Monti porta a casa un`Europa più unita (e un po
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Monti porta a casa un`Europa più unita (e un po
POSTE ITALIANE S.P.A. - SPED. IN ABB. POST. 353/2003 (CONV. IN L. 27.02.2004, N.46) ART.1, COMMA 1, DCB ROMA SABATO 23 GIUGNO 2012 CONTROMANO C U LT U R A Trattativa stato-mafia: avanti tutta del Fatto. E Giornale e Libero gongolano. Il Quirinale è sotto assedio ma oggi è meno solo A PAGINA 3 Scrittori in gita al faro: Lidia Ravera racconta l’originale festival letterario che per sei giorni confinerà otto autori sull’isola di Ventotene A PAGINA 10 A NEWS ANALYSIS Un successo del premier il quadrangolare di Roma con Francia, Germania e Spagna Berlusconi in campo parla proporzionale Monti porta a casa un’Europa più unita (e un po’ di soldi) Con Bersani, su linee diverse Accordo su Tobin tax e fondo salvastati, tante promesse sull’unione politica S FRANCESCO LO SARDO A UE LA CRISI U Non chiamateli più bersaniani doc RUDY FRANCESCO CALVO Parte la campagna sotto le bombe Pd DAVID ALLEGRANTI A PAGINA 3 Quel che resta della Margherita n pacchetto per la crescita pari all’1% del Pil, cooperazione rafforzata sulla tassa sulle transazioni finanziarie e l’assoluta condivisione del fatto che l’euro sia irreversibile. In vista del consiglio europeo del 28 giugno, il presidente italiano Mario Monti, la cancelliera tedesca Angela Merkel, il presidente francese François Hollande e il premier spagnolo Mariano Rajoy riuniti a Roma hanno trovato l’accordo sul rilancio della crescita a livello europeo per l’immediato e hanno indicato un percorso nel medio periodo che porta ad una maggiore convergenza economica, fiscale, bancaria e politica. Seppure con linguaggi differenti i leader delle quattro economie principali dell’eurozona hanno insistito sulla necessità di superare insieme le difficoltà presenti: «La domanda di più Europa – ha detto Monti – viene manifestata a Roma dove la costruzione europea è nata e sono molto grato agli altri leader di essere venuti in Italia. Con il loro arrivo hanno dimostrato di nuovo che tutte le strade portano a Roma». ARTURO PARISI aro direttore, è vero, girandoci indietro, scopriamo che la Margherita visse il tanto di un battito di ciglia. Solo cinque anni sono infatti quelli che separano il congresso costitutivo del marzo del 2002 da quello che nell’aprile del 2007 mise fine alla attività del partito. Per quanto possa apparire sorprendente in questi cinque anni la Margherita fu poi presente come partito in una competizione nazionale una sola volta e in una sola camera, il senato del 2006. SEGUE A PAGINA T re sì e un “parliamone”. Soprattutto non c’è stato nessun no. Al quadrangolare di Roma Angela Merkel è arrivata avendo fatto i compiti a casa. Sì a un pacchetto europeo per la crescita, sì alla tassazione sulle transazioni finanziarie, sì a una prospettiva di medio termine per l’unione bancaria, economica, fiscale e politica. SEGUE A PAGINA 2 sai quante volte gli chiederanno 8 SEGUE A PAGINA Deboli e divisi, a Madrid regna il caos ETTORE SINISCALCHI ALLE PAGINE 4, 5 E 6 La green economy dopo Rio canne, ma poi ha smesso. Ora arà un concentrato del conservatorismo americano. Ci sarà il fior fiore dell’establishment repubblicano, nel fine settimana dello Utah. Non solo i pesi massimi del senato e della camera dei rappresentanti, governatori ed exgovernatori. Una Francia socialista? Solo col sì di Angela SIMONE VERDE FRANCESCO FERRANTE Fassina ha detto che si faceva le S ANDREA TOGNOTTI RAFFFAELLA CASCIOLI Canne GUIDO MOLTEDO L’orgoglio federalista da Prodi ai Radicali Patto a quattro per l’eurocrescita ROBIN Mormoni e milioni C se per caso abbia ricominciato. 7 R io+20 si è concluso come era iniziato. Molto lontano dalle speranze suscitate dall’appuntamento di vent’anni fa, allora una vera svolta sul piano culturale ma anche politico, e con risultati assai insufficienti rispetto alle esigenze delle crisi economiche e ambientali in atto. Degli aspetti positivi, che pure ci sono nella dichiarazione finale, abbiamo parlato negli articoli pubblicati nei giorni scorsi sottolineando l’importanza della definizione della green economy equa e solidale quale “infrastruttura” su cui investire anche per combattere la povertà. Ed è forse utile fare qualche numero: secondo l’Onu la green economy è in grado di creare milioni di nuovi posti di lavoro, solo in Europa – dati della Commissione europea – 20 milioni di nuovi occupati al 2020. SEGUE A PAGINA ❱❱ LA NUOVA SERIE DEL CREATORE DI WEST WING ❰❰ ❱❱ DOMANI ITALIA-INGHILTERRA ❰❰ Redazione a catena Albione? Non è tanto perfida ALBERTO MUCCI CHICAGO I ANNO X • N°124 • € 1,00 D.L. l solito Aaron Sorkin. Quello del mitico The West Wing, del blockbuster The Social Network. Ma anche