FONDIARIA SAI

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FONDIARIA SAI
fondato nel 1956
260
PERIODICO DI INFORMAZIONE DELLA
VALLE DELL’AGNO
N. 4 luglio-agosto 2010 - Anno LV - Redazione: 36078 Valdagno (Vicenza), Viale Trento, 4/6 - Telefono 0445 401190 - Bimestrale edito da: Associazione Pro Valdagno - Gratis ai soci - Registrazione al Tribunale di Vicenza n. 92 del 22 Dicembre 1956 Pubblicità inferiore al 70% - Stampa Tipografia Danzo srl - 36073 Cornedo, Via Monte Ortigara, 83 - Direttore Responsabile: Gianni Luigi Spagnolo - Spedizione in abbonamento postale Comma 20/b Art. 2 L. 662/96 - Ufficio Postale di Vicenza Ferrovia.
LA REGIONE VENETO HA COMPIUTO QUARANT’ANNI
Storia di ieri che ha visto come protagonisti molti politici vicentini che ebbero il
merito di porre le basi di un nuovo sistema di autonomie (comuni, province, regioni)
in un rapporto di equilibrio e di collaborazione con i poteri centrali dello stato.
Essere o non essere...
ma è un problema?
L’estate appena trascorsa per certi
versi e’ stata piuttosto calda sotto
tutti i punti di vista, eccoci già in
prossimità dei prossimi impegni
organizzativi.
Tra alti e bassi ed incomprensioni
varie comunque siamo riusciti a
portare a termine una serie di
iniziative socio-culturali particolarmente lodevoli ed altre sono in
piena fase di allestimento e ne
troverete ampia descrizione in
questo numero del nostro giornale. Tutti sanno oramai che all’interno del nostro consiglio di amministrazione ci sono forti contrasti
che non fanno altro che creare
turbative ed incongruenze varie
ed io ne sono amareggiato oltre
che deluso. Alcuni consiglieri pensano di andarsene, altri non si
sentono più di portare avanti,
come non dargliene atto, una situazione a dir poco grottesca ed
inficiata da continue provocazioni
pretestuose ed inconsistenti che
ledono anche il buon nome di
persone che nulla hanno da dimostrare se non il fatto che l’impegno
profuso ed i sacrifici personali
vanno ben oltre a qualsiasi prerogativa ed aspettativa personale.
Sono il Presidente della Provaldagno ed ora cerco “consiglio”…
Non mi soffermo più sui particolari, sulle persone, sui fatti perché
oramai, tutti sanno tutto, e tutti
giudicheranno in coscienza e serenità. Io non me la sento più di
guidare un mezzo che di per sé
risulta arrugginito nei suoi meccanismi. Come promesso porterò a
termine gli impegni oramai intrapresi assieme ai miei collaboratori
che in questi mesi si sono adoperati e prodigati affinchè tutto potesse riuscire per il meglio.
Poi dopo si vedrà.
L’assemblea annuale penso sarà
determinante per tracciare le nuove linee associative e di condotta
generale e mi auguro sarà all’al>pag.2
Quaranta anni fa nacquero le
Regioni a statuto ordinario, a
completamento di un disegno di
autonomie locali previsto già
dalla Costituzione ma che per
molto tempo stentò a decollare e
che solo alla fine degli anni
sessanta trovò un gruppo di
“regionalisti” convinti e tenaci,
in grado di dar vita ad un progetto ambizioso ed impegnativo.
Il 6 luglio 1970 si riunirono per
la prima volta i nuovi consigli
regionali di Lombardia, Liguria,
Marche, Lazio, Abruzzo, Campania, Basilicata e Veneto: sono i
“primi della classe” tra i 15 consigli regionali eletti un mese prima, il 7 giugno.
Per la cronaca, nella nostra regione la DC aveva raccolto il 52
per cento dei voti e dei 50 consiglieri del nuovo ente regionale,
28 sono democristiani, 9 comunisti, 5 socialisti, 3 socialdemocratici, 2 liberali, 1 repubblicano, 1 missino e 1 del Psiup.
Sigle partitiche che da tempo
non esistono più ma che rappresentavano la mappa dell’impegno politico delle generazioni
del secondo dopoguerra: impegno non solo a ricostruire e a
sviluppare il sistema economico
e produttivo ma anche ad avvicinare il mondo della politica e
delle istituzioni alla gente comune, al territorio, alle comunità
locali.
Una stagione di pionieri, quella
di quarant’anni fa, di “regionalisti” convinti che vollero con
determinazione la nuova istituzione, ne disegnarono le competenze, ne rivendicarono con decisione il ruolo.
Con le Regioni a statuto ordinario prendeva forma una nuova
articolazione dello Stato che, in
prospettiva, avrebbe dovuto superare le Province (tema tuttora
in discussione), razionalizzare la
rete delle autonomie locali, valorizzando le varie specificità del
territorio.
Oggi non sarebbe possibile parlare di federalismo e di maggiore
autonomia, se a quel tempo non
avesse avuto inizio un percorso
tuttora da completare ma di cui
già erano state individuate le
direttive di marcia: il decentra-
mento amministrativo e il trasferimento di competenze e di fondi per materie di fondamentale
importanza (la sanità, l’istruzione e la formazione professionale,
la gestione del territorio… per
citare le principali).
Nella prima legislatura del Consiglio regionale furono protagonisti alcuni esponenti di spicco
della DC vicentina (e veneta)
come Gino Rigon e Francesco
Guidolin (aclista e sindacalista
della Cisl, assessore prima e poi
presidente del Consiglio regionale dal 1985 aI 1990).
Ci sono inoltre Carlo Gramola
(sindaco di Schio per 13 anni) e
Giuseppe Sbalchiero, (già sindaco di Isola Vicentina).
Per l’area socialista, il valdagnese
Sergio Perin, morto prematuramente un anno dopo, ma che rimarrà anche negli anni seguenti
come figura ideale e punto di
riferimento per i socialisti vicentini. Da ricordare inoltre il vicentino Franco Borgo, di Pozzoleone, presidente della Col diretti, il
più giovane consigliere Giampaolo Bassetti (Pci) di Valstagna
>pag. 2
Piccolo libro, un grande successo, quello dedicato ai sette roccoli : una zona sul crinale delle valli dell’Agno e del Chiampo caratterizzata da queste strutture fisse per l'uccellagione, cioè la cattura di uccelli senza armi. Il libro scritto da Diego Dal Cengio e da
Dorino Stocchiero attira l’interesse non solo degli appassionati della caccia in genere, ma anche e soprattutto di quanti amano la
natura e le tradizioni del nostro territorio. (servizio a pag. 8, nella foto: roccolo in miniatura costruito da Diego Dal Cengio).
Valdagno, Villa Valle:
dal 4 dicembre 2010 al 9 gennaio 2011
Le nevi di Mario
Rigoni Stern
Sono trascorsi due anni e mezzo
dalla scomparsa di Mario Rigoni
Stern. Per chi gli ha voluto bene,
per i suoi tanti lettori sparsi per il
mondo, questa assenza si è fatta
sentire. Sapere che ai piedi del
monte Zebio, nella casa che si era
costruito con le proprie mani e
che tante volte ci aveva accolto, il
vecchio sergente c’era e resisteva,
bastava per farci sentire tutti un
po’ meglio. Abbiamo potuto così
sperimentare quel sentimento diffuso tra i contemporanei del romanziere russo L.N. Tolstòj che il
regista teatrale K.S. Stanislavskij
ha così ricordato nelle sue memorie: Quando era vivo dicevamo:
«che fortuna vivere nella stessa
epoca di Tolstoj!», e quando eravamo afflitti da un malessere interiore o dai casi della vita e le persone sembravano belve feroci, noi
ci consolavamo al pensiero che là,
a Jàsnaja Poljana, viveva lui: Lev
Tolstòj! E tornava di nuovo la
voglia di vivere!
