elenco principali circolari, pareri e risposte a quesiti del ministero

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elenco principali circolari, pareri e risposte a quesiti del ministero
normativa, e dintorni, nazionale sulla mobilità, la sicurezza stradale e lo sviluppo sostenibile
raccolta curata dal sito web mobilita&sicurezzastradale – m&ss
elenco principali circolari, pareri e risposte a quesiti
del ministero sulla mobilità e dintorni
m&ss infomazione/formazione
Abbiamo selezionato alcune circolari, pareri e risposte a quesiti del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti (o ex
Ministero dei Lavori Pubblici), che magari sono meno conosciuti, ma che possono essere d’aiuto alla risoluzione di alcuni
problemi di progettazione e soprattutto di gestione e “manutenzione” della mobilità e della sicurezza stradale.
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INDICE
1981: Circolare Ministero dei Lavori Pubblici 28 settembre 1981, n. 1525
Spazi riservati alla sosta di veicoli per motivi di pubblico interesse
pag. 7
1993: Circolare Ministero dei Lavori Pubblici 5 agosto 1993, n. 62, (G.U. 11/8/1993 n. 187)
Limitazioni della circolazione dei mezzi pesanti fuori ed in attraversamento dei centri abitati
pag. 9
1997: Circolare Ministero dei Lavori Pubblici 21 luglio 1997, n. 3816
Direttive per l'individuazione dei comuni che possono subordinare l'ingresso o la circolazione dei
veicoli a motore, all'interno delle zone a traffico limitato, al pagamento di una somma,
nonché per le modalità di riscossione della tariffa e per le categorie dei veicoli a motore esentati
pag. 11
1997: Circolare Ministero dell’Interno n.300/a/26467/110/26, del 25 settembre 1997
Personale addetto all'accertamento delle violazioni in materia di sosta e di circolazione
e sosta sulle corsie riservate
pag. 15
1997: Ministero dei lavori pubblici - circolare 29 dicembre 1997, n. 6709/97
Direttive in ordine all'individuazione dei tratti di strade statali, regionali e provinciali all'interno dei centri abitati,
a seguito dell'entrata in vigore delle modifiche al regolamento di attuazione del nuovo della strada
pag. 19
1998: Direttiva Ministero dei Lavori Pubblici 17 marzo 1998 (G.U. n.82 dell'8.3.98)
Pubblicità lungo le strade o in vista di esse art. 23 del d. lgs. 30 aprile 1992, n. 285,
e successive modificazioni. Direttiva per il controllo della pubblicità abusiva
pag. 21
1999: Circolare Ministero dei Lavori Pubblici 2 agosto 1999, n. 579
Regolamentazione della circolazione fuori dei centri abitati. Ordinanze relative ad obblighi, divieti e limitazioni pag. 25
2000: Direttiva Ministero dei Lavori Pubblici 24 ottobre 2000
Direttiva sulla corretta ed uniforme applicazione delle norme del codice della strada in materia
di segnaletica e criteri per l’installazione e la manutenzione
pag. 27
2006: Direttiva Ministero Infrastrutture e Trasporti - 2006
Seconda Direttiva sulla corretta ed uniforme applicazione delle norme del codice della strada
in materia di segnaletica e criteri per l’installazione e la manutenzione
pag. 45
2007: Circolare Ministero Infrastrutture e Trasporti, 25 maggio 2007, Prot. 49770
Quesito su dossi
pag. 69
2007: Ministero dei Trasporti
Dipartimento Trasporti Terrestri, Dir. Generale Motorizzazione, Divisione VIII
Risposta a quesito Prot. 84567 del 3 settembre 2007
Siepi e recinzioni nei centri abitati
pag. 71
2007: Circolare Ministero Infrastrutture e Trasporti, 14 settembre 2007, Prot. 84626
Richiesta di autorizzazione alla installazione di dissuasori di sosta
pag. 73
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2007: Ministero dei Trasporti
Dipartimento Trasporti Terrestri, Dir. Generale Motorizzazione, Divisione VIII
Parere Prot.17816/2008.
Circolazione sulle rotatorie
pag. 75
2008: Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti
Parere prot. 92383 del 14/11/2008,
Attraversamenti pedonali e passi carrai
pag. 77
2009: Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti
Parere prot. 4140 del 13/1/2009
Richiesta parere utilizzo manufatto per piste ciclabili
pag. 79
2009: Ministero Infrastrutture e Trasporti
Parere prot. 22071 del 27/10/2009
Parere sulla sosta sul lato sinistro nelle strade a senso unico
pag. 81
2010: Ministero Infrastrutture e Trasporti
Parere prot. 23554, del 19/03/2010
Divieto di sosta per esigenze di antiterrorismo
pag. 83
2010: Ministero Infrastrutture e Trasporti
Parere prot. 25783 del 22/03/2010
Parcheggi a pagamento
pag. 85
2010: Ministero Infrastrutture e Trasporti
Parere prot. 49332, del 4 giugno 2010
Colore dei pali di sostegno delle lanterne semaforiche
pag. 87
2010: Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici
Deliberazione n. 50 - adunanza del 27 luglio 2010
Convenzioni per gestione della sosta e infrazioni
pag. 89
2011: Ministero Infrastrutture e Trasporti
Parere prot. 112, del 13 gennaio 2011
Distanza minima tra il segnali di limite di velocità e autovelox
pag. 95
2011: Ministero Infrastrutture e Trasporti
Parere prot. 207, del 19/1/2011
Circolazione nelle rotatorie
pag. 97
2011: Ministero Infrastrutture e Trasporti
Parere prot. 1379, del 11 marzo 2011
Colorazione degli attraversamenti pedonali
pag. 99
2011: Ministero Infrastrutture e Trasporti
Parere prot. 5232, del 24/10/2011
Segnalazione delle fermate bus
pag. 101
2011: Ministero Infrastrutture e Trasporti
Parere prot. 5235, del 24/10/2011
Circolazione e corsie nelle rotatorie
pag. 103
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2012: Ministero Infrastrutture e Trasporti
Parere prot. 2291, del 03/05/2012
Constatazione degli illeciti amministrativi per infrazioni al codice della strada in materia di sosta vietata
pag. 105
2012: Ministero Infrastrutture e Trasporti
Parere, prot. n. 4375, del 27/07/2012
Dimensioni e formati dei segnali verticali
pag. 107
2012: Ministero Infrastrutture e Trasporti
Parere prot. n. 4376, del 27/07/2012
Integrazione sulla dimensioni e formati dei segnali verticali
pag. 109
2013: Ministero Infrastrutture e Trasporti
Parere prot. 370, del 15/01/2013
Contravvenzione per ticket scaduto nei parcheggi a pagamento
pag. 111
2013: Ministero Infrastrutture e Trasporti
Parere prot. 6848, del 13 novembre 2013
Pagamento tariffa sosta mediante cellulare
pag. 113
2014: Ministero Infrastrutture e Trasporti
Parere prot. 1340, del 18 marzo 2014
La segnaletica in strada privata ad uso pubblico
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spazi riservati alla sosta di veicoli per motivi di pubblico interesse
circolare ministero dei lavori pubblici 28/9/1981, n. 1525
Il Ministero chiarisce i motivati e limitati casi in cui è possibile riservate posti auto ai veicoli per motivi di pubblico interesse oltre a quelli
già previsti dal Codice della strada all’art. 7, comma 1, lettera d) dell’attuale Codice della Strada.
Chiara l’indicazione del Ministero in merito “all’illegittimo provvedimento allorché l'estensione dello spazio riservato sia
palesemente esorbitante rispetto alla riconosciuta esigenza pubblica ed alla natura di essa, e non sia invece limitato alla misura
strettamente indispensabile contenuta nei limiti più severi”.
Questa circolare del Ministero anche se in data antecedente al nuovo codice della strada D.Lgs. 30/471992 , n. 285, è ancora valida e
confermata dallo stesso Ministero in una recente comunicazione al Comune di Cesena in merito a tale tema.
(nota: grassetto, maiuscolo, evidenziazioni a cura degli autori)
Come è noto, l'art. 4 del T.U. n. 393 del 15.6.1959 comma 1°, lett. b) consente al Sindaco di "riservare appositi spazi alla
sosta di determinati veicoli quando ciò sia necessario per motivi di pubblico interesse".
L'art. 59 del Regolamento di esecuzione del citato T.U. precisa che possono essere previste "eccezioni al divieto di sosta
generale solo per le seguenti categorie di veicoli: veicoli delle forze armate, polizia, vigili del fuoco, servizi di soccorso,
limitatamente però alle aree antistanti le rispettive sedi e per la estensione strettamente indispensabile".
La Corte di Cassazione ha osservato che, in linea di diritto, il Sindaco ha la facoltà di concedere eccezioni al divieto di
sosta anche ad altre categorie di veicoli che non rientrino nelle 4 fattispecie indicate dal citato art. 59.
Ma per giustificare queste concessioni di carattere eccezionale è necessaria la coesistenza delle seguenti condizioni:
- Carattere preminente di interesse pubblico dell'ordinanza, che configuri il chiaro soddisfacimento di un pubblico
interesse, che deve trovare corrispondenza in una situazione obiettiva. In altri termini, si deve trattare di un interesse
collettivo riferibile ad un bisogno effettivamente sentito dalla collettività, ritenuto con ciò escluso ogni caso di sosta per la
privata utilità o comodità delle persone od impiegati e funzionari locali e non per l'immediato e diretto esercizio delle attività di
pubblico interesse, cioè del "pubblico" che accede agli uffici.
- Esistenza di una correlazione logica fra il fine da perseguire ed il provvedimento adottato.
Sembra particolarmente importate osservare, inoltre, che l'"interesse pubblico" che può giustificare la riserva di spazi di
sosta particolari si contrappone generalmente con altri più vasti interessi pubblici, quali quelli della generalità dei conducenti
di disporre del maggiore spazio possibile per la sosta dei propri veicoli.
Sarà pertanto necessario contemperare in ogni caso questi interessi generali.
Dovrà infine ritenersi illegittimo un provvedimento allorché l'estensione dello spazio riservato sia palesemente
esorbitante rispetto alla riconosciuta esigenza pubblica ed alla natura di essa, e non sia invece limitato alla misura
strettamente indispensabile contenuta nei limiti più severi.
A titolo indicativo, può riuscire utile esemplificare alcuni casi in cui la Magistratura competente ha ritenuto non
giustificata la concessione di spazi riservati di sosta:
- veicoli di una Banca;
- veicoli di servizio della Corte Costituzionale;
- autovetture da noleggio;
- spazi dinanzi agli alberghi;
ecc., in quanto dette concessioni favorivano interessi "particolari".
Si osserva, infine, che i permessi concessi non esonerano i beneficiari dalla osservanza degli obblighi imposti direttamente
dalla legge in materia di sosta e precisati dall'art. 115 del vigente C.d.S..
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In conclusione, tutti i funzionari ed impiegati senza distinzione di grado, di Enti ed Uffici pubblici in genere,
dovranno usufruire per le proprie autovetture private degli spazi pubblici di sosta collettivi, aperti a tutti
indistintamente gli utenti della strada.
Nel caso in cui gli enti ed Uffici in parola dispongano di aree private, sarà allora ottima norma attrezzarle a parcheggio
riservato ai propri veicoli, o a beneficio dei "visitatori" che hanno interesse a recarsi presso tali Uffici per il disbrigo di
pratiche.
Si prega di uniformarsi a quanto sopra anche per evitare giustificate doglianze o rimostranze da parte della pubblica
opinione.
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limitazioni della circolazione dei mezzi pesanti
fuori ed in attraversamento dei centri abitati
circolare n. 62 del 5 agosto 1993 (g.u. 11/8/1993 n. 187)
Il Ministero indica le modalità, i criteri, le consultazioni e le tipologie di “veicoli pesanti” che possono essere interessati da
provvedimenti di limitazione della circolazione con atti del prefetto su tutte le strade nel territorio di propria competenza, o del sindaco
limitatamente ai centri abitati.
Le indicazioni di questa circolare sono vincolanti per chi non ha previsto queste limitazioni “nei piani urbani del traffico limitatamente ai
Comuni tenuti alla loro adozione, ed in ogni caso, nei piani della viabilità extraurbana previsti dall'art. 36 del decreto legislativo 30 aprile
1992, n. 285”.
Quindi per tutti i Comuni e le Province che non hanno adottato questi piani o che non hanno previsto le modalità di limitazione della
circolazione dei “veicoli pesanti”, raccomandiamo la lettura di questa circolare e la sua applicazione.
In caso contrario sarà facile apporsi e far decadere il provvedimento di limitazione della circolazione dei “veicoli pesanti”, e dover
riconoscere danni economici agli utenti o attività interessate.
(nota: grassetto, maiuscolo, evidenziazioni a cura degli autori)
Come è noto l'art. 6, comma 1, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, conferisce ai prefetti, per motivi di sicurezza
pubblica o inerenti alla sicurezza della circolazione e di tutela della salute, la possibilità, conformemente alle direttive del
Ministro dei lavori pubblici, di sospendere temporaneamente la circolazione di tutte o di alcune categorie di utenti sulle
strade, o su tratti di esse, nel territorio di propria competenza.
L'art. 7, comma 1, dello stesso decreto legislativo estende tale potere ai sindaci dei Comuni, limitatamente ai centri
abitati.
Inoltre i provvedimenti di limitazione della circolazione stradale, tesi a salvaguardare la salute e l'incolumità pubblica,
possono essere emessi dai sindaci dei Comuni, anche ai sensi di altre disposizioni legislative, purché conformi alle direttive
emanate dal Ministro dei lavori pubblici, ai sensi dell'art. 5, comma 1, del sopracitato decreto legislativo.
In via generale, tutti i detti provvedimenti dovranno essere organicamente inseriti nei piani urbani del traffico
limitatamente ai Comuni tenuti alla loro adozione, ed in ogni caso, nei piani della viabilità extraurbana previsti dall'art. 36
del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285.
Ad ogni buon fine, ed in attesa dell'adozione dei suddetti piani, considerata l'esigenza di dare indicazioni univoche circa
i criteri di adozione dei suddetti provvedimenti, si forniscono le seguenti direttive che si riferiscono in modo specifico alle
limitazioni della circolazione dei mezzi pesanti.
I prefetti ed i sindaci, prima di procedere all'emanazione dei provvedimenti di limitazione della circolazione dovranno
attentamente valutare i riflessi che tali provvedimenti avranno nell'organizzazione della circolazione stradale su tutto
il territorio di competenza e sui territori limitrofi nonché sulle attività economiche che si svolgono sia in ambito
locale sia in un più ampio contesto territoriale.
Le soluzioni dovranno pertanto essere concordate con le amministrazioni locali competenti, sentite anche le
associazioni di categorie interessate.
Dovrà inoltre essere valutata la possibilità di assumere provvedimenti di tipo diverso che possano ugualmente tutelare la
sicurezza e la salute pubblica, quali barriere parapedonali, limitazioni di velocità, intensificazione della vigilanza, siepi e
barriere antirumore, etc.
Ogni provvedimento dovrà indicare uno o più percorsi alternativi. Detti percorsi dovranno essere individuati in modo che
almeno uno non renda obbligatorio l'utilizzo di tratti autostradali a pedaggio.
Si rileva la necessità che siano assunti con ordinanza sindacale unicamente quei provvedimenti che hanno motivazione e
trovano piena soluzione unicamente nell'ambito del centro abitato.
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Circa i criteri di individuazione dei veicoli «mezzi pesanti» da sottoporre ai provvedimenti di limitazione, si ritiene corretto
individuare gli stessi negli autoveicoli per il trasporto di cose, di massa complessiva massima autorizzata superiore
a 7,5 t, in quanto gli autoveicoli di massa inferiore sono di norma utilizzati per esigenze di distribuzione o di
trasporto in ambito locale.
I provvedimenti di limitazione della circolazione dovranno altresì prevedere l'esclusione degli autoveicoli che, in base alla
documentazione di accompagnamento delle merci, dimostrino di avere origine o destinazione nell'ambito del territorio ove si
applicano le limitazioni.
Dovranno altresì essere previste deroghe per gli autoveicoli:
a) adibiti a pubblico servizio per interventi urgenti o di emergenza, o che trasportano materiali o attrezzi a tal fine
occorrenti;
b) militari, per comprovate necessità di servizio e delle forze di polizia;
c) utilizzati dagli enti proprietari o concessionari di strade per motivi urgenti di servizio.
I provvedimenti di limitazione non possono di norma essere estesi ai trasporti eccezionali, con esclusione dei «mezzi
d'opera», in quanto gli stessi sono già soggetti ad autorizzazione da parte dell'Anas o delle Regioni le quali, all'atto del
rilascio dell'autorizzazione, assegnano all'autoveicolo un percorso fisso, valutando le condizioni di percorribilità e di sicurezza
dello stesso. Poiché il trasporto eccezionale non può seguire itinerari diversi da quelli indicati nell'autorizzazione,
l'apposizione, in ambito locale, di limitazioni della circolazione costituirebbe di fatto un blocco del trasporto con ulteriori
intralci alla circolazione.
Nel caso in cui si rendesse necessario estendere le limitazioni alla circolazione ai veicoli e trasporti eccezionali i relativi
provvedimenti dovranno essere comunicati con congruo anticipo ai competenti uffici dell'Anas e della Regione affinché gli
stessi ne tengano conto al momento del rilascio delle autorizzazioni.
Prima dell'entrata in vigore del provvedimento dovrà essere in opera la necessaria segnaletica di prescrizione e di
indicazione degli itinerari alternativi.
Tale operazione sarà eseguita a cura e spesa dell'ente proprietario della strada ove sono collocati i segnali, su richiesta
dell'amministrazione che emana il provvedimento di limitazione. La stessa amministrazione è tenuta a verificare l'effettiva
apposizione della segnaletica, prima di rendere operativo il provvedimento.
Comunicazione del provvedimento dovrà essere inviata, oltre che alle amministrazioni interessate ed agli organi di polizia
stradale, alle associazioni regionali della categoria degli autotrasportatori, al C.c.i.s.s., Centro di coordinamento informazione
e sicurezza stradale, ed agli organi di informazione locale.
Con la presente circolare, infine, in relazione alla disposizione dell'art. 158, comma 3, del decreto legislativo 30 aprile
1992, n. 285, che vieta nei centri abitati la sosta dei rimorchi, quando siano staccati dal veicolo trainante, salvo diversa
segnalazione, si invitano i sindaci dei Comuni a prevedere, lungo le strade di accesso dei centri abitati, apposite aree
o spazi destinati alla sosta dei rimorchi. Tali aree o spazi dovranno essere contraddistinti da apposita segnaletica.
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direttive per l'individuazione dei comuni
che possono subordinare l'ingresso o la circolazione
dei veicoli a motore, all'interno delle zone a traffico limitato,
al pagamento di una somma,
nonché per le modalità di riscossione della tariffa
e per le categorie dei veicoli a motore esentati
(pubblicata in gazzetta ufficiale n. 213 del 12/9/1997)
circolare ministero ll.pp. – 21 luglio 1997, n. 3816
Importante circolare del Ministero che fissa i criteri, le modalità e gli atti indispensabili per poter istituire la zona a traffico limitato
con un onere a carico degli utenti.
Non seguire queste procedure significa rischiare o avere la certa nullità degli atti in caso di ricorso legale o al Ministero da parte di
qualsiasi cittadino.
(nota: grassetto, maiuscolo, evidenziazioni a cura degli autori)
Premessa.
Il comma 9 dell'art. 7 del decreto legislativo 30 aprile n. 285, come modificato dal decreto legislativo 10 settembre 1993, n.
360 (NCS), dà facoltà ai comuni di subordinare al pagamento di una somma l'ingresso o la circolazione dei veicoli a motore
all'interno delle zone a traffico limitato.
Lo stesso comma demanda ad una direttiva di questo Ispettorato la definizione delle tipologie di comuni che possono
avvalersi di tale facoltà, delle modalità di riscossione del pagamento, delle categorie dei veicoli a motore da esentare.
La tariffazione degli accessi alle zone a traffico limitato si inserisce nelle strategie generali d'intervento per migliorare la
mobilità urbana previste dalle direttive per la redazione, adozione ed attuazione dei Piani urbani del traffico, emanate da
questo Ministero il 24 giugno 1995, e più precisamente rappresenta una forma mediata di disincentivazione dell'uso dei
veicoli a motore per il trasporto individuale privato attraverso l'intervento sulla domanda di mobilità.
Considerato che tale domanda non può in alcun modo essere limitata ma unicamente orientata verso modalità alternative
di trasporto, a carattere o spaziale o temporale o modale, ne deriva che la tariffazione degli accessi non può essere
considerata una misura a se stante ma deve essere studiata ed attuata nell'ambito delle strategie generali
d'intervento del Piano urbano del traffico.
Ciò premesso di forniscono di seguito indicazioni relativamente ai tre punti previsti dal già citato comma 9: tipologia dei
comuni; modalità di riscossione; categorie esentate.
TIPOLOGIA DEI COMUNI
I comuni, per poter subordinare l'accesso alle zone a traffico limitato al pagamento di una somma, devono:
• aver istituito una ZTL (zona a traffico limitato) ai sensi dell'art. 7, comma 9 del NCS;
• aver adottato il Piano urbano del traffico ai sensi dell'art. 36 del NCS;
• aver introdotto la tariffazione degli accessi alla ZTL all'interno del Piano urbano del traffico, avendo verificato che
tale provvedimento (che costituisce una ulteriore misura di selezione rispetto alla limitazione dell'accesso ad ore
prestabilite o a particolari categorie di utenti e di veicoli a motore) si rende effettivamente necessario per il
raggiungimento degli obiettivi del Piano urbano del traffico. Di tale verifica deve essere data documentazione di uno
specifico paragrafo della relazione tecnica che accompagna il suddetto Piano.
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E' ammessa l'adozione della tariffazione degli accessi per i comuni che non hanno ancora adottato il Piano urbano del
traffico, unicamente in via sperimentale e per un periodo non superiore ad un anno, a condizione che nella relazione tecnica
che dovrà accompagnare il progetto di tariffazione siano precisati gli obiettivi ed i relativi criteri di verifica.
TARIFFAZIONE DI ACCESSO E MODALITA' DI RISCOSSIONE
In merito alla tariffazione di accesso si ritiene opportuno far riferimento generalmente a tariffe annuali, da pagare
contestualmente al ritiro, o al rinnovo, del contrassegno di circolazione nella ZTL, salvo i miglioramenti tecnologici dei sistemi
in corso di sperimentazione, che potranno consentire l'uso di tessere prepagate a scalare ad ogni passaggio o a pagamento
differito tramite fatturazione, in corrispondenza dei varchi elettronici di accesso nella ZTL.
La dimostrazione del pagamento della tariffa va ovviamente resa chiaramente visibile (per le operazioni di controllo
al cordone della zona da parte della polizia municipale) attraverso la distribuzione e l'esposizione di idonei specifici
contrassegni.
Oltre agli abbonamenti annuali anzidetti può farsi riferimento ad abbonamenti mensili o plurimensili nel caso in cui
l'inizio della autorizzazione di accesso non coincida con l'inizio dell'anno, tenendo comunque presente - al fine di evitare
possibili abusi - la necessità di sussistenza dei requisiti di visibilità e di rapida comprensibilità dei contrassegni.
Anche per le autorizzazioni temporanee, che possono essere trattate con tariffe giornaliere, deve risultare
chiaramente evidente la relativa data di scadenza.
Pur trattandosi di tariffe denominate "di accesso" è opportuno che esse vengano articolate e differenziate, se relative ad
utenti che sostano su spazi pubblici stradali non soggetti a tariffa di sosta, ovvero che sostano su altri spazi pubblici
stradali soggetti a tariffa o su spazi privati in quanto di proprietà, in affitto o aduso gratuito, autorimesse e altri parcheggi a
pagamento fuori dalle sedi stradali.
Si ritiene in merito che l'entità della tariffa di accesso deve risultare nettamente inferiore per i permessi di
semplice transito rispetto a quella relativa ai permessi che consentono anche la sosta su spazi pubblici stradali.
Per quanto attiene poi alle modalità di riscossione delle tariffe si è già detto in precedenza: uso di abbonamenti da pagare
al momento del rilascio del contrassegno e/o dei suoi rinnovi (contrassegno inteso anche come solo documento dimostrativo
- in modo rapidamente evidente dell'avvenuto pagamento della tariffa fino ad una certa data), salvo l'utilizzo di sistemi
tecnologici che potranno consentire l'uso di tessere prepagate o a pagamento differito tramite fatturazione, in corrispondenza
dei varchi di accesso alla ZTL. Detti sistemi dovranno essere progettati ed inseriti nell'ambito di un sistema telematico di
gestione della mobilità urbana.
CATEGORIE ESENTATE ED AGEVOLATE
Particolare disciplina deve essere prevista per due categorie di utenti: quelli totalmente esenti dal pagamento della
tariffa e quelli per i quali è stabilita una tariffa agevolata.
Per tali situazioni occorre partire dal NCS che già riconosce la possibilità di disporre di posti di sosta riservati, quindi già
legittima uno specifico privilegio nella circolazione urbana, a particolari categorie di veicoli a motore autorizzati ad accedere
nella ZTL, o a muoversi nei giorni di blocco della circolazione veicolare.
Si tratta dei veicoli di polizia stradale, dei vigili del fuoco, dei servizi di soccorso, nonché quelli adibiti al servizio di
persone con limitata o impedita capacità motoria (muniti del contrassegno speciale), ovvero adibiti a servizi di linea,
dei veicoli a motore dei residenti nelle ZTL, dei taxi e dei veicoli per il trasporto delle merci.
Alle addette categorie di veicoli a motore e di utenti, già individuati dal NCS, va però aggiunta quella dei ciclomotori,
specialmente per il loro ridotto "consumo" di spazio stradale, ed anche quella dei motocicli di cilindrata non superiore a 125
cc.
A tutte queste categorie di veicoli a motore e di utenti può anche riconoscersi in via generale l'esenzione della tariffazione,
salvo alcune eccezioni per le quali si può soltanto parlare di agevolazioni, e che quindi determinano le categorie degli utenti
con permesso di accesso a tariffa agevolata. E sono:
• i veicoli per il trasporto delle merci, vincolati però a determinati orari e percorsi (in rapporto alle maggiori
dimensioni dei veicoli medesimi rispetto a quelle delle autovetture);
• i ciclomotori, in relazione alla minore occupazione di spazio, dinamico e statico, rispetto alle autovetture;
• i residenti e per analogia i domiciliati.
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In merito a questa ultima categoria occorre considerare - da un lato - che le soste prolungate dei residenti sono
determinate da motivi "abitativi" e che, peraltro, i posti di sosta riservati sono già previsti dal NCS. Però una ragionevole
mediazione tecnica di quest'ultima così ampia posizione giuridica del NCS induce a distinguere la posizione del residente
o del domiciliante che dispone di un proprio posto auto, per il quale si può prevedere la gratuità dell'accesso,
distinto dal residente o domiciliante che sosta su strada per il quale si può prevedere la leggera onerosità
dell'accesso.
Agevolazioni tariffarie possono essere concesse anche agli automobilisti in possesso di un abbonamento annuale al
servizio di trasporto pubblico urbano, ai quali - a fronte di un uso ordinario di quest'ultimo servizio - può essere consentito
l'uso eccezionale dell'autovettura per proprie particolari esigenze a carattere occasionale.
Si ritiene opportuno demandare ai comuni la facoltà di applicare, nei confronti dei veicoli a motore e delle categorie di
utenti autorizzati ad accedere entro la ZTL e tenendo conto dei criteri sinora espressi, le esenzioni e le agevolazioni che
risulteranno compatibili con le esigenze di ordinamento della mobilità, esigenze che costituiscono la motivazione
fondamentale del provvedimento di tariffazione.
Infine per quanto attiene alle esigenze di mobilità degli organi di vertice politico ed amministrativo, dovranno essere
esentati i veicoli adibiti al servizio di polizia ai sensi dell'art. 177 del NCS, privi delle scritte e dei contrassegni di
identificazione.
Analogamente dovranno essere rilasciati un numero limitato di permessi di accesso alle ZTL, in considerazione del
precipuo ruolo istituzionale svolto - comunque da concordare con i singoli soggetti in ragione delle esigenze di servizio a: organi costituzionali, organi a rilevanza costituzionale, amministrazioni centrali dello Stato, delle regioni, delle
province e dei comuni organi consultivi a rilevanza generale dello Stato, enti pubblici non economici di alto rilievo
ed autorità indipendenti.
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personale addetto all'accertamento delle violazioni in materia di sosta
e di circolazione e sosta sulle corsie riservate
ministero dell'interno - circolare n.300/a/26467/110/26
del 25 settembre 1997
Importante circolare del Ministero dell’Interno, che illustra puntualmente le competenze degli ausiliari del traffico sia in base alla loro
mansioni (violazioni solo della sosta o violazioni della sosta e circolazione e sosta sulle corsie bus), sia in base al loro ruolo (dipendenti
comunali, di imprese o di aziende del trasporto pubblico.
In merito alla più spinoso controllo della sosta a pagamento, si può concludere che gli ausiliari addetti al controllo di una strada o
un’area a pagamento, possono contravvenzionare tutti i veicoli che sostano fuori dai singoli posti segnalati, ovvero i veicoli
che non rispettano la funzione indicata dalla segnaletica verticale.
(nota: grassetto, maiuscolo, evidenziazioni a cura degli autori)
Ministero dell'Interno
DIPARTIMENTO DELLA PUBBLICA SICUREZZA
Direzione Centrale per la Polizia Stradale, Ferroviaria, di Frontiera e Postale Servizio Polizia
Stradale - Div. 2^
Roma, 25 Settembre 1997
NR. 300/A/26467/110/26
OGGETTO: Art. 17, commi 132 e 133 della legge 15.05.1997, n. 127.
Personale addetto all'accertamento delle violazioni in materia di sosta e di circolazione e
sosta sulle corsie riservate.
PREMESSA
I commi 132 e 133 dell'art. 17 della legge 15.05.1997, n. 127 hanno conferito al sindaco la facoltà di nominare persone che
possono accertare violazioni in materia di sosta e di circolazione e sosta sulle corsie riservate.
La norma ha la finalità di coadiuvare gli organi di polizia nell'attività di contrasto di comportamenti irregolari ripetitivi e diffusi,
quali la sosta vietata o l'irregolare circolazione sulle corsie riservate, di per sè aventi ridotta pericolosità ai fini della sicurezza
stradale, ma che, nel loro insieme, contribuiscono a congestionare gravemente la circolazione nei centri abitati. Ciò
consentirà il più razionale impiego del personale che espleta funzioni di polizia stradale nell'attività di prevenzione e
repressione di comportamenti più pericolosi aumentando, nel contempo, la deterrenza verso tali condotte illecite.
1. GLI ACCERTATORI
Sulla base delle funzioni loro conferite dalla norma richiamata, gli addetti agli accertamenti, di cui all'oggetto, possono
distinguersi in due categorie:
a. Accertatori delle violazioni in materia di sosta:
indicati dal comma 132 della norma citata, si possono, a loro volta, distinguere in due gruppi in funzione del rapporto di
dipendenza con l'amministrazione locale e dei poteri di accertamento loro conferiti:
a.a. Dipendenti comunali, diversi da quelli della Polizia Municipale e da quelli muniti dell'abilitazione di cui all'art. 12,
comma 3 del Codice della Strada, che hanno funzioni di accertamento delle violazioni relative alla sosta o alla fermata in
tutte le strade del territorio comunale:
- in cui questa manovre sono vietate da apposita segnaletica ovvero dalle norme del Codice della Strada;
- in cui esistono parcheggi o aree di sosta a pagamento.
a.b. Dipendenti di enti o di imprese (quali, ad esempio, aziende speciali, altri enti di gestione comunque denominati ovvero
società private), alle quali è stata affidata la gestione di parcheggi ovvero di aree di sosta a pagamento, che, diversamente
dai soggetti di cui alla lettera a.a. – i quali in materia di sosta hanno gli stessi poteri concessi agli altri soggetti indicati dall'art.
12 del Codice della Strada - hanno funzioni di accertamento delle violazioni relative alla sosta solo sui parcheggi o sulle
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strade del territorio comunale in cui esistono aree di sosta a pagamento concesse all'azienda o all'impresa da cui dipendono.
A questi soggetti è da riconoscersi un ambito circoscritto di competenza riconducibile essenzialmente all'accertamento delle
violazioni di cui all'art. 7, comma 15 e all'art. 157, commi 5, 6 e 8 del Codice della Strada, commesse in aree comunali,
urbane o extraurbane, che non apposita delibera della giunta comunale sono state specificamente destinate al parcheggio o
alla sosta sulla carreggiata e per la cui fruizione è imposto il pagamento di una somma di denaro. La loro competenza si
estende anche a quelle aree poste al servizio di quelle a pagamento (su strade, piazze, ecc...), immediatamente limitrofe ad
esse e che costituiscono lo spazio minimo indispensabile e necessario per compiere le manovre che ne consentano in
concreto l'utilizzo da parte degli utenti della strada: solo in tali zone - per relationem - deve intendersi estesa la facoltà di
accertamento di tutte le violazioni relative alla fermata o alla sosta vietata da apposita segnaletica o dalle norme del Codice
della strada.
Ancorché commesse nell'ambito di loro competenza, gli addetti all'accertamento delle violazioni riguardanti la sosta non
possono accertare violazioni a norme del Codice della Strada diverse da quelle sopra richiamate.
b. Accertatori delle violazioni in materia di sosta e di circolazione e sosta sulle corsie riservate:
individuati dal comma 133 della citata L. 127/97, si identificano nel personale ispettivo, comunque inquadrato sotto il profilo
contrattuale, dipendente dalle aziende esercenti il trasporto pubblico di persone, comprese le aziende speciali comunque
denominate, ovvero gli enti di gestione previsti dalla L. 142/90, ai quali, nell'ambito del territorio comunale, sono attribuite le
funzioni di accertamento delle violazioni:
- in materia di sosta di cui ai paragrafi a.a. ed a.b. del punto precedente;
- relative alla sosta ovvero alla circolazione non autorizzata sulle corsie riservate i mezzi pubblici
delimitate ai sensi dell'art. 7 comma 1, lett. a), ovverso sulle strade riservate previste dall'art. 7 comma 1, lett. i) del Codice
della Strada.
In relazione alle finalità per le quali la normativa ne ha previsto la nomina, questi soggetti, tuttavia, non possono accertare
violazioni a norme di comportamento commesse sulle corsie riservate che siano diverse da quelle relative alla sosta o
all'abusiva circolazione sulle stesse.
2. ATTRIBUZIONE DELLE FUNZIONI
La nomina da parte del sindaco, che, con proprio decreto, attribuisce le funzioni sopraindicate ed individua nominativamente
i soggetti che possono espletarle, non può essere disgiunta da una preventiva valutazione dell'idoneità e da
un'indispensabile formazione professionale delle persone alle quali saranno conferite le funzioni di accertamento delle
violazioni.
La garanzia della professionalità degli operatori e la funzione che svolgono, richiedono di prevedere l'assenza di situazioni
soggettive, che inciderebbero negativamente sulla pubblica affidabilità, corrispondenti a quelle di cui all'art. 15 della L. 55/90,
nonché una specifica idoneità psico-fisica.
Per lo stesso scopo, appare necessaria una preventiva idonea formazione sulle materie correlate alle violazioni accertabili
ed alla procedura di accertamento delle stesse, le cui modalità e la cui durata saranno stabilite dagli enti locali interessati.
Giova inoltre precisare che per tutte le categorie di addetti all'accertamento, che possono svolgere le funzioni sopra indicate
solo nell'ambito dell'effettivo servizio, deve esistere un rapporto di dipendenza non occasionale con i comuni (è ammissibile
anche un rapporto a tempo determinato), ovvero le aziende, gli enti o le società sopra richiamate.
ASPETTI PROCEDURALI
Quanto sopra premesso, allo scopo di garantire l'uniforme applicazione della legge, anche per quanto concerne le modalità
di svolgimento dell'attività di accertamento dei soggetti di cui all'art. 17, commi 132 e 133, della L. 127/97, sentiti il Ministero
dei Lavori Pubblici e l'A.N.C.I., si ritiene necessario fornire, ai sensi dell'art. 11 del Codice della Strada, alcune indicazioni
relative alla competenza ed alle funzioni esercitate dai soggetti stessi.
1. ACCERTAMENTO E CONTESTAZIONE
La valenza attribuita all'attività svolta dagli addetti di cui sopra, dalla quale scaturisce direttamente l'applicazione di una
sanzione amministrativa, impone che all'accertamento compiuto da questi soggetti consegua sempre, ai sensi degli artt. 200
e 201 del Codice della Strada, la redazione di un verbale di contestazione con i contenuti previsti dall'art. 383 del
Regolamento di esecuzione e di attuazione del Codice della Strada e numerato progressivamente. Copia dello stesso dovrà
essere consegnato al trasgressore se presente al momento dell'accertamento o se sopraggiunge immediatamente dopo. Il
verbale sarà comunque gestito direttamente dagli Uffici o Comandi di Polizia Municipale e registrato secondo regole del
citato art. 383, 3° comma.
Al solo fine di completare il verbale con tutti gli elementi necessari alla sua validità, se si procede a contestazione immediata
della violazione, tutti gli accertatori possono chiedere l'esibizione dei documenti relativi al veicolo ed al conducente che ha
commesso la violazione.
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Gli accertatori potranno inoltre disporre anche l'applicazione delle misure accessorie legate alle violazioni contestate, ed in
particolare alla rimozione e al blocco del veicolo ai sensi dell'art. 215 del Codice della Strada, indicando nel verbale di
contestazione gli eventuali motivi che impediscano l'adozione delle citate misure.
2. GESTIONE DEI VERBALI DI CONTESTAZIONE
Tutta l'attività di gestione dei verbali, successiva alla loro redazione (notifiche, riscossione, trattazione ricorsi, messa a ruolo,
ecc...), è effettuata dagli Uffici o dai Comandi di Polizia Municipale del Comune in cui gli addetti operano. Ai predetti Uffici o
Comandi compete anche un'attività di indirizzo, pianificazione e controllo degli accertatori ed una costante assistenza ed
organizzazione del servizio da questi svolto.
I proventi derivanti dalle sanzioni amministrative pecuniarie accertate dai soggetti sopra indicati, in ragione del loro stretto
rapporto con l'amministrazione locale, spettano ai comuni ai sensi dell'art. 208 del Codice della Strada.
3. TESSERE DI RICONOSCIMENTO E SEGNALI DISTINTIVI
L'esigenza di immediata riconoscibilità per l'utenza stradale degli accertatori delle violazioni relative alla sosta o alle corsie
riservate, rende necessario che questi siano dotati di una tessera di riconoscimento, che si può anche identificare con quella
ordinariamente rilasciata dal comune, dall'azienda o dalla società da cui dipendono e richiede, altresì, che la stessa sia
esposta in modo ben visibile.
Per le stesse finalità, appare indispensabile prevedere uno specifico abbigliamento distintivo, anche rifrangente (che
potrebbe consistere in un bracciale, in una fascia, in un berretto, ecc...) che, per non ingegnare confusione, non dovrà
comunque contenere simboli o scritte simili a quelli previsti per gli indumenti dei soggetti indicati dall'art. 12 del Codice della
Strada.
Poiché gli addetti all'accertamento delle violazioni in materia di sosta e di circolazione e sosta sulle corsie riservate non
possono inquadrarsi tra quelli che svolgono funzioni di polizia stradale ai sensi dell'art. 12 del Codice della Strada, essi non
potranno utilizzare il segnale distintivo previsto dal comma 5° del citato articolo, peraltro non necessario i n relazione alla
loro attività di accertamento.
E' parimenti esclusa, infine, la dotazione e/o l'utilizzo su veicoli di proprietà di tali soggetti, del dispositivo supplementare di
allarme a luce lampeggiante blu che, ai sensi dell'art. 177 del Codice della Strada, è riservato ai soli organi di polizia.
Si rimette alla valutazione dei sindaci la particolare opportunità di dare idonea pubblicità ai provvedimenti con i quali viene
attuato o istituito il servizio di accertamento delle violazioni in materia di sosta e di circolazione e sosta sulle corsie riservate.
Codesti Uffici avranno cura di dare ampia diffusione della presente ai Comuni della provincia e vorranno far conoscere le
iniziative ed i provvedimenti adottati in tale materia dalle amministrazioni locali.
p. IL MINISTRO
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direttive in ordine all'individuazione dei tratti
di strade statali, regionali e provinciali all'interno dei centri abitati,
a seguito dell'entrata in vigore delle modifiche
al regolamento di attuazione del nuovo della strada
(decreto del presidente codice della repubblica 16/09/ 1996, n. 610).
ministero dei lavori pubblici - circolare 29 dicembre 1997, n. 6709/97
(g.u. n. 38 del 16 febbraio 1998)
Con questa direttiva il Ministero dispone che, di fatto, i tratti di autostrade o “superstrade” con accessi simili a quelli delle autostrade,
sono da considerarsi sempre strade extraurbane anche quando attraversano un centro abitato.
