dimensionale (”quantum wire” o filo quantico), si ha
confinamento in due direzioni, per esempio lungo y e z; in tal caso la densità degli
stati dipende da E-1/2. Ogni ramo d’iperbole descrive una distribuzione continua di
stati kx e una distribuzione discreta di stati ky e kz. La quantizzazione in due
dimensioni ha importanti conseguenze sul trasporto di carica. Gli elettroni possono
“scorrere” liberamente lungo l’asse x, ma possono occupare stati discreti lungo y e
z. Essi fungono pertanto da canali di conduzione discreti. A tal fine, per esempio,
vengono studiati i ben noti nanotubi di carbonio come emettitori di elettroni o
come transistori a singolo elettrone.10-12
Nei sistemi zero-dimensionali (”quantum dots” o punti quantici), dove il
confinamento quantico esiste in tre dimensioni, la distribuzione degli stati N(E)
sarà una funzione delta δ molto simile a quella di un sistema atomico (Figura 2). Il
minor numero di stati quantici consentiti in un “quantum dot” rispetto ad un
“quantum well” o ad un “quantum wire” permette una maggiore modulabilità della
radiazione
emessa
da
nanocristalli
luminescenti,
e
delle
proprietà
elettromagnetiche.13
3
Capitolo 1
N(E)
E
Figura 2. Densità degli stati elettronici di un solido esteso in 3, 2, 1 o 0 dimensioni
I Chimici sono soliti descrivere la struttura elettronica di un solido in termini di
combinazione di orbitali atomici, così come fanno per le molecole. Ma quando il
numero di orbitali atomici aumenta considerevolmente, come nel caso di un solido,
è ragionevole aspettarsi che i livelli energetici associati agli orbitali molecolari
siano così vicini da formare quasi un continuo di energie. Il calcolo delle bande
può essere semplificato nel caso di un cristallo infinito con perfetta periodicità
traslazionale, per il quale possono essere utilizzate combinazioni periodiche di
orbitali atomici (funzioni di Bloch).14Il numero di atomi presenti in un
nanocristallo è sensibilmente minore (5.000-50.000) che non in un solido bulk, ma
decisamente maggiore che non in una molecola; ne consegue che la struttura
elettronica di un nanocristallo sarà intermedia tra questi due estremi1,15 (Figura 3).
4
Capitolo 1
Per ogni materiale esiste una dimensione critica al di sotto della quale gli
effetti del confinamento quantico diventano apprezzabili, in quanto la
discretizzazione dei
a
b
Figura 3. Densità degli stati in un nanocristallo di materiale metallico (A) e semiconduttore (B). In
entrambi i casi, la densità degli stati è discreta agli estremi banda.
bordi delle bande e l’aumento del band-gap si traducono in una sostanziale
differenziazione delle proprietà elettriche ed ottiche del nanocristallo rispetto alla
sua controparte bulk. Questo accade quando l’energia ΔE che separa due livelli
quantici successivi supera l’energia termica alla temperatura T:
kBT<<ΔE = 4EF/3N
(1)
dove EF è il livello di Fermi del cristallo ed N è il numero di elettroni liberi nella
banda di conduzione. Dalla (1), è evidente come l’osservazione di nuove proprietà
relazionabili all’insorgere del confinamento quantico in un nanocristallo sia quindi
legato alla natura intrinseca del materiale (tramite EF e N), ma anche alla
temperatura T a cui le proprietà del materiale vengono esaminate.
Per esempio, poiché per un metallo N è generalmente grande e la separazione tra
le due bande è minima, l’aumento di EGAP sarà rilevabile solo a T di pochi kelvin e
per nanocristalli molto piccoli (2-3 nm). Al contrario, per un semiconduttore N è
piccolo e il livello di Fermi giace nel gap proibito: in questo caso, EGAP tende ad
aumentare drasticamente (Fig. 1 e 2) già a temperatura ambiente e per dimensioni
dei nanocristalli relativamente grandi (5-50 nm)16
5
Capitolo 1
1.2 Proprietà generali dei nanocristalli
Le proprietà dei nanocristalli variano sistematicamente in funzione della loro forma
e dimensioni. Tali variazioni sono esprimibili attraverso delle vere e proprie “leggi
di scala”:
1.2.1 Proprietà termodinamiche
Abbassamento della temperatura di fusione. Cristalli nanometrici fondono ad una
temperatura minore del punto di fusione dei corrispondenti materiale bulk .17-19
Questo fatto può essere compreso considerando la fusione come un processo che
tende ad equilibrare il potenziale chimico di liquido e solido. Un cristallo fonde
alla temperatura a cui il potenziale chimico del solido è uguale a quello del liquido.
Un liquido ha sempre una energia superficiale minore di un solido, poichè gli
atomi possono minimizzare il loro stato energetico per diffusione. Un nanocristallo
è costituito da una frazione molto grande di atomi che risiedono in superficie, a
valenza insatura e/o in posizioni geometriche sfavorevoli, che contribuiscono
pesantemente all’energia libera totale del sistema. Ecco quindi che la fusione di un
nanocristallo può essere considerata un processo tendente ad abbassare l’energia
superficiale, che è tanto più alta quanto più piccole sono le sue dimensioni (Figura
T (K)
4).
r (nm)
Figura 4. Temperatura di fusione in funzione delle dimensioni per nanocristalli di CdS
Aumento della pressione richiesta per transizioni solido-solido. Per i solidi un
aumento di pressione comporta il passaggio a strutture cristalline più dense. Tali
6
Capitolo 1
trasformazioni sono catalizzate dalla presenza di difetti che fungono da siti di
nucleazione a bassa energia. Nei nanocristalli la probabilità di avere difetti interni è
minima e quindi le transizioni solido-solido richiederanno pressioni più elevate
(Figura 5)20-22
Figura 5. Variazione della pressione richiesta per la transizione γ–Fe2O3 → α–Fe2O3 in funzione
del rapporto superficie/volume per nanocristalli di ossido di ferro.
1.2.2 Proprietà optoelettroniche
Transizioni ottiche nei semiconduttori. Nei nanocristalli di semiconduttori
l’effetto dominante del confinamento quantico è la sistematica variazione della
densità degli stati elettronici e di EGAP (la differenza energetica tra il più alto livello
occupato, HOMO, e il più basso livello non occupato, LUMO). Al diminuire delle
dimensioni, l’allargamento dell’EGAP è accompagnato dallo sviluppo di livelli
discreti di energia in prossimità degli estremi delle bande. L’energia minima
necessaria per creare una coppia buca-elettrone (un “eccitone”) in un quantum dot
è definito proprio da EGAP. Quindi radiazioni con energia minore di EGAP non
possono essere assorbite da quantum dots. Poiché il EGAP dipende dalle dimensioni
dei quantum dots, la soglia (onset) per l’assorbimento sarà di conseguenza legata
ad esse.23-24 Gli spettri di assorbimento di nanocristalli sono caratterizzati dalla
presenza di alcune bande, corrispondenti alle transizioni possibili indotte dalla
discretizzazione delle bande. All’aumentare delle dimensioni, le bande di
assorbimento si spostano a energie minori e divengono progressivamente meno
risolte, a causa del ridotto confinamento quantico. Di solito il picco eccitonico a
minore energia è quello meglio definito. In alcuni materiali, gli eccitoni tendeno a
rilassarsi radiativamente con elevate rese quantiche. Le bande di emissione
7
Capitolo 1
derivano da ricombinazione elettrone-buca dagli stati a bordo banda e quindi sono
direttamente relazionabili a EGAP. L’allargamento dei picchi di assorbimento e
luminescenza dipende fortemente anche dalla distribuzione delle dimensioni dei
nanocristalli.25 Questo fatto consente, per esempio, di monitorare la crescita di
nanocristalli in soluzione colloidale con un convenzionale spettrofluorimetro
(Figura 6). L’emissione a banda stretta, la disponibilità di colori diversi a seconda
delle
dimensioni,
l’elevata
stabilità
fotochimica
rispetto
ai
fluorofori
convenzionali, sono caratteristiche distintive dei nanocristalli inorganici che li
rendono fruibili in molteplici applicazioni: nel “labelling”biologico26, ad esempio
possono essere utilizzati come marcatori di sequenze di DNA o di altre
macromolecole biologiche,27-29 come materiali attivi in LEDs (“light-emitting
diodes”) ad elevata efficienza,7,30,31, e in celle fotovoltaiche.32,33
Assorbimento di nanocristalli metallici. Mentre le proprietà ottiche dei
semiconduttori nanostrutturati sono dominate dalle transizioni elettroniche che
riflettono la struttura delle bande, nanocristalli di metalli, quali Ag, Au, Cu,
mostrano distinte e ben definite bande di assorbimento nel visibile, dovute alle
oscillazioni collettive degli elettroni liberi di conduzione sulla superficie del solido,
indotte dalla radiazione elettromagnetica incidente.34,35 Questo fenomeno prende il
nome di “plasmone di superficie”(SP).
La teoria di Mie, basata sulle equazioni dell’elettromagnetismo classico di
Maxwell, spiega gli spettri UV-vis di sfere metalliche, ma può essere
opportunamente estesa all’interpretazione delle caratteristiche spettrali di
nanocristalli con altre morfologie (modello di Gans).34,35 La condizione di
risonanza plasmonica è verificata per particelle in un regime dimensionale
compreso fra 5 e 50 nm, e dipende fortemente dalla forma del nanocristallo e in
modo meno pronunciato dalle dimensioni. Mentre sfere metalliche mostrano
un’unica banda plasmonica, nanocristalli anisotropi (rods, prismi, dischi) possono
presentare due o più bande di assorbimento, corrispondenti alle oscillazioni
plasmoniche dipolari e/o multi-polari lungo i diversi assi di crescita del solido.
8
CdSe
45Å
35Å
25Å
300
500
700
PL Intensity
Intensity (a.u.)
Absorbance (a.u.)
Capitolo 1
Wavelength (nm)
Size
Figura 6. Spettri di assorbimento ed di emissione di nanocristalli colloidali di CdSe di varie
dimensioni (sopra). Foto che mostrano la variazione del colore di soluzioni colloidali contenenti
nanocristalli di CdSe (sotto)
Per esempio, nanorods di oro (Figura 7) presentano due caratteristiche bande di
assorbimento, attribuibili alla risonanza plasmonica dipolare lungo l’asse
trasversale (520-530 nm) e lungo quello longitudinale (nell’intervallo 600-1200
nm) della nanostruttura.
L’effetto più spettacolare dell’assorbimento plasmonico è dato dalle caratteristiche
colorazioni assunte da soluzioni di metalli colloidali al variare della forma e/o
dimensione dei nanocristalli, del loro grado di auto-organizzazione in “superstrutture” mono-, bi- o tridimensionali, e della natura del solvente o delle molecole
organiche che, coordinandosi alla superficie dei cristalli, ne alterano la
distribuzione di carica.36,37
E’ particolarmente interessante come il coefficiente di estinzione per
l’assorbimento plasmonico sia notevolmente più elevato (di un fattore 103-106) di
quello dei convenzionali dye molecolari. La peculiare struttura elettronica dei
nanometalli è responsabile dell’aumento di fenomeni ottici lineari e non lineari,
quali la generazione di seconde armoniche, i segnali SERS (Surface-Enhanced
9
Capitolo 1
Raman Scattering) e MEF (Metal- Enhanced Fluorescence) di molecole organiche
adsorbite sui nanocristalli.38-39
a
b
50
2.5 nm lenght/width
4.8 nm
18 nm diameter
12.6 nm
Figura
7
(a)
Spettri
di
Figura
3 (a)
Spettri
di
assorbimento di nanorods di Au
assorbimento
di nanorods di
con rapporto lunghezza/diametro
Au
con (sopra).
aspect-ratio (rapporto
variabile
Foto che mostrano il colore reale di
lunghezza/diametro)
soluzioni colloidali
variabile
(sopra).otticamente
trasparenti di nanorods di Au
Foto che mostrano il colore
(sotto).
reale di soluzioni colloidali
La forte dipendenza della posizione e dell’intensità plasmonica da svariati “effetti
di superficie” nonché dalla organizzazione dei nanocristalli in “super-reticoli”,
l’elevata conducibilità termica ed elettrica dei metalli, e la dimostrata dipendenza
di proprietà catalitiche da forma e dimensione, giustifica gli sforzi applicativi nel
campo della ricerca di nuovi marker funzionali, di substrati attivi per dispositivi
sensoristici, nella nanoelettronica, e nello sviluppo di nuovi efficienti catalizzatori.
Variazione dei potenziali redox. Poiché al diminuire delle dimensioni aumenta il
band-gap, avremo uno spostamento dei potenziali redox associati agli elettroni e
alle buche verso valori più negativi e positivi, rispettivamente. Pertanto, rispetto al
materiale di bulk, un nanocristallo eccitato si comporterà tanto da riducente che da
ossidante più efficiente40 (Figura 8).
Energia di caricamento. Nei solidi macroscopici l’aggiunta o la sottrazione di una
singola carica non comporta nessuna significativa variazione della struttura
10
Capitolo 1
e-
e-
e-
e-
e-
Figura 8. Diagramma energetico di nanoparticelle di CdTe di dimensione media (1)1nm; (2)
1,25nm; (3) 1,75nm;(4) 2nm; (5)livelli energetici corrispondenti al solido macroscopico
elettronica del cristallo. Poichè la repulsione colombiana tra due cariche confinate
nello stesso volume è inversamente proporzionale al raggio in un nanocristallo
l’energia richiesta per aggiungere una carica aumenta al diminuire delle dimensioni
e la presenza di una carica impedisce l’aggiunta di un’altra.
Così in nanocristalli di metalli e semiconduttori le curve corrente-potenziale
presentano un andamento “a scaletta” a causa del “Coulomb blockade”; gli step
della scala sono dovuti a eventi individuali di caricamento e la loro altezza è
inversamente proporzionale al raggio del nanocristalli.41,42 Questo spiega l’utilizzo
dei nanocristalli in transistori a singolo elettrone, in cui cioè può essere realizzato
il passaggio di un elettrone alla volta.43,44
1.3 Caratteristiche della superficie dei nanocristalli
Poiché i nanocristalli hanno un alto rapporto atomi di superficie/atomi di bulk, essi
presentano un elevato numero di legami insaturi in superficie che li rendono delle
specie metastabili e, quindi, altamente reattive.
La presenza di un’elevata densità superficiale di valenze insature è utile per
applicazioni catalitiche. Infatti esse possono fungere per l’adsorbimento e la
successiva attivazione catalitica di molecole. Inoltre l’utilità dei nanomateriali in
catalisi è legata anche alle loro proprietà completamente inedite rispetto ai
materiali di bulk. Ad esempio, nanoparticelle di metalli nobili disperse su ossidi di
metalli pesanti hanno l’abilità di catalizzare certe reazioni di ossidazione in fase
11
Capitolo 1
gassosa attivando la dissociazione dell’ossigeno molecolare. Questo rappresenta un
classico esempio sono un classico catalisi bifunzionale, nella quale l’attivazione
che segue il chemiassorbimento della molecola target sul metallo è promossa dal
trasferimento di carica tra i due materiali che compongono il catalizzatore, mentre
il trasferimento di atomi d’ossigeno è favorito dall’ossido.45,46
Un’altra proprietà interessante per la catalisi è la possibilità di spostare i potenziali
redox di particelle metalliche verso valori negativi, il che consente di sfruttarle
come efficienti mediatori del trasferimento elettronico in reazioni di riduzione.
I metalli di transizione possono invece essere usati per l’idrogenazione delle
olefine. Più recentemente reazioni catalizzate da nanocristalli metallici sono state
estese a idrossilazioni, ossidazioni e idrogenazioni selettive.47-53
Ossidi di metalli di transizione sono anche stati esaminati come catalizzatori per
produzione fotochimica di idrogeno e ossigeno da acqua (water splitting)54
Attualmente tra gli obiettivi più importanti della chimica dei materiali vi è lo
sviluppo di
nanocristalli con dimensioni, forma, fase cristallina e precisa
orientazione cristallografica, nonché con una ben definita chimica superficiale, che
consentano di superare i problemi connessi con la necessità di isolare i prodotti di
reazione e di riciclare il catalizzatore. La progettazione di materiali nanostruttuati
con ben precise caratteristiche funzionali costituirà certamente un campo di
estremo interesse tecnologico nell’immediato futuro.
12
Capitolo 1
RIFERIMENTI
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14
Capitolo 1
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15
Capitolo 2
Capitolo 2
Proprietà magnetiche di nanocristalli
2.1 Proprietà generali dei materiali magnetici
Il magnetismo è il risultato del movimento di cariche e quindi le proprietà
magnetiche della materia sono relazionabili sia al moto orbitalico che di spin degli
elettroni. Altri contributi, come quello legato al momento magnetico nucleare,
sono di solito trascurabili.
E’ intuitivo come, poiché la struttura elettronica di un nanocristallo è legata alle
sue dimensioni, anche le sue proprietà magnetiche possano dipendere dalle
dimensioni; esse infatti saranno influenzate sia dall’effetto quantico che da effetti
di superficie.
A seconda della struttura elettronica, i materiali sono caratterizzati da differenti
proprietà magnetiche e da una diversa interazione con campi magnetici esterni. La
suscettività magnetica χ è una stima dell’efficienza della risposta della
magnetizzazione M del materiale ad un campo magnetico esterno H. Essa è
definita come χ = δM/δH ed è una grandezza adimensionale.
I materiali diamagnetici hanno tutti gli elettroni appaiati e, quindi, una
magnetizzazione netta risultante nulla; in presenza di un campo magnetico
esterno, essi ne verranno respinti, essendo caratterizzati da una piccola suscettività
magnetica negativa. I materiali paramagnetici hanno elettroni spaiati, per cui un
campo magnetico esterno induce una magnetizzazione netta nel campione; tale
magnetizzazione non viene però conservata dopo la rimozione del campo
magnetico esterno.
I materiali ferromagnetici posseggono elettroni spaiati e presentano un’elevata
suscettività magnetica positiva; essi conservano per un certo tempo la
16
Capitolo 2
magnetizzazione indotta da un campo magnetico esterno anche quando questo
viene rimosso.
In particolare l’applicazione di un campo magnetico H induce una
magnetizzazione M nel campione. Nello studio delle proprietà magnetiche sono
importanti proprio i diagrammi M vs. H che rappresentano le curve di isteresi
magnetica1(Figura 2.1).