In questi due anni e mezzo sono
state tante le iniziative organizzate da enti pubblici, associazioni,
scuole, ecc., per ricordare lo scrittore scomparso a dimostrazione
della stima e dell’affetto di tante
persone. Era “necessaria” allora
questa mostra? Ritengo di si: per
l’originalità del progetto; per la
ricchezza della proposta espositiva; per lo sforzo sinergico di tante
istituzioni che da subito ne hanno
condiviso l’ispirazione; per la qua
lità dei materiali informativi prodotti che sollecitano un approccio
non superficiale alla vicenda umana e civile di Mario Rigoni
Stern. Ma anche alla sua opera
>pag. 3
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2
il nostro campanile - luglio/agosto 2010
< dalla prima pag. ”Pensato e scritto”
tezza di un cambiamento radicale che
a mio parere dovrà esserci. Chiuso il
preambolo per sapere se essere o non
essere mi collego a quanto invece
sono il vanto della nostra associazione: le attività istituzionali.
Appena passata “Passeggiando Sotto i
Portici” svoltasi in maniera splendida
sotto tutti i punti di vista; sole / pubblico / espositori, le manifestazioni che ci
hanno visto e che ci vedranno impegnati, e per alcune già in avanzata fase
organizzativa, sono:
-Quattro Passi per l’Europa” il 24-2526 Settembre / Agricoltura in Piazza il
3 Ottobre / I 500 anni del Convento di
Santa Maria delle Grazie l’8 Ottobre /
Il Riconoscimento ad un Musicista di
Valdagno il 10 Ottobre / Calastoria il
23 Ottobre / La Festa d’Autunno il
29-30-31 Ottobre ed il 1° Novembre /
Il Primo concorso della “Fritola con la
Maresina e la Sardea” il 14 Novembre
/ La Maresina d’Argento il 27 Novembre / Natale in Piazza per tutti i sabati
e le domeniche del mese di Dicembre
/ Il Concerto del coro della SAT al
cinema Super il 3 Dicembre.
Il consuntivo finale di tutte queste manifestazioni oltre a quelle passate ovviamente, sarà oggetto della mia relazione di fine anno che mi vedrà
ancora una volta sottolineare l’impegno profuso da tutti i gruppi di lavoro
che dopo uno dei nostri consigli di
amministrazione si sono formati ed
hanno da subito operato proficuamente. Tutto è pronto quindi per la fase
finale e forse più impegnativa organizzativamente parlando, di tutto l’anno e quindi ne approfitto per chiedere
la collaborazione di quanti tra quanti
di voi ancora non si sono proposti.
Anche solamente un’idea può servire
a rendere più piacevole un evento.
Cerchiamo collaborazione sotto tutti
i punti di vista.
Cerchiamo volontari che collaborino.
Cerchiamo collaboratori che siano
volonterosi.
Cerchiamo coerenza e amicizia.
Ed ora purtroppo una cattiva notizia
riguardante il fatto che nei nostri magazzini in zona industriale è stato
esperito un tentativo di furto con
danneggiamenti alle infrastrutture
che proteggono l’ingresso.
Ovviamente, dopo aver raccolto tutti
gli elementi necessari ad individuare
i colpevoli provvederò a sporgere
denuncia all’autorità preposta.
Una buona notizia invece, e che
volevo sottolineare in questo numero, è che finalmente, la segreteria
della nostra associazione sarà operativa dalle ore 10,00 alle ore 12,00
di Martedi e Venerdi a partire dalla
metà di novembre.
Sarò presente io stesso, sia per
coordinare le attività di segreteria e
sia per ascoltare quanti di voi avessero qualsivoglia necessità da risolvere.
Sul nostro sito www provaldagno.it
troverete i nostri numeri di telefono e
potrete contattarci anche tramite
mail all’indirizzo:
[email protected]
Un cordiale saluto a tutti… a presto.
Il Presidente
Andrea Ederosi
EDILVENCATO s.r.l.
EDILVENCATO
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Z.I. - Via Campagna, 36
Tel. 0445 402790
Fax 0445 402078
e-mail: [email protected]
Gr
I primi anni della regione Veneto
Il 1970 fu un anno fondamentale
e di svolta nelle vicende della
Repubblica Italiana, poiché segnò l’inizio del funzionamento
delle Regioni a statuto ordinario.
L’attuazione dell’ordinamento re
gionale, pur previsto dalla Costituzione nel 1948, fu per molti
anni limitata solo ad alcune
Regioni a statuto speciale e solo
con i primi governi di centrosinistra furono presi i provvedimenti necessari per dare realizzazione al dettato costi- tuzionale. Il compito dei primi consiglieri regionali era complesso e affascinante e fu svolto rapidamente ed efficacemente, nonostante
la scarsità di risorse materiali e
finanziarie a disposizione.
Il primo impegno fu ovviamente
quello per lo Statuto, attraverso il
quale si volle che la Regione,
quale prima e grande istituzione
che poteva incidere radicalmente sui rapporti tra centro e periferia e tra governanti e governati,
potesse portare il massimo di
rinnovamento, superando i difetti
e il centralismo tipici dello Stato.
In circa sei mesi, con la fattiva
collaborazione tra tutte le maggiori forze politiche, in particolare DC, PCI e PSI, che pure avevano visioni e programmi generali
diversi e svolgevano ruoli diversi
a livello nazionale, si arrivò a un
risultato eccezionale, simile a
quello ottenuto negli anni 194647 per la Costituzione della Repubblica, cioè a un testo largamente condiviso e approvato dal
Consiglio quasi all’unanimità
(alla sua elaborazione diede un
contributo importante Sergio Perin, rappresentante del PSI nella
relativa Commissione).
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Venezia, Sergio Perin in sala consigliare
regionale (1970). (Foto Archivio V. Sandri)
Lo Statuto del Veneto, uno dei
migliori in Italia, si caratterizzava
per una concezione della Regione disponibile alla collaborazione con gli enti locali, mediante
l’uso più largo possibile delle
deleghe, aperta alla consultazione delle forze sociali nella for-
mazione dei propri provvedimenti e trasparente nei rapporti
con i cittadini, e per un governo
regionale (Presidente, Giunta,
Segreterie regionali) efficiente,
ma nominato e controllato
politacamente dal Consiglio.
Alcune di queste caratteristiche
istituzionali della Regione sono
state temporaneamente cancellate dalle norme transitorie introdotte dalla legge costituzionale
1/1999, ma è tuttavia possibile
recuperarle mediante l’approvazione di opportune modifiche
dello Statuto, attese ormai da un
decennio e ferme soprattutto per
i contrasti esistenti all’interno
dell’attuale maggioranza.
Per queste si auspica che non si
proceda come spesso si è fatto
negli anni scorsi - anche per gli
enti locali - secondo un indirizzo
presente sia nella destra sia nella
sinistra, secondo il quale i problemi di funzionamento della
democrazia si risolvono a scapito della democrazia e della legalità, aumentando i poteri delle
persone e diminuendo la collegialità delle decisioni, e nel contempo eliminando o rendendo di
fatto impraticabili i controlli di
legittimità.
