Paolo Biroldi - Fotografia.it

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Professione
Paolo Biroldi
Attivo da oltre venticinque anni nella
fotografia di equitazione, Paolo Biroldi
ha un vasto archivio di immagini e si
dedica anche alla stesura di articoli per
pubblicazioni specializzate.
Fotografare bene i
cavalli non è facile:
richiede esperienza e
si deve conoscere la
dinamica del salto e
delle varie figure del
cavallo. Solo in questo
modo si possono
anticipare i momenti
migliori e non farseli
sfuggire.
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Come sei arrivato a fotografare i cavalli per professione?
Le due passioni si sono sviluppate
insieme. Andavo a cavallo ed ero iscritto all’Istituto d’Arte di Monza, a Villa
Reale, dove facevo grafica pubblicitaria
e fotografia. Ho avuto la fortuna di
avere professori di altissimo livello,
come Albe Steiner (davvero uno dei
grandi della grafica mondiale). Mi ero
già appassionato di fotografia e ci facevano fare cose interessanti, in studio
oppure per cogliere il momento, con
una fotografia che doveva “catturare
le emozioni”. Naturalmente questo
concetto era già stato proposto anche da
altri, ma allora la fotografia si muoveva
in ambiti un po’ ristretti e tutto sembrava ancora da inventare, da vedere...
Eravamo all’inizio degli anni settanta,
fra manifestazioni e occupazioni giovanili. Le prime foto si cercavano in questi
ambienti, in mezzo ad un corteo, e poi la
bandiera rossa e la macchina fotografica
stavano volentieri insieme e ti etichettavano in modo inequivocabile.
Nel 1980 sono caduto domando un puledro e mi sono rotto due vertebre. Dopo
due mesi di ospedale i medici mi hanno
consigliato di non montare più a cavallo,
ma io volevo restare in questo ambiente
che mi piaceva moltissimo. Avevo conosciuto Franco Faggiani, direttore di una
rivista che si chiamava “Lo Sperone”
ed insieme a lui abbiamo pensato alle
fotografie che si potevano fare. In quel
periodopubblicavanofotografieinbianconero scattate con Polaroid o macchine
senza troppe pretese. Io invece avevo
una Topcon Super DM, una reflex oggi
dimenticata ma molto valida. Avevo
già capito che le foto ai cavalli devono
esprimere la potenza, cogliere il gesto
atletico, senza però trascurare l’armonia
e la gentilezza dell’animale. Insieme ad
un amico, studiavamo di notte a tavolino
la dinamica del salto e le varie figure del
dressage e delle varie discipline dell’equitazione, per capire le situazioni e
mettere a punto le tecniche di ripresa più
efficaci. Lo scopo era ottenere una foto
bella da vedere ed anche tecnica, che
fosse apprezzata nell’ambiente.
L’altra passione erano le barche a vela.
Avevo un amico che aveva inaugurato
“Utopia”, il primo centro nautico di
Milano. Si andava a Palmaria e Porto
Venere a fotografare barche e regate, e
poi da giovane uno fa tutto quello che
gli passa davanti. Però nel frattempo il
lavoro coi cavalli cresceva e bisognava
soddisfare le richieste del giornale. Una
volta stabiliti i parametri delle foto e
dimostrato che viaggiare non mi spaventava (visto che le manifestazioni
andavano seguite ovunque si svolgessero), intorno al 1985 l’abbinamento tra
cavalli e fotografia si è trasformato in
una vera professione.
Lavori in esclusiva?
Dopo i primi tempi di cui ti ho parlato
sono nati altri giornali del settore e si
era anche sviluppata una certa concorrenza, con la ricerca delle foto più belle,
con l’uso del colore e della carta patinata, con lo studio delle pellicole più
adatte, ecc. Quindi avevo certamente
la possibilità di fornire più testate, però
vedere la stessa foto o lo stesso servizio
su due giornali concorrenti nello stesso
periodo non è bello. Per questo aspetto
morale, pur non avendo un’esclusiva
formale, ho fatto le mie scelte e da
diversi anni fotografo i cavalli per
Cavallo Magazine. Invece non c’è nulla
che mi impedisca di vendere servizi di
altro genere ad altri editori. In sostanza,
per non dire di no a nessuno, ho sempre
fatto in modo che tutti sappiano come e
per chi lavoro.