Mr
Ms
Hc
Figura 2.1 Curva di isteresi per un materiale ferromagnetico
Un comportamento irreversibile nella magnetizzazione è indicato dal fatto che
una magnetizzazione residua Mr permane nel campione, anche quando viene
rimosso il campo H esterno, per un certo tempo che dipende dalla velocità di
decadimento della magnetizzazione, tipica del particolare materiale. L’area
compresa all’interno della curva rappresenta l’energia necessaria per invertire la
magnetizzazione. Ms è la magnetizzazione di saturazione, che si ottiene quando
tutti gli spin sono allineati rispetto al campo esterno; Hc è la coercitività, cioè
l’intensità di campo che deve essere applicata per portare a zero la
magnetizzazione
residua
del
campione. Un
importante
parametro
che
caratterizzata i materiali ferromagnetici è la temperatura di Curie, al di sopra della
quale si ha il passaggio a comportamento paramagnetico; tale temperatura è in
genere nell’ordine di parecchie centinaia di kelvin. Ad esempio la temperatura di
Curie è di 1043 K per il ferro, per il nichel 627 K.
All’interno di un materiale magnetico bulk, si può individuare una moltitudine di
domini, ciascuno dei quali è composto da un gruppo di spin che puntano nella
stessa direzione e agiscono contemporaneamente (Figura 2.2). La formazione di
17
Capitolo 2
tali domini è legata alla minimizzazione dell’energia del sistema. La loro
dimensione è, infatti, dettata dalla competizione tra l’aumento di energia imposto
dal campo magnetico esterno e la spesa di energia richiesta per la formazione
delle “pareti” che circoscrivono i domini. Queste ultime possono essere spostate
applicando un campo magnetico esterno. Il loro movimento comporta l’aumento
della dimensione del dominio orientato nello stesso verso del campo magnetico
applicato e dà origine alla curva di isteresi magnetica. La dimensione
caratteristica dei domini dipende dal materiale; di solito è nell’ordine della decina
di nanometri.
CAMPO MAGNETICO
Figura 2.2. Domini magnetici nei materiali macroscopici
2.2 Proprietà magnetiche dei nanocristalli
Quando le dimensioni dei cristalli diventano paragonabili alla dimensione critica2
di dominio Dc, essi si comporteranno da singoli domini magnetici poiché la
formazione di ulteriori sottodomini diventa sfavorevole, in quanto l’energia
richiesta per formare le pareti del dominio è superiore al guadagno energetico Ef
derivante dal flusso magnetico (Ef = -Ms*H). In particolare Dc = 2A1/2/ μ, dove A è
una costante di scambio ed μ è il momento magnetico per unità di volume. Ad
esempio, Dc vale 14 nm per Fe e 166 nm per γ-Fe2O3 (Figura 2.3). Nel caso di
particelle al di sotto della dimensione critica, la variazione di magnetizzazione
non avviene più attraverso lo spostamento delle pareti di dominio, ma richiede la
rotazione coerente degli spin, cui sono associati valori di coercitività maggiori. Se
le dimensioni di un nanocristallo diventano più piccole della dimensione critica,
raggiunta una dimensione di “bloccaggio”3, gli spin diventano influenzabili dalle
fluttuazioni termiche: tale comportamento è detto superparamagnetismo.
Le particelle superparamagnetiche mostrano coercitività e magnetizzazione
residua nulle (Figura 2.4).
18
Capitolo 2
Superparamagnetic
Dc
Figura 2.3. Comportamento magnetico di un materiale ferromagnetico al variare delle sue
dimensioni.
A campi bassi la magnetizzazione segue la legge di Curie, per la quale la M è
direttamente proporzionale ad H e inversamente proporzionale alla temperatura. A
campi più alti invece scompare la dipendenza lineare e la curva è interpolata
correttamente dall’equazione di Langevin:4-6
M=Ms*[coth(μH/kBT) - kBT/ μH]
B
B
dove μ =Ms лD3/6 è il momento magnetico effettivo dei nanocristalli e D è la
dimensione media dei nanocristalli. Il comportamento superparamagnetico appare
praticamente identico a quello paramagnetico, pur avvenendo al di sotto della
temperatura di Curie.
Le ragioni di questo sono però diverse: il paramagnetismo è una proprietà
Magnetization
intrinseca del cristallo, mentre il superparamagnetismo dipende da condizioni
….Curie
Langevin
Field Strength
Figura 2.4. Magnetizzazione di particelle superparamagnetiche.
19
Capitolo 2
esterne, come la temperatura o le dimensioni. Inoltre, la magnetizzazione di
saturazione di nanocristalli superparamagnetici è maggiore perché, essendo
materiali ferromagnetici, hanno suscettività magnetica maggiore dei nanocristalli
paramagnetici. Ciò significa che è possibile ottenere valori di magnetizzazione
più elevata a campi relativamente bassi, con notevole risparmio energetico.7
Un
fattore
chiave
per
comprendere
e
controllare
il
comportamento
superparamagnetico è l’anisotropia magnetica.8,9 Nei materiali nanostrutturati i
due tipi più comuni di anisotropia sono: l’anisotropia magnetocristallina e
l’anisotropia
di
forma.
L’anisotropia
magnetocristallina,
che
deriva
dall’accoppiamento spin-orbita, favorisce energeticamente l’allineamento lungo
una specifica direzione cristallografica definita come “asse preferenziale di
magnetizzazione” (easy axis) ed è una proprietà intrinseca del materiale, poichè
dipende dal reticolo cristallino e dall’intorno chimico del singolo cristallo (per
esempio, l’anisotropia di nanocristalli CoFe2O4 è maggiore che per nanocristalli
di Fe3O4 che mostrano coercitività minori9; l’anisotropia di nanocristalli di Fe2O3
aumenta se essi sono conglobati in eterostrutture più complesse10). L’anisotropia
di forma, presente solo in oggetti di forma diversa da quella sferica, contribuisce
ad orientare la magnetizzazione lungo l’asse longitudinale del nanocristallo, lungo
cui i campi di demagnetizzazione sono più blandi perché i poli opposti del
cristallo si trovano a maggiore distanza. L’anisotropia di forma è responsabilie dei
valori
più
alti
di
coercitività
in
nanocristalli
di
forma
elongata.
Nell’approssimazione di un unico asse di anisotropia, l’energia potenziale di
anisotropia ΔEA di una particella a singolo dominio può essere scritta come:
ΔEA= KVsin2θ
(2.2)
dove K è la costante di anisotropia magnetocristallina, V è il volume della
particella e θ è l’angolo tra la direzione di magnetizzazione e l’asse preferenziale.
L’energia di anisotropia rappresenta la barriera energetica da superare per
consentire cambi di direzione nella magnetizzazione. Se θ =0°, cioè se la
direzione di magnetizzazione coincide con l’asse preferenziale, l’energia
potenziale assumerà il minimo valore. Quando le dimensioni di un nanocristallo
20
Capitolo 2
ferromagnetico sono ridotte fino ad un valore soglia, detto di “bloccaggio”11, ΔEA
diventa paragonabile all’energia termica d’attivazione kBT (dove kB è la costante
B
di Boltzmann). La barriera energetica di anisotropia è così piccola che l’energia di
attivazione termica e/o un campo magnetico esterno possono facilmente
modificare la direzione di magnetizzazione rispetto all’asse preferenziale.
La temperatura alla quale i nanocristalli raggiungeranno la condizione di
superparamagnetismo è nota come temperatura di “bloccaggio”, TB. La
dipendenza della magnetizzazione
dalla temperatura può essere ottenuta
mediante le tecniche “zero-field cooling” (ZFC) e “field cooling”(FC).
In una scansione ZFC, il campione è raffreddato vicino a 0 K senza alcun campo
magnetico applicato. Il sistema è poi riscaldato e la magnetizzazione è misurata in
funzione della temperatura applicando un basso campo magnetico esterno
(~100Oe). Alla TB la magnetizzazione è massima; al di sopra essa diminuisce a
causa delle fluttuazioni termiche.
In una scansione FC il campione è raffreddato in presenza di un piccolo campo
magnetico esterno “congelando” l’allineamento dei momenti delle nanoparticelle.
Il campo viene rimosso e la magnetizzazione viene misurata man mano che il
campione è riscaldato. Al di sotto di TB il libero movimento dei momenti
magnetici è bloccato mentre al di sopra avremo rilassamento superparamagnetico.
Le curve ZFC ed FC si sovrappongo in corrispondenza di TB (Figura 2.5).
M(emu/g)
FC
ZFC
Figura 2.5. Dipendenza della magnetizzazione dalla temperatura nelle tecniche
ZFC ed FC.
21
Capitolo 2
Nel processo ZFC, al diminuire della temperatura, l’energia potenziale tende a
diminuire, allineando i momenti magnetici di ciascuna particella lungo l’asse
preferenziale di magnetizzazione. Poiché i cristalli sono dispersi casualmente, a
bassa temperatura la magnetizzazione totale del campione mostrerà il valore più
basso. Quando la temperatura aumenta in presenza di un campo magnetico, le
barriere energetiche iniziano ad essere superate dall’energia termica ed, essendo
legate alle dimensioni, l’ampiezza della curva ZFC riflette la distribuzione delle
dimensioni
delle
nanoparticelle.12
La
magnetizzazione
totale
aumenta
all’aumentare della temperatura e il massimo è raggiunto a TB, quando l’energia
di attivazione termica uguaglia l’energia di anisotropia di tutte la particelle:
KVm=25kBTB
B
B
(2.3)
dove Vm è il volume medio delle particelle. Nel processo FC, quando le
nanoparticelle sono raffreddate sotto campo magnetico la direzione di
magnetizzazione di tutte le particelle è “congelata” nella direzione di applicazione
del campo magnetico esterno. Al di sotto di TB la divergenza della
magnetizzazione nelle misure ZFC ed FC è dovuta all’esistenza della barriera
energetica di anisotropia magnetica; ad ogni temperatura MFC rappresenta il
contributo di tutte le nanoparticelle, mentre MZFC riflette solo la magnetizzazione
delle nanoparticelle la cui barriera energetica è superata dall’energia termica.8 A
partire da TB le curve FC e ZFC si sovrapporranno perché le nanoparticelle sono
tutte termicamente attivate nello stato superparamagnetico. Al di sopra di TB
l’energia termica supera la barriera di anisotropia e genera variazioni della
direzione di magnetizzazione che sono più rapide del tempo di risposta dello
strumento, che quindi registrerà un valore inferiore di magnetizzazione totale. La
magnetizzazione diminuisce secondo la legge di Curie , legata ad un
comportamento superparamagnetico18.
Se si misura il decadimento della magnetizzazione totale di un campione
all’aumentare della temperatura in assenza di campo magnetico, appena la
temperatura raggiunge TB la magnetizzazione tende a zero (Figura 2.6a).
Nel decadimento della magnetizzazione in funzione dalla temperatura, MTD
a
b
22
Capitolo 2
(temperature-dependent magnetization) diminuirà proporzionalmente al numero
di nanoparticelle la cui barriera energetica è superata dall’energia termica.
La derivata del grafico di decadimento della magnetizzazione, f(T) rappresenta la
distribuzione dell’energie di anisotropia: f(T)=(-dMTD/dT) (Figura 2.6b).
Il massimo di MTD si ha in corrispondenza di TB, che può essere definita anche
come la temperatura alla quale l’energia termica supera la barriera di anisotropia
per il 50% dei nanocristalli. Tenendo conto di quanto detto, si può anche derivare
che MZFC può essere calcolata come MZFC=MFC∫5Tf(T)dT. Le simulazioni al
calcolatore mostrano la validità di tale assunto.
La determinazione della costante di anisotropia K avviene per via teorica
attraverso l’uso di diversi parametri ad essa legati, come ad esempio la
temperatura di blocking13 o il tempo di rilassamento della magnetizzazione
residua.14-16 Nelle particelle ferromagnetiche sono possibili due meccanismi di
rilassamento: il rilassamento browniano (legato al movimento dell’intera
particella nella matrice in cui è dispersa) e il rilassamento di Neel (legato alla
rotazione del momento magnetico all’interno della particella e dipendente
fortemente dalle dimensioni). Il tempo di rilassamento browniano, τB, oltre che dal
volume della particella, dipende dalla viscosità η del mezzo circostante:
τB= 3 ηV/kBT
B
B
(2.4)
23
Capitolo 2
Il tempo di rilassamento di Neel, τN, è invece legato all’energia potenziale di
anisotropia:
τN= τo exp(KVm /kT)
(2.5)
dove τo è una costante assunta del valore di 10-9s.17 Quando viene applicato un
campo magnetico esterno a una soluzione contenente nanocristalli magnetici, essi
allineano i loro momenti lungo esso, generando una magnetizzazione netta
complessiva. Dopo la rimozione del campo, la magnetizzazione scompare in
seguito al riorientamento statistico di momenti magnetici dei nanocristalli; il
meccanismo di rilassamento operante dipenderà dalle dimensioni delle particelle,
perché τB varia con il cubo del diametro del cristallo, mentre τN varia in modo
esponenziale (Figura 2.7).
Figura 2.7. Confronto tra la dipendenza dei tempi di rilassamento browniano e di Neel dal
diametro di una particella magnetica sferica
2.3 Influenza degli effetti di superficie sulle proprietà magnetiche
Le misure magnetiche possono essere effettuate sia su nanocristalli dispersi in
soluzione che su nanocristalli inglobati in una opportuna matrice polimerica, ad
esempio polistirene.18 Se i nanocristalli sono ancorati ad una superficie, gli assi
preferenziali di magnetizzazione sono allineati casualmente; quando viene
applicato un forte campo magnetico esterno, la magnetizzazione di saturazione si
raggiunge in seguito all’orientazione dei momenti dei singoli oggetti (Figura
2.8b). Il tempo necessario affinché avvenga tale processo è dell’ordine dei 10-9 s.
Se i nanocristalli sono liberi di muoversi in soluzione, è possibile che si orientino
in modo tale che l’asse preferenziale si direzioni lungo il campo magnetico con un
24
Capitolo 2
considerevole decremento della loro energia potenziale (Figura 2.8c). Tale
allineamento avviene attraverso i moti browniani che coinvolgono collisioni tra i
nanocristalli e le molecole di solvente, ed è molto più lento (~10-7 per un solvente
come l’esano) della rotazione dei momenti magnetici all’interno delle particelle.
a)
b)
c)
Figura 2.8 a) Particelle magnetiche in assenza di campo esterno; b) particelle magnetiche
inglobate in una matrice polimerica in presenza di campo magnetico esterno; c) particelle
magnetiche disperse in soluzione in presenza di campo magnetico esterno
Se la concentrazione delle nanoparticelle in un campione è elevata, i momenti
magnetici delle singole particelle possono influenzarsi reciprocamente attraverso
interazioni dipolari, modificando sensibilmente il comportamento magnetico del
campione (Figura 2.9a)
Il solvente e le molecole di capping agiscono da moderatori delle interazioni tra le
particelle.
a
b
Figura 2.9. (a)Variazione della temperatura di “bloccaggio” in presenza delle interazioni
dipolari: la curva ZFC subisce uno shift versoT più alte e si allarga, (b) Scansioni FC/ZFC
misurate a 100Oe per nanocristalli di CoPt3 in PLMA a diverse concentrazioni. Al di sotto
del 21 wt.% non sono visibili gli effetti dell’interazione
25
Capitolo 2
Per un determinato solvente esiste una concentrazione critica di nanocristalli, che
dipende dalle loro dimensioni, oltre la quale i leganti organici superficiali non
riescono a schermare le interazioni magnetiche attrattive tra i nanocristalli, che
portano a diminuire la stabilità colloidale dei nanocristalli (si osserva
precipitazione).
Finchè
tale
stabilità
è
garantita,
all’aumentare
della
concentrazione non si ha alcuno shift di TB e dell’ampiezza delle curve ZFC, ad
indicare l’assenza di interazioni tra i nanomagneti (Figura 2.9b).
Le molecole di capping (tensioattivi) complessano la superficie dei nanocristalli
andando a sopprimere tutte le possibili interazioni a corto raggio tra di essi,
comprese quelle magnetiche. Oltre a limitare le interazioni dipolari, essi
determinano una perdita di magnetizzazione rispetto al valore atteso
teoricamente11,19 (Figura 2.10a). I legami degli atomi superficiali con i tensioattivi
coinvolgono di solito gli orbitali d e sono direzionati; tale direzionalità limita la
capacità degli atomi di riorientare velocemente gli spin in seguito all’applicazione
di un campo magnetico esterno. Trattandosi di un effetto di superficie, esso sarà
tanto più evidente quanto più piccole sono le particelle. Ad esempio, nanocristalli
di Fe di 7-9 nm passivati con un alcol, con un acido carbossilico, con un acido
solforico e con un acido fosfonico4 presentano, rispettivamente, una
magnetizzazione di saturazione di 85, 55, 10 e 5 Am2Kg-1. E’ pertanto
desiderabile l’esplorazione dell’utilizzo di agenti di capping che riducano al
massimo tali effetti.7
a
b
(a)
2.10. Diminuzione della magnetizzazione di saturazione attesa dovuta (a) alla presenza di
agenti di capping: curve ZFC/FC misurate a 10Oe per nanocristalli di ossido di ferro prima e
dopo il capping con oleato di sodio,e (b) alla variazione di concentrazione: i loop di isteresi
mostrano una coercitività magnetica Hc=240 Oe per una concentrazione dello 0.03 vol.% e
di 460 Oe per il campione a 0.003 vol.%
26
Capitolo 2
Le misure di magnetizzazione in soluzione sono influenzate anche dalla
concentrazione; in particolare, all’aumentare della concentrazione la coercitività
aumenta e il campione si satura a valori di campo più bassi (Figura 2.10b).
Anche TB aumenta con la concentrazione; questo fatto è legato alle interazioni
dipolari che aumentano la barriera energetica per invertire la magnetizzazione e
quindi la coercitività.20 La distanza media tra le particelle, dettata dalla
concentrazione, influenzerà anche il tempo di rilassamento magnetico; per
soluzioni diluite, si registrano tempi di rilassamento maggiori.5
2.4 Effetto delle dimensioni sulle proprietà magnetiche
Le proprietà magnetiche delle nanoparticelle sono fortemente influenzate dal
volume, e quindi dalle dimensioni dei nanocristalli, nonché dalla loro forma.