L'imponente lavoro di progettazione politica già nella prima
legislatura (1970-1975) produsse
le prime leggi generali sull’attività amministrativa dell’intera
regione (per l’edilizia economica
e popolare, le Comunità montane, il trasporto pubblico locale,
l’istituzione delle ULSS ecc.) con
alcuni grossi limiti tuttavia, poiché l’attività legislativa regionale
non poteva superare l’ambito
angusto delle funzioni trasferite
dallo Stato nel 1972.
Ben più ampio respiro poté avere
la produzione legislativa regionale dalla seconda legislatura, a
seguito del DPR 616/1977, che
conferì alle Regioni nuove e più
complete funzioni amministrative, e di importanti leggi statali
quali la 833/1978 (riforma sanitaria) e 457/1978 (edilizia residenziale pubblica). Si ebbero
allora, tra le altre, la legge sul
Programma Regionale di Sviluppo (1978-82), la legge per le
ULSS in l’attuazione della riforma sanitaria e, nel 1980, la
prima legge urbanistica regionale organica e quella per l’istituzione di parchi e riserve naturali.
Ma più che dare un resoconto
completo sull’attività legislativa è
interessante oggi ricordare come
nascevano le proposte di legge.
Allora c’erano e funzionavano
ancora i partiti apparsi sulla
scena politica dopo la sconfitta del fascismo e la fine della
di Vittorio Sandri,
consigliere regionale dal 1975 al 1980
guerra, che avevano una propria
visione della società e programmi
generali, e potevano contare sull’adesione di migliaia di persone
per ogni provincia nel Veneto, che
si riunivano nelle sezioni e nelle
federazioni provinciali, davano il
proprio contributo alla discussione sui problemi aperti, partecipavano alle battaglie politiche e si
impegnavano nelle campagne elettorali per sostenere le proposte
del proprio partito e in appoggio
ai candidati ritenuti più capaci di
dare un contributo utile nelle
assemblee elettive.
L’elaborazione delle proposte politiche peraltro non avveniva esclusivamente in ristretti ambiti
partitici, ma con il coinvolgimento
e l’ascolto delle organizzazioni
sindacali, delle associazioni di
categoria, culturali, ecc. e in generale di tutti coloro di cui si riteneva
di dover acquisire il consenso o
almeno il parere, attraverso incontri e convegni.
I partiti si confrontavano di fronte
all’opinione pubblica e nelle sedi
istituzionali principalmente sui
programmi, mentre minore importanza avevano le contrapposizioni
personali, avendo ciascuno in
mente l’obiettivo di arrivare alle
soluzioni migliori per il Paese,
sapendo talvolta rinunciare ad
alcune delle proprie posizioni per
trovare un compromesso accettabile da tutti.
Tuttavia, anche quando non vi
erano possibilità di intesa e il
contrasto era forte, questo veniva
< dalla prima pag. ”Regione Veneto”
che con i suoi 29 anni faceva da
“contrappeso” al più anziano,
Giovanni Bottecchia, già sindaco
di Bassano, classe 1907.
“Oggi, a quarant’anni di distanza ha affermato l’attuale presidente
del consiglio regionale Clodovaldo Ruffato - viviamo ancora una
seconda stagione da pionieri e la
sfida è quella della riforma federale. Le Regioni sono cresciute e sono in prima fila nel rivendicare la
necessità di introdurre dosi massicce di autonomia, responsabilità
e autogoverno nell’architettura istituzionale dello Stato.”
E’veramente la nuova frontiera per
una istituzione che ha “appena”
quattro decenni, ma che può vantare una storia ricca di personaggi,
vicende, progetti e aspirazioni…
tutta proiettata verso il futuro.
Gianni L. Spagnolo
Gianni Luigi Spagnolo
Vittorio Visonà
Redazione
Elena G. Chemello
Almireno Ponza
Gianni Luigi Spagnolo
Vittorio Visonà
Hanno collaborato:
Fotografie:
Graphical layout:
G. Caichiolo, F. Morsolin,A. Ponza, V. Sandri, A. Tomba
G. Bicego, G. Fornasa, A. Tomba, D. Dal Cengio
Elena Chemello
il nostro campanile - luglio/agosto 2010
3
< dalla prima pag....”Rigoni Stern”
letteraria perché, come ha scritto
Ferdinando Bandini: … una singolarità della sua voce di scrittore
va qui marcata. Era una voce
vicina alla nostra inquietudine
odierna e insieme una voce antica.
Aveva creato la sua forza di
persuasione facendosi vindice di
una memoria tenace… Ma lo faceva da poeta appunto, non da
predicatore, anche se intensa era
la sua indignazione per lo smarrimento di tanti valori.
La mostra, trae origine dal rapporto speciale che Mario Rigoni Stern
ha avuto con la neve, questo materiale effimero che tanto ha
segnato la sua esistenza.
Sono nato alle soglie dell’inverno
in montagna - ha scritto nell’incipit del suo ultimo libro
Stagioni - e la neve ha accompagnato la mia vita.
Ecco la chiave di lettura della
mostra: le nevi dei giochi infantili,
le nevi della guerra e del lager, le
nevi del ritrovato rapporto con gli
uomini e la natura dopo il ritorno
a baita, rilette attraverso sculture,
acqueforti, dipinti, fotografie, libri
d’arte, traduzioni, ecc. in un mix
di grande interesse e fascino.
Particolare menzione meritano le
opere provenienti dal Museo Murer di Falcade (Belluno) realizzate
negli anni Settanta del secolo
scorso da Augusto Murer: due
sculture bronzee (Nikolajewka e
L’alpino nella steppa), una serie di
dieci acqueforti, e un grande ritratto a olio su tela di Franco Murer,
figlio di Augusto, del 2007, tutte
opere ispirate a Il sergente nella
neve.
Queste opere sono accompagnate
dai brevi racconti scritti da Mario
Rigoni Stern per la cartella Ghe
rivarem a baita? del 1975 edita da
Corbo e Fiore Editori, Venezia
(oggi introvabile) e da Una nota
per Augusto del 2002 scritta da
Mario per ricordare il grande
artista e fraterno amico che come
lui aveva vissuto la tragica esperienza della guerra, aveva scelto di
restare a vivere in montagna, aveva mantenuto fermo l’impegno per
quegli ideali di giustizia e libertà
nei quali entrambi avevano sempre creduto.
Vorrei, infine, sottolineare il valore
della sezione che ospita le traduzioni delle più importanti opere di
Mario Rigoni Stern (le opere di
Rigoni Stern sono state tradotte in
quindici lingue e ormai sono conosciute in tutto il mondo) e alcuni libri d’artista, tutti materiali
provenienti dall’eccezionale fondo documentale dello studioso
Giuseppe Mendicino.
Si tratta di una sezione resa ancor
più significativa dalla straordinaria
partecipazione al progetto di alcuni traduttori che, in occasione
della mostra, hanno voluto scrivere un personale ricordo dello
scrittore conferendo respiro internazionale a questa iniziativa: il
giapponese Hiroto Koga, l’israeliano Arno Baehr, i francesi Claude Ambroise e Marie-Hélène Angelini.
Adriano Tomba
La Mostra arriva a Valdagno dopo due
precedenti momenti espositivi a Trento
e Bolzano. La Mostra è stata promossa
congiuntamente da Trentofilmfestival,
Comune di Valdagno, Gruppo ITAS
Assicurazioni, Galleria Foto-Forum di
Bolzano, Lions Club Valle dell’Agno e
con la partecipazione dell’Associazione
ERMA Museo Murer di Falcade (Bl).