Vendi anche le foto ai cavalieri?
No. All’inizio ci avevo anche provato,
perché se ti organizzi puoi mettere
insieme un bel giro, contando che ad
ogni manifestazione possono esserci
trecento-quattrocentopartenti.Peròper
farlo come si deve si dovrebbe essere
sul posto con PC e stampante (c’è chi
lo fa) e in certi momenti una persona
Il cavallo nello spettacolo
Appassionata. Profilo di cavallo
di razza Lusitana sfruttando un
brevissimo passaggio del riflettore
“occhio di bue”.
400 Iso, 200 mm, 1/150s, f/2,8.
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Pigrim, stallone Purosangue Arabo di 9 anni di
proprietà di Olimpia Gucci. Il figlio di Pash Vacan e
Promise Y, nato e allevato in Italia. Pigrim è di linea
russo-polacca.
100 Iso, 160mm, 1/250s, f/3,2.
sola non basta. E poi è anche questione
di atteggiamento mentale: io ho sempre
difficoltà a chiedere soldi alle persone e
finirei per regalare tutto. Una volta volevo farmi dare dieci euro per una foto
e il cliente voleva la fattura. Ho pensato
che non valesse la pena coinvolgere un
commercialista in una simile attività per
vendere una foto ogni tanto: alla fine ho
preferito regalargliela. Oltretutto nel
dare le foto agli interessati possono capitare cose spiacevoli, come quando una
rivista concorrente chiede al cavaliere
un’immagine e questo manda la mia,
magari avuta in regalo. Quella di giustificare al direttore della rivista l’uscita
incontrollata di una mia foto è una situazione di disagio che cerco di evitare.
Come si svolge la tua attività?
Le foto si fanno perlopiù dal venerdì
alla domenica, perché le manifestazioni
si svolgono sempre in quei giorni, poi
il resto della settimana serve per sistemare e archiviare le foto e scrivere gli
articoli. La passione c’è, la conoscenza
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Ritratto di Edil, stallone di razza spagnola, grande
agonista della disciplina del dressage. Montato da
Alessandro Benedetti ha vinto, nel 2005, il Master
Iberico.
100 Iso, 200mm, 1/500s, f/3,2.
anche, le cose da dire sono sempre tante
e poi non mi dispiace stare al computer, per cui anche scrivere gli articoli
mi viene facile. Devo dire che il fatto
di essere partito presto ed avere anche
un po’ inventato il modo di fotografare
i cavalli mi ha permesso di entrare a
trecentosessanta gradi in questo mondo
un po’ chiuso, perché non è che tutti si
fermino a parlare di cavalli con te. Ho
scoperto che è molto più facile parlare
di cavalli con qualcuno noto per altri
motivi, ed anzi spesso questa è la chiave di accesso a quel personaggio, o un
modo diverso per presentarlo al pubblico. Ad esempio io ho fotografato tanto
Pavarotti. Avvicinare Big Luciano era
difficilissimo, ma se volevi parlare con
lui di cavalli era sempre a disposizione.
La parola d’ordine era “Maestro, vengo
a trovarla, però parliamo di cavalli” e lui
ti aspettava a braccia aperte.
Lavori su commissione o fai più servizi di tua iniziativa?
Nell’anno ci sono parecchi appuntamen-
ti fissi, grandi gare che non si possono
perdere. Assodato questo, ho ampi margini per proporre quello che vedo in giro
e sviluppare gli spunti che trovo. Quello
del cavallo è un mondo molto vasto, che
va dalle Olimpiadi alle passeggiate sul
nostro territorio. In giro ci saranno un
paio di milioni di cavalli, ed altrettanta
gente da raccontare. La mia esperienza
mi fa capire se un argomento può essere
interessante, se vale la pena farci un articolo o se è più adatto alla rubrica delle
notizie. Può capitare di scoprire nelle
ultime due righe di un articolo di economia che Lionella Ligresti ami tantissimo
andare a cavallo. Allora prendi appuntamento a vai a fare un articolo su di lei.
Sebastian Fernandez è uno dei migliori cavalieri di Spagna. Nato a
Granada e cresciuto in una famiglia di
radicata tradizione equestre, presenta
il suo stallone di pura razza Spagnola
simulando il lavoro con la pica.
1600 Iso, 300mm, 1/200s, f/2,8.
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Gina Lollobrigida ripresa a Siviglia in occasione del
Sicab, la fiera spagnola riservata ai cavalli.
800 Iso, 180mm, 1/160s, f/2,8.
Il ministro delle politiche agricole, Luca
Zaia, va a cavallo nella sua Treviso.
Željko Kalac, portiere del Milan, ha un
allevamento di cavalli in Australia e sarà
uno dei prossimi che andrò a contattare.
Sono cose che si scoprono leggendo qua
e là, nei giornali ed in internet.
Un lavoro su commissione è quello
del proprietario dell’allevamento che ti
chiama per avere qualche bella foto dei
puledri. I puledri nascono prevalentemente in primavera, per cui in genere ti
chiamano verso giugno quando i nuovi
nati hanno due-tre mesi e l’erba è ancora verde, così ne possono uscire belle
immagini. Di solito ci sono una decina
di puledri, da fotografare con le madri e
senza per farne un bell’albumino. Questa
è l’unica testimonianza che l’allevatore
può avere, perché dopo qualche mese i
puledri vengono venduti.
Dove si svolgono le principali manifestazioni? Ti muovi anche all’estero?
Intanto distinguiamo tra ippica ed
equitazione: all’ippica appartengono il
trotto e il galoppo, mentre tutto il resto è
equitazione. Io lavoro poco con l’ippica,
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Natalia Estrada, grande appassionata, insieme al cavallo tedesco Medison con cui partecipa alle gare di
salto ostacoli. 400 Iso, 135 mm, 1/180s, f/6,7.
dove ci sono fotografi bravi e superspecializzati che vanno anche a Windsor e
a Parigi per le grandi manifestazioni internazionali. Devo dire che un ambiente
dove ci si deve presentare in giacca e
cravatta non fa per me, preferisco inseguire i gauchos in Paraguay o affrontare
il deserto che dover mettere la cravatta
per fotografare la regina d’Inghilterra.
Detto questo, il calendario italiano dell’equitazione è lungo e fittissimo; si può
dire che ogni fine settimana ci sia qualcosa di interessante, anche se naturalmente a vari livelli. Per come è strutturato attualmente il giornale, purtroppo non
seguiamo molto le categorie minori. La
manifestazione più importante è lo Csio
di Roma, che si disputa a Villa Borghese,
a fine maggio. Poi ci sono i campionati
italiani di tutte le discipline, le tre olimpiche (salto ad ostacoli, completo e
dressage) e tutte le non olimpiche come
i pony, l’endurance, la monta da lavoro
e la monta americana, senza dimenticare
le manifestazioni internazionali, quelle
locali, ecc. All’estero ci vado per seguire
qualche evento come i campionati europei, del mondo e le Olimpiadi.
Ti occupi anche di fotografia di altro
genere?
D’inverno, quando in Europa i cavalli
sono fermi in attesa della stagione successiva, ne approfitto per andare in Sud
America con un tour diverso da quello
a cui sono abituato qui. Per ottimizzare
il viaggio e il tempo di questa “mezza
vacanza”, realizzo foto ed articoli di
altro genere, perlopiù sempre legati agli
animali e alla natura.