Se operiamo a temperatura costante, al diminuire delle dimensioni diminuiscono
Hc e Ms perché diminuiscono gli spin che si sommano a dare la magnetizzazione
totale 9,21 (Figura 2.11).
Figura 2.11. Dipendenza della curva di isteresi dalle dimensioni
Dalla curva di isteresi è anche possibile avere una stima delle dimensioni medie
delle nanoparticelle: Dm=[(18kT/π)*(χi/ρMs2)]1/3,dove χi è la suscettività
magnetica e ρ è la densità del materiale5. TB aumenta all’aumentare delle
dimensioni e inoltre le curve ZFC/FC si slargano7,22,23 (Figura 2. 12) poiché
aumentano gli effetti dell’accoppiamento dipolare; al contrario, picchi ZFC ben
27
Capitolo 2
definiti indicherebbero una stretta distribuzione di dimensioni e deboli interazioni
dipolari.16 La dipendenza di TB dalle dimensioni viene espressa dalla relazione
(2.3). In tale espressione rientra il problema delle interazioni dipolari tra le
particelle che aumentano all’aumentare delle dimensioni portando ad un aumento
della barriera energetica EB=KVm. Ne risulta che occorrono temperature maggiori
B
per “sbloccare” la magnetizzazione.
All’aumentare delle dimensioni, aumenta anche il tempo di rilassamento della
magnetizzazione residua.17 Questo fatto ha importanti implicazioni tecnologiche
soprattutto nei mezzi di registrazione. Per esempio, se si usassero particelle
magnetiche di γ-Fe2O3 di 20 nm, queste perderebbero l’informazione associata
(l’orientazione magnetica) in meno di 20 s, mentre usando nanoparticelle di poco
più grandi (26 nm) sarebbe possibile conservarla per 800 anni!
size = 6.7 nm
size = 8.2 nm
size = 11.4 nm
Figura 2.12. Curve ZFC-FC a H=20 Oe per nanoparticelle di ferro di diverse dimensioni
2.5 Effetto della forma sulle proprieta’ magnetiche
La forma del nanocristallo influenza le proprietà magnetiche attraverso la costante
di anisotropia. Le variazioni saranno osservabili sia nelle curve di isteresi24,25 che
sulle curve FC/ZFC. In figura 2.13a e 2.13b sono mostrate le curve di isteresi di
28
Capitolo 2
nanorods e di nanosfere di Co. L’anisotropia di forma dei nanorods influenza le
loro proprietà magnetiche attraverso l’insorgere dell’anisotropia magnetica.
L’aggiunta di tale componente a quella magnetocristallina fa sì che la coercitività
magnetica dei nanorods di cobalto (460 Oe) sia maggiore rispetto a quella delle
nanosfere (250 Oe).
Figura 2.13. Coercitività
magnetiche misurate a 5K di (A)
nanorods (4 nm x 20nm) e di (B)
sfere (13nm) di Co.
Hc=460 Oe
A
Hc=250 Oe
B
La temperatura di bloccaggio (Figura 2.14) di nanorods di Fe di 2 nm x 11 nm
(110 K) è molto maggiore di quella di particelle sferiche di 2 nm (12 K).13 Questi
risultati concordano con la teoria micromagnetica classica in base alla quale
l’energia di anisotropia è proporzionale al volume della singola particella e alla
costante di anisotropia. Le proprietà magnetiche dei nanorods sono interessanti
per dimostrare l’effetto dell’anisotropia di forma. La costante di anisotropia
magnetica K calcolata da TB delle nanosfere e dei nanorods risulta essere pari a
B
6
3
9,1*10 erg/cm e 1.6 * 107 erg/cm3 rispettivamente. Per i nanorods si può
calcolare K dall’equazione: K=(1/2)(Na - Nc)M2 dove Na ed Nc sono fattori di
demagnetizzazione lungo l’asse minore e maggiore, rispettivamente, e M=1714
emu/cm3 è la magnetizzazione di saturazione del materiale bulk. Il valore di K
che si ottiene è 7.9 * 106 erg/cm3 che è più piccolo di del valore ricavato
sperimentale da TB. Quando la costante di anisotropia di forma viene aggiunta a
B
quella magnetocristallina ricavata per gli oggetti sferici, si ottiene esattamente il
valore di K trovato sperimentalmente per i nanorods.
29
Capitolo 2
Figura 2.14. Curve ZFC/FC per nanocristalli sferici e per nanorods di Fe
2.6 Effetto della temperatura sulle proprietà magnetiche
Le curve di isteresi misurate a temperature progressivamente più elevate
temperatura mostrano una diminuzione della coercitività (Figura 2.15) e una
diminuzione del tempo di rilassamento della magnetizzazione residua. Tali
variazioni sono comprensibili se si considera che, all’aumentare della
temperatura, ci si avvicina (fino eventualmente a superarla) alla temperatura di
“bloccaggio” e quindi al comportamento superparamagnetico.
Figura 2.15. Curve di isteresi a due temperature per nanocristalli di ferro di 6.7 nm. A 300 K il
loop mostra comportamento superparamagnetico
30
Capitolo 2
2.7 Applicazioni delle nanoparticelle magnetiche
2.7.1 Applicazioni in ambito biomedico
Ci sono un gran numero di potenziali applicazioni biomediche che includono la
marcatura e la separazione di materiali biologici, il rilascio controllato di farmaci,
la risonanza magnetica e trattamenti di ipertermia. Tipicamente in tali
applicazioni vengono usati degli ossidi, nonostante nanocristalli metallici
superparamagnetiche siano, in principio, più vantaggiosi, per il fatto, ad esempio,
di avere un momento magnetico più alto, importante soprattutto nella separazione
magnetica dove la forza agente sul nanomagnete è proporzionale alla sua
magnetizzazione. Le particelle di metalli zerovalenti (Fe, Co, Ni) non possono
essere usate perché nell’ambiente acquoso e salino in cui dovrebbero operare
verrebbero facilmente ossidate.
Nanocristalli superparamagnetici di ossidi di ferro (superparamagnetic iron oxide
nanocrystals, SPIOs) possono essere utilizzati come agenti di contrasto per MRI
(Magnetic Resonance Imaging), una tecnica usata in ambito medico che misura il
rilassamento di spin nucleare protonico nei tessuti, riuscendo a trasformare il
segnale in immagine. Particelle magnetiche micrometriche o complessi chelati di
ioni magnetici iniettati nei tessuti fungono da agenti di rilassamento protonico
poiché contribuiscono a ridurre i tempi di rilassamento degli spin nucleari
protonici T1(tempo di rilassamento spin-reticolo) e T2 (tempo di rilassamento
spin-spin). In particolare gli ossidi di ferro superparamagnetici, riducendo T2 più
che T1, determinano un oscuramento dell’immagine lì dove essi si collocano. I
nanocristalli magnetici avrebbero come vantaggio il fatto di poter circolare nel
sangue per un tempo maggiore rispetto a cristalli più grandi, di poter attraversare
le pareti dei capillari e raggiungere i linfonodi26 e di essere anche promotori di
rilassamento protonico più efficaci.
Le SPIOs, opportunamente funzionalizzate con leganti organici, che li rendono
anche solubili in acqua, possono fungere da marker di specifiche cellule in vivo
(Figura 2.16).
Le SPIOs possono essere usate, per esempio, per individuare zone tumorali
soprattutto del fegato e linfonodi.27
31
Capitolo 2
Figura 2.16 Scambio di leganti e utilizzazione per il labelling biologico
In figura 2.17 viene mostrata un’immagine ottenuta con un microscopio a
fluorescenza inglobando le SPIOs in micelle sulla cui superficie sono legati un
colorante fluorescente e un peptide permeabile nella membrana cellulare (Figura
2.17); il tessuto epatico sano ingloba le SPIOs (zone scure nell’immagine), mentre
il tessuto malato le rigetta (aree luminose nell’immagine).26
Un’ulteriore applicazione si avrebbe funzionalizzando i SPIOs con leganti
specifici per alcune biomolecole; in tal modo potrebbero, ad esempio, fungere da
marker del DNA per individuare sequenze “sbagliate”. 28,29
Nanocristalli magnetici possono essere utilizzate nella SLP (Specific Loss
Power), una tecnica termoradioterapica tumorale basata sul riscaldamento locale
della zona interessata. I nanomagneti, introdotti nell’organismo e depositati sul
tessuto tumorale, producono calore in seguito all’applicazione di un campo
magnetico alternato e distruggono il tumore.
Figura 2.17. Immagine ottenuta con un microscopio a fluorescenza di SPIOs inglobate in micelle
funzionalizzate con il peptide Tat e un colorante fluorescente Texas red in fibroblasti del tessuto
dermico.
32
Capitolo 2
Infatti, durante la rimagnetizzazione, hanno luogo una serie di processi di perdita
di energia che dipendono fortemente dalla dimensione media dei nanocristalli. La
distribuzione delle dimensioni è inoltre cruciale per la scelta dell’opportuna
frequenza dell’SLP. Tra i vantaggi attesi in seguito all’uso di nanocristalli
magnetici nel SLP, è da annoverare la riduzione dell’area di tessuto caricato con
materiale magnetico con consequente decremento degli effetti collaterali della
terapia, quali rigidità muscolare e aritmia cardiaca.30,31
2.7.2 Applicazioni in ambito elettronico
I nanocristalli magnetici possono essere utilizzati per la realizzazione sia di
sistemi di registrazione magnetici, che richiedono l’utilizzo di nano-oggetti ad alta
suscettività magnetica e alto valore di magnetizzazione di saturazione
(praticamente richiedono oggetti superparamagnetici), e sia di induttori, testine di
registrazione magnetica e motori elettromagnetici,32 che invece richiedono
nanomagneti a bassa coercitività.
I sistemi di registrazione ad alta densità magnetica richiedono nanocristalli con
elevata coercitività, che esibiscano un loop di isteresi quadrato4 (Figura 2.18a). La
necessità di avere questo tipo di isteresi è in relazione al fatto che l’area sottesa
dal loop rappresenta l’energia richiesta per invertire la magnetizzazione; nel caso
di un loop quadrato, tale energia è molto alta e, quindi, impedisce che la direzione
di magnetizzazione possa cambiare accidentalmente, causando la perdita di dati.
I sistemi di registrazione magnetica si sono sensibilmente evoluti nel tempo (dai
nastri magnetici delle cassette ai dischi rigidi presenti nei moderni computer che
riescono ormai ad immagazzinare 10Gbits/in2 con una dimensione di ciascun bit
nell’ordine del μm) E’ evidente che la riduzione delle dimensioni dei materiali
magnetici fino al nanometro significherebbe aumentare di molto la densità di bits
per in2 e quindi la memoria dei dischi rigidi (Figura 2.18b).33 Il controllo fine
delle dimensioni dei nanocristalli è essenziale, perché da esse dipende il tempo di
rilassamento della magnetizzazione residua: infatti, nei sistemi di registrazione è
desiderabile avere tempi di rilassamento più lunghi per garantire la conservazione
dei dati. Il principio base dei sistemi di registrazione magnetica consiste
nell’immagazzinamento di un bit d’informazione applicando un campo magnetico
33
Capitolo 2
pulsato in una direzione negativa rispetto a quella del campo che ha
precedentemente saturato il materiale. Il segnale in uscita è letto da un coil
induttivo o da un sensore magnetico. La velocità di scrittura e lettura del disco
sono legate alla velocità con cui le particelle invertono la loro magnetizzazione.
a)
b)
Figura 2. 18. (a) Loop di isteresi quadrato, caratteristica necessaria dei nanocristalli magnetici per
essere utilizzati in sistemi di raccolta dati ad ultra alta densità magnetica. (b) Evoluzione della
capacità degli hard-disk
Dalla (2.3) è facile intuire che controllando le dimensioni controlleremo anche la
velocità di lettura e scrittura.
L’utilizzo di nanomagneti porterebbe vantaggi associati al singolo dominio
magnetico; infatti tutti gli spin si allineerebbero sotto lo stesso campo magnetico e
verrebbe sicuramente raggiunto il massimo valore di magnetizzazione del
nanocristallo. Attualmente, il problema fondamentale nell’introduzione di nuove
tecnologie rispetto a quelle esistenti è però il costo ancora proibitivo.34
2.7.3. Applicazioni in catalisi
Le nanoparticelle di ferro possono essere usate per la conversione del gas naturale
in idrocarburi mediante la sintesi di Fischer-Tropsch.4 Il ferro, infatti, non è molto
costoso e la sua attività catalitica è seconda solo a quella del rutenio. Le
nanoparticalle di ferro possono essere usate anche per la catalisi delle reazioni di
idroformilazione di alcheni, idrogenazione di naftaline, degradazione di
tricloroetilene, crescita di nanotubi di carbonio. Un grosso problema legato al
ferro è il fatto che esso è facilmente ossidabile e quindi tali reazioni di catalisi
devono essere condotte in atmosfera protetta. Sarebbe quindi più utile usare come
34
Capitolo 2
catalizzatori direttamente gli ossidi di ferro, che sono applicabili altre tipologie di
reazioni. Ad esempio, nanocristalli di
Fe2O3 possono essere utilizzati come
catalizzatori per la degradazione di dibenzofurani policlorurati che sono sostanze
tossiche e pericolose per uomini e animali.35
2.8 Nanocristalli di ferro e di ossidi di ferro
Tra gli elementi ferromagnetici (Ni, Co e Fe), il ferro è il materiale più pratico da
utilizzare.
A temperatura ambiente il ferro ha il più alto valore di magnetizzazione di
saturazione σs e ha una temperatura di Curie abbastanza alta per la maggior parte
delle applicazioni pratiche. Inoltre il Fe è un materiale magnetico“soft”,
soprattutto rispetto al cobalto. I materiali magnetici “soft” sono quei materiali che
rispondono velocemente alla sollecitazione derivante da un campo magnetico
esterno magnetizzandosi e demagnetizazzandosi facilmente; tipicamente hanno
infatti una coercitività magnetica minore di 1000 A/m. La rapidità di risposta ad
un campo magnetico applicato è utile soprattutto nei sistemi di raccolta dati ad
alta densità magnetica. Il ferro ha anche una bassa anisotropia magnetocristallina
da cui dipendono le dimensioni ad una certa temperatura sotto le quali le
particelle di ferro mostrano superparamagnetismo. Ciò consentirebbe di avere
oggetti superparamagnetici relativamente grandi con una temperatura di
bloccaggio vicina alla temperatura ambiente. Lavori teorici e sperimentali hanno
mostrato
che
i
nanocristalli
di
ferro,
proprio
in
virtù
del
loro
superparamagnetismo, possono esibire valori di magnetizzazione maggiori del
materiale bulk.24
Il punto debole del Fe è però la sua grande reattività, soprattutto con acqua e
ossigeno. E’ quindi difficile mantenere le particelle di ferro nello stato zerovalente
e questo può diventare un limite per molte applicazioni pratiche, a meno che non
35
Capitolo 2
si operi in atmosfera riducente o non si proteggano le particelle di ferro con uno
strato di un altro materiale.3
Tuttavia, gli ossidi di ferro, FexO, Fe2O3 e Fe3O4, hanno proprietà interessanti.
Tutte e tre hanno una struttura cristallina basata approssimativamente su un
reticolo cubico fcc di ioni O2-. L’FexO (wustite) è un ossido non stechiometrico
con una struttura rock-salt difettata, con una distribuzione ordinata di vacanze di
Fe. Fe2O3 può assumere due forme cristallografiche: γ-Fe2O3 (maghemite) che
appartiene alla classe degli spinelli cubici inversi (tetratoidal) ed è fortemente
magnetica, e α- Fe2O3 (ematite), tetragonale, con proprietà magnetiche più blande.
Fe3O4 (magnetite), che è l’unica forma termodinamicamente stabile nel bulk, ha
un comportamento semi-metallico attivato termicamente, ed è fortemente
magnetica. Come la maghemite, appartiene alla classe degli spinelli cubici
inversi. Nel reticolo cubico di ioni ossigeno della magnetite (Fe3O4), i siti
interstiziali ottaedrici sono occupati solo da ioni Fe2+, mentre gli ioni Fe3+ sono
distribuiti equamente tra siti tetraedrici ed ottaedrici (Figura 2.19).
Nella maghemite (γ-Fe2O3), i cationi Fe3+ si trovano in posizioni ottaedriche e
tetraedriche, tuttavia ci sono vacanze, solitamente in siti ottaedrici, che
compensano l’eccesso di carica positiva.36
Figura 2.19. Cella elementare unitaria della magnetite
36
Capitolo 2
Questa somiglianza tra le strutture cristallografiche della maghemite e della
magnetite comporta valori simili della costante di anisotropia magnetocristallina e
quindi valori simili per i parametri magnetici dei due ossidi. Infatti i valori della
magnetizzazione di saturazione σs misurati a temperatura ambiente per magnetite,
maghemite ed ematite sono rispettivamente 89.5 Am2Kg-1, 65.6 Am2Kg-1 e 0.47
Am2Kg-1; invece i valori di suscettività magnetica sono 1233*10-6 m3Kg-1 per la
magnetite, 845*10-6 m3Kg-1 per la maghemite, 3.83*10-6 m3Kg-1 per l’ematite.37
Tali proprietà fanno della maghemite e soprattutto della magnetite gli ossidi di
ferro maggiormente utili per tutte le applicazioni descritte precedentemente.
37
Capitolo 2
RIFERIMENTI
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38
Capitolo 2
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28, 659
39
Capitolo 3
Capitolo 3
Sintesi chimica di nanocristalli
3.1 Introduzione
La preparazione di nanocristalli monodispersi è essenziale per permettere studi
che correlino le proprietà chimico-fisiche dell’oggetto alle sue dimensioni. Per
monodispersità si intenderà una distribuzione di dimensioni con deviazione
standard σ < 5-10% intorno al diametro medio. Si utilizzerà più correttamente il
termine
“nanocristalli”
per
distingure
cristalli
a
singoli
dominio
da
“nanoparticelle” policristalline e/o amorfe.1
In questo capitolo verrà focalizzata l’attenzione sull’uso dei metodi chimici
colloidali per controllare forma e dimensione dei nanocristalli. Un nanocristallo
colloidale è un oggetto composto da un core inorganico cristallino e una “shell”
(un monostrato) di tensioattivi che, coordinando gli atomi superficiali insaturi,
regola la solubilità del core e lo protegge da fenomeni di aggregazione (Figura
3.1).
surfactant
Figure 3.1 Rappresentazione schematica di un nanocristallo sferico colloidale
40
Capitolo 3
Il vantaggio principale di questa configurazione risiede nel fatto che i nanocristalli
colloidali formano soluzioni otticamente trasparenti, permettendo lo studio delle
loro proprietà optolettroniche e catalitiche con le spettroscopie convenzionali.