Le nevi della memoria
cui era innamorato. All’improvviso uno strano silenzio, e scendono lente stille di neve. Mario è
felice e acchiappa i fiocchi con la
bocca. I ricordi dei giochi sulla
neve, con sci di fortuna, lo accompagneranno sempre, gli daranno forza nei momenti difficili.
Il suo amico di gioventù Silvano
Carli mi ha raccontato di quando, a dieci anni, si lanciavano
con gli sci dalla piccola collina
del Belucin, nei pressi della contrada Val d’Orco...
... Poi da ragazzo, aspirante sciatore-rocciatore tra gli alpini, eccolo tra le nevi e i ghiacciai della
Valle d’Aosta: turbinii di neve tra
le vette, ghiaccio frantumato in
diamanti dalla piccozza, bagliori
La più autorevole rivista di cultura alpina L’Alpe, diretta da Enrico
Camanni, la pubblicò, insieme
ad altre più recenti dello scrittore
e dell’Altipiano, nel numero di
dicembre 2004 dedicato al tema
Letteratura e montagna, a corredo di una intervista di Linda
Cottino.
E’ una fotografia di quelle che finiamo per associare indissolubilmente a un personaggio, come il
a salutare l’altro a dicembre.
E quella fotografia venne scattata
proprio in occasione di una di
queste visite.
Nella notte era caduta un po’ di
neve e il fotografo comprese subito che quella poteva essere una
fotografia-icona: “Il sergente scrittore” dentro la luce invernale.
Tomba ha iniziato a fotografare
nel 1982, scegliendo subito di
occuparsi di fotografia dei territori di montagna. Ha scattato fotografie soprattutto nelle Grandi
Dolomiti e in Adamello-Presanella (ha realizzato anche un lavoro sul paesaggio dell’Ovest
americano), ma il mondo fotografico di Adriano ha il suo centro nelle Piccole Dolomiti, che
ha cominciato a frequentare fin
da ragazzo, a ridosso della sua
Valdagno: la Catena delle Tre
Croci, il Gruppo della Carega, la
Catena del Sengio Alto.
Tra quelle cime, canaloni, rocce,
ghiaie, pascoli, boschi, sentieri
delle montagne “dietro casa”
sono passate, con il mutare delle
stagioni, la vita, le emozioni e
vivono tanti ricordi di Adriano
Tomba.
Un mondo alpinistico che ha
visto le imprese di Gino Soldà e
di tanti altri valenti scalatori, le
cui gesta sono state raccontate da
Gianni Pieropan in Storia dell’alpinismo nelle Piccole Dolomiti, pubblicato nel 1977.
Un piccolo universo alpino che
già nel 1969 fu oggetto di un
accorato articolo di Rigoni Stern
Tornato dalla guerra, all’inizio
sentiva fastidio e dolore a guardare
il paesaggio innevato.
Troppo forte il ricordo dei compagni perduti nella steppa, troppo
intenso il gelo che aveva accompagnato i giorni della ritirata e
quelli della prigionia.
Poi, lentamente, sciare nei luoghi
solitari dell’altipiano lo aveva aiutato a ritrovare se stesso, ricordando il passato certo, ma non più
solo il terrore della guerra e la
fame nei lager, anche gli amici
com’erano prima della bufera.
Persino la felicità perduta. E così
ricominciò a correre in discesa, gli
amici e i figli non gli stavano
dietro. Alle corse alternava però,
con crescente frequenza, lo sci di
fondo. In solitudine. La pista del
Barental era la sua preferita, poco
ritratto di Hemingway di Yousuf
Karsh o come quelli di Sciascia
scattati da Federico Scianna.
Non perché una determinata
immagine possa davvero dirci
tutto del personaggio, è impossibile, ma certe connotazioni
umane possono essere illuminate
da una buona fotografia. Espressioni di un attimo, consegnate
alla memoria in una sorta di lotta
al tempo che passa. Un libro di
qualche anno fa Gli scrittori e la
fotografia (Editori Riuniti, 1988)
riporta proprio una frase di Leonardo Sciascia: “Ma del resto
cos’è la fotografia se non una
verità momentanea, verità di un
momento che contraddice altre
verità di altri momenti?”
E’ sempre difficile comparare forme espressive diverse, ma a volte
si possono accostare le sensibilità e i silenzi degli uomini.
Le fotografie di Adriano Tomba
hanno una sobrietà, una tensione
visiva, e una capacità evocativa
di sicura sintonia con la scrittura
di Rigoni Stern.
I due si vedevano solitamente
d’inverno e negli ultimi undici
anni Tomba si era sempre recato
su Il Giorno, un appello affinché
quel magnifico ambiente naturale venisse tutelato creando il Parco delle Piccole Dolomiti.
Purtroppo le cose andarono diversamente.
Rigoni era rimasto colpito anche
dal trovare nelle Piccole Dolomiti un rifugio intitolato ad Antonio
Giuriolo, presso il passo di Campogrosso. Quel grande uomo di
pensiero, comandante partigiano
di Giustizia e Libertà, era uno dei
“piccoli maestri” di Meneghello
che avevano combattuto sull’Altipiano di Asiago. Oggi però
il Rifugio è divernuto un albergo
e di quel piccolo grande maestro
è rimasto solo un cippo alla
memoria...
...La neve ha accompagnato tutte
le stagioni di Mario Rigoni Stern.
C’era neve nei suoi primi ricordi,
quando dalle cime dei monti
dell’Altipiano scendeva ad imbiancare i boschi per giungere
infine tra le case di Asiago...
... In Sentieri sotto la neve lo
scrittore si ricorda ragazzo intento a spaccare legna sotto casa, il
nonno lo osserva, e dal poggiolo
di fronte anche la ragazzina di
e scintillii sui nevai.
E ancora nevi e gelo in Albania,
sul Gur i Topit, nell’inverno del
1940-1941. E poi in Russia, due
anni dopo: giorni e giorni di
cammino nella steppa innevata,
temperature impossibili, con il
tormento continuo del vento e
migliaia di morti nel gelo. Anche
i lager in Masuria, nell’Alta Slesia
e sulle Alpi austriache erano
coperti di neve nei due inverni
successivi: una firma per aderire
alla Repubblica Sociale Italiana
(RSI) di Mussolini gli avrebbe
evitato venti mesi di prigionia,
ma Rigoni non l’appose mai. Finì
dietro un filo spinato, ma conservò la dignità di uomo libero.
frequentata perchè d’inverno è
molto fredda, ma sempre affollata
di ricordi di gioventù. “Una volta ma chi lo ricorda - facevo quelli
che chiamavano passi svedesi: una
spinta ogni due o tre passi: ora
vado come lo consente l’età; ricordando, pensando, osservando le
tracce nel bosco… Sono dodici o
più chilometri. Io amo ritornare
per dove sono salito, perché la
discesa è dolce, dentro un bosco
da sogno, senza difficoltà.
E mi lascio andare come su una
nuvola e il pensiero vaga su immagini o ricordi lontani.” Così scriveva Mario Rigoni Stern alla fine del
secolo scorso…
È passato un attimo.
C’è una fotografia di Adriano
Tomba che ritrae Mario Rigoni
Stern, scattata il 21 dicembre del
1997, che mi è sempre parsa
quella che meglio rappresenta il
grande scrittore di Asiago.
Era il ritratto più caro a Rigoni,
me lo confermò nel novembre
del 2007, quando lo vidi in Valgiardini per l’ultima volta, e del
resto lo aveva scritto lui stesso
sotto quella fotografia: “Per
Adriano, che meglio di ogni altro
ha saputo riprendermi”.
di Giuseppe Mendicino *
* Giuseppe Mendicino è nato ad Arezzo e lavora come direttore generale nei comuni lombardi
di Agrate Brianza e Concorezzo. Ha curato per “Meridiani Montagne” una raccolta di scritti
rari di M.Rigoni Stern ed una di M. Mila, nella stessa collana. Collabora con le riviste “Le
Dolomiti Bellunesi” e “Montagna” per la quale ha scritto anche articoli su E. Hemingway, E.