Una volta tornato in Italia, organizzo
tutto il materiale raccolto e decido a chi
proporlo. Ad esempio, in Uruguay avevo
letto del campionato del mondo di pesca
al Dorado, un enorme pescione color
oro, e così mi sono recato a Mercedes, il
paesino, sul Rio Negro, dove si svolgeva la manifestazione. Ne è venuto fuori
un bellissimo articolo che ho venduto a
Pescare, la rivista del settore. In uno dei
molti viaggi in Sud America ho lavorato
ad un progetto promosso dalla città di
Montevideo per salvaguardare i cavalli
dei poveri del Barrio impiegati nella raccolta dei rifiuti. Tutte le notti, come dei
fantasmi, calano in città, dalla collina,
per prendere i sacchi di pattume e, con
carri fatiscenti trainati da cavallini perlopiù denutriti, portano a casa il raccolto
e iniziano una sorta di differenziazione.
Al mattino giganteschi camion passano
tra le baracche e raccolgono chi il vetro,
chi il cartone e molto altro in cambio di
pochi centesimi.
Andrea Salvagno, la veterinaria che cura
gratis i cavallini degli Urgadores, tornando in città, ha voluto farmi conoscere un
personaggio straordinario: Josè “Pepe”
Mujica. L’ho incontrato al Palazzo del
governo dove, oggi, ricopre la carica di
presidente del senato. Conoscerlo è stato
straordinario anche perché avevo letto
molto del movimento dei Tupamaros,
ma non avevo mai sperato di incontrare
proprio colui che, in periodo di dittatura
militare e fondomonetarista, ha fondato
il movimento e lottato per la libertà del
proprio paese. Una sua frase: “Non sono
i terroristi Tupamaros gli sconfitti, ma
quelli che devono vergognarsi del loro
passato”.
Ti capita di usare nuovamente le foto a
distanza di tempo?
Succede abbastanza spesso di riutilizzare
vecchie foto. Un caso tipico è la presentazionediunamanifestazioneimportante
che si deve ancora svolgere, dove naturalmente si usano le foto delle edizioni
precedenti. Capita anche il giornalista
che decide di scrivere un “amarcord”
su come eravamo negli anni settanta,
ottanta. A quel punto si vanno a scovare i
grandi campioni dei nostri giorni che magari negli anni ottanta montavano i pony.
Oppure si cerca il grande stallone di oggi
che io avevo visto da puledro.
Un archivio del genere in Italia non l’ha
nessun altro. Tra l’altro è curioso come
da bambino non riuscissi a ricordare un
granché; per quanto studiassi una poesia
per una settimana, poi la dimenticavo
subito. Adesso, per qualche processo
mentale, ricordo perfettamente tutte le
Pepe Mujica, guerrigliero tupamaro, per nove anni torturato in un pozzo
foto che faccio negli anni. Se mi dici “mi
dalla dittatura fondomonetarista, capo oggi del primo partito politico delserve una bella testa di un cavallo sauro,
l’Uruguay, presidente del senato e ministro alla camera. Il rapporto che
con le treccine fatte, con questo taglio
Pepe Mujica ha con il popolo è la grande vittoria del movimento di liberae questa luce”, io so di averla fatta due
zione nazionale Tupamaros.
anni fa in quella determinata occasione e
200 Iso, 70mm, 1/125s, f/3,5.
la trovo. Per questo motivo non ho bisogno di archivi sofisticati: mi basta tenere
archiviate le foto per manifestazione in per lo sport ci vogliono ottiche lunghe, sequenza, per cui la tengo per le cose più
dal 400mm in giù ho praticamente tutto, statiche, come i primi piani in condizioni
ordine cronologico.
e tutto f/2,8. Tieni presente che più in relativamentetranquille,oppurecimetto
Quali sono le tue attrezzature foto- alto si va con le categorie e più i fotogra- un bel grandangolo e faccio panoramiche bellissime.
grafiche? Possono cambiare da una fi li mettono lontani.
situazione all’altra o tutto sommato fai Alle Olimpiadi ho usato il 400mm, molte volte col moltiplicatore 1.4x. Nelle Hai problemi di luce nelle riprese in
tutto con poche cose?
Uso Canon, ho una bellissima Eos 1D gare dei campionati italiani possiamo interni? Usi mai il flash?