“In tali circostanze il centro abitato ha inizio in corrispondenza dell'immissione degli svincoli sulla viabilità urbana”.
(nota: grassetto, maiuscolo, evidenziazioni a cura degli autori)
Premesso:
• che l'art. 2, comma 7, del nuovo codice della strada - decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, stabilisce che: «le strade
urbane di cui al comma 2, lettere D, E ed F. sono sempre comunali quando siano situate nell'interno dei centri abitati,
eccettuati i tratti interni di strade statali, regionali o provinciali, che attraversano centri abitati con popolazione non
superiore a diecimila abitanti»;
• che l'art. 3, comma 1, punto 8, dello stesso codice, definisce il centro abitato: «insieme di edifici, delimitato lungo le vie di
accesso dagli appositi segnali di inizio e fine. Per insieme di edifici si intende un raggruppamento continuo, ancorché
intervallato da strade, piazze, giardini o simili, costituito da non meno di venticinque fabbricati e da aree di uso pubblico
con accessi veicolari o pedonali sulla strada»;
• che l'art. 4 del nuovo codice della strada, introduce l'obbligo per tutti i comuni di procedere alla delimitazione del centro
abitato, con delibera della giunta municipale scortata da idonea cartografia;
• che con la stessa deliberazione della giunta municipale con la quale si procede alla delimitazione del centro abitato, ai
sensi dell'art. 4, comma 4, del regolamento di attuazione del nuovo codice della strada, così come modificato dal d.P.R. n.
610/1996, i tratti di strade statali, regionali o provinciali, che attraversano i centri abitati con popolazione superiore a
diecimila abitanti, sono classificati quali «strade comunali»;
• che la delimitazione del centro abitato, ai sensi dell'art. 5, comma 3, del regolamento di attuazione del nuovo codice della
strada, cosi come modificato dal d.P.R. n. 610/1996, individua l'ambito territoriale in cui è necessaria, da parte dell'utente
della strada, una particolare cautela nella guida, nonché i limiti territoriali di applicazione delle diverse discipline previste
dal codice e dal regolamento all'interno ed all'esterno del centro abitato, e quindi i confini territoriali di competenza e di
responsabilità tra i comuni e gli altri enti proprietari di strade;
• che l'art. 5, comma 7, del regolamento di attuazione del nuovo codice della strada, cosi come modificato dal d.P.R. n.
610/1996, stabilisce che: «Nei casi in cui la delimitazione del centro abitato interessi strade non comunali, la deliberazione
della giunta municipale, prevista dall'art. 4, comma 1, del codice, con la relativa cartografia allegata, è inviata all'ente
proprietario della strada interessata, prima della pubblicazione all'albo pretorio, indicando la data di inizio di quest'ultima.
Entro il termine di pubblicazione l'ente stesso può inviare al comune osservazioni o proposte in merito. Su esse si esprime
definitivamente la giunta municipale con deliberazione che è pubblicata all'albo pretorio per dieci giorni consecutivi e
comunicata all'ente interessato entro questo stesso termine. Contro tale provvedimento è ammesso ricorso ai sensi
dell'art. 37, comma 3, del codice»;
Considerato:
• che sorgono, in particolare, perplessità circa I'esatta interpretazione della definizione di centro abitato, di cui all'art. 3,
comma 1, punto 8 del codice;
• che il rilevante numero di contenziosi in essere tra enti proprietari di strade ed amministrazioni comunali, per
l'individuazione dei centri abitati, determina di fatto la paralisi di tutti gli atti amministrativi collegati alle delimitazioni dei
centri abitati stessi, con grave disagio per gli utenti;
• che è necessario applicare in modo uniforme quanto disposto in materia dal codice della strada e dal relativo regolamento
di attuazione.
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Tutto ciò premesso e considerato si forniscono i necessari chiarimenti e si impartiscono le conseguenti direttive:
1. La delimitazione del centro abitato deve essere effettuata in funzione della situazione edificatoria esistente o in
costruzione, e non di quella ipotizzata dagli strumenti urbanistici, tenendo presente che il numero di almeno venticinque
fabbricati, con accesso veicolare o pedonale diretto sulla strada, previsti dall'art. 3, comma 1, punto 8, del codice della
strada, è comunque subordinato alla caratteristica principale di «raggruppamento continuo». Pertanto detti fabbricati
debbono essere in stretta relazione tra di loro e non costituire episodi edilizi isolati; i fabbricati quindi possono essere
intervallati solo da: «strade, piazze, giardini o simili, ed aree di uso pubblico» con esclusione quindi di terreni agricoli, aree
fabbricabili, etc.
I comuni, qualora non abbiano già ottemperato, provvederanno tempestivamente, ai sensi dell'art. 4 del codice della
strada, con delibera di giunta, alla delimitazione dei centri abitati, aventi le caratteristiche individuate dall'art. 3, comma 1,
punto 8, del codice stesso, e ricadenti nell'ambito del proprio territorio comunale. Nel caso in cui gli enti proprietari delle
strade segnalino situazioni nelle quali le delibere di delimitazione dei centri abitati siano in contrasto con quanto disposto
dall'art. 3, comma 1, punto 8, del codice della strada, si procede ai sensi dell'art. 5, comma 2, dello stesso codice della
strada, e secondo le modalità previste dalI'art. 6 del relativo regolamento di attuazione, così come modificato dal d.P.R. n.
610/ 1996;
2. Nella delibera di giunta saranno specificate le progressive chilometriche, di inizio e fine, delle strade in accesso a
ciascun centro abitato. Tale delibera, ai sensi dell'art. 4, comma 2, del codice della strada, sarà scortata da «idonea
cartografia», aggiornata alla situazione attuale e recante in modo chiaro e leggibile: i fabbricati, esistenti o in costruzione, le
aree di uso pubblico, le strade, le piazze, i giardini o simili, ubicati lungo le strade di accesso, nonché le progressive
chilometriche di inizio e fine delle medesime;
3. La delibera di giunta e relativa cartografia, al fine di consentire il rispetto dei tempi previsti dalI'art. 5, comma 7, del
regolamento di attuazione del nuovo codice della strada, così come modificato dal d.P.R. n. 610/1996, sarà trasmessa in
triplice copia a mezzo raccomandata a.r. agli enti proprietari delle strade. Per l'Ente ANAS alla Direzione generale Direzione
centrale lavori - Servizio esercizio - Ufficio consistenza, classifica, concessioni - Via Monzambano, 10 - 00185 Roma;
4. Un verbale di constatazione dei limiti del centro abitato, in analogia al verbale di consegna della strada previsto dall'art.
4, comma 6, del regolamento di attuazione del nuovo codice della strada, cosi come modificato dal d.P.R. n. 610/1996, sarà
comunque redatto anche per i tratti di strade statali, regionali o provinciali, attraversanti centri abitati, con popolazione
inferiore a diecimila abitanti, al fine di disciplinare i rapporti tra ente proprietario della strada e comune;
5. In mancanza della delibera di giunta di delimitazione di centro abitato, o nelle more di redazione del suddetto verbale
alle richieste di autorizzazioni o concessioni, lungo i tratti di strade statali, regionali o provinciali interni ai possibili centri
abitati, per i quali non è stato redatto un verbale per il riconoscimento di traversa interna ai sensi della legge n. 126/1958 si
applicano la disciplina, le procedure e le competenze previste per i tratti esterni ai centri abitati. Per contro, nel caso in cui
sia stato redatto il suddetto verbale, di riconoscimento di traversa interna, alle stesse richieste si applica la disciplina prevista
per i tratti esterni ai centri abitati, mentre rimangono invariate le procedure e le competenze fissate dal verbale;
6. I tratti di strade che si trovano all'interno dei centri abitati, come definiti dall'art. 3, comma 1, punto 8, del nuovo codice
della strada aventi origine e/o destinazione all'esterno degli stessi centri, e che posseggono le seguenti caratteristiche:
- sono prive di intersezioni a raso;
- sono prive di accessi privati;
- sono dotate di passaggi pedonali protetti o, in mancanza di tali elementi, sono vietate alla circolazione dei pedoni, non
costituiscono attraversamenti di centro abitato ai sensi dell'art. 2, comma 7 del nuovo codice della strada e pertanto
conservano la classificazione di strada extraurbana.
In tali circostanze il centro abitato ha inizio in corrispondenza dell'immissione degli svincoli sulla viabilità urbana;
7. I comuni sono tenuti a comunicare alle sezioni circolazione e sicurezza stradale dei provveditorati regionali, alle
organizzazioni provinciali, organi periferici di questo Ministero, di cui si riportano in allegato gli indirizzi, se hanno
ottemperato o meno all'obbligo di delimitazione dei centri abitati previsto dall'art. 4 del nuovo codice della strada. In caso
affermativo dovranno comunicare anche gli estremi della relativa delibera della giunta municipale. Ciascun comune farà
riferimento al provveditorato regionale competente per territorio.
Il MINISTRO
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pubblicità lungo le strade o in vista di esse
art. 23 del d. lgs. 30 aprile 1992, n. 285,
e successive modificazioni.
direttiva per il controllo della pubblicità abusiva
ministero dei lavori pubblici - 17 marzo 1998 (G.U. n.82 dell'8.3.98)
Con questa direttiva il Ministero dei LL.PP. prende atto di una diffusa presenza cartelli pubblicitari abusivi (non autorizzati) sull’intera
rete stradale italiana come denunciato – scrive il Ministero - “dagli organi di informazione, dall'opinione pubblica, dalle associazioni di
tutela dell'ambiente e del territorio e dagli stessi operatori del settore pubblicitario”.
Nella direttiva il Ministero indica delle linee di comportamento e controllo per gli enti proprietari delle strade (e concessionari della
autostrade), che, partendo da un rilievo del cartelli pubblicitari abusivi, deve ripristinare la regolarità sulle strade entro una precisa
tempistica.
DIRETTIVA 17 marzo 1998
(G.U. n.82 dell'8.3.98)
MINISTERO DEI LAVORI PUBBLICI
ISPETTORATO GENERALE PER LA CIRCOLAZIONE E LA SICUREZZA STRADALE
17 MARZO 1998
Alla Direzione Generale
dell'ANAS - Ente Nazionale Strade
Via Monzambano, 10, 00185 R O M A
Alle Amministrazioni
Regionali
LORO SEDI
Alle Amministrazioni
Provinciali
LORO SEDI
Alle Amministrazioni
Comunali
LORO SEDI
Alle Concessionarie
Autostradali
LORO SEDI
All'AISCAT
Via Sardegna, 40, R O M A
All'ANCI
ROMA
All'UPI
ROMA
Alle Prefetture
LORO SEDI
Alle Sezioni Circolazione
e Sicurezza Stradale
c/o le Amministrazioni
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centrale e periferiche del
Ministero dei lavori pubblici
LORO SEDI
e, per conoscenza:
Al Ministero dell'Interno
Dir. Gen.le per l'Amministrazione generale
Ufficio Studi per l'Amm.ne gen.le e
per gli affari legislativi
ROMA
Al Ministero dell'Interno
Dipartimento di Pubblica Sicurezza
Servizio di Polizia Stradale
ROMA
Al Ministero dei Trasporti
ROMA
Al Ministero delle Finanze
ROMA
Al Ministero dell'Ambiente
ROMA
Al Ministero dei Beni Culturali
ed Ambientali
ROMA
Al Comando Generale
dell'Arma dei Carabinieri
ROMA
Al Comando Generale della
Guardia di Finanza
ROMA
Oggetto: Pubblicità lungo le strade o in vista di esse - Art. 23 del D. Lgs. 30 aprile 1992, n. 285,
e successive modificazioni. Direttiva per il controllo della pubblicità abusiva.
La pubblicità stradale è disciplinata dall'art. 23 del D. Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, modificato dall'art. 13 del D. Lgs. 10
settembre 1993, n. 360, che nel prosieguo sarà indicato con il termine Codice e dagli artt. da 47 a 59 del D.P.R. 16 dicembre
1992, n. 495, modificati dagli artt. da 37 a 49 del D.P.R. 16 settembre 1997, n. 610, che nel prosieguo sarà indicato con il
termine Regolamento.
Le relative norme transitorie sono fissate dall'art. 234 del già citato D. Lgs. 285/92, modificato dall'art. 127 del D. Lgs.
360/93 e dall'art. 9 del Decreto Legge 4 ottobre 1996, n. 517, convertito, con modifiche, in Legge 4 dicembre 1996, n. 611.
Il comma 10 dell'art. 23 del Codice dà al Ministro dei lavori pubblici la potestà di impartire, agli enti proprietari delle
strade, direttive per l'applicazione delle disposizioni dello stesso art. 23 e delle norme di attuazione del
Regolamento.
Il Ministro dei lavori pubblici può altresì disporre il controllo dell'osservanza delle disposizioni a mezzo dei propri organi, in
particolare del personale abilitato, ai sensi dell'art. 12, comma 3, lett. a), del Codice, ad espletare il servizio di polizia
stradale.
Ciò premesso si richiama l'attenzione di tutte le amministrazioni e gli enti in indirizzo sulla disposizione del comma 4
dell'art. 23 che subordina la collocazione di cartelli ed altri mezzi pubblicitari lungo o in vista delle strade al rilascio
di una autorizzazione.
Detta autorizzazione è rilasciata, fuori dai centri abitati dall'ente proprietario della strada, ed entro i centri
medesimi dal comune, previo nulla osta tecnico dell'ente proprietario, se la strada non è comunale.
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Anche il precedente testo unico delle norme sulla disciplina della circolazione stradale, approvato con il D.P.R. 15 giugno
1959, n. 393, ed in vigore fino al 31 dicembre 1992, assoggettava la collocazione di cartelli ed altri mezzi pubblicitari fuori dai
centri abitati ad autorizzazione da parte dell'ente proprietario della strada.
Ciò nonostante, a tutt'oggi, viene denunciata dagli organi di informazione, dall'opinione pubblica, dalle associazioni di
tutela dell'ambiente e del territorio e dagli stessi operatori del settore pubblicitario, la presenza di un numero rilevantissimo
di cartelli pubblicitari collocati senza la preventiva autorizzazione prevista dall'art. 23 del Codice e dalle previgenti
disposizioni.
La presenza lungo e in vista delle strade di un così elevato numero di cartelli ed altri mezzi pubblicitari non autorizzati,
oltre a penalizzare, anche sotto il profilo economico, l'attività di coloro che nel rispetto delle norme richiedono le prescritte
autorizzazioni, rappresenta una forma di evasione delle relative imposte con un rilevante minore introito per le finanze locali
e costituisce un grave pregiudizio per la sicurezza della circolazione stradale.
Infatti una rilevante parte dei cartelli e degli altri mezzi pubblicitari oggi collocati abusivamente si trovano in posizioni non
ammissibili in base alle vigenti disposizioni del Codice e del Regolamento e quindi contrastanti con le esigenze della
sicurezza della circolazione stradale tutelate dalle stesse disposizioni.
Si rende pertanto necessario e con la presente direttiva si dispone che tutti gli enti proprietari di strade, e per le autostrade
in concessione i concessionari, procedano al censimento, sulle strade di propria competenza, dei cartelli ed altri mezzi
pubblicitari non autorizzati ai sensi dell'art. 23 del Codice o delle previgenti disposizioni, predisponendo il rapporto sulla
densità pubblicitaria previsto dall'art. 53, comma 10, del Regolamento.
Si rileva al riguardo che la dichiarazione presentata ai comuni ai sensi dell'art. 8 del D. Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, e
successive modificazioni, non sostituisce l'autorizzazione prevista dall'art. 23 del Codice e che la collocazione di cartelli ed
altri mezzi pubblicitari non può essere ricompresa tra le attività che possono essere avviate ai sensi dell'art. 19 della legge 7
agosto 1990, n. 241, senza titolo autorizzativo con una semplice denuncia di inizio attività.
Le suddette rilevazioni potranno essere effettuate in base al comma 10 dell'art.23 del Codice, anche dalle Sezioni
circolazione e sicurezza stradale costituite presso le Amministrazioni centrali e periferiche di questo Ministero, avvalendosi
del personale abilitato all'espletamento del servizio di polizia stradale, ed assumendo le opportune intese con gli enti
proprietari delle strade che ricadono nel territorio di rispettiva competenza.
A tal fine gli enti proprietari delle strade sono tenuti a fornire alle suddette Sezioni, su richiesta delle stesse, tutti i dati
relativi alle posizioni pubblicitarie autorizzate, rilevandoli dal registro delle autorizzazioni che gli enti proprietari delle
strade sono tenuti a mantenere ai sensi dell'art.53, comma 9, del Regolamento.
E' opportuno che le verifiche siano effettuate sull'intero tracciato di ciascuna strada presa in esame in modo da avere utili
indicazioni sull'estensione e sulla densità del fenomeno.
Il comma 11 dell'art.23 del Codice prevede in caso di installazione di impianti pubblicitari non autorizzati, la sanzione
amministrativa del pagamento di una somma da lire cinquecentottantasettemilacinquecento a lire
duemilionitrecentocinquantamila.
A detta sanzione consegue, ai sensi del successivo comma 13, la sanzione accessoria del ripristino dello stato dei luoghi
da applicare secondo la procedura prevista dall'art. 211 del Codice che richiede tempi lunghi e molteplici passaggi.
In attesa di una revisione normativa che renda più tempestivo ed efficace il ripristino dello stato dei luoghi, le Prefetture in
indirizzo dovranno emanare, ai sensi dello stesso art.211, con ogni sollecitudine possibile l'ordine di adempimento
dell'obbligo di ripristino dello stato dei luoghi e dovranno con pari sollecitudine esaminare gli eventuali ricorsi.
Fermo restando che tutte le installazioni pubblicitarie non autorizzate rappresentano un potenziale pericolo per la
sicurezza della circolazione stradale, quelle collocate in corrispondenza o in immediata prossimità delle intersezioni, nonché
quelle che impediscono o limitano la tempestiva visibilità e leggibilità della segnaletica stradale, costituiscono immediato
pericolo per la circolazione e ricorrono le circostanze previste dal comma 6 dell'art. 211, pertanto l'agente accertatore deve
trasmettere immediatamente al Prefetto il verbale di contestazione. Il Prefetto può disporre l'intervento diretto dell'ente
proprietario con recupero delle spese sostenute a mezzo di ordinanza-ingiunzione di pagamento emessa dallo
stesso Prefetto.
In merito al termine di adeguamento fissato dall'art.234 del Codice alla data del 31 dicembre 1998 si precisa che lo stesso
è applicabile unicamente alle installazioni pubblicitarie regolarmente autorizzate ai sensi della normativa antecedente al
Codice e che non rispettano le nuove disposizioni introdotte dallo stesso Codice e dal Regolamento in relazione ai luoghi
ove sono ammesse le installazioni ed alle distanze che le stesse devono rispettare.
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Tutti i cartelli e gli altri mezzi pubblicitari collocati senza le prescritte autorizzazioni sono abusivi rispetto alle
norme del Codice e sono immediatamente sanzionabili ai sensi dell'art. 23, commi 11 e 13, del Codice in quanto non
rientrano nel regime transitorio stabilito dall'art.234.
In base a quanto previsto dall'art.58 del Regolamento, per le installazioni pubblicitarie già autorizzate prima dell'entrata in
vigore del Codice e con scadenza antecedente al 31 dicembre 1998, l'adeguamento previsto dall'art. 234 del Codice deve
realizzarsi all'atto del rinnovo dell'autorizzazione anche se antecedente al 31 dicembre 1998.
Infine, sempre in relazione all'adeguamento dei cartelli e degli altri mezzi pubblicitari, il cui termine, come detto in
precedenza, è fissato al 31 dicembre 1998, gli enti proprietari di strade sono invitati a sollecitare i titolari delle posizioni
pubblicitarie con scadenza successiva al 31 dicembre 1998 e che necessitano di adeguamento a presentare una richiesta in
tal senso fissando un termine non successivo al 30 giugno 1998.
Gli stessi enti proprietari, nel caso in cui le richieste di nuove posizioni non risultino compatibili tra loro o comunque non
rispondenti alle disposizioni, dovranno predisporre entro il 31 ottobre 1998 un piano di adeguamento ed invitare
contestualmente i soggetti interessati ad effettuare gli spostamenti previsti entro il 31 dicembre 1998.
Decorso tale termine i cartelli e gli altri mezzi pubblicitari che non saranno stati ricollocati nelle posizioni assentite dall'ente
proprietario della strada, su richiesta dei soggetti interessati, o nelle posizioni previste dal piano di adeguamento, sono
soggetti alle sanzioni previste dall'art. 23, commi 11 e 13, del Codice.
Si confida nella massima collaborazione possibile da parte dei Ministeri in indirizzo al fine di una completa diffusione ed
attuazione della presente direttiva, tenuto anche conto della rilevanza che l'argomento trattato ha nell'ambito delle
competenze dei suddetti Ministeri.
Si confida inoltre in una efficace e tempestiva azione di accertamento delle violazioni inerenti l'abusivismo pubblicitario da
parte di tutti gli Organi di polizia stradale, d'intesa con gli Enti proprietari di strade e con i concessionari autostradali.
Parimenti le Sezioni circolazione e sicurezza stradale di questa Amm.ne sono tenute non solo all'azione di accertamento
quali Organi di polizia stradale ma anche alla verifica degli adempimenti previsti con la presente direttiva a carico degli Enti
proprietari di strade e dei concessionari autostradali.
La presente direttiva sarà pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
Roma, 17 marzo 1998
IL MINISTRO
PAOLO COSTA
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regolamentazione circolazione fuori dei centri abitati
ordinanze relative ad obblighi, divieti e limitazioni
ministero dei lavori pubblici - circolare n. 579 del 2 agosto 1999
Con questa circolare il Ministero pone l’attenzione sull’istituzione degli «obblighi, divieti e limitazioni di carattere temporaneo o
permanente per ciascuna strada o tratto di essa, o per determinate categorie di utenti, in relazione alle esigenze della circolazione o alle
caratteristiche strutturali delle strade” che devono essere disposti da ordinanze motivate, precedute da un’attenta fase d’istruttoria, e
dopo aver consultato le associazioni di categoria interessate.
In caso contrario sarà facile apporsi e far decadere l’ordinanza, e probabilmente dover riconoscere danni economici agli utenti o attività
interessate.
(nota: grassetto, maiuscolo, evidenziazioni a cura degli autori)
Come è noto gli articoli 5 e 6 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni, comprendono le
disposizioni relative alla regolamentazione della circolazione in generale (art. 5) ed in particolare fuori dai centri abitati (art.
6).
All'art. 35 dello stesso decreto legislativo sono definite le competenze del Ministero dei lavori pubblici, e per esso
dell'Ispettorato generale per la circolazione e la sicurezza stradale, ad impartire direttive per l'organizzazione della
circolazione e della relativa segnaletica.
Nell'ambito di tali disposizioni:
• al comma 1 dell'art. 5 è prevista la potestà, da parte del Ministro dei lavori pubblici, di impartire agli enti proprietari di
strade direttive per l'applicazione delle norme relative alla regolamentazione della circolazione;
• al comma 3 dello stesso articolo è stabilito che i provvedimenti per la regolamentazione della circolazione sono emessi
dagli enti proprietari con ordinanze motivate e rese note al pubblico mediante i prescritti segnali;
• ai sensi del comma 4 del successivo art. 6, l'ente proprietario della strada può, con le suddette ordinanze, stabilire, tra
l'altro, «obblighi, divieti e limitazioni di carattere temporaneo o permanente per ciascuna strada o tratto di essa, o per
determinate categorie di utenti, in relazione alle esigenze della circolazione o alle caratteristiche strutturali delle strade»;
• ai successivi commi 5 e 6, per le strade e le autostrade statali, tale potere di ordinanza è attribuito all'ANAS. e per le
autostrade in concessione lo stesso potere è esercitato dal concessionario previa comunicazione all'ente concedente
ANAS.
Ciò premesso si richiama l'attenzione degli enti in indirizzo sulla assoluta necessità che le suddette ordinanze siano
adeguatamente motivate e che pertanto, prima della loro emanazione, siano precedute da una attenta fase di istruttoria
dalla quale dovranno emergere le esigenze di sicurezza e fluidità della circolazione che, anche in relazione alle
caratteristiche geometriche e strutturali delle strade, richiedono l'adozione dei provvedimenti oggetto dell'ordinanza.
In particolare, ogniqualvolta i suddetti provvedimenti di obbligo, divieto o limitazione interessino estese chilometriche
rilevanti, occorre valutare preventivamente anche i riflessi che tali provvedimenti avranno sull'organizzazione della
circolazione sul tratto interessato e sulle strade limitrofe, nonché sulle attività economiche che si svolgono sia in ambito
locale sia in un più ampio contesto territoriale e che si avvalgono, per il trasporto delle merci, del tratto stradale interessato.
Pertanto, assume particolare importanza ed è quindi opportuno che i suddetti provvedimenti siano emanati solo dopo aver
consultato le Associazioni di categorie interessate.
In questa prospettiva, per i suddetti casi, comunicazione preventiva del provvedimento sarà trasmessa, fatti salvi i casi di
urgenza, oltre che al concedente anche all'Ispettorato generale per la circolazione e la sicurezza stradale.
Con l'occasione si richiama l'attenzione degli enti in indirizzo sulla necessità di effettuare una verifica dell'idoneità,
dimensionale e funzionale, delle aree di servizio collocate lungo la rete autostradale, con particolare riferimento al loro
utilizzo da parte degli autotrasportatori, al fine di poter predisporre un piano di adeguamento delle suddette aree alle
esigenze di comfort e di sicurezza di tutti gli utenti delle strade ed in particolare degli autotrasportatori che, per la loro attività
lavorativa, utilizzano le stesse in modo prevalente.
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direttiva sulla corretta ed uniforme applicazione
delle norme del codice della strada in materia di segnaletica
e criteri per l’installazione e la manutenzione
ministero dei lavori pubblici, 24 ottobre 2000
(g.u. n. 301 del 28 dicembre 2000 )
Decreto fondamentale per la corretta gestione della segnaletica stradale: motivazioni, installazione, manutenzione.
Oltre alle “buone pratiche”, il decreto elenca una serie di errori diffusamente commessi sulla segnaletica stradale.
Un testo obbligatorio per chiunque si occupi di ordinanze e installazione di segnaletica stradale.
(nota: grassetto, maiuscolo, evidenziazioni a cura degli autori)
SOMMARIO
§ 1. OBIETTIVI DELLA DIRETTIVA
1.1 Premessa
1.2 Normativa di riferimento
1.3 Relazione tra cura della strada e incidentalità stradale
§ 2. POTERI E RESPONSABILITA' DEGLI ENTI PROPRIETARI DELLE STRADE
IN MATERIA DI SEGNALETICA
2.1 Le competenze tecnico – amministrative
2.2 Adempimento all'obbligo della delimitazione del centro abitato
2.3 Conseguenze della mancata delimitazione dei centri abitati
2.4 Strade private aperte all'uso pubblico
2.5 Applicazione delle norme sulla segnaletica su particolari aree
e su aree non ad uso pubblico
2.6 Obblighi e competenze relativi alle funzioni di gestione della strada
2.7 Le responsabilità degli Enti proprietari della strada in materia
di manutenzione e apposizione della segnaletica
2.8 Le responsabilità dell' Ente proprietario della strada nei
confronti dei soggetti terzi fornitori della segnaletica
§ 3. RESPONSABILITA' DEI PRODUTTORI E DEI FORNITORI DI SEGNALETICA
3.1 Segnaletica verticale
3.2 Segnaletica orizzontale
3.3 Segnaletica e dispositivi omologati, approvati o autorizzati
§4. ASPETTI GENERALI IN MATERIA DI SEGNALETICA
4.1 Termini degli adempimenti previsti per l'adeguamento
4.2 Necessità, uniformità e congruenza della segnaletica
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4.3 Le ordinanze di disciplina della circolazione:
compiutezza dell'istruttoria
§5. IMPIEGHI NON CORRETTI DELLA SEGNALETICA STRADALE
5.1 Casi più ricorrenti di vizi dei provvedimenti
5.2 Impiego irregolare della segnaletica stradale
5.3 Impieghi non corretti della segnaletica stradale verticale
5.3.1
Utilizzo di segnaletica con simboli o segni non previsti dal regolamento
5.3.2
Difformità nell'impiego dei segnali rispetto alle prescrizioni regolamentari
5.3.3 Impiego di segnali in situazioni che non ne richiedono l'utilizzo
»
5.4 Impieghi non corretti della segnaletica stradale orizzontale
5.5 Impieghi non corretti della segnaletica stradale luminosa
5.6 Impieghi non corretti della segnaletica stradale complementare
5.7 Segnaletica temporanea
§ 6 PIANO DI ADEGUAMENTO DELLA SEGNALETICA E PROGETTI DI SEGNALAMENTO
6.1 Necessità dell'adeguamento
6.2 Necessità ed opportunità dei progetti di segnalamento
§ 7. CONTROLLO DELL'EFFICIENZA E MANUTENZIONE DELLA SEGNALETICA
7.1 Controllo dell'efficienza della segnaletica
7.2 Obbligo della manutenzione della segnaletica stradale
§ 8. REPERIMENTO DEI FONDI NECESSARI
PER LA GESTIONE DELLA SEGNALETICA
8.1 Adempimenti amministrativi per la destinazione dei proventi
delle sanzioni pecuniarie
8.2 Copertura finanziaria delle spese per la segnaletica
Impiego irregolare dei proventi delle sanzioni pecuniarie
§9. CONSIDERAZIONE FINALE
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Ministero dei Lavori Pubblici, Protocollo n. 6688.
VISTO il Decreto Legislativo 30 aprile 1992, n. 285, Nuovo Codice della Strada, e successive modificazioni;
VISTO il Decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495, Regolamento di esecuzione e di attuazione del Nuovo
Codice della Strada, e successive modificazioni;
VISTI gli artt. 5, 6, 7 e 35 del citato Decreto Legislativo 30 aprile 1992, n. 285;
CONSIDERATO che nel corso degli anni, a decorrere dall’entrata in vigore del Nuovo Codice della Strada e dal suo regolamento di
esecuzione e di attuazione, sono pervenute a questo Ministero numerose richieste di informazioni e chiarimenti sulla corretta
interpretazione ed applicazione delle norme relative alla segnaletica stradale;
CONSIDERATO che il sistema segnaletico presente sulle strade italiane non sempre risponde ai criteri di efficienza ed uniformità
richiesti dal Codice e necessari per la sicurezza della circolazione stradale;
SENTITO il parere della quinta sezione del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici espresso con voto n. 321 reso nell’adunanza del 20
ottobre 1999;
VISTO il parere della Conferenza Unificata espresso nella seduta del 6 luglio 2000;
emana la
- DIRETTIVA sulla corretta ed uniforme applicazione delle norme del Codice della Strada in materia di segnaletica
e criteri per la sua installazione e manutenzione.
§ l. OBIETTIVI DELLA DIRETTIVA
1.1 Premessa
Nel corso degli anni, a decorrere dall'entrata in vigore del Nuovo Codice della Strada e del suo regolamento d'esecuzione
(l° Gennaio 1993), sono pervenute a questo Ministero numerose richieste di informazione e chiarimenti sulla corretta
interpretazione ed applicazione delle norme relative alla segnaletica stradale.
Nel contempo si è avuto anche modo di accertare che il panorama segnaletico presente sulle strade italiane non ha subito
gli aggiornamenti ed i miglioramenti attesi. Ciò è in larga parte dovuto ad una scarsa attenzione di numerosi Enti proprietari
di strade che evidentemente non hanno ancora maturato la necessaria sensibilità alla corretta applicazione di una normativa
estremamente importante per la sicurezza stradale.
La presente direttiva, che viene emanata a norma degli art.5, comma 1, e art. 35, comma 1, del Codice, ha pertanto lo
scopo sia di chiarire i dubbi espressi e sia di richiamare l'attenzione degli Enti proprietari, Concessionari e Gestori di strade,
di seguito denominati Enti proprietari, per sensibilizzarli ad una maggiore cura e impegno, anche finanziario, per il
mantenimento delle strade e del necessario arredo segnaletico, nelle migliori condizioni.
In particolare, la sempre crescente complessità della circolazione, specie all'interno dei centri abitati, e l'elevato livello di
incidentalità che purtroppo si registra sulle strade, fanno ritenere oltremodo impellente il richiamo a tutti i soggetti
direttamente coinvolti di fronte alle responsabilità che possono derivare dai mancati adempimenti.
Tale responsabilità, peraltro, è stata oggetto di valutazione da parte del Governo all'atto della presentazione della
«Relazione annuale sui profili sociali, ambientali ed economici della circolazione e della sicurezza stradale», di cui tutti gli
organi di informazione hanno dato ampia e dettagliata diffusione.
1.2 Normativa di riferimento
La normativa vigente in materia di disciplina della circolazione e di segnaletica stradale può ritenersi nel suo complesso
soddisfacente.
Il richiamo al rispetto della normativa vigente costituisce la base di partenza per ogni considerazione di seguito espressa e,
per taluni aspetti, ne è anche la fonte. Va ricordato perciò che il Codice (art. 14 e tutto il Capo II del Titolo II del Decreto
Legislativo 285/92 e successive modifiche) e le corrispondenti norme del relativo regolamento di esecuzione e di attuazione
(Capo II del Titolo II del DPR 495/92 e successive modifiche), recano il complesso delle disposizioni cui deve essere
improntata l'azione degli Enti ai quali è affidata la cura delle strade.
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1.3 Relazione tra cura della strada e incidentalità stradale
L'imponenza e la complessità assunte dalla circolazione stradale esigono che gli Enti proprietari dedichino le più attente
cure alla strada ed alla segnaletica stradale, perché entrambe concorrono, in misura notevole, alla sicurezza ed alla fluidità
della circolazione.
La segnaletica dispiega questi suoi effetti solo se progettata, realizzata ed installata secondo criteri di regolarità e
razionalità e mantenuta con costante cura. Diversamente essa può anche risultare fonte di pericolo o causa di incertezze nei
comportamenti degli utenti della strada da cui possono scaturire incidenti stradali, anche di rilevante gravità.
In proposito è opportuno ricordare che dalle analisi dei dati ISTAT sulla sinistrosità stradale, la distrazione o la indecisione
risultano tra le cause più ricorrenti di incidenti. Numerosi sinistri stradali, infatti, derivano dall'assenza di segnaletica,
dall'inadeguatezza della stessa rispetto alle condizioni della strada e del traffico, dalla sua tardiva o insufficiente percepibilità,
dalla collocazione irregolare, dall'usura dei materiali o dalla mancata manutenzione, ovvero dall'installazione in condizioni
difformi dalle prescrizioni del regolamento (art. 38, comma 7, cod. str. e art. 79, reg.).
§ 2. POTERI E RESPONSABILITA' DEGLI ENTI PROPRIETARI DELLE STRADE IN
MATERIA DISEGNALETICA
2.1 Le competenze tecnico - amministrative
Il nuovo Codice della strada, rispetto al precedente, ha ridisegnato i compiti e poteri degli Enti proprietari delle strade,
riconoscendo a questi ultimi un ampio potere per la regolamentazione della circolazione stradale.
L'art. 5, comma 3, stabilisce infatti che i provvedimenti sono emanati dagli Enti proprietari attraverso gli organi competenti,
con ordinanze rese note al pubblico mediante la prescritta segnaletica.
Il successivo art. 6 individua al comma 5 gli organi a cui è riconosciuto il potere di ordinanza in rapporto alle singole strade
ed al relativo Ente di appartenenza. Esso spetta:
- al capo dell'Ufficio periferico dell'ANAS per le strade statali e per le autostrade,
- al Presidente della Giunta, per le strade regionali,
- al Presidente della Provincia, per le strade provinciali,
- ai Sindaci, per le strade comunali e le strade vicinali.
E' previsto, inoltre, (art. 14, comma 3, cod. strad. ) che per le strade in concessione i poteri ed i compiti dell'Ente
proprietario siano esercitati dal concessionario nei limiti fissati dalle relative convenzioni.
Tra gli aspetti di maggiore importanza, ai fini della presente Direttiva, vanno annoverate le disposizioni contenute nell'art.
14 che contiene opportuni precetti ai quali devono attenersi gli Enti proprietari per assolvere, con efficienza, correttezza e
compiutezza, ai compiti di gestione, manutenzione e pulizia delle strade e delle loro pertinenze, degli arredi, delle
attrezzature, degli impianti e dei servizi.
Sono stati opportunamente previsti, nello stesso articolo, l'obbligo della manutenzione e della gestione delle strade, il
controllo tecnico dell'efficienza delle medesime e delle relative pertinenze, nonché l'apposizione e la manutenzione della
segnaletica stradale.
Va segnalato che l'art. 37 del Codice, ai commi 2 e 3, ha indicato tutte le possibili ipotesi di apposizione di segnaletica da
parte degli Enti proprietari, così da impedire in generale ogni possibile situazione di incompetenza o sovrapposizione di
competenza tra i vari Enti proprietari e l'art. 38 del Codice, al comma 10, precisa che il campo di applicazione obbligatorio
della segnaletica è costituito dalle strade ad uso pubblico, ivi comprese quelle di proprietà privata aperte all'uso pubblico.
Ne consegue che tutta la segnaletica stradale deve sempre essere mantenuta in perfetta efficienza da parte degli Enti
proprietari o dei soggetti esercenti che sono tenuti alla sua posa in opera (art. 38, comma 7, cod. str.).
Un particolare richiamo deve essere fatto, in questa sede, alle competenze per le strade non comunali correnti all'interno
dei centri abitati con popolazione inferiore ai 10.000 abitanti. L'art. 7, comma 3 del Codice, conferisce in tal caso al comune
la competenza a disciplinare la circolazione stradale e di conseguenza porre in opera la connessa segnaletica anche sulle
strade non di proprietà (previo parere dell'ente proprietario), ad eccezione dei provvedimenti per la tutela del patrimonio
stradale e per esigenze di carattere tecnico, nonché della segnaletica relativa alle caratteristiche geometriche e strutturali
della strada, posta a carico dell'Ente proprietario [art. 37, comma 1, lettera d)]; a titolo esemplificativo: strada deformata,
dosso, cunetta, curve, discesa pericolosa, salita ripida, strettoie, banchina pericolosa, caduta massi, transito vietato ai veicoli
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aventi larghezza superiore a ....metri, transito vietato ai veicoli aventi altezza superiore a ....metri, transito vietato ai veicoli, o
complessi di veicoli, aventi lunghezza superiore a ....metri, transito vietato ai veicoli aventi una massa superiore a
....tonnellate, transito vietato ai veicoli aventi massa per asse superiore a ....tonnellate. Per i segnali: ponte mobile, strada
sdrucciolevole, sbocco su molo, materiale instabile sulla strada, altri pericoli, occorre una valutazione caso per caso in ordine
alla relativa competenza.
E' evidente l'intento del Codice di ricondurre alla competenza di un solo soggetto l'intera materia della disciplina della
circolazione all'interno del centro abitato, indipendentemente dalla proprietà stradale e dalla consistenza demografica
dell'abitato, sempreché il centro abitato stesso sia stato delimitato e segnalato a norma di legge (art. 4 cod. str. e art. 5,
comma 3, reg.).
E' stata spesso segnalata a questo Ministero la difficoltà interpretativa da parte dei Comuni e degli altri Enti proprietari di
strade correnti all'interno dei centri abitati con popolazione inferiore ai 10.000 abitanti, della portata della locuzione
«caratteristiche geometriche e strutturali delle strade», per quanto attiene alla segnaletica orizzontale.
In proposito si precisa che tale segnaletica è per la quasi totalità a carico delle amministrazioni comunali dal momento che
la stessa impone regole di comportamento non necessariamente correlate alle caratteristiche geometriche delle strade, ad
eccezione dei segnali orizzontali che evidenziano ostacoli sulla strada quando questi sono connessi alle caratteristiche
strutturali della stessa, la cui apposizione fa carico agli Enti proprietari (art. 175 reg.).
2.2 Adempimento all'obbligo della delimitazione del centro abitato
Alla base della corretta applicazione della normativa sulla disciplina del traffico stradale, bisogna individuare le
competenze che il Codice assegna ai vari soggetti cui fanno capo le specifiche attribuzioni.
Preliminarmente è necessario qui richiamare l'obbligo a cui sono tenuti i comuni, ai sensi dell'art. 4 del Codice. Ad essi,
infatti, è demandato il compito di delimitare il centro abitato o i centri abitati presenti sul territorio al fine di stabilire, sotto il
profilo tecnico - amministrativo, i limiti dei compiti e dei poteri tra il Comune e gli altri Enti proprietari.
Pur se la norma richiamata imponeva l'obbligo dell'adozione dei provvedimenti di delimitazione del centro abitato entro il
30 giugno 1993, si registra tuttora una diffusa inadempienza, con conseguenze di vastissima portata sotto l'aspetto
giuridico - amministrativo e connesse responsabilità di varia natura a carico delle amministrazioni che non vi hanno
ancora provveduto.
Poiché questa situazione di inadempienza non è ulteriormente procrastinabile, ove essa perduri lo scrivente sarà costretto
ad adottare i provvedimenti di cui all'art. 5, comma 2, del Codice che prevede, tra l'altro, l'addebito di ogni spesa a carico
dell'ente inadempiente.
A tale proposito non appare condivisibile l'atteggiamento di alcuni Comuni di delimitare il centro abitato, ai fini
dell'applicazione delle norme del Codice, non in relazione all'insieme continuo di edifici che lo costituisce, ma
sovente in posizione largamente anticipata in corrispondenza, ad esempio, di case sparse, se non addirittura all'inizio del
territorio comunale, senza alcun vantaggio per gli utenti della strada e della sicurezza più in generale.
2.3 Conseguenze della mancata delimitazione dei centri abitati
Fermo restando quanto già precisato con la circolare 29 dicembre 1997, n. 6709, circa l'individuazione dei tratti di strade
statali, regionali e provinciali all'interno dei centri abitati, nei casi in cui il comune non abbia delimitato il proprio centro
abitato, può configurarsi la illegittimità dei provvedimenti di disciplina della circolazione all'interno dello stesso, rispetto al
quale il Codice limita il potere (ai sensi dell'art. 7, comma 1), solo se tale entità territoriale sia stata amministrativamente
definita ed appositamente delimitata con i prescritti segnali di inizio e fine [ artt. 4 e 37, comma 1, lettera b), cod. str. ].
2.4 Strade private aperte all'uso pubblico
Nelle strade private aperte all'uso pubblico, poste all'interno del centro abitato, rimane pur sempre la competenza
dei Comuni ad assicurare la loro corretta e sicura utilizzazione da parte di tutti gli utenti; incombe quindi al Comune
l'obbligo di disciplinare la circolazione attraverso una appropriata ed efficiente segnaletica stradale [art. 37, comma 1, lettera
c), cod.str. ].
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A tale riguardo è bene precisare che la locuzione «area ad uso pubblico», sulla quale il Codice all'art. 2 basa la definizione
di «strada», riguarda anche le strade private aperte all'uso pubblico, ancorché la relativa utilizzazione si realizzi "de facto" e
non "de iure". La segnaletica stradale in questi casi è posta a cura del Comune ogni qualvolta su di essa venga attuata una
qualsiasi disciplina della circolazione avente carattere di generalità ed i provvedimenti relativi siano adottati per perseguire o
conseguire un pubblico interesse.
Analogamente sulle strade private ad uso pubblico fuori dai centri abitati, la competenza ad apporre la
segnaletica è del Comune.
E' appena il caso di sottolineare che i segnali stradali devono rispettare le norme di riferimento per quanto riguarda la
regolarità sotto il profilo qualitativo e quantitativo, anche sulle aree e sulle strade private aperte ad uso pubblico per le quali
al Comune compete la responsabilità della disciplina della circolazione e della opposizione della segnaletica stradale. Su tali
strade private, se non aperte all'uso pubblico, l'apposizione dei segnali è facoltativa, ma laddove utilizzati, essi devono
essere conformi a quelli regolamentari e posti in opera nel rispetto della normativa tecnica che li riguarda.
2.5 Applicazione delle norme sulla segnaletica su particolari aree e su aree
non ad uso pubblico
Il campo di applicazione delle norme relative ai segnali stradali non si esaurisce nei confronti degli Enti proprietari di
strade, previsti dall'art.2, comma 5, del Codice, ma riguarda anche altri soggetti, che gestiscono strade o aree. In particolare,
ai sensi dell'art. 6, comma 7, del Codice, nell'ambito degli aeroporti e delle aree portuali la competenza a disciplinare la
circolazione sulle strade interne aperte all'uso pubblico, e quindi ad apporre e mantenere in efficienza la relativa segnaletica
stradale è, rispettivamente, del direttore della circoscrizione aeroportuale e del comandante di porto o dell'autorità portuale
competenti per territorio.
Un caso particolare è rappresentato, oltre che dai casi innanzi esaminati, anche dalle strade all'interno degli autoporti,
delle università, degli ospedali, dei cimiteri, dei mercati, delle caserme e dei campi militari, e su tutte le altre aree demaniali
aperte alla circolazione, anche se soggette a limitazione di tempo o categorie di veicoli, per le quali, ai sensi dell'art. 75 del
Regolamento, l'applicazione dei segnali non è facoltativa in quanto per esse si applicano integralmente le norme relative ai
segnali stradali.
Si fa pertanto appello alla responsabilità degli altri soggetti competenti, oltre a quelli espressamente citati nell'art. 6,
comma 5, lettere a), b), c) e d) del Codice, ad aver cura di installare e mantenere la segnaletica stradale, rientrando tale
compito nelle loro mansioni d'ufficio a norma dell'art. 14, comma 1, lettera c) del Codice.
2.6 Obblighi e competenze relativi alle funzioni di gestione della strada
Sulla base delle puntuali disposizioni di legge in materia di responsabilità, tutti gli Enti proprietari delle strade sono tenuti
alla massima cura nel mantenimento della segnaletica stradale ed al controllo della sua efficienza, insieme alle altre
condizioni di buona gestione.
Taluni conflitti di competenza verificatisi in passato tra Enti proprietari, in merito all'apposizione e manutenzione della
segnaletica, non dovrebbero più sorgere stante la chiara e tassativa individuazione delle competenze fatta dal Codice (art.
37 cod. str.): in linea di principio deve affermarsi la responsabilità dell'Ente proprietario di strada in caso di incidente a
seguito di carenza della segnaletica.
Siffatta responsabilità è comunque riconducibile al predetto Ente se la insufficiente segnaletica induce l'utente a
comportamenti scorretti che non avrebbe tenuto in presenza di segnaletica idonea.
La carenza dei segnali stradali, la loro irregolare apposizione, nonché l'insufficiente stato di manutenzione comportano
inevitabilmente responsabilità sia per la Pubblica Amministrazione che per i funzionari preposti allo specifico settore.
2.7 Le responsabilità degli Enti proprietari della strada in materia
di manutenzione e apposizione della segnaletica.
In materia di circolazione stradale, fuori dei casi espressamente disciplinati da norme imperative, la P. A. ha un ampio
potere discrezionale nella scelta dei luoghi dove sia necessario od opportuno apporre segnali di pericolo. Tale potere però
incontra un limite nel dovere del neminem laedere (art. 2043 Cod. Civ.), e nel relativo potere dell'Autorità Giudiziaria di
accertare l'esistenza obiettiva di pericolo o di insidie della strada, dovuti a condotta colposa omissiva o commissiva dell'ente
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proprietario e l'eventuale nesso di causalità tra tale condotta e i danni subiti dagli utenti (Cass. civ., Sez. III, 6.4.1982, n.
2131).
Il mancato ripristino di un segnale stradale che impone un obbligo o un divieto regolarmente stabiliti con apposito
provvedimento amministrativo (artt. 6 e 7 cod. str.) può dare luogo a responsabilità a carico di amministratori e dipendenti
dell'Ente, sia di carattere penale per lesioni riportate dalle vittime dell'incidente verificatosi e sia di natura civile; nel qual caso
la responsabilità fa carico in via solidale ad ambedue i suddetti soggetti. Ne consegue che agli Enti proprietari spetta
l'obbligo di controllare la presenza e l'efficienza dei segnali e di disporre il ripristino di quelli rimossi (art. 38, comma 7, cod.
str.).
2.8 La responsabilità dell'Ente proprietario della strada nei confronti dei soggetti
terzi fornitori della segnaletica
La fornitura o l'installazione di segnaletica non conforme deve essere contestata alla ditta fornitrice fino ad ottenere la
puntuale rispondenza di essa alle norme che disciplinano la materia e alle clausole contrattuali o di ordine.
L'inosservanza di tali adempimenti comporta la restituzione dei materiali ricevuti, salvo il risarcimento del danno subito
dalla P.A. per il ritardato o mancato rispetto delle clausole contrattuali.
Da tutto ciò deriva un preciso obbligo per i tecnici e funzionari dell'ente interessato di verificare e controllare la fornitura
nella quantità e qualità, intesa quest'ultima non solo quale conformità dei materiali agli standard contenuti, ma anche quale
conformità dei singoli segnali alle norme di regolamento: dimensioni, colori, simboli e caratteristiche varie cui le norme e le
figure fanno specifico richiamo.
Gli stessi sono tenuti a verificare il rispetto delle norme specifiche che individuano i tipi delle diverse pellicole rifrangenti
che devono corrispondere a ben determinati criteri di individuazione e configurazione a titolo di garanzia e di conformità alle
prescrizioni contenute nell'apposito disciplinare tecnico (D.M. 31 Marzo 1995) che, come noto, è fonte normativa nella
specifica materia.
A questo riguardo è necessario sottolineare che l'utilizzo di segnaletica irregolare comporta responsabilità sotto il profilo
amministrativo per il non corretto esercizio delle competenze conferite dalla legge all'Ente proprietario e,
contemporaneamente, può determinare un danno erariale, che, in base alle attuali disposizioni legislative, può comportare
responsabilità del dirigente o del funzionario che ne ha disposto l'acquisto o consentito l'impiego.
Rimane da sottolineare che anche gli stessi progettisti, tecnici o funzionari addetti al settore devono attenersi strettamente
alle disposizioni regolamentari che disciplinano la materia. Agli organi di controllo, sia dell'Ispettorato Generale per la
Circolazione e la Sicurezza Stradale e delle sue sezioni periferiche presso Provveditorati Regionali alle OO.PP., che di
Polizia Stradale, di cui all'art. 12 del Codice, spetta la vigilanza sul puntuale rispetto delle norme richiamate, contestando, le
relative violazioni.
§3. RESPONSABILITA’ DEI PRODUTTORI E DEI FORNITORI DI SEGNALETICA
Tutti i soggetti privati che instaurano un rapporto con la P.A. per forniture o esecuzione di lavori attinenti alla segnaletica,
sono tenuti ad osservare le norme che disciplinano la materia e che regolano la costruzione, l'installazione e l'allestimento
delle attrezzature oggetto del rapporto stesso.
3.1 Segnaletica verticale
I produttori ed i fornitori di segnali stradali sono tenuti a produrre e fornire solo segnali stradali conformi ai tipi previsti
dal Regolamento. In particolare nei confronti dei produttori permane l'obbligo di attenersi a quanto previsto dall'art. 45,
comma 1, del Codice, che vieta di fabbricare o impiegare segnaletica non prevista o non conforme a quella stabilita
dal codice, dal regolamento, dai decreti e dalle direttive ministeriali in materia. Gli stessi devono avere requisiti tecnico
- professionali, operare in idonei ambienti di lavoro e possedere le dotazioni e le attrezzature previste nel Regolamento (artt.
193 e 194). Inoltre i segnali da loro prodotti devono essere sempre corredati da certificazione di «conformità del prodotto»,
come previsto dalla circolare di questo Ministero n. 3652 del 17 Giugno 1998 e successive modifiche.
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Analogo onere incombe anche sui fornitori non produttori che comunque devono accompagnare le forniture con la
certificazione di prodotto rilasciata dal/i produttore/i dal/i quale/i si approvvigionano.
3.2 Segnaletica orizzontale
Anche per la segnaletica orizzontale è oltre modo necessario che i produttori, i fornitori e gli installatori, curino la sua
esecuzione nel pieno rispetto delle norme regolamentari (in particolare art. 137, reg.) per garantire le migliori condizioni di
visibilità. Un utile riferimento circa i parametri qualitativi minimi in uso della segnaletica orizzontale, è costituito dalla norma
UNI EN 1436: 1998.
3.3 Segnaletica e dispositivi omologati, approvati o autorizzati
E' noto che l'Ispettorato Generale per la Circolazione e la Sicurezza Stradale è l'organismo del Ministero dei Lavori
Pubblici che autorizza, approva ed omologa la segnaletica luminosa ed i dispositivi per segnaletica stradale anche non
specificamente codificati.
A norma dell'art. 41 del Codice tutti i segnali luminosi devono essere di «tipo» omologato. Ciò vale sia per le lanterne
semaforiche che per tutta la segnaletica verticale in genere che può essere prodotta anche di tipo luminoso. Tali segnali, e
tutti gli altri dispositivi soggetti ad omologazione od approvazione devono essere identificati con una targhetta od altro
sistema di identificazione che riporti gli estremi di omologazione, come previsto all'art. 192 del Regolamento, a garanzia della
conformità degli stessi al tipo omologato o approvato.
E’ quanto mai opportuno che gli Enti proprietari e gestori di strade eseguano accurati controlli per verificarne l'origine e, se
del caso, provvedere alla loro regolarizzazione o sostituzione.
§4. ASPETTI GENERALI IN MATERIA DI SEGNALETICA
4.1 Termini degli adempimenti previsti per l'adeguamento
La necessità di adeguare il sistema segnaletico alle nuove norme regolamentari è stata prevista nel Codice (art. 234) con
la dovuta gradualità affinché gli Enti interessati potessero programmare gli interventi nei tempi e con le disponibilità
finanziarie dei propri bilanci.
Ciò nonostante le inadempienze degli Enti proprietari sono notevoli tanto da determinare il quasi totale mancato rispetto
delle scadenze previste nella citata norma.
Invero su talune arterie principali della rete extraurbana la segnaletica stradale ha raggiunto un soddisfacente livello di
adeguamento alle vigenti disposizioni regolamentari e corrisponde positivamente alle effettive esigenze del traffico. Ciò
almeno per quanto concerne la segnaletica di pericolo e di prescrizione.
No altrettanto favorevole giudizio può esprimersi per la segnaletica di indicazione e per quella orizzontale. Al riguardo non
può essere tollerato il permanere in opera, dopo molti anni dalla data in cui avrebbero dovuto essere sostituiti, di segnali
stradali di estrema utilità ed efficacia ai fini della sicurezza, ma ormai superati, quali, ad esempio, arresto all'incrocio, divieti
di svolta, divieto di inversione, sosta regolamentata. Essi infatti, oltre ad aver perduto ogni efficacia regolamentare, non sono
conosciuti da una ampia fascia di conducenti che hanno conseguito la patente di guida in tempi recenti e dai conducenti
stranieri.
4.2 Necessità, uniformità e congruenza della segnaletica
Tutti i segnali stradali devono essere progettati e posti in opera allo scopo di rendere nota agli utenti della strada la
situazione di disciplina della circolazione presente su quella determinata strada o tratto di essa. Ne consegue che ogni
strada, sia di nuova costruzione sia preesistente, ristrutturata o solo riadattata, qualunque sia la classifica o l'importanza di
essa, deve essere adeguatamente corredata della segnaletica stradale necessaria.
Il criterio della uniformità nella scelta del segnale e della sua posa in opera, è importante quanto quello della rispondenza
del disegno, dei colori e del simbolo alle prescrizioni di legge.
Condizioni o situazioni identiche devono essere segnalate con segnali identici.
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In particolare è necessario che le strade di attraversamento dell'abitato, quelle cioè che convogliano il traffico c.d. di
«attraversamento», siano segnalate in maniera uniforme, indipendentemente dall'importanza o dalla estensione del centro
abitato o dell'arteria stradale.
Si è rilevata, invece, la tendenza di taluni Comuni a considerare la circolazione nel proprio centro abitato come un caso
speciale a cui far fronte con l'impiego di segnali stradali particolari, realizzati all'occorrenza e con propri autonomi significati.
Siffatte situazioni hanno dato luogo ad una variegata casistica di pannelli integrativi, di lunghe iscrizioni accessorie, di
deroghe ingiustificate o irregolari in quanto riferite a particolari utenti senza alcun fondato motivo.
L'impiego di segnali in numero superiore a quello necessario è da evitare, non solo perché costituisce un maggior onere
per apporli e mantenerli, ma anche perché tende a sminuirne l'efficacia od il valore cogente. Ciò si verifica specialmente
quando si tratta di segnali di pericolo e di prescrizione.
4.3 Le ordinanze di disciplina della circolazione: compiutezza dell'istruttoria
Meritevoli di attenzione sono i provvedimenti per la regolazione della circolazione che devono essere resi noti attraverso i
prescritti segnali stradali, di cui è cenno nell'art. 5, comma 3, del Codice. Gli Enti proprietari di strade, attraverso gli organi
competenti, sono tenuti ad emanare le apposite ordinanze previste agli articoli 6 e 7 che, ad avviso di questo Ministero,
meritano da parte dei competenti uffici una maggiore cura nella loro istruttoria e formulazione.
Lo scrivente, nei limiti delle competenze attribuitegli dall'articolo 37, comma 3 del Codice sui ricorsi gerarchici, ha avuto
modo di esaminare i provvedimenti che dispongono la collocazione non sempre idonea della segnaletica a causa di difetti
sostanziali, con riverberi sul piano giuridico. Assai frequente è il fenomeno della carente motivazione delle ordinanze cui si
associa quello della poca chiarezza degli obiettivi o delle disposizioni oggetto dei provvedimento. In tali casi questo Ministero
ha dovuto disporre l'annullamento dei medesimi con conseguente disagio per l'amministrazione emittente e con inutile
dispendio di risorse economiche.
Si segnala, inoltre, tra le carenze istruttorie, che i provvedimenti non sempre sono supportati dalle opportune indagini,
valutazioni, stime e rilievi preventivi, necessari per sorreggere il provvedimento stesso di fronte alle eccezioni che vengono
mosse in sede di ricorso. E' evidente che tali carenze fanno presupporre una non sempre ponderata scelta delle misure di
traffico adottate in ragione degli obiettivi che si intendono perseguire.
A tale proposito si ritiene oltremodo necessario che sia curata la continua formazione ed aggiornamento del personale,
in particolare tecnico, degli Enti proprietari di strade. Per tale attività si potrà fare affidamento sull’azione di supporto e
coordinamento dell’Ispettorato Generale per la Circolazione e Sicurezza Stradale.
§5. IMPIEGHI NON CORRETTI DELLA SEGNALETICA STRADALE
5.1 Casi più ricorrenti di vizi dei provvedimenti
Si è avuto modo di rilevare che talvolta i provvedimenti che dispongono l'impiego della segnaletica non tengono adeguato
conto delle situazioni preesistenti, di quelle in atto sulle strade limitrofe o dei provvedimenti adottati da altri Enti proprietari di
strade e che risultano interferenti con la viabilità dell'area interessata. Ne scaturiscono di conseguenza situazioni di conflitto
che potevano evitarsi e con effetti negativi sulla fluidità e sicurezza della circolazione e, di riflesso, sull'opinione pubblica.
Sono emersi anche casi chiaramente viziati da eccesso di potere, nella figura sintomatica dello sviamento, quando si è
inteso perseguire attraverso il provvedimento di regolamentazione del traffico risultati od obiettivi estranei alla circolazione
stradale.
Tipiche al riguardo sono le ordinanze di divieto, emanate per alcune categorie di veicoli a motore, le cui finalità hanno
scarsa o del tutto carente attinenza con la circolazione, ed invece celano non espressi motivi di interessi locali non
perseguibili con lo strumento dell'ordinanza «sindacale» a norma dell'art. 7.
Si citano ad esempio il divieto di circolazione e sosta di autocaravans e caravans (spesso definiti erroneamente campers o
roulottes), con motivazioni riconducibili al fatto che vengono scaricati abusivamente i liquami raccolti negli appositi bottini; il
divieto di circolazione di motocicli o ciclomotori adducendo a motivo il disturbo della quiete pubblica, come se tutti i veicoli di
quella categoria fossero non in regola con i dispositivo previsti dal Codice e pertanto fonte di disturbo acustico; la riserva di
spazi per la sosta di categorie di utenti o di veicoli per i quali le norme del Codice non ammettono preferenza o
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riserva rispetto ad altri; l'imposizione di limiti massimi di velocità localizzati non giustificati dalle effettive condizioni della
strada o da esigenze di sicurezza.
Quest'ultimo caso offre lo spunto per richiamare l'attenzione sull'esigenza di valutare attentamente la necessità di imporre
limitazioni localizzate. Detta esigenza deve scaturire da carenti caratteristiche permanenti dei tratti stradali interessati e non
da particolari condizioni ambientali che si possono presentare solo occasionalmente e rispetto alle quali è obbligo dei
conducenti di adeguare la velocità, ai sensi del primo comma dell'art. 141 del Codice, salvo, se del caso, apporre segnali di
pericolo e salvo il rispetto di esistenti direttive. Non sembra superfluo ricordare che la presunzione di una maggiore
sicurezza, che deriverebbe dall'imposizione di limiti massimi di velocità più bassi del normale, è puramente
illusoria; l'esperienza insegna, infatti, che divieti non supportati da effettive esigenze vengono sistematicamente disattesi,
dando luogo, altresì, ad una diseducativa sottovalutazione di tutta la segnaletica prescrittiva e, talvolta, all'irrogazione di
sanzioni che non hanno un reale fondamento.
In sintesi i provvedimenti, specie quelli limitativi, dovranno essere sempre motivati da effettive esigenze di circolazione o
di sicurezza, comprendendo tra queste anche la disciplina della sosta che deve tenere conto delle condizioni strutturali delle
singole strade ed avere specifico riguardo alle peculiari caratteristiche delle varie categorie di utenza interessata a tali
provvedimenti.
E’ dimostrato che i provvedimenti, anche se restrittivi, vengono generalmente accettati e rispettati dagli utenti della
strada se improntati a criteri ispirati alla logica ed alla razionalità delle soluzioni. Occorre quindi che vi sia la
necessaria correlazione tra l'interesse pubblico che si vuole perseguire con l'ordinanza e la obiettiva situazione di traffico che
si va a modificare, integrare o innovare.
5.2 Impiego irregolare della segnaletica stradale
Il concetto di uniformità della segnaletica deve essere interpretato anche in riferimento ad altri elementi, quali ad
esempio le modalità di installazione. Il disordine della segnaletica lungo le strade può infatti dipendere:
a) dal fatto che i segnali, a volte lungo lo stesso itinerario, sono installati ad altezze diverse, in contrasto con quanto
previsto all'art. 81 del Regolamento;
b) dall'impiego di segnali di diverso formato senza che ve ne sia la necessità (art. 80 reg.);
c) dall'uso di segnali con caratteristiche di rifrangenza diverse tra loro anche sullo stesso sostegno (art. 79 reg.).
Altro elemento di disomogeneità è riconducibile alla non corretta collocazione, sullo stesso sostegno, di più segnali.
Invero quando è necessario porre sullo stesso sostegno due segnali di diversa natura (art. 82 reg.) è opportuno che questi
siano collocati con i criteri stabiliti dal regolamento: dall'alto verso il basso, prima quello di pericolo e quindi quello di
prescrizione (art. 84 reg.); se sono entrambi di prescrizione, valgono le seguenti priorità: precedenza - divieto - obbligo.
Analogamente, per i gruppi unitari di intersezione (art. 128 reg.) è necessario organizzare il sistema in modo da rispettare
rigorosamente la gerarchia segnaletica per direzioni (diritto - sinistra - destra), e all'interno della stessa direzione la gerarchia
per colori (bianco - verde - blu - marrone - nero).
Altrettanto irregolare è l'impiego di segnali di pericolo installati in circostanze o situazioni che pericolose non sono. Vale la
pena di ricordare (art. 84 reg.) che «i segnali di pericolo devono essere installati quando esiste una reale situazione di
pericolo sulla strada, non percepibile con tempestività da un conducente che osservi le normali regole di
prudenza».
Segnalando come pericolose situazioni che non lo sono, si inducono gli utenti della strada a considerare come inattendibili
tali segnali e quindi a non rispettarli, anche quando il pericolo è reale.
Del pari incongruo è spesso l'impiego dei segnali di precedenza, in particolare il segnale di «fermarsi e dare
precedenza». L'art. 107 del regolamento prescrive che tale segnale deve impiegarsi nelle intersezioni «ove non sia stato
possibile garantire condizioni di sufficiente visibilità, o comunque in situazioni di particolare pericolosità». Troppe volte il
segnale è impiegato al posto del «dare precedenza», pur in condizioni normali e con visibilità garantita, nella erronea
convinzione che in tal modo si sia attuata una più rigorosa regolazione del traffico.
E' stata anche rilevata una non infrequente coesistenza di segnali vecchi con altri nuovi, incompatibili con i primi, oppure
disposti in maniera che gli uni occultano gli altri. Ciò denota una mancanza di coordinamento che causa errori e confusione
nei confronti degli utenti della strada.
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5.3 Impieghi non corretti della segnaletica stradale verticale
Aspetti di notevole rilievo che riguardano l'impiego non corretto della segnaletica stradale verticale possono essere così
sintetizzati:
a) utilizzo di segnaletica con simboli o segni non previsti dal regolamento;
b) difformità nell'impiego dei segnali rispetto alle prescrizioni regolamentari;
c) impiego di segnali in situazioni che non ne richiedono l'utilizzo.
5.3.1
Utilizzo di segnaletica con simboli o segni non previsti dal regolamento
Sono state rilevate situazioni in cui vengono posti in opera segnali stradali che non trovano alcun riscontro con la
simbologia, le dimensioni, i colori e le forme previsti dalle norme regolamentari, peraltro strettamente conformi agli Accordi
internazionali in materia.
In tali casi i segnali non hanno efficacia regolatrice della circolazione, e non trasmettono alcun utile messaggio.
Un esempio tipico riguarda l'adeguamento della segnaletica prevista per i passi carrabili. Un passo carrabile non
correttamente segnalato e quindi non regolamentare (art. 120 reg.), non determina l'obbligo di rispettarlo da parte degli utenti
della strada. Per altro verso l'impiego di segnali non regolamentari costituisce violazione all'art. 38 o 45 del Codice, secondo i
casi, con sanzioni a carico di chi li ha installati.
5.3.2 Difformità nell'impiego dei segnali rispetto alle prescrizioni regolamentari
In materia di segnalazioni stradali, ogni forma di empirismo deve essere bandita perché dannosa per la sicurezza della
circolazione e per la disciplina del traffico.
Ricorre sovente l'impiego di segnali non compatibili e il mancato utilizzo di segnali appropriati, ovvero con forme, formati,
dimensioni, colori e simboli non coerenti con le aree di impiego (ad. es. segnaletica direzionale urbana in ambito extraurbano
e viceversa), utilizzo reiterato di iscrizioni, quando invece esistono simboli che rendono più immediata la comprensione del
segnale o del suo pannello integrativo, utilizzo di «segnali compositi» (art. 80 reg.) che riportano più simboli di dimensioni
troppo piccole perché sia possibile leggerli alla distanza necessaria per attuare l'istruzione in essi contenuta.
Nel campo della segnaletica di indicazione extraurbana sono evidenti le carenze specialmente riferite ai segnali di
preavviso di intersezione, in particolare per la perdita di «itinerario». Invero nella successione di più intersezioni si hanno
spesso indicazioni diverse; a volte viene indicata la località più remota, a volte quella più vicina: in tali condizioni l'utente
della strada nel ritenere di avere sbagliato itinerario potrebbe effettuare brusche manovre che possono anche comportare
situazioni di pericolo.
Altre irregolarità dei segnali di indicazione sono riferibili ad un eccesso di informazioni, con errata impaginazione, con
utilizzo di alfabeti non regolamentari, con caratteri di spessore non adeguato o spaziature errate che nell'insieme rendono
difficile la lettura (vedi tabella II 16 reg. e ss.).
Altra irregolarità molto frequente riguarda i segnali di direzione extraurbani e quelli urbani che indicano destinazioni
extraurbane. Pur essendo esplicitamente previsto (art. 128 reg.) che è necessario riportare sul cartello la distanza in
chilometri, nella gran parte dei casi tale prescrizione è ignorata.
Ulteriore anomalia è costituita dal numero eccessivo di segnali nello stesso impianto con commistione di segnali diversi
per caratteristiche di visibilità o con contenuto pubblicitario. Si richiama in proposito il rispetto della norma di cui all'art. 77 del
Regolamento.
L'effetto negativo del descritto fenomeno sta nella impossibilità da parte dell'utente di percepire correttamente e con
immediata utilità il messaggio del segnale stesso. Talvolta, specie nelle intersezioni, l'indecisione dovuta alla non perfetta e
tempestiva percezione dell'informazione può essere causa di intralcio o di pericolo.
Appare anche inappropriato, in molti casi, l'uso del segnale di divieto di fermata quando basterebbe il segnale di divieto di
sosta. E’ sufficiente una più attenta lettura delle stesse definizioni di «fermata» e di «sosta» sancite all'articolo 157 del
Codice per comprenderne la differenza. Il segnale di divieto di fermata è da impiegarsi solo in quei casi in cui anche una
breve interruzione della marcia, quale quella per la salita e la discesa di un passeggero dall'auto, ovvero per chiedere una
informazione, può causare intralcio alla circolazione. Negli altri casi è sufficiente il divieto di sosta.
Di recente si è anche verificato un abuso nell'impiego, specie nei segnali di inizio e fine dei centri abitati, di iscrizioni in
forma dialettale. Va segnalato, al riguardo, che il Regolamento (art. 125 reg.) e gli accordi internazionali ammettono solo
nelle zone bilingue la possibilità di riportare le iscrizioni in massimo due «lingue» ufficialmente riconosciute, per essi la forma
dialettale non è consentita.
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Anche l'installazione dei segnali «nome-strada» (art. 133 reg.) non ha sempre avuto la giusta attenzione da parte dei
Comuni. Si tratta di un segnale di grande utilità, dal momento che spesso le normali targhe toponomastiche su pareti non
sono visibili dagli utenti della strada. In proposito va rammentato che la deroga contenuta nel comma 2 del citato articolo di
Regolamento è da intendersi, ad avviso di questo Ministero, limitata ai centri storici o comunque a quelle zone centrali delle
città di particolare pregio storico, architettonico, ambientale, sempreché le tradizionali targhe toponomastiche siano
chiaramente visibili. Una diffusa e corretta installazione dei segnali «nome-strada» ha certamente anche l'effetto di
ridurre l'abnorme proliferare di cartelli pubblicitari che indirizzano verso esercizi commerciali situati in determinate
strade. La possibilità di individuare con facilità la strada renderebbe inutili ulteriori messaggi pubblicitari.
E' anche molto diffuso l'utilizzo di segnali con l'indicazione di servizi utili per gli utenti della strada. Sono segnali che a
norma dell'art. 136 del regolamento sono soggetti ad autorizzazione dell'ente proprietario della strada e possono essere
installati solo in prossimità del servizio segnalato.
Capita sovente invece di vederli installati anche a molti chilometri di distanza, il che costituisce una evidente violazione
delle norme di impiego di tali segnali. Si tratta, peraltro, dell'unico caso in cui la norma consente l'abbinamento di un segnale
stradale con un messaggio pubblicitario indicante la denominazione del gestore del servizio segnalato nello spazio sotto il
simbolo del servizio stesso.
Occorre chiarire, per il caso specifico, che si tratta pur sempre di un segnale e quindi soggetto alle modalità di installazione
della segnaletica stradale: se però vi è l'indicazione del gestore è anche soggetto ad imposta sulla pubblicità.
Situazione analoga si incontra nel caso di segnali turistici, territoriali ed industriali. In questo caso le norme di
installazione sono descritte nell'art. 134 del Regolamento.
Questi segnali sono soggetti ad autorizzazione dell'ente proprietario della strada e possono essere collocati solo
sull'itinerario che conduce direttamente al luogo segnalato e, salvo casi di impossibilità, a non più di 10 chilometri di
distanza.
Anche per questa tipologia di segnali si assiste ad innumerevoli casi di violazione, particolarmente evidenti ed inappropriati
nel caso di segnali industriali.
Il Regolamento consente l'impiego del segnale di «zona di attività» come un normale segnale di direzione, mentre le
singole attività possono essere indicate all'interno della «zona». La consuetudine di autorizzarne l'installazione anche
sulle strade esterne alla zona industriale è una pratica di larga diffusione che deve essere riportata alla correttezza
regolamentare. Casi specifici di attività industriale isolata possono essere ammessi solo per situazioni particolari soggette ad
una puntuale istruttoria da parte dell'ente proprietario della strada, che valuterà la necessità di indicarla come segnale
stradale in funzione della utilità per la generalità degli utenti della strada interessata.
Un ulteriore esempio di impiego di segnali difformi rispetto alle prescrizioni regolamentari riguarda il segnale di «area
pedonale».
Tali aree sono individuate per garantire il movimento dei pedoni nelle migliori condizioni di sicurezza tanto che il
Regolamento ammette solo specifiche e limitate deroghe per la circolazione di utenze diverse.
Risultano invece casi frequenti di aree pedonali nelle quali sono previste ulteriori deroghe rispetto a quelle previste dal
regolamento, vanificando così il principio alla base del segnale. In tali casi evidentemente è stata scelta un erronea
segnaletica perchè quella più aderente risulta essere il segnale di «zona a traffico limitato».
5.3.3 Impiego di segnali in situazioni che non ne richiedono l'utilizzo
L'impiego superfluo dei segnali è una pratica molto diffusa, riscontrabile su qualsiasi tipo di strada, dalle autostrade alle
strade locali.
La corretta tecnica di installazione dei segnali stradali richiede soprattutto che sia posto in opera il segnale, ancorché
integrato da pannelli, esclusivamente del tipo richiesto dalla situazione che si intende disciplinare o segnalare.
In particolare, quando una norma di comportamento prescrive un divieto o un obbligo per l'utente della strada, il segnale
verticale avente lo stesso significato è superfluo, anzi, in molti casi, produce un effetto diseducativo sull'utenza. Infatti,
quando il segnale manca, in una situazione analoga a quella in cui è stato erroneamente posto in opera, può nascere
nell'utente il dubbio sulla necessità di dover rispettare o meno l'obbligo o il divieto.
Un esempio di questo caso è il segnale di divieto di fermata o di sosta, talvolta con pannello aggiuntivo, posto spesso
all'inizio delle gallerie dove per norma generale (art. 158 cod. str.) è vietata sia la fermata che la sosta, o sulle corsie di
emergenza dove per norma generale (art. 176 cod. str.) è vietata la sosta. E' evidente che la mancanza di questo segnale,
nelle stesse condizioni di posa e magari sullo stesso itinerario, può indurre l'utente a comportarsi in modo diverso.
Va anche censurato un altro caso di spreco e di uso improprio di segnali molto diffuso. Si tratta dei segnali di «limite»
massimo di velocità 50 Km/h (fig. II.50 reg.) e di divieto di segnalazioni acustiche (fig. II.51 reg.) in abbinamento ai segnali di
«inizio centro abitato» (fig.II.273 reg.).
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Poiché nel segnale di «inizio centro abitato» sono, invero, già insite le due prescrizioni richiamate, ne deriva che i due
cartelli risultano inutili. La ripetizione del «limite massimo di velocità 50 Km/h» su strade interne ai centri abitati non ha, per le
ragioni esposte in precedenza, alcun senso.
Si rammenta inoltre che sono vietate aggiunte di qualsiasi natura al segnale di inizio centro abitato, quali quelle di
comune denuclearizzato, gemellaggi con altre località, appartenenza a comunità particolari, ed altre indicazioni
quali città del vino o similari, ecc. .
Analogamente non ha senso impiegare segnali stradali per indicare ovvie situazioni, come ad esempio l'impiego del
segnale «percorso pedonale» (fig. II.88 reg.) su un marciapiede rialzato che con ogni evidenza è destinato ai pedoni,
ovvero il segnale «attraversamento pedonale» (fig. II.303 reg.), in corrispondenza di intersezioni o di attraversamento
regolato da impianto semaforico.
Cartelli superflui sono anche i pannelli integrativi che ribadiscono lo stesso concetto o i limiti del segnale principale. Alcuni
esempi significativi sono i seguenti:
a) utilizzo dei pannelli «0-24» e/o pannello «rimozione coatta» posti al di sotto del segnale di divieto di fermata. Sia l'uno
che l'altro sono inutili, da soli o insieme, in quanto il segnale di divieto di fermata ha validità permanente e di per se comporta
la rimozione (art. 120, comma 1, lettera b, del reg.)
b) segnali di pericolo con pannelli integrativi che ribadiscono il significato del simbolo del segnale stesso, ad esempio:
-pannello integrativo con la dicitura «raffiche di vento» o «vento forte» in abbinamento con il segnale di fig. II.33
- pannello integrativo con la dicitura «strada dissestata» o «strada deformata» in abbinamento con il segnale di fig. II.1
- pannello integrativo con la dicitura «caduta massi» in abbinamento ai segnali di figg. II.30/a e 30/b
- pannello integrativo con la dicitura «strada sdrucciolevole» in abbinamento al segnale di fig. II.22
c) pannello distanziometrico «150 metri» abbinato ai segnali di pericolo in ambito extraurbano che devono essere
normalmente posti a tale distanza
d) pannello indicante «inizio» (fig. II.5/al e 5/bl) in abbinamento con segnali prescrittivi che hanno validità già, di per se
stessi, dal punto in cui sono installati; e pannello integrativo di «fine» (figg. II.5/a3 e 5/b3) posto in abbinamento con il
segnale di fine prescrizione (figg. II.70, 71, 72, 73); ovvero segnale di «fine prescrizione» in corrispondenza di una
intersezione
5.4 Impieghi non corretti della segnaletica stradale orizzontale
L'importanza della segnaletica orizzontale non è sempre percepita dagli Enti proprietari di strade. Infatti è abbastanza
evidente che non sempre detta segnaletica è sufficiente a garantire sicurezza nella circolazione, specie in condizioni
notturne o di scarsa visibilità, condizioni, queste, nelle quali si avverte come indispensabile la necessità di una guida ottica
continua.
Fonte di confusione è, inoltre, il permanere in opera di strisce di margine di colore giallo in quanto, ormai, l'unificazione del
sistema prevede solo strisce bianche, salvo i casi di segnaletica temporanea o di corsie specializzate (artt. 35 e 141 reg.).
In tale situazione l'utente, ritenendo di essere in presenza di un cantiere stradale potrebbe adottare una condotta di guida
eccessivamente prudente, con la conseguenza di causare intralcio alla circolazione.
5.5 Impieghi non corretti della segnaletica stradale luminosa
Un richiamo particolare merita la segnaletica semaforica che dopo molti anni dall'entrata in vigore delle norme che la
disciplinano e oltre tre anni dalla scadenza del termine di adeguamento, viene mantenuta con simboli e funzionamento non
conformi alle nuove disposizioni regolamentari (artt. 159 e 169 reg.). Costituiscono esempio di tali difformità le lanterne per
l'attraversamento pedonale, ancora del vecchio formato e tipo, il funzionamento delle luci con la contemporaneità del giallo e
del verde, che comporta peraltro anche un maggior consumo di energia, e l'impiego irregolare delle lanterne di corsia.
A volte sullo stesso itinerario si hanno sistemi di regolazione attualizzati ed altri non ancora aggiornati con evidente disagio
e confusione per l'utente della strada.
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5.6 Impieghi non corretti della segnaletica stradale complementare
Tra i dispositivi di segnaletica complementare una menzione particolare meritano quelli che sostituiscono o integrano la
segnaletica orizzontale e i dispositivi per segnaletica complementare, quali, ad esempio, delimitatori di corsia, dossi di
rallentamento della velocità e dissuasori di sosta.
Si tratta, in genere, di dispositivi che per loro natura presentano un ingombro che sporge dalla piattaforma stradale e,
pertanto, gli Enti proprietari devono evitare che costituiscano pericolo per la circolazione. Il loro utilizzo deve essere oggetto
di grande attenzione e la loro installazione deve avvenire con le modalità e nei limiti previsti dal Regolamento.
Occorre anche tenere presenti le condizioni climatiche e di localizzazione, per evitare, ad esempio, che in inverno il
passaggio di mezzi sgombraneve porti alla loro rimozione con conseguenti oneri per il ripristino, oppure che il loro sormonto
da parte delle ruote dei veicoli in transito possa generare pericolose vibrazioni nelle zone circostanti ed eventualmente
danneggiare edifici o gli stessi veicoli.
I chiodi o le calotte (art. 154 reg.) possono essere impiegati solo con il significato di linea continua, e non sono consentite
altre utilizzazioni.
I dispositivi integrativi di segnaletica orizzontale (art. 153 reg.), molto utili in zone singolari o soggette a nebbie
frequenti, devono essere dello stesso colore della segnaletica che rafforzano. I cordoli prefabbricati che delimitano le corsie
riservate agli autobus o le piste ciclabili (art. 178 reg.) devono essere installati con continuità, alla stessa maniera della linea
gialla continua che sostituiscono, e devono essere mantenuti in opera in modo che siano sempre visibili, ad evitare incidenti
da parte di utenti distratti. Allo stesso modo, altri tipi di cordoli od isole di traffico devono essere resi particolarmente visibili,
specie nelle testate.
I dissuasori di sosta (art. 180 reg.) devono essere autorizzati ed installati in modo che ne sia sempre garantita la visibilità
anche in condizioni notturne, adottando profili, colorazioni e modalità di impiego che li rendano particolarmente visibili.
Una attenzione particolare meritano i dossi di rallentamento della velocità (art. 179 reg.). Poiché è frequente un loro
utilizzo indiscriminato (mentre il regolamento ne prevede l'impiego in casi particolari e con modalità di segnalamento molto
precise), occorre che l’ordinanza che ne dispone l'impiego sia opportunamente motivata, e che si tenga conto degli
inconvenienti innanzi esposti per la loro localizzazione.
E' indispensabile il presegnalamento dei dossi stessi con colori, forme e dimensioni conformi a quanto previsto nel
regolamento.
I dossi prefabbricati devono essere approvati; quelli eventualmente collocati su itinerari di attraversamento dei centri
abitati, lungo le strade più frequentemente percorse dai veicoli di soccorso, di polizia o di emergenza, o lungo le linee di
trasporto pubblico, devono essere rimossi.
Si rammenta che il loro permanere in opera, in caso di incidenti riconducibili alla loro collocazione, può dar luogo
a responsabilità in capo a chi ne ha disposto la collocazione o a chi non ne ha disposto la rimozione.
5.7 Segnaletica temporanea
Tra gli impieghi di segnaletica non regolare, un particolare accento deve essere posto su quella temporanea ed in
particolare su quella impiegata nei cantieri stradali. Ciò in quanto si assiste normalmente, specie sulla viabilità ordinaria o nei
centri abitati, ad una scarsa attenzione sia dell'Ente proprietario che dell'esecutore materiale dei lavori, circa l'impiego di
materiali idonei allo scopo.
La presenza di un cantiere sulla strada costituisce un'anomalia al normale svolgersi della circolazione; di qui la necessità
di far sì che gli utenti della strada abbiano tempestivamente e con chiarezza le necessarie informazioni sul come
comportarsi.
Paradossalmente, ad una situazione che richiede il massimo di informazioni, corrispondono normalmente i segnali
meno efficienti in termini di qualità e di collocazione. Vengono troppo spesso impiegati segnali usurati, deformati e
collocati in modo da risultare scarsamente visibili. Tale fenomeno risulta ancora più aggravato di notte o in condizioni di
scarsa visibilità, anche perché i dispositivi luminosi impiegati per migliorare la visibilità sono sovente scadenti e non sono tra
quelli approvati da questo Ministero a norma dell'art. 36 del Regolamento.
La segnaletica orizzontale provvisoria prevista per i cantieri di lunga durata (più di 7 giorni lavorativi) è anch'essa
troppo spesso di qualità scadente e non in armonia con le disposizioni dell'art. 35 del Regolamento. Di rado infatti vengono
utilizzati prodotti rimovibili che evitano la confusione che può nascere quando il cantiere viene rimosso e restano visibili
tracce di segnali orizzontali temporanei unitamente a quelli permanenti. A volte, di contro, si assiste al tracciamento di
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segnaletica orizzontale temporanea anche quando questa non è necessaria, non essendo quella permanente
presente in contrasto con il regime provvisorio di circolazione.
La scarsa cura per questo tipo di segnaletica si manifesta anche quando si osserva la presenza, in zona di cantiere, di
segnali permanenti e provvisori in contrasto fra loro, con ovvia confusione dell’utente della strada. In altre circostanze, poi si
è avuto modo di constatare che permangono i segnali provvisori anche una volta cessate le cause che ne hanno giustificato
la messa in opera.
Ovviare alle carenze richiamate nei precedenti paragrafi e nel presente non comporta grandi sforzi, nè grandi spese,
essendo sufficiente una comune diligenza del personale preposto, sia dell'Ente proprietario della strada che degli
organi di polizia stradale, oltre che degli esecutori dei lavori. Per contro si ottiene certamente una maggiore sicurezza e
non si incorre nelle responsabilità in caso di incidenti le cui cause potrebbero essere attribuite alle carenze
sinteticamente descritte.
§6. PIANO DI ADEGUAMENTO DELLA SEGNALETICA
E PROGETTI DI SEGNALAMENTO
6.1 Necessità dell'adeguamento
I segnali devono essere percepiti tempestivamente, letti correttamente, in modo inequivocabile ed in tempo utile perché
l'efficienza e la sicurezza della circolazione dipendono anche dalla qualità delle informazioni che sono trasmesse all'utente
della strada.
L'utente deve infatti poter disporre di tutti gli elementi necessari per operare le sue scelte dipendenti dal messaggio
ricevuto dalla segnaletica. Per conseguire questo risultato occorre studiare attentamente ogni segnale in relazione alla sua
collocazione affinché il messaggio trasmesso sia facilmente comprensibile evitando, soprattutto per i segnali di indicazione,
la tendenza ad installare segnali di dimensioni minime standardizzate che, tuttavia, potrebbero risultare utili in peculiari
condizioni ambientali.
Si richiama la particolare attenzione degli Enti proprietari in genere ed in particolare dei Comuni sulla necessità di adottare
un tempestivo piano di adeguamento, non essendo tollerabili le inadempienze richiamate nel precedente capitolo 5. In difetto
di tale adempimento ed in caso di grave pericolo per la sicurezza, potranno ricorrere le condizioni per l'esercizio del potere
sostitutivo previsto all'articolo 5, comma 2, del Codice.
6.2 Necessità ed opportunità dei progetti di segnalamento
Per conseguire l'obiettivo di una corretta utilizzazione dei segnali stradali, il progetto di segnalamento è
strumento indispensabile per organizzare nel modo più congruo e razionale le informazioni utili e necessarie a
garantire la sicurezza nella guida (art. 77, comma 2, reg.).
Dal parco segnaletico esistente si evidenzia invece che il segnalamento stradale, sia in campo urbano che extraurbano,
non è espressione di uno specifico progetto, ma rappresenta piuttosto il risultato di interventi saltuari e spesso disomogenei
tra di loro.
Per evitare che siffatti eventi si ripetano nel futuro, è necessario predisporre progetti organici di segnalamento
stradale (art. 77 reg.), affidati a tecnici specializzati, dei propri uffici tecnici del traffico o esterni, idonei a valutare le
diverse soluzioni possibili, scegliendo quelle tecnicamente ed economicamente più valide.
In proposito occorre aggiungere che l'opera di questi tecnici specializzati appare tanto più necessaria in quanto il
traffico, a seconda che si svolga su strade urbane od extraurbane, presenta caratteristiche ed esigenze diverse che,
per essere soddisfatte, richiedono una differente impostazione dei relativi piani o progetti di segnalamento con l'adozione di
criteri diversi in ordine alla posa in opera dei segnali.
Il progetto di segnalamento, essendo riferito nella quasi totalità dei casi ad opere pubbliche, deve essere in armonia anche
con le norme vigenti in materia di progettazione ed esecuzione. Si richiama in particolare l'aspetto procedurale nelle sue
varie fasi, fino alla migliore definizione esecutiva dell'intervento.
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In ogni caso è necessario che sia assicurata la maggiore uniformità possibile nei criteri di scelta dei segnali e della loro
installazione.
Qualunque problema possa sorgere nella fabbricazione dei segnali e qualunque perplessità si manifesti nella svariata
casistica della scelta del segnale appropriato ad ogni situazione, potranno essere risolti nel quadro della indispensabile
uniformità sul piano nazionale.
Ove dovessero sorgere perplessità sulla corretta fabbricazione e impiego, gli interessati potranno comunque prospettare
il caso all'Ispettorato generale per la circolazione e sicurezza stradale, cui è demandato il controllo ispettivo sull'intera
segnaletica stradale anche attraverso i competenti uffici periferici presso i Provveditorati regionali alle OO.PP. .
§7. CONTROLLO DELL'EFFICIENZA E MANUTENZIONE
DELLA SEGNALETICA
7.1 Controllo dell'efficienza della segnaletica
Il controllo tecnico della segnaletica previsto dagli artt. 37 e 38 del Codice consiste nella delicata e costante azione che
l'ente deve assicurare per mantenere a livello ottimale le condizioni di manutenzione e di efficienza della segnaletica
stradale nella sua più ampia accezione: verticale, orizzontale, luminosa e complementare.
All'Ente proprietario, in forza delle richiamate norme del Codice e delle considerazioni che precedono, spetta:
a) la ricognizione di tutta la segnaletica esistente e del suo stato di manutenzione e di efficienza;
b) la verifica delle condizioni di impiego dei segnali stradali in opera e riscontro della loro durata ai fini della «vita utile»;
c) il riscontro sull'opportunità di eliminare segnali non congruenti, non necessari o non più rispondenti alle
situazioni e condizioni della strada;
d) la verifica della segnaletica in opera in rapporto alla disciplina prevista dai relativi provvedimenti
amministrativi;
e) il riesame e lo studio della effettiva esigenza di segnaletica per le specifiche situazioni di circolazione;
f) la verifica periodica di valutazione della rispondenza della segnaletica di indicazione alle esigenze del traffico e alle
necessità dell'utenza;
g) la progettazione, per aree omogenee, di sistemi di segnalamento appropriati, conformi alla normativa vigente e
soprattutto di miglioramento dell'arredo della strada nell'interesse generale dell'utenza e della sicurezza stradale.
7.2 Obbligo della manutenzione della segnaletica stradale
La manutenzione della segnaletica stradale è un compito specifico dell'Ente proprietario e di estrema importanza al fine di
garantire la sicurezza e la fluidità di circolazione.
Premesso che l'attività manutentoria va considerata nella sua comune distinzione di ordinaria e straordinaria, in questa
sede occorre soffermarsi sulla manutenzione ordinaria, intesa come l'insieme di tutti quegli interventi che non modificano il
progetto originario.
Tale manutenzione implica la cura costante di tutti gli elementi di segnalamento che costituiscono la dotazione di arredo,
che riguarda sia la segnaletica verticale, sia quella orizzontale e, necessariamente, tutta l'altra complementare nonché gli
impianti di semafori o di segnali luminosi.
E' indispensabile che gli Enti proprietari delle strade porgano la massima cura nell'assicurare una continua e accurata
«assistenza» al cospicuo patrimonio di arredo stradale, che richiede, come qualunque installazione, una adeguata
manutenzione (anche per conseguire utili economie di gestione) e la verifica periodica delle condizioni di efficacia.
Sono tuttora visibili segnali stradali di vecchio tipo, usurati, scoloriti o difformi da quelli previsti dalle norme, che non sono
stati rimossi neppure in occasione della posa in opera di nuovi segnali, mentre la manutenzione della segnaletica verticale
costituisce un impegno di per sé periodico dovuto alla vita utile dei segnali.
L'azione di degrado degli agenti atmosferici, l'usura prodotta dal traffico, i danni conseguenti ad atti vandalici o
ad urti sulle superfici utili, che pongono a nudo il sottostante supporto, sono deficienze che possono essere
adeguatamente eliminate con una costante opera di controllo e di manutenzione.
Non sembra inutile ribadire, al riguardo, quanto previsto all'art. 82, comma 2 del Regolamento, in merito alla necessità
che i sostegni dei segnali siano dotati, nel caso di sezione circolare, di dispositivo inamovibile antirotazione del
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segnale rispetto al sostegno e del sostegno rispetto al terreno. Ciò, al fine di contrastare la diffusa e deleteria pratica,
specie in ambito urbano, della rotazione del segnale a causa di azioni vandaliche.
Alla diligenza con la quale gli Enti proprietari delle strade devono provvedere alla posa in opera della segnaletica, deve
corrispondere identica cura del patrimonio segnaletico per mantenerlo sempre in piena efficienza.
Particolare attenzione dovrà essere posta affinché i segnali siano sempre visibili, ad esempio recidendo i rami e gli arbusti
che determinano una pericolosa azione schermante. Tale circostanza va controllata sul posto, a partire dalla distanza utile
dalla quale il segnale deve essere avvistabile.
Particolarmente soggetta all'usura è la segnaletica orizzontale per la quale più frequente dovrà risultare l'opera di
rifacimento per assicurarne sempre la piena visibilità.
La frequenza dei rifacimenti dipende dal tipo della pavimentazione, dalla composizione e dalle modalità di applicazione dei
materiali, nonché dalle condizioni climatiche e dall'intensità del traffico.
Particolare cura deve essere posta al ripristino delle linee discontinue in modo che i nuovi segmenti coincidano il più
esattamente possibile con quelli preesistenti, cosicché i segni appaiano chiari e nitidi, senza possibilità di ridotta od erronea
percezione. Un attraversamento pedonale eccessivamente degradato può risultare invisibile al conducente di un veicolo,
mettendo così a repentaglio l'incolumità dei pedoni che lo impegnano con illusoria sicurezza.
§8. REPERIMENTO DEI FONDI NECESSARI PER LA GESTIONE
DELLA SEGNALETICA
8.1 Adempimenti amministrativi per la destinazione dei proventi delle
sanzioni pecuniarie
Sulla base dei criteri fissati dall'articolo 208, commi 2 e 4 dei Codice, gli Enti proprietari di strade, quali le Province e i
Comuni, sono tenuti a determinare annualmente con delibera della giunta le quote dei proventi delle sanzioni
amministrative pecuniarie da destinare al miglioramento della circolazione sulle strade, al potenziamento e alla
manutenzione della segnaletica stradale.
In tal modo almeno in parte possono essere reperiti i fondi necessari per curare adeguatamente il mantenimento della
segnaletica stradale. Tuttavia, ove non sia sufficiente tale reperimento di fondi per le esigenze della rete stradale dell'Ente,
sussiste comunque l'onere di copertura di tali spese mediante le previsioni ordinarie di bilancio.
Va ricordato altresì che l'art. 393 del regolamento fa obbligo agli Enti locali di istituire un apposito capitolo di
bilancio, di entrata e di uscita.
Per le somme introitate e per le spese effettuate ogni anno dovrà essere fornito rendiconto finale al Ministero dei lavori
pubblici da parte degli Enti locali che hanno tale obbligo.
Al riguardo, poiché la quasi totalità delle province e dei comuni è inadempiente per quanto attiene alle comunicazioni
dovute al Ministero dei lavori pubblici ai sensi del comma 4 dell'art. 208 del Codice e del comma 2 dell'art. 393 del
Regolamento, tale inadempimento, se sintomatico della carenza del prescritto rendiconto, è suscettibile di apposite sanzioni
e, se del caso, di denuncia di eventuale danno all'Erario.
8.2 Copertura finanziaria delle spese per la segnaletica. Impiego irregolare
dei proventi delle sanzioni pecuniarie
Il finanziamento delle opere relative al segnalamento stradale fa parte delle scelte di politica finanziaria che ogni
amministrazione proprietaria di strade determina per assicurare il mantenimento ed il potenziamento della strada nel suo
complesso.
Normalmente sono comprese le opere sussidiarie relative alle pertinenze, all'arredo ed ai servizi. Spetta quindi agli uffici
preposti alla viabilità o al traffico prevedere annualmente, nelle previsioni di bilancio, o nel Piano Economico di
Gestione, le necessarie risorse per far fronte all'ordinaria e straordinaria manutenzione dell'arredo stradale e della
segnaletica stradale in particolare. Queste spese non possono, ad avviso di questo Dicastero, non considerarsi tra quelle
PRIMARIE per il funzionamento dei servizi essenziali trattandosi di finalità di ordine generale che investe l’aspetto più
delicato della sicurezza pubblica in generale e della mobilità stradale in particolare.
Poiché è accertato che circa il 70% degli INCIDENTI STRADALI AVVENGONO LUNGO LE STRADE URBANE, deve
ritenersi impegno prioritario dei Comuni il finanziamento necessario per far fronte alle esigenze in argomento per ottenere un
efficace abbattimento dell'alto tasso di sinistrosità che si registra annualmente.
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Pertanto, si richiama l’attenzione in particolare dei più grandi Comuni, sulla tassatività della destinazione dei proventi delle
sanzioni pecuniarie, opportunamente riconosciute a loro favore, per far fronte a tutte le spese dirette alla manutenzione, al
rinnovo dell'arredo e al mantenimento in condizioni ottimali di sicurezza della strada e delle sue pertinenze.
E' noto, peraltro, il non infrequente fenomeno di Enti locali, i quali, basando probabilmente le loro scelte su un non corretto
esercizio della propria autonomia finanziaria, ritengono di gestire le somme introitate a norma dell'art. 208, comma 1, del
Codice, devolvendole a finalità e scopi diversi da quelli indicati nel successivo comma 4, cioè «al miglioramento della
circolazione sulle strade, al potenziamento e miglioramento della segnaletica stradale..... ».
Si richiama, al riguardo, la particolare cura degli amministratori circa il corretto uso dei predetti fondi, allo scopo, tra l'altro,
di non incorrere nelle conseguenti responsabilità.
§9. CONSIDERAZIONE FINALE
Vale ricordare a tutti gli Enti proprietari che destinare risorse finanziarie in questo settore è fondamentale per raggiungere,
seppure in via indiretta un generale risparmio in costi sociali che il Paese sopporta a causa della sinistrosità stradale.
Gli oltre 6.500 morti annuali ed i circa 4 milioni di incidenti registrati dalle varie compagnie assicuratrici determinano effetti
economici di altissimo peso per la comunità nazionale, per cui deve essere impegno di tutti i soggetti coinvolti adoperarsi per
limitarne l'entità e le conseguenze.
Occorre essere consapevoli che l'impegno non solo dello Stato ma anche di tutti gli Enti competenti in questa opera
identifica e testimonia il grado di civiltà della Nazione.
24 OTTOBRE 2000
IL MINISTRO: NESI
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seconda direttiva sulla corretta ed uniforme
applicazione delle norme del codice della strada
in materia di segnaletica e criteri per l’installazione e la manutenzione.
ministero delle infrastrutture e dei trasporti - 2006
Dopo la direttiva del 2000, il Ministero, a distanza di cinque anni, ha rilevato che “… le aspettative riposte nella attuazione della
direttiva sono in larga parte andate deluse perchè gli attesi miglioramenti, salvo sporadici episodi, non sono avvenuti”.
Quindi il Ministero, confermando quando espresso nella precedente direttiva, ha riaffermato altri concetti e prescrizioni in merito alla
installazione e manutenzione della segnaletica stradale a norma del codice della strada.
In particolare la direttiva dedica ampia ai “limiti di velocità localizzati”.
N.B. Questa Direttiva non è stata pubblicata dalla Gazzetta Ufficiale. Il testo è stato approvato dalla Conferenza delle Regioni e
Province Autonome e dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri il 20/04/2006, è firmata dal Ministro Lunardi, ma non pubblicata sulla
Gazzetta Ufficiale. a seguito delle dimissioni del governo.
Il successivo Ministro non firmò la presente direttiva.
(nota: grassetto, maiuscolo, evidenziazioni a cura degli autori)
SOMMARIO
PREMESSA
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
LIMITI DI VELOCITA’ LOCALIZZATI
2.1. Scelta dei limiti di velocita’ localizzati
2.2. Limiti di velocita’ nei centri abitati
2.3. Limiti di velocita’ temporanei presso cantieri stradali o deviazioni
2.4. Revisione dei limiti di velocita’ esistenti
2.5. Segnalamento dei limiti di velocita’ localizzati
2.6. Modalita’ tecniche per stabilire limiti di velocita’ localizzati
2.7. Controllo delle limitazioni di velocita’
ORDINANZA SUL RETRO DEI SEGNALI
BILINGUISMO – DIALETTO
ATTRAVERSAMENTI PEDONALI COLORATI O RIALZAMENTI
SEGNALI TURISTICI E DI TERRITORIO E SEGNALI CHE FORNISCONO INDICAZIONI DI
SERVIZI UTILI
CIRCOLAZIONE E SOSTA DI AUTOCARAVAN
ALTRE QUESTIONI:
8.1. Dissuasori di sosta e di transito
8.2. Viabilita’ ciclabile
8.3. Segnalamento delle rotatorie
8.4. Delimitazione aree carico e scarico
8.5. Catene da neve e pneumatici da neve
8.6. Divieto di sosta e divieto di fermata
8.7. Segnaletica orizzontale gialla
8.8. Semafori “intelligenti”
8.9. Ulteriori raccomandazioni
CONCLUSIONI
Il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti
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VISTO il Decreto Legislativo 30 aprile 1992, n. 285, Nuovo Codice della Strada, e successive modificazioni;
VISTO il Decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495, Regolamento di esecuzione e di attuazione del Nuovo
Codice della Strada, e successive modificazioni;
VISTI gli artt. 5, 6, 7 e 35 del citato Decreto Legislativo 30 aprile 1992, n. 285;
VISTA la Direttiva 24 ottobre 2000 sulla corretta ed uniforme applicazione delle norme del Codice della Strada in materia di segnaletica
e criteri per l’installazione e la manutenzione;
VISTO il Decreto Legislativo 15 gennaio 2002, n. 9, Disposizioni integrative e correttive del Nuovo Codice della Strada, a norma
dell’art. 1, comma 1, della Legge 22 marzo 2001, n. 85;
VISTO il Decreto Legge 20 GIUGNO 2002, n. 121, convertito, con modificazioni, in Legge 1° agosto 2002, n. 168, disposizioni urgenti
per garantire la sicurezza nella circolazione stradale;
VISTO il Decreto Legge 27 giugno 2003, n. 151, convertito, con modificazioni, in Legge 1° agosto 2003, n. 214, modifiche ed
integrazioni al Codice della Strada;
VISTO il Decreto Ministeriale 19 maggio 2004, n. 1905, con il quale è stato istituito un gruppo di lavoro incaricato di analizzare la
situazione normativa ed attuativa delle disposizioni in materia di segnaletica stradale
al fine di ottimizzare l’uso della segnaletica;
CONSIDERATO che il sistema segnaletico presente sulle strade italiane non sempre risponde ai criteri di efficienza ed uniformità
richiesti dal Codice della Strada e necessari per la sicurezza della circolazione stradale;
SENTITO il parere della quinta sezione del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici espresso con voto n. reso nell’adunanza del ;
VISTO il parere della conferenza Unificata espresso nella seduta del; emana la direttiva
sulla corretta ed uniforme applicazione delle norme del Codice della Strada in materia di segnaletica e criteri per la sua installazione e
manutenzione.
1. PREMESSA
Con direttiva 24 ottobre 2000 dell’allora Ministero dei Lavori Pubblici sono state emanate istruzioni, essenzialmente
destinate agli Enti proprietari, gestori o concessionari di strade, nel seguito denominati Enti proprietari, sulla corretta ed
uniforme applicazione delle norme del Codice della strada e del relativo Regolamento di esecuzione e di attuazione in
materia di segnaletica stradale e sui criteri per l’installazione e manutenzione della stessa, finalizzata alla migliore disciplina
della circolazione.
La direttiva prendeva le mosse essenzialmente dalla necessità di rispondere a numerose richieste di chiarimenti
sull’argomento, dalla constatazione che il panorama segnaletico sulle strade italiane risultava non soddisfacente ed
adeguato alla crescente complessità della circolazione, e dalla ulteriore constatazione che una quota parte non trascurabile
di incidenti deriva da carenze più o meno gravi nel campo della segnaletica.
Si deve purtroppo registrare, a distanza di oltre cinque anni, che le aspettative riposte nella attuazione della direttiva
sono in larga parte andate deluse perchè gli attesi miglioramenti, salvo sporadici episodi, non sono avvenuti.
Nello stesso periodo intanto sono intervenute modifiche normative che offrono lo spunto per ulteriori chiarimenti ed
esplicazioni per le stesse finalità.
Con la presente direttiva si intende confermare quanto già espresso con la precedente del 24 ottobre 2000 ed
ampliare alcune riflessioni anche alla luce delle intervenute innovazioni, non ultima la sentenza n. 428, del 16-29 dicembre
2004, della Corte Costituzionale, che ha confermato che la DISCIPLINA della CIRCOLAZIONE STRADALE È
ATTRIBUITA alla COMPETENZA ESCLUSIVA dello STATO.
2. LIMITI DI VELOCITÀ LOCALIZZATI
Il vigente Codice della strada all’art. 142, comma 1, prescrive: “Ai fini della sicurezza della circolazione e della tutela della vita umana la
velocità massima non può superare i 130 Km/h per le autostrade, i 110 Km/h per le strade extraurbane principali, i 90 Km/h per le strade
extraurbane secondarie e per le strade extraurbane locali, ed i 50 Km/h per le strade nei centri abitati, con la possibilità di elevare tale
limite fino ad un massimo di 70 Km/h per le strade urbane le cui caratteristiche costruttive e funzionali lo consentano, previa installazione
degli appositi segnali. Sulle autostrade a tre corsie più corsia di emergenza per ogni senso di marcia, gli enti proprietari o concessionari
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possono elevare il limite massimo di velocità fino a 150 Km/h sulla base delle caratteristiche progettuali ed effettive del tracciato, previa
installazione degli appositi segnali, semprechè lo consentano l’intensità del traffico, le condizioni atmosferiche prevalenti ed i dati di
incidentalità dell’ultimo quinquennio.
In caso di precipitazioni atmosferiche di qualsiasi natura, la velocità massima non può superare i 110 Km/h per le autostrade ed i 90
Km/h per le strade extraurbane principali”.
Il successivo comma 2 prevede poi che: “Entro i limiti massimi suddetti, gli enti proprietari della strada possono fissare, provvedendo
anche alla relativa segnalazione, limiti di velocità minimi e limiti di velocità massimi, diversi da quelli fissati al comma 1, in determinate
strade e tratti di strada quando l’applicazione al caso concreto dei criteri indicati nel comma 1 renda opportuna la determinazione di limiti
diversi, seguendo le direttive che saranno impartite dal Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti. Gli enti proprietari della strada
hanno l’obbligo di adeguare tempestivamente i limiti di velocità al venir meno delle cause che hanno indotto a disporre limiti
particolari. Il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti può modificare i provvedimenti presi dagli enti proprietari della strada, quando
siano contrari alle proprie direttive e comunque contrastanti con i criteri di cui al comma 1. Lo stesso Ministro può anche disporre
l’imposizione di limiti, ove non vi abbia provveduto l’ente proprietario; in caso di mancato adempimento il Ministro delle Infrastrutture e dei
Trasporti può procedere direttamente alla esecuzione delle opere necessarie, con diritto di rivalsa nei confronti dell’ente proprietario”.
In ottemperanza al mandato conferito dal richiamato comma 2 questo Ministero ha emanato la direttiva 30 marzo 2004, sulle modalità
di applicazione dei limiti massimi di velocità sulle autostrade a tre corsie per senso di marcia più corsia di emergenza fino ad un massimo
di 150 Km/h.
Con il presente provvedimento vengono ora emanate le direttive sulle modalità di applicazione dei limiti di velocità localizzati anche
sulle altre strade, sia in ambito urbano che extraurbano.
2.1. Scelta dei limiti di velocità localizzati.
Con circolari n. 8700 del 1964, n. 4250 del 3 novembre 1973 e n. 1200 del 14 novembre 1979 il Ministero dei Lavori Pubblici (ora
Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti) aveva già preso in esame il problema dei limiti di velocità che vengono localmente imposti
sulle strade italiane osservando che:
-molti Enti proprietari, gestori o concessionari di strade, pongono in essere limitazioni di velocità localizzate, in punti o tronchi
determinati, fissando valori irrazionali o quanto meno ricavati in modo empirico;
-altri enti stradali omettono di fissare limitazioni di velocità localizzate laddove condizioni prevalenti del traffico o la conformazione dei
luoghi suggerirebbero, al contrario, prudenziali misure limitative nell’interesse della sicurezza di tutte le categorie di utenti.
Con la emanazione del D.L.vo n. 9/2002 e d.l. n. 151/2003, convertito in legge n. 214/2003, è stata introdotta in Italia la “patente a
punti” in aggiunta alle sanzioni pecuniarie ed alle sanzioni amministrative accessorie previste per le infrazioni più gravi, tra cui quelle
relative al mancato rispetto dei limiti massimi di velocità; ciò rende ancor più necessario che gli eventuali limiti più restrittivi di quelli
generali previsti dal Codice vengano stabiliti a ragion veduta e previa applicazione di una metodologia tecnica condivisa ed uniforme per
tutto il territorio Nazionale.
Non è inutile in questa sede richiamare il fatto che il “limite massimo di velocità” indica la velocità massima in Km/h alla quale i veicoli
possono procedere sul tratto di strada interessato dal segnale, ferme restando le norme di comportamento di cui all’art. 142 del Codice o
degli eventuali limiti inferiori imposti a determinate categorie di veicoli.
Rimangono peraltro valide le norme dell’art. 141 del Codice in ordine all’obbligo per i conducenti di adeguare la velocità per specifiche
circostanze, a prescindere dal limite massimo imposto o generalizzato.
Pertanto la necessità di imporre una limitazione deve scaturire da effettive e reali necessità, altrimenti il divieto è vissuto dagli
utenti della strada come una inutile vessazione e con il sospetto, non sempre infondato, che la finalità dello stesso non sia di
natura tecnica e per il miglioramento della sicurezza, quanto dettato da un sotteso desiderio di un ricavo economico per effetto
del rilevamento di numerose infrazioni.
Limitazioni non supportate da effettiva necessità sottraggono anche dignità e validità al divieto imposto, e riducono la fiducia
degli utenti della strada nei confronti degli enti gestori della stessa, visti come soggetti che sfuggono alle loro responsabilità
scaricando sempre e comunque l’onere della sicurezza solo sull’utente.
Peraltro l’esperienza insegna che l’imposizione di limiti massimi di velocità più bassi del normale non sempre sono associati ad una
maggiore sicurezza, anzi, sono sistematicamente disattesi, dando luogo alla diseducativa sottovalutazione della segnaletica prescrittiva
e, spesso, alla irrogazione di sanzioni che non hanno reale fondamento.
Numerosissime sono in proposito le rimostranze di utenti che lamentano l’esistenza di troppi tratti di strada a velocità ingiustificata, e
un uso disinvolto di segnali di limite massimo di velocità non supportati da alcuna motivazione, con il risultato che il valore del limite
massimo imposto diventa un mero riferimento rispetto alla entità della violazione che un utente si può permettere in funzione della sua
disponibilità economica.
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I limiti di velocità che si possono imporre in corrispondenza di punti singolari delle strade, quali ad esempio: tratti tortuosi, zone
industriali con uscite frequenti da stabilimenti, luoghi frequentati da bambini o persone anziane, tronchi suburbani interessati
da intensa circolazione di biciclette e ciclomotori, punti stradali in genere che nascondano insidie non facilmente rilevabili a
colpo d’occhio, ecc., devono essere il risultato dell’armonizzazione di due esigenze, ambedue importanti: la SICUREZZA e la
FLUIDITA’ del traffico.
Nelle precedenti circolari, in maniera semplice e chiara, sono state spiegate le operazioni tecniche pratiche che si devono
effettuare per determinare il valore ottimale del limite da imporre localmente, ed esposte le varie operazioni preliminari per
l’applicazione della metodologia. Nella presente direttiva vengono ora aggiornate e riproposte tali disposizioni ad uso dei tecnici preposti
all’esercizio delle strade e delle autostrade.
2.2. Limiti di velocità nei centri abitati
L’art. 142, comma 1, del vigente Codice della strada stabilisce che nei centri abitati non si può superare la velocità di 50 Km/h, salva la
facoltà del Comune, ai sensi dell’art. 7 del Codice stesso, di elevare tale limite fino ad un massimo di 70 Km/h per le strade urbane le cui
caratteristiche costruttive e funzionali lo consentano, previa installazione degli appositi segnali. Analoga facoltà è concessa ai Comuni di
ridurre il limite di 50 Km/h dal comma 2 dell’art. 142.
Tali limiti, in definitiva possono essere inferiori o superiori al limite generale di 50 Km/h.
E’ necessario, tuttavia, che esistano particolari condizioni per procedere alla imposizione di limiti diversi.
Le principali condizioni per abbassare il limite di 50 Km/h sono le seguenti:
•
assenza di marciapiedi e movimento pedonale intenso;
•
anomali restringimenti delle sezioni stradali;
•
pendenze elevate;
•
andamenti planimetrici tortuosi tipici dei nuclei storici e dei vecchi centri abitati;
•
frequenza di ingressi ed uscite carrabili e non da fabbriche, stabilimenti, asili, scuole, campi sportivi, parchi e simili;
•
pavimentazioni sdrucciolevoli o curve in vario modo pericolose (specie durante la cattiva stagione);
•
presenza temporanea di deviazioni e cantieri stradali;
•
combinazione di due o più delle condizioni suddette.
Salvo casi specifici eccezionali, riduzioni del limite massimo di velocità al disotto dei 30 Km/h appaiono francamente eccessive.
Le principali condizioni per elevare il limite di velocità di 50 Km/h fino al massimo di 70 Km/h, sono le seguenti:
•
presenza di strade di rapido transito dotate di elevate caratteristiche;
•
assenza di intersezioni e di attraversamenti pedonali non protetti;
•
impianto di semafori coordinati ad onda verde;
•
traffico selezionato di veicoli a motore;
•
strade con caratteristiche di strade urbane di scorrimento;
•
combinazione di due o più delle condizioni giustificative suddette.
Più in generale per la valutazione delle caratteristiche costruttive e funzionali occorre riferirsi al D.M. 5.11.2001 – Norme funzionali e
geometriche per la costruzione delle strade -.
In entrambi i casi dovrà essere applicata la metodologia di studio più avanti descritta, per definire il corretto valore della limitazione
della velocità proposta.
Il Comune dovrà legittimare il nuovo limite con apposita ordinanza collocando i prescritti segnali stradali, con le avvertenze precisate
nel paragrafo “Segnalamento dei limiti di velocità localizzati”.
I SIIT (Servizi Integrati Infrastrutture e Trasporti), organi decentrati di questo Ministero, potranno effettuare controlli di merito per
accertare la razionalità del provvedimento adottato e richiederne l’eventuale modifica nell’ambito delle direttive emanate.
Gli organi di Polizia Stradale debbono ricordare, tuttavia , che i limiti di velocità rappresentano sempre una limitazione in condizioni
ottimali e che quindi è sempre possibile reprimere comportamenti pericolosi, in rapporto a situazioni contingenti, in base all’art. 141 del
vigente Codice della strada, senza che l’Amministrazione comunale ecceda nel deliberare limiti locali di velocità permanenti
eccessivamente bassi.
2.3. Limiti di velocità temporanei presso cantieri stradali o deviazioni.
In corrispondenza di anomalie stradali a carattere contingente come:
•
-lavori sulla carreggiata,
•
-cantieri stradali,
•
-restringimenti della larghezza utile della strada,
•
-chiusura parziale o totale di corsie, anche per effetto di eventi climatici o calamitosi,
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•
-deviazioni o diversioni,
•
-incidenti stradali, ecc…,
esistenti su strade extraurbane, la limitazione ragionevole di velocità da imporre non dovrebbe scendere al di sotto di 40 Km/h.
E’ evidente che se il tratto di strada interessato è di elevate caratteristiche la riduzione di velocità deve avvenire scalando la velocità in
coerenza con le indicazioni già descritte nel D.M. 10 luglio 2002, disciplinare tecnico relativo agli schemi segnaletici, differenziati per
categoria di strada, da adottare per il segnalamento temporaneo, capitolo 4.
Se l’anomalia stradale a carattere temporaneo è sita su strade urbane, la decisione circa l’opportunità di abbassare o meno il limite
massimo generalizzato di velocità di 50 Km/h dipenderà anche dal grado di riduzione della facilità di transito o dagli eventuali pericoli
connessi, con l’avvertenza comunque di non scendere mai al disotto di 30 Km/h, limite già ragionevolmente sufficiente nella quasi
totalità dei casi.
In casi eccezionali, quali transito su strutture pericolanti o attraverso passaggi singolarmente difficili è opportuno ricorrere alla
regolazione del traffico mediante “movieri”, piuttosto che alla posa di segnali di limitazione a 20 o 10 Km/h, di nessuna efficacia pratica e
tecnicamente non controllabili. E’ necessario in tali casi che il personale sia appositamente qualificato e faccia uso delle palette di
segnalazione o delle bandiere di colore arancio fluorescente come prescritto dall’art. 42 del Regolamento di esecuzione.
Nei lavori stradali e nelle deviazioni su strade urbane è, tuttavia, normalmente sufficiente non ricorrere a particolari limitazioni inferiori a
quella generale di 50 Km/h, affidando invece la comprensione e l’indicazione delle anomalie ad un corretto e deciso segnalamento a
mezzo di segnali di DIREZIONE O PASSAGGI OBBLIGATORI O CONSENTITI opportunamente disposti.
Si coglie l’occasione per rammentare che nel segnalamento temporaneo non è il numero di segnali impiegati a garantire le
migliori condizioni di sicurezza e di comprensione della regolamentazione della circolazione, quanto piuttosto il corretto
impiego dei dispositivi e segnali necessari, come ampiamente illustrato nel richiamato D.M. 10 luglio 2002.
2.4. Revisione di limiti di velocità esistenti
Tenute presenti le disposizioni del citato art. 142 del vigente Codice della strada, il quale prevede che il Ministro delle Infrastrutture e
dei Trasporti può “modificare i provvedimenti presi dagli enti proprietari della strada, quando siano contrari alle proprie direttive... ”, con la
presente si invitano detti enti ad operare una revisione dei provvedimenti già adottati per limitare localmente la velocità in corrispondenza
di anomalie o punti critici stradali.
La revisione dei provvedimenti adottati per limitare localmente la velocità massima può avvenire anche per autonoma periodica
iniziativa degli enti proprietari delle strade se variano le condizioni, la composizione o la intensità del traffico, ovvero su istanza degli
organi di polizia stradale o degli enti concedenti per le strade in concessione.
Tale revisione dovrà essere condotta sia attraverso l’analisi tecnica degli incidenti eventualmente occorsi nel tratto interessato, sia
confrontando il limite esistente con il risultato della applicazione della suggerita metodologia tecnica esposta più avanti.
2.5. Segnalamento dei limiti di velocità localizzati
Si rammenta che i limiti massimi generali di velocità sulle strade e autostrade devono essere segnalati ai posti di frontiera, alle uscite
dai porti ed aeroporti ed ai terminali dei servizi “auto su treno” e “auto al seguito”, secondo le norme dell’art. 135, comma 27, del
Regolamento di esecuzione.
Si rammenta, inoltre , che il limite generale di velocità di 50 Km/h nei centri abitati non deve essere collocato, perché ricompreso nel
segnale di “Inizio del centro abitato”, installato lungo tutte le strade di accesso, ai sensi dell’art. 131, comma 11, del Regolamento di
esecuzione.
Occorre invece regolarmente segnalare mediante gli appositi segnali di cui alla fig. II.50 del vigente Regolamento di esecuzione i limiti
di velocità disposti:
1. sulle strade extraurbane, ed autostrade, in corrispondenza dei punti e tratti localmente limitati;
2. sulle strade urbane, nei punti o tratti dove esista un limite diverso (inferiore o superiore) da quello generale di 50 Km/h.
Nel porre in opera il segnalamento suddetto, subordinatamente all’osservanza delle direttive di questo Ministero ed alla emanazione
della specifica ordinanza, occorre anche tenere presenti le avvertenze seguenti:
1. la limitazione imposta non deve comportare manovre brusche, pertanto se la riduzione rispetto al limite massimo di velocità
generale vigente sulla strada è superiore a 30 Km/h occorrerà, prima del tratto interessato alla riduzione, collocare limiti di velocità
intermedi con decrementi non superiori ai 30 Km/h;
2. se la strada presenta un traffico caratterizzato da una incidenza di veicoli per trasporto di cose od autobus superiori al 15%
il segnale di limitazione va ripetuto anche a sinistra;
3. sulle carreggiate a senso unico con più corsie per senso di marcia il segnale va sempre ripetuto anche a sinistra;
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4. nei tratti a velocità localmente limitata, sia temporaneamente che permanentemente, i segnali di limitazione devono essere
sistematicamente ripetuti con conveniente frequenza, a seconda delle circostanze locali;
5. dopo ogni intersezione, sita nel tronco a velocità limitata, occorre ripetere il segnale di limitazione;
6. alla fine del tratto a velocità limitata, sulle strade extraurbane, è necessario porre il segnale FINE LIMITAZIONE DI
VELOCITA’ (fig. II.71) ovvero il segnale di VIA LIBERA (fig.II.70) se non permangono altre prescrizioni;
7. alla fine del tratto a velocità diversificata sulle strade urbane (limite inferiore o superiore ai 50 Km/h) non si dovranno disporre i
segnali di cui al precedente punto 5, ma il segnale di limitazione indicante il nuovo limite e cioè il ripristino dei 50 Km/h;
8. nei tratti di strada ove avvengano variazioni successive del valore del limite localizzato di velocità, non si dovrà porre il segnale di
FINE e poi il segnale col nuovo valore, ma semplicemente quest’ultimo segnale indicante il nuovo limite di velocità;
9. tutti i segnali impiegati dovranno essere conformi alle norme regolamentari per caratteristiche di rifrangenza per la necessaria
visibilità notturna;
10. il diametro normale dei suddetti segnali è di cm 60. Sulle autostrade, tuttavia, oppure su carreggiate a due o più corsie per
ogni senso, dovrà farsi ricorso a segnali da 90 cm di diametro che corrispondono al formato grande previsto dall’art. 80 del Regolamento
di esecuzione.
2.6. Modalità tecniche per stabilire limiti di velocità localizzati
La velocità tenuta da un generico conducente, per quanto variabili possano essere i singoli comportamenti, è in genere il risultato della
esigenza di mantenere il tempo di viaggio entro certi valori in relazione alle caratteristiche geometriche della strada e della entità del
traffico. Il normale conducente cioè attua un regime di velocità che rappresenti un ragionevole compromesso tra la velocità desiderata e
la sicurezza, anche perché la velocità desiderata non sempre può essere attuata dal momento che l’ambiente esterno impone
necessariamente condizionamenti che portano a variare la velocità.
E’ facile affermare che la velocità desiderata è quella che può essere attuata nelle più favorevoli condizioni di ambiente, di geometria
della strada e di traffico; associabile meglio ad una strada a carreggiate separate, mentre su altri tipi di strade devono considerarsi
necessariamente velocità inferiori, in conseguenza del condizionamento del diverso sistema di circolazione.
Ogni utente della strada dunque avrà una sua velocità desiderata e, per tale motivo, la stessa può essere trattata come una variabile
aleatoria. Studi eseguiti in varie epoche consentono di asserire che questa variabile è approssimata abbastanza bene dalla distribuzione
di Gauss, e che la media delle velocità desiderate non è costante, ma ha subito consistenti aumenti nel tempo, di talché non è improprio
affermare che anche per i limiti di velocità è opportuna una verifica e loro revisione periodica, come già accennato nel paragrafo 2.4.
Per fissare su basi tecniche i limiti massimi di velocità localizzati sono stati proposti diversi metodi:
• Criterio dei limiti ottimali (minimizzazione dei costi sociali di trasporto -di difficile quantificazione)
• Sistemi esperti (simulazioni di traffico a computer – fornisce valori raccomandati per determinate zone)
• Limiti qualitativi (velocità adeguate alle situazioni)
• Limiti variabili (sistemi intelligenti di trasporto – interazione e comunicazione fra infrastrutture e conducenti, es. ricevitori, pannelli a
messaggio variabile).
Tutti questi metodi presentano ovviamente pregi e limiti e non sempre sono idonei in linea generale per le varie circostanze.
A volte occorre un notevole investimento, anche in risorse umane, per la gestione di un sistema con molte variabilità, oltre ai limiti di
natura giuridica, che lo rende disponibile solo su una viabilità di grande importanza e rilievo, che però rappresenta una frazione limitata
dell’intero parco viario. Per le più usuali e diffuse necessità una metodologia tecnica internazionalmente accettata è quella di adottare
come limite massimo di velocità localizzato il valore corrispondente al cosiddetto “85° percentile”.
E’ una procedura già ampiamente sperimentata con successo che mantiene ancora una sua validità, è di facile applicazione e di
modestissimo impegno, ed è alla portata di qualsiasi tecnico che si occupi di gestione di strade.
Durante alcuni giorni, scelti in modo da rispecchiare le diverse condizioni di traffico, dovranno essere effettuati, sull’itinerario preso in
considerazione, magari in più sezioni, rilevamenti delle velocità istantanee dei veicoli circolanti sulla strada ove non siano ancora stati
imposti limiti di velocità, o siano stati occultati i segnali del limite esistente.
Nulla vieta di eseguire i rilevamenti anche in presenza di segnali di limite massimo di velocità operativi, notoriamente sistematicamente
disattesi, se ritenuto pericoloso il loro occultamento.
La “velocità istantanea” è misurata dal rapporto tra la lunghezza di un breve spazio e il tempo impiegato dal veicolo a percorrere tale
spazio.
Per effettuare le misurazioni è necessario impiegare, sotto il diretto controllo dell’ente proprietario della strada, strumenti di misura
approvati da questo Ministero, che ne ha accerto la affidabilità.
I dati sperimentali delle velocità istantanee, ottenuti durante un rilevamento orario, vengono trascritti in appositi moduli,
precedentemente preparati (tabella A), con classi di velocità variabili, ad esempio, di 5 in 5 Km/h, segnando con una crocetta i veicoli in
transito nelle rispettive classi di velocità (per un veicolo che transita a 72 Km/h, si segnerà una crocetta nella classe 70 – 75 Km/h).
Saranno ovviamente ammissibili anche registrazioni automatiche purché ne sia dimostrata l’efficienza.
Sommando il valore di tutte le velocità rilevate e dividendo tale somma per il numero dei veicoli considerati, si ottiene il valore della
“velocità media”.
In pratica, tuttavia, tale valore non è di grande utilità, perché non fornisce alcuna utile indicazione sulla ampiezza del campo di
variazione delle velocità e nemmeno sul numero dei veicoli cui si riferisce.
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Quella che occorre invece, determinare, ai nostri fini, è la velocità relativa all’85° percentile.
A tale scopo si riportano, nella colonna 3 della tab. B, i valori delle frequenze di classe rilevati (ossia i totali della tab. A) e si calcolano,
mediante proporzioni riferite al numero totale di veicoli considerati, i valori delle frequenze percentuali che si trascrivono nella colonna 4.
Con i dati della colonna 4 si calcolano, infine, i valori delle frequenze cumulate percentuali, che si riportano nella colonna 5 della tabella
B.
Si passa, quindi, a disegnare la curva di distribuzione cumulata delle frequenze (tab. C), avente in ascissa le velocità in Km/h ed in
ordinata i valori delle frequenze percentuali cumulate dei veicoli che non superano le velocità indicate in ascissa.
Questo diagramma, chiamato anche “curva dei desideri”, consente di conoscere con immediatezza quale percentuale di utenti,
lasciati alla propria libera volontà, procede ad una determinata velocità, ossia fornisce le percentuali di utenti che viaggiano al di sopra e
al di sotto di determinate velocità.
Come già anticipato, secondo un criterio sancito da una lunga pratica e largamente condiviso si ritiene opportuno fissare in
corrispondenza dell’85° percentile, ricavato da quest’ultima curva, il valore della velocità da imporre come eventuale limite massimo, in
quanto l’esperienza ha dimostrato che questa è la percentuale dei buoni conducenti che mantengono una velocità ragionevole, adatta al
tipo di strada verificata e alle condizioni medie del traffico che la percorre. Ci si può anche attendere un regime di velocità più uniforme
che in genere ha come conseguenza una riduzione di incidentalità.
In altri termini, adottando tale criterio, il provvedimento di limitazione di velocità sarà naturalmente accettato dall’ 85% degli
utenti, e scontenterà solo quel 15% che desidera andare più velocemente, tenendo un comportamento imprudente che è bene
sia represso.
In effetti poi questa ultima percentuale è ancora più bassa, tenuto conto delle modalità di rilevamento dell’eccesso di velocità, per
effetto della tolleranza a favore del trasgressore prevista dalle norme in vigore.
Nel caso in cui le curve di distribuzione cumulata ricavate in rilevamenti diversi effettuati in una stessa sezione fornissero valori diversi
dell’85° percentile, dovrà assumersi come limite massimo di velocità il valore più alto registrato, ovviamente arrotondato alla decina più
prossima.
Per quanto riguarda, poi, il numero delle stazioni di rilevamento, allorché il tronco stradale risulta di notevole lunghezza, sarà
opportuno suddividerlo in tratte aventi caratteristiche di omogeneità riguardo alla geometria plano-altimetrica, alle condizioni ambientali e
del traffico, ecc. In tale caso potranno anche ottenersi valori diversi dei limiti di velocità da imporre su tratte di ragionevole lunghezza
(zonizzazione della velocità).
Ove, infatti, lo scarto fra i valori registrati fosse notevole, potrà risultare opportuno anche suddividere l’itinerario in tratte di uniforme
velocità, disponendo cioè dei limiti di velocità differenti, debitamente
segnalati, evitando tratti a velocità diversa molto brevi che comporterebbero continui adattamenti.
E’ opportuno ricordare che, unitamente al limite massimo di velocità, anche l’imposizione di un LIMITE MINIMO, ove possibile, può
costituire un valido mezzo per eliminare le punte troppo basse, che contribuiscono alla formazione di ristagni e rallentamenti nella
circolazione e inducono a pericolosi sorpassi.
Tuttavia si deve rilevare che al diffuso ed auspicabile impiego di tali “limiti minimi” si oppone, nella maggioranza dei casi, la grande
eterogeneità del nostro parco circolante.
Inoltre, sulle strade in cui sono presenti veicoli commerciali più lenti, basta la presenza di una pendenza anche di modesto valore per
smorzare sensibilmente la velocità dei “treni”, a causa del loro troppo basso rapporto “potenza motrice/peso trainato”.
2.7. Controllo delle limitazioni di velocità
Le limitazioni della velocità, sia quelle massime generali, sia quelle localizzate, sono efficaci solo se rispettate.
Il rispetto delle disposizioni si ottiene generalmente mediante un continuo, sistematico e severo controllo del traffico.
Solo così si può sperare di aumentare le condizioni di sicurezza della circolazione e diminuire gli incidenti, od almeno la loro gravità.
Anche se la velocità non è sempre di per se causa diretta di incidenti, essa ne aggrava in ogni caso le conseguenze e gli effetti,
qualunque ne sia l’origine.
L’efficacia delle leggi sulla velocità dipende, in ultima analisi, oltre che dalla razionalità della loro applicazione, soprattutto dal modo col
quale vengono fatte rispettare.
Se, pertanto, si desidera raggiungere veramente lo scopo di ridurre gli incidenti è indispensabile che gli organi di Polizia Stradale
siano adeguatamente istruiti e dotati di apparecchi di misura della velocità.
E’ anche indispensabile che gli stessi operino con continuità e sistematicità per realizzare controlli in punti vari delle reti stradali,
attuando una strategia di presenze variabili come posizione, ma costanti nel tempo.
In tal senso si rammentano taluni criteri essenziali:
• nei centri abitati condurre periodici controlli delle velocità soprattutto nelle ore serali e lungo le grandi strade a traffico veloce della
periferia;
• addestrare pattuglie che si specializzino nell’uso delle idonee apparecchiature per ottenere un servizio ed un rendimento migliore;
• utilizzare mezzi tecnici e dispositivi approvati da questo Ministero;
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• stabilire programmi periodici di controllo della velocità, dando priorità ai controlli sulle strade particolarmente pericolose, in modo da
interessare tutti i quartieri nelle città e le strade extraurbane nelle zone di competenza.
E’ opportuno qui ribadire che i dispositivi e mezzi tecnici per il controllo dell’osservazione dei limiti di velocità possono essere impiegati
su qualunque tipo di strada, purché direttamente gestiti dagli organi di
polizia stradale. In questa modalità operativa non sussistono obblighi di informazione o di comunicazione agli utenti.
Per quanto riguarda l’installazione di apparecchiature finalizzate al rilevamento a distanza delle violazioni alle norme di
comportamento, tra cui quella dell’art. 142 del Codice della Strada, sussiste unicamente l’obbligo di darne informazione agli utenti, come
prescritto dall’art. 4, comma 1, del D.L. n. 121/2002, convertito con modificazioni nella Legge 168/2002.
Non va dimenticato che tale previsione è essenzialmente conseguenza delle esigenza, da parte degli organi di polizia stradale, di
perseguire alcune delle violazioni più gravi alle norme del Codice della strada commesse in luoghi in cui è molto difficile eseguire
l’accertamento o addirittura impossibile (gallerie, viadotti e ponti senza corsia di emergenza, strade percorse a velocità sostenuta).
Esse possono essere installate senza limitazioni su tutte le autostrade e strade extraurbane principali; l’installazione sulle strade
extraurbane secondarie e urbane di scorrimento, ovvero su singoli tratti di esse, è invece subordinata ad un apposito decreto prefettizio
di individuazione, emanato ai sensi del comma 2 del richiamato art.4. del D.L. n. 121/2002. Secondo il successivo comma 3, se vengono
utilizzati dispositivi che consentono l’accertamento dell’infrazione in modo automatico, senza la presenza degli organi di polizia stradale,
essi devono essere appositamente approvati a tal fine, a norma dell’art. 45, comma 6 del Codice, ferma restando la loro possibile
utilizzazione sugli stessi tipi di strade. L’impiego delle apparecchiature per il controllo a distanza è riservato ai soli organi di Polizia
Stradale di cui all’art. 12, comma 1, del Codice.
Le direttive per l’utilizzazione e installazione dei dispositivi per il rilevamento a distanza delle infrazioni sono state emanate dal
competente Ministero dell’Interno – Dipartimento della Pubblica Sicurezza – Direzione Centrale per la polizia stradale, ferroviaria, di
frontiera e postale, e Dipartimento per gli affari interni e territoriali, con prot. N.
300/A/1/54584/101/3/3/9 del 3 ottobre 2002
300/A/1/54585/101/3/3/9 del 3 ottobre 2002
300/A/1/41198/101/3/3/9 del 8 aprile 2003,
M/2413 – 12 del 26 gennaio 2005.
Questo Ministero condivide i contenuti delle richiamate direttive, e, per la parte che qui interessa, in particolare il punto 7 della prot.
300/A/1/54584/101/3/3/9 del 3 ottobre 2002, dove è chiarito che: “Il primo comma dell’articolo 4 del d.l. 121/2002 prescrive che
l’installazione o l’utilizzazione dei dispositivi o dei mezzi tecnici di controllo a distanza deve essere portata a conoscenza degli utenti della
strada".
La norma, utilizzando il termine “informazione” e non facendo alcun riferimento alla necessità di una specifica forma di segnalamento o
alla collocazione di un segnale stradale previsto dal Codice della Strada, ha inteso stabilire che l’avviso della presenza o dell’utilizzazione
dei dispositivi o dei mezzi tecnici può essere dato con qualsiasi strumento di comunicazione disponibile e cioè, a titolo esemplificativo,
attraverso pannelli a messaggio variabile, comunicati scritti o volantini consegnati all’utenza, annunci radiofonici o da parte dei massmedia, pubblicazione ordinanze prefettizie, ecc.
Tale obbligo non implica necessariamente l’apposizione di un apposito segnale stradale (che peraltro non può essere escluso a priori),
e si applica strettamente solo ai sistemi che realizzino il controllo a distanza, ovvero senza la presenza degli organi di polizia stradale, e
solo sulle strade o tratti di strade espressamente previste dal comma 1, dell’art. 4 del d.l. n. 121/2002.
In mancanza di altri strumenti di comunicazione nulla vieta che l’informazione possa essere fornita anche attraverso la collocazione di
idonei segnali stradali di indicazione, temporanei o permanenti, installati ad adeguata distanza dal luogo in cui viene utilizzato il
dispositivo di rilevamento, e in modo da garantirne l’avvistamento.
In tal caso, l’eventuale segnale può essere realizzato con un pannello rettangolare, di adeguate dimensioni, del colore di fondo proprio
del tipo di viabilità sulla quale viene installato (art. 78 comma 2 del Regolamento), che riporti, in coerenza con quanto previsto dall’art. 4,
comma 1,del D.L. n. 121/2002, le iscrizioni: -“Rilevamento a distanza delle violazioni” ovvero, per il caso specifico: “ Rilevamento a
distanza della velocità”, eventualmente integrato con il simbolo dell’organo di polizia che attua il controllo.
La distanza di installazione deve essere molto contenuta, in particolare è necessario che non vi siano tra il segnale e il luogo di
installazione delle apparecchiature di ripresa intersezioni stradali che possano far pretendere la ripetizione del messaggio dopo
l’intersezione.
Trattandosi di informazione puntuale e non di segnaletica prescrittiva non vi è necessità di alcuna ripetizione del segnale e tanto meno
l’indicazione della “fine”.
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Si coglie l’occasione per puntualizzare che la gestione delle apparecchiature, essendo ricompresa tra le attività di prevenzione e di
accertamento di cui all’art. 11, comma 1, lettera a), del Codice della strada, costituisce servizio di polizia stradale, e pertanto non può
essere delegata a terzi, pena la nullità giuridica degli accertamenti, e la censurabilità delle amministrazioni inadempienti.
Al contrario, le singole apparecchiature possono essere noleggiate con contratti che prevedano, altresì, gli interventi di manutenzione,
essendo sufficiente che le stesse siano nella disponibilità degli organi di polizia stradale, ai sensi dell’art. 201, comma 1-bis, lettera e), del
Codice della strada.
Sempre in merito ai controlli sui limiti di velocità si deve osservare infine che risultano installati su alcune strade pannelli luminosi che
segnalano la velocità tenuta dai veicoli che sopraggiungono. Pur ispirati dalle migliori intenzioni, tali dispositivi, soprattutto se non sono
seguiti da successivi rilievi e provvedimenti sanzionatori, possono risultare quasi una provocazione ed innescare pericolose competizioni
tra utenti della strada poco disciplinati. Per questi dispositivi non è mai stata rilasciata alcuna approvazione, che peraltro non è prevista
dalle norme in vigore, e quindi può anche dubitarsi della loro precisione ed attendibilità.
Per qualunque chiarimento tecnico e legale in merito alle limitazioni di velocità sulle strade, gli enti proprietari di strade possono
rivolgersi alla Direzione Generale per la motorizzazione di questo Ministero
Tabella A
TABELLA DI RILEVAMENTO ORARIO DEI VEICOLI RIPARTITI PER CLASSI DI VELOCITA’
Data
Località
Ora del rilevamento
Direzione di traffico
Categorie rilevate
Tempo
Strada
mezzo di rilevamento
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In questo modulo, corredato preventivamente dei dati che figurano in alto, vengono indicate le varie unità veicolari in
transito segnando una crocetta per ogni veicolo in corrispondenza della rispettiva classe di veicoli.
Tabella B
TABELLA DELLE FREQUENZE PERCENTUALI (f%)
E DELLE FREQUENZE CUMULATE PERCENTUALI (fc%)
I valori delle frequenze percentuali (col. 4) si ricavano con una proporzione.
Ad esempio:
per i 19 veicoli dalla classe 50 ÷ 55 Km/h, avremo: 19 : 193 = X : 100, da cui X = 9,9 .
I valori della frequenza cumulata percentuale, (col. 5) si ottengono dal corrispondente valore
della frequenza percentuale, cui vengono sommati tutti quelli che lo precedono nella colonna.
Esempio:
per V = 30 ÷ 35 Km/h, risulta: f c % = 4,1 + 2,6 + 1 = 7,7 .
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Tabella C
3. ORDINANZA SUL RETRO DEI SEGNALI
In conseguenza di alcuni pronunciamenti di giudici di pace, spesso contrastanti, ripresi anche da organi di stampa,
numerosi utenti della strada, organi di polizia stradale, ed enti proprietari di strade, hanno sollecitato un chiarimento da parte
di questo ministero sulla corretta interpretazione del comma 7 dell’art. 77 del Regolamento di esecuzione e di attuazione del
Codice della Strada.
Il comma in questione recita:
“Il retro dei segnali stradali deve essere di colore neutro opaco. Su esso devono essere chiaramente indicati l’ente o
l’amministrazione proprietari della strada, il marchio della ditta che ha fabbricato il segnale e l’anno di fabbricazione nonché il
numero dell’autorizzazione concessa dal Ministero dei lavori pubblici alla ditta medesima per la fabbricazione dei segnali
stradali. L’insieme delle predette annotazioni non può superare la superficie di 200 cm². Per i segnali di prescrizione, ad
eccezione di quelli utilizzati nei cantieri stradali, devono essere riportati, inoltre, gli estremi dell’ordinanza di apposizione”.
Si domanda, in sintesi, se la mancanza sul retro dei segnali degli elementi sopra riportati, ed in particolare gli estremi
dell’ordinanza nel caso dei segnali prescrittivi, rende inefficaci i segnali stessi.
Si coglie l’occasione per una più generale disamina del comma richiamato anche alla luce di disposizioni intervenute
successivamente alla sua pubblicazione.
La prima questione riguarda la colorazione del retro del segnale, che deve essere di colore neutro. La norma non fissa una
colorazione precisa, che può essere scelta dal produttore ovvero dall’ente proprietario della strada, purchè tale colorazione
non crei confusione con un qualsiasi segnale o altra forma di messaggio, e non crei abbagliamento. E’ noto infatti che se il
supporto è in alluminio o in acciaio inox o zincato, senza alcun ulteriore trattamento superficiale, lo stesso può riflettere la
luce del sole o di altra fonte luminosa che, per particolare orientamento e in determinate ore o circostanze, può risultare
abbagliante per gli utenti della strada, con ovvie conseguenze in termini di fastidio e di pericolosità.
Condizione essenziale dunque è che il retro del segnale non sia riflettente.
Altra questione concerne il numero della autorizzazione concessa dal Ministero alla ditta che fabbrica i segnali.
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In proposito occorre preliminarmente chiarire che l’art. 45 del Nuovo Codice della Strada prevedeva che la fabbricazione
dei segnali stradali fosse consentita solo alle imprese autorizzate dall’Ispettorato Generale per la Circolazione e la Sicurezza
Stradale del Ministero dei lavori pubblici, e gli artt. 193, 194 e 195 del Regolamento di esecuzione dello stesso Codice
dettagliavano le condizioni e i requisiti che dovevano essere posseduti dalle imprese autorizzate.
L’art. 102, comma 1, lettera c), del D. Lgs. 31.3.98 n. 112, ha soppresso la funzione amministrativa svolta dall’Ispettorato,
tesa al rilascio delle autorizzazioni alla costruzione di segnaletica stradale verticale. Per garantire comunque un livello
adeguato di qualità dei segnali l’allora Ministero dei lavori pubblici ha emanato la circolare n. 3652 del 17.06.98, in vigore dal
21.01.1999, con la quale è stato previsto che le imprese costruttrici di segnaletica stradale verticale devono
conseguire una certificazione di conformità del prodotto per poter fornire i segnali da loro fabbricati ai vari enti
proprietari di strade.
Con successiva circolare n. 1344 dell’11.03.99 è stata prorogata l’entrata in vigore all’1.05.99.
Pertanto sul retro di ogni segnale il produttore, in luogo del numero di autorizzazione alla fabbricazione previsto dal
comma 7, dell’art. 77 richiamato, nello stesso spazio di cm² 200, deve apporre il marchio dell’Organismo di certificazione ed
il relativo numero del certificato di conformità di prodotto rilasciato (punto 7 dello Schema per la certificazione di prodotti
relativi alla segnaletica stradale verticale, allegato
alla circolare n. 3652 del 17.06.98).
Si rammenta che nell’attuale assetto degli Organi dello Stato la materia di cui si sta trattando è di competenza della
Direzione Generale per la Motorizzazione del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.
Per quanto attiene invece agli estremi dell’ordinanza di apposizione dei segnali prescrittivi si rammenta che l’art. 5 del
Nuovo Codice della Strada attribuisce agli Enti proprietari di strade il compito di provvedere alla regolamentazione della
circolazione con ordinanze motivate e rese note al pubblico mediante i prescritti segnali.
Le ordinanze hanno essenzialmente lo scopo di legittimare la collocazione dei segnali e per FISSARE TERMINI di
DECORRENZA del provvedimento connesso, anche in funzione dell’art. 37 del citato Codice che, al comma 3, prevede il
ricorso contro i provvedimenti e le ordinanze che dispongono o autorizzano la collocazione di segnaletica entro un termine
che decorre proprio dallo stesso provvedimento.
L’utente della strada, ai sensi del comma 2 dell’art.38 del Nuovo Codice della Strada, è tenuto comunque al rispetto delle
prescrizioni imposte con la segnaletica presente su strada, ed è soggetto alle eventuali conseguenze sanzionatorie, dal
momento che i segnali, in quanto installati, esplicano comunque la loro funzione.
E’ del tutto inverosimile che un utente della strada possa immaginare di rispettare o meno una prescrizione solo in virtù
dell’adempimento formale costituito dal riportare sul retro del segnale di alcune indicazioni.
In ciò confortati anche dalla deroga per i segnali impiegati nei cantieri stradali, espressamente richiamata nel comma 7
dell’art. 77.
La mancata apposizione degli estremi dell’ordinanza, nella fattispecie in esame, non costituisce presupposto idoneo a
rendere la prescrizione inefficace.
Di converso, laddove il legislatore, dalla mancata apposizione sul segnale degli estremi autorizzativi, ne ha voluto far
discendere una vera e propria causa di inefficacia dello stesso, lo ha espressamente indicato, come per i segnali di cui
all’art. 120 del Regolamento di esecuzione e di attuazione che al comma 1, lettera e), per i segnali di passo carrabile
prevede: “…la mancata indicazione dell’ente e degli estremi dell’autorizzazione comporta l’inefficacia del divieto…”.
A sostegno di tale posizione si richiama anche la sentenza della Cassazione civile, Sezione III, n. 6474 del 18.05.2000.
L’utente della strada può invece correttamente pretendere di conoscere del contenuto della ordinanza rivolgendosi all’ente
proprietario della strada, così come può segnalare allo stesso ente le eventuali carenze circa gli elementi di cui si sta
trattando, al fine di una loro regolarizzazione.
Si richiama comunque l’attenzione degli enti proprietari delle strade, e dei costruttori di segnaletica stradale verticale, sul
puntuale e preciso adempimento previsto dall’art. 77, comma 7 del Regolamento, anche al fine di evitare un inutile
contenzioso.
Si richiama infine l’attenzione su un ulteriore chiarimento. Il comma 7 dell’art. 77 più volte richiamato stabilisce le
annotazioni da riportare sul retro dei segnali stradali, ma non ne precisa le modalità di iscrizione o applicazione. E’ di tutta
evidenza che la condizione da garantire è la inalterabilità delle iscrizioni sotto l’effetto degli agenti atmosferici e delle altre
sollecitazioni cui sono soggetti i supporti dei segnali.
Condizione che può essere agevolmente garantita attraverso serigrafia con inchiostri indelebili del tipo di quelli impiegati
per serigrafare la faccia utile del segnale, o con l’applicazione di inserti adesivi il cui collante sia compatibile col supporto e
non facilmente rimovibile senza strapparlo. Possono essere accettate anche iscrizioni manuali, chiaramente leggibili, purché
realizzate con inchiostri indelebili o altri sistemi parimenti efficaci.
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4. BILINGUISMO – DIALETTO
Anche sulla diffusione, in alcune parti del territorio nazionale, dell’uso di segnaletica stradale verticale di indicazione con
iscrizioni in più lingue od addirittura con iscrizioni in idiomi locali, sono pervenute numerose segnalazioni, soprattutto da
utenti della strada e tecnici del settore, che in alcuni casi lamentano la scarsa comprensione del messaggio riportato, ovvero
chiedono se tale pratica sia consentita.
Alcuni enti proprietari di strade che hanno installato segnali siffatti giustificano l’iniziativa con non ben identificate esigenze
di tutela di identità culturali locali. Orbene, è noto che la segnaletica stradale costituisce uno dei più efficaci sistemi attivi di
sicurezza stradale, e che per esplicare al meglio la propria funzione necessita di modalità di installazione, e
rappresentazione dei messaggi da trasmettere, inequivoche, in maniera da evitare qualsiasi incertezza o indecisione da
parte dell’utenza stradale. Inoltre, per evitare che gli stessi messaggi possano essere interpretati in maniera diversa, è
previsto dal vigente Codice della strada (art. 37, comma 6) che la “segnaletica stradale risponde a criteri di uniformità sul
territorio nazionale, fissati con decreto del Ministro dei Lavori Pubblici nel rispetto della normativa internazionale vigente”.
Il testo appena richiamato replica quanto riportato nella parte preliminare della convenzione mondiale sulla segnaletica
stradale, aperta alla firma a Vienna l’8 novembre 1968, come emendata il 30 novembre 1995, recepita anche dall’Italia con
la legge 5 luglio 1995, n. 308. Il preliminare così recita: “Le parti contraenti riconoscono che l’uniformità internazionale dei
segnali e simboli stradali e della segnaletica orizzontale è necessaria per facilitare la circolazione stradale internazionale e
per accrescere la sicurezza sulle strade”.
Lo scopo è evidente e le norme italiane sulla materia recepiscono la convenzione in maniera pressoché integrale. Per
rendere il panorama segnaletico il più comprensibile possibile per tutti si è privilegiata una rappresentazione per simboli ogni
volta che è stato possibile riducendo al minimo il ricorso alle iscrizioni. Ove queste sono necessarie, come per il caso della
segnaletica di indicazione nelle sue varie suddivisioni (art. 39, comma 1, lett. C) del Codice), è previsto l’impiego della lingua
nazionale, con la possibilità di una ulteriore lingua nelle aree geografiche bilingue (art. 125, commi 5 e 6 del Regolamento di
esecuzione del Codice della strada).
Anche in questo caso si è replicato quanto riportato dalla richiamata convenzione agli artt. 8 e 14 in relazione alle iscrizioni
sui segnali stradali.
In particolare il comma 5 dell’art. 8 così recita: “Le iscrizioni saranno apposte nella lingua nazionale, o in una o più lingue
nazionali, e, inoltre, se le parti contraenti lo ritengono utile in altre lingue, in particolare nelle lingue ufficiali delle Nazioni
Unite”. Il successivo art. 14 precisa poi che non sono consentite più di due lingue.
Appare evidente che la deroga alla iscrizione unica è solo a favore di lingue ufficiali, anche per facilitare una utenza
stradale di altre nazioni, e non per i dialetti, che sono sempre diversi a seconda della località.
Sull’argomento il Ministro dei Lavori Pubblici pro-tempore si è anche espresso formalmente con la Direttiva 24 ottobre
2000, paragrafo 5.3.2.
Il diniego all’uso dei dialetti sui segnali stradali è correlato a quanto precede e non vuole certo mortificare identità locali o
culturali. Sarebbe del tutto singolare la pretesa di tutelare un patrimonio culturale attraverso la violazione di norme. D’altra
parte una iscrizione in dialetto non esplica alcuna utilità nei confronti di una utenza stradale non del luogo, anzi può creare in
questa incertezza e difficoltà nel comprendere il messaggio, peraltro diverso magari lungo lo stesso percorso; e nel
contempo non risulta utile neppure per l’utenza del luogo, che avendo familiarità con lo stesso, non ha bisogno della
specifica informazione.
Unica eccezione al principio appena esposto è stata introdotta dall’art. 1, comma 2ter, del d.l. 27 giugno 2003, n. 151,
convertito in legge 1° agosto 2003, n. 214, che ha modificato l’art. 37 del Codice della strada prevedendo un comma 2 bis
che così recita: “Gli enti di cui al comma 1 possono utilizzare, nei segnali di localizzazione territoriale del confine del comune,
lingue regionali o idiomi locali presenti nella zona di riferimento, in aggiunta alla denominazione nella lingua italiana”.
Il segnale di localizzazione di che trattasi è del tutto facoltativo, può essere installato unicamente sul confine del territorio
comunale (non del centro abitato), ed è previsto dal terzo periodo del comma 4 dell’art. 134 del Regolamento di esecuzione
del Codice della strada come: “Segnale rettangolare a fondo marrone di dimensioni ridotte”.
Da tutto quanto precede risulta che è possibile riportare sui segnali sopra descritti anche le iscrizioni in dialetto, mentre
nessuna iscrizione dialettale può comparire sui segnali di “centro abitato” di cui all’art. 131 del richiamato Regolamento di
esecuzione del Codice della strada, o su altri segnali di indicazione.
Quanto sopra ovviamente non costituisce impedimento all’impiego del dialetto in altri tipi di messaggistica (pubblicitaria) o
in sedi appropriate (punti di informazione esterni alla carreggiata) in modo da non creare confusione con la segnaletica
stradale.
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5. ATTRAVERSAMENTI PEDONALI COLORATI O RIALZATI
Si è avuto modo di osservare negli ultimi anni il proliferare di alcune iniziative, pur ispirate dal desiderio di conseguire
migliori condizioni di sicurezza stradale, che non incontrano il consenso di questo Ministero perché a volte risultano invece
peggiorative, altre volte non adeguate allo scopo che si vogliono prefiggere, o addirittura in violazione di norme.
Si allude alla realizzazione di particolari colorazioni del fondo stradale (rosso, azzurro o verde) in corrispondenza degli
attraversamenti pedonali ed ai rialzi della piattaforma stradale in corrispondenza di attraversamenti pedonali o ciclabili o di
intersezioni.
In merito alla prima questione occorre premettere che non vi sono allo stato norme che impongono una particolare
colorazione del manto stradale, per quanto in Italia la quasi totalità delle strade destinate al transito di veicoli a motore hanno
pavimentazione in conglomerato bituminoso, come noto di colore particolarmente scuro, tendente al nero, e con
caratteristiche superficiali tali da garantire la migliore aderenza delle ruote dei veicoli.
Riguardando la questione sotto l’aspetto squisitamente strutturale, nulla vieta la realizzazione di un manto stradale di
colore diverso per evidenziare particolari tratti di strada od evidenziare una specifica destinazione della stessa o di corsie
riservate (ad es. intersezioni, aree pedonali, piste ciclabili, ecc…), se la colorazione è eseguita in pasta nel conglomerato, ed
è dimostrato che gli eventuali additivi non ne alterano le caratteristiche fisiche e meccaniche, ovvero si ottengano prestazioni
comunque paragonabili e durature nel tempo anche in relazione al colore.
Diverso è l’approccio se la colorazione del fondo stradale è localizzata in corrispondenza dell’attraversamento pedonale e
realizzata utilizzando vernici. In tal caso si rientra a tutti gli effetti nel campo della segnaletica stradale orizzontale e di
conseguenza tale pratica è vietata.
Risulterebbe infatti in contrasto con quanto previsto all’art. 137 comma 5 del Regolamento di esecuzione del Codice della
strada, che elenca i colori che si possono impiegare per il segnalamento orizzontale e ne specifica l’impiego.
Le colorazioni di che trattasi non sono previste, e neppure a livello internazionale si ritrovano indicazioni diverse. Anche la
più recente norma europea EN 1436, relativa alle prestazioni su strada della segnaletica orizzontale, non fa cenno a colori
diversi dal bianco e dal giallo.
Al di la della considerazione appena svolta, che di per se è già sufficiente a chiarire il motivo del diniego alla diffusione di
tale pratica, altre motivazioni di natura tecnica si possono formulare per dissuadere dal perseverare da parte di chi ha già
attuato provvedimenti similari:
• non è disponibile una documentazione che dimostri la efficienza di queste iniziative, né in termini di migliorata sicurezza,
né in termini di permanenza nel tempo di adeguate caratteristiche di aderenza del fondo stradale e del colore. Alcune
sperimentazioni a suo tempo autorizzate da questo ufficio hanno dato esito negativo e sono anche pervenute segnalazioni
che confermano i timori già espressi circa le prestazioni di tali soluzioni, specie nei confronti dei veicoli a due ruote;
• l’illusione che l’attraversamento pedonale così realizzato risulti meglio visibile è presto smentita dal tempo e dalla
immediata constatazione che utilizzando un qualsiasi colore di fondo diverso dal grigio scuro o dal nero del conglomerato
bituminoso si riduce il rapporto di contrasto tra i colori e si riduce quindi anche la visibilità dell’attraversamento. Cosa che
peggiora ulteriormente in condizioni di scarsa visibilità, notturne o sotto bagnato;
• gli attraversamenti pedonali non regolati da semaforo sono inoltre individuabili ed indicati con i prescritti segnali verticali
(art. 135, comma 3, del Regolamento e fig. II.303) per cui non si ravvisa la necessità di ulteriori accorgimenti.
Se proprio si vuole ottenere una migliore evidenza della zebratura meglio il ricorso a materiali più performanti (vedasi in
proposito le norme UNI-EN 1423, 1424, 1436, 1824, 1790, 12802), che richiedono anche una minore manutenzione,
piuttosto che modificare il colore del fondo che certamente comporta oneri manutentivi superiori oltre ai rischi già paventati, e
può comportare responsabilità per eventuali inconvenienti o danneggiamenti di veicoli o pedoni, che abbiano a verificarsi per
effetto di tali iniziative, a carico dell’ente proprietario della strada che le ha autorizzate.
Non è inutile ancora una volta rammentare che gli utenti della strada riconoscono e rispettano la segnaletica formalmente
prevista dal Codice della strada, che deve essere uniforme su tutto il territorio nazionale.
Per quanto attiene ai rialzamenti della piattaforma stradale, gli stessi sono in genere adottati dagli enti proprietari di strade
come dispositivi per rallentare la velocità. In questa utilizzazione possono essere trattati come segnali complementari ai
sensi dell’art. 42, comma 2 del Codice della strada, e quindi trovano spazio nel presente disciplinare.
Le opere in questione non devono essere confuse con i dossi di rallentamento della velocità ai sensi dell’art. 179 del
Regolamento di esecuzione e di attuazione perché la loro geometria è in genere diversa da quanto previsto nella norma
richiamata.
Le stesse opere si configurano quale modifica del profilo longitudinale delle strade interessate e per esse non ci si può
riferire strettamente a norme di segnaletica quanto a motivazioni tecniche, di opportunità o necessità che l’Ente proprietario
della strada può e deve valutare.
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Tali opere possono essere eseguite, utilizzando materiali idonei, e garantendo comunque la percorribilità. In tal caso l’Ente
proprietario si assume la responsabilità per eventuali inconvenienti o danneggiamenti di veicoli che abbiano a verificarsi per
effetto delle modifiche, nei confronti degli utenti che circolano nel rispetto delle prescrizioni presenti, che devono essere
coerenti con la geometria del rialzo.
La geometria deve garantire le necessarie minime condizioni di scavalcamento da parte delle normali autovetture, in
particolare quelle con carenatura bassa, per cui si consiglia di valutare attentamente l’altezza ovvero la lunghezza delle
rampe.
Si osserva che spesso i rialzi sono eseguiti come misure episodiche puntuali, senza uno studio accorto sulla loro
geometria, sui materiali con cui sono realizzati e soprattutto sul loro posizionamento.
Non è qui il caso di ripetere le argomentazioni svolte con la direttiva per la redazione, adozione ed attuazione dei piani
urbani di traffico, in data 12 aprile 1995, ma vale la pena di rammentare che in generale le misure di regolamentazione della
circolazione nei centri abitati sono ispirate al criterio della migliore fluidificazione del traffico, senza impedimenti, sulla
viabilità principale o di attraversamento, che interessa spostamenti su più lunghe distanze; ed a provvedimenti di gestione
della sosta e di tutela delle utenze deboli (bambini, anziani, invalidi, ciclisti, ecc…) nelle isole ambientali (punto 3.1.2 della
direttiva), dove gli spostamenti sono per lo più pedonali o comunque su più brevi distanze.
Di conseguenza non è opportuno, né consigliabile, realizzare rialzi nel primo caso. Il provvedimento potrebbe risultare
addirittura controproducente. Infatti, come già accennato al paragrafo 2.6, la velocità desiderata da un utente della strada è
quella che può essere attuata nelle più favorevoli condizioni di ambiente, di geometria della strada e di traffico, tesa a
minimizzare il tempo di viaggio. Intenzionalmente, o istintivamente, l’utente è portato a recuperare le eventuali perdite di
tempo incontrate lungo l’itinerario per cercare di contenere il tempo di spostamento e quindi ad ogni rallentamento,
comunque indotto, consegue di solito un aumento dell’andatura per recuperarlo, riducendo così il margine di sicurezza.
Non va trascurata anche l’eventualità che gli utenti della strada possono scegliere di conseguenza un diverso itinerario che
potrebbe spostare il problema che si intende risolvere su strade contigue.
Viceversa, nelle isole ambientali, le misure di mitigazione della velocità, tra cui anche i rialzi della piattaforma stradale,
sono meglio tollerate ed accettate, proprio in virtù di un minore condizionamento sulla condotta di guida data la diversa
natura dello spostamento, e spesso condivisa.
Va da se che devono ricorrere le condizioni per la realizzazione di tali misure. Vale a dire la effettiva necessità di tutelare
una utenza debole a fronte di accertati comportamenti pericolosi da parte dell’utenza motorizzata, o una storia pregressa di
incidentalità, unita ad una oggettiva difficoltà od impossibilità di conseguire migliore sicurezza con le consuete attività di
controllo e repressione delle violazioni.
Non devono essere trascurate opportune valutazioni tecnico-pratiche sui luoghi di impianto. E’ ovvio che il transito di un
veicolo su un rialzo della piattaforma stradale indurrà necessariamente sobbalzi con vibrazioni anche nell’ambiente
circostante; vibrazioni tanto più intense quanto maggiore è la massa dei veicoli ammessi a transitare. Se nelle immediate
vicinanze vi sono edifici occorre accertarsi che le vibrazioni non peggiorino la qualità della vita degli occupanti o addirittura
danneggino le strutture o tamponature, per non incorrere in richieste di risarcimento.
Allo stesso modo occorre preoccuparsi dello smaltimento delle acque di ristagno e, specie nelle località soggette a
frequente innevamento, istruire gli addetti alla rimozione della neve circa la presenza dei rialzi per non danneggiare le
macchine spazzaneve o distruggere gli stessi rialzi.
In ogni caso si suggerisce di non installare i manufatti di che trattasi in prossimità delle sedi di organi di Polizia o di
istituzioni che operano anche in condizioni di emergenza, o lungo i consueti percorsi dei veicoli di trasporto pubblico o di
emergenza al fine di non ostacolare o rallentare la loro attività.
Le considerazioni appena svolte sono ovviamente valide anche con riferimento ai dossi di rallentamento della velocità,
previsti dall’art. 179 del Regolamento di esecuzione, di cui si è fatto cenno nel paragrafo 5.6 della Direttiva 24 ottobre 2000.