Castiglioni, G. Segantini, N. Revelli, D. Buzzati e altri. Il suo fondo di opere, traduzioni, scritti,
interviste su Rigoni Stern, non ha eguali in Italia per numero e completezza dei documenti.
È socio accademico del GISM (Gruppo Italiano Scrittori di Montagna).
Note:
L’intervento integrale di Giuseppe Mendicino è pubblicato nel catalogo della mostra.
Fotografie di Adriano Tomba. Dall’alto in senso orario: Ritratto di Mario Rigoni Stern
(1997), Altipiano di Asiago (2010), Nel bosco (2010).
In centro pagina acquaforte di Augusto Murer “Salutami l’Italia” (1975)
4
il nostro campanile - luglio/agosto 2010
VALDAGNO IN MUSICA 2010
Una parata di eventi ed un susseguirsi di artisti di alto livello
14 LU G LIO - P.zza del C om une ore 21
7 LU G LIO - P.zza del C om une ore 21
TIN O
G O N ZA LES
BAN D
K IN G LIO N & TH E B R A V ES
Nato e cresciuto nella città Blues di Chicago, ha iniziato la sua carriera
musicale alla tenera età di 17 anni e da allora si è guadagnato da vivere
facendo il musicista. Spazia dal Funky Latin Jazz al Rock'n roll, Country e
Blues.
Ha collaborato con straordinari musicisti come Willie Nelson, B.B. King,
Etta James, Earth Wind and Fire, Electric Flag, Dan Fogelberg, ecc. Il suo
stile personale è maturato tra sonorità che sono unicamente sue: fondendo
il suo Blues e le sue radici latine, nasce un'unione musicale che è simultaneamente piena di sentimento, vibrante ed energetico.
21 LU G LIO - P.zza del C om une ore 21
PAU L CO X
M ike Sum m erland & m usics
Paul Cox viene considerato uno dei
migliori cantanti Blues-Soul del Regno
Unito. Inizia nel West Midlands, nel 1981
va a Londra e da allora lavora con artisti
del calibro di Ray Charles, Eric Clapton,
Paul Rodgers e molti altri. Si è esibito in
tutto il mondo e viene descritto come il "Il
Pavarotti del British Blues". Nella serata si
esibisce con un gruppo variegato, ma di
altrettanti talentuosi artisti, anche locali.
King Lion and The Braves è una di
quelle realtà parallele che vivono
dentro di noi, uno spirito. Puro
Rock’n’roll, insomma. Nasce così,
per caso, una band che non esiste.
Una mescolanza di stili diversi tra gli
anni cinquanta ed i primi sessanta,
tra gli Stati Uniti e l’Inghilterra. Da
un giorno all’altro, gira una voce, e
la sera si suona. Si collega lo strumento all’amplificatore, qualcuno
chiama un accordo musicale e si va.
Arriva dalla California la grande
armonicista cantante americana Kelly Rucker, una delle sidewomen più
conosciute e apprezzate della scena
blues californiana.
24 LU G LIO - Parco Favorita ore 21
B IG B A N D C ittà diVerona
28 LU G LIO - Piazza delC om une ore 21
LEYD IS M EN D EZ y C arretera C entral
Leydis Mendez, cantante e chitarrista diplomata al Conservatorio Nazionale dell'Avana, accompagnata da Carretera Central, la band battezzata con il
nome della strada che attraversa l'isola di Cuba, da San Julian fino a Santiago, da oriente - terra guajira dove il ritmo percorre i verdi sentieri del "Son"
e della "Vieja Trova Santiaguera" - passando per l' Avana, fulcro d'arte e
cultura che negli anni '50 ha visto affermarsi i leggendari "Boleros", tra cui
Compay Segundo, Benny Morè, Josè Antonio Mendez e Celia Cruz.
Nasce come banda nel 1946 per
volontà di Carlo Vicari, divenendo
dopo anni di attività la Banda di
rappresentanza della città. In
seguito sotto la direzione artistica
di Mario Pezzotta, insegnante al
conservatorio di Verona, vengono
inseriti nel repertorio brani di musica afro-americana, che alla fine
prendono il sopravvento. Ricordiamo le collaborazioni con Cheryl Porter, con Silvia Testoni, e altri
interpreti dei brani dei grandi come F. Sinatra, B. Bacharach e altri.
15 A G O STO - Piazza delC om une ore 21
M A R IA D A L R O V ER E
Maria si propone con una solida band,
formata da strumentisti affermati, con i
quali si esibisce nelle piu’ prestigiose
location del territorio nazionale.
Nello spettacolo si apprezzano brani
mozzafiato ispirati al meglio del R&B
di oggi, al Funk, al Soul e alla Disco
Music degli anni Settanta e Ottanta,
con brani portati al successo da Stevie
Wonder, Chaka Khan, George Michael, ecc…
Ma anche brani del repertorio di artisti
italiani, da Lucio Battisti a Mina, da
Patty Pravo a Rita Pavone e Gianni
Morandi.
il nostro campanile - luglio/agosto 2010
“LA NOTTE DEI TAMBURI” al Parco La Favorita
Tony Esposito, Gianni Caltran e Sergio Pescara hanno stupito e sedotto
con le loro sonorità il folto pubblico accorso al Parco della Favorita
che, rinnovato nella sistemazione e nella logistica, ha offerto la giusta
cornice all’evento clou dell’estate valdagnese 2010, organizzato dalla
Pro Valdagno in collaborazione con il Comune.
Ritmi sfrenati e travolgenti: rullanti, piatti e grancasse, con suggestioni
sonore che richiamavano culture e tradizioni musicali di tutto il mondo. Gianni Caltran con il suo gruppo ha interpretato un repertorio
rhythm and blues, forte di una carriera in tv, radio e in spettacoli dal
vivo, accanto a grandi interpreti come James Brown.
Sergio Pescara, accompagnato da Gianni Cicogna al basso: i “Groovydoo”; un mix tra rock, funk e techno.
Ma “il piatto forte” della serata è stato lui, Tony Esposito, 35 anni di
carriera artistica, uno dei fondatori del blues metropolitano. Il musicista partenopeo, che ha sfoggiato tutto il suo talento, con la batteria
portatile di sua invenzione (tamborder), proponendo grandi successi
del passato e una selezione di brani nei quali ha condensato il frutto
della sua ricerca di nuove sonorità legate in particolare all’area del
Mediterraneo. Un’apoteosi di suoni e di colori ha concluso la sera,
con tutte le band fuse nel gran finale ad interpretare “Kalimba de
luna” rivista in chiave “drum and bass”.
5
9 Reginette di una serata speciale
La scenografia è quella giusta, l’atmosfera anche, riscaldata da un
pubblico a dir poco entusiasta che nel parco della Favorita ha seguito
l’avvicendarsi sul palco delle partecipanti alla 9° tappa del tour ospitato
dalla Pro Valdagno e organizzato da TvA Vicenza in collaborazione con
Il Giornale di Vicenza, con il patrocinio della Provincia, per incoronare
Miss Provincia di Vicenza 2010.
Impresa non facile per la giuria valdagnese incaricata della selezione
locale, fare una corretta selezione, assegnando i titoli messi in palio dal
concorso.
Ma alla fine i giurati - Andrea Ederosi, Federico Granello, Vittorio Visonà,
Daniele Nizzero, Simone Pavan, Raffaele Visonà, Sara Bistoni, Francesca
Pigato, Giacomo Luongo, Luciano Roverato, Redento Peserico, Luigi
Cristina - hanno proclamato le star della serata: Valentina Dal Prà di
Rugliano - “Gover girl”; Giada Brazzale di Marano “Show girl”; Renata
Andricto di Brogliano “Fashion girl”; Bernice Boakye Dufie di Valdagno
“Sport girl”, tutte studentesse.
Premiate anche altre due valdagnesi: Sara Ponza, maestra d’asilo, “Miss
talent girl” ed Emilia Cristina Stuparoiv, barista, “Miss gambe in primo
piano”.
Un riconoscimento anche a Elena Parolin di Vicenza come “Miss futura”
e alle studentesse Giulia Fabris e Marta Frizzo di Santorso, elette
nell’ordine, “Miss Valle dell’ Agno” e “Model girl”: titolo che vale il
secondo posto.
Una conferma infine del loro talento musicale l’hanno avuta i gemelli
valdagnesi Marco e Matteo Visonà, fondatori del gruppo musicale “I
Decò”, che si sono esibiti con alcuni brani del loro cd “La stanza dei
colori” presentato nei mesi scorsi al teatro Super di Valdagno.
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il nostro campanile - luglio/agosto 2010
< dalla seconda pag. ”... Regione Veneto”
comunque mantenuto su livelli
minimi di correttezza politica.
Tale descrizione dei rapporti tra le
forze politiche potrebbe indurre
un giovane di questi tempi a pensare che allora si vivesse in una
situazione di relativa tranquillità.
Non era affatto così; anzi al contrario, passati gli anni del cosiddetto miracolo economico, l’Italia
verso gli anni ’70 andò incontro a
una grave crisi sociale ed economica, caratterizzata da aspri conflitti nelle fabbriche e da un’inflazione a due cifre, e da forme di
forte contestazione politica, in
molti casi giustificata e condotta
entro i limiti della legalità, ma
anche purtroppo accompagnata
da azioni miranti al rovesciamento
delle istituzioni democratiche,
condotte da frange politiche estremiste della destra neofascista o del
terrorismo rosso.
In questa situazione drammatica e
pericolosa, pur in presenza di
stragi, di rapimenti e di omicidi
mirati, le principali forze politiche
seppero mantenere i nervi saldi,
decidendo che la strada da seguire, insieme con l’ovvio contrasto
dei fenomeni criminali in cui erano impegnate le forze dell’ordine,
era quella di lavorare con impegno e serietà sui provvedimenti
necessari per far uscire il Paese
dalla difficilissima situazione.
E dopo? Qual è stato il seguito
delle vicende politiche in Italia e
nel Veneto? Superato il momento
più drammatico della crisi, l’impegno riformatore dopo il 1980
gradatamente rallentò fino a
fermarsi. La svolta conservatrice
avvenuta nei più importanti Paesi
occidentali (Stati Uniti, Gran Bretagna, Germania) contagiò anche
l’Italia e la classe politica dirigente italiana forse si persuase
che in fondo tutti i problemi, le
contraddizioni, le ingiustizie e le
arretratezze tradizionali potevano essere risolti dagli automatismi di un mercato libero da ogni
controllo, che avrebbe assicurato
un benessere crescente per tutti;
si adagiò a sua volta in una specie di edonismo reaganiano e
divenne sempre più autoreferenziale e una casta, con l’accentuazione e la generalizzazione di
alcune sue caratteristiche negative che avevano già cominciato a
manifestarsi anche in passato; e
ciò fino alla crisi di credibilità
fatale dei primi anni ’90.
Quello che è avvenuto poi nella
politica italiana è abbastanza recente, da un po’ di anni è sotto
gli occhi di tutti e ciascuno può
farsene l’opinione che crede.
Nel corso dei primi quarant’anni della Regione del Veneto sono stati eletti consiglieri regionali anche due consiglieri comunali di Valdagno: Sergio Perin eletto nel 1970
(prematuramente scomparso nel novembre del 1971) e Vittorio Sandri, eletto nel
1975 e nel 1980 (due legislature consecutive).
Seduta di un consiglio comunale (1970). Si riconoscono (partendo da sinistra):
Bruno Gavasso, Alberto Neri, Sergio Perin, Vittorio Sandri. (Foto Archivio V. Sandri)
Quando la memoria risvegliata
da lente conversazioni di signori
canuti, oppure da antiche immagini che fermano un'evento con
alle spalle parecchi lustri, le Tarajne (ragnatele) che ne offuscavano il ricordo cadono e, piano
piano, un soffuso acquerello in
movimento riporta al presente
atmosfere, sensazioni, certezze
e dogmi che portavano noi adolescenti, ed adulti, a celebrare riti
a conferma del nostro fermo
credere.
Era la processione del Venerdì
Santo, l'evento, più sentito e
partecipato, intriso di drammaticità per quello che raccontava e
rappresentava.
La conclusione di una liturgia
che dalle festose celebrazioni per
una natività ci portava a partecipare al Sacrificio dell'Uomo della speranza.
La foto, tratta dal prezioso archivio di Elsa Visonà, ci riporta al
tempo: una processione è ancora
lì in Corso Italia che si snoda, la
comunità celebra con vera partecipata pietà, oppure chissà con
atteggiamento serioso e d'occasione.
Indifferenti e annoiati i Gagà assistono dai portoni o dietro le
finestre dei Caffè lo snodarsi del
severo, grave corteo.
Indifferenza, supponenza, malcelato fastidio si può indovinare
negli sguardi degli “assenti ”, ma
non certo blasfeme considerazioni.
Rivedo il sacro acquerello e
guardando con attenzione mi
sembra ci sia un Zerbinotto nel
gruppo Aspiranti che mi rassomiglia..../ e vedo i Lupiti, i
Esploraturi, i Moculi, i Frajarui, le
Guardie vestie da festa/, e i Don:
Giovanni, Leone, Augusto, Didimo, l'Arciprete Bortolo Meggiolaro che con sguardo severo
trasmette ai fedeli la mesta,
austera atmosfera di quel santo
Venerdì.
Il Cailetto, con il Giusto martoriato, portato da quattro uomini
prestanti e compìti che si cambiano ogni duecento passi con
altri a spartire fatica e privilegio,
e poi i Musicanti con lo spartito
illuminato dalle grosse candele
rette dalle pie donne dell'Azione
Cattolica.
La struggente Marcia è, per noi
/bociasse/, lo scontato familiare
sottofondo che accompagna la
processione non uno straordinario immortale capolavoro musicale, ma certo /bociasse/ siamo
e, ovviamente, non ancora "abilitati" a distinguere il bello assoluto. Le finestre sono arredate, da
semplici candidi copriletti o da
variopinti damashi che scivolano
lungo il muro, da candele mascherate dalle corolle di carta
oleata variopinta, e dai primi
gerani, le corone del Rosario
pendolano dai balconi mosse da
ogni avemaria recitata da chi non
può ma vuole partecipare, ed
infine il solenne approdo in
Duomo avvolto dall'incenso e
cassa armonica per un antico
Greoriano che accompagna i
gesti degli officianti fino alla
conclusione del rito.
