Notizie Verdi - Federazione dei Verdi

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Notizie Verdi - Federazione dei Verdi
Organo ufficiale d’informazione della Federazione dei Verdi
Anno V – n. 9  mercoledì 14 gennaio 2009
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Lo scempio della Marmolada
Al via tra le polemiche il progetto di un mega resort ai piedi dell’ultimo ghiacciaio delle Dolomiti Walter De Cassan
(Federalberghi): «È una
follia. Basti pensare
che nel bellunese gli
alberghi sono occupati
solo per il 40 per
cento. Il problema è
far conoscere le nostre
montagne, altro che
costruire nuovi hotel
portando fin qui
tonnellate di cemento»
 Andrea Drudi a pagina 2 
Il governo sfiducia l’Aula Per l’ennesima volta l’esecutivo non si fida della sua maggioranza e blinda il decreto anticrisi
Rosanna Calabrò
[email protected]
Strage tra le
mura di casa
2
Le vili torture
di massa
3
A
ula della Camera dei deputati. All’esame, ieri, si
attendevano gli emendamenti delle commissioni Bilancio
e Finanza sul decreto anticrisi. Il
risultato di mesi di lavoro e di proposte dell’opposizione per tentare
di porre rimedio a un provvedimento privo di proposte serie per
contrastare la difficile situazione
economica del Paese.
Eppure, nonostante il centrodestra
possa contare su una maggioranza
numericamente
fortissima,
evidentemente non la ritiene
altrettanto affidabile, e ha deciso di
porre la fiducia. Esattamente come
era accaduto una settimana fa, in
occasione dell’esame del decreto
sull’università: è la decima volta
che accade nel corso di questa
legislatura.
L’ennesimo segnale di difficoltà e di
evidente diffidenza all’interno del
centrodestra che va ad aggiungersi
al botta e risposta avvelenato tra
Lega e governo sulla proposta di
tassare i permessi di soggiorno.
Una tenaglia trasversale per
impedire il dibattito in Parlamento
(con molta probabilità la stessa
scena si ripeterà al Senato), che
fa il paio con il ricorso sfrenato al
decreto legge, percorso legislativo
Fini attacca: «Il rispetto del
Parlamento nel procedimento
legislativo non si limita all’omaggio
del lavoro fatto in Commissione
e impedendo ai deputati di
pronunciarsi in Aula su un testo.
La fiducia è indispensabile per
problemi interni alla maggioranza» tanto amato da questo governo.
Un iter che, di fatto, esautora le
funzioni proprie delle istituzioni
parlamentari. Un atto che, anche
stavolta,hainfastiditonotevolmente
il presidente Fini e che lo ha portato
a dichiarare in Aula: «In tanti anni
ho avuto modo di ascoltare le
molteplici ragioni per le quali il
governo, avvalendosi di una sua
esplicita prerogativa, ha deciso
di porre la questione di fiducia,
ma è la prima volta che sento dire
che viene posta la questione di
fiducia in omaggio alla centralità
del Parlamento». «Il rispetto della
sua funzione nel procedimento
legislativo - ha quindi aggiunto non si limita all’omaggio del lavoro
fatto in Commissione e impedendo
ai deputati di pronunciarsi in Aula
su un testo». E ha poi concluso,
piccato: «La fiducia era certamente
indispensabile,masoloperproblemi
politici connessi al dibattito interno
alla maggioranza».
Le opposizioni si sono mostrate
concordi nel sostenere il richiamo
di Fini, e dal Pd è arrivata la
richiesta dell’applicazione del
cosiddetto “lodo Iotti”, una prassi
che prevede la possibilità, in caso
di richiesta di fiducia, di illustrare
gli emendamenti presentati.
«Excusatio non petita, accusