1 Tracce arabo-musulmane nella toponomastica in Italia di Giuliana

Transcript

1 Tracce arabo-musulmane nella toponomastica in Italia di Giuliana
Tracce arabo-musulmane nella toponomastica in Italia
di Giuliana Cacciapuoti
Introduzione L’occasione del convegno di Toponomastica femminile mi permette una riflessione su alcune
questioni significative. La toponomastica diviene strumento di indagine e punto di partenza anche per
chiedersi, alla luce di un evidente mutato quadro sociale e pluri-culturale della società europea, in quale
direzione stia andando la cultura europea: e ancor di più interrogarsi, quanto il contributo della cultura
arabo-islamica abbia contribuito formazione della cultura umanistica e scientifica nel nostro continente,
quale linfa abbia nutrito le radici delle arti e delle scienze nella penisola italiana in particolare nel
meridione. Oggi la cultura è sempre più intesa come processo e non struttura, e dunque l’Europa non
elabora un’unica cultura bensì dovrebbe sviluppare l’arte del vivere insieme nelle differenze. Nel nostro
paese molte giovani donne italiane, la cui cultura di origine è araba o musulmana desiderano essere parte
di questo nuovo mosaico culturale. E’ giusto che chi si occupa di ricostruire tracce , perché solo tracce della
cultura arabo-musulmana è possibile identificare nella toponomastica d’Italia, lavori perché un domani si
possa insieme alle numerose e dimenticate donne protagoniste della vita civile nazionale, ricordare nelle
città, le preziose azioni di tutte queste nuove cittadine che con il loro impegno aiuteranno certamente a
mutare il volto delle nostre città.
La toponomastica ha un ruolo fondamentale per poter ricostruire o far riaffiorare, passato e memoria
storica oggi archiviata: il ricordo, in particolare nel Meridione d’Italia, della presenza culturale araba e
musulmana che contribuì a rendere dotta erudita e saggia la nascente cultura italiana, nelle arti nelle
scienze nella letteratura e in tutti i campi delle umane attività, forgiandola con quei caratteri comuni a
entrambe le sponde del Mediterraneo. Nella ricerca appena iniziata non ci si aspetti di scoprire vie e piazze
intitolate a protagoniste dei secoli di presenza musulmana in Italia, dalla Sicilia all’emirato di Bari alle
contrade della Calabria ,Campania fino nell’Alto Lazio, e molto oltre. L’immaginario esotico nelle strade
delle città italiane si limita a evocare inesistenti magici orienti e evanescenti Sherazade narranti favolose
quanto mendaci Mille e una notte o mitiche Aide e Cleopatre d’Egitto!
Invece lungo tutto l’arco della penisola città, borghi contrade castelli, fonti dai nomi significativi per
arabiste e islamiste, testimoniano di una presenza stabile e continua non solo di predazioni e scorrerie ma
di scienziati eruditi e dotti, uomini e donne che seppero offrire il loro contributo alla corti normanne e
aragonesi nei secoli successivi. Prima che nei nomi dei luoghi la stessa conformazione e la storia urbanistica
delle città mediterranee ne è segno visibile. Il mare nostrum mantiene la sua caratteristica di catalizzatore
culturale nell’Africa del Nord come nel Sud dell’Italia e le molte città di fondazione antichissima mostrano il
loro costante e comune carattere fenicio, greco romano, e nel Medioevo, arabo. Le città mediterranee
nella loro configurazione tipica che riconosciamo anche senza troppe difficoltà ancor oggi, composte da una
cittadella( per la città araba medina) molto compatta, circondata da alte mura e dominata dalla casbah o
rocca, vero centro politico e religioso, con il campanile o il minareto e chiesa o la moschea più importante.
Si ritrova questa dimensione urbanistica lungo le strade strette e tortuose di mercati suq o bazar, a
seconda della lingua lì parlata, nei quali tutti i mestieri, di radicata tradizione familiare, risultavano
concentrati in una determinata strada. Algeri Casablanca Palermo Caserta vecchia, le immagini di tanti
luoghi familiari balzano ai nostri occhi, un lungo elenco dal nord al sud del Mediterraneo. Non solo pacifica
fu la relazione tra le sponde del Mediterraneo. Le numerose scorrerie e rapine sulle coste dei pirati
saraceni che terrorizzavano le popolazioni hanno lasciato tracce stavolta in negativo nelle contrade
settentrionali e meridionali ove si ricordano nella cultura popolare e nei nomi delle contrade di giovani
rapite o vittime dei feroci mori, turchi, berberi predatori che in molte terre razziarono e portarono terrore.
Nomi di luoghi di origine araba in Italia
Offriamo qui una panoramica di toponimi di quasi certa origine araba, mentre attendiamo di consultare la
mappatura finale di Toponomastica femminile per scoprire eventuali scambi e contaminazioni culturali fino
ad oggi non esaminate o nemmeno considerate nella geografia e nella storia dei rapporti tra mondo arabo
e la nostra penisola nel corso dei secoli. Una approfondita analisi odonomastica soprattutto di antichi
1
borghi o località che hanno conservato nelle vie e piazze denominazioni medievali potrebbero riallacciare
legami o far comprendere meglio significati etimi o memorie storiche rimaste nell’oblio del tempo.
Sicilia
La Sicilia, conquistata nel 827,dal IX all’IX secolo, ha goduto benefici materiali e spirituali di questa presenza
araba. “La compenetrazione etnica e culturale la sopravvivenza della grecità e latinità insieme con
l’arabismo si dispiegarono con brillante rigoglio nell’eccezionale fioritura culturale del periodo normanno.
Nella composizione etnica, nell’onomastica nella toponomastica e in molti altri campi il dominio arabo ha
lasciato durevoli tracce” (cfr Gabrieli, op.cit.206).
Analizziamo nel dettagli alcune di queste tracce toponomastiche. In generale, le località di origine araba
sono prevalenti nell’interno, mentre sono di origine greca tutti i toponimi delle coste (cfr Nocentini op.cit.
mappa 6).Ancora oggi la memoria del passato arabo rivive in tanti nomi di luoghi, località ricche di arte
storia bellezze naturali. Il termine al-qantar il ponte ci porta ad Alcantara, località e nome di fiume che
scorre tra gole e scava il suo corso nelle rocce più dure della terra. Gli arabi denominarono la zona alqantar alludendo al ponte saraceno nei pressi di Adrano, sebbene tale costruzione sembrerebbe essere di
origine normanna. Un nome plurale collettivo baqar buoi o vacche, per estensione , stalla, da origine al
toponimo, Bagheria, città della provincia di Palermo. Il termine qala/ qal’at - castello, cittadella,
fortificazione, rocca ci propone un lungo elenco di paesi e città: Calascibetta, castello sul monte Scibetto, la
cittadina è oggi dominata da un castello normanno fatto costruire dal conte Ruggero, forse fondato sulle
rovine di una fortezza araba per fronteggiare la vicina Castrogiovanni. Caltabellotta: la “rocca della quercia
o delle querce”, qalat ballut, perché intenderebbe nel secondo caso il plurale collettivo.Calatabiano, qal’at
al- bian, generalmente tradotta come rocca di Biano, il nome che gli arabi diedero alla fortificazione lì
edificata. In realtà occorre un approfondimento nel nome infatti intravedo le radicali arabe ba,ya e nun, del
verbo separarsi e vari altri significati affini. Calatafimi, prende il nome dal castello arabo denominato qal‛at
al-fīmī la “rocca di Eufemio”ossia oppure in altra accezione rocca delle rovine(?!) mi lascia assai dubbiosa
forse delle gole, ma occorre studiare il termine ancora. Caltagirone fu occupata nel IX secolo dagli Arabi,
che diedero all’abitato il nome di qal‛at al-ghīrān, forse,ma per me da riconsiderare, castello delle grotte.
Caltanissetta, rocca delle donne/ rocca dei Nisseni. Il prefisso qal‛at (castello) fu aggiunto in epoca araba,
l'origine del nome della città è assai controversa: sia da ricollegarsi con un'antica Nissa o Nisa, oppure con il
termine arabo nisa’i plurale collettivo di donne? Caltavuturo, l’ abitato attuale, sorto nel sec. XVI, ha preso
il posto dell'antica città araba di Qal‛at Abī Thawr il castello di Abu Thawr.
Dal termine marsa approdo, spiaggia ancoraggio e, in genere, porto marittimo o fluviale si elencano:
Marsala, ricostruita dagli Arabi; ebbe il nuovo nome dal quale proviene la denominazione attuale, perché si
allude al porto /approdo ‘aly che sta in alto /elevato,superiore anche in senso figurato, oppure è il Marsa
‛Alī porto di Alì o anche il porto di Allah( di Dio)?
Marzamemi o Marsamemi ossia marsa al-hamām è il "porto dei colombi o dei piccioni" presso il Capo
Passero .
Misilmeri , da manzil-el-emir, abitazione dell’emiro.
Mazara del Vallo, con la caratteristica disposizione del vecchio centro storico, un tempo racchiuso dentro le
mura normanne, presenta i tratti tipici dei quartieri a impianto urbanistico islamico tipico delle medine;
ancora oggi è un cuore vivo e pulsante della relazione tra comunità locale e musulmana arabofona. L’etimo
del nome appare non riconducibile a un arabismo: con la forma Mazaris il nome di questa località è citato
nell'Itinerarium d'Antonino e sotto quella di Mazare è ricordato da Stefano Bizantino eppure proponiamo
una suggestione culturale. Nel dialetto cilentano mazzara indica la pressa di pietra del frantoio, in altri siti la
parola araba per luogo dove si pressano(le olive) o frantoio è detto ma’sar pl.masa’cir ma’sara ossia
mazzara.(M.Toscano op.cit. 567)
Favara è la “sorgente, da fawwara la fonte d’acqua sorgiva per eccellenza (dal verbo fara zampillare,
gorgogliare, tipico dell’acqua sorgiva). Il termine gebel altura, monte, monte isolato, o gruppo o catena di
monti, o anche altopiano è il termine è frequentissimo nella toponomastica in tutto mondo arabo e in
Sicilia incontriamo:
Mongibello, infatti l'Etna era chiamato gebel al tempo degli Arabi, poi Mongibello (monte-gebel) dalle
persone colte.
2
Gibellina, il nome deriva da gebel az-zaghir il nome completo significa "piccola montagna", "piccola
altura".
Gibilmanna, gebel el-man, gibel el-mann cioè monte dei divieto potrebbe riferirsi alla fitta vegetazione che
impediva il passaggio, oppure alla proibizione di effettuare pellegrinaggi al santuario cristiano da parte
degli Arabi conquistatori; il nome gibel el-mannat, monte della manna si riferirebbe invece alla presenza di
frassini produttori di una sostanza vischiosa chiamata manna, oppure, ancora indicare il monte della grazia
o del dono divino, in riferimento anche alla presenza del santuario. Infine la traduzione più probabile
appare gibel-el-iman, monte della fede, il termine gibel/gebel monte e iman fede.
Gibilrossa, da gebel ras montagna principale, intendendo ras(iyya) come aggettivo, primo per importanza,
principale.
Il termine rahl ,luogo di soggiorno, indica un luogo in cui fare tappa e sostare.
Racalmuto, gli Arabi si stabilirono qui con piccoli nuclei di coloni, dediti all'agricoltura, l’insediamento
sorgeva su una vallata fertile e irrigata da acqua abbondante. Il nome, di origine araba, fa supporre che
esistesse un casale dalla prima presenza musulmana. Il piccolo villaggio era difeso da un castello e il
geografo al -Idrisi (cfr op.cit.)ne colloca uno proprio dove sorgeva l’antica Racalmuto.
Regalbuto, il cui vecchio nome Ragalbuto ,Rahalbutum o Rayhalbutum sarebbe più vicino alla forma araba,
da cui si fa derivare il moderno.
Ragalna, nome il cui etimo potrebbe indicare l’arabo rahal-na il nostro insediamento
Regaleali, frazione che appartiene al comune di Sclafani Bagni e nome notissimo di vitigni ricercati e
raffinati potrebbe avere un etimologia di luogo eccelso rahal al-‘ali sempre nelle radicali ayn lam ya essere
superiore , essere nobile.
Salemi, ha un legame stretto con la parola salam pace dunque luogo pacifico, dove c’è serenità.
Italia meridionale e Sardegna
Non in maniera tanto continua nell’arco del tempo e senza una presenza costante e consolidata di potere
costituito quale quello degli emirati Aghlabita Fatimita e Kalbita in Sicilia, importanti contatti commerciali
si stabilirono tra le tra le due coste del Mediterraneo, estremi di una rete di scambi che arrivava fino
all’Egitto e al Mediterraneo orientale, da cui i porti laziali e campani traevano considerevoli vantaggi. Gli
arabi, e gli arabo-berberi dell’Ifriqiyya ,dal canto loro, oltre ad avere navi mercantili nei porti di Gaeta,
Amalfi e Napoli, inviavano anche navi pirata e formazioni regolari, sia al servizio dei duchi meridionali, sia
per tentare di occupare postazioni strategiche in prospettiva di una conquista stabile degli importanti porti
peninsulari. Nell’835 vengono arruolati mercenari musulmani dal console di Napoli Andrea per difendersi
dall’attacco del duca di Benevento. Nell’838, sempre spinti dai napoletani, attaccano Brindisi, l’anno dopo si
insediano a Taranto, mentre nell’847 un gruppo, indipendente dagli Aghlabiti siciliani, stabilisce a Bari il
primo emirato continentale. Anche la Sardegna e molte altre aree meridionali Basilicata Calabria, fino alla
Campania , dal Cilento al beneventano, all’area omogenea interregionale molisana-cassinese-casertana e
basso Lazio, ebbero relazioni pacifiche o di violenta razzia con gli arabi; se un toponimo veneto
confermasse le ipotesi fatte, si rileverebbero contatti inaspettati.
In Sardegna non risultano esserci toponimi diretti di origine araba, esistono di certo alcuni toponimi di
origine indiretta araba, ossia arrivati in Sardegna per il tramite della lingua catalana o di quella spagnola. La
Sardegna in realtà non fu mai conquistata dalle armate islamiche che vennero respinte dai sardi con l'aiuto
della flotta pisana, né si conoscono insediamenti musulmani stabili. C’è testimonianza, invece, nei
numerosi toponimi che ricordano i saraceni e i mori, di insediamenti arabi nelle valli dell’Aniene, del
Tevere, del Liri, del Volturno. Nepi, Sutri, Narni, Orte, Trevi dovevano essere le punte settentrionali delle
incursioni arabe di quei decenni, anche se la loro occupazione durò pochi anni; tra le razzie si ricordano
diversi monasteri del Cassinate, Farfa nella Sabina, San Vincenzo al Volturno, le città di Boiano e Isernia
(anche se queste furono forse opera delle truppe mercenarie di Sepino), e ancora Alife, Telese, e Atina, con
la fondazione della rocca di S. Biagio Saracinisco (forse da ascrivere alle imprese degli arabi di Puglia
anteriori di qualche decennio). Inoltre, avendo chiuso le vie di accesso a Roma, gli arabi imponevano tributi
e riscatti a tutti pellegrini diretti alla città santa. Oltre alle scorrerie, gli arabi si dedicavano al
consolidamento dei propri stanziamenti. Secondo quanto ci dice la cronaca di Liutprando, essi avevano
creato sul Garigliano un vero e proprio nucleo di cittadella islamica, dove "custodivano donne figliuoli,
3
prigionieri e bottino". Avevano cioè dato vita a nuovi nuclei familiari, probabilmente misti, e avevano
fondato un centro forse anche dotato degli edifici chiave della città islamica: una sala di preghiera, se non
una vera moschea, un serraglio e una bayt al-mâl, ossia una tesoreria dove venivano depositate decime
pagate dai fedeli e di tributi. In ordine sparso tra questi ricordi toponomastici citiamo: Sarracini nei pressi di
Cassino, Serracini nel comune di Vallefredda, S.Biago Saracinesco prima del 1679 solo Saracinisco e sede di
un ribat ossia una fortificazione formata da un insieme di strutture fisse poste lungo i confini dei domini
islamici, finalizzata ad ospitare volontari che potessero assolvere al contempo al dovere di difendere le
frontiere dell'Islam e al rafforzamento della fede islamica grazie a esercizi spirituali e devozionali. Ciò
denota la chiara frequentazione saracena nella Valle del Liri. Fontana del Moro è una località di Castro dei
Volsci, mentre a Picinisco ci sono una porta e una via Saracena che indicano al viandante la direzione verso
Saraciniscus l’ appena citato S. Biagio( Beranger,op.cit.79-83).