Inoltre, possono essere agevolmente manipolati dopo la sintesi per le esigenze
tecnologiche più disparate. Per esempio, possono essere trasferiti da un solvente
ad un altro di opposta polarità, funzionalizzati con molecole biologiche o con altri
materiali inorganici, inglobati in matrici polimeriche, immobilizzati su superfici,
integrati in circuiti elettrici o modificati alla superficie. L’importanza di ottenere
nanoparticelle metalliche monodisperse e di elevata qualità cristallina è evidente
soprattutto nel caso dei materiali magnetici. Nei materiali magnetici di bulk ci
sono numerosi piccoli domini magnetici. Se una particella è di dimensioni
opportune, essa consisterà in un singolo dominio magnetico.2 Se, tuttavia, le
particelle sono troppo piccole, gli effetti termici comporteranno instabilità delle
orientazioni magnetiche e le particelle diventeranno superparamagnetiche e
inutilizzabili in dispositivi per la conservazione dei dati. Da ciò deriva la necessità
di un controllo accurato sulla dimensione e morfologia dei nanocristalli per
modularne le proprietà.
3.2 Metodi in soluzione per la crescita di nanocristalli
La preparazione di nanocristalli può essere condotta sia con metodi fisici che con
metodi chimici. L’approccio fisico è solitamente (ma non sempre) un approccio
“top-down”: parte da materiali bulk per ottenere materiali di dimensioni
nanometriche; l’approccio chimico è invece di tipo “bottom-up”: i nanocristalli
vengono sintetizzati a partire da molecole.
3.2.1 Reazioni in fase gassosa, solida o su superficie
Si tratta di metodi fisici che producono materiali di elevata purezza ma di bassa
versatilità perché le strutture ottenute sono rigide. Tra tali tecniche possiamo
menzionare la crescita epitassiale o la deposizione da fase vapore di precursori
organometallici, la deposizione via plasma, e la nanolitografia.
Nel caso di reazioni in fase solida va ricordato il metodo più “antico” di
preparazione di nanocristalli. Tale approccio prevede che vetri drogati con atomi
41
Capitolo 3
del materiale da ottenere siano trattati ad alte temperature (~600°C); le impurezze,
diffondendo, innescano nucleazione e successiva crescita dei nanocristalli. Il
risultato finale è una matrice di vetro in cui i nanocristalli sono intrappolati.
Nelle tecniche di crescita epitassiale, come MBE (molecular beam epitaxy) e
MOCVD (metal-organic chemical vapour deposition)3 oggetti di dimensioni
nanometriche vengono prodotti sulla superficie un materiale (substrati) di
opportuno band-gap rispetto al quale esiste un certo disaccordo di parametri
reticolari. La tensione accumulata durante la crescita del secondo materiale sul
substrato viene parzialmente rilasciata mediante la formazione spontanea di un
array di isole piramidali finale. In seguito le piramidi vengono seppellite da vari
strati del materiale che compone il substrato, cosicché viene creato un potenziale
confinante per i portatori generati nelle piramidi. Questo ultime, pertanto, si
comportano da quantum dots.
Altri metodi di sintesi
mediante reazione eterogenea in corrispondenza di
un’interfaccia solida sono basati sulla deposizione elettrochimica, dove l’elettrodo
funge da substrato per la crescita.4
3.2.2 Reazioni in fase liquida
Gli approcci chimici per la sintesi materiali nanometrici ruotano essenzialmente
intorno alla chimica in soluzione, che non richiede alto vuoto ed elevate
temperature come nelle tecniche di deposizione organometallica. Per controllare
la crescita dei nanocristalli ci sono diversi approcci:
Templates statici. Una prima classe di metodi utilizza zeoliti, membrane porose o
nanotubi di carbonio quali nanoreattori per la formazione di particelle e
contenitori fisici per la loro crescita
Templates dinamici Una seconda metodologia utilizza opportune molecole
organiche (tensioattivi) che coordinano i nanocristalli e ne bloccano la crescita
smisurata. In una generica sintesi, ciascuna delle specie atomiche che formerà il
materiale è introdotta sotto forma di precursore molecolare. Tali precursori poi
reagiranno e/o si decomporranno ad opportune temperature liberando le specie
attive, dette “ monomeri” che causeranno nucleazione e crescita dei nanocristalli.
42
Capitolo 3
L’ambiente in cui avviene questa reazione è costituito da una miscela di solventi e
tensioattivi, cioè di composti anfifilici con teste idrofile e code idrofobe apolari. I
tensioattivi agiscono complessando direttamente gli atomi di superficie di
nanocristalli (Figura 3.1). Gli agenti coordinanti andranno scelti in modo da
legarsi al nanocristallo con energia opportuna, non tanto fortemente da impedirne
la crescita o, addirittura, da inibirne la nucleazione.5 Il loro ruolo diventa
fondamentale per permettere una crescita sufficientemente lenta e quindi
facilmente controllabile, per dare stabilità ai nanocristalli saturando le valenze
insature e diminuendo cosi l’energia superficiale, per sopprimere la naturale
tendenza dei nanocristalli a formare aggregati termodinamicamente più stabili, e
per modificarne la forma e le dimensioni.
In opportune condizioni, i tensioattivi possono auto-organizzarsi in particolari
superstrutture, come micelle6 (Figura 3.2) o membrane a doppio strato, all’interno
delle quali avviene la crescita dei nanocristalli.7
3.3 Crescita di nanocristalli in soluzione
I modelli esistenti per la cristallizzazione in soluzione possono essere applicati
anche per descrivere la crescita di nanocristalli colloidali. Si assume la presenza di
nuclei sferici in soluzione, con diametro medio r0 e una varianza della
distribuzione delle dimensioni σ0, che fungono da substrati iniziali per la
successiva crescita delle particelle in seguito al trasferimento dei monomeri dal
bulk della soluzione.
Figura 3.2 Micelle inverse e dirette
43
Capitolo 3
La stabilità di nanocristalli di dimensione r in soluzione è descritta dall’equazione
di Gibbs-Thompson8 :
C(r)=C∞(1+2Ωγ/rRT)
(1)
dove r è il raggio della particella, C∞ e C(r) sono rispettivamente la solubilità del
solido bulk e della particella colloidale di raggio r in soluzione, Ω è il volume
molare, γ è la tensione interfacciale solido-liquido, R la costante dei gas, e T è la
temperatura. La relazione (1) ha il seguente significato: per una data
concentrazione del monomero C(r), solo i cristalli di raggio r sono in equilibrio
termodinamico con la soluzione, nel senso che non hanno tendenza né a
sciogliersi e né ad ingrandirsi. Tanto più alta è la concentrazione del monomero in
soluzione, tanto più piccola può essere la dimensione che un nanocristallo può
assumere rimanendo tuttavia stabile. Definendo il raggio critico r* come la
dimensione delle particelle in equilibrio con la soluzione (in una sintesi, r* sarà
una variabile dinamica, poiché dipende dalla concentrazione del monomero in
soluzione ad un dato istante), le particelle con raggio r < r* tenderanno a
sciogliersi, rifornendo di monomeri
quelle con r > r*, che continueranno a
crescere. Tale fenomeno, detto Ostwald ripening, di solito comporta aumento
della varianza σ0 delle dimensioni (defocalizzazione) per tempi brevi, seguito da
un restringimento della distribuzione (attorno ad un valore medio di dimensioni
molto più grande di quello iniziale) per tempi più lunghi, a seconda delle
condizioni.9 La crescita di un nanocristallo può essere descritta attraverso una
sequenza di diversi stadi ideali, come rappresentato in Figura 3.3. In questa
trattazione in realtà viene trascurata l’eventuale presenza di tensioattivi.
1) Nucleazione. Raggiunta la sovrasaturazione della soluzione, si innesca la
formazione di nuclei che tendono ad ingrandirsi consumando i monomeri residui.
Normalmente, l’evento di nucleazione non riduce la sovrasaturazione di
monomeri istantaneamente al di sotto del valore di soglia minimo, cosicché la
formazione continua di nuovi nuclei accompagna la crescita di quelli formati
inizialmente, contribuendo a determinare una distribuzione di dimensioni
piuttosto ampia.
44
Capitolo 3
2) Crescita Nel periodo che segue immediatamente la nucleazione, la velocità di
crescita dei nanocristalli è regolata dalla velocità di reazione delle specie
monomeriche sulla superficie della particella (reaction limited growth). In
particolare, la velocità di crescita di una particella di raggio r sarà proporzionale
alla differenza tra la concentrazione dei monomeri nel bulk della soluzione Cb e la
concentrazione locale Ce dei monomeri in equilibrio con la particella:
dr/dt = D Ω (Cb – Ce)
(2)
dove D è il coefficiente di diffusione.
Esprimendo la concentrazione dei monomeri in funzione delle dimensioni dei
cristalli per mezzo dell’eq.(1), l’eq.(2) diventa:
dr/dt = KR (1/r* – 1/r)
(2a)
dove KR comprende vari termini legati alla costante della reazione sulla superfice
ed r* è il raggio critico definito sopra..
Per tempi di reazione relativamente più lunghi, la sottrazione di monomeri dallo
strato di soluzione a contatto con la superficie del cristallo genera un gradiente
lineare di concentrazione e il sistema entra in un regime di crescita controllato
dalla diffusione (diffusion limited growth) in cui la velocità di crescita dei cristalli
è data da:
dr/dt = KD(1/r + 1/δ) (1/r* – 1/r)
(3)
dove KD comprende vari termini, tra cui il coefficiente di diffusione e δ è lo
spessore dello strato di diffusione intorno alla particella. In tale regime sotto
controllo diffusivo, se la concentrazione del monomero è abbastanza alta da
mantenere la dimensione critica r* al di sotto del raggio medio r dei nanocristalli (
r>2r*), le particelle più piccole della media cresceranno più velocemente di quelle
45
Capitolo 3
più grandi: questa condizione è desiderabile in quanto conduce ad una
focalizzazione (restringimento) delle distribuzione di dimensioni.
Tuttavia, se la concentrazione del monomero diminuisce (e quindi r* aumenta)
tanto che r* < r < 2r*, le particelle più grandi crescono più velocemente di quelle
più piccole. Risultato di ciò è un regime di defocalizzazione in cui si ha un
allargamento della distribuzione delle dimensioni. Per tempi molto lunghi, in
genere viene raggiunta la condizione per l’Ostwald ripening che provoca la
progressiva dissoluzione di tutti i nanocristalli con r < r*.
nucleazione
Reaction-limited
growth
Diffusion limited
growth
Ostwald
Ripening
Figura 3.3. Stadi della crescita di nanocristalli colloidali
3.4 Sintesi di nanocristalli per decomposizione termica del
precursore in solvente caldo
3.4.1 Schema generale
L’obiettivo della sintesi chimica controllata è quello di ottenere cristalli
monodispersi: pertanto, considerando che la distribuzione finale delle dimensioni
è legata tanto alla distribuzione dei nuclei iniziali quanto al tempo entro cui
avviene la nucleazione, è necessario stabilire le condizioni che consentano di
46
Capitolo 3
separare temporalmente la fase di nucleazione dallo stadio di crescita. E’ noto che
la velocità di nucleazione è estremamente più sensibile di quella di crescita alla
temperatura: ne segue che un modo per sopprimere idealmente la nucleazione e
consentire solo la crescita è quindi far subire un forte abbassamento di
temperatura al sistema dopo il raggiungimento della soglia di sovrasaturazione.
La sintesi di nanocristalli viene condotta in un pallone contenente un solvente ed
uno o più tensioattivi. Dopo aver portato tale miscela ad una opportuna
temperatura, viene iniettato il/i precursori la cui decomposizone/reazione innesca
la nucleazione dei nanocristalli. Un modo per separare la nucleazione dalla
crescita è l’utilizzo dell’iniezione a caldo del precursore (hot injection tecnique) in
cui nella miscela solvente+tensioattivi calda (100-350°C) viene iniettata
velocemente (Figura 3.4) una soluzione di precursori fredda (in genere, a
temperatura ambiente). Tale iniezione rapida genera immediata sovrasaturazione e
quindi nucleazione; il brusco abbassamento di temperatura (20-50°C) che ne
segue assicura periodo di nucleazione relativamente breve, cui segue la crescita
dei nuclei in condizioni di focalizzazione della varianza di dimensioni. Tale
regime di crescita può essere prolungato, qualora necessario, con ulteriori
aggiunte di precursore, effettuate tuttavia goccia a goccia. Questa modalità si
rende necessaria per evitare di indurre ulteriore nucleazione in seguito al
raggiungimento della soglia di sovrasaturazione
Figura 3.4 Hot injection tecnique
47
Capitolo 3
L’iniezione goccia a goccia è particolarmente utile qualora si desideri ottenere la
crescita epitassiale di un secondo materiale su dei nanocristalli preesistenti, i quali
fungono così da siti di nucleazione eterogenea. In tal modo vengono realizzate
alcune eterostrutture nanocristalline, come ad esempio i sistemi core-shell,10
sopprimendo la nucleazione omogenea (e quindi la formazioni di nanocristalli
distinti) del secondo materiale nella soluzione.
Generalmente, la crescita viene arrestata prima dell’insorgere dell’Ostwald
Ripening14,18,19 rimuovendo la fonte del riscaldamento. Dopo aver raffreddato la
miscela di reazione si procede all’estrazione dei nanocristalli utilizzando un nonsolvente (di polarità opposta a quella della miscela di reazione) che fa prevalere le
interazioni attrattive tra le particelle, inducendone aggregazione e, quindi,
precipitazione. Dopo il lavaggio, i nanocristalli che potranno essere poi
solubilizzati in una vasta gamma di solventi (di polarità simile a quella della
miscela di reazione in cui sono stati preparati), a seconda del carattere idrofobico
o idrofilico conferito dai tensioattivi legati alla loro superficie.
3.4.2 Controllo delle dimensioni dei nanocristalli
I parametri di sintesi vanno ottimizzati caso per caso con una scelta appropriata di
precursori, tensioattivi, temperature e tempi di reazione. Le dimensioni medie dei
nanocristalli risultano dal bilancio tra lo stadio di nucleazione e quello di crescita ,
determinate dalla concentrazione effettiva delle specie reattive, i monomeri, e
dalla temperatura.15-17
Generalmente tensioattivi che si legano con maggiore forza alla superficie dei
nuclei o che presentano maggiore ingombro sterico2 rallentano l’aggiunta di
monomeri alla superficie, comportando la crescita di nanocristalli di dimensioni
relativamente piccole.11 L’aumento del rapporto molare tensioattivo/precursore
porta alla formazione di nanocristalli più piccoli nella maggior parte dei casi.12
Tuttavia, può verificarsi la situazione opposta, quando il complesso precursoretensioattivo rappresenta la vera specie attiva, ossia il monomero, nel processo di
nucleazione/crescita: in tal caso, quindi, l’aumento della concentrazione del
legante in soluzione comporta una maggiore reattività del precursore, favorendo la
formazione di nanocristalli relativamente più grandi.13,14 Una strategia efficace
48
Capitolo 3
nella scelta dei tensioattivi consiste nell’utilizzare due agenti di capping, di cui
uno si leghi fortemente alla superficie dei nanocristalli (ad esempio
un’alchilfosfina), e l’altro si leghi più debolmente al precursore, in modo da
consentire comunque una crescita rapida.6
3.4.3. Controllo della forma dei nanocristalli
Oltre che dalle dimensioni, le proprietà dei nanocristalli dipendono dalla forma e
sarà quindi importante esaminare i parametri sperimentali che la influenzano. Allo
stato dell’arte attuale, esistono numerosi esempi di nanocristalli di vari materiali
in forme diverse, quali sfere, rods, tetrapodi, prismi, cubi, stelle .(Figura 3.5).
Alcuni fattori chiave che influenzano la forma dei nanocristalli sono: la diversa
energia tra le facce cristallografiche, l’adsorbimento selettivo dei tensioattivi, il
bilancio
tra
un
regime
di
crescita
controllato
cineticamente
o
termodinamicamente.
Effetto della fase cristallina dei semi di nucleazione.
I nuclei (seeds) formati da una soluzione sovrasatura possono avere
potenzialmente una varietà di fasi cristalline diverse, a seconda della temperatura
20
e dei tensioattivi utilizzati.
I tensioattivi svolgono un’azione determinante sul controllo della fase cristallina
dei seeds, poiché essi influenzano la conformazione del complesso che formano
con i precursori e si legano dinamicamente alla superficie del nucleo in crescita.
Figura 3.5 Galleria di immagini TEM di nanocristalli inorganici di varie forme
sintetizzati chimicamente
49
Capitolo 3
In molti casi, è possibile governare l’evento della nucleazione per un certo
materiale semplicemente scegliendo degli opportuni leganti.
Generalmente, forme isotrope (cubi o sfere) assumono struttura cristallina
simmetrica (cubica zinco-blenda o rock-salt, etc), mentre oggetti anisotropi (rods,
dischi) hanno strutture cristalline asimmetriche (per es. esagonale wurtzite,
tetragonale anatasio). Tuttavia, può accadere che nuclezione e crescita avvengano
in fasi diverse, determinando la formazione di nanocristalli con una compresenza
di fasi e con morfologie inedite (Figura 3.6). Questo fatto è chiaramente illustrato
dal caso dei tetrapods (per es, CdSe, CdS, CdTe), in cui dalle facce equivalenti
(111) di un core tetraedrico zinco-blenda si allungano sezioni wurtzite di forma
rod-like lungo la direzione (001).21
Figura 3.6: Destra: (a) nuclei di wurtzite evolvono in nanorods; (b) tetrapods: core zincoblenda e bracci di wurtzite. Sinistra: TEM ad alta risoluzione di nanocristalli di CdS: (a)
rods; (b) bipods; (c) a forma di matita
Energia superficiale delle facce cristallografiche e modulazione da parte dei
tensioattivi.