della dibattuta serie televisiva Studio 60 on the Sunset Strip, bocciata da Nbc dopo una sola stagione. Per Studio 60 Sorkin ha ricevuto critiche impietose, e gli è rimasta solo la soddisfazione (poca) di essere considerato un genio tra quelli che declamano di non guardare la televisione ma per cui, comunque, lo show era “uno dei migliori in circolazione sugli schermi”. Ma questa volta Sorkin non sembra poter contare neppure sull’approvazione della rassicurante nicchia di intellettuali un po’ radical chic. The Newsroom (la Redazione), la nuova serie dello sceneggiatore vincitore di 26 Emmy award, debutterà domani tra gli strali lanciati negli ultimi giorni dalla stampa e un’opinione pubblica preventivamente poco clemente. Il solito Sorkin sì, ma – come sentenzia la critica, da Nussbaum sul New Yorker a Ryan sull’Huffington Post – nella sua forma più carica di stereotipi. Tutti, pare, condensati insieme. L’archetipo del protagonista macho che ne sa sempre più degli altri e si distingue per l’(insopportabile) atteggiamento da liberal che tutti deve salvare e tutti deve rendere migliori. L’assistente donna, sempre giovane, con un ruolo indefinito tra musa ispiratrice e ammiratrice senza speranza. SEGUE A PAGINA 6 MASSIMILIANO PANARARI I talia-Inghilterra è un big match, e una classicissima del calcio. Una partita per intenditori, da leccarsi i baffi e vivere ansiosamente, come pure un paradigma del clash of civilizations, perché, si sa, le differenze sono tante, al punto da disegnare due paradigmi, sotto molti profili, antitetici: dallo stile di vita della popolazione ai modelli politici (per non parlare della gastronomia). Ma se, per una volta, andassimo alla ricerca delle affinità elettive con la “perfida Albione”, anziché esaltare le differenze (sull’onda – lo prendiamo in parola – dell’idea 7 di De Coubertin dello sport che affratella i popoli)? Ecco, allora, che si spalancheranno davanti ai nostri occhi delle relazioni non solo pericolose, ma molto intense, e decisamente appaganti, da una parte come dall’altra, e due nazioni che, oltre ad annusarsi in cagnesco (e affrontarsi a suon di pedate, o di tackle…), hanno mostrato di possedere, lungo i secoli, più di una similitudine. Noi e loro, insomma – e, a volte, molto meno diversi, e sicuramente più intrigati gli uni dagli altri di quanto si pensi; e non solo nel senso delle legioni di italiani che, in ogni periodo dell’anno, si riversano sulle rive del Tamigi o a Piccadilly Circus. SEGUE A PAGINA 8 STEFANO MENICHINI ui giornali oggi si parlerà assai – e non sarà un bel leggere – delle contumelie rivolte da Stefano Fassina all’indirizzo di Matteo Renzi. Accadrà perché, in contraddizione con l’asserita ripulsa verso le manipolazioni della comunicazione, il responsabile lavoro del Pd s’è messo nelle mani di una delle trasmissioni radiofoniche più abili nel tirare fuori dai politici il peggio di sé: obiettivo centrato. Ingenuità. Come ne abbiamo ascoltate altre ieri al convegno della componente Pd Rifare l’Italia a proposito della rifondazione dei partiti. Nulla di grave. Basta considerare per quello che è, cioè un esercizio accademico, l’ipotesi che nel 2012 possano rinascere in Nostalgie partiti classiste, gaffes Italia di classe comunicative. ( p i c c o l a ipocrisia Ma c’è una non prosfida dalla nunciare la sinistra del Pd parola) e che l’asse del Pd possa tornare a essere il patto dei produttori di quarant’anni fa. Tratto dominante è l’avversione postuma verso terze vie, blairismi e prodismi; verso le commistioni con culture liberali e azioniste (tutte antiparlamentari, ha detto Miguel Gotor); verso la subalternità al giornalismo modaiolo strumento della borghesia (questo prima dell’ospitata alla Zanzara). Chiaro ciò che non si vuole, vaghezze sul laburismo dell’avvenire. Infatti, a chi non ha la solidità e la memoria di Reichlin, Bersani, testimone dei fatti, deve ricordare che prima dell’epopea ulivista non c’era alcuna età dell’oro della sinistra. Ma la novità non sono gli attacchi a Renzi e le rifondazioni partitiche, bensì la dichiarata volontà di quest’area di smarcarsi dal «patto di sindacato» (lo chiamano così) che regge il Pd, rivendicando in vista delle primarie un appoggio a Bersani chiaramente distinguibile dall’affollata platea dell’attuale gruppone dirigente. L’intenzione avrà delle conseguenze: per criticabili che siano, Orfini e Fassina dicono cose e cercano consenso su una linea che immaginano maggioritaria. Ci sono un’area montiana e una cattolica di rito fioroniano che fanno altrettanto. Il ruolo cui aspira Bersani è di tenere tutto insieme nel nome dell’originalità democratica. Poi partiranno Renzi e la sua carovana. E gli altri? Il rischio schiacciamento è grosso. Chiuso in redazione alle 20,30