Mark III che dopo qualche problema entrare in campo e basta uno zoom 70- Condizioni di luce scarsa si trovano,
iniziale con la messa a fuoco, una volta 200mm. Ho anche una Eos 1D Mark II ma da quando sono passato alla Mark
messa a punto si è rivelata una grandis- e una Eos 1Ds Mark II da 16,6 milioni III non uso più il flash. Ho fatto degli
sima macchina. Come obiettivi, visto che di pixel, ma la trovo un filino lenta sulla interni, coi primi piani dei cavalli e dei
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Michel Robert sul salto con Galet d’Auzay. Il cavaliere francese è uno dei migliori al mondo.
100 Iso, 300mm, 1/500s, f/5,6.
proprietari e la sola luce della finestra e
vengono delle cose davvero pregevoli.
Quando penso che una volta giravo
coi flash o con le lampade mi rendo
conto dei passi in avanti che sono stati
fatti. Adesso l’unico problema l’ho in
aeroporto, quando devo convincere gli
addetti a lasciarmi portare come bagaglio a mano il 400mm e il borsone col
resto dell’attrezzatura. Ci sono sempre
momenti di tensione, perché vorrebbero
mandarli nella stiva, ma poi alla fine riesco a tenere tutto con me.
Che esigenze di qualità tecnica ci sono
nel tuo settore? Scatti in Jpeg oppure
Raw?
Il massimo che può capitare sono dei
50x70cm fatti bene. Trovo che, come
riferimento per la qualità, lavorando per
una rivista si debba pensare alla doppia
pagina d’apertura del servizio, quindi
una base di 42-45cm. A 300 dpi ti servono circa 14 milioni di pixel, altrimenti
le devi ingrandire. Per le mie esigenze e
per il gran numero di immagini, scatto
prevalentemente in Jpeg. Qualche volta
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Otto Beker, nazionale tedesco, in sella allo stallone
Dobel’s Cento, capostipite di razza, qui fotografati
negli splendidi impianti sportivi di San Patrignano.
200 Iso, 420mm, 1/500s, f/4,5.
uso il Raw negli eventi notturni, dove
il cavallo fa più spettacolo che sport.
Questo per avere quel margine in più
nella gestione delle luci artificiali e delle
alte sensibilità, visto che il Tiff sopporta
meglio la “bastonata” di Photoshop rispetto al Jpeg.
Problematiche col digitale?
Archivio le immagini per manifestazione e negli exif del file metto il nome del
cavallo e del cavaliere. E’ un grande
lavoro. Una volta che cerchi un nome
e sai che in quella manifestazione c’era,
carichi il DVD e con la ricerca ti viene
fuori. Invece per i viaggi e il trekking mi
basta il nome dell’evento. Ultimamente
a Cortina ho seguito un trekking col
senatore Tomassini, presidente della
Commissione Sanità, e le foto sono
archiviate come “Cortina trekking col
senatore”.
Per la rivista, il digitale è stato un
grande vantaggio, come tempi e come
costi; basti pensare ai milioni risparmiati nelle scansioni delle dia. Anche
per il fotografo, avere le foto subito
ha snellito molto i tempi, dato che te
le scarichi senza girare per laboratori
a cercare quello che lavora meglio o a
litigare per un guaio che ti hanno procurato. Ricordo ancora quella volta che
ad un campionato del mondo a Jerez de
la Frontera ci svilupparono le dia come
negativi. Così butti via dieci rullini e
soprattutto due giorni di lavoro senza
possibilità di recupero, perché quei salti
perduti non si ripeteranno più.
Uso il digitale dal 2000 e non ho mai
perduto dei dati; però a scopo preventivo preferisco usare schede di capacità
non esagerata: meglio quattro schede
da due giga che una da otto. Se una
scheda dovesse darmi problemi, non
avrò perso tutto il lavoro, come ho visto
succedere anni fa ad un collega. Anche
come qualità, se vai sulle macchine di
un certo livello non hai niente da rimpiangere: con un 18 milioni di pixel e
un 400mm f/2,8 ti faccio delle foto che
sono uno spettacolo, o comunque ben
diverse da quelle che ti può fare uno
con una Eos 300D con uno zoomino
universale f/4-5,6.
