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Colposcopia in Italia La SICPCV 13 La Società Italiana di Colposcopia e Patologia Cervico-Vaginale a Chirundu (Zambia) F. Sopracordevole, P. Cattani, M. Barbero, F. Boselli SOC di Oncologia Ginecologica – Centro di Riferimento Oncologico di Aviano Centro di Ginecologia Oncologica Preventiva - AULSS 20 Verona SOC di Ginecologia e Ostetricia – Ospedale Civile di Asti Segretario Generale SICPCV La Colposcopia in Italia Anno XXIII – N. 2 pagg. 13-15 Un pò di storia L o Zambia è l’ex Rodesia del Nord, ex colonia inglese e, a parte il Sud Africa, primo stato dell’Africa subsahariana a rendersi indipendente nel 1964. Oltre ad una discreta potenzialità agricola, poco sfruttata, possiede le più importanti miniere di rame del mondo, forse seconde solo a quelle del Cile. Dopo un periodo “socialista”, da circa 15 anni lo Zambia ha un governo “liberista”: la popolazione resta comunque molto povera anche perché le risorse sono in genere in concessione a compagnie straniere (il prodotto interno lordo nel 2006 è stato di 1140 US$ pro capite, contro i 28970 dell’Italia). È anche il Paese dell’Africa australe che ha avuto meno guerre: di fatto è in pace e senza grandi tensioni interne dal momento della sua indipendenza. Negli anni 50-60 un discreto numero di tecnici e di maestranze italiane sono stati impegnati nella costruzione di una diga sullo Zambesi, fiume che fa da confine per un lungo tratto tra Zambia e Zimbabwe: ne è sorto il lago Kariba, lungo circa 230 Km e con una larghezza massima di 30; un impianto idroelettrico, costruito con tecnologia cinese, ne sfrutta le acque e fornisce energia elettrica ai due Paesi per uso interno e per l’esportazione. La diocesi di Milano in quegli anni ha favorito l’invio di suore missionarie a supporto spirituale dei lavoratori italiani, suore che poi si sono insediate a Chirundu, cittadina posta a circa 60-70 km in linea d’aria a sud del lago Kariba (circa 90 di strada). Per loro azione sorgerà prima un centro di salute, poi una clinica, quindi, sempre sotto l’auspicio della Diocesi di Milano, un ospedale vero e proprio, il “Mtendere Mission Hospital”, che verrà gestito da una ONG, il CeLIM (Centro Laici Italiani per le Missioni). La proprietà dell’ospedale negli anni successivi è stata trasferita alla diocesi di Monze, città zambiana sulla strada tra Lusaka e Livingstone. Attualmente Chirundu è una piccola cittadina in via di espansione sullo Zambesi, dal lato zambiano del ponte che collega i due paesi e per cui passa una delle stra- 001_Sopracordevole.indd 13 de più importanti dell’Africa subsahariana: partendo da Città del Capo questa strada porta (attraversando il Sud Africa, lo Zimbabwe e lo Zambia) da un lato verso la Tanzania ed il Mozambico e dall’altro in Congo e nella regione centroafricana. Ciò comporta un importante traffico pesante di TIR: circa 150-300 si fermano ogni notte a Chirundu in attesa della riapertura giornaliera della dogana. Deriva da ciò la fortuna “commerciale” di Chirundu (bar, ristoranti, officine, banche e quant’altro possa servire a uomini e mezzi), ma anche il grosso problema della prostituzione, ampiamente presente nella popolazione locale. L’ospedale Il “Mtendere Mission Hospital” attualmente è costituito da un reparto di medicina, da uno di chirurgia (con sezioni separate per maschi e femmine ed una attrezzata sala operatoria con annessa sterilizzazione), da uno di ostetricia con sala parto e da uno di pediatria; comprende inoltre un “Outpatients department”, una “Dental Clinic”, una “Colposcopic Clinic”, un servizio di radiologia e di ecografia, un laboratorio (chimica clinica, microbiologia e anatomia patologica), una farmacia, oltre ai servizi amministrativi e gestionali (lavanderia, cucina, stireria). E’ in via di costruzione un padiglione autonomo per l’isolamento ed il trattamento dei casi di tubercolosi polmonare. E’ inoltre presente una sezione “tecnica” che si occupa della manutenzione delle opere murarie e dell’impiantistica. Dall’ospedale dipende la gestione del territorio (in collaborazione con i centri di salute), il “family planning”, l’”Antenatal Clinic” e tutti i servizi di vaccinazione. L’ospedale ha circa 140 letti ed offre lavoro a 140 dipendenti: il 60% del personale infermieristico, ausiliario e tecnico è dipendente dal governo zambiano mentre circa il 40% è dipendente dall’ospedale e dai fondi missionari. 02/12/10 15:06 14 SICPCV Attualmente sono presenti 5 medici (un’anestesista - direttore sanitario, un internista, un chirurgo e due medici a contratto che svolgono attività pediatrica e ostetrica: in realtà le competenze, tranne che per alcune funzioni specifiche, sono abbastanza intercambiabili,. L’ospedale per la sua capacità tecnica e per la sua efficienza ha un’ottima fama nello Zambia e richiama pazienti da molto lontano, anche dalla capitale Lusaka (sede universitaria e lontana circa 220 Km). Un’anatomia patologica a Chirundu: la telepatologia Fino ad alcuni anni fa l’unica anatomia patologica presente in Zambia aveva sede a Lusaka, presso l’Università; attualmente questo servizio è costituito, a seconda del momento, da 1 o al massimo da 2 patologi. A Chirundu, per circa 15 anni, fino al 2009, lavorò come chirurgo il Dr Paolo Marelli, reduce da precedenti esperienze in Kenia e in Uganda: la grande attività clinica svolta con la conseguente necessità di avere diagnosi istologiche in tempi brevi (inviare un campione a Lusaka significava attendere la risposta istologica anche per tre mesi) mise ben presto in crisi il sistema diagnostico allora presente. Di questo problema si fecero carico i Patologi Senza Frontiere che, grazie ad un progetto finanziato dalla Regione Piemonte, realizzarono ed attrezzarono presso il Mtendere Mission Hospital un laboratorio di anatomia patologica in grado di allestire i preparati istologici, scannerizzarne le immagini ed inviarle con un canale satellitare in Italia per una lettura tempestiva ed affidabile. 