L'insediamento musulmano di Lucera, nella storia dell'Italia meridionale, non fu il frutto d'una azione
violenta d'impossessamento di territori e di assoggettamento di popolazioni, bensì il risultato della precisa
volontà imperiale di Federico II di deportare i circa 20.000 sudditi musulmani rimasti in Sicilia dopo le loro
insurrezioni stroncate dal potere imperiale, nella città pugliese di Lucera. La comunità islamica di Luceria
Sarracenorum aveva piena facoltà di praticare i propri culti. Fruiva di una moschea-cattedrale di scuole
coraniche e di un qadi, giudice in grado di dirimere le controversie che fossero insorte fra i musulmani, col
libero ricorso ai dettami della shari'a. I saraceni erano esperti coltivatori e allevatori, abili artigiani, validi
combattenti (come fanteria di arcieri rappresentarono poi la punta di diamante dell'esercito di Federico,
che se ne servì anche come guardia del corpo) e le stesse donne musulmane, furono impiegate in lavori
tessili nel laboratorio artigianale collegato alla camera regia. La città ospitò il singolare istituto scientifico,
la dar al-'ilm, letteralmente la casa della conoscenza, una sorta di fondazione culturale aperta ai dotti
dell'epoca, e viene descritta nelle cronache degna della bellezza e della cultura della Cordoba andalusa. La
vicenda dell’ultimo insediamento musulmano ebbe però tragica conclusione. Carlo II d’Angiò, nel 1289
aveva già provveduto ad espellere gli ebrei dai suoi domini dell'Angiò e del Maine e ad organizzare la strage
della comunità ebraica di Napoli ,tutti gli ebrei presenti in città erano stati massacrati e i loro corpi
ammucchiati nel vicolo, detto da quel momento, e fino agli anni Venti del ventesimo secolo Scannagiudei.
Nel 1300 un'identica soluzione finale fu da lui presa nei confronti dei musulmani di Lucera con la
distruzione, per ulteriore misura, della città.
In tutto il Meridione, ad eccezione dell'emirato di Bari, e di quello di Taranto, di cui restano poche tracce e
vestigia anche linguistiche e culturali dopo la cruenta fine di Lucera e delle comunità musulmane lì
residenti, la presenza araba in Puglia Campania e Calabria sopravvive nei ricordi fondamentalmente nella
sua vocazione predatoria. I musulmani dettero vita a insediamenti stabili che potessero fungere da basi per
sostenere le loro azioni militari nell'entroterra e sui mari come la base sul Garigliano, o del Traetto. Tracce
di questa relazione compaiono in molti nomi di luoghi odonimi o lemmi sia dialettali che delle parlate locali.
In Campania alcuni luoghi dal nome probabilmente arabo sono: Acciaroli (Cilento) da az-zu’rur/ azzalora
frutto del susino, una località presso Agnone Cilento, detta malazzena/i magazzino di merci varie( Toscano
op.cit.562;567),oppure molte tracce in toponimi regionali sono ancora da riscoprire e analizzare . Una
paziente ricerca filologica le riporterà alla luce anche grazie ai dati che stiamo lentamente raccogliendo con
Toponomastica femminile.