Oltre alla fase cristallina dei nuclei, altri parametri contribuiscono a determinare la
forma finale dei nanocristalli. Un fattore critico è l’energia superficiale delle varie
facce cristallografiche, cui è proporzionale la velocità di crescita del cristallo
lungo la direzione definita da ciascuna (Figura 3.7).
I tensioattivi possono modulare la reattività delle facce cristallografiche e
controllare quindi la forma finale dei nanocristalli.12,22 A questo riguardo,
l’evoluzione della forma dei nanocristalli di TiO2 anatase può essere esplicativa. Il
TiO2 anatase ha una struttura tetragonale.
50
Capitolo 3
Figura 3.7 Crescita anisotropa legata alla diversa reattività delle facce cristallografiche
La nucleazione produce seeds di forma di bipiramide ottagonale troncata che
espongono otto facce (101) equivalenti e due facce (001) equivalenti. Poiché
l’energia superficiale delle facce (001) è maggiore, essa tenderà ad essere
eliminata con una crescita più veloce in tale direzione;ciò porterà alla formazione
di
nanocristalli
“bullet-shaped”
e
diamond-shaped”(Figura
3.8a
e
b).
L’introduzione nell’ambiente di reazione di agenti di capping che si legano con
maggiore forza alle facce (101) che non alle (001), consente l’allungamento dei
nanocristalli nella direzione [001] (Figura 3.8 c e d).
Figura 3.8 Evoluzione della forma di nanocristalli di TiO2: (a) bullets, (b) diamanti; (c) piccoli
nanorods; (d) rods lunghi, (e) nanorods ramificati
51
Capitolo 3
Controllo del regime di crescita: cinetico o termodinamico. Un altro parametro
critico per la determinazione della forma dei nanocristalli è il delicato bilancio tra
regime di crescita cinetico e termodinamico. Sotto controllo termodinamico,
caratterizzato da un sufficiente apporto di energia termica (kT) e basso flusso di
monomeri, i nuclei crescono isotropicamente in nanocristalli con forme stabili
che minimizzano l’energia superficiale (sfere o cubi, ad es.). Al contrario, un
regime di crescita sotto controllo cinetico, promosso da un flusso elevato di
monomeri, e da basse temperature, è favorita la crescita lungo la direzione con la
più bassa barriera di attivazione (Figura 3.9), rendendo possibile intrappolare i
nanocristalli in forme anisotrope. L’instaurarsi di un regime di crescita
termodinamico o cinetico dipenderà quindi fortemente dalla temperatura e dalla
concentrazione di specie reattive nella soluzione.
Figura 3.9. Controllo della forma di cristalli di PbS dipendente dal regime di crescita: a)
sotto regime termodinamico induce la formazione di cubi, (b-h)il regime cinetico di mono e
multipods di PbS
52
Capitolo 3
3.5 Nanocristalli ibridi
3.5.1 Introduzione
La ricerca attuale si sta evolvendo verso la sintesi di strutture formate da domini
di materiali inorganici diversi inglobati in un’unico nanocristallo. Aumentare
l’asimmetria e il grado di complessità delle strutture e, soprattutto, combinare le
proprietà di materiali diversi in un unico nano-oggetto potrebbe essere
enormemente vantaggioso nelle applicazioni. Inoltre, lo studio di questi sistemi
consentirebbe un approfondimento nella conoscenza dei meccanismi di crescita di
solidi nanometrici complessi. Alla base della sintesi di eterostrutture c’è la ricerca
delle condizioni di reazione che favoriscano la nucleazione eterogenea rispetto a
quella omogenea. Alcune importanti strategie per realizzare la crescita di un
secondo materiale su un nanocristallo preformato di diversa natura si basano sul
controllo dell’energia superficiale, dell’energia interfacciale e della miscibilità, e
sulla selettività di reazioni redox.
Energia superficiale. Come visto in precedenza, la differenza di reattività
intrinseca delle varie facce cristallografiche o l’adsorbimento selettivo dei
tensioattivi che stabilizza una faccia piuttosto che un’altra, possono promuovere la
crescita di nanocristalli con forme anisotrope. Queste stesse ragioni potranno
essere alla base della nucleazione selettiva di un secondo materiale su una certa
faccia cristallografica del primo materiale (la più reattiva chimicamente). In tal
modo, si spiega la formazione di eterostrutture lineari o ramificate formate da
materiali diversi e di nanocristalli ibridi “dumbell-like”e “matchstick-like” (Figura
3.10).
Energia interfacciale e miscibilità. La differenza dei parametri reticolari tra le
struttura cristalline di due materiali gioca un ruolo importante nel determinare la
struttura finale del nanocristallo ibrido. Se tale differenza è minima, il secondo
materiale formerà una shell uniforme sul core del materiale di partenza iniziale,
altrimenti si assisterà alla riduzione dell’area interfacciale condivisa tra i due
materiali, con conseguente formazione di domini separati. La limitata miscibilità
di due materiali porta a risultati simili (Figura 3.11).
Processi redox selettivi. La formazione di materiali ibridi può anche avvenire in
seguito a una reazione redox selettiva che coinvolge solo un dominio di una
53
Capitolo 3
Figura 3.11 Nanocristalli ibridi risultanti
da segregazione di fase fra due materiali
Figura 3.10 Le facce basali più reattive di
nanorods di un materiale promuovono la Figura 3.12. Nanocristalli ibridi
nucleazione selettiva di un secondo materiale realizzati in seguito ad un processo
redox selettivo
esclusivamente in quelle posizioni
eterostrutturura preformata. Tale approccio può essere utile, ad esempio, per la
crescita di nanocristalli ibridi difficili da ottenere in un unico step sintetico,
sfruttando la trasformazione chimica di un dominio “sacrificale” in un altro
materiale (Figura 3.12).
3.5.2 Stato dell’arte
Generalmente per la sintesi di eterostrutture nanocristalline, nanocristalli già
formati del primo materiale fungono da siti di nucleazione del secondo. Ad
esempio sfere di Fe3O4 catalizzano la riduzione di Ag+ sulla loro superficie23
portando alla formazione di dimeri di Fe3O4-Ag; la stessa funzione assumono
nanorods di ZnO nella preparazione fotocatalitica24 di eterostrutture dumbell-like
ZnO-Ag e nanocristalli di Au nella sintesi di strutture flower-like di Au-Fe3O4.29
Un esempio di eterostrutture ottenute in seguito a segregazione di fase30 sono le
“nanoghiande”di solfuri di Co-Pd (Figura 3.13).
La formazione di strutture core-shell si ha quando la differenza tra i parametri
reticolari dei due cristalli è minima. Oltre che per i ben noti sistemi
semiconduttore-semiconduttore (CdSe@ZnS, CdS@CdS) o metallo-metallo
54
Capitolo 3
b
a
e
c
d
f
Figura 3.13 Immagini TEM di eterostrutture realizzate per riduzione selettiva di sali del metallo
su nanocristalli presenti in soluzione: (a) rods di ZnO con sfere di Ag; (b) dimeri di Fe3O4-Ag; (c)
dimeri FePt-Ag; (d) dimeri di Ag-Au; (e) strutture flower-like Au-Fe3O4; (f) “nanoghiande” di
solfuri di Co-Pd;
(Au@Ag), la geometria core-shell è stata realizzata, in opportune condizioni di
reazione, anche per materiali di natura molta diversa tra loro, come nel caso di
FePt@Fe3O424 o [email protected]
Se la differenza tra i parametri reticolari è alta, una configurazione core-shell può
trasformarsi una struttura dimerica tramite segregazione di fase promossa
termicamente; tale processo è alla base della formazione di dimeri CdS-FePt a
partire da [email protected]
Le facce maggiormente reattive di nanocristalli anisotropi consentono la
formazione di eterostrutture fortemente asimmetriche. Ad esempio, sono stati
realizzati nanocristalli ibridi costituiti da rods o tetrapodi di un materiale
semiconduttore come CdSe con punte di Au,27oppure nanorods di CdSe o CdS
una o due punte di PbSe.28(Figura 3.14)
3.5.3 Applicazioni dei nanocristalli ibridi
La sintesi di eterostrutture nanocristalline consente di unire in un unico cristallo
proprietà di materiali diversi estendendone le funzionalità e, quindi, il campo di
55
Capitolo 3
a
b
c
d
Figura 3.14. Punte di Au su (a) tetrapods e(b) nanorods di CdS; (c) eterostrutture PbSe-CdSe
nanorod-PbSe; (d) nanorods di CdS con una sola punta di PbSe.
applicabilità. La formazione di strutture core@shell è estremamente utile per
aumentare le rese di luminescenza di un core semiconduttore “passivandolo” con
una shell di un materiale a più alta band-gap, come nel caso di CdSe@ZnS.
Nanocristalli ibridi di semiconduttori e metalli possono trovare applicazione nella
catalisi; la presenza del metallo migliora la separazione di carica che è alla base
dell’attività fotocatalitica di semiconduttori come TiO2 e ZnO. .La facile
funzionalizzazione di nanocristalli di oro con gruppi tiolici, consente
l’applicazione in ambito biologico di eterostrutture in cui il dominio di Au funge
da punto di ancoraggio per biomolecole, mentre l’altro dominio conserva
proprietà magnetiche o luminescenti (è il caso di eterostrutture Fe3O4-Au o CdSeAu).31 La presenza di nanocristalli magnetici, metallici e luminescenti in un’unica
nanoparticella consente di sfruttare un campo elettrico o magnetico per
promuovere l’assembly delle eterostruttura (Figura 3.15). In molti casi,
nanocristalli ibridi sono stati inglobati in microcapsule di polielettroliti per il
rilascio
controllato
di
macromolecole,
come
ad
esempio
farmaci,
nell’organismo.32
56
Capitolo 3
Figura 3.15. Immagine di nanocompositi magnetico-luminescenti esposti a radiazione UV (a) in
assenza e (b) in presenza di campo magnetico esterno di 1000G. Si osserva un cambio di colore da
arancio a trasparente quando viene applicato il campo magnetico a causa dell’aggregazione dei
nanocristalli.
57
Capitolo 3
RIFERIMENTI
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Capitolo 3
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2005, 21, 4262. (d) Wang, D.; He, J. Nano lett. 2004, 4, 409
59
Capitolo 4
Capitolo 4
Sintesi
e
caratterizzazione
di
eterostrutture nanocristalline a base
di ossido di ferro e ossido di titanio
4.1 Motivazioni del lavoro
La ricerca attuale si sta orientando verso la sintesi colloidale di eterostrutture
nanocristalline che combinino materiali diversi in un’unica particella. Tali
nanocristalli ibridi rappresentano entità con funzionalità multiple, legate alle
proprietà chimico-fisiche caratteristiche di ciascuno dei componenti. In questo
contesto, si inserisce il presente lavoro di tesi sperimentale, che è stato rivolto a
sintetizzare e caratterizzare strutture composite costituite da un dominio di
biossido di titanio ed uno di ossido di ferro. Tale associazione consentirebbe di
coniugare le proprietà fotocatalitiche dell’ossido di titanio1 con le proprietà
catalitiche 2, fotocatalitiche 3, e magnetiche
4
degli ossidi di ferro. Alcuni
potenziali vantaggi di sistemi ibridi TiO2-ossido di ferro possono essere
individuati, per esempio, nella possibilità di: (a) realizzare catalizzatori bifunzionali; (b) di recuperare (per poter, quindi, agevolmente riciclare), tramite
applicazione di un campo
magnetico esterno, il TiO2 utilizzato in attività
fotodegradative di interesse ambientale e/o sintetico; (c) di modulare le proprietà
magnetiche tramite l’eterogiunzione con TiO2; (d) di sfruttare simultaneamente la
specifica chimica superficiale dei due materiali per preparare nanoparticelle con
60
Capitolo 4
una distribuzione asimmetrica di gruppi funzionali (per es. per coniugare
biomolecole e/o facilitare la deposizione selettiva di altri materiali)
Alcuni recenti lavori hanno dimostrato l’utilità delle eterostrutture TiO2-Fe3O4,
soprattutto come fotocatalizzotori magnetici. Strutture core-shell Fe3O4-TiO2, di
dimensioni intorno ai 50 nm e sintetizzate in ambiente acquoso, sono state
utilizzati
per scopi squisitamente analitici, come nella separazione di alcuni
fosfopeptidi derivanti dalla digestione di proteine, seguita da successiva analisi
SALDI-MS.5 Nanoeterostrutture mesoporose di ossido di ferro e ossido di titanio
(intorno ai ~100 nm) preparate per via sonochimica sono state testate come
catalizzatori per l’ossidazione del cicloesano in condizioni blande; il solo ossido
di titanio non catalizza la reazione, mentre il composito risulta avere rese maggiori
rispetto a nanoparticelle di ossido di ferro semplicemente disperse in una matrice
di biossido di titanio mesoporoso 6. La deposizione di un coating di TiO2 su
nanoparticelle Fe3O4/SiO2 o di Fe3O4 consente la conservazione sia delle proprietà
magnetiche dell’ossido di ferro che delle proprietà fotocatalitiche del TiO2. La
fotoattività di tali composti potrebbe essere incrementata aumentandone il grado
di cristallinità o realizzando eterostrutture in cui l’ossido di ferro e il biossido di
titanio sono accoppiati.7
4.2 Preparazione delle eterostrutture nanocristalline: parte
sperimentale
4.2.1 Materiali. Isopropossido di titanio (IV) (Ti(OPri)4 o TTIP, 97%),
trimetilammino-N-ossido
ottadecene
di-idrato((CH3)3NO*2H2O
(CH2=CH(CH2)15CH3
(CH3(CH2)7CH=CH(CH2)8NH2
(CH3(CH2)9CH(OH)CH2OH,
o
o
o
ODE,
OLAM,
DDIOL,
o
TMAO,
90%),
70%),
90%),
oleil
98%),
1-
ammina
1,2-dodecandiolo
1-ottadecilammina
(CH3(CH2)17NH2 o ODA, 97%), ferro pentacarbonile (Fe(CO)5, 99,999%), acido
oleico (C18H33CO2H o OLEA, 90%, or OLAC) sono stati acquistati dall’Aldrich.
4.2.2 Sintesi di TiO2 nanorods (NRs).9 L’intera procedura si svolge utilizzando
una linea Schlenk vuoto-azoto. 70 g di OLAC vengono degassati a 110°C per 30
61
Capitolo 4
min sotto vigorosa agitazione in un pallone a tre colli da 100 ml connesso con un
refrigerante, una termocoppia e una cuffia scaldante; in seguito, esso viene
raffreddato a 100°C e mantenuto a questa temperatura sotto flusso di azoto. A
questo punto, 17 mmoli di TTIP vengono iniettate nel pallone e la soluzione,
inizialmente incolore, diviene giallo-pallido ad indicare la formazione di un
complesso TTIP-OLAC. A questo punto vengono iniettati velocemente 5 ml di
una soluzione acquosa 2M di TMAO, la temperatura scende naturalmente intorno
ai 90°C, per poi prima di essere riportata in pochi minuti a 100°C. La miscela
appare lattiginosa e torbida dopo circa 90 min. Il pallone viene lasciato a 100 °C
per 96 ore in atmosfera di azoto per consentire la crescita dei NRs. Alla fine della
reazione, il sistema viene raffreddato e viene aggiunto etanolo per consentire la
precipitazione dei nanorods. Dopo averli lavati più volte con metanolo per
eliminare l’eccesso di tensioattivo, i nanorods di TiO2 vengono disciolti in un
solvente apolare (cloroformio, esano o toluene)
4.2.3 Sintesi delle eterostrutture. L’intera procedura si svolge utilizzando la
linea Schlenk. In una tipica sintesi, 20 ml di ODE, 2.5-5 mmol di DDIOL, 1.5-3
mmol di OLAM, 3-6 mmol di OLAC e una quantità variabile di una soluzione
stock di NRs (corrispondente a 0.1-1 mmol di TiO2) precedentemente sintetizzati
vengono svaporati sotto vigorosa agitazione a 110°C per circa 20 minuti in un
pallone a tre colli collegato ad un refrigerante.. La soluzione appare limpida e di
colore giallino. Dopo aver messo il pallone in flusso di azoto, la temperatura è
portata fino a 240 °C-280°C e vengono iniettati 0.5-2 ml di una soluzione 0.1-1 M
di Fe(CO)5 in ODE preparata in una glove-box. L’iniezione viene effettuata sia
goccia a goccia che in un’unica porzione. In genere, il rapporto molare finale
OLAC:OLEAM:DDIOL:Fe(CO)5 usato in ogni sintesi è fissato a 6:3:5:2. La
reazione di decomposizione di Fe(CO)5 è accompagnata dallo sviluppo di fumi
bianchi legati all’evoluzione di CO. Dopo pochi secondi, la miscela all’interno del
pallone assume una colorazione nera dovuta alla nucleazione dell’ossido di ferro.
Dopo 1 ora, la temperatura viene abbassata fino a 130°C e la miscela viene
esposta all’aria per 1 ora in modo da permettere che l’ossidazione del campione
vada a completezza. Infine, il pallone viene lasciato raffreddare dopo aver rimosso
62
Capitolo 4
la cuffia scaldante e viene aggiunta una miscela isopropanolo/acetone per indurre
la precipitazione dei nanocristalli. Per eliminare i tensioattivi in eccesso, il
precipitato viene lavato più volte con acetone e poi ridisperso completamente in
CHCl3, toluene o esano. Tale soluzione risulta otticamente trasparente.
Ove necessario, è stata effettuata precipitazione frazionata, aggiungendo
opportune quantità di un non-solvente (acetone, metanolo, o etanolo) ai
nanocristalli sciolti in solvente apolare, e centrifigando la sospensione ottenuta.
L’aggiunta di alcol promuove la precipitazione di nanocristalli con massa
maggiore. Le eterostrutture TiO2 NR-ossido di ferro possono essere separate dai
NRs non reagiti e dai nanocristalli di ossido di ferro nucleati separatamente, la cui
solubilità è maggiore.