001_Sopracordevole.indd 14 CLaolposcopia in Italia La prevenzione del carcinoma della cervice uterina La presenza di un servizio di anatomia patologica ha reso possibile la realizzazione a Chirundu anche di un centro di prevenzione citologica del carcinoma della cervice: l’alta prevalenza di lesioni intraepiteliali ed invasive cervicali nelle donne dell’Africa Subsahariana, l’alta mortalità, le scarsissime possibilità terapeutiche, sono stati tutti elementi che hanno spinto alla attivazione di questo servizio anche in assenza di indicatori specifici per la zona di Chirundu, dove peraltro, a causa della prostituzione, la prevalenza di donne HIV positive è molto alta. La risposta della popolazione all’offerta del pap test è stata oltremodo positiva grazie soprattutto alla capillare azione di informazione e di sensibilizzazione effettuata presso le autorità dei villaggi dalle ostetriche territoriali e da donne volontarie sotto la supervisione di dell’ostetrica dell’ospedale (Ester) che si occupa attualmente della prevenzione citologica. Il successo riportato da questo programma ha reso indispensabile l’attivazione di un servizio di II° livello per il completamento diagnostico ed il trattamento delle lesioni evidenziate: è stato proprio per questa esigenza che i Patologi Senza Frontiera hanno coinvolto, nella persona del dott. Rino Barbero, la SICPCV. La SICPCV è intervenuta, in un primo momento, facendosi carico di fornire le attrezzature necessarie (il lettino, il video colposcopio con possibilità di archivio immagini, il radiobisturi) ed il materiale di consumo (anse, 02/12/10 15:06 SICPCV elettrodi, etc). In loco è stato prodotto un sistema di archiviazione dei casi su Access per la raccolta dati ed il controllo di qualità. In un secondo momento, si è reso indispensabile il coinvolgimento diretto di alcuni membri della Società che, assicurando per brevi ma regolari periodi la loro presenza in Chirundu, hanno reso possibile una regolare attività diagnostico-terapeutica ma soprattutto hanno garantito una buona organizzazione del servizio ed una qualificata attività di tutoraggio per il personale sanitario locale. In relazione alla realtà locale, peraltro simile a quella presente in molti altri paesi in via di sviluppo, si è resa necessaria la rivisitazione e la rielaborazione delle linee guida della nostra Società cercando di limitare al massimo tappe diagnostiche intermedie (quali la biopsia), che comportano ripetuti accessi delle pazienti alla struttura ospedaliera, e codificando in modo attento l’uso del “see and treat” che in queste realtà, ed in mani esperte, offre indubbiamente grossi vantaggi organizzativi e clinici. Nel frattempo la situazione locale del Mtendere Mission Hospital si è purtroppo modificata vanificando, almeno in parte, gli sforzi fin qui sostenuti: il dr Marelli si è trasferito in altro ospedale con conseguente “vuoto” non solo culturale ma anche di gestione pratica dei casi clinici che negli ultimi mesi è gravata completamente sulla SICPCV. In questi giorni è giunto a Chirundo un nuovo medico in sostituzione del dott. Marelli e tra poco dovrebbe prendere servizio anche una dottoressa che in Italia si è già occupata di prevenzione: sono questi segnali estremamente positivi per una pronta ripresa dell’attività clinica normale. Conclusioni Nell’autunno del 2010 saranno trascorsi tre anni dall’inizio della nostra esperienza in Zambia e sarà tempo di fare un bilancio (copertura, tasso di risposta, compliance all’invio in colposcopia, recidive ai trattamenti, cancri intervallo, etc). 001_Sopracordevole.indd 15 Colposcopia in Italia La 15 E’ attualmente in discussione la possibilità di utilizzare l’HPV test. Va peraltro segnalato come tra le donne sottoposte a colposcopia in giugno di quest’anno 48 su 77 fossero HIV positive (62.33%), mentre tra le donne trattate nello stesso periodo la frequenza di HIV positive ha raggiunto (secondo una valutazione ottimistica essendo per alcune non noto lo stato HIV) perlomeno il 71.4% (15 su 21). Ovviamente questi dati influiranno sul tasso di recidive ma devono far riflettere anche sulle modalità di screening primario. La nostra scommessa è quella di riuscire a rendere sostenibile il progetto intrapreso ed a fare in modo che la prosecuzione del programma sia gestita in modo autonomo ed autosufficiente dai sanitari locali. Nella realtà africana, con le problematiche tecniche e logistiche connesse, questo percorso potrà necessitare ancora di diversi anni, ma probabilmente la strada iniziata è quella giusta. Affronteremo in un altro articolo la problematica relativa a quali siano, a nostro avviso, le scelte migliori per la prevenzione del carcinoma della cervice uterina nei paesi in via di sviluppo. Il nostro atteggiamento si è sempre inspirato alla necessità di portare in queste nazioni metodiche sostenibili dal punto di vista economico ma rispettose dei principi etici che guidano i comportamenti sanitari nei paesi sviluppati: ciò che non è etico in Italia non può essere considerato etico in altre realtà più povere. 02/12/10 15:06