6. SEGNALI TURISTICI E DI TERRITORIO E SEGNALI CHE FORNISCONO INDICAZIONI DI
SERVIZI UTILI
Si rileva frequentemente confusione tra gli addetti ai lavori e gli enti proprietari di strade sulla lettura e conseguente
applicazione delle norme che regolano la pubblicità sulle strade (artt. da 47 a 56 del Regolamento), e quelle che regolano i
segnali turistici e di territorio (art. 134 Regolamento), e i segnali che forniscono indicazioni di servizi utili (art. 136 del
Regolamento).
Spesso, infatti, tali segnali vengono confusi rispettivamente con le “preinsegne” o con i “cartelli” pubblicitari generando
quindi altrettanta confusione o distrazione nella utenza delle strade.
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Si ritiene qui utile rammentare che le differenze tra un segnale stradale e un cartello o altro mezzo pubblicitario sono
innumerevoli: di natura giuridica, di principio, tecnologiche, di rappresentazione e di collocazione.
L’aspetto giuridico è facilmente ricavabile dalla attenta lettura dell’art. 23 e degli artt. da 37 a 45 del Codice della strada.
In particolare al comma 1 dell’art. 23 è espresso, tra l’altro, il divieto di utilizzazione di pubblicità che:” per dimensioni,
forma, colori, disegno e ubicazione possa ingenerare confusione con la segnaletica stradale, ovvero possa renderne difficile
la comprensione o ridurne la visibilità o l’efficacia, ovvero arrecare disturbo visivo agli utenti della strada o distrarne
l’attenzione con conseguente pericolo per la sicurezza della circolazione”.
Essendo la segnaletica stradale puntualmente descritta e rappresentata nel Regolamento di esecuzione del Codice risulta
difficile confonderla con altre rappresentazioni, ovvero impiegarla per scopi diversi.
Infatti, al di là della rappresentazione del messaggio, elemento caratterizzante del segnale stradale in linea di principio è la
sua destinazione finale: il segnale stradale è destinato alla generalità degli utenti della strada e svolge una funzione di utilità
pubblica.
Il cartello o altro mezzo pubblicitario è destinato invece ad una fascia di utenti, in genere potenziali clienti, e svolge una
funzione di interesse privato.
Sotto il profilo tecnologico il segnale stradale deve essere realizzato con specifici materiali caratterizzati da prestazioni
predefinite soprattutto in termini di visibilità e leggibilità anche notturna, e può essere costruito solo da soggetti aventi
requisiti determinati e che operano in modo da poter certificare la conformità del prodotto; cosa che non è prevista per il
cartello o altro mezzo pubblicitario.
La rappresentazione di un segnale stradale è rigida e codificata perché deve garantire uniformità sull’intero territorio, la
pubblicità per sua natura è più varia e lasciata alla fantasia dei pubblicitari salvo le poche limitazioni poste dalle norme del
Regolamento già richiamate.
La collocazione di un segnale stradale obbedisce ad un sistema di regole dettate dal Regolamento, finalizzate
all’attuazione di un progetto di segnalamento che soddisfi le esigenze degli utenti della strada e che consenta la leggibilità
delle informazioni con chiarezza, tempestività e senza incertezze.
La pubblicità invece non sempre abbisogna di una collocazione prefissata, fatte salve ovviamente le distanze rispetto a
punti singolari della strada e alle altre installazioni di pubblicità e segnali stradali esistenti.
Ritornando alla questione specifica che qui ora interessa, si evidenzia che i segnali stradali di cui all’art. 134 e 136 del
Regolamento, ad eccezione di quelli che avviano ai posti di pronto soccorso, fanno carico ai soggetti interessati sia per
l’installazione che per la manutenzione, e sono comunque subordinati alla autorizzazione del comune o dell’ente proprietario
della strada, secondo l’ubicazione rispetto ai centri abitati (art. 134 Regolamento e art. 37 Codice).
Già con la direttiva 24.10.2000 (paragrafo 5.3.2) si è avuto modo di richiamare l’attenzione sull’argomento senza purtroppo
rilevare apprezzabili miglioramenti. Nel confermare quanto già espresso in quella sede si ribadisce che le indicazioni di cui
all’art. 134, ad eccezione di quelle alberghiere, possono essere collocate in posizione autonoma e singola solo sulle strade
che conducono direttamente al luogo segnalato, e solvo casi di impossibilità, a non più di 10 Km di distanza dal luogo. In
altre parole possono essere installate solo all’ultima intersezione utile entro un raggio di 10 Km, e, se non vi è una
intersezione entro tale raggio, sulla stessa strada alla distanza massima di 10 Km, senza alcuna ripetizione.
Per le indicazioni industriali, artigianali e commerciali (art. 134 comma 1, lettera b), sulle strade extraurbane, i segnali
d’avvio a singole aziende possono essere installati solo se non esiste una zona di concentrazione delle attività, e solo se le
aziende stesse costituiscono origine e destinazione di un consistente traffico veicolare. Per la distanza di installazione,
valgono le disposizioni sopra riportate.
Si ribadisce ancora una volta che dove esistono zone di attività è il segnale collettivo di “zona” che può essere impiegato,
mentre le singole attività possono essere indicate all’interno della zona.
Si evita così quell’indecente proliferare di indicazioni che invadono tante aree di intersezione sulla rete stradale, peraltro
difficilmente leggibili.
Per le indicazioni di servizi utili (art. 136, comma 1), i segnali possono invece essere installati nelle immediate vicinanze
del servizio segnalato; essi possono altresì essere integrati con pannelli riportanti la
distanza in metri, lasciando intendere che il segnale stesso deve essere realmente “prossimo”, e non a chilometri di
distanza, specie su viabilità ordinaria.
E’ altrettanto ovvio che lo stesso concetto può essere inteso in maniera più ampia, sempre contenuta, per installazioni in
autostrada o su strade extraurbane principali.
Le norme richiamate sono finalizzate a consentire alcune installazioni veramente utili, evitando il proliferare incontrollato di
segnali.
Si raccomanda pertanto una attenta e approfondita istruttoria da parte dell’ente che autorizza.
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Negli ultimi anni si è avuto modo inoltre di assistere, sulle strade italiane, ad un utilizzo disinvolto di “pre-insegne”
realizzate in tutto con una rappresentazione tipica dei segnali stradali di direzione con contenuto di pubblicità.
Esempio tipico è quello dell’impiego di frecce segnaletiche realizzate con dimensioni e raffigurazione come in tab. II.13/a o
II.13/b del Regolamento, che indirizzano verso singoli esercizi commerciali nei centri abitati (ristoranti, bar, negozi i più
disparati).
Allo stesso modo spesso si ritrovano installazioni di segnali stradali di servizi utili nei quali l’abbinamento con la eventuale
denominazione del servizio non avviene nel rispetto delle norme regolamentari (comma 1 art. 136 Regolamento). La sola
denominazione è consentita solo nello spazio
del segnale al di sotto del simbolo.
Vengono invece spesso realizzati abbinamenti con veri e propri cartelli pubblicitari, affiancati al segnale stradale, con
simboli, marchi od altre diciture, oltre alla denominazione del servizio, in difformità di quanto previsto dall’art. 77, comma 6
del Regolamento.
Per quanto detto in precedenza è evidente che tali pratiche sono vietate perché costituiscono un impiego irregolare di
segnaletica stradale per finalità di pubblicità che può essere sanata a norma dell’art. 45 del Codice o perseguita a norma
dell’art. 23 dello stesso Codice se non autorizzata.
L’eventuale regolarizzazione potrà essere consentita autorizzando, se ne ricorrono le condizioni, pre-insegne realizzate e
installate nel rispetto delle norme regolamentari (in particolare art. 49, comma 4, Regolamento), o segnali in tutto conformi al
dettato del richiamato articolo 136.
7. CIRCOLAZIONE E SOSTA DELLE AUTOCARAVAN
L’argomento è già stato trattato, sia pure sinteticamente nel punto 5.1 della direttiva 24 ottobre 2000, in relazione ai vizi più
ricorrenti dei provvedimenti che dispongono la collocazione di segnaletica stradale.
Anche in questo caso si è avuto modo di accertare, soprattutto attraverso numerose proteste avanzate da camperisti, che
proseguono attività di regolazione della circolazione, in particolare da parte dei comuni, che li vedono spesso danneggiati e a
volte discriminati quali utenti della strada.
Non è inutile, in proposito, ripercorrere le tappe che hanno portato alla attuale formulazione degli artt. 54, comma 1, lettera
m), 56, comma 2, lettera e) e art. 185 del Codice; e art. 378 del Regolamento, che trattano la materia.
Già con la Legge 336/91 (detta Legge Fausti) il legislatore era intervenuto, per evitare gli annosi contenziosi tra camperisti
e Pubblici Amministratori, con una ratio semplice e chiara; allo stesso tempo, tuttavia, la Legge 336/91 fu una legge
d’indirizzo, poiché non prevedeva sanzioni, sia per i Pubblici Amministratori, sia per quei campeggi ed aree attrezzate
riservate alla sosta e al parcheggio delle autocaravan, eventualmente inadempienti.
Con la Legge 336/91 il nostro Paese fu il primo in Europa a disciplinare la circolazione delle autocaravan (comunemente
definite camper), portatrice di una serie di innovazioni identificabili, almeno, nei seguenti punti fondamentali:
• la conferma che le autocaravan sono autoveicoli e sono parificati a tutti gli altri autoveicoli,
• la conseguente netta distinzione tra il “sostare” e il “campeggiare”,
• la previsione dell’allestimento di aree attrezzate riservate alla sosta e al parcheggio delle autocaravan al fine di poterle
utilmente inserire nei PRG nonché della realizzazione, presso tali aree, le strade, le autostrade e i campeggi, di impianti
igienico-sanitari atti ad accogliere i residui organici e le acque chiare e luride raccolti negli appositi impianti interni delle
autocaravan.
Un intervento, pertanto, complessivamente teso a promuovere e non ad impedire la circolazione alle autocaravan.
Il legislatore è successivamente intervenuto, sempre per evitare gli annosi contenziosi tra i possessori delle autocaravan e
Pubblici Amministratori, inserendo in toto i principi della Legge n. 336/91 nel nuovo Codice della Strada.
Secondo la chiara, univoca volontà di legge, ai sensi dell’art. 185, 1° comma del Codice della Strada: “i veicoli di cui all’art.
54, comma 1, lettera m), ai fini della circolazione stradale in genere e agli effetti dei
divieti e limitazioni previsti negli articoli 6 e 7, sono soggetti alla stessa disciplina prevista per gli altri veicoli”.
Analizzando in modo più dettagliato le ordinanze dei Pubblici Amministratori si ritrovano le più disparate motivazioni per
giustificare le limitazioni alla circolazione della categoria di autoveicoli in esame.
Talvolta, il comune vieta la sosta e la circolazione alle autocaravan attraverso un’ordinanza motivata dalla necessità di
salvaguardare l’ordine pubblico o la sicurezza pubblica.
Quando si parla di Ordine Pubblico si fa riferimento a quell’insieme di principi propri del nostro ordinamento giuridico la cui
tutela è necessaria per l’ordinato svolgimento della vita sociale. In proposito la Corte Costituzionale, con sentenza n. 9 del 19
giugno 1956, ha dato di questo concetto giuridico la seguente nozione: “Ordine Pubblico è la situazione in cui sia assicurato
a tutti il pacifico esercizio dei diritti di libertà e in cui il singolo possa svolgere la propria lecita attività senza essere minacciato
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da offese alla propria personalità fisica e morale: è l’ordinato vivere civile che è indubbiamente meta di uno stato libero e
democratico”.
Quando si parla di sicurezza pubblica, invece, si fa riferimento a un concetto più ristretto perché tale sicurezza è
assicurata quando risultano salvaguardate la incolumità e la integrità fisica, morale e patrimoniale dei cittadini.
Pare dunque alquanto inverosimile che il solo veicolo “autocaravan” possa rappresentare con la sua circolazione sul
territorio una turbativa all’ordine e alla sicurezza pubblica.
Pertanto, non conforme a legge, sotto il profilo della violazione di legge e dell'eccesso di potere, dovrebbe essere ritenuta
l'ordinanza che
interdica la circolazione o l'accesso alle autocaravan per asserite esigenze di “tutela dell'ordine, della sicurezza e della
quiete pubblica”.
In altri casi viene vietata la sosta e la circolazione alle autocaravan sulla base di un’ordinanza motivata dalla necessità di
salvaguardare l’immagine e, soprattutto, l’igiene e la sanità pubblica.
In occasione di alcuni di questi provvedimenti poi il comune fa presente che nella zona si trovano determinati campeggi,
evidenziando che le autocaravan, pur essendo autoveicoli dotati di servizi igienici tali da non incidere negativamente, in
alcuna misura, sulla igiene del territorio, dovrebbero recarsi obbligatoriamente nelle strutture private.
Il Pubblico Amministratore giustifica il proprio provvedimento sostenendo che il suo obiettivo è solo quello di frenare “...
abusi di carattere igienico-sanitario connessi allo scarico d'acque nere e bianche sulla pubblica via ...”.
Altra motivazione tipica è quella di “…. prevenire qualsivoglia pericolo di infezioni virali o di malattie infettive, la cui
insorgenza può verificarsi per l’incontrollato e disordinato deposito di liquami e materie
organiche oltre che dei rifiuti solidi ...”.
Ciò che si può tuttavia osservare, relativamente alle ordinanze contingibili e urgenti motivate sulla base dell’esigenza di
tutela dell’igiene pubblica, è che spesso questi provvedimenti, stante la genericità delle espressioni usate e l’assenza di
qualsivoglia altro elemento indicatore, limitano la circolazione delle autocaravan sulla base di motivi che non sono certo
riconducibili alle affermate esigenze di prevenzione degli inquinamenti.
D’altronde, le autocaravan, per il loro allestimento, sono proprio gli unici autoveicoli, in quanto hanno serbatoi di raccolta
delle acque inerenti cucina e bagno, che, sempre che naturalmente siano debitamente ed idoneamente attrezzate, non
possono mettere in pericolo l’igiene pubblica.
Inoltre, da un punto di vista logico-giuridico la motivazione adottata circa “lo scarico di residui organici e acque chiare e
luride”, non appare sufficiente a giustificare il provvedimento, in quanto l’eventuale violazione alle norme di tutela del
manufatto stradale di cui all’art. 15, comma 1, lett.
f) e g) del Codice della strada, deve essere sanzionata ai sensi del medesimo articolo, commi 2, 3 e 4.A tal riguardo,
anche il comma 6 del articolo 185 prevede la sanzione per la violazione prevista al comma 4 del medesimo articolo. “ è
vietato lo scarico dei residui organici e delle acque chiare e luride su strade ed aree pubbliche al di fuori di appositi impianti
di smaltimento igienicosanitari”.
Da quanto sopra si evince che i comuni sono in possesso degli strumenti sanzionatori per garantire il rispetto dell’igiene
pubblica, e quindi è ingiustificabile un provvedimento di limitazione in tal senso alle autocaravan.
A volte si invoca il divieto di campeggio per giustificare il divieto di sosta per le autocaravan.
Quando si utilizza il termine “campeggiare” si fa riferimento a una ben precisa condotta, ossia quella implicante lo
“stabilimento” dell’agente, e il mezzo di cui dispone, in un luogo, mediante collegamenti permanenti al suolo e necessità di
idonee infrastrutture per svolgere le consuetudini di vita. Inoltre, per le autocaravan vale quanto previsto all'art. 185 del CdS,
cioè si attiva il campeggiare allorché si occupi lo spazio esterno al veicolo.
Il sostare, dunque, implica il rispetto di quanto previsto dal suddetto articolo 185 del C.d.S., laddove si ribadisce che deve
avvenire “senza” occupare lo spazio esterno al veicolo. In caso contrario, se ciò avviene sulla pubblica via, tale condotta
deve essere sanzionata.
L’aprire le porte di un veicolo e discendere dallo stesso non è campeggiare mentre il lasciare aperte le porte e le finestre di
un autoveicolo, costituendo pericolo o intralcio per gli utenti della strada, non
attiva il campeggiare ma viola l’articolo 157 del Codice della Strada.
E’ indubbio che un comune possieda il diritto/dovere di intervenire per limitare, reprimere o regolamentare il campeggiare.
In tal caso le ordinanze, per essere legittime, devono essere emanate alla luce del primo comma dell'art. 185 del Codice
della Strada, il quale stabilisce che le autocaravan sono soggette alla disciplina prevista per gli altri veicoli, e del secondo
comma in base al quale “la sosta delle stesse, dove consentita, non costituisce campeggio, attendamento e simili se
l'autoveicolo non poggia sul suolo salvo che con le ruote …”.
Pertanto, nel caso di autocaravan che poggino sulla sede stradale con le proprie ruote, senza emettere deflussi propri, e
non occupino la sede stradale in misura eccedente il proprio ingombro, in assenza di motivazioni dettate da particolari
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esigenze di circolazione o da particolari caratteristiche strutturali della strada, il divieto di sosta per tale categoria di
autoveicoli appare illegittimo.
Altro caso tipico riguarda il comune che vieta l’accesso ad un parcheggio alle autocaravan, consentendolo invece alle
autovetture.
La motivazione di una simile ordinanza non potrà fondarsi certamente sulla presunta inadeguatezza degli stalli di sosta.
In questo caso appare opportuno riservare una parte dell’area di parcheggio alla sosta delle autocaravan, tracciando sul
suolo appositi stalli di sosta ed installando specifica segnaletica verticale.
Talvolta i comuni, allo scopo di impedire fisicamente la circolazione delle autocaravan, emanano ordinanze per far
installare all’ingresso di una strada o di un parcheggio una sbarra ad altezza ridotta dal suolo.
In tali casi, l’ installazione appare di dubbia legittimità, poiché:
• pare in contrasto con l’art. 118 del Regolamento d'Esecuzione del Codice della Strada, in quanto installato in assenza di
altezze inferiori nella strada e/o parcheggio che ne giustifichino tecnicamente l’installazione;
• potrebbe violare gli articoli 23 e 24 della Legge n. 104/1992 e quanto previsto nel D.P.R. n. 503 del 24 luglio 1996 poiché
limita la circolazione e/o la sosta a chi utilizza l’autocaravan quale ausilio protesico (sul punto, si fa notare che, in base alla
Sentenza n. 32773, depositata il 3 settembre 2001, della Terza Sessione Penale della Corte di Cassazione, il tenore letterale
del citato art. 24 della legge 104/92 non lascia dubbi sulla responsabilità penale di progettare e costruire con barriere che
impediscono l’accesso ai disabili);
• è suscettibile, oltre che di limitare la circolazione stradale, anche, eventualmente, di compromettere la sicurezza stradale
nonché di impedire o limitare la circolazione ai veicoli preposti agli interventi di emergenza quali ambulanze, veicoli dei Vigili
del Fuoco, veicoli della Protezione Civile, ecc….;
• potrebbe nascondere il reale intento di violare l’art. 185 del Codice della Strada, dal momento che impedisce alle
autocaravan di fruire degli stalli di sosta alla pari delle altre tipologie di veicoli.
Il dispositivo di che trattasi non può essere neppure considerato dissuasore di sosta come definito dall’art. 80 del
Regolamento di esecuzione, bensì dispositivo di sicurezza come previsto dalla circolare sulla segnaletica afferente i
passaggi a livello su linee elettrificate ed i cavalcavia ferroviari (n. 1357 del 07.05.1985).
Il dispositivo infatti ha una sua utilizzazione dove la presenza di ostacoli al di sopra della carreggiata rende necessario, in
posizione anticipata, impedire il transito (e non la sosta) per evitare che un veicolo alto resti incastrato o non possa
manovrare per tornare indietro. L’assenza di tale condizione preliminare rende difficile trovare argomentazioni che ne
giustifichino l’adozione come dissuasori di sosta.
In virtù dei casi sopra esposti si riscontrano evidenti cause di illegittimità presenti nei provvedimenti aventi per oggetto le
limitazioni alla circolazione e alla sosta delle autocaravan.
In particolar modo la violazione del criterio di imparzialità e disparità di trattamento, in quanto i provvedimenti limitativi, cosi
come predisposti, risultano in violazione del principio di uguaglianza costituzionalmente garantito, in violazione degli art.li 3 e
16 della Carta Costituzionale, e operano una discriminazione all’interno degli utenti della circolazione stradale.
Il provvedimento potrebbe essere ammesso, in astratto, soltanto per comprovate e motivate esigenze di circolazione
stradale, offrendo magari soluzioni alternative ragionevoli. Nella maggior parte dei casi si evidenzia una non congrua
valutazione della situazione di fatto facente capo ad una attività istruttoria mai effettuata, in alcuni casi sommaria e non
esauriente, ovvero effettuata in base a situazioni che prescindono l’interesse a garantire la sicurezza della circolazione
stradale.
In tal caso il provvedimento risulta contraddittorio ed inadeguato a realizzare le dichiarate finalità.
Allorquando il gestore della strada elude o pone delle motivazioni non certo idonee a giustificare e sorreggere le relative
prescrizioni, non si può che avere un’evidente difetto di istruttoria, tale da rendere illegittima la disposizione.
8. ALTRE QUESTIONI
Sono state poste alla attenzione di questo ministero numerose richieste di chiarimento o interpretazioni autentiche anche
su altre questioni inerenti la segnaletica stradale. Di quelle che appaiono di interesse più generale si ritiene utile, in questa
sede, riportare i pareri già espressi perché risultino di più ampia diffusione e per consentire un più uniforme orientamento
delle varie amministrazioni interesse.
8.1. Dissuasori di sosta e di transito.
La materia dei dissuasori di sosta è regolata dall’art. 180 del Regolamento di Esecuzione e di Attuazione del Nuovo
Codice della Strada.
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Qualora i manufatti vengano installati all’interno di zone riservate esclusivamente al transito pedonale, e pertanto già di per
se inibite al traffico veicolare, essi assumono la funzione di arredo urbano, e pertanto non necessitano di autorizzazione da
parte di questo Ministero, ricadendo essi nella competenza e responsabilità dell’ente proprietario della strada.
Al contrario, l’autorizzazione prevista dal comma 6, si rende necessaria qualora i manufatti vengano impiegati nella
funzione di dissuasore secondo il disposto di cui al citato art. 180 del Regolamento, e cioè:
• quale impedimento materiale alla sosta abusiva;
• quale delimitazione di zone pedonali, aree di parcheggio riservate, zone verdi, aiuole, e spazi riservati per altri
usi;
• quale reale impedimento al transito dei veicoli, sia come altezza sul piano viabile, sia come spaziamento tra un
elemento e l’altro.
In tali casi essi devono risultare visibili, e non devono creare pericolo ai pedoni ( e in particolare ai bambini), per forma o
altre caratteristiche.
Il collocamento in opera dei dissuasori di sosta è inoltre subordinato all’emanazione di apposita ordinanza.
I dispositivi possono essere di diverse tipologie e varie forme, e possono essere realizzati con materiali diversi;
conseguentemente per essi non è prevista omologazione, ma unicamente una autorizzazione all’impiego, che questo
Ministero fornisce, ad istanza dei Comuni, prescrivendo talune cautele ed accorgimenti:
1. devono essere resi ben visibili, al fine di evitare eventuali urti accidentali in condizioni notturne o di scarsa visibilità, ad
esempio con l’inserzione di elementi rifrangenti di colore giallo;
2. non devono presentare bordi a spigoli vivi, che potrebbero risultare pericolosi per bambini o pedoni disattenti;
3. non devono essere impiegati in configurazione singola, a meno di integrare la loro collocazione con ulteriori elementi, in
modo da realizzare una continuità che consenta una chiara individuazione della loro presenza. In ogni caso se ne
raccomanda l’impiego in aree dotate di illuminazione.
Se installati su marciapiedi rialzati non pongono particolari problemi, se installati su piattaforma stradale è necessaria la
presenza di idonea segnaletica orizzontale di margine, realizzata anche con elementi lapidei dove ciò è consentito, ai sensi
dell’art. 152 comma 4 del Regolamento.
Qualora i manufatti siano intesi per assolvere alle funzioni di impedimento mobile, e dunque selettivo, al transito dei
veicoli, per essi si applica, invece, l’art. 45 comma 6 del Codice, con le procedure di approvazione del prototipo quale
dissuasore al transito, previste dall’art. 192 del Regolamento.
8.2 Pista ciclabile in sede propria o su corsia riservata
Il Decreto 30 novembre 1999 n. 557 ha dettato le norme per la definizione delle caratteristiche tecniche delle piste ciclabili.
Per quanto riguarda i percorsi promiscui veicolari, risulta che taluni Comuni su strade a senso unico di marcia, ammettono
la marcia in senso contrario dei soli velocipedi.
Giova osservare che tali prassi, oltre che estremamente pericolosa, non è conforme alle prescrizioni del Codice e delle
connesse norme regolamentari; l’art. 135, comma 25, del Regolamento, infatti, afferma che, nella strada a senso unico, i
conducenti possono utilizzarne l’intera larghezza.
A tal proposito risulterebbe dunque opportuna la predisposizione di una pista ciclabile in sede propria, ai sensi dell’art.
6, comma 2, lett. A) del citato D.M., in quanto una eventuale corsia riservata, ai sensi del medesimo art. 6, comma 2, lett. b),
sarebbe possibile solo se di senso concorde a quello delle corsie destinate agli altri veicoli.
Particolare cura deve essere rivolta alla segnaletica da utilizzare per le piste ciclabili, le quali, se realizzate in sede
propria o corsia riservata, vano individuate con i segnali di “inizio e fine della pista ciclabile” di cui all’art. 122, comma 9, lett.
b) e comma 10 del Regolamento (figg. II.90 e II.91).
Tali segnali vanno ripetuti ad ogni interruzione, tranne nel caso che la continuità della pista sia assicurata dal relativo
“attraversamento ciclabile” della carreggiata nelle aree di intersezione, ai sensi dell’art. 146, comma 1, del Regolamento;
esso va realizzato con le modalità di cui ai successivi commi 2 e 3, come indicato nella fig. II.437.
L’attraversamento ciclabile va debitamente individuato dal segnale di cui all’art. 135, comma 15 del Regolamento,
riportato nella fig. II.324, installato in sua corrispondenza; su strade extraurbane e urbane di scorrimento, esso deve essere
preceduto dal segnale di pericolo “attraversamento ciclabile” di cui all’art. 88, comma 3 (fig. II.14); quando le condizioni di
traffico lo consigliano per motivi di sicurezza, il segnale di pericolo può essere usato anche nelle altre strade dei centri
urbani.
Si rammenta che l’attraversamento ciclabile gode del diritto di precedenza ai sensi dell’art. 40, comma 11 del Codice;
viceversa, ai sensi dell’art. 145, comma 8 del Codice, allo sbocco su strada delle piste ciclabili, i conducenti dei velocipedi
devono arrestarsi e dare la precedenza a chi circola sulla strada.
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Qualora l’attraversamento ciclabile sia semaforizzato, esso va regolato ai sensi dell’art. 163 del Regolamento, con le
apposite lanterne per velocipedi illustrate dalla fig. II.456.
Qualora si possa ammettere il conflitto tra i veicoli che svoltano a destra e i velocipedi che transitano sugli attraversamenti
ciclabili, secondo il disposto dell’art. 165, comma 3 del Regolamento, i primi troveranno la relativa lanterna gialla
lampeggiante, riportata nella fig. II.460, e i conducenti dovranno dare la precedenza agli eventuali ciclisti durante la manovra
di svolta.
8.3. Segnaletica nelle rotatorie
In via del tutto generale, la questione del segnalamento delle rotatorie non può limitarsi alla mera individuazione della
corretta segnaletica verticale di prescrizione, bensì deve necessariamente estendersi anche a quella di pericolo, di preavviso
e di indicazione, e alla regolamentare segnaletica orizzontale, che vanno opportunamente e vicendevolmente integrate tra
loro al fine di fornire agli utenti della strada un coerente complesso di informazioni.
In tale ottica, pertanto, la rotatoria va adeguatamente segnalata con il segnale “rotatoria” di cui all’art. 122, comma 6, del
Regolamento (Fig.II.84), preceduto, su strade extraurbane, dal segnale “circolazione rotatoria” di cui all’art. 96, comma 6
(Fig.II.27); deve essere inoltre apposto il segnale di preavviso di cui all’art. 127, comma 1, lett. a), nella configurazione
relativa al tipo di strada (Fig. II.238).
Sui rami di accesso alla rotatoria le isole di traffico vanno adeguatamente segnalate secondo il disposto dell’art. 177; giova
tuttavia osservare che, a rigore, la presenza della linea continua ai sensi del comma 1 e, in genere, la segnaletica
orizzontale impiegata, esclude a priori ogni altra manovra diversa dal passaggio a destra dell’ostacolo.
Sui rami d’uscita, invece, va tracciata la relativa segnaletica orizzontale di corsia, di margine ed eventualmente di guida, ai
sensi degli artt. 140, 141 e 143, e sulle relative cuspidi va apposta unicamente la segnaletica di direzione di cui all’art. 128
(Fig. II.248 o II.249, secondo il caso).
Le cuspidi sui rami in uscita, infatti, non possono essere considerate quali ostacoli entro la carreggiata secondo il disposto
di cui all’art. 175 comma 3, e dunque non va apposto su di esse il segnale di “passaggi consentiti” cui all’art. 122, comma 4
(Fig. II.83).
I segnali di “direzioni consentite” di cui all’art. 122, comma 3, (Figg. II. 81/a e II.81/b) non risultano adeguati, per significato
letterale, alla situazione.
Per gli stessi motivi sull’isola centrale non è necessario apporre i segnali di “direzione obbligatoria” di cui all’art. 122
comma 2 (Fig. II.80/c) o “passaggio obbligatorio” di cui all’art. 122, comma 4 (Fig. II.82/b).
8.4. Delimitazione delle aree di carico e scarico
Ai sensi dell’art. 120, comma 1, lettera c) del Regolamento, il segnale di “parcheggio”, (Fig. II.76), può essere usato per
indicare un’area organizzata o attrezzata per sostare a tempo indeterminato, salvo diversa
segnalazione; eventuali limitazioni di tempo, tariffe, schemi di disposizione dei veicoli, categorie ammesse o escluse vanno
indicate con pannelli integrativi aventi valore prescrittivo.
Nel caso di spazi destinati, ai sensi dell’art. 7, comma 1, lettera g) del Codice, ai veicoli utilizzati per il carico e lo scarico di
cose, il pannello integrativo appropriato è riportato nella Fig. II.124, relativa all’art. 125, comma 2 del Regolamento;
all’occorrenza possono essere utilizzati anche pannelli relativi alle categorie di veicoli ammesse, e all’articolazione
temporale.
Pertanto il segnale di cui all’art. 120, comma 1, lettera c), integrato dal pannello di cui alla Fig. II.124, ed eventualmente da
quelli citati, indica un’area di sosta riservata a tempo indeterminato alle operazioni di carico e scarico, eseguite da veicoli di
qualsiasi categoria, oppure, se del caso, di determinate categorie; ne consegue che è esclusa ogni altra utilizzazione, ivi
compresa la sosta degli stessi veicoli utilizzati per le suddette operazioni, se non per il tempo ad esse strettamente
necessario.
Una diversa articolazione temporale dovrà essere eventualmente indicata con l’adeguato pannello integrativo “validità” di
cui all’art. 83, comma 3 del Regolamento, (mod. II.3/d); in tal caso, al di fuori dell’orario indicato dal pannello, la sosta deve
intendersi comunque consentita senza limitazioni, salvo diversa segnalazione.
Per quanto riguarda la segnaletica orizzontale, giova osservare che il colore giallo previsto dall’art. 149, comma 3, lettera
c), e comma 4, del Regolamento, si riferisce unicamente agli stalli di sosta riservati a particolari categorie di veicoli, indicate
esclusivamente dall’art. 7, comma 1, lettera d), del Codice.
Per gli spazi destinati ai veicoli utilizzati per il carico e lo scarico di cose, ai sensi dell’art. 7, comma 1, lettera g), del
Codice, potrà essere utilizzato il colore bianco o, se del caso, quello azzurro, qualora si intenda subordinare la sosta, al di
fuori degli orari stabiliti per il carico e lo scarico, al pagamento di una somma, ai sensi dell’art. 7, comma 1, lettera f) del
Codice.
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A tale riguardo, l’art. 158, comma 2, lettera e) prescrive che la sosta è sempre vietata sulle aree destinate al mercato e ai
veicoli per il carico e lo scarico di cose, nelle ore stabilite.
8.5 Catene da neve e pneumatici da neve
Si fa riferimento agli incresciosi episodi verificatisi in occasione delle abbondanti nevicate dello scorso inverno.
Si rammenta, a tale proposito, che in caso di neve vale il disposto di cui all’art. 6, comma 4, lett. e), del Codice della
Strada, secondo il quale l’ente proprietario della strada, con ordinanza motivata, può prescrivere che i veicoli siano muniti, in
alternativa, di mezzi antisdrucciolevoli o degli speciali pneumatici per la marcia sulla neve e sul ghiaccio.
Analogamente il segnale “catene per neve obbligatorie”di cui all’art. 122, comma 8, del Regolamento di esecuzione, (Fig.
II.87), prescrive l’obbligo di circolare, a partire dal punto di impianto, con catene da neve o, in alternativa, con pneumatici da
neve.
Inoltre l’art. 135, comma 18, del Regolamento, prevede, tra i segnali utili per la guida, quello relativo alla “transitabilità”
(figg. da II.330 a II.336), che presegnala lo stato temporaneo della transitabilità su strade di montagna, gli eventuali limiti di
percorribilità, e le raccomandazioni o, se del caso, le imposizioni, dell’impiego di pneumatici, o catene da neve, che devono
considerarsi, a tutti gli effetti, tra loro equivalenti.
L’obbligo di circolazione con catene o pneumatici da neve, già stabilito dalle vigenti disposizioni, è strettamente connesso
con le condizioni climatiche contingenti, e non può essere esteso indiscriminatamente, come equipaggiamento di veicoli,
senza che ve ne sia una effettiva necessità, nel rispetto delle vigenti norme comunitarie relative all’equipaggiamento dei
veicoli. Certamente è legittima la raccomandazione di avere a bordo del veicolo le catene da neve nel periodo invernale.
I deplorevoli episodi segnalati sembrano peraltro ascrivibili ad una errata interpretazione delle norme vigenti, e/o a
comportamenti dei conducenti non conformi a quanto prescritto dalle suddette norme.
8.6 Divieto di sosta e divieto di fermata
Si vuole ora richiamare l’attenzione su un impiego a volte non congruente dei segnali relativi alla sosta e alla fermata.
L’art. 157, comma 1, del Codice della strada, definisce la sosta come:
“Sospensione della marcia del veicolo protratta nel tempo, con possibilità di allontanamento da parte del conducente”.
La fermata invece è la “temporanea sospensione della marcia anche se in area ove non sia ammessa la sosta, per
consentire la salita o la discesa delle persone, ovvero per altre esigenze di brevissima durata.
Durante la fermata, che non deve comunque arrecare intralcio alla circolazione, il conducente deve essere presente e
pronto a riprendere la marcia”.
Le definizioni appena riportate non lasciano adito a dubbi. Eppure in moltissimi casi si assiste ad un impiego dei segnali di
“divieto di sosta” e “divieto di fermata” come alternativi, ovvero si utilizza il secondo come una sorta di rafforzativo del primo.
Si ribadisce che il “divieto di fermata” è da impiegarsi solo quando anche la brevissima manovra come descritta nella
definizione possa provocare intralcio o pericolo per la circolazione. In caso contrario è più che sufficiente il segnale di divieto
di sosta. Sotto il profilo del segnalamento si intende qui richiamato quanto già espresso con la direttiva 24 ottobre 2000 al
punto 5.3.3. in relazione al principio che non occorre installare segnali di divieto o di obbligo quando una norma di
comportamento già prescrive il comportamento da tenere. In proposito, vale comunque il precetto che la sosta di un veicolo
non deve comunque arrecare intralcio alla circolazione.
8.7 Segnaletica orizzontale gialla nei cantieri stradali
La doglianza espressa in premessa riguardo agli scarsi miglioramenti conseguiti nel campo della segnaletica stradale in
genere, dopo la pubblicazione della direttiva 24 ottobre 2000, vale purtroppo anche per il campo della segnaletica
temporanea.
Salvo sporadici episodi, dopo la pubblicazione del disciplinare tecnico approvato con D.M. 10 luglio 2002, relativo agli
schemi segnaletici, differenziati per categoria di strada, da adottare per il segnalamento temporaneo; nel settore specifico,
ed in particolare nei cantieri stradali, non si è registrato quel miglioramento della qualità che era lecito attendersi.
Nel confermare quanto già riportato al punto 5.7 della precedente direttiva, si vuole qui richiamare l’attenzione su un errore
comunemente commesso nel tracciamento della segnaletica orizzontale temporanea nei cantieri di lunga durata.
Secondo quanto previsto dal comma 1, dell’art. 35 del Regolamento:
“i segnali orizzontali hanno lo scopo di guidare i conducenti e garantire la sicurezza del traffico in approccio ed in
prossimità di anomalie planimetriche derivanti dall’esistenza di lavori stradali”.
Concetto ribadito anche al punto 3.1.7, del Decreto 10.07.2002, dove viene puntualizzato che il tracciamento della
segnaletica orizzontale temporanea è eseguito quando lo stesso modifica o contrasta con la segnaletica orizzontale
permanente.
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Ne consegue che la segnaletica gialla (orizzontale temporanea) deve essere limitata allo stretto necessario e solo se vi è
un diverso uso della piattaforma stradale rispetto a quello ordinario.
Si assiste invece ad un utilizzo anche dove non necessario, tracciando segnaletica gialla in tutta l’area interessata dai
cantieri e spesso anche nelle zone di approccio, sovrapponendola alla segnaletica bianca permanente.
A volte si ridipingono anche attraversamenti pedonali, o zone di attestamento alle intersezioni, anche se questi non
vengono modificati come posizione.
Se non vi è un cambio di destinazione degli spazi della piattaforma stradale, o di traiettorie, è inutile ricoprire le linee
bianche con colore giallo.
Infatti le prescrizioni imposte con la segnaletica orizzontale sono le stesse, quale che sia il colore delle strisce, pertanto il
tracciamento, quando non è né previsto, né necessario, risulta solo uno spreco di risorse.
Peraltro, risulta oltremodo oneroso il ripristino dopo l’esecuzione dei lavori, specie quando viene impiegata vernice al posto
della prevista segnaletica orizzontale rimovibile.
8.8 Semafori “intelligenti”
Si è avuto modo di constatare che negli ultimi anni, in numerosi comuni, sono stati installati impiantati semaforici, definiti
“intelligenti”, lungo tratti di strada che non abbisognano di alcuna regolazione, con una modalità di funzionamento del tutto
singolare. Se lungo il tratto di strada interessato un veicolo procede ad una velocità superiore a quella imposta, il semaforo,
collegato a spire induttive annegate nell’asfalto prima dell’impianto, che consentono una misura della velocità tenuta, varia il
ciclo in modo da far scattare il rosso semaforico nei riguardi del veicolo in infrazione, costringendo, nelle intenzioni di chi ha
adottato tale sistema, il conducente trasgressore, a fermarsi per un tempo predeterminato.
Orbene, a norma dell’art. 158 del Regolamento di esecuzione, le lanterne semaforiche servono per regolare nel tempo
l’avanzamento delle correnti di traffico (sia veicolare che pedonale).
Altre utilizzazioni non risultano coerenti con la norma richiamata.
A parere di questo Ministero l’azionamento del ciclo semaforico in base alla velocità dei veicoli a monte, anziché in base al
flusso veicolare o alla richiesta degli eventuali pedoni (come regolarmente praticato), può costituire una fonte di pericolo per
la sicurezza della circolazione.
Infatti l’azionamento del ciclo semaforico in base alla velocità dei veicoli a monte comporterebbe l’ingiusta ed inutile
penalizzazione di quei veicoli che, procedendo ad andatura normale, si trovassero a precedere quelli sopraggiungenti a
velocità eccessiva, con il probabile rischio di tamponamenti o pericolose manovre evasive da parte di questi ultimi.
In tal caso l’amministrazione competente potrebbe vedersi chiamata a rispondere in sede civile e penale per danni e/o
lesioni derivanti da sinistri comunque riconducibili all’impiego di tali impianti.
Alcune Amministrazioni affermano che il dispositivo in questione è usato come mezzo di controllo della velocità; si
ribadisce che le lanterne semaforiche sono state concepite e regolamentate per gli scopi descritti nel richiamato art. 158 del
Regolamento, e non per governare localmente la velocità, un diverso uso non è previsto dalle vigenti norme legislative e
regolamentari.
Appare peraltro problematico giustificare perché una presunta infrazione venga rilevata ma non perseguita bensì
penalizzata con un semplice perditempo al semaforo.
Questa Ministero infine, non ha mai rilasciato approvazione per i dispositivi in questione, per cui non è dato sapere
neppure se le misurazioni di velocità effettuate sono corrette.
8.9. Ulteriori raccomandazioni
Nel presente paragrafo si vuole richiamare l’attenzione su alcuni impieghi discutibili di segnaletica stradale e sulla
opportunità di migliorare alcune modalità di impiego.