Per testare la validità della sintesi messa a punto per le eterostrutture, è stata
effettuata una serie di esperimenti di controllo. Per prima cosa è stata accertata la
stabilità strutturale e morfologica dei nanorods di TiO2 riscaldandoli in presenza
di OLAC, OLAM e DDIOL. E’stato anche verificato che mescolando nanorods di
TiO2 con nanocristalli sferici di ossido di ferro, sintetizzati separatamente, in
presenza o in assenza di tensioattivi e/o di DDIOL, non si ha la formazione di
eterostrutture.
4.2.4. Caratterizzazione dei campioni
Powder X-ray Diffraction. I pattern di diffrazione delle polveri dei nanocristalli
sono stati misurati con un diffrattometro NONIUS KappaCCD fornito di una
sorgente a Mo di 3kW, di un goniometro a quattro cerchi ad alta precisione, e di
detector CCD. L’analisi quantitativa delle fasi è stata effettuata con il programma
QUANTO, basato sul metodo Rietveld.8 Il campione viene descritto come una
miscela di due fasi cristalline (anatasio e maghemite). Di conseguenza il pattern di
diffrazione misurato è considerato come la somma del segnale di fondo e
dell’intensità dei picchi di diffrazione di ciascuna fase cristallina presente, pesata
secondo opportuni coefficienti L’intensità dei picchi è calcolata in base al modello
della struttura cristallina (specie chimiche e posizioni atomiche nella cella
unitaria). I dati cristallografici, usati nell’analisi, sono: per la magnetite, cella
unitaria con a=b=c= 8.268 Å e gruppo spaziale F d -3 m, per l’anatasio a=b=
63
Capitolo 4
3.7852 Å e c= 9.5139 Å, gruppo spaziale I 41/a m. La forma e la larghezza dei
picchi vengono determinati attraverso l’interpolazione con una funzione analitica
di Pearson VII variandone accuratamente i parametri. Il segnale di fondo è
interpolato con un polinomio di Young con opportuni coefficienti.
La caratterizzazione XRD e la relativa analisi dei risultati è stata realizzata dalla
Dr.ssa Cinzia Giannini dell’Istituto di Cristallografia (IC CNR, Bari)
Transmission Electron Microscopy. Le immagini TEM a bassa risoluzione
sono state acquisite da un microscopio Jeol Jem 1011 che opera ad un voltaggio di
accelerazione di 100 kV. I campioni per l’analisi TEM sono stati preparati
depositando una goccia di una soluzione diluita di NCs (in toluene) su apposite
griglie di rame rivestite da un film di carbonio e lasciando evaporare il solvente.
Per tutte le sintesi di eterostrutture è stata condotta un’analisi statistica sulle base
delle immagini TEM a bassa risoluzione, con l’aiuto di un software (Axio Vision).
Per ogni campione sono state contate circa 300 nanoparticelle. In questo contesto,
la resa di reazione è definita come: 100* N° di nanocristalli ibridi/( N° di
nanorods isolati + N° nanocristalli ibridi+N° nanosfere isolate).
Per l’analisi statistica delle dimensioni vanno fatte due considerazioni: 1) i domini
di ossido di ferro possono occupare diverse posizioni sul lato lungo dei rods; 2)
sono possibili varie orientazioni delle eterostrutture rispetto alla griglia e quindi,
rispetto al fascio elettronico. Pertanto, la lunghezza della sezione rod può essere
stimata correttamente su nanocristalli ibridi orientati in modo da avere il piano
intersecante entrambi i domini perpendicolare al fascio elettronico. In tal caso, sia
il dominio di TiO2 che quello di ossido di ferro giacciono sul film di carbonio, e la
sezione rod può essere osservata nella sua interezza. Diversamente, il diametro dei
nanorods, così come pure la dimensione delle particelle di ossido di ferro può
essere misurato indipendentemente dell’orientazione dei nanocristalli rispetto al
fascio. La caratterizzazione TEM è stata condotta presso il National
Nanotechnlogy Laboratory del CNR-INFM, distretto Tecnologico ISUFI di
Lecce.
64
Capitolo 4
Misure magnetiche
Le misure del momento magnetico sono state effettuate con un magnetometro
SQUID (Superconducting Quantum Interference Device) Cryogenic S600
equipaggiato con un magnete superconduttore da 6.5 Tesla. La dipendenza in
temperatura del momento magnetico è stata misurata riscaldando il campione da 2
a 300 K con un campo magnetico applicato di 5 mT dopo aver raffreddato il
campione da temperatura ambiente in assenza di campo (Zero Field Cooled) e con
il campo di misura (Field Cooled).
La caratterizzazione magnetica è stata realizzata dal Dr. Claudio Sangregorio
presso il Dipartimento di Chimica dell’Università di Firenze.
Spettroscopia Raman. I campioni per l’indagine Raman sono stati preparati
depositando poche gocce di soluzione di nanoparticelle in cloroformio su vetrini
da microscopio e lasciando evaporare il solvente.
Gli spettri Raman sono stati registrati utilizzando uno strumento Renishaw Invia
Raman Microprobe dotato di un Spectra Physics Ar+ laser con emissione a
λ=514.5 nm e di un detector CCD. Nel caso dei campioni analizzati si è utilizzato
un microscopio Leica con 50x.
Le misure di spettroscopia Raman sono state condotte presso il Dipartimento di
Scienze dei Materiali dell’Università degli Studi di Lecce dalla Dr.ssa Alessandra
Genga e Dr.ssa Tiziana Siciliano.
4.3 Eterostrutture nanocristalline ossido di titanio/ossido di ferro:
risultati.
4.3.1 Analisi morfologica
I nanorods di TiO2 vengono sintetizzati sfruttando una reazione idrolitica a
~100°C condotta in acido oleico, il quale funge da tensioattivo, promovendo la
crescita di nanocristalli anisotropi.9 Il tetraisopropossido di titanio (TTIP) viene
fatto reagire con un eccesso di soluzione acquosa basica di TMAO che catalizza la
reazione di policondensazione e promuovere la cristallizzazione del materiale a
bassa temperatura. La figura 4.1a mostra un’immagine TEM a bassa risoluzione
di nanorods tipicamente usati nella preparazione delle eterostrutture: essi
65
Capitolo 4
presentano una lunghezza media di 19 ± 3 nm e un diametro medio di 3.1 ± 0.4
nm (Figura 4.1c-d). L’analisi TEM ad alta risoluzione (Figura 4.1b) conferma la
natura cristallina dei nanorods evidenziando che la direzione preferenziale di
elongazione è lungo l’asse c della struttura anatasio.
a
c
lunghezza
media = 19,4 nm
σ =3,1 nm
16
14
freq.rel.%
12
10
8
6
4
2
0
10
15
20
25
30
lunghezza (nm)
100
b
d
diametro
medio = 3,1nm
σ =0,4 nm
25
freq.rel.%
20
15
10
5
0
1,5
2,0
2,5
3,0
3,5
4,0
4,5
5,0
diametro (nm)
Figura 4.1 (a) Immagini TEM di nanorods di TiO2 anatasio a bassa (a) ed alta (b) risoluzione.(c-d)
Analisi statistica delle dimensioni dei nanorods
Lo schema di sintesi impiegato in questo lavoro è stato adattato dalla letteratura10
Il precursore scelto, l’Fe(CO)5, è un composto organometallico la cui versatilità
nella sintesi degli ossidi di ferro è nota da tempo. La decomposizione di Fe(CO)5
può avvenire per via sonochimica11 o termica12 , tuttavia è solitamente molto lenta
poichè essa procede attraverso molteplici stadi che coinvolgono la formazione di
complessi a nuclearità più alta (Figura 4.2). Nella sintesi delle eterostrutture, i
nanorods, introdotti nella miscela iniziale, fungono da germi (seeds) per la
nucleazione eterogenea dell’ossido di ferro.
L’acido oleico e l’oleilammina fungono da agenti di capping. Anche se il
meccanismo di reazione non è stato chiarito del tutto, è probabile che la
66
Capitolo 4
formazione dell’ossido derivi dalla decomposizione termica del complesso
Figura 4.2 Schema di decomposizione dell’Fe(CO)5 che illustra la complicata cinetica del
processo
Fe:OLEAC assistita da dodecandiolo, che può fungere tanto da riducente per Fe3+
quanto da donatore di atomi di ossigeno.10 Tali complessi intermedi rappresentano
gli effettivi “monomeri” nel processo di crescita dei nanocristalli. La lenta
decomposizione di Fe(CO)5 produce una nucleazione “ritardata”13 che rende
superflua l’iniezione rapida di precursore, generalmente consigliata per la sintesi
di nanocristalli monodispersi di altri materiali. L’esposizione all’aria al termine
della sintesi permette di portare a completezza l’ossidazione del prodotto.
In assenza di nanorods che fungano da semi di nucleazione, la decomposizione di
Fe(CO)5 produce nanocristalli di ossido di ferro ben dispersi, le cui dimensioni e
forma possono essere modificati controllando temperatura e concentrazione dei
reagenti, secondo criteri noti.14 Per esempio, l’iniezione diretta di Fe(CO)5 a
250°C genera particelle sfaccettate (a forma di diamante o con profilo esagonale),
mentre oggetti con profilo triangolare (che si osservano come proiezione di
nanoprismi troncati)15 sono ottenuti a 280°C (Figura 4.3).
Una notevole differenza si osserva quando l’Fe(CO)5 reagisce in presenza di
nanorods di TiO2 nelle stesse condizioni adottate per la preparazione di ossido di
67
Capitolo 4
ferro puro. La presenza di TiO2 ha un effetto immediato sulla cinetica di
decomposizione di Fe(CO)5, che risulta fortemente accelerata, come evidente dal
repentino cambio di colore della miscela in seguito all’iniezione.
a
b
100 nm
100 nm
Figura 4.3. Immagini TEM di nanocristalli di ossido di ferro sintetizzati mediante iniezione diretta
di Fe(CO)5 a 280°C (a) e a 250°C (b)
Come esempio rappresentativo, la figura 4.4 mostra i nanocristalli ottenuti per
precipitazione selettiva di un campione preparato a 250°C in modalità diretta. In
questo caso è stato usato un rapporto TiO2:Fe(CO)5 =1:2.
Il campione appare
costituito da particelle binarie formate da una sezione rod fusa con un dominio
quasi sferico che mostra un contrasto maggiore al TEM (Fig. 4.4a). E’ plausibile
che la sezione rod-like sia costituita da TiO2. Infatti, è stato verificato, che i NRs
non subiscono modifiche strutturali e morfologiche quando vengono trattati ad
alta temperatura nelle stesse condizioni della sintesi delle nanoeterostrutture in
assenza di Fe(CO)5. Da queste considerazioni, segue che gli oggetti sferici in Fig.
4.4a dovrebbero invece essere costituiti da ossido di ferro.
a
b
100 nm
50 nm
Figura 4.4. Tipiche immagini TEM di eterostrutture ottenute iniettando 2mmol di Fe(CO)5 a
250°C.
68
Capitolo 4
Alcune osservazioni sperimentali supportano la formazione di un’effettiva intima
giunzione tra i due domini di ossido:
1)
l’analisi statistica, effettuata su diverse zone della griglia, rivela che il
rapporto tra il numero di rods e quello di sfere è quasi sempre vicino ad 1:1.
Inoltre, depositando su una griglia TEM una soluzione ottenuta mescolando NRs e
nanocristalli di ossido di ferro, non si osserva alcuna spontanea organizzazione in
coppie nanorod-sfera, il che permette di escludere che la formazione di
eterostrutture sia un artefatto derivante solo dall’evaporazione del solvente dalla
griglia.
2)
le eterostrutture possono essere precipitare selettivamente dosando la
quantità di non-solvente aggiunta al campione. Come viene mostrato in figura 4.5,
nel campione iniziale sono osservabili anche nanorods e sfere di ossido di ferro
isolati, seppur in percentuale minore. Questo risultato dimostra che le
eterostrutture sono la parte più consistente della popolazione del campione, e che
essi sono composti da nanorods di ossido di titanio e nanosfere di ossido di ferro
attaccati permanentemente tra loro.
3)
l’osservazione di particelle con diverse orientazioni rispetto alla griglia
TEM rivela che le eterostrutture sono caratterizzate da una particolare
configurazione in cui il dominio di ossido di ferro si trova solitamente localizzato
lungo le facce laterali dei nanorods (Figura 4.4.b). Quando il piano che interseca
entrambi i domini è parallelo al fascio elettronico, le proiezioni di nanocristalli
ibridi in cui le particelle di ossido di ferro sono collocate lungo la parte terminale
o
lungo
la
parte
centrale
del
nanorod,
determinano
l’osservazione,
rispettivamente, di strutture “a fiammifero” (matchstick-like) o Φ-like (in cui,
cioè, due nanorods molto corti appaiono attaccati a lati opposti della sfera).
Questa analisi spiega perché statisticamente si possano misurare un valore medio
minore e contemporaneamente una distribuzione più ampia delle lunghezze per i
NRs associati alle eterostrutture
rispetto ai NRs di partenza, sebbene gli
esperimenti di controllo escludano che i nanorods subiscano trasformazioni
morfologico-dimensionali.
Per comprendere il meccanismo di formazione dei nanocristalli ibridi, sono stati
esaminati in maniera sistematica gli effetti di alcuni parametri di reazione, quali
69
Capitolo 4
la concentrazione dei nanorods, temperatura di iniezione/crescita, modalità di
iniezione, sulle dimensioni del dominio di ossido di ferro (che varia tra ~4 e ~16
nm) e sulla resa del prodotto (che oscilla tra il 40% e 90%)
a
sfere
rods
eterostrutture
b
c
7%
4%
dimensione
media=12,5 nm
σ =1,7 nm
25
freq.rel.%
89%
eterostrutture
“a fiammifero”
eterostrutture
Φ-like
20
15
10
5
100 nm
d
73%
27%
0
6
sfere
rods
eterostrutture
3%
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
f
22
23%
20
18
16
freq.rel.%
eterostrutture
“a fiammifero”
eterostrutture
Φ-like
74%
14
76%
dimensione
media=9,8 nm
σ = 2,1 nm
12
10
8
6
4
2
0
2
24%
g
8
diametro sfere (nm)
e
100 nm
7
3 4
5 6 7
8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18
diametro sfere(nm)
h
3%
sfere
rods
eterostrutture
i
12
dimensione
media=8,1nm
σ =1,9 nm
8
10
freq.rel.%
73%
24%
eterostrutture
“a fiammifero”
eterostrutture
Φ-like
6
4
2
100 nm
61%
39%
0
2
4
6
8
10
12
14
16
diametro sfere (nm)
Figura 4.5. Immagini TEM (a, d, g) e relative analisi statistiche (b, e, h, c, f, i) di un campione di
eterostrutture (0.5mmol TiO2, 1mmol di Fe(CO)5, T= 250°C, iniezione diretta) dopo tre cicli
successivi di precipitazione frazionata
Influenza del rapporto TiO2/Fe(CO)5: La variazione del rapporto tra la
concentrazione di rods presenti nella miscela iniziale e quella di Fe(CO)5 iniettato
nel pallone permette di modulare sistematicamente le dimensione dei nanocristalli
di ossido di ferro. Le immagini TEM e l’analisi statistica mostrate in Figura 4.6
sono relative ai campioni sintetizzati secondo le condizioni riportate in Tab. 4.1.
E’ evidente come, riducendo il rapporto TiO2:Fe(CO)5, promuova la crescita di
domini di ossido di ferro progressivamente più grandi.
70
Capitolo 4
a
b
sfere
rods
eterostrutture
7%
c
18
21%
eterostrutture
“a fiammifero”
eterostrutture
82%
dimensione
media =
12,3nm
12
10 σ = 2,7 nm
16
Φ-like
freq.rel.%
72%
14
8
6
4
2
100 nm
6
8
10
12
14
16
18
20
18%
9%
73%
eterostrutture
“a fiammifero”
eterostrutture
84%
f
sfere
rods
eterostrutture
e
18 dimensione
16 media =14,8nm
14
σ = 2,7 nm
12
10
8
6
Φ-like
4
2
0
16%
100 nm
g
4
diametro sfere (nm)
freq.rel.%
d
0
18%
6
8 10 12 14 16 18 20 22
24 26
diametro sfere (nm)
h
42%
sfere
rods
eterostrutture
i
12
47%
Eterostrutture
“a fiammifero”
eterostrutture
Φ-like
79%
21%
10
freq.rel.%
11%
8
6
4
2
0
100 nm
dimensione
media = 16,3 nm
σ = 4,6 nm
5
10
15
20
25
30
diametro sfere (nm)
Figura 4.6. Immagini TEM (a, d e g) e analisi statistiche dei campioni A, B e C relativi alla tab 4.1
Tabella 4.1. Variazione delle dimensioni del dominio di ossido di ferro nelle eterostrutture in funzione del rapporto
TiO2:Fe(CO)5 (iniezione diretta).
T
T
T
Fe(CO)5
TiO2:Fe
di
resa
di
campione
Miscela di reazione
di ossidazione
mmol OLAC:Fe
crescita
iniezione
A
ODE 20 mL, DDIOL 5mmol,
OLAM 3mmol, OLEA6mmol,
TiO2 0.5mmol
2
1:4
3:1
B
ODE 20 mL,DDIOL 5 mmol,
OLAM 3 mmol,
OLAC 6mmol,
TiO2 0.2mmol
2
1:10
3:1
C
ODE 20 mL, DDIOL 5mmol,
OLAM 3mmol,
OLEA 6mmol,
TiO2 0.1mmol
2
1:20
1:3
250°C
250°C
1h
130°C
1h
250°C
250°C
1h
130°C
1h
250°C
250°C
1h
130°C
1h
72%
73%
47%
71
Capitolo 4
Influenza della temperatura di crescita. E’ stato verificato che conducendo la
sintesi a 200°C, anche per tempi di reazione di 18-24h ore, non si ha formazione
di eterostrutture, poichè la decomposione di Fe(CO)5 è troppo lenta. A T> 230°C,
la nucleazione e la crescita dell’ossido di ferro sono sufficientemente veloci: un
aumento della temperatura produce nanocristalli di dimensioni progressivamente
minori, tuttavia la resa di eterostrutture tende a diminuire a causa della maggiore
probabilità di nucleazione omogenea. Esempi di questo andamento sono riportati
in Figura 4.7, che riassume la caratteristiche di tre campioni sintetizzati
rispettivamente a 250°C, 280°C e 300°C. Le condizioni sintetiche sono riportate
in tabella 4.2.
