Marzo 2013. Numero 32.

Transcript

Marzo 2013. Numero 32.
“Stupenda l’isola è. Il clima è dolce, intorno a me.”
TRENTADUE
MARZO 2013
GIALLI
Sherlock
STORIE
Simpatia per
il demonio
settima puntata
di Roberto Mengoni
Max Keefe è un
mensile gratuito,
creato, impaginato e
diffuso da
Roberto Mengoni
Foto: Benedict
Cumberbatch e
Martin Freeman
MAXKEEFE
STORIE E AVVENTURE IMMAGINARIE
Il fascino di Londra
Sherlock
Una serie televisiva della BBC che reinventa il personaggio di Conan Doyle e la capitale britannica
Non c’è niente di vero nella Londra
vittoriana creata dal cinema e dalla
letteratura ma il suo fascino mi
incanta. Mi piacciono le strade
percorse dalle carrozze a cavallo ed
illuminate dai lampioni a gas, dove
i ragazzini dei quartieri popolari
strisciano accanto, senza mai toccarli, austeri signori in cilindro
colmi di spocchia. Un immenso
impero si stende oltre i moli del
porto, meta e partenza per centinaia di navi, verso l’India dei thug e
dei sepoy, le piantagioni di gomma
delle Malesia e le miniere dell’Africa nera. Un mondo che, per il suo
rigido formalismo e l’ipocrica cavalleria verso le donne, sembra
alieno, ma che non smette di affascinare, forse per il brivido di sapere che sotto l’apparente velo di razionalità e la fede cieca nei prodigiosi progressi della scienza, scorre
la follia delle emozioni umane più
crude. Jack lo squartatore è vittoriano, come Sherlock Holmes.
Una Londra grigia ed ambigua è
lo scenario di Sherlock, la versione
contemporanea delle opere di Co-
1
nan Doyle, una delle più creative
ed intriganti serie televisive create
dalla BBC, che continua a stupirmi
per la sua capacità di sfornare produzioni di altissima qualità.
Benedict Cumberbatch è l’ultimo
Sherlock Holmes. Immaginate il
volto del più irritante compagno di
classe, quello più geniale, e moltiplicate per dieci. Come il personaggio originario, il giovane Holmes è una macchina per pensare,
uno psicopatico asociale per sua
stessa ammissione, ma non privo di
un suo ironico gusto per la teatralità. Impossibile resistere al suo fascino da nerd.
Martin Freeman è John Watson,
anch’egli reduce dall’Afghanistan,
ultimo episodio dell’eterna guerra
tra l’occidente e i pashtun. Paziente, dotato di una buona dose di
razionalità e di almeno altrettanto
coraggio di Holmes, il moderno
Watson è tanto umano quanto glaciale è il suo compagno di stanza. E
con il suo sguardo tenero, non
manca di suscitare l’interesse delle
donne.
Vi consiglio di procurarvi i DVD
delle due serie finora apparse (la
lavorazione della terza è cominciata in questi giorni). Mettetevi comodi. Si comincia dalla sigla, una
classica, robusta, evocativa sigla
all’inglese (a chi ha qualche decennio di troppo, richiama vagamente
quella dello storico Attenti a quei due).
I sei episodi si rifanno tutti alle
storie più classiche di Conan Doyle,
come “Il mastino dei Baskerville”,
“Uno studio in rosso”, e “L’ultima avventura”. Gli autori (Steven Moffat e
Mark Gatiss) sono stati capaci di
distillare da ognuna delle storie
originali di Conan Doyle il loro
peculiare succo di intelligenza ed
umorismo britannico, e di calare
questo mix sofisticato in una Londra assolutamente contemporanea
ed inglese, ma anche universale ed
irreale, meravigliosa e terribile.
E’ una città dove la nebbia è
scomparsa. I palazzi del governo
s’intravedono ma il vero potere è
lontano. La popolazione, chiusa
nelle sue casette vittoriane, è ignara
dei disegni che si consumano sotto
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la sua pelle di cemento. Come i perbenisti vittoriani nascondevano sordidi
scandali, la Londra del XXI secolo è
teatro di feroci battaglie di intelligenza
e di abilità, all’ombra del Gherkin e del
London Eye.