Adesso fuori nel Corso cambia
l'atmosfera, il passeggiare torna
disordinato e l'attenzione è rivolta a luccicanti vetrine dei negozi
Valdagno, primi del ‘900: la processione del Corpus Domini. Il corteo religioso, si snoda
per la via del centro, seguito dalla devota partecipazione dei cittadini; alle finestre
drappi bianchi e ricamati fanno da cornice all’evento. (foto archivio Elsa Visonà).
con le mercanzie in primo piano, leccornie alimentari, il limone in
bocca al povero vitello macellato; dalle oreficerie fa mostra di sè e ci
affascina l'irragiungibile OMEGA, il Re, circondato da una corte di
anelli, catenine, ori e da Vassalli, segnatempo, di rango inferiore, e poi
foulard, cravatte e leggere camicette in una fantasmagoria di colori a
sollecitare la primavera alle porte a farsi padrona di giardini, prati e nella
cornice delle nostre colline.
Il silenzio si traforma in brusio con i primi anticipati auguri pasquali, a
gruppetti si chiacchiera, i toni sommessi, non si gridava allora, vigeva un
riserbo dettato, forse, da una istintiva rispettosa attenzione a non disturbare il conversare del gruppetto accanto.
Per noi ancora imberbi zerbinotti, la luce si accende dopo l'ultimo
Amen, al rompete le righe quando le prime "simpatie" ci fanno spalancare gli occhi per sintonizzare lo sguardo, incrociandolo, con quello
della dolce biondina che, speriamo, sia interessata ai nostri /"bei oci"/ e
la malinconia si trasforma come d'incanto in gioiosa festa, con finta
noncuranza si confida all'amico del cuore la “conquista” ed improvvisamente senza accorgersene si ride di tutto e leggeri si cammina un po’
storditi tra le nuvole.
Mille ricordi si accavallano di quelle primavere di quei Venerdì con
“sacro e profano” che si fondono, per l'occasione, in una felice compl
ce intesa.
Con sofferta e sincera nostalgia rivisitamo l'antico caldo acquerello
pregno di certezze e dogmi, ma i tempi ci portano inevitabilmente ad
un confronto con il presente, e ci ritrova soli con il nostro disincanto e
con il freddo dei dubbi che le inesperienze del vivere propone a tutti, a
chi ha fede ma sopratutto a chi ha solo la tenue speranza, e così per
qualcuno di quei canuti zerbinotti l'unica certezza rimane quella biondina con la quale in quel lontano Venerdì ha incrociato lo sguardo e che
da oramai tanti anni lo sopporta nonostante il suo burberissimo
carattere.
Gianni Caichiolo
il nostro campanile - luglio/agosto 2010
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Ricordi di uno scolaro valdagnese
Valdagno 5 novembre 1955
1955 : un anno storico per
Valdagno che viene insignita
del titolo di “CITTA'”.
Nella grande fotografia si nota il
Sindaco di Valdagno Prof. Costantino Lora mentre si rivolge alla
folla di cittadini delle grandi occasioni circondato da Gaetano
Marzotto ju. e i numerosi figli e
nipoti - il più giovane dei figli,
Pietro, è studente liceale - , tra le
autorità civili e militari, il Prefetto
e il Sindaco di Vicenza, parlamentari, i numerosi membri delle associazioni d'arma, sportive e parrocchiali, convenuti da tutta la
vallata e da altre regioni sedi delle
diverse aziende “Marzotto”.
Tra la folla, davanti al palco d'onore, si può notare un giovane prete,
Don Giovanni Barbieri, da qualche
anno cappellano nella Rettoria
della nuova Chiesa di San Gaetano Thiene retta dal M.R. Sac. Don
Francesco Regretti, di esemplare
memoria.
Sulla sinistra della celebre “Banda
Marzotto”- noi allora la chiamavamo così -, ai piedi della statua
dalla quale è appena stato tolto il
grande lenzuolo bianco che la
ricopriva, proprio dinanzi alla
Villa di Paolo Crosara e del negozio fotografico Ignesti, accanto
allo stuolo delle suore Salesiane e
Dorotee con le “orfanelle” è presente anche una rappresentanza di
10 alunni delle centinaia di scolari
delle nostre scuole elementari del
primo dopoguerra.
E la foto è storica soprattutto e
anche per loro perchè per la prima
volta nella vita partecipano ad una
cerimonia pubblica di grande
rilevanza. Si intravedono chiaramente gli alunni della classe Va A
del maestro Giuseppe Pozza di
Cornedo, i compagni di classe
Gabriele Rausse, Gino Tomba,
Cocco Giuseppe, Draghi Giacomino, Pierangelo Reniero, Costantin Vincenzo, Libondi Francesco,
Perin Giorgio mentre il sottoscritto
ebbe l'onore di essere l'alfiere
della Bandiera Tricolore della Direzione Didattica Scuole Elementari “A. Manzoni” di Valdagno
insieme all'inseparabile amico Peripoli Marco – eravamo entrambi
di alta statura, quasi... due corazzieri... ci disse il Direttore
Jocer! - . Ci fanno corona il Direttore Didattico Leone Jocer, le
maestre Ferrari e Pretto-Brunelli, i
maestri Molinari, Guarato, Drago
Santino e tanti altri insegnanti di
quel tempo, un po' autoritari,
decisi, esigenti, patriottici, sovente
imparziali, a volte un pò severi ma
anche “ madri “ e “padri” affettuosi per alcuni di noi.
Tutti noi serbiamo ricordi di quei
primi anni di scuola anche belli e
positivi che teniamo nel profondo
del nostro cuore di adulti, come
piccoli tesori di sapienza, di orgoglio, di gioie spensierate di ragazzi
felici con una grande speranza di
futuro.
Ricordo che la nostra “delegazione” fu ammessa alla solenne cerimonia pubblica dopo aver superato alcune difficili interrogazioni di Storia dal Risorgimento Italiano alla Ia Guerra Mondiale ed una
ricerca di gruppo piuttosto dettagliata sull'Unità d'Italia - i grandi
festeggiamenti del centenario era-
5 Novembre: l'inaugurazione
del monumento al pioniere
dell'industria tessile Gaetano
Marzotto se. (1820-1910).
no poco lontani – e sulla annessione del Veneto all'Italia, effettuate tra tutti i numerosi alunni
delle classi quarte e quinte delle
numerose scuole elementari
dell'intero Comune di Valdagno
sparse in tutte le frazioni della
Valle, da Castelvecchio a Piana,
Maso, Campotamaso, Massignani, Novella, San Quirico, Novale
e Valdagno, la grande scuola sul
Lungo Agno Manzoni, con un
vasto cortile all'interno, al cui
centro spiccava il pennone dell'alza bandiera.
Ed inoltre per un intero mese, per
tre volte alla settimana, eravamo
chiamati a cantare e ripassare
con grande impegno l'”Inno
d'Italia” di Mameli guidati da una
paziente, giovane, gentile e bella
insegnante la Sig.na Amalia Brunelli, figlia della mia maestra di
prima elementare (e sorella del
noto padre salesiano P. Vincenzo
Brunelli, missionario da 20 anni
in Bolivia), la quale, nell'aula di
musica, al primo piano, ci accompagnava suonandoci “divinamente” il pianoforte!
E rammento che gli stessi alunni
della classe Va A, con tutta la
classe del nostro maestro Pozza
Giuseppe al completo, tutti e
trentadue,
ricevemmo
in
quell'ultimo anno di scuola un
altro grande, direi “storico”
regalo: un indimenticabile e
indimenticato viaggio di istruzione a Solferino, San Martino,
Custoza, Goito, Valeggio sul
Mincio e Peschiera del Garda.