Tabella 4.2. Variazione delle dimensioni del dominio di ossido di ferro nelle eterostrutture in
funzione della temperatura
campione
X
Y
Z
Miscela di
reazione
ODE 20 mL,
DDIOL 5mmol,
OLAM 3mmol,
OLEA 6mmol,
TiO2 0.5mmol
ODE20 mL,
DDIOL 2.5 mmol,
OLAM 1.5 mmol,
OLAC 3mmol,
TiO2 0.5mmol
ODE 20 mL,
DDIOL 5mmol,
OLAM 3mmol,
OLEA 6mmol,
TiO2 0.5mmol
Fe(CO)5 TiO2:Fe
mmol OLAC:Fe
1
1:2
3:1
1
1
T
T
T
resa
di
di
di
iniezione crescita ossidazione
250°C
250°C
1h
130°C
1h
1:2
3:1
280°C
280°C
1h
130°C
1h
85%
1:2
1:3
300°C
300°C
1h
130°C
1h
59%
89%
Influenza della modalità di iniezione. La sintesi delle eterostrutture TiO2-ossido di
ferro è stata condotta anche iniettando il precursore secondo diverse tecniche. In
generale, l’iniezione diretta dell’Fe(CO)5 ad alta temperatura (240-280°C)
consente di ottenere risultati migliori, in termini di rese di eterostrutture e ridotta
nucleazione omogenea. L’immagine TEM di un campione ottenuto rispetto
iniettando Fe(CO)5 a bassa temperatura (100°C) seguita da riscaldamento lento (510°C/min) fino a 285°C è mostrata in figura 4.8. Le particelle di ossido di ferro
72
Capitolo 4
appaiono di forma e dimensioni irregolari e la percentuale di eterostrutture
raggiunge appena il 30%.
a
b
c
sfere
rods
eterostrutture
7%
4%
73%
27%
dimensione
media=12,5 nm
20 σ = 1,7 nm
25
freq.rel.%
eterostrutture
“a fiammifero”
eterostrutture
Φ-like
89%
10
5
0
100 nm
d
15
6
sfere
rods
eterostrutture
d
7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19
diametro sfere (nm)
e
4%
11%
Eterostrutture
“a fiammifero”
eterostrutture
Φ-like
92%
dimensione
media =10,2 nm
σ = 1,6 nm
10
14
freq.rel.%
85%
12
8
6
4
2
g
0
8%
100 nm
4
6
10
8
12
14
16
diametro sfere (nm)
h
sfere
rods
eterostrutture
10%
i
31%
93%
Eterostrutture
“a fiammifero”
eterostrutture
Φ-like
freq.rel.%
59%
20
18
16
14
12
10
8
6
dimensione
media = 4,0 nm
σ = 0,6 nm
4
7%
100 nm
2
0
1
2
3
4
5
6
7
diametro sfere (nm)
Figura 4.7 Immagini TEM e relative analisi statistiche dei campioni (X, Y, Z) sintetizzati a
250°C; 280°C e 300°C secondo le condizioni in tab. 4.2.
In Fig. 4.9 sono messi a confronto due campioni, uno,ottenuto secondo la
modalità di iniezione diretta a 250°C, e l’altro, ottenuto iniettando goccia a goccia
in 20 min la stessa quantità di precursore (vedi tab. 4.3). Le immagini TEM e la
relativa analisi statistica dei due campioni mostrate mettono in evidenza come
l’iniezione diretta rispetto all’iniezione goccia a goccia consenta di ottenere
nanocristalli di ossido di ferro di dimensioni maggiori e anche una più alta resa di
eterostrutture
73
Capitolo 4
b
a
100 nm
100 nm
Figura 4.8 Eterostrutture sintetizzate iniettando 3 mmol di Fe(CO)5 a 100°C e riscaldando
lentamente la miscela alla temperatura di crescita di 280°C (a) e di 300°C (b).
a
sfere
rods
eterostrutture
b
c
11%
2%
Eterostrutture
“a fiammifero”
eterostrutture
Φ-like
93%
12
10
8
6
4
2
7%
50 nm
0
4
6
8
10
12
14
16
diametro sfere (nm)
e
d
dimensione
media = 9,5 nm
σ = 1,9 nm
14
freq.rel.%
87%
8%
sfere
rods
eterostrutture
f
26%
dimensione
media =6,9 nm
σ = 1,4nm
14
76%
12
Eterostrutture
“a fiammifero”
eterostrutture
Φ-like
freq.rel.%
66%
10
8
6
4
2
100 nm
24%
0
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
diametro sfere (nm)
Figura 4.9. Immagini TEM (a, d) e relative analisi statistiche (b-c, e.f) dei campioni S e W
preparati secondo le condizioni riportate in Tab 4.3.
Tabella 4.3. Variazione della dimensione delle sfere di ossido di ferro al variare della modalità di iniezione dell’Fe(CO)5
T
T
T
Fe(CO)5 TiO2:Fe
campione
Miscela di reazione
resa
di
di
di
mmol OLAC:Fe
iniezione
crescita
ossidazione
ODE 20 mL, DDIOL 5mmol,
250°C
OLAM 3mmol,
1:2
iniezione
250°C
130°C
2
87%
S
OLAC 6 mmol,
3:1
diretta
2h
1h
TiO2 1mmol
250°C
ODE 20 mL,
iniezione
DDIOL 5mmol,
250°C
130°C
66%
1:2
lenta
OLAM 3mmol,
2
W
1h 40min
1h
3 :1
in 20min
OLAC 6mmol,
TiO2 1mmol
74
Capitolo 4
4.3.2 Analisi strutturale
Diffrazione di raggi X da polveri.
La fasi cristalline nelle etererostrutture è stata indagata mediante diffrazione di
raggi X da polveri. Il pattern di figura 4.10a è relativo ai nanorods di TiO2 iniziali.
Le posizioni dei picchi di diffrazione coincidono con quelle standard dell’anatasio
bulk. L’allargamento dei riflessi è inversamente proporzionale alle dimensioni del
dominio cristallino lungo le diverse direzioni cristallografiche. A differenza del
pattern standard, quello relativo ai rods mostra il picco relativo alla famiglia di
piani (004) leggermente più intenso e più stretto rispetto agli altri. Tale
caratteristica conferma la direzione di elongazione dei rods (lungo l’asse c)
ricavata dall’analisi HRTEM in figura 4.1b. Dai pattern di diffrazione di nanorods
sottoposti ad esperimenti di controllo è stato accertato che la fase cristallina non
viene modificata in seguito a riscaldamento fino a 300°C in presenza di OLEA,
OLEAM e DDIOL,. Il pattern di figura 4.10b è relativo a nanocristalli di ossido di
ferro sintetizzati in assenza di nanorods di ossido di titanio. Le posizioni dei
picchi di diffrazione sono in accordo sia con la presenza di magnetite (Fe3O4) che
di maghemite.
Nonostante le due strutture cristalline (spinello cubico inverso) siano
caratterizzate da una piccola differenze di parametro reticolare (8.396 Å per Fe3O4
e 8.351 Å per γ- Fe2O3) e la maghemite presenti dei riflessi isolati a bassi angoli,
non è possibile attribuire in maniera univoca una delle due fasi all’ossido presente
nelle eterostrutture a causa dell’allargamento dei picchi. Una miscela delle due
fasi non può essere neppure esclusa.
I diffrattogrammi di figura 4.10c, 4.10d e 4.10e sono relativi alle eterostrutture
TiO2-ossido di ferro. Emergono chiaramente sia i picchi caratteristici dell’anatasio
che quelli relativi alla fase maghemite e/o magnetite. Si nota come il profilo di
diffrazione globale, risultante dalla convoluzione dei picchi delle fasi anatasiomagnetite (o maghemite) evolva sistematicamente: in particolare, a campioni in
cui i domini di ossido di ferro sono dimensioni progressivamente maggiori (dalle
misure TEM) corrisponde in generale un aumento del rapporto di intensità tra i
riflessi dell’ossido di ferro (magnetite/maghemite) e quelli dei TiO2. Il programma
75
Capitolo 4
di fitting QUANTO (vedere parte sperimentale) è in grado di fornire una stima
quantitativa delle percentuali in peso delle due fasi all’interno del campione.
In particolare per i campioni in Fig. 4.10 le percentuali relative ricavate sono
rispettivamente: 10% magnetite e 90% anatasio per T, 51,60% magnetite e
48,40% anatasio per U, 89,60% magnetite e 10,40% anatasio per V. Le
percentuali in peso rispecchiano la variazione delle dimensioni dei NCs di ossido
di ferro nei tre campioni: percentuali di magnetite maggiori corrispondono a
nanocristalli di ossido di ferro di dimensioni maggiori.
a
Anatasio
anatasio
magnetite
(Fe3O
O)
magnetite (Fe
3 4)4
maghemite
(γ- Fe2O
O3))
maghemite (γ-Fe
2 3
Intensità (a.u.)
b
c
d
e
5
10
15
20
25
2θ (deg)
30
35
40
Figura 4.10 Pattern XRD di a) TiO2 nanorods, b) NCs di ossido di ferro, c) campione T, d)
campione U ed e) campione V. Le dimensioni dei nanocristalli di ossido di ferro nei campioni T, U
e V sono rispettivamente di circa 2 nm, 7 nm e 11nm.
Le percentuali in peso di magnetite e anatasio ricavate dai profili XRD possono
essere confrontate con quelle calcolate sfruttando i dati statistici elaborati sulla
base dell’analisi delle immagini TEM. Per esempio, dai valori di densità dei
materiali bulk (4,88 g/cm3 per γ-Fe2O3, 5,17g/cm3 per Fe3O4 4.23 g/cm3 per TiO2
anatasio) si ricava che la massa di un nanorod di lunghezza 19,4 ± 3,1 nm e
diametro 3,1 ± 0,4 nm), è di circa 0,6*10-18 g., mentre quella di una particella
sferica di magnetite di diametro di 12 nm è di circa
4,7*10-18 g. Nota la
composizione numerica del campione in termini di nanorods (ossido di titanio) e
nanosfere (ossido di ferro), presenti sia come domini nelle eterostrutture che come
76
Capitolo 4
Tabella 4.4. Percentuali in peso delle fasi cristalline presenti nei campioni di eterostrutture
Campione
calcolate da XRD
calcolate da TEM
% magnetite % anatase % magnetite % anatase
A
79,579
20,421
83,807
16,193
B
79,91
20,09
90,935
9,065
C
65,891
34,109
95,637
4,363
X
78,604
21,396
87,317
12,683
Y
70,517
29,483
76,964
23,035
Z
65,103
34,897
85,561
14,439
S
77,345
22,655
88,890
11,110
W
71,943
28,057
54,506
45,494
nanocristalli isolati, si può
stimare la percentuale relativa delle due fasi,
assumendo che la percentuale in peso di magnetite e anatasio si possono calcolare
quindi applicando le seguenti formule: % magnetite = 100 * (massa di una sfera)*
(% sfere) / (massa di sfere + massa dei nanorods); % anatasio = 100 * (massa di
un nanorod)* (% nanorods) / (massa di sfere + massa dei nanorods)).
In tabella 4.4 è riportato il confronto tra le percentuali in peso ricavate dalle
misure di diffrazione di raggi X e quelle ricavate dalla rielaborazione dei dati
statistici delle immagini TEM per alcuni campioni significativi. E’ evidente come,
per la maggior parte dei campioni, ci sia una discrepanza del 10% circa tra le
stime effettuate per mezzo dei dati XRD e quelle indirette ricavate sulla base delle
statistiche TEM. La sovrastima della percentuale di magnetite è probabilmente
legata: 1) alla possibile compresenza delle fasi maghemite e magnetite, che hanno
densità leggermente diverse; 2) alla non perfetta rappresentatività delle statistiche
TEM (per ogni campione, sono state contate 300 particelle circa); 3) all’errore di
qualche punto percentuale sui valori forniti dal QUANTO.
Spettroscopia Raman. Per accertare la natura della struttura cristallina
dell’ossido di ferro, alcuni campioni rappresentativi sono stati analizzati mediante
spettroscopia Raman. Gli spettri Raman di magnetite e maghemite sono, infatti,
sufficientemente diversi da permettere l’identificazione delle due fasi. In figura
4.11 sono riportati gli spettri Raman relativi a nanocristalli di ossido di ferro,
registrati a diversa potenza del laser. Nello spettro in Fig. 4.11A i segnali intorno
77
Capitolo 4
a 310 e 540 cm-1 e il picco principale a 670 cm-1 risultano tipici, sia in termini di
posizione che di intensità relativa, della magnetite. È rilevante sottolineare come,
a valori di potenza del laser di eccitazione più elevati (Figura 4.11B), si osservi
una trasformazione sostanziale dello spettro, caratterizzata dalla scomparsa dei
segnali caratteristici dei modi della magnetite e dalla concomitante apparizione di
segnali con intensità caratteristiche a 218, 283, 397, 488, 595 e 1296 cm-1 tipici
dell’ematite16. La transizione di fase magnetite/ematite indotta da irraggiamento
Intensity (a.u.)
a
200
670 cm-1
540 cm-1
-1
310 cm
300
400
500
600
700
-1
Raman shift (cm )
Intensity (a.u.)
laser è nota in letteratura,27 e conferma la natura dell’ossido.
b
283cm-1
218
-1
cm
200
397cm-1
595 cm-1
-1
488 cm
300
400
500
600
700
-1
Raman shift (cm )
Figura 4.11 Spettri Raman di nanoparticelle di ossido di ferro sintetizzate mediante iniezione
diretta a 280°C registrati a valori di potenza laser variabili (A = 1.25 mW) (B = 12.5 mW),
(λexc=514.5 nm)
In Figura 4.12 è riportato lo spettro del campione di nanorods di ossido di titanio.
I segnali a 197, 404, 515 e 643 cm-1 sono attribuibili all’ossido di titanio in fase
anatasio,17 in accordo con i dati XRD.
In Figura 4.13 sono riportati gli spettri Raman di un campione di eterostrutture
nanocristalline, registrati, anche in questo caso, a diversa potenza del laser di
eccitazione. In Figura 4.13A sono riconoscibili due bande piuttosto larghe,
posizionate a 675 e 535 cm-1, rispettivamente, e attribuibili, ancora una volta,
anche in termini di intensità relative, a modi caratteristici della magnetite. I
segnali del TiO2 non sono identificabili. Nello spettro registrato a potenza più
elevata (Fig.4.13B), sono osservabili segnali a 200, 339, 409, e 513 e cm-1
assegnabili a TiO2 anatasio, e segnali a 224, 339, 409, 513, 609 cm-1 che possono
essere attribuiti alla presenza di ematite, risultante dalla transformazione della
78
Capitolo 4
magnetite indotta dal laser. Il picco a 662 cm-1 può essere presumibilmente dovuto
a magnetite residua.
Intensity (a.u.)
643 cm-1
200
515 cm-1
404 cm-1
300
400
500
600
700
-1
Raman shift (cm )
Figura 4.12 Spettro Raman di nanorods di ossido dei nanorods di ossido di titanio (2.5 mW, tempo
di acquisizione 20 s, 20 accumuli, λexc=514.5 nm)
a
670 cm
200
300
400
500
b
224
cm-
-1
Intensity (a.u.)
Intensity (a.u.)
535 cm
-1
600
-1
Raman shift (cm )
700
200
662
1
cm-
-1
293 cm
409 cm-
1
339
cm-
609
1
513
cm-
300
1
400
500
cm-
1
1
600
700
-1
Raman shift (cm )
Figura 4.13. Spettri Raman di un campione di eterostrutture nanocristalline, costituito da
ossido di ferro e ossido di titanio, registrati a valori di potenza laser variabili: (a) 1.25 mW, (b)
12.5 mW, (tempo di acquisizione 20 s, 20 accumuli, λexc=514.5 nm)
4.3.3 Proprietà magnetiche
Le proprietà magnetiche delle eterostrutture TiO2/ossido di ferro sono state
investigate mediante misure di isteresi magnetica e misure ZFC/FC. In figura
4.12a e 4.12b sono riportate le misure relative ad un campione (E) di nanocristalli
di ossido di ferro di circa 18 nm. Nelle curve ZFC/FC (Figura 4.12a) si nota una
brusca variazione della magnetizzazione intorno a 100 K attribuibile alla
79
Capitolo 4
transizione di Verwey14,18, una variazione strutturale (da reticolo cubico a
ortorombico), tipica di certi cristalli ionici che è solitamente accompagnata da una
drastica variazione dell’anisotropia magnetica e da una repentina diminuzione
della conducibilità elettrica, che nella magnetite bulk avviene a TV~125 K.
Recentemente, la transizione di Verwey è stata osservata anche per magnetite
nanocristallina19.
In Fig. 4.12a, la temperatura di bloccaggio, corrispondente al massimo della curva
ZFC, risulta essere di 265K: pertanto, i nanocristalli di ossido di ferro dovrebbero
esibire
proprietà
superparamagnetiche
a
temperatura
ambiente.
Questo
comportamento è infatti confermato dal ciclo di isteresi a 300 K in Fig. 4.12b, che
presenta coercitività e magnetizzazione residue nulle. A 2.5 K, invece, la
magnetizzazione di saturazione è 42.5 emu/gr, mentre la coercitività magnetica è
di 43 mT.
b50
40
7
Tv ca. 100 K
6
5
4
3
ZFC
FC
2
1
0
0
50
M (emu/gr)
M (emu/gr)
a8
100 150 200 250 300
T (K)
Hc=0.043 T
Mr =10.3 emu/gr
30
20 Ms >42.8 emu/gr
10
0
-10
-20
-30
-40
-50
-8 -6 -4 -2
Ms ≥ 39.6 emu/gr
300 K
2.5 K
0
2
4
6
8
H (T)
Figura 4.12 Curva ZFC/FC (a) e curva di isteresi magnetica (b) relative al campione E,
contenente NCs di ossido di ferro.
In Fig. 4.13 vengono confrontate le curve ZFC/FC (a, c) e le curve di isteresi (b,
d) di due campioni di eterostrutture, F e G, rispettivamente, contenenti domini di
ossido di ferro di dimensione media 10±1 nm e 4,1±0,6nm. In tabella 4.5 sono
riportati i valori delle grandezze magnetiche ricavate per tali campioni. In questo
caso, la transizione di Verwey non è stata osservata, il che farebbe presumere che
l’ossido ferro sia presente prevalentemente come maghemite (γ-Fe2O3).