Sherlock e Watson sono alle prese
contro i geniali schemi criminali del
terrificante Jim Moriarty, spietato e
pazzo, un mister Hyde dalle multiformi
spire, che si fa beffa delle leggi e della
mediocrità, in cerca dell’ultimo trionfo
sull’unica persona degna di essere al
suo livello, Sherlock Holmes.
In un mondo di trafficanti e criminali dalla doppia vita, i rappresentanti
ufficiali del governo sembrano impotenti. I funzionari di Scotland Yard, a parte
il buon ispettore Lestrade, sono patetici,
rosi dall’invidia per l’infallibile arrogante detective dilettante.
Sherlock si muove, corre, naviga in
questa metropoli di cui sembra conoscere ogni anfratto. Lo aiuta la sua eccezionale capacità di usare la tecnologia
moderna. E’ irritante, a tratti spocchioso, ma mai disumano. Nel corso degli
episodi la sua personalità si apre lentamente e il suo rapporto con Watson si
evolve verso una sorta di affetto. Nel
frattempo il buon dottore racconta nel
suo blog le avventure del suo strampalato compagno, suscitandone veementi
quanto divertite proteste.
Il nuovo Sherlock rispetta il personaggio originario, e nelle mani dei due
autori diventa una sequenza visionaria
di storie che riesce a restituire lo stesso
senso di meraviglia creato da Conan
Doyle, quello che nasce da un’intelligenza ben temperata, come dal fascino
ambiguo di una città unica al mondo,
Londra.
Simpatia per il demonio di Roberto Mengoni.
Riassunto delle puntate precedenti.
Barnaba Leandri, dopo un incidente con il presidente della
Camera Gamberi, viene contattato dall’on. Walter Samueli, il
principale e più fidato consigliere del presidente del consiglio,
l’imprenditore torinese Italo Caliandro, il quale, ormai stanco
della carica, ha annunciato le sue prossime dimissioni ai suoi
più stretti collaboratori.
Per salvare il Partito del bel paese e battere l’opposizione del
Partito della moderazione democratica, Samueli propone a Caliandro di utilizzare Barnaba Leandri per la futura campagna
elettorale. Siamo alla vigilia del discorso di addio di Caliandro.
Racconto originale
Simpatia per il demonio
Settima parte
Parole
Per il discorso di congedo dagli italiani
Caliando aveva scelto il teatro Petruzzella di Bari. Secondo una leggenda
costruita da Samueli e Bondeno, si trattava del luogo dove Caliandro aveva
tenuto il suo primo discorso, sessant’anni prima, giovincello ed imberbe, per la
consegna di un premio al migliore studente della provincia. Nei giorni precedenti, Caliandro scomparve e Samueli
creò un’atmosfera di isterica attesa alimentando le chiacchiere più irreali. Si
disse che Caliandro avrebbe annunciato
un’alleanza con il Partito della moderazione democratica per una grande riforma costituzionale o il dimezzamento
delle tasse o l’uscita dell’Italia dall’Unione europea oppure l’acquisto per
il Torino del campione nigeriano 'Nkane per 80 milioni di euro. Samueli nutrì
la fame dei giornalisti con voci di dimissioni, a cui nessuno credeva. I sondaggi,
caduti negli ultimi mesi nelle zone fredde del termometro politico, risalirono
mentre cresceva l’attesa.
Quella sera alle diciannove Caliandro
ritoccava il suo discorso passeggiando
avanti ed indietro dietro il pesante tendone del teatro. Di tanto in tanto rivolgeva uno sguardo, una parola, un richiamo a un quarantino col cranio lucido che gli rispondeva con una battuta,
testimoniando un’insolita familiarità col
presidente. I suoi abiti denotavano persona alla moda e sportiva, vagamente
Dylan Dog nell’abbigliamento, una
camicia rossa senza cravatta sopra una
giacca nera, pantaloni jeans di marca,
moccasini da barca a vela. Nessuno
conosceva il nome, la professione ed il
motivo della sua presenza. Sembrava
uno dei tanti assistenti, sondaggisti e
giornalisti a cui era concesso di tanto in
tanto il privilegio di avvicinarsi a Caliandro e per questo semplice motivo i
membri dell’entourage presidenziale
evitavano l’intruso. Le vie di Caliandro
sono imperscrutabili e se la nebbia le
avvolge, avevano imparato i veterani,
non è opportuno cercare di dissolverle.
Leandro Barnaba aveva smesso da
giorni di provare sensazioni umane.