Italia settentrionale
Ma la ricerca di tracce toponomastiche non si ferma solo alle terre meridionali d’Italia. L'invasione dei
Saraceni si collega agli altri insediamenti degli Arabi, fino al X secolo presenti un po' in tutto il Piemonte
centro-meridionale, quindi nel Monferrato, sui valichi alpini fino al Gran San Bernardo sul versante italiano,
a Vienne su quello francese, a ventaglio sulla Riviera Ligure, provenienti essi dalla loro munitissima base di
Saint-Tropez, in Provenza, dove fondarono il famoso Frassineto (identificabile con l'attuale borgo medievale
di "La Garde Frainet"), loro principale insediamento, che dette nome, secondo gli storici, a tutti gli altri
Frassineti e Prassinelli subalpini, a causa della presenza araba in località che assunsero conseguentemente
la denominazione della matrice provenzale. In un primo momento, le orde saracene si limitarono a
sporadiche razzie nelle vallate del Piemonte attraversando i valichi alpini, ormai, a causa dell'indebolimento
dell'Impero Carolingio, sguarniti di una qualsiasi forma di controllo. In seguito, i musulmani tentarono di
4
applicare alle loro incursioni prive di un disegno strategico un principio di organizzazione destinato a
stabilizzare definitivamente la loro presenza sul territorio delle vallate piemontesi, dando luogo alla
fondazione di alcuni insediamenti, imponendo tributi alle popolazioni locali, ormai prive di un riferimento
statuale, e vessandole con soprusi d'ogni sorta. Dopo aver occupato la costa almeno fino all'odierno confine
italo-francese, i Saraceni valicarono le Alpi Marittime, giungendo nella provincia di Cuneo attraverso tre vie:
dal colle di Tenda, ove giungeva un'antica via romana, che apriva un comodo passaggio alla val
Vermenagna. Risalendo la val Roia entravano alla Giandola, sbucando nel punto di congiunzione fra le valli
Roia e Rio Freddo. Risalivano quindi il Rio Freddo fino al Colle dei Signori, da cui potevano scendere nella
sottostante val Pesio. dalla pianura di Albenga e Porto Maurizio, risalendo le valli Arroscia e Impero, che
arrivano sino al colle di Nava, dal quale potevano poi scendere in pianura attraverso la val Tanaro o la val
Ellero o la val Maudagna.In seguito, occuparono un vasto tratto montuoso tra il col di Tenda, il Marguareis
e la Bisalta, per assicurarsi il ritorno a Frassineto località il cui nome derivava dall'antico villaggio locale di
Fraxinetum, nome arabo che traslittera il latino Farakhshanit, attuale La Garde-Freinet, presso SaintTropez, nel meridione francese, in cui nel X secolo si creò un insediamento di predoni, prevalentemente
musulmani. Tuttora, lungo tutta l'alta valle Tanaro, sono visibili innumerevoli torri saracene. Gli islamici
giunsero anche a controllare i passi alpini e ad imporre un tributo ai viandanti che dovessero valicarli. Il
timore dei predoni islamici si diffuse talmente nell'immaginario collettivo delle popolazioni della Provenza,
della Liguria e del Piemonte, da generare numerose leggende tuttora tramandate oralmente: i Saraceni,
scendendo nella notte nei villaggi, rapivano i bambini per portarli nei loro rifugi, massacrando gli uomini e
violentando le donne. Il "Planctum Pedonae", in un linguaggio misto di latino e di espressioni popolari,
racconta la desolazione e la devastazione dei paesaggi delle contrade di Provenza, Piemonte e Liguria
attraversate dalle scorribande saracene del decimo secolo. Il Chronicon Novaliciense narra l'abbandono dei
monaci novalesi (rifugiatisi a Torino) di fronte all'avanzata dei saraceni paragonando quest'ultima
all'invasione di un fiume in piena. Molti dunque nomi che possono essere giunti nelle denominazioni di
strade o siti di tutta la penisola.
L’Italiano e i prestiti linguistici dell’arabo
La stessa lingua italiana e non i dialetti, si avvale di molte parole di origine araba. Non è qui la sede di una
trattazione ampia e rimando a miei e altri studi sul tema ( cfr Pellegrini et alia). Sottolineo solo che, nel
contesto storico in cui stiamo agendo, l’ Alto Medioevo,e ricercando spunti e tracce toponomastiche e
odonomastiche, le città marinare di Amalfi Pisa, Genova e Venezia, in questo senso ci offrono un
contributo rilevante. E’ possibile accertare che alcuni arabismi sono entrati nella nostra lingua standard
passando per una o più di queste città, che avevano degli scambi commerciali intensi e continuati con il
mondo arabo e musulmano. E’ il caso ad esempio, in cui la stessa identica parola araba, nome di luogo, è
penetrata in italiano assumendo due forme e significati differenti, perché passata contemporaneamente da
due vie di ingresso diverse: darsena entrata via Genova e Pisa e arsenale arrivata a Venezia; entrambe
derivano dalla stessa parola araba, dar al-sina‘ officina.