80
Capitolo 4
Tabella 4.5. Proprietà magnetiche di alcuni campioni di eterostrutture.
HC(Oe)
Campion
dimensione dominio
stato fisico
T (K)
e
di ossido di ferro (nm) B
A 2.5 K
F
polvere
10±1
95
66 mT
B
G
polvere
3,0
2,5
2,0
1,5
1,0
20
42 mT
300 K
2.5 K
40
M (emu/gr)
ZFC
FC
3,5
Hc = 0.066 T
0
-20
-40
-60
0,5
-8
0,0
0
50
d50
ZFC
FC
M(emu/gr)
1,0
0,8
0,6
0,4
0,2
0,0
0
-6
-4
-2
100 150 200 250 300
T(K)
c
M (emu/gr)
70
b60
a 4,0
M (emu/gr)
4,1±0,6
50
100 150 200 250 300
T (K)
40
30
20
10
0
-10
-20
-30
-40
-50
-8
0
H (T)
2
4
6
8
300 K
2.5 K
Hc = 0.042 T
-6
-4
-2
0
2
4
6
8
H (T)
Figura 4.13 Curve ZFC/FC (a, c) e curve di isteresi magnetica (b, d) dei campioni F e G
di eterostrutture TiO2-ossido di ferro
Dall’analisi dei dati ottenuti, emerge come il campione con i domini di ossido di
ferro più grandi sia caratterizzato da valori di temperatura di blocking
magnetizzazione di saturazione e coercitività magnetica maggiori, in linea con la
dipendenza delle proprietà magnetiche dalle dimensioni documentata in
letteratura.
Più nel dettaglio si può dire che:
- La temperatura di bloccaggio del campione F risulta essere maggiore rispetto al
campione G. Questo è legato alle dimensioni dei domini di ossido di ferro che
comportano una maggiore energia di anisotropia magnetica (EA=KV, dove K è la
81
Capitolo 4
costante di anisotropia magnetica e V è il volume medio delle particelle
magnetiche) per il campione F.
- La dipendenza del valore di magnetizzazione di saturazione, Ms, dalle
dimensioni dei nanocristalli è riconducibile ad effetti di superficie20. I momenti
magnetici degli atomi di superficie (normali alla superficie stessa) difficilmente
riescono ad allinearsi coerentemente con gli spin interni. Ne deriva che la “fase
magnetica” associata alla superficie è caratterizzata da un valore ridotto di
magnetizzazione. Tale contributo a Ms, che si somma a quello degli spin interni, è
tanto più importante quanto più piccolo è il volume del nanocristallo. E’ da
considerare anche un effetto diamagnetico dovuto alle molecole di tensioattivo
legate alla superficie. Nel caso dei campioni F e G, a 2.5K essi non raggiungono
la saturazione a campi alti, evidenziando la presenza di effetti di superficie molto
rilevanti. Tuttavia da una prima stima di Ms, che si ottiene sottraendo alla curva il
contributo lineare misurato a campi alti; si può dedurre che il valore di
magnetizzazione di saturazione del campione F è più alto rispetto al campione G,
che ha un rapporto S/V superiore
- Infine la coercitività magnetica del campione F a 2.5K risulta maggiore rispetto
a quella registrata per il campione G. L’aumento di Hc con le dimensioni dei
domini è tipico dei nanocristalli magnetici di dimensioni minori della dimensione
critica.21 La dimensione critica, che è di 128nm per l’Fe3O4 e 166nm per γFe2O3,22 segna il passaggio da strutture multi-dominio a strutture a singolodominio magnetico. Nei nanocristalli che si comportano da singoli domini,
all’aumentare delle dimensioni aumentano le interazioni dipolari. La forza di tali
interazioni dipolari comporta la necessità di campi magnetici maggiori per
annullare la magnetizzazione residua nel campione. Inoltre in domini di
dimensioni minori, con rapporto superficie/volume maggiore, la più elevata
probabilità di presenza difetti può concorrere ad abbassare il valore del campo
coercitivo.
4.4 Discussione.
Nel presente lavoro di tesi è stata messa a punto una strategia sintetica in
soluzione per la preparazione di un nuovo materiale nanocristallino binario
82
Capitolo 4
composto da TiO2 anatasio e Fe3O4. Le condizioni di reazioni ottimali sono state
individuate in una opportuna combinazione fra la chimica di formazione
dell’ossido di ferro.10-12 e la reattività dell’ossido titanio.9,23,24 Lo schema adottato
si basa sull’introduzione di nanorods di TiO2 nella miscela iniziale di reazione che
fungano da germi per la nucleazione eterogenea di Fe3O4 innescata dalla
decomposizione di Fe(CO)5 in presenza di opportuni tensioattivi.
La caratterizzazione dei nanocristalli ibridi ottenuti è stata effettuata utilizzando in
maniera integrata e complementare tecniche di indagine, quali TEM, XRD,
spettroscopia Raman e misure magnetiche. In particolare, l’analisi degli spettri
Raman e l’osservazione della transizione di Verwey nella caratterizzazione
magnetica hanno permesso di individuare la magnetite (Fe3O4) quale fase
prevalente nei domini di ossido di ferro. Un’ulteriore conferma della presenza di
magnetite è stata infine acquisita mediante la misura delle spaziature reticolari di
Fe3O4 tramite esperimenti di microscopia TEM ad alta risoluzione, la cui analisi
dettagliata è ancora in corso.
Il meccanismo di formazione delle eterostrutture può essere dedotto dall’effetto
che la variazione di alcuni parametri sperimentali ha sulla caratteristiche del
prodotto nanocristallino finale.
I risultati illustrati nei precedenti paragrafi dimostrano che la riduzione del
rapporto TiO2/Fe(CO)5 e della temperatura di iniezione/reazione porta alla
formazione di domini di ossido di ferro di dimensioni progressivamente maggiori
e a rese di reazione (in termini di frazione di nanocristalli ibridi rispetto al totale)
più elevate.
In generale, gli andamenti osservati riflettono il bilancio tra nucleazione
eterogenea di Fe3O4, che dà origine ad eterostrutture, e nucleazione omogenea,
responsabile della generazione di nanocristalli isolati di Fe3O4. Quest’ultimo
fenomeno può essere inibito considerevolmente riducendo la quantità di
precursore iniettata e/o aumentando la concentrazione iniziale dei germi di TiO2.
A parità di altre condizioni, la concentrazione di tensioattivi nella miscela di
reazione e la temperatura modulano la reattività del sistema, determinando
l’attività dei “monomeri”, cioè la concentrazione effettiva di specie reattive
contenenti Fe/O nell’ambiente di reazione.12,15,26
83
Capitolo 4
Nel processo di formazione dei nanocristalli binari ossido di titanio/ossido di
ferro, i germi di nucleazione sono costituiti dai nanorods di TiO2. E’ chiaro,
quindi, che la riduzione della loro concentrazione comporti una disponibilità
relativamente grande di monomeri per l’accrescimento di domini Fe3O4 sui
nanorods. I campioni A, B e C, le cui condizioni di sintesi sono mostrate in tabella
4.1, ne sono un chiaro esempio. Infatti al diminuire della concentrazione dei
nanorods, si ottengono sfere di Fe3O4 di dimensioni progressivamente più grandi
con rese di reazione del 72%, 73 % e 47%, rispettivamente. Il campione C
presenta una distribuzione statistica delle dimensioni di Fe3O4 di tipo bimodale.
Questo fatto si può spiegare considerando che, nonostante avvenga nucleazione
eterogenea con conseguente formazione di eterostrutture con domini di Fe3O4 di
circa 18 nm, la concentrazione troppo bassa di nanorods non è in grado di
sopprimere i fenomeni di nucleazione omogenea, che danno origine a nanocristalli
isolati di Fe3O4 di circa 10 nm. A conferma di ciò, la resa di reazione si abbassa al
47%.
La temperatura è stata confermata essere un parametro di reazione fondamentale
in grado di modulare la reattività dei monomeri e del substrato (cioè del TiO2). Ad
alte temperature una frazione più grande di nanorods diviene sufficientemente
reattiva a causa del più facile desorbimento dei tensioattivi dalla superficie del
TiO2, innescando così un consistente evento di nucleazione eterogenea. Ne segue
che, poiché una considerevole frazione di monomeri viene consumata in questo
fase, i domini finali di Fe3O4 saranno caratterizzati da dimensioni relativamente
più piccole. Tuttavia, a temperature elevate aumenta simultaneamente la
probabilità di nucleazione omogenea, per cui la resa di reazione nel complesso
risulta ridotta.
In letteratura i metodi riportati per la sintesi degli ossidi di ferro si basano sul
riscaldamento lento10,12,14,27 della miscela di reazione fino alla temperatura di
crescita selezionata (260-300°C). Applicando tale procedura alla sintesi di
eterostrutture TiO2-Fe3O4 risultati ottenuti sono mediocri sia in termini di
dispersione delle dimensioni che di resa di reazione. Questa evidenza può essere
plausibilmente spiegata dal fatto che una nucleazione omogenea avvenga già nella
fase di riscaldamento, e, prolungandosi considerevolmente nel tempo, può
84
Capitolo 4
accompagnare anche la fase di nucleazione eterogenea. Tale andamento si riflette
nella distribuzione delle dimensioni dei nanocristalli finali di Fe3O4. Inoltre
l’osservazione che in queste condizioni si ottengono sfere di Fe3O4 di dimensioni
molto più grandi rispetto a quelle dei domini nucleati sui nanorods, è in accordo
con l’ipotesi che la nucleazione omogenea inizi prima di quella eterogenea nel
corso del riscaldamento, essendo richiesto, per l’”attivazione” dei nanorods di
TiO2, il raggiungimento di temperature relativamente elevate.
In generale la nucleazione omogenea risulta inibita se il precursore (Fe(CO)5) è
introdotto goccia a goccia per evitare che venga raggiunta la soglia di
sovrassaturazione.28 Tuttavia, nella sintesi di eterostrutture, risultati ottimali si
ottengono introducendo il precursore in un’unica iniezione direttamente ad alta
temperatura (iniezione diretta). A parità di altre condizioni, l’iniezione goccia a
goccia porta alla formazione di nanocristalli di dimensioni minori e ad una minore
percentuale di eterostrutture rispetto all’iniezione diretta ad alta temperatura. A tal
proposito possono essere fatte alcune considerazioni. Nel presente sistema, è
presumibile che i “monomeri” siano costituiti da complessi del Fe con alcuni
leganti (acido oleico e oleilammina), per cui una maggiore concentrazione di
tensioattivi tende ad incrementare la reattività del precursore, favorendo la
nucleazione omogenea e la formazione di sfere più piccole. La modalità di
iniezione lenta assicura che il rapporto tensioattivi-precursore sia mantenuto alto
durante il corso dell’iniezione, con conseguente aumento della reattività.
Nella tecnica di iniezione diretta, la reattività del sistema è moderata dal ridotto
rapporto molare precursore/tensioattivi, mentre l’attivazione termica del substrato
di TiO2 è sufficiente perchè la soglia energetica per la nucleazione eterogenea
venga superata da una frazione rilevante di nanorods.
La struttura intrinseca dei nanorods di TiO2, elongati lungo l’asse c della struttura
anatasio, fa presumere che le facce basali (001) debbano essere più reattive delle
facce laterali (011) e (101).24,25 Nel caso di altri materiali (per es. CdS, CdSe),
questo fatto si traduce nella possibilità di nucleare un secondo materiale
esclusivamente sulle facce chimicamente più reattive. Tuttavia, questo non è
l’unico fattore che può determinare i siti di nucleazione eterogenea. La crescita
epitassiale di un materiale su un altro richiede che vengano rispettate delle
85
Capitolo 4
relazioni ben precise fra i parametri reticolari delle famiglie di piani che formano
l’interfaccia. La faccia su cui nuclea il secondo materiale può pertanto essere
quella che permette di minimizzare l’energia interfacciale tra i due materiali.
Questo concetto potrebbe essere applicato per spiegare i risultati del presente
lavoro di tesi, in cui è stata osservata una tendenza diversa da quella riportata nella
recente letteratura. Dall’analisi TEM, è emerso, infatti, come i domini di Fe3O4
appaiano ancorati sulle facce laterali dei nanorods. Al momento, sono in corso
esperimenti di microscopia elettronica ad alta risoluzione (HRTEM) per elucidare
la natura dell’interfaccia TiO2-Fe3O4.
I risultati delle misure magnetiche effettuate su eterostrutture contenenti domini di
Fe3O4 di differenti dimensioni sono in accordo col fatto che la temperatura di
bloccaggio, la magnetizzazione di saturazione e la coercitività magnetici
assumano valori dipendenti dalle dimensioni. Poiché gli andamenti delle curve
d’isteresi e delle curve ZFC/FC registrate per le eterostrutture sono tipici della
magnetite, se ne può concludere che le proprietà magnetiche dell’ossido di ferro
non risultano significativamente modificate dalla giunzione col TiO2. Tuttavia la
valutazione dettagliata di questi effetti richiede certamente studi più approfonditi.
4.5 Conclusioni e prospettive
Il presente lavoro di tesi offre un contributo allo sviluppo di nuovi materiali
nanostrutturati attraverso l’uso della chimica colloidale, stabilendo le condizioni
per la sintesi di un nanocristalli binari costituiti da un dominio anisotropo di
ossido semiconduttore, TiO2, con rilevanti proprietà fotocatalitiche, e da un
dominio sferico di Fe3O4 con proprietà magnetiche. La metodologia messa a
punto consente, attraverso la semplice variazione di alcuni parametri sperimentali,
di controllare la dimensione dei domini di magnetite e, di conseguenza, di
modulare le proprietà magnetiche delle eterostrutture risultanti.
La disponibilità di questi nuovi nanocristalli ibridi potrà ispirare originali studi
chimico-fisici sull’influenza che ciascun materiale esercita sulle proprietà
caratteristiche
dell’altro.
Inoltre,
la
prospettiva
di
combinare
l’attività
fotocatalitica dei due ossidi con la possibilità di recuperare il materiale mediante
applicazione di campi magnetici esterni risulta particolarmente interessante
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Capitolo 4
nell’ambito della rimozione di inquinanti ambientali. Infine, questi nanocristalli
ibridi potranno anche essere opportunamente ancorati a substrati ed organizzati
secondo specifiche geometrie od orientazioni in presenza di campi esterni,
permettendo di creare nuovi prototipi di super-strutture complesse a base di
nanocristalli.
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Capitolo 4
RIFERIMENTI
[1] (a) Carp, O.; Huisman, C. L.; Reller, A. Prog.Solid.State Chem. 2004, 32, 33 ;
(b) Cozzoli, P. D.; Comparelli, R; Fanizza, E.; Curri, M. L.; Agostiano, A.; Laub,
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P. D.; Mascolo, G.; Agostiano, A. Material Science and Engineering C 2003, 23,
285. (d) Cozzoli, P. D., Fanizza, E.; Comparelli, R.; Curri, M. L.; Agostiano, A.;
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88
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[20] X. Batlle, A. Labarta. J. Phys. D: Appl. Phys. 2002, 35, R15-R42
[21] Park, J.; Kang, N. J.; Jun, Y.; Cheon, J. Chem.Phys.Chem. 2002, 3, 543
[22] Leslie-Pelecky, D. L. Chem Mater. 1996 , 8,1770
[23] (a) Seo, J.; Jun, Y.; Ko, S.; Cheon, J. J.Phys.Chem. B 2005, 109, 5389. (b)
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[24] Jun, Y.; Casula, M. F.; Sim, J.; Kim, S.; Cheon, J.; Alivisatos, A. P. J. Am.
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[25] Gong, X.; Selloni, A. J.Phys.Chem. B 2005, 109, 19560
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H.; Rice, P.; Wang, S.; Li, G. J.Am.Chem.Soc. 2004, 126, 273
[30] a) Kudera, S.; Carbone, L.; Casula, M. F.; Cingolani, R.; Falqui, A.; Snoeck,
E.; Parak, W. J.; Manna, L. Nano lett. 2005, 5, 445. b) Mokari, T.; Rothenberg,
E.; Popov, I.; Costi, R.; Banin, U. Science 2004, 304, 1787
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Ringraziamenti
Per primo vorrei ringraziare Davide Cozzoli, che mi ha guidata e supportata
durante l’intero anno dedicato al presente lavoro di tesi. Lo stimo e lo ringrazio
per avermi introdotta nel campo della ricerca trasferendomi parte delle sue
conoscenze. Ringrazio anche la professoressa Angela Agostiano, per avermi dato
la possibilità di lavorare nel suo gruppo di ricerca, e la dottoressa Lucia Curri per
aver riposto in me la sua fiducia.
Vorrei ringraziare anche tutte le altre persone con cui ho condiviso l’esperienza in
laboratorio dell’ultimo per il loro supporto e per i bei momenti condivisi. In
particolare ringrazio Elisabetta, Michela, Nicoletta,Chiara e Roberto.
Ringrazio anche tutti gli amici universitari i nomi dei quali sarebbero tanti da
elencare.
Ringrazio le persone speciali che ho avuto vicine negli ultimi anni e in particolar
modo Francesca, Marilena e Daniela; e quelle con cui ho condiviso soprattutto il
mio passato: Maria, Katia e Pia.
Vorrei ringraziare anche tutti gli amici con cui ho trascorso intere serate a parlare
e discutere sui problemi più disparati, in particolare Andrea e Fabio.
Ringrazio la persona che più ha subito le mie ansie e agitazioni dell’ultimo
periodo: Ettore. Mi è stato vicino e ha saputo comprendermi e aiutarmi in
qualunque circostanza.
Infine ringrazio la mia famiglia. In particolare ringrazio mia madre, per il
sostegno, gli insegnamenti e i buoni consigli che mi ha dato fino ad ora e che
continuerà a darmi. Ho molta stima di lei; è una persona forte che ha saputo
trasmettermi la sua grande determinazione. Ringrazio mio padre, con cui
purtroppo non posso condividere questo giorno ma sono sicura che sarebbe stato
fiero di me per essere riuscita a portare avanti i valori che lui mi ha trasmesso.
Ringrazio mia sorella per la grande stima che ha nei miei confronti e per avermi
aiutata a comprendere tipologie di persone completamente diverse da me.