Inesistente l’emozione, dimenticata la
paura, annientata l’ansia. Viveva nell’irrealtà. Niente della sua vita l’aveva
preparato al mondo della politica. Samueli gli aveva spiegato che lui sarebbe
stato il perfetto presidente, vicino alla
Lara Pulver è l’affascinante Irene
Adler, ricattatrice professionista
dell’alta società londinese nell’episodio “Uno scandalo in Belgravia”, l’unica in grado di suscitare un minimo interesse extra
professionale in Holmes.
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so il pubblico, uno sguardo di sfida che
a qualcuno sembrò di gelido disprezzo,
ad altri apparve di contenuta rabbia
pronta ad esplodere. Caliandro calcava
il corridoio tra i banchi di scuola a capo
alto, restituendo lo scherno ricevuto,
senza nascondersi. Si fermò davanti al
podio che lo avrebbe sollevato di un
metro dagli altri, ma quella sera rimase
a guardare il palco per qualche secondo. Il pubblico trattenne il fiato.
Caliandro fissò la sua gente. In piedi,
solo, parlò. “Amici, amiche. E’ una bella
Sherlock Holmes cerca indizi.
gente, perché conosceva le parole semplici che andavano diritto al cuore dei
problemi. Anzi, al cuore e basta. Ma
non gli aveva spiegato cosa voleva esattamente da lui. Gli era stato detto di
prepararsi a una serata speciale in cui
avrebbe raccontato come avrebbe cambiato l’Italia se fosse divenuto presidente
del consiglio. Caliandro in persona gli
aveva detto di sentirsi assolutamente
libero e di non preoccuparsi delle reazioni.
Caliandro. Avevano parlato un po’
nei giorni passati. Si erano piaciuti.
Caliandro disse a Barnaba che gli ricordava un suo compagno di classe, il
migliore, ovviamente dopo di lui. “Concordo” rispose Barnaba. “Lei assomiglia
al primo della classe, quello che non
passava mai i compiti.”
“Io lo facevo” disse Caliandro, “ma
avevo il mio tariffario. Venti per i figli
dei poveri. Cento lire per i figli dei ricchi. Senza sconti.”
Barnaba osservava i movimenti di
Caliandro prima di salire in tribuna.
Era tranquillo. I segnali radio che si
scambiavano i cellulari degli assistenti e
dei consiglieri lo ignoravano. E mentre
Samueli discettava con Bondeno sui
futuri scenari politici, non si preoccupò
minimamente che quel velo di menzogne nascondesse il suo nome.
Se provava una sensazione, era un’assenza. Carmela era restata a Roma.
Quell’avventura non la interessava. Non
ci credeva, e se ci credeva, temeva per
la salute mentale del marito a contatto
con le propaggini callose di Caliandro.
La chiamò al telefono sotto lo sguardo
preoccupato di Samueli che temeva una
fuga di notizie dell’ultimo momento. In
qualche suo strano convoluto femminile
modo, Carmela gli disse che aveva fiducia in lui. Ma non avrebbe acceso la
televisione. Tra le parole, espresse in
tono professionale, vi era una
leggera incrinatura. “Ti rivedrò presto”
disse.
Più una domanda che un’affermazione.
serata. Sarebbe bello passeggiare sul
lungomare di Bari insieme ai propri cari
e poi andare a mangiare il pesce in un
ristorantino tra le palme. Ho dei bei
Trasformazioni
ricordi di estati lontane. Ma l’Italia non
Il modo di trasformarsi di Italo Caè più bella come un tempo. E’ un luogo
liandro sul podio era quello della solitu- triste. Un posto grigio dove non si mandine. Stretto in un abito formale, il più
gia più bene come un tempo. Le donne
neutrale possibile, anche se del migliore non cucinano più, seguono i consigli dei
sarto di Torino, con cravatte monotone dietisti. Le famiglie non hanno più teme camicie rigorosamente bianche, saliva po per i pranzi domenicali, vanno ad
i gradini con passo rigido ed il capo
ingozzarsi nelle tavole calde. Non c’è
chino, che a qualcuno appariva affatica- più gusto neppure a fare l’amore.”