Nick Skelton, campione inglese sul salto con Arko III. Il cavallo britannico è stato appena ritirato dalle competizioni per
“fare il papà” a tempo pieno. Tra gli ultimi beniamini del pubblico inglese, a quattordici anni ha vinto il Gran Premio di
Spruce Meadows; nella sua brillantissima carriera ha totalizzato vincite per oltre un milione di sterline.
100 Iso, 300mm, 1/500s, f/5,6.
Hai collaboratori?
Faccio tutto da solo, sul campo come al
computer. In passato ho cercato collaboratori e a parole li ho sempre trovati,
disponibili a seguirmi in capo al mondo.
Poi, quando si deve partire sul serio e si
rendono conto che quasi tutto l’anno si
lavora al sabato e alla domenica, storcono il naso e spariscono. Oggi è difficile
trovare ragazzi disposti a lavorare nei
fine settimana.
Come coniugare l’aspetto documentario con quello artistico dell’immagine?
Qui sei sempre sul filo del rasoio, perché prima di tutto il cavallo deve essere
bello, secondo canoni ben definiti che
partono dalla posa atletica, ma arrivano
ai dettagli come le orecchie dritte e l’occhio sveglio. Un momento prima o un
momento dopo il cavallo può risultare
sgraziato e la foto non va bene.
Quando tutto il peso va sugli anteriori,
il cavallo non è bellissimo e quindi
bisogna conoscere bene la dinamica
dei movimenti dell’animale e studiare
il modo per renderlo il più aggraziato
ed elegante possibile. In generale, tieni
presente che il cavallo è lungo e quindi
è più facile fotografarlo con un’ottica
lunga che con un grandangolo, che ne
falserebbe le proporzioni. Però ogni disciplina richiede un certo modo di fotografare, perché sono diversi i movimenti
e si deve cogliere il momento migliore.
È come per il ginnasta, dove il momento
migliore è la piroetta in aria. Questo vale
soprattutto per i tecnici, che devono vedere il cavallo fare un certo tipo di esercizio. È come avere davanti la figura del
cavallo ideale ed aspettare che il cavallo
reale passi da quella figura, per eseguire
la foto da poster.
Si è anche molto vincolati ad una fedele
riproduzione del colore. Ricordo il caso
di un fotografo austriaco portato in tribunale perché aveva cambiato il colore del
mantello di uno stallone. L’episodio aveva fatto perdere al proprietario qualcosa
come un miliardo in monte, perché una
luce particolare al tramonto aveva dato
una tonalità leggermente rosata al pelo
bianco o grigio chiaro. Il pelo rosa porta
all’albinismo e uno stallone albino non
monterà mai nessuna fattrice, così quel
cavallo per un anno è stato fermo perché
nessuno credeva che il colore dipendes-
se dal fotografo. Per il grosso del lavoro
prevale l’aspetto tecnico dell’immagine.
Invece quando fotografi i puledri che
giocano nell’allevamento, fatte le foto
più formali puoi trovare delle istantanee
simpatiche, con puledri che litigano, criniere al vento, faccine che spuntano dal
niente e così via.
Per completare questo discorso mi viene
in mente un aneddoto che riguarda la
proprietaria di un cavallo che mi aveva
chiamato per fotografarlo. Io come al
solito cercavo di farlo venire bene, con
le orecchie in avanti, e per far questo
cercavo di attirare l’attenzione dell’animale con versi e cose del genere, ma
questo non stava mai attento e per tirare
fuori qualcosa avevo dovuto fargli una
valanga di foto. Alla fine sono riuscito ad
ottenere il risultato e a dare alla signora
una selezione di foto che mi sembrava
degna, ma questa non era soddisfatta.
Guardava le foto e mi diceva che quello
non era il suo cavallo. Io cercavo di convincerla che era un bellissimo cavallo
e che le foto lo valorizzavano, ma lei
non si convinceva. Alla fine ho dovuto
mostrarle i miei scarti: ha riconosciuto il
suo cavallino con le orecchie storte ed ha
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comprato quelle foto. Però queste sono
eccezioni.
Usi tecniche di ripresa particolari?