- Segnale “Altri pericoli” (fig. II 35).
Troppo spesso si incontra questo segnale, corredato di pannello integrativo recante l’iscrizione “galleria”, in prossimità
degli imbocchi di gallerie. Francamente non se ne comprende il motivo, dal momento
che ogni galleria è già individuata con lo specifico segnale di fig. II 316 in rispetto dell’art. 135, comma 1, punto 10) del
Regolamento. Se ne potrebbe giustificare l’impiego solo nel caso che la galleria comporti
una qualche condizione di pericolo non altrimenti percepibile (art. 84 reg.).
- Segnale “Rifornimento” (figg. II 356 e II 357).
Con il Regolamento, emanato nel 1992, furono previste due rappresentazioni per gli impianti di distribuzione carburanti
lungo la viabilità extraurbana in funzione della qualità della benzina disponibile.
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Poiché ormai la totalità dei distributori eroga lo stesso tipo di benzina “ecologica” appare opportuno impiegare il solo
segnale di fig. II 356 e abbandonare quello di fig. II 357 relativo alle vecchie distinzioni di benzina “normale” e benzina
“verde”.
- Segnale di “Parcheggio” (fig. II 76).
Si richiama l’attenzione sul segnale di parcheggio con pannello integrativo che precisa la tariffazione della sosta a
pagamento ed eventuali limitazioni di tempo. Nelle diverse città italiane la regolamentazione del parcheggio è resa nota con
sistemi di segnalamento a volte troppo complessi per ridondanza di simboli o iscrizioni o per una eccessiva articolazione
della sosta. Posto che qualsiasi messaggio segnaletico stradale, per essere compreso, deve necessariamente essere
sintetico, si invita ad una composizione dello stesso quanto più uniforme possibile, riportando solo le informazioni essenziali,
facendo uso di simboli e iscrizioni previsti nel Regolamento, se necessario rivisitando anche i provvedimenti istitutivi.
- Pannelli integrativi “Validità” (mod. II 3).
L’argomento è già stato trattato nella direttiva 24 ottobre 2000 in riferimento al segnale di divieto di fermata (paragrafo
5.3.3), quando lo stesso è corredato di pannello integrativo «0-24». Lo stesso pannello è spesso impiegato anche a corredo
di altri segnali prescrittivi. Ebbene, ad eccezione del segnale “divieto di sosta” in ambito urbano, che ha validità dalle 8.00
alle 20.00, ogni segnale prescrittivo ha validità permanente, se non diversamente disposto. Pertanto il pannello “validità”
deve essere impiegato solo se si vuole ridurre la durata della prescrizione e non certo per confermarne la durata all’intero
arco della giornata.
- Strisce trasversali (art. 144 Reg.).
A norma dell’art.144 del Regolamento le linee di arresto in corrispondenza del segnale “fermarsi e dare precedenza”, delle
intersezioni semaforizzate, e degli attraversamenti pedonali semaforizzati, devono essere continue e di larghezza minima 50
cm.
E’ di tutta evidenza invece, specie nei centri abitati, l’uso diffuso di linee di arresto di larghezza decisamente superiore,
anche dell’ordine di oltre 1 m.
E’ pur vero che la norma indica una larghezza minima, ma ciò non toglie che quanto viene eseguito costituisce spesso una
ingiustificata esagerazione.
Si può essere portati a pensare che il maggiore rilievo dato al messaggio serva a rafforzarne il significato, ma ciò non è.
Anzi si ha certamente una maggiore spesa senza alcun contributo in termini di sicurezza. La maggiore superficie dipinta,
peraltro, non è detto che non peggiori le condizioni di aderenza delle ruote dei veicoli in transito, specie in condizioni di
bagnato e in frenata.
Si raccomanda dunque di contenere la larghezza delle strisce ad una dimensione più prossima a quella minima prescritta.
- Strisce longitudinali e strisce di margine (att. 138 e 141 Reg.).
Si possono svolgere considerazioni in tutto analoghe a quelle appena svolte per le linee di arresto. Anche in questo caso
sono fissate dalle norme le larghezze minime ma spesso sono tracciate linee di larghezza eccessiva.
Si rammenta che non sempre la maggiore larghezza significa necessariamente migliore visibilità della linea. Se lo scopo è
questo è necessario ricorrere a materiali di più elevate prestazioni piuttosto che fare affidamento su una più grande
superficie trattata (vedasi in proposito quanto già detto nel capitolo 5).
9. CONCLUSIONI
Nel richiamare anche in questa occasione la considerazione finale fatta nel capitolo 9 della direttiva 24 ottobre 2000 si
coglie l’occasione per rivolgere un ulteriore invito agli enti proprietari di strade.
Nel corso degli anni si è avuto modo di constatare che moltissime richieste di chiarimenti vertevano su quesiti e dubbi su
argomenti adeguatamente trattati nelle disposizioni normative a vario livello già pubblicate, ma evidentemente non
conosciute dagli interroganti.
Sono state avanzate anche richieste di autorizzazione alla sperimentazione di segnali o sistemi segnaletici estemporanei
ed a volte anche sconcertanti, pur in presenza delle migliori intenzioni.
La cosa ha sollevato spesso perplessità, di qui l’invito a curare la massima diffusione e divulgazione delle norme e
raccomandazioni, anche attraverso periodici aggiornamenti, con l’intento di costituire figure professionali all’interno
dei vari enti proprietari di strade specializzate nella materia di cui si sta trattando, sempre con la finalità di meglio
operare per il perseguimento di maggiori condizioni di sicurezza nella circolazione.
IL MINISTRO
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quesito su dossi
circolare ministero dei trasporti prot. 49770 del 25 maggio 2007
Circolare ministeriale sulla corretta e motivata installazione di dossi che devono essere sempre installati con ordinanza (art. 179 del
Regolamento di esecuzione del Codice della Strada).
Sottolineiamo che il Ministero conclude la circolare annotando che: “In caso di incidenti riconducibili alla loro collocazione, il loro
permanere in opera può infatti dar luogo responsabilità in capo a chi ne ha disposto l'installazione o chi non ne ha disposto la rimozione”.
(nota: grassetto, maiuscolo, evidenziazioni a cura degli autori)
Ministero dei Trasporti
Dipartimento per i Trasporti Terrestri, Direzione Generale per la Motorizzazione, Divisione Vlll
Oggetto: quesito su dossi. Riferimento nota del 15 marzo 2007.
Con riferimento alle problematiche esposte con le note in riscontro si premette quanto segue.
I rallentatori di velocità sono ricompresi tra la segnaletica complementare di cui all'articolo 42 al comma 2 del nuovo codice
della strada decreto legislativo n. 28511992, e sono trattati in dettaglio dell'articolo 179 del connesso regolamento di
esecuzione e di attuazione D.P.R 495/1992.
I particolari dossi artificiali di cui al medesimo articolo 179 comma 4 devono rispettare le prescrizioni di impiego di cui al
successivo comma 5;
• essi pertanto possono essere posti in opera solo su strade residenziali nei parchi pubblici e privati nei residence ecc.;
• possono essere installati in serie e devono essere presegnalati;
• ne è vietato I'impiego sulle strade che costituiscono interi gli itinerari preferenziali dei vicoli normalmente impiegati per i
servizi di soccorso e di pronto intervento. Essi possono essere costituiti da elementi in rilievo prefabbricato, Sda ondulazioni
della pavimentazione a profilo convesso, nelle dimensioni previste dall’articolo 179 comma 6;
• in particolare le modulazioni della pavimentazione devono avere altezza non superiore ai 7 centimetri e larghezza non
inferiore ai 12O, e possono impiegati con limiti di velocità non superiore ai 30 chilometri all'ora;
• i segnaletica complementare, tutti tipi di rallentatori sono posti in opera previa dell'ente proprietario, a norma dell'articolo
179 comma 9;
• quelli prefabbricati devono inoltre approvati da questo Ministero.
Ciò premesso in assenza di informazioni delle relative motivazioni e circa le esistenza della prescritta ordinanza istitutiva e
che tecniche dimensionali dei manufatti e della relativa approvazione come prescritta, da quanto dato da capire dalla
documentazione fotografica prodotta non è possibile stimare la rispondenza dei manufatti in oggetto al dettato dell'articolo
179 del regolamento.
Qualora le strade interessate dall'installazione siano ricomprese tra gli itinerari di attraversamento del centro abitato, o
siano percorse da veicoli di soccorso, di polizia di emergenza, o da linee di trasporto pubblico, in difetto in carenza della
motivazione propedeutico e alla relativa ordinanza di posa in opera ne deve essere disposta la rimozione.
In caso di incidenti riconducibili alla loro collocazione, il loro permanere in opera può infatti dar luogo
responsabilità in capo a chi ne ha disposto l'installazione o chi non ne ha disposto la rimozione.
Si resta disposizione per ogni eventuale ulteriore chiarimento.
ll Direttore Generale: Dott. Ing. Sergio Dondolini
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siepi o recinzioni in centro abitato
risposta a quesito prot. 84567 del 3 settembre 2007
ministero delle infrastrutture e dei trasporti
Il parere ministeriale chiarisce il potere discrezionale del Comune sulle recinzioni dei privati che “potrà essere esercitato nei casi in cui
ciò si rende effettivamente necessario, ossia qualora si tratti di curve o intersezioni site su strade appartenenti alla viabilità principale,
interessate dunque da apprezzabili volumi di traffico, e con tipologia di veicoli diversificata”.
(nota: grassetto, maiuscolo, evidenziazioni a cura degli autori)
Ministero dei Trasporti
Dipartimento per i Trasporti Terrestri
Direzione Generale per la Motorizzazione
Divisione VIII
Oggetto: Richiesta parere art. 18 DLs. n. 285/1992. Rif. prot. n.22437 del 05.07.2007
Con riferimento alla richiesta avanzata con la nota in riscontro, si osserva che per la realizzazione di recinzioni e
piantagioni nei centri abitati non sono prescritte, all’interno del vigente Codice della Strada (Dls n. 285/1992), distanze
minime da rispettare.
Al riguardo l’art. 18 c.4 del Codice rinvia ai piani urbanistici e di traffico per la loro definizione, lasciando all’ente
proprietario della strada ampio margine discrezionale in relazione alle specifiche esigenze di sicurezza della circolazione,
anche in considerazione del fatto che l’ente interessato è l’unico ad avere piena conoscenza dei luoghi e del fenomeno
circolazione da gestire.
Ciò premesso. Si osserva che tale potere discrezionale deve essere applicato ragionevolmente, tenendo conto che,
all’interno dei centri abitati, le esigenze di sicurezza della circolazione possono essere opportunamente tutelate anche
mediante l’apposizione di idonea segnaletica di pericolo e/o di prescrizione, ricorrendo, ove del caso, anche alla segnaletica
complementare di cui agli artt. 179 e 180 del regolamento ( DPR n. 495/1882).
In conclusione, a parere di quest’ufficio, nel caso di siepi o recinzioni in centro abitato, che limitano la visibilità in
corrispondenza di curve o intersezioni, in assenza di specifiche previsioni nell’ambito dello strumento urbanistico, il potere
discrezionale di cui all’art. 18 c.4 del Codice potrà essere esercitato nei casi in cui ciò si rende effettivamente
necessario, ossia qualora si tratti di curve o intersezioni site su strade appartenenti alla viabilità principale,
interessate dunque da apprezzabili volumi di traffico, e con tipologia di veicoli diversificata.
In genere, in assenza dello strumento regolatore, o di specifiche norme all’interno di esso, si può solo invocare il rispetto
delle prescrizioni di cui all’articolo 29 del Codice.
Si resta a disposizione per ogni eventuale ulteriore chiarimento.
03 SETT 2007
IL DIRETTORE GENERALE
Dott. Ing. Sergio DONDOLINI
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richiesta di autorizzazione
alla installazione di dissuasori di sosta
ministero dei trasporti - circolare prot. 84626 del 14 settembre 2007
Circolare ministeriale sulla corretta e motivata installazione di dissuasori di sosta che devono essere sempre subordinati
all’emanazione di ordinanza (art. 180 del Regolamento di esecuzione del Codice della Strada).
(nota: grassetto, maiuscolo, evidenziazioni a cura degli autori)
Con riferimento alla richiesta di autorizzazione avanzata con la nota in riscontro, si premette che la stessa si rende
necessaria qualora i manufatti vengano impiegati nella funzione di arredo stradale secondo il disposto di cui al citato art. 180
del Regolamento, e cioè:
- quale impedimento materiale alla sosta abusiva (c.1);
- quale delimitazione di zona pedonali, aree di parcheggio riservate, zone verdi, aiuole, e spazi riservati per altri usi (c. 2);
- quale reale impedimento al transito dei veicoli, sia come altezza sul piano viabile, sia come spaziamento tra un elemento
e l'altro (c. 4).
In tali casi essi devono risultare visibili, e non devono creare pericolo ai pedoni (e in particolare ai bambini), per forma o
altre caratteristiche.
Il collocamento in opera dei dissuasori di sosta è inoltre subordinato all'emanazione di apposita ordinanza ex art.
5 c. 3 del Nuovo Codice della Strada (DLs n. 285/1992).
Ciò premesso, solo alcuni dei manufatti indicati nella documentazione qui trasmessa, a parere di questo Ufficio, sono
strutturalmente idonei ad un impiego come dissuasori di sosta, avuto riguardo ad alcune cautele ed accorgimenti.
Più in dettaglio, i manufatti in forma di paletti devono essere privi di spigoli vivi, ed inoltre devono essere resi meglio visibili
al fine di evitare eventuali urti accidentali in condizioni notturne di scarsa visibilità, ad esempio con l'inserzione di elementi
rifrangenti di colore giallo almeno sulle testate.
Si sconsiglia vivamente l'uso di singoli manufatti isolati; se ne raccomanda l'impiego in sequenze di opportuna
estensione, e in aree dotate di adeguata illuminazione.
Se installati su marciapiede non pongono particolari problemi, se installati sulla sede stradale è invece necessaria la
presenza di idonea segnaletica orizzontale di margine, ex art. 40 c. 10 lett. a) del Codice, realizzata anche con
elementi lapidei dove ciò è consentito, ex art. 152 c. 4 del Regolamento.
Per i manufatti in conglomerato cementizio, integrati da paletti sorreggenti segnali stradali, l'installazione in carreggiata è
subordinata al rispetto delle condizioni di cui all'art. 81 del Regolamento.
Codesta amministrazione valuterà il rispetto delle altre condizioni previste dall'art. 180 del Regolamento in sede di
emanazione delle ordinanze che disporranno l'impiego dei dissuasori.
Si resta a disposizione per ogni eventuale ulteriore chiarimento.
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circolazione sulle rotatorie
parere prot.17816/2008. rif. nota fax del 23/11/2007
Il parere ministeriale chiarisce, in particolare, su quale tipologie di strade può essere realizzata una rotatoria, e la circolazione ad
un’unica corsia nell’anello.
(nota: grassetto, maiuscolo, evidenziazione a cura degli autori).
Ministero dei Trasporti
Dipartimento Trasporti Terrestri
Direzione Generale Motorizzazione
Divisione VIII
Con riferimento alla segnalazione inoltrata con la nota in riscontro, si comunica che l'immissione nella circolazione
sull'anello delle rotatorie è generalmente regolata con il segnale di "dare precedenza" di cui all'art.106 del Regolamento
(D.P.R. 495/1992).
La realizzazione delle intersezioni a rotatoria è contemplata dal par. 4.5 delle "Norme funzionali e geometriche per la
costruzione delle intersezioni stradali", approvate con Decreto 19 Aprile 2006 del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti
(G.U. n.170 del 24/07/2006).
Trattandosi di intersezioni a raso, tale realizzazione non può essere indiscriminata, ma limitarsi alle tipologie di strade
elencate nella figura n.3 - par.3.
Essa è pertanto ammessa solo fra strade ad unica carreggiata, e cioè extraurbane secondarie, strade locali
extraurbane e urbane, e strade urbane di quartiere; è esclusa per strade a due carreggiate, e cioè autostrade, strade
extraurbane principali e strade urbane di scorrimento.
La circolazione sull'anello deve essere organizzata sempre su una sola corsia (e deve conseguentemente svolgersi in
accodamento), come indicato nella Tabella n.6 - par. 4.5.2.
La larghezza dell'unica corsia, appositamente prevista per consentire l'inserimento dei complessi formati da motrice e
rimorchio, non giustifica la circolazione in affiancamento, né è prevista delle norme citate la presenza di più di una corsia.
In base al diametro della circonferenza esterna, si distinguono rotatorie convenzionali (tra 40 e 50 m), compatte (tra 25 e
40 m) e mini-rotatorie (tra 14 e 25 m); per sistemazioni con "circolazione a rotatoria", che non rientrano nelle tipologie di
"intersezioni a rotatoria" descritte dal par. 4.5.1. delle suddette norme, le immissioni devono essere organizzate con appositi
dispositivi.
Si resta a disposizione per ogni eventuale ulteriore chiarimento.
IL DIRETTORE GENERALE
DR. ING. SERGIO DONDOLINI
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attraversamenti pedonali e passi carrai
parere ministero delle infrastrutture e dei trasporti del 14/11/2008, prot. 92383
Il Ministero chiarisce sulla posizione degli attraversamenti pedonali rispetto a passi carrai.
(n.b. in grassetto nostra evidenziazione)
ministero delle infrastrutture e trasporti
dipartimento per i trasporti, la navigazione e i sistemi informativi e statici
direzione generale per la sicurezza stradale
divisione II
Prot. 92383
14/11/2008
Oggetto:
Collocazione attraversamenti pedonali
Rif.to nota 147730 del 04/11/2008
Con riferimento alla nota a margine, si comunica che è sempre buona regola tecnica tenere separato il traffico pedonale
da quello veicolare per la migliore tutela dell’utenza più debole.
Si richiama in proposito l’art. 46 del regolamento di esecuzione e di attuazione del nuovo codice della strada, che al
comma 2, lettera c), prevede già che qualora l’accesso alle proprietà laterali sia destinato anche a notevole traffico pedonale,
deve essere prevista una separazione dell’entrata carrabile da quella pedonale.
A maggior ragione è sconsigliabile la soluzione prospettata se in corrispondenza del passo carrabile confluisce il traffico
pedonale del presunto attraversamento pedonale e dell’eventuale marciapiede, che subirebbe pesanti condizionamenti in
presenza di veicoli in entrata/uscita da passo stesso.
Non è trascurabile infine il fatto che l’eventuale veicolo in fermata all’ingresso del passo carrabile violerebbe il dettato
dell’art. 158, comma 1, lettera g) del codice della strada.
Ciò posto, e pur concordando sul fatto che non vi sono norme specifiche sull’argomento, si è dell’avviso che non è
opportuno, né corretto, tracciare attraversamenti pedonali in corrispondenza di passi carrabili.
Si resta a disposizione per ogni eventuale ulteriore chiarimento.
Il dirigente tecnico
(Dott. Ing. Francesco Mazziotta).
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parere utilizzo manufatto per piste ciclabili
parere ministero delle infrastrutture e dei trasporti del 13/1/2009 prot. 4140
Circolare ministeriale che chiarisce quando è obbligatoria la costruzione della pista ciclabile in sede propria (strade urbane di
scorrimento), quando è facoltativa (strade urbane di quartiere), e quando, invece, deve essere sempre realizzata solo la corsia riservata
(strade urbane locali).
(nota: grassetto, maiuscolo, evidenziazione a cura degli autori)
Con riferimento alla richiesta avanzata con la nota in riscontro, si richiama integralmente quanto disposto dal DM
30.11.1999 n. 557 “Regolamento per la definizione delle caratteristiche tecniche delle piste ciclabili”.
In particolare l’art. 6 c. 6 lett. c) del richiamato regolamento prevede che in ambito urbano, su strade urbane di quartiere,
secondo la classificazione di cui all’art. 2 c. 3 lett. E) del Nuovo Codice della Strada (DLs n. 285/1992), non è obbligatoria
la realizzazione di piste ciclabili in sede propria, essendo sufficienti le corsie riservate, mentre per le strade urbane
locali di cui all’art. 2 c. 3 lett. F) del Codice, secondo il medesimo art. 6 c. 6 lett. d), le piste ciclabili sono sempre su
corsie riservate.
La realizzazione in sede propria è obbligatoria invece su strade urbane di scorrimento come definite dall’art. 2 c. 3
lett. D) del Codice, qualora i percorsi protetti non siano attuati sui marciapiedi.
Qualora si opti per la realizzazione in sede propria, lo spartitraffico longitudinale fisicamente invalicabile (di cui all’art 6 c. 1
e all’art. 7 c. 4 del citato DM n. 557/1999) deve rispondere alla definizione di cui all’art, 3 c. 1 n. 49) del Codice, “parte
longitudinale non carrabile della strada, destinata alla separazione di correnti veicolari”.
Al riguardo si osserva che i delimitatori di corsia di cui all’art. 178 c. 2 del Regolamento di Esecuzione ed Attuazione (DPR
n. 495/1992), per i quali è previsto il sormonto in caso di necessità ai sensi del medesimo art. 178 c. 4, per definizione non
risultano idonei a costituire spartitraffico invalicabile.
Si resta a disposizione per ogni eventuale ulteriore chiarimento.
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parere sulla sosta sul lato sinistro nelle strade a senso unico
parere prot. 22071 del 27/10/2009
ministero delle infrastrutture e dei trasporti
Con questo parere il Ministero non solo chiarisce quando può essere consentita la sosta sul lato sinistro in una strada a senso unico,
ma che sullo stesso lato sinistro “non andrà apposto il segnale di divieto qualora la larghezza residua con entrambe le file risulti inferiore
a 3 metri, risultando vietata sul margine sinistro per regola generale”.
(nota: grassetto, maiuscolo, evidenziazioni a cura degli autori)
Oggetto: Sosta veicoli su strade urbane. Richiesta di chiarimenti. Rif. prot. n. 22071 del 27/10/2009.
Con riferimento alla richiesta qui inoltrata con la nota in riscontro, qui pervenuta solo il 22.01.2010, si premette quanto
segue.
L’art.157 c.2 del Nuovo Codice della Strada (DLs n. 285/1992) impone di sostare, salvo diversa segnalazione, lungo il
margine destro della carreggiata, il successivo c. 4, sulle strade a senso unico, consente di sostare anche sul margine
sinistro purché rimanga uno spazio sufficiente al transito di una fila di veicoli e comunque non inferiore a 3 m di
larghezza.
A parere di questo Ufficio, tale condizione deve intendersi in senso estensivo, risultando incoerente che in caso di sosta
solo sul lato destro possa residuare una larghezza inferiore al suddetto limite; la sosta risulta dunque consentita, salvo
diversa segnalazione, se la condizione è rispettata con una sola fila in sosta sul margine destro ovvero con una ulteriore fila
in sosta sul margine sinistro.
Nel primo caso la sosta resta implicitamente vietata sul margine sinistro: nel secondo caso la sosta resta implicitamente
consentita anche sul margine sinistro, salvo diversa segnalazione.
Ciò premesso, si osserva che ai sensi dell’art. 120 e. 1 lett. a) del Regolamento di esecuzione e di Attuazione (DPR n.
49511992), il segnale di divieto di sosta indica i luoghi dove è stato disposto il divieto, ad eccezione di quelli ove il
divieto già vige per regola generale.
Conseguentemente sul margine sinistro non andrà apposto il segnale di divieto qualora la larghezza residua con
entrambe le file risulti inferiore a 3 metri, risultando vietata sul margine sinistro per regola generale.
Il segnale andrà invece apposto qualora si intenda comunque vietare la sosta sul margine sinistro, anche se la larghezza
residua lo consentirebbe.
Un eventuale divieto di sosta sul margine destro, opportunamente disposto in quanto la larghezza residua con la
fila in sosta risulterebbe inferiore a 3 metri vale estensivamente anche sul lato sinistro per regola generale.
In caso di violazione si applica la sanzione di cui all’art. 157 c. 8 del Codice, nonché la rimozione del veicolo ai sensi
dell’art, 159 c. 1 lett. b).
Si resta a disposizione per ogni eventuale ulteriore chiarimento.
Il DIRETTORE DELLA DIVISIONE (Dr. lng. Francesco MAZZIOTTA)
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divieto di sosta per esigenze di antiterrorismo
parere ministero delle infrastrutture e dei trasporti, prot. 23554, del 19/03/2010
Il Ministero precisa la facoltà di disporre con ordinanza motivata di divieto di sosta ai sensi dell’art. 5, e che gli stalli di sosta
riservati agli organi di polizia stradale non posso essere utilizzati dai veicoli privati degli agenti.
(n.b. in grassetto nostra evidenziazione)
ministero delle infrastrutture e trasporti
dipartimento per i trasporti, la navigazione e i sistemi informativi e statici
direzione generale per la sicurezza stradale
divisione II
prot. 23554
19/03/2010
Oggetto:
Quesito. Rif. prot. n. **** del 19/02/2010.
Con riferimento a quanto esposto con la nota in riscontro, di cui si condividono i contenuti, si premette che ai sensi dell’art.
7 c. 1 lett. A) del Nuovo Codice della Strada (Dls n. 285/1992), nei centri abitati i Comuni possono adottare i provvedimenti
indicati, tra gli altri, dall’art. 6 c. 4 del medesimo.
Ciò premesso, si osserva che l’art. 6 c. 4 lett d) del Codice prevede espressamente la facoltà di disporre con ordinanza
motivata ai sensi dell’art. 5, il divieto di sosta.
Al riguardo, dunque a parere di questo Ufficio, potrà essere opportunamente emanata apposita ordinanza di divieto , con
la motivazione relativa alla esigenza di porre in atto le idonee misure antiterrorismo.
Per quanto concerne poi la riserva di stalli di sosta, prevista dall’art. 7 c. 1 lett. d) del Codice, ovvero le eccezioni al
divieto di cui all’art. 120 c. 3 del Regolamento di Esecuzione e di Attuazione (DPR n. 495/1992), per quanto qui interessa, si
ribadisce che esse risultano limitate ai veicoli degli organi di polizia stradale di cui all’art. 12, con esclusione dunque
di quelli ad uso privato.
Si resta a disposizione per ogni eventuale ulteriore chiarimento.
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parere sui parcheggi a pagamento
parere prot. 25783 del 22/03/2010
ministero delle infrastrutture e dei trasporti
Non condividiamo questo parere del Ministero, ed invitiamo a valutare le nostre motivazioni leggendo il “nostro articolo”, pubblicato su
questo sito, nella categoria “nostra opinione”).
(nota: grassetto, maiuscolo, evidenziazioni a cura degli autori)
Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti
Dipartimento per i Trasporti, la Navigazione e i sistemi Informativi e Statistici
Direzione Generale per la Sicurezza Stradale
Divisione II
Prot. 25783 - 22 marzo 2010
Oggetto: Richiesta di parere in materia di parcheggi a pagamento.
Rif. Prot. 15980 del 15.03.2010
Con riferimento alla richiesta qui inoltrata con la nota in riscontro, si premette che la sanzione di cui all’art. 7 c. 15 del
Nuovo Codice della Strada (DLs n.285/1992) si applica nel caso in cui la sosta sia vietata ovvero limitata nel tempo
regolamentata secondo la categoria dei veicoli.
Qualora la sosta sia consentita senza limitazioni di tempo, ancorché assoggettata a pagamento, non ricorrono le
condizioni per l’applicazione della sanzione di cui all’art 7 c.15.
Se la sosta viene effettuata omettendo l’acquisto del ticket orario, deve essere necessariamente applicata la sanzione di
cui all’art. 7 c.14 del Codice.
Se invece viene acquistato il ticket, ma la sosta si prolunga oltre l’orario di competenza non si applicano sanzioni
ma si da corso al recupero delle ulteriori somme dovute, maggiorate dalle eventuali penali stabilite da apposito
regolamento comunale, ai sensi dell’art. 17 c. 132 della legge n. 127/1997.
A parere di questo Ufficio in caso di omessa corresponsione delle ulteriori somme dovute, l’ipotesi prospettate da
codesto Comune, di applicare la sanzione di cui all’art. 7 c. 15 del Codice, non è giuridicamente giustificabile, in quanto
l’eventuale evasione tariffaria non configura violazione alle norme del Codice, bensì una inadempienza contrattuale, da
perseguire secondo le procedure” jure privato rum” a tutela del diritto patrimoniale dell’ente proprietario o concessionario.
IL DIRETTORE GENERALE
(Dr.Ing.Sergio DONDOLINI)
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colore dei pali di sostegno delle lanterne semaforiche
parere ministero delle infrastrutture e dei trasporti, prot. 49332, del 4 giugno 2010
Il Ministero fornisce indicazioni sulla colorazione dei pali di sostegno delle lanterne semaforiche, riferendo sci alle indicazioni del CNR.
(n.b. in grassetto nostra evidenziazione)
ministero delle infrastrutture e trasporti
dipartimento per i trasporti, la navigazione e i sistemi informativi e statici
direzione generale per la sicurezza stradale
divisione II
prot. 49332
4 giugno 2010
Oggetto:
Colore dei pali di sostegno delle lanterne semaforiche.
Con riferimento al quesito proposto con la nota in riscontro, si concorda con la Direzione Cnetrale circa l’assenza, nel
Nuovo Codice della Strada (DLs n. 285/1992) e nel connesso Regolamento di Esecuzione e di Attuazione (DPR n.
495/1992), di specifiche indicazioni in merito alla colorazione dei corpi e dei sostegni delle lanterne semaforiche.
Nondimeno di osserva che le raccomandazioni CNR costituiscono uno standard di buona tecnica al quale è consigliabile
attenersi, in virtù della attendibilità tecnica generalmente riconosciuta in capo al suddetto ente.
La circolazione gialla suggerita con il B.U. n. 150 discende dalla considerazione che si vuole dare la migliore visibilità al
sostegno delle lanterne semaforiche.
Ciò non costituisce un impedimento giuridico alla adozioni di altre colorazioni, purchè sia garantita la visibilità del
sostegno; si raccomanda però che tale colorazione sia la medesima su tutto il territorio comunale.
Si resta a disposizione per ogni eventuale ulteriore chiarimento.
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convenzioni per gestione della sosta e infrazioni
provvedimento autorità per la vigilanza sui contratti pubblici
deliberazione n. 50 - adunanza del 27 luglio 2010
L’autorità per la vigilanza sui contratti pubblici indica che sono soggetto a principio della gara gli affidamenti da parte dei Comuni dei
servizi di regolamento della sosta e degli accertamenti delle violazioni del codice della strada.
(n.b. in grassetto nostra evidenziazione)
autorità per la vigilanza sui contratti pubblici
deliberazione n. 50 - adunanza del 27 luglio 2010
visf/ge/09/74046
Oggetto:
Convenzione con l’AC di Foggia per regolamentazione sosta e rilevazione infrazioni
al Codice della strada
Stazione appaltante: Comune di Chieuti;
Esponente: Consiglieri di minoranza del Comune di Chieuti;
Riferimenti normativi: art. 2 comma 1 del d. lgs. 12 aprile 2006, n. 163, art. 15 l. n. 241/90;
Il Consiglio
Visto il decreto legislativo n. 163/2006 e s.m.i.;
Vista la relazione della Direzione generale vigilanza servizi e forniture in data
Considerato in fatto
In data 31 dicembre 2009, è pervenuta a questa Autorità una segnalazione sottoscritta da alcuni consiglieri comunali di
minoranza, nella quale si rappresenta che con deliberazione n. 12 del 29 maggio 2008, il Comune di Chieuti ha affidato
all’Automobile Club (AC) di Foggia il servizio di accertamento delle violazioni al codice della strada, senza esperire alcuna
procedura di evidenza pubblica. In effetti, con il richiamato atto negoziale il Comune ha affidato all’AC locale, per un
periodo di sei anni, il servizio sperimentale di regolamentazione della sosta tariffata e la fornitura degli strumenti
per le rilevazioni delle infrazioni del codice della strada a mezzo apparecchiature elettroniche.
Questa Autorità, osservato che poteva suscitare perplessità la supposta riconducibilità dell’affidamento in oggetto all’art.
15 della legge n. 241/1990 – espressamente richiamato nella convenzione – ha avviato un’istruttoria, richiedendo
all’amministrazione comunale di voler fornire dei chiarimenti. Nel frattempo, i segnalanti hanno integrato la documentazione
inviata, trasmettendo copia del parere già espresso sulla medesima questione in data 17.02.2010 dall’Autorità Garante della
concorrenza e del mercato. Nel citato documento, l’AGCM conclude ritenendo che “….la convenzione proposta dall’AC
Foggia contrasta con la normativa posta a tutela della concorrenza e del mercato, dal momento che l’affidamento
del servizio, con la determinazione delle relative caratteristiche e modalità di gestione, non è stato preceduto
dall’espletamento di una procedura di evidenza pubblica, così da garantire la c.d. concorrenza per il mercato”.
Il Comune ha risposto con una nota corredata di documentazione, nella quale si chiarisce che all’originaria convenzione
con l’AC Foggia - stipulata con atto pubblico rep. n. 35 del 17.06.2008, successivamente modificato con atto rep. n. 57 del
26.03.2009 – è seguita la convenzione n. 65 del 21.01.2010, la quale prevede ulteriori modifiche al testo base approvato nel
2008. In buona sostanza, si tratta di aggiustamenti riguardanti la clausola originariamente pattuita, in forza della quale il
Comune riconosceva un corrispettivo forfettario per ogni contravvenzione correttamente incassata nell’ambito del servizio di
accertamento delle infrazioni in materia di sosta ed uno per ogni contravvenzione correttamente incassata, a fronte della
fornitura di sistemi di prevenzione ed accertamento delle infrazioni a mezzo di apparecchiature elettroniche (autovelox e
rosso/stop).
Nella nuova versione della convenzione si prevede, invece, che per il servizio di accertamento delle infrazioni sarà
riconosciuto “un importo annuo riferito al recupero delle spese e costi di ammortamento dei beni strumentali e dei servizi pari
ad € 333.000,00 oltre iva come per legge, da corrispondersi in rate mensili posticipate di € 27.750,00 oltre iva come per
legge”1.
La modifica si è resa necessaria per conformare il contenuto della convenzione alle istruzioni impartite dal Ministero
dell’Interno, che con circolare del 14 agosto 2009 ha diffuso una direttiva (cd. "direttiva Maroni”), in base alla quale
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l’accertamento delle violazioni in materia di circolazione stradale non può essere delegato a terzi ed il corrispettivo per il
fornitore dell’apparecchiatura per il rilevamento dell’infrazione non può essere commisurato alle sanzioni riscosse2.
Nella nota si rileva, altresì, che come chiarito dall’art. 9 della convenzione in esame, l’atto sarebbe riconducibile proprio
allo schema di cui all’art. 15 della legge 241/90, trattandosi di accordo tra pubbliche amministrazioni. Infatti, l’AC è un ente
pubblico non economico senza scopo di lucro che annovera tra le sue finalità anche quella di collaborare “con le Autorità e
gli organismi competenti all’analisi, allo studio ed alla soluzione dei problemi relativi allo sviluppo ed alla organizzazione della
mobilità delle persone e delle merci, nonché allo sviluppo ed al miglioramento della rete stradale, dell’attrezzatura
segnaletica ed assistenziale, ai fini della regolarità e della sicurezza della circolazione” (art. 4 lett. c) dello Statuto dell’Ente).
Non viene in rilievo, nel caso di specie, la circostanza che l’ente possa agire anche come soggetto privato per svolgere
un’attività economica imprenditoriale; infatti, ai fini della convenzione in esame l’AC persegue soltanto finalità istituzionali,
restando esclusa ogni possibilità di percepire un corrispettivo ulteriore rispetto alla mera compensazione delle spese
sostenute; né rileva il fatto che l’accordo preveda che la sperimentazione e la redazione del piano del traffico siano svolte da
una società all’uopo costituita, in quanto la stessa è totalmente partecipata dall’AC; l’AC ne garantisce la cessione dell’intero
capitale sociale a titolo gratuito al Comune, nell’ipotesi di consolidamento della sperimentazione.
Nella versione da ultimo concordata tra le parti, poi, il corrispettivo annuale previsto (pari ad € 333.000,00) è stato
determinato dividendo i costi dei servizi indicati nel prospetto di spesa allegato alla delibera del Consiglio Comunale (n. 27
del 21 dicembre 2009), con la quale è stata approvata l’ultima modifica della convenzione3.
Sempre secondo l’Ente procedente, anche la giurisprudenza amministrativa confermerebbe la legittimità dell’atto in
esame, avendo sancito che non violano il principio dell’evidenza pubblica gli accordi tra le pubbliche amministrazioni che si
configurino quali rapporti collaborativi autorizzati dalla legge che non siano a titolo oneroso, prevedendo solo il rimborso
delle spese sostenute.
Infine, nella nota difensiva si sottolinea che il Comune ha ritenuto opportuno avvalersi di un soggetto all’uopo qualificato
dalla legge come l’A.C. “senza affidare all’esterno a soggetti privati data l’importanza strategica dell’attività che coinvolge il
tema della sicurezza della circolazione stradale e della vivibilità della città”.
In buona sostanza, dunque, secondo il Comune di Chieuti, l’oggetto della convenzione non si sostanzia in un appalto di
servizi, bensì nella “sperimentazione e gestione coordinata e sinergica del traffico e della sosta dei cittadini: in tal guisa l’AC
Foggia unitamente al Comune realizza l’interesse pubblico per il quale è costituita, quello di collaborare con le autorità
competenti allo studio e alla soluzione dei problemi relativi allo sviluppo ed alla organizzazione delle mobilità di persone e
merci”. D’altra parte, il Comune aveva in precedenza provato ad affidare a privati lo svolgimento di singoli servizi come
quello di rilevazione delle infrazioni attraverso meccanismi elettronici, ma le relative procedure di gara sono andate deserte.
Pertanto, si conclude che del tutto legittimamente l’ente è ricorso allo strumento dell’accordo, di cui all’art. 15 della legge n.
241/90.
In un’articolata nota difensiva, prodotta in sede di audizione anche l’AC Foggia ha prospettato diverse argomentazioni a
sostegno della legittimità della convenzione in contestazione. In particolare, ha rilevato che:
• l’ACI è un ente pubblico non economico che ha un proprio bilancio ed è soggetto al controllo da parte del Ministero del
Turismo. Il Bilancio dell’AC Foggia è inviato anche all’ACI ed è sottoposto anche al controllo della Corte dei Conti.
Federati dell’ACI sono gli AC Provinciali, enti associativi anch’essi, ai quali sono iscritti i soci dell’ACI e a cui vengono
forniti i servizi attraverso le numerose società dell’Ente tutte di capitale pubblico;
• L’AC Foggia si avvale, per il perseguimento dei fini di cui all’art. 4 dello Statuto ACI, di tutte le società a capitale
interamente pubblico ricollegabili all’ACI. In particolar modo, per l’esecuzione degli accordi convenzionati con il
Comune di Chieuti, si avvale della competenza specifica della società ACI Consult – Compagnia Nazionale Parcheggi
S.p.A., a cui sono affidati i compiti di pianificazione degli interventi sul territorio;
• l’Ente AC Foggia ha individuato, sulla base del know how di ACI una serie di interventi che saranno svolti nell’ambito
dell’affidamento per un periodo determinato; alla fine della sperimentazione le attività oggetto di convenzione
diventeranno strutturali all’amministrazione comunale, senza alcun costo diretto per la stessa;
• il rapporto convenzionale tra il Comune di Chieuti e l’AC Foggia non viola il codice della strada, in quanto il
“corrispettivo” da versarsi sulle sanzioni incassate non è determinato in misura percentuale rispetto alla sanzione
amministrativa, ma è quantificato in misura fissa proprio perché rappresenta il “costo” del servizio relativo
all’accertamento che, ovviamente, prescinde dall’entità della sanzione irrogata e riscossa;
• la convenzione è inquadrabile nell’istituto di cui all’art. 15 della legge 241/90. L’istituzione di una società dell’AC
finalizzata al passaggio gratuito dei beni in proprietà comunale non implica alcun mutamento della natura dell’intesa
tra gli enti pubblici stipulanti;
• l’assenza della previsione di corrispettivo a favore dell’AC è questione nodale per il corretto inquadramento giuridico
del rapporto in esame, infatti, è prevista la corresponsione dal Comune all’AC di un importo annuo di € 333.000,00
riferito al recupero delle spese e dei costi di ammortamento dei beni strumentali. Al punto 5.1 è stato espressamente
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•
previsto che “Le parti prendono atto che l’importo annuo per il servizio svolto è commisurato esclusivamente al costo
dei servizi effettuati ed al noleggio delle apparecchiature, rimanendo assolutamente svincolato dall’importo delle
sanzioni eventualmente riscosse, che rappresenta il frutto di una attività svolta esclusivamente dal Comune di Chieuti,
senza alcuna partecipazione all’attività di accertamento da parte dell’AC Foggia e/o del suo gestore operativo.”;
il T.A.R. Lombardia di Milano (sentenza n. 612/2005) ha affermato la piena legittimità di un accordo di collaborazione
sottoscritto da un azienda ospedaliera lombarda e la C.R.I. (Croce Rossa Italiana). Il Giudice Amministrativo ha
evidenziato che i proventi riconosciuti alla C.R.I., così come determinati per un importo fisso ed erogati in misura
costante su fatturazione mensile, non possano far desumere ipso facto l’esistenza di un profitto, dal momento che
risultano commisurati ai costi preventivati dalla C.R.I. in base ai servizi resi.