to, ad altri impaurito, come se un im“Quando ho cominciato a lavorare
prenditore che aveva costruito dal nulla ero sicuro che avrei costruito un’Italia
la sua fortuna avesse mai conosciuto la
più bella. Quando sono entrato nel calparola paura. Chi lo conosceva bene, e
cio, volevo far rivivere la leggenda del
pochi lo conoscevano, bene o male,
Grande Torino. Quando sono entrato
sapeva che quel passo a tratti incerto,
in politica, vent’anni fa, l’unica cosa che
volevo era che voi, amici miei, miei
da filosofo pensieroso, recava il peso
delle antiche esclusioni, quando era un
amiche bellissime, che siete la mia unica
nessuno, un immigrato figlio di immigioia, foste felici.”
grati meridionali, con la faccia scura,
Il pubblico attendeva senza muovere
che avanzava verso la lavagna come se
un muscolo. Caliandro aveva in pugno
fosse un condannato, terrorizzato dal
quelle migliaia di occhi che convergepensiero di rivelare il suo italiano stenvano su di lui.
tato.
“Ogni bella storia deve avere una
Solo Samueli sapeva che sotto la linea fine. Il mio compito non è concluso ma
tagliata della bocca si apriva un sogghi- è tempo di passare la mano. No, no, no.
gno. Quando si issava sul podio Calian- Non sono i giudici, non sono i sondaggi.
dro raddrizzava la schiena, gli occhi si
Oggi sono bassi, domani torneranno
aprivano, le mani afferravano i lati del
alti. Vorrei fare ancora tanto per voi. Ve
podio come fosse la torretta di una nave lo meritate. Perché siete sempre il popocon cui avrebbe guidato il suo popolo
lo più bello della terra. I più simpatici. I
verso il mare senza tasse della libertà e
più geniali. I più creativi. Voi donne
della felicità. Qualunque suggerimento
italiane siete le più belle ed eleganti al
di debolezza svaniva. Solo davanti alla
mondo. E’ semplicemente il fatto che
lavagna era lui il migliore: dieci nel par- farvi felici è impossibile.”
lare, dieci nel convincere, dieci nel colo“Domani rassegnerò le dimissioni.
rare le parole più banali di un fantasioso Dopodomani lascerò l’Italia. Vado a
ottimismo. I suoi compagni biondi e
vedere cosa c’è oltre le nostre belle Alpi
con gli occhi azzurri tacevano.
e questo incantevole mare MediterraQuella sera il presidente del consiglio neo. Vado a navigare in barca e a cononon abbassò il capo, percorse invece il
scere le belle donne straniere. Ho voglia
palcoscenico nudo col volto rivolto ver- di scherzare con gli amici. Tornerò ma
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non subito. No, no, no. Non chiedetemi
“Noi siamo i figli delle stelle. In quedi restare. Sarebbe ipocrita. Ma voglio
sta maledetta primavera, sotto un cielo
farvi un regalo. Un nuovo leader, giova- diamante, cosa ci vai a fare a Washingne, ottimista e dinamico.”
ton? Attenti al lupo, disse il ministro dei
“Qualcuno ricorderà l’Eneide. Una
temporali, mentre coglieva la prima
storia scritta duemila anni fa. Enea,
mela. Balla balla ballerino, fin dalla
mentre fuggiva dalla sua città in fiamnotte al mattino. Solo tu. E’ la notte dei
me, portava sulle spalle il padre Anchipensieri e degli amori. Nella terra dei
se. Questa sera sarò io il vostro Anchise cachi chiedi chi erano i Beatles.”
ma invece di essere portato in spalle,
“Voglio un’Italia che sia come quella
sarò io a portare in spalle il mio succes- delle canzoni. Dove ci si possa addorsore, fuori dalle fiamme della tristezza,
mentare di sera e risvegliarsi con il sole
verso un nuovo futuro di allegria.”
senza paura né del gatto né della volpe.
Pausa.
Non vogliamo più essere burattini, con
“Desidero quindi presentarvi il futuro o senza fili. Ho una smisurata preghiepresidente del consiglio, il signor Barra: da oggi riprendiamo la poesia, ritronaba Leandri. Un italiano senza uguali. viamo la bellezza, riscopriamo la sereniUn lavoratore. Un padre meraviglioso.
tà. Vogliamo cacciare i corrotti, i mafioUna persona come voi, che ho persosi, i malvagi, i disonesti. Insieme faremo
nalmente scelto per la sua capacità di
tornare il sole sulla penisola. L’onestà. Il
capire i sentimenti e le aspirazioni del
lavoro. L’educazione. Fa un freddo cane
meraviglioso popolo di questa bellissima in questa palude ma io vedo un angelo
Italia. Barnaba ci parlerà di cosa farà
nella nebbia. Non è un’insegna pubbliper l’Italia e, credetemi, mi vien voglia
citaria. E’ il futuro che costruiremo.
di restare qui a vedere che cosa farà.”