Poco. Ci può stare qualche panning,
oppure qualche foto in notturna con la
sincronizzazione flash sulla seconda
tendina per dare l’immagine ferma alla
fine della strisciata, ma sono immagini
di uso limitato. Il giornale te la può pubblicare come foto del mese, oppure può
inserire anche un’immagine del genere
in un ampio articolo a copertura della
manifestazione, ma non è con queste
cose che si lavora. In una competizione,
le foto che servono sono quella del vincitore che salta bene e deve vedersi anche il cavaliere. Quindi devi fotografare
tutti quelli che gareggiano, perché tra
quelli ci sarà il vincitore, e poi guardarti
in giro per cogliere le altre cose simpatiche. C’è sempre il cavaliere che dà il
bacino al cavallo, il cavallo che annusa
il cagnolino, o episodi di questo tipo.
Vanno sempre tenuti d’occhio i cavalieri inglesi, che bevono tantissima birra e
dopomangiato dormono sul divano; poi
si svegliano, montano in sella e vanno
a vincere. Gli inglesi hanno proprio un
patrimonio genetico diverso dal nostro:
Nick Skelton, John Whitaker ed altri
sono dei veri miti. Quando li vedi in
campo è un piacere fotografarli, come
una volta i nostri D’Inzeo.
Quali sono le principali qualità per
fotografare un cavallo? Hai qualche
consiglio per chi si avvicina a questo
genere di riprese?
Si deve conoscere la dinamica del salto
e delle varie figure del cavallo, sapere
quando si verificano i momenti più
“alti” in senso fotografico e non lasciarseli sfuggire. Anche conoscere i singoli
cavalli può aiutare, perché non tutti
saltano nello stesso modo. Di solito mi
metto al quarto o quinto salto, in modo
che per ogni cavallo posso vedere come
salta i primi ostacoli (se raccoglie le
gambe prima o più tardi, se porta avanti
il collo) e poi lo fotografo quando arriva
da me.
Quando invece si fanno delle foto in un
allevamento, c’è proprio un rapporto
diretto con l’animale, che devi conoscere e capire. Il cavallo è un animale da
branco, per cui se ti trovi in mezzo ad
un campo con tre cavalli la prima cosa
che fanno è venire verso di te, per fare
branco o per vedere se rappresenti una
minaccia per loro. Trattandosi di erbivori predati, devono capire che non gli
salti sulla groppa per mangiarli ma per
lavorare con loro.
Molte volte il problema nel fotografare
un cavallo è che ti viene sempre dietro,
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Filippo Moyersoen sul salto con Zenzero di Santa Marta. Lo stallone è uno
dei migliori cavalli nati e allevati in Italia.
1600 Iso, 300 mm, 1/320s, f/2,8.
per cui devi cercare di distogliere la sua
attenzione su di te, magari facendoti aiutare dai proprietari. Il cavallo è bello da
statico, con le sue espressioni fiere, ma
è molto bello anche quando galoppa,
quando trotta, quando i puledri si impennano... devi cercare di cogliere un po’
tutti questi aspetti, dal cavallo spettinato
all’erba che gli esce dalla bocca.
Per il fotoamatore che si trovi occasionalmente a contatto con un cavallo, il
primo consiglio è quello di rovistare nella borsa e montare l’ottica più lunga che
si trova a disposizione. Se fai una foto ad
un cavallo col 50mm sai già in partenza
che viene male; puoi farla lo stesso per
documentare l’episodio nell’ambito di
un viaggio, ma non aspettarti molto di
più. Avendo a disposizione solo focali
di questo genere, consiglio di fotografare il cavallo intero, di fianco, anziché
limitarsi alla testa. L’altezza giusta per
la ripresa è perpendicolare alla spalla del
cavallo, che è un po’ il suo punto centrale, per avere le proporzioni corrette.
Direi anche di evitare i controluce, perché il bello del cavallo è la muscolatura,
che va messa in evidenza con la giusta
angolazione della luce.
Tenendo presenti queste accortezze, è
meglio fare uno scatto in più che uno
in meno.
Dario Bonazza