Si afferma, infine, la completa estraneità della fattispecie in esame rispetto a quella disciplinata dall’art. 23-bis del D.L. n.
112 (servizi pubblici locali), richiamata nel parere dell’AGCM. Infatti, se i casi ricadenti nella disciplina di cui all’art. 23-bis
sono quelli di servizi offerti alla collettività che, per poterne usufruire, corrisponde un canone (o prezzo), nel caso di specie,
l’AC non svolge un servizio pubblico, ma la sua funzione consisterebbe in un’assistenza qualificata al Comune. Peraltro, la
sicurezza stradale, le campagne educative ed informative, il controllo delle infrazioni e della segnaletica stradale, sono dei
servizi che, inquadrati nell’ambito di un piano nazionale, appartengono alla competenza del Ministero delle Infrastrutture e
dei Trasporti; sicché se alla realizzazione di questi servizi contribuiscono nell’ambito dei territori di competenza i Comuni,
questo non consentirebbe di affermare che i detti servizi assumono carattere locale.
Si richiama, infine, come precedente a sostegno della legittimità della convenzione, la sentenza della Corte di Giustizia,
Grande Sezione, del 9 giugno 2009 nella causa C-480/06.
In sede di audizione, i rappresentanti dell’Ente hanno anche chiarito che l’AC Foggia, pur gestendo una serie di servizi a
favore di province ed altri enti locali, non partecipa alle gare d’appalto in quanto ente pubblico senza scopo di lucro. In ogni
caso, tutti gli acquisti necessari per l’erogazione dei servizi vengono effettuati sul mercato secondo le regole previste dal
Codice dei Contratti.
Considerato in diritto
Al fine di risolvere le questioni sottoposte a questa Autorità, occorre verificare se, nel caso in esame, l’amministrazione
procedente abbia correttamente utilizzato lo strumento della convenzione di cui all’art. 15 della legge n. 241/1990, oppure se
viceversa un servizio idoneo a rientrare nell’alveo della figura degli appalti pubblici, sia stato sottratto all’applicazione della
normativa sull’evidenza pubblica e affidato in via diretta in assenza dei necessari presupposti.
Preliminarmente, occorre rilevare che la fattispecie in contestazione esula sia dallo schema dell’in house providing4, che
dall’ambito di operatività della deroga di cui all’art. 19 comma 2 del codice degli appalti, secondo il quale la disciplina dei
contratti pubblici non si applica agli appalti di servizi aggiudicati da un'amministrazione ad un'altra amministrazione
aggiudicatrice o ad un'associazione di amministrazioni aggiudicatrici, in base ad un diritto esclusivo di cui esse beneficiano in
virtù di disposizioni legislative, regolamentari o amministrative pubblicate e purché tali disposizioni siano compatibili con il
trattato. Infatti, l’ACI svolge, in via esclusiva, i soli servizi di riscossione - per conto dello Stato - delle tasse di circolazione
degli autoveicoli e quello di gestione del Pubblico Registro Automobilistico, ma non le attività oggetto dell’affidamento in
esame; è utile chiarire che la convenzione in oggetto prevede che l’AC debba svolgere per il Comune diverse tipologie di
prestazioni e in particolare:
• fornitura e installazione di segnaletica, strumentazione hardware e software, colonnine parcometro, sensori per gli
accessi dei flussi veicolari e per la raccolta dei dati, impianti semaforici, sistemi photored e autovelox;
• acquisizione della disponibilità delle aree di sosta e attivazione della gestione delle entrate da parte dell’Amministrazione
Comunale (l’AC Foggia non incassa direttamente il corrispettivo per l’utilizzo delle aree di sosta che è di competenza
dell’amministrazione comunale);
• raccolta e analisi dei dati;
• selezione del personale con contratto a tempo determinato per la qualifica di Ausiliare del Traffico e relativo corso
presso la sede ACI di Roma;
• attivazione del progetto di educazione stradale denominato “EducAci”;
• consulenza e supporto legale per la realizzazione del Regolamento Comunale per la videosorveglianza.
Quanto al profilo - evidenziato sia dal Comune che dall’AC Foggia nelle rispettive memorie difensive – per cui espressa
previsione legislativa attribuisce all'ACI e agli AC provinciali natura di enti pubblici non economici senza scopo di lucro, va
rilevato che la sola natura di organismo di diritto pubblico del soggetto che svolge il servizio per la stazione appaltante non
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consente di escludere, in ogni caso, l’esistenza di un appalto e, dunque, la necessità di svolgere un procedimento
concorsuale rispettoso delle disposizioni del codice dei contratti.
Infatti, anche gli enti pubblici rientrano nella definizione comunitaria di operatori economici, in particolare, se si tratta di enti
pubblici economici. Quanto agli enti pubblici non economici, come noto, di recente la Corte di Giustizia (quarta sezione
sentenza 23 dicembre 2009, causa C-305/08) ha chiarito che le Università e gli istituti di ricerca che non perseguono un
preminente scopo di lucro devono poter partecipare a una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico, qualora siffatti
soggetti siano autorizzati dal diritto nazionale ad offrire sul mercato i servizi oggetto dell’appalto considerato; ciò, in quanto
“l’art. 1, n. 8, primo e secondo comma, della direttiva 2004/18 riconosce la qualità di operatore economico non soltanto a
ogni persona fisica o giuridica, ma anche, in modo esplicito, a ogni ente pubblico, nonché ai raggruppamenti costituiti da tali
enti, che offrono servizi sul mercato. Pertanto, la nozione di ente pubblico può includere anche organismi che non
perseguono un preminente scopo di lucro, che non hanno una struttura d’impresa e che non assicurano una presenza
continua sul mercato”.
Non sembra, poi, utile al fine di sostenere la legittimità dell’affidamento in esame, il richiamo alla giurisprudenza della
Corte di Giustizia – a cui si rinvia nella memoria del Comune di Chieuti - riguardante il caso della Croce Rossa Italiana (Corte
di Giustizia Europea, III sezione, Causa C-119/06 sentenza 29 novembre 2007). Infatti, come rilevato da tutti i commentatori
che si sono occupati della nota pronuncia, nel citato precedente non è stata accertata la legittimità dell’accordo quadro
stipulato con la Croce Rossa per il servizio di trasporto sanitario, in quanto il rigetto del ricorso per inadempimento proposto
dalla Commissione nei confronti dell’Italia è dipeso dalla mancata allegazione di prove in merito alla sussistenza di un
interesse transfrontaliero per l’affidamento contestato. In quell’occasione, la Corte ha, infatti, chiarito che ai fini
dell’applicazione della disciplina comunitaria degli appalti pubblici, nella definizione di operatore economico può ben essere
ricompreso un ente pubblico, e a maggior ragione un organismo no-profit. Inoltre, la Corte ha rigettato le argomentazioni del
governo italiano, relative al fatto che il servizio sarebbe prestato da organizzazioni no profit, osservando che deve
considerarsi contratto a titolo oneroso un accordo il quale preveda un corrispettivo superiore alle spese sostenute dalla
controparte della stazione appaltante.
Più recentemente, la Corte di Giustizia tornando sull’argomento (cfr. sentenza 9 giugno 2009, causa C-480/06,
Commissione delle Comunità europee c. Repubblica federale di Germania) ha, invece, affermato che è legittimo il contratto
stipulato da alcune circoscrizioni amministrative relativo allo smaltimento dei rifiuti direttamente con i servizi della nettezza
urbana di un Comune anche se in assenza di una gara d’appalto a livello comunitario, in quanto un’autorità pubblica può
adempiere compiti di interesse pubblico mediante propri strumenti o in collaborazione con altre autorità pubbliche.
Nell’ipotesi in cui tale contratto costituisce il fondamento per la costruzione e gestione future di un impianto destinato
all’espletamento di un servizio pubblico (nel caso di specie la termovalorizzazione dei rifiuti), se è stato stipulato solo da
autorità pubbliche senza la partecipazione di una parte privata e non prevede né pregiudica l’aggiudicazione degli appalti
eventualmente necessari per l’espletamento del servizio pubblico (nella specie la costruzione e gestione dell’impianto di
trattamento dei rifiuti), non viola la normativa comunitaria in materia di appalti pubblici5. In buona sostanza, si ammette una
forma di cooperazione orizzontale tra amministrazioni aggiudicatrici, quando la stessa comporta la conclusione di contratti
non coperti dalla normativa comunitaria e sempre che ricorrano le seguenti condizioni:
• sono coinvolte solo entità pubbliche;
• la cooperazione deve essere finalizzata ad assicurare la realizzazione congiunta di un servizio pubblico con una effettiva
condivisione di compiti pubblici e responsabilità;
• tale cooperazione non deve comportare trasferimenti finanziari, a parte quelli corrispondenti ai costi effettivi sostenuti per
le prestazioni;
• vi è il perseguimento di interessi esclusivamente pubblici senza coinvolgere anche considerazioni di natura
commerciale6.
Parte della giurisprudenza nazionale ha sostenuto che il nostro ordinamento prevede numerosi istituti che consentono
un’agevole trasposizione dei principi espressi dalla Corte di Giustizia nella sentenza esaminata, il principale dei quali
disciplinato proprio dall’art. 15 L. n. 241/90, secondo il quale “le amministrazioni pubbliche possono sempre concludere tra
loro accordi per disciplinare lo svolgimento in collaborazione di attività di interesse comune”.7
D’altro canto, altra recente giurisprudenza8 ha annullato le determinazioni assunte da una Azienda sanitaria che aveva
affidato la progettazione per la realizzazione di un nuovo plesso ospedaliero all’Università, senza espletare alcuna
procedura di evidenza pubblica, utilizzando lo strumento convenzionale, ai sensi dell’articolo 15 della legge 241 citata.
Alla luce di quanto fin qui esposto deve concludersi che, fuori dai casi diin house providing, e da quello contemplato
dall’art. 19 comma 2 del codice dei contratti, vi è l’ipotesi della cooperazione orizzontale tra soggetti pubblici, nella quale è
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legittimo l'affidamento diretto a enti pubblici non economici; si tratta di casi nei quali, comunque, sembra potersi escludere la
stessa sussistenza di un contratto d'appalto, tenuto conto che gli elementi costitutivi della fattispecie sono, da un lato,
l’assenza di un corrispettivo per le prestazioni previste nell’accordo, essendo ammessa la sola copertura dei costi (nella
definizione contenuta nel codice, invece, gli appalti pubblici sono contratti a titolo oneroso) e dall’altro una effettiva e reale
divisione di compiti e responsabilità pubbliche (l’appalto ha ad oggetto, invece, l’esecuzione di un’opera, un servizio o una
fornitura in favore della stazione appaltante). Occorre, dunque, verificare se ricorrono i presupposti per ricondurre la
fattispecie in esame nell’alveo della cooperazione orizzontale tra pubbliche amministrazioni.
Come già evidenziato nella parte in fatto, in seguito alle modifiche successivamente introdotte, la convenzione prevede la
corresponsione di un importo annuale pari ad € 333.000,00 approvato dal Comune sulla base del prospetto predisposto
dall’AC. Non avendo le parti indicato come si è giunti alla determinazione di tale valore, si deve ritenere che il corrispettivo
versato dal Comune di Chieuti non contenga al più un margine a vantaggio dell’AC Foggia. L’assenza di un margine sui costi
è comune a tutti i soggetti no-profit, ma ciò non fa venir meno il carattere di onerosità degli affidamenti e, dunque,
l’assoggettamento al Codice dei contratti. Peraltro, nel caso di specie, l’importo è determinato ex ante e non a consuntivo.
Quanto all’oggetto della convenzione, si è già evidenziato che l’AC di Foggia - oltre ad attività più prettamente
istituzionali, quali ad esempio quelle di studio e di analisi dei dati ovvero quelle correlate all’attivazione del progetto di
educazione stradale nelle scuole – deve effettuare numerose altre prestazioni comunemente svolte dagli operatori presenti
sul mercato per lo più correlate alla gestione dei parcheggi pubblici, nonché la fornitura di apparecchiature per la
rilevazione delle infrazioni ed di altra variegata strumentazione tecnologica. Nello svolgimento di queste attività,
sembrerebbe difettare il requisito della collaborazione per la realizzazione congiunta di un servizio comune. A questa
conclusione - seppure al fine di escludere la riconducibilità della fattispecie nel novero dei servizi pubblici locali soggetti
all’applicazione dell’art. 23-bis del d.l. 112/08 e successive modificazioni – giunge anche l’AC nelle proprie note difensive
dove si afferma che l’ente non svolge un servizio pubblico, ma la sua funzione consiste in un’assistenza qualificata al
Comune. In effetti, sebbene includa prestazioni inerenti la gestione dei parcheggi pubblici - normalmente inquadrabile quale
concessione di servizi – nel caso di specie non è previsto che l’AC abbia in gestione i parcheggi, ma che ne agevoli la
gestione da parte del Comune, attivando la strumentazione per il pagamento da parte degli utenti. Ugualmente, la funzione
di accertamento delle infrazioni resta di stretta competenza del Comune.
Si ritiene, pertanto, che la fattispecie in esame - certamente estranea allo schema della concessione di servizi, difettando
il necessario elemento di accollo del rischio di gestione in capo all’affidatario - sia da inquadrare come appalto di servizi, in
quanto tale soggetto all’applicazione delle disposizioni del codice dei contratti.
Al contempo, in forza di quanto chiarito dalla Corte di Giustizia, con riferimento agli AC provinciali ed anche all’ACI che,
come altri operatori economici, offre servizi sul mercato9, non si ravvisa alcun ostacolo alla partecipazione alle procedure di
evidenza pubblica, ivi incluse quelle riguardanti l’affidamento dei servizi oggetto della convenzione in esame. D’altro canto,
sebbene non persegua un preminente scopo di lucro, per espressa previsione statutaria, l’ACI, che non riceve alcun
contributo pubblico, è abilitato a provvedere al conseguimento dei suoi fini di tutela degli interessi dell’automobilismo,
attraverso i proventi delle attività svolte sul mercato oltre che attraverso le quote annuali dei contributi dei soci, ai quali,
comunque, l’ACI si propone come prestatore di diversi servizi, in concorrenza con altri operatori del mercato.
In base a quanto sopra considerato,
Il Consiglio
ritiene che:
• i servizi oggetto della convenzione stipulata con l’AC Foggia devono essere affidati dal Comune a seguito di
procedura ad evidenza pubblica, nel rispetto delle disposizioni in materia di appalti pubblici di servizi;
• difettando i requisiti della collaborazione per la realizzazione congiunta di un servizio pubblico e dell’assenza di
corrispettivo per tale collaborazione, nel caso in esame non è legittimo ricorrere allo strumento della convenzione ex
art. 15 della legge 241/1990;
• l’AC Foggia, al pari degli altri AC Provinciali e dell’ACI, quali operatori economici che offrono stabilmente servizi sul
mercato, sono legittimati a partecipare alle procedure ad evidenza pubblica bandite per l’affidamento di appalti di servizi
e forniture;
• dà mandato alla Direzione Generale Vigilanza Servizi e Forniture perché comunichi la presente deliberazione al
Comune di Foggia ed alla segnalante e affinché disponga la pubblicazione della delibera sul sito internet dell'Autorità.
Firmato:
Il Consigliere Relatore: Piero Calandra
Il Presidente f.f.: Giuseppe Brienza
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Depositato presso la Segreteria del Consiglio in data 3 agosto 2010
Per il Segretario: Adele Fioroni
Note
Con le prime modifiche apportate sul punto, con l’atto rep. n. 35 era stato chiarito che le attività sanzionatorie sarebbero state svolte
dall’Ufficio di Polizia Municipale, ma permaneva la previsione di un corrispettivo forfettario correlato all’incasso della singola
contravvenzione.
2 Al riguardo, si fa presente che con la recente ordinanza 28 gennaio 2010, n. 1955 la Suprema Corte civile reiterava il principio (cfr.
Cass. Civ. n. 22816 del 2008), secondo cui in tema di accertamento della violazione di norme del C.d.S sui limiti di velocità mediante
strumenti elettronici omologati (c.d. “autovelox”), l’accertamento delle violazioni delle norme del Codice della Strada sui limiti di velocità
non può essere affidato interamente a soggetti privati stabilendo, quindi, che l’assistenza tecnica delle società appaltatrici dei servizi
deve limitarsi alla sole fasi di installazione ed impostazione delle apparecchiature elettroniche volte all’accertamento de quo, e non può
estendersi anche alla lettura dei risultati delle rilevazioni, alla verbalizzazione e alla notifica dei verbali, pena la evidente violazione delle
norme di legge che riservano i servizi di polizia stradale ai pubblici ufficiali (artt. 11 e 12 C.d.S.). Con la sentenza n. 10620 del 17 marzo
2010, anche la Cassazione penale ha ribadito in linea generale l’orientamento suddetto, specificando, ancora una volta, che
l’accertamento delle violazioni (ai sensi dell’art. 11 lett. A C.d.S.), ricade tra le attività di servizio della polizia stradale, e non è, pertanto,
delegabile a terzi ed in più punta l’indice sulle finalità di questo tipo di rilevazioni delle infrazioni che dev’essere considerata
esclusivamente preventiva e non repressiva o di finanziamento pubblico o lucro privato.
3 in realtà nella delibera citata si dà atto che i costi complessivi dei beni e servizi offerti sono stati verificati in base alla
documentazione prodotta dall’AC.
4 Affinchè sussistano i presupposti per la deroga c.d. “in house” in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici, è necessario da un
lato che l’amministrazione aggiudicatrice eserciti sulla sua controparte contrattuale, soggetto da esso distinto, un controllo analogo a
quello da esso esercitato sui propri servizi e, dall’altro lato, che tale soggetto realizzi con l’ente pubblico la parte prevalente della propria
attività (si v. in tal senso, la sentenza 18 novembre 1999, causa C-107/98, Teckal).
5 Nello stesso senso la Corte si era espressa nella sentenza del 13 novembre 2008, causa Coditel Brabant C 324/07.
6 Al riguardo, si veda anche la circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 9 marzo 2010 avente ad oggetto la
“cooperazione tra amministrazioni pubbliche (cooperazione pubblico-pubblico), ed in particolare gli accordi ex art.15 della legge n. 241
del 1990”.
7 Tar Lombardia, Milano, sentenza n. 74 del 19 gennaio 2010, nella quale si ritiene legittimo l’avviso di selezione per l’affidamento
dell'incarico di studio e di consulenza tecnico-scientifica per la redazione del Piano di Governo del Territorio comunale rivolto alle sole
Università, sul presupposto che concretamente non si è dato luogo ad alcuna vera e propria procedura di evidenza pubblica, ma ad un
accordo tra Enti Pubblici, sebbene preceduto da una fase di potenziale scelta tra più Università eventualmente interessate.
8 TAR Puglia, Lecce, Sez. II, 2 febbraio 2010, n. 417 e n. 418.
9 L’ACI è presente nel settore assicurativo, tramite la società SARA Assicurazioni S.p.A.; nel settore bancario e finanziario con BANCA
SARA; nel turismo tramite la società VENTURA, nel soccorso stradale, per il tramite della ACI Global S.p.A.; nell’ambito dei servizi di
ITC, con la ACI Informatica S.p.A.; nella gestione della mobilità, con ACI Consult – Compagnia Nazionale Parcheggi S.p.A.; nella
Infomobilità, tramite la RADIO TRAFFIC; nella gestione degli autodromi, con ACI Vallelunga S.p.A.; nell’editoria, con ACI Mondadori;
nell’assistenza nel settore medico e legale, con la ALA Service.
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distanza minima tra il segnali di limite di velocità e autovelox
parere ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Prot. 112, 13 gennaio 2011
Il Ministero precisa la distanza minima ( un chilometro) che ci deve essere tra la posizione del rilevatore di velocità e il segnale del
limite di velocità.
(n.b. in grassetto nostra evidenziazione)
ministero delle infrastrutture e trasporti
dipartimento per i trasporti, la navigazione e i sistemi informativi e statici
direzione generale per la sicurezza stradale
divisione II
Prot. 112
13 gennaio 2011
Oggetto:
Segnaletica stradale di limitazione della velocità.
Rif. prot. n. 73434 del 19.10.2010.
Con riferimento alle problematiche esposte nella nota in riscontro, si precisa quanto segue.
L’art. 25 c. 2, 2° periodo, della Legge n. 120/2010 prevede che i rilevatori “fuori dai centri abitati non possono
comunque essere utilizzati o installati ad una distanza inferiore ad un chilometro dal segnale che impone il limite di
velocità”.
Ciò stante è ovvio che è l’ultimo segnale incontrato dall’utente della strada quello al quale riferire la distanza di 1 km, a
meno che non si tratti di una mera ripetizione di un segnale precedente lungo un tratto in cui non ci sono intersezioni.
Infatti in quest’ultima ipotesi è il segnale posto dopo l’intersezione quello che è noto agli utenti che vi si immettono con una
manovra di svolta, e quindi anche per questi ultimi deve essere garantita la prescritta distanza.
Pur nella convinzione che quest’ultima innovazione legislativa comporti ovviamente non pochi problemi o la necessità di
rivisitare le postazioni esistenti, ovvero modificare le modalità operative, non può tuttavia esprimersi diverso avviso.
Si resta a disposizione per ogni eventuale ulteriore chiarimento.
Il dirigente tecnico
(Dott. Ing. Francesco Mazziotta).
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circolazione nelle rotatorie
parere ministero delle infrastrutture e dei trasporti, prot. 207, 19/1/2011
Il Ministero chiarisce le modalità di circolazione nelle rotatorie.
(n.b. in grassetto nostra evidenziazione)
ministero delle infrastrutture e trasporti
dipartimento per i trasporti, la navigazione e i sistemi informativi e statici
direzione generale per la sicurezza stradale
divisione II
prot. 207
19/1/2011
Oggetto:
quesito relativo alla circolazione dei veicoli nelle rotatorie.
Con riferimento alle problematiche esposte nella nota in riscontro, si comunica quanto esegue.
Per quanto concerne la circolazione sulle rotatorie, si osserva che in linea generale ricorre l’applicazione dell’art. 154 del
Nuovo Codice della Strada (DLgs n. 285/1992).
In particolare il comma 1 prescrive che tutti i conducenti, prima di effettuare una manovra, devono preventivamente
assicurarsi di non creare pericolo o intralcio agli altri conducenti, e segnalare con sufficiente anticipo la loro intenzione.
Quale che sia l’ordine di precedenza stabilito nella rotatoria, chi si immette sull’anello deve azionare l’indicatore sinistro,
chi ne esce deve azionare l’indicatore destro.
In ogni caso l’anello della rotatoria è assimilato ad un tronco stradale munito di diramazione; durante la marcia su di esso,
dunque, non è necessario mantenere la segnalazione dell’indicatore sinistro; è invece necessario moderare la velocità ai
sensi dell’art. 141, ce. 3 e 4, e attenersi alle prescrizioni dettate dall’art. 154.
Si resta a disposizione per ogni eventuale ulteriore chiarimento.
Il direttore della divisione
(Dott. Ing. Sergio Dondolini).
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colorazione degli attraversamenti pedonali
parere ministero delle infrastrutture e dei trasporti, prot. 1379, 11 marzo 2011
Il Ministero precisa – se mai ce n’era bisogno – che sono vietati gli attraversamenti pedonali colorati (rossi, verdi, azzurri), in quanto la
segnaletica stradale deve essere solo ed esclusivamente quella prevista dal codice stradale.
(n.b. in grassetto nostra evidenziazione)
ministero delle infrastrutture e trasporti
dipartimento per i trasporti, la navigazione e i sistemi informativi e statici
direzione generale per la sicurezza stradale
divisione II
prot. 1379
11 marzo 2011
Oggetto:
Colorazione degli attraversamenti pedonali. Quesito.
Con riferimento alla nota prot. 18056/10 del 21 febbraio 2011, con richiesta di chiarimenti in merito alla colorazione degli
attraversamenti pedonali, si ricorda che la segnaletica orizzontale deve essere conferme a quanto previsto dall’art. 137 del
regolamento di Attuazione del Codice della Strada e nello specifico all’art. 145 per quanto attiene gli attraversamenti
pedonali. E’ vietata qualsiasi differente tipologia di segnaletica da quanto prescritto nei sopracitati articoli.
Relativamente alla colorazione, si evidenzia che anche a livello europeo, per la segnaletica orizzionatle su strada si fa
riferimento solo al bianco e al giallo (norma europea EN 1436)
Si alle alla presente un estratto della II Direttiva sulla corretta ed uniforme applicazione delle norme del Codice della
Strada in materia di segnaletica e criteri per l’installazione e la manutenzione, del 27 aprile 2006, in cui si tratta degli
attraversamenti pedonali colorati e dei rialzamenti.
Il dirigente tecnico
(Dott. Ing. Francesco Mazziotta).
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segnalazione delle fermate bus
parere ministero delle infrastrutture e dei trasporti, prot. 5232, 24/10/2011
Il Ministero chiarisce sulla corretta installazione e segnalazione di una fermata bus del trasporto pubblico, soprattutto se su carreggiata.
(n.b. in grassetto nostra evidenziazione)
ministero delle infrastrutture e trasporti
dipartimento per i trasporti, la navigazione e i sistemi informativi e statici
direzione generale per la sicurezza stradale
divisione II
prot. 5232
24/10/2011
Oggetto:
Articolo 352, comma 6, del Regolamento di esecuzione del Codice della Strada (DPR n. 495/1992).
Rif. prot. N. 326078 del 13.06.2011.
Con riferimento alla nota in riscontro, concordando sostanzialmente con quanto in essa espresso, si precisa che e
caratteristiche geometriche di cui all’art. 352, c. 6, del Regolamento si riferiscono alle piazzole di fermata poste fuori della
carreggiata.
Qualora non sia possibile la realizzazione di tali piazzole, devono essere rispettate le misure indicate dall’art. 151 del
Regolamento, relative alle fermate poste sulla carreggiata.
La presenza sulla carreggiata di una fermata del servizio di trasporto pubblico deve essere presegnalata qualora
essa configuri una situazione di pericolo non percepibile con tempestività da un conducente che osservi le norali regole di
prudenza, ai sensi dell’art. 84 c. 2 del Regolamento.
In tal caso deve essere apposto il segnale di “altri pericoli”, munito di pannello integrativo, se la fermata non è visibile, e se
del caso può essere imposto localmente un limite massimo di velocità opportunamente ridotto rispetto a quello vigente sulla
tratta stradale, ai sensi dell’art. 142 c. 2 del Codice (DLs n. 285/1992).
Si resta a disposizione per ogni eventuale ulteriore chiarimento.
Il dirigente tecnico
(Dott. Ing. Francesco Mazziotta).
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circolazione e corsie nelle rotatorie
parere ministero delle infrastrutture e dei trasporti, prot. 5235, 24/10/2011
Il Ministero chiarisce le modalità di circolazione nelle rotatorie.
(n.b. in grassetto nostra evidenziazione)
ministero delle infrastrutture e trasporti
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direzione generale per la sicurezza stradale
divisione II
prot. 5235
24/10/2011
Oggetto:
quesito relativo alla circolazione dei veicoli nelle rotatorie.
Rif. prot. N. 70429 del 29.09.2011.
Con riferimento alle problematiche esposte nella nota in riscontro, si rinvia alle “norme funzionali e geometriche per la
costruzione delle intersezioni stradali” approvate con Decreto Ministeriale 19.04.2006.
In particolare il paragrafo 4.5 prevede che la circolazione sull’anello avvenga su di un’unica corsia, lungo la quale i veicoli
devono necessariamente procedere in accodamento, godendo del diritto di precedenza.
Conseguentemente i rami di ingresso devono essere gravati del corrispondente segnale prescritto; chi entra nella rotatoria
deve azionare l’indicatore di direzione di sinistra per segnalare l’immissione nel flusso di circolazione che si svolge
nell’anello, mentre chi esce deve azionare quello di destra.
I problemi sorgono nelle rotatorie con non rispettano le suddette norme funzionali e geometriche, e che sovente sono
dotate di più di una corsia sull’anello.
In tal caso i tratti a disposizione per il cambio di corsia presentano lunghezze non commisurate alla locale velocità di
percorrenza, salvo il caso di rotatorie di diametro talmente elevato da consentire il rispetto delle distanze di visibilità per lo
scambio previste nel paragrafo 5.1.4. delle “Norme funzionali e geometriche per la costruzione delle strade”, approvato con
Decreto Ministeriale 05.11.2001.
Pertanto, nei casi non conformi al citato DM 19.04.2006, si concorda con l’orientamento di codesta Provincia, relativo al
rispetto delle norme di cui agli artt. 141, 143, 145 e 154 del Codice della Strada (DLs n. 285/1992); nel caso di rotatorie a più
corsie, chi cambia corsia sull’anello è comunque tenuto ad azionare il corrispondente indicatore di direzione.
Circa la rappresentazione grafiche prodotte, si osserva infine che esse non sono propriamente coerenti con la geometria di
intersezione a rotatoria come a norma.
Si resta a disposizione per ogni eventuale ulteriore chiarimento.
Il dirigente tecnico
(Dott. Ing. Francesco Mazziotta).
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constatazione degli illeciti amministrativi
per infrazioni al codice della strada in materia di sosta vietata
parere ministero delle infrastrutture e dei trasporti, prot. 2291, 03/05/2012
Il Ministero chiarisce sull’accertamento dell’infrazione sul divieto di sosta.
(n.b. in grassetto nostra evidenziazione)
ministero delle infrastrutture e trasporti
dipartimento per i trasporti, la navigazione e i sistemi informativi e statici
direzione generale per la sicurezza stradale
divisione II
prot. 2291
03/05/2012
Oggetto:
vietata.
Constatazione degli illeciti amministrativi per infrazioni al Codice della Strada in materia di sosta
Rif. prot. N. 2.222 del 30.03.2012.
Con riferimento a quanto esposto nella nota in riscontro, si premette che ai sensi dell’art. 201, c. 1bis, lett. D), del nuovo
Codice della Strada (Dls n. 285/1992), le violazione al divieto di sosta possono dar luogo alla contestazione non immediata
nel caso di accertamento in assenza del trasgressore e del proprietario del veicolo.
Ciò premesso, si osserva che i sistemi di videosorveglianza, mentre possono essere idonei a dimostrare l’avvenuta
violazione, non risultano tuttavia idonei a dimostrare l’assenza del trasgressore e del proprietario del veicolo, circostanza che
può essere accertata solo dall’intervento diretto degli organi di polizia stradale, e pertanto non risulterebbe giustificata la
contestazione non immediata.
Si resta a disposizione per ogni eventuale ulteriore chiarimento.
Il dirigente tecnico
(Dott. Ing. Francesco Mazziotta).
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dimensioni e formati dei segnali verticali
parere ministero delle infrastrutture e dei trasporti, prot. n. 4375, 27/07/2012
Il Ministero fornisce chiarimenti sulla dimensioni dei segnali.
(n.b. in grassetto nostra evidenziazione)
ministero delle infrastrutture e trasporti
dipartimento per i trasporti, la navigazione e i sistemi informativi e statici
direzione generale per la sicurezza stradale
divisione II
prot. n. 4375
27/07/2012
Oggetto:
Quesito sulle dimensioni e formati dei segnali verticali.
Rif. prot. n. 28548 del 29.06.2012.
Con riferimento al quesito proposto con la nota in riscontro, spiace comunicare che, ai sensi dell’art. 80, c. 2 del
Regolamento, solo i segnali ripetuti sul lato sinistro possono essere di dimensioni normali.
Al riguardo si osserva che, se la strada in questione è classificata urbana di scorrimento, è possibile impiegare su di essa i
dispositivi finalizzati al rilevamento a distanza delle violazioni ai limiti di velocità, previo decreto prefettizio di individuazione ai
sensi dell’art. 4 del DL. n. 121/2002, convertito con modificazioni dalla L. n. 168/2002 e successive modifiche.
Si osserva inoltre che la prescrizione relativa al limite di velocità deve essere resa nota con l’apposito segnale di cui all’art.
116, c. 1, lett. e) e Fig. II.50 del Regolamento (DPR n. 495/1992), nei formati grande (diametro 90 cm) e normale (60 cm)
della Tabella 11.2.
Per quanto riguarda la segnalazione delle postazioni di controllo, essa deve essere realizzata secondo il dispositivo di cui
all’art. 1, c. 2 del decreto 15.08.2007, emanato dal Ministero dei Trasporti di concerto con il Ministero dell’Interno.
Trattasi dunque di segnale di indicazione, fattispecie diversa dal segnale di prescrizione.
Si resta a disposizione per ogni eventuale ulteriore chiarimento.
Il dirigente tecnico
(Dott. Ing. Francesco Mazziotta).
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raccolta curata dal sito web mobilita&sicurezzastradale – m&ss
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integrazione sulla dimensioni e formati dei segnali verticali
parere ministero delle infrastrutture e dei trasporti,
Il Ministero fornisce chiarimenti sulla dimensioni dei segnali.
(n.b. in grassetto nostra evidenziazione)
ministero delle infrastrutture e trasporti
dipartimento per i trasporti, la navigazione e i sistemi informativi e statici
direzione generale per la sicurezza stradale
divisione II
prot. n. 4376
27/07/2012
Oggetto:
Integrazione quesito inviato con raccomandata AR del 29.06.2012.
Rif. prot. n. 28846 del 02.07.2012.
Con riferimento al quesito proposto con la nota in riscontro, si osserva che, come precisato dall’art. 80, c. 1, del
Regolamento (DPR n. 495/1992), l’altezza delle lettere per i segnali di preavviso di determina in funzione della distanza di
leggibilità richiesta in relazione alla “velocità locale predominante” e al numero di iscrizioni.
Quindi per un corretto dimensionamento occorre riferirsi alla velocità realmente tenuta dagli utenti della strada, e non a
quella localmente imposta.
In pratica ci si riferisce ad una velocità più elevata, dell’ordine di 10-20 km/h in più, che nel caso segnalato di tre righe,
applicando la formula empirica della Tabella 11.17, porterebbe ad una misura di circa 7,5 cm, che si consiglia di arrotondare
ad almeno 6 cm.
Qualora si volesse realizzare il segnale con solo due righe, ci si può riferire alla Tabella 11.16. Ma in tal caso, se sulla
strada interessata è imposto, come sembra, un limite massimo di velocità di 50 km/h, occorrerebbe riferirsi non ad una
urbana di scorrimento ma alle “altre strade”, e quindi ad una distanza di leggibilità di 60 m, che porterebbe ad un’altezza di
letetre di circa 8 cm. con alfabeto normale.
Si resta a disposizione per ogni eventuale ulteriore chiarimento.
Il dirigente tecnico
(Dott. Ing. Francesco Mazziotta).
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contravvenzione per ticket scaduto nei parcheggi a pagamento
parere ministero delle infrastrutture e dei trasporti, prot. 370, 15/01/2013
Dopo analogo parere già espresso nel marzo 2010, il Ministero conferma che il codice della strada non prevede sanzioni per chi, nei
parcheggi a pagamento, sosta oltre il tempo pagato risulta dalla ricevuta esposta.
Anche noi riconfermiamo la nostra contrarierà a questa lettura del codice della strada da parte del Ministero, che svilisce l’obiettivo
strategico della sosta a pagamento, anche se molti comuni hanno imposto tariffe troppo elevate che non centrano nulla con la gestione
del sistema della mobilità, ma solo per “fare cassa”.
(n.b. in grassetto nostra evidenziazione)
ministero delle infrastrutture e trasporti
dipartimento per i trasporti, la navigazione e i sistemi informativi e statici
direzione generale per la sicurezza stradale
divisione II
prot. 370
15/01/2013
Oggetto:
Oria. Servizi parcheggi a pagamento a mezzo strisce blu.
Quesito circa legittimità contravvenzioni al CdS in caso di ticket orario scaduto di validità
Rif. nota email del 19.12.2012.
Con riferimento a quanto esposto nella nota in riscontro, nel confermar ei pareri già espressi in precedenza sul medesimo
argomento, si comunica quanto segue.
La sanzione di cui all’art. 7, c. 15, del Codice si applica solo in centro abitato, in caso di sosta limitata o regolamentata, e
per ogni periodo per il quale si protrae la violazione; al riguardo questa Direzione Generale ha già chiarito in passato che la
limitazione deve intendersi riferita al tempo consentito, e la regolamentazione alla categoria di veicoli ammessa a sostare.
Nel caso in argomento pare invece di capire che la sosta avviene in aree di parcheggio, ed è consentita a tempo
indeterminato, ancorchè soggetta al pagamento di una somma.
Tale circostanza esclude dunque a priori l’applicazione della sanzione di cui all’art. 7 c.15, in quanto questa ricorre solo
qualora si tratti solo di sosta limitata nel tempo, ovvero vietata a determinate categorie di veicoli.
La sosta che si protrae oltre l’orario corrispondente all’importo pagato, quale risulta dalla ricevuta regolarmente esposta,
configura invece solo una inadempienza contrattuale, con conseguente recupero delle ulteriori somme dovute, ed eventuale
penale a carico dell’inadempiente, da fissare con apposito regolamento comunale, come peraltro sancito dall’art. 17 c. 132
della L. n. 127/1997.
Si resta a disposizione per ogni eventuale ulteriore chiarimento.
Il dirigente tecnico
(Dott. Ing. Francesco Mazziotta).
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pagamento tariffa sosta mediante cellulare
parere ministero delle infrastrutture e dei trasporti, prot. 6848, 13 novembre 2013
Il Ministero chiarisce che è obbligatorio esporre il ticket del pagamento della sosta nei posti auto con tariffa per consentire a qualsiasi
agente della polizia stradale di poter controllare ed eventualmente contravvenzionare.
Ciò non è possibile pagando la sosta tramite telefono, perchè non tutti gli agenti dispongono della strumentazione per verificare il
pagamento.
(n.b. in grassetto nostra evidenziazione)
ministero delle infrastrutture e trasporti
dipartimento per i trasporti, la navigazione e i sistemi informativi e statici
direzione generale per la sicurezza stradale
divisione II
prot. 6848
Roma, 13 novembre 2013
Oggetto: chiarimenti.
Con riferimento alla nota a margine, si chiarisce che nelle aree pubbliche dove vige un regime di sosta a pagamento è
obbligatorio esporre il titolo di pagamento che comprova il pagamento della tariffa, e che consente di verificare altresì la
durata della sosta.
Si ritiene che il pagamento mediante telefono possa essere ammesso per la sosta in aria confinata o privata mentre per la
sosta su strada pubblica comunque bisogna garantire l’esposizione di un titolo di pagamento perché possa essere svolto il
controllo dell’effettiva durata della sosta rispetto alla tariffa pagata.
Inoltre si rammenta che l’eventuale rilievo dell’infrazione può essere effettuato da qualsiasi organo di polizia stradale,
anche diverso dagli eventuali operatori dedicati a questo specifico servizio, come indicato nella nota di codesta ditta, che non
potrebbero effettuare il controllo non essendo in possesso degli strumenti necessari a verificare, nel caso di specie,
l’eventuale mancato pagamento.
Per quanto ritiene al sistema My Cicero questo ufficio non ha mai omologato parcometri con questa denominazione o
sistema della società Pluservice S.r.l.
Il dirigente tecnico
(Dott. Ing. Francesco mazziotta).
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la segnaletica in strada privata ad uso pubblico
parere ministero delle infrastrutture e dei trasporti, prot. 1340, 18 marzo 2014
Il Ministero chiarisce che nelle strade ad uso pubblico (e di proprietà privata), la regolamentazione della circolazione è competenza del
Comune che deve apporre (e mantenere ndr), la relativa segnaletica..
(n.b. in grassetto nostra evidenziazione)
ministero delle infrastrutture e trasporti
dipartimento per i trasporti, la navigazione e i sistemi informativi e statici
direzione generale per la sicurezza stradale
divisione II
Prot. 1340
Roma, 18 marzo 2014
Oggetto:
Interpello. Area privata ad uso pubblico. Rif. PEC del 28/02/2014.
Con riferimento a quanto esposto con la nota in riscontro, si osserva che, da quanto è dato di capire, l’area in oggetto può
ritenersi a tutti gli effetti “ad uso pubblico”, essendo aperta a chiunque, come dichiarato, da oltre vent’anni.
Se così è, su di essa il Comune è titolato a regolamentare la circolazione e ad opporre la prescritta segnaletica, ai sensi
dell’art. 7, c. 1, lett. a), e dall’art. 37, c. 1 lett. c), del nuovo codice della strada (DLgs 285/1992).
Al riguardo pare opportuno evidenziare che i residenti non possono procedere all’apposizione di alcuna segnaletica, e che
non è necessario l’inserimento della strada nel demanio comunale, essendo sufficiente l’uso e non la proprietà,
Si resta a disposizione per ogni eventuale ulteriore chiarimento.
Il dirigente tecnico
(Dott. Ing. Francesco Mazziotta).
Pag. 115 a 115