Passo dopo passo, arriveremo in una
Era il momento di Barnaba. La situa- stupenda isola, in un clima dolce, cirzione era così irreale che Barnaba non
condati dai frutti del nostro lavoro. Avsi accorse di aver cavalcato il palcosceremo banane e lamponi.”
nico tra i flash dei fotografi, tra gli
Pausa.
sguardi incuriositi dei dirigenti del parti“Mi seguirete fino in fondo?”
to che non sapevano nulla dell’ultima
Il pubblico, ligio ai voleri di Calianzampata del presidente.
dro e non propriamente conscio della
Barnaba si fermò al centro del palco- situazione, rispose con un fragoroso sì,
scenico guardando fissamente negli
comunque più forte, tonante e convinto
occhi il pubblico che applaudiva, più
di quanto gli strateghi del Partito del bel
per educazione verso l’anziano leader
paese si fossero aspettati. Il fragore uscì
uscente che per apprezzare lo sconodal teatro e si diffuse come un virus per
sciuto. Barnaba attese che si calmassero la penisola intera.
i bisbigli e l’onda dei flash dei fotografi.
Inebriato dalla risposta del pubblico,
Caliandro gli strinse la mano ripetendo mentre raccontava i suoi desideri, Baril suo nome. Con quel gesto, il carisma
naba non poteva sapere che nello stesso
di Caliandro si
momento intertrasferì su di lui.
221B Baker Street, Londra
Barnaba passeggiò lungo il
palcoscenico,
avanti ed indietro, seguito dagli occhi
delle macchine fotografiche, battendo
ritmicamente il microfono sul palmo
della mano. Aveva la sicurezza del
padrone della scena. Il ritmo diffuso
dal microfono acceso suscitò nel pubblico l’impulso a battere le mani al
tempo. Barnaba camminava sulla
scena al ritmo del microfono ed il
pubblico lo seguiva, applaudendo al
tempo, ipnotizzato. Barnaba aumentò
la velocità fino a portare il pubblico
ad un entusiastico liberatorio applauso. Era un dannato brevissimo gioco.
Poi Barnaba parlò. Nella sua mente le
parole sgorgavano spontanee, lisce e
dure come marmi di Carrara.
net rilanciava il suo discorso. Incuriositi,
ostili, perplessi, gli italiani si scambiarono le parole che venivano da Bari, anche chi era ostile a Caliandro e al suo
regime corrotto e malato. Fiorivano i
commenti positivi. L’Italia intera reclamava Barnara Leandri.
Neppure fosse a Sanremo.
Considerazioni diaboliche
“Meraviglioso” disse Caliandro.
“Non ci sarà da preoccuparsi?” Sostenne Meloni, mentre dal teatro scroscivaa un’altra selva di applausi.
“E’ un autentico animale da palcoscenico. Ed è nostro” rispose Samueli.
Bondeno sventolava lo smartphone.
“Presidente! Indici di gradimento dell’80%, uniforme tra tutti gli strati sociali. L’Italia è impazzita!”
Caliandro sorrideva. “Lo sapevo. Signori, le elezioni sono nostre.”
“Cosa vuoi dire? Non vorrai davvero
candidarlo?” Disse Folli. “Non c’è posto
in Parlamento.”
“Un semplice parlamentare? Leandri
è il nostro candidato a Palazzo Chigi.
Anzi, il vostro. Vi ho lasciato un regalo
per non farvi sentire soli.”
“Ma era solo una trovata pubblicitaria!” Protestò Gamberi.
“Cosa credete che siate voi?” Disse
Caliandro. Meloni rise. Bondeno non
afferò prontamente. Gamberi si offese.
Caliandro si congratulò con Samueli
“ottimo lavoro.”
“Non avremmo creato un mostro che
ci divorerà?” Disse Bondeno.
“E’ solo un uomo. E io sono il demonio.”
Solo un altro demonio può distruggerlo.
Fine settima parte.
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