In quegli anni non c'era certo
l'autobus a disposizione. E ricordo che salimmo sulle autovetture
di alcuni genitori dei nostri
compagni, il Comm. Rausse, il
medico Libondi, Perin dell'autoscuola, il Prof. Costantin e Draghi, il direttore della Banca Popolare.
Ma di questo viaggio “storico” ne
parleremo nel prossimo numero
del “Nostro Campanile” in occasione dei 150 anni dell'Unità
d'Italia!
Lo scolaro di un tempo....
Florindo Morsolin
Il monumento a Gaetano Marzotto è stato realizzato sul progetto dello scultore Luciano Minguzzi (con la collaborazione, per quanto riguarda le parti strutturali in
pietra e marmo su cui poggiano la statua e le “formelle” in bronzo, di Luigi Vignali). Il progetto scelto è stato quello del vincitore del concorso, appositamente
diramato ancora nel 1952, rivolto solo a dodici artisti italiani di indubbia fama: Francesco Messina, Giacomo Manzù, Marino Marini e Gastone Pancera di Milano,
Marcello Mascherini di Trieste, Luciano Minguzzi di Bologna, Venanzio Crocetti di Venezia, Neri Pozza, Giuseppe Zanetti e Mirko Vucetich di Vicenza, Gino Masiero di Valdagno, Vittorio Berno di Schio. Messina, Marini,Manzù, Crocetti e Zanetti ringraziando, declinarono l’invito a partecipare al concorso. Nel verbale, redatto
dalla giuria è stato evidenziato come “nonostante il non elevato numero di partecipanti, i concorrenti” avessero, “nel complesso, corrisposto all’aspettativa. Pur
rilevando che i progetti proposti presentassero ”indistintamente varie manchevolezze di carattere formale, in relazione agli elaborati richiesti dal bando di concorso,
ma non tali però da influire sul giudizio emesso, dopo ponderato esame”.
Vittorio Visonà
D
A
Donà Alberto
Oreficeria
Gioielleria
CREAZIONI ARTIGIANALI E RIPARAZIONI
VALDAGNO (VI) - Via Borga 27
T. 0445 407022 - F. 0445 488602
E-mail: [email protected]
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il nostro campanile - luglio/agosto 2010
I Roccoli nella tradizione venatoria delle valli dell’Agno e del Chiampo
Domenica 23 maggio 2010
L'uccellagione - ricorda Dorino
Stocchiero in apertura del libro - è
una attività venatoria antica quanto l'uomo, ma che negli ultimi decenni è caduta completamente in
disuso in applicazione alla normativa che ne ha limitato molto l’esercizio.
Resta comunque l’opportunità di
valorizzare queste strutture per
l’uccellagione (i roccoli) convertendole a scopi scientifici (per
esempio lo studio delle rotte migratorie), facendone anche un
punto di riferimento per la qualificazione ambientale e naturalistica del territorio.
I roccoli rappresentano inoltre una
importante testimonianza di architettura rurale e di composizione paesaggistica, frutto di una
grande esperienza sedimentata
nella tradizione.
Su queste tematiche suggestive
scorrono le pagine del volume
dovuto alla competenza e allo
studio approfondito sia di Stocchiero che di Diego Dal Cengio il
quale, raccogliendo pazientemente i racconti degli anziani
protagonisti di una attività ormai
scomparsa, ha voluto comporre
un “piccolo pezzo di storia, storia
di un passato che ci mostra la
tempra, il coraggio, la tenacia e la
scaltrezza dei nostri padri”.
La struttura tipica del roccolo (dal
latino “rotolu’ - ricorda Stocchiero
- diminutivo di rota, cioè forma
circolare), l’ubicazione dei sette
roccoli, la ricostruzione puntuale
di ogni singola struttura, una interessante appendice tra cronaca e
storia locale: questo il contenuto
di un libro che attira per la ricca
”Contrà per Contrà”:
documentazione fotografica e
per l’elegante veste editoriale.
Senza dubbio un buon contributo nella direzione voluta
dagli autori, ossia salvaguardare
“un ricco patrimonio di saperi e
di nozioni pratiche di grande
interesse per la ricerca storico-venatoria” che altrimenti
rischia di scomparire definitivamente.
Gianni L. Spagnolo
Due esempi di costruzioni ormai
“scomparse” come struttura originaria.
Roccolo Mettifogo: l’originale; ora è
stato interamente ricostruito.
Qui sotto: Roccolo de Nani Corato.
D. Dal Cengio - D. Stocchiero
I 7 Roccoli, cent’anni di tradizione venatoria nell’alta Valle
dell’Agno e del Chiampo - Edizione Mediafactory, Cornedo
Vicentino, 2010.
Concludo con un colpo d'ali. Questa primavera andando a fare gli
ultimi rilievi ai roccoli mi chino a terra per una misura e, ... un fragore
mi sorprende ... eccola ... si alza in volo ... calma, indifferente... quasi
sapendo che non puo accaderle niente ... la regina del bosco, la
beccaccia.
"11 giorno che morì l'ultimo cacciatore l'umanita avrà perso Ie sue
radici e il suo contatto con la preistoria e con i suoi progenitori”.
Passeggiata
Ognissanti e dintorni
Durante l’itinerario del percorso,
passando nei pressi di Ognissanti, la comitiva si è soffermata
ad osservare una vecchia fontana, dall’aspetto pressapoco uguale a tante altre: tre vasche di
pietra accostate, piene di acqua
che sgorgava da una “canna”
conficcata nel sasso, proprio sopra la prima vasca. Una tipica
fontana che, in tempi andati, rappresentava l’unica risorsa idrica
domestica di acqua potabile, ma
anche di luogo d’incontro per le
tante donne che lì si recavano
per il bucato o per abbeverare le
bestie. Le abitazioni, allora, erano sprovviste di acqua corrente.
Ma questa fontana aveva incuriosito i gitanti perchè, sopra la
canna dell’acqua un grosso sasso
presentava un vistoso lacerto di
bassorilievo.
La comitiva in contrà Ognissanti
cumentariamente riscontrato, che
nelle vicinanze della fontana, nella valle del torrente Rio, alle falde
collinari, sorgeva ancora nel XIII
secolo un piccolo monastero dedicato ad “Omnium Sanctorum”
(Ognissanti) che ospitava una comunità di Umiliati, è molto probabile che la fontana di cui si parla
fosse la risorsa idrica del convento stesso.
Fatta abbellire dai conventuali con
una scultura, significativa, rappresentante l’Agnus Dei.
Dunque se quel bassorilievo fosse coevo all’edificio, si sarebbe di
fronte ad una delle più antiche
manifestazioni di pregio storico
L’effige dell’agnello in bassorilievo sopra la fontana della contrà
Un ignoto scalpellino aveva abbozzato un profilo di agnello in
cammino in rilievo, rivolto verso
sinistra, una scultura arcaica,
quanto misteriosa, attualmente
acefala e danneggiata in altre
parti, chissa quando e da chi...
Quel bassorilievo rappresenta, al
di là della somiglianza con l’agnello effigiato sullo stemma comunale, una testimonianza significativa per la storia della comunità locale. Se è vero, come do-
-artistico medioevali locali.
Perciò non varrebbe la pena di
preservarla da ulteriori danneggiamenti (naturali e non), asportandola da lì e mettendola in più dignitosa cornice a testimonianza di
una antica radice culturale valdagnese?
Vittorio Visonà
L’iniziativa “A piedi Contrà x contrà” è stata promossa dal comune di
Valdagno, Assessorato alla cultura e
Assessorato alle contrade e turismo.
Contrada Ognissanti (foto di Bruno Vendramin tratte dal suo libro
“Valdagno contrà per contrà”).