Conclusione
Questo contributo , da ultimo, ha due intenti: il primo di tipo scientifico, ossia delineare e tracciare con
nuovi criteri una mappa rinnovata che permetta una riflessione storica sulla presenza araba e musulmana
in Italia; il secondo di apertura culturale. Conoscere le radici dimenticate attraverso le memorie geografiche
di una civiltà considerata come “altro da noi” e invece “dentro di noi”, con l’intento di sconfiggere la
diffidenza che inevitabilmente scava un fossato tra civiltà limitrofe. Lo scopo di attuare una frattura
profonda tra le due sponde del Mediterraneo e spezzare definitivamente l’unità polita geografica e
culturale di questo mare interno è un progetto che quanti hanno a cuore lo sviluppo economico e sociale,
l’arte della convivenza e del rispetto reciproco in quest’area, devono respingere. In epoca di globalizzazione
e migrazioni ritrovare una unitarietà culturale islamico-cristiana mediterranea e richiamare dal passato le
impalpabili figure di donne, riscoprirne labili tracce in nomi di luoghi di paesi strade e percorsi, riafferrare
negli etimi dei luoghi storie e vicende quasi mai conosciute, è il miglior omaggio oltre che “temeraria
impresa” al tempo delle Primavere delle donne su ogni sponda del Mediterraneo, è l’azione davvero
concreta che dobbiamo realizzare.
5
Cenni bibliografici
Abbate Lucia, Toponomastica siciliana di origine araba nel versante tirrenico e ionico dei Peloritani, 2008
Abu ‘Abd Allah Muhammad ibn Idris, Al-Idrisi (tradotto e annotato da U.Rizzitano),Il libro di Ruggiero,
Flaccovio, Palermo, 1966
___ “Opus geographicum,sive liber ad euorum delectationem qui terrae peragrare studeant”I-IX; Napoli
Roma, 1970-1974
Amari, Michele, Storia dei musulmani di Sicilia,II ed. a cura di C.A.Nallino, Catania 1933-1939
Beranger, Eugenio M. Presenze ed influenze saracene nel medio e basso Liri(IX-XII sec.) in Atti del convegno
Presenza araba e islamica in Campania, a cura di A. Cilardo, Napoli-Caserta 1989, 55-117
Braudel, Fernand, Mediterraneo, Bompiani, Milano 2002 civiltà islamico-cristiana. Una proposta
Bulliet Richard W. , La civiltà islamico-cristiana. Una proposta. Editore Laterza I Robinson, Bari 2005
Cacciapuoti Giuliana, Prestiti linguistici dell’arabo in italiano, Relazione al Convegno Interculturalità del
Mediterraneo-La presenza araba in Italia, Ischia settembre-ottobre 2003 in Mare dei popoli/3, 2003
Carretto Giacomo E., Lo Jacono Claudio, Ventura Alberto, Maometto in Europa, a cura di F.Gabrieli, Milano
1982;
Cossuto Giuseppe, Gli arabi nel Lazio nei secoli nono e decimo
Daniel Norman, Gli Arabi e l’Europa nel Medioevo, Il Mulino, Bologna 1981
Egidi Pietro, Codice diplomatico dei Saraceni di Lucera, Napoli 1917
Gabrieli Francesco, Maometto e le grandi conquiste arabe, Il Saggiatore, Milano I ed. 1967
Gabrieli, Francesco- Scerrato, Umberto, Gli Arabi in Italia, Libri Scheiwiller, Milano 1979
Giammarco Ernesto, Toponomastica abruzzese e molisana, Pisa 1989
Lombard Maurice, L’Islam dans sa première grandeur (VIIIe-XIe siècle),Flammarion, Paris 1971
Nocentini Alberto, Toponimi italiani: origine ed evoluzione, Istituto geografico Militare Italiano, Università
degli Studi di Firenze
Pellegrini Giovanni Battista, Onomastica e toponomastica araba in Italia, in Atti e Memorie del VII
Congresso Internazionale di Scienze Onomastiche (Firenze, 4-8 aprile 1961), Firenze, III, pp. 445-477.
_____, Gli arabismi nelle lingue neolatine con speciale riguardo all'Italia, 2 voll., 1972
_____,Gli arabismi nelle lingue neolatine con speciale riguardo all’Italia, vol.I , Paideia, Brescia,1973.; .
Rohlfs Gerd, Dizionario toponomastico ed onomastico della Calabria, Ravenna 1974
Toscano Maddalena, Sulla presenza di arabismi nel dialetto del Cilento, in Atti del Convegno Presenza
araba e islamica in Campania, a cura di A. Cilardo, Napoli-Caserta 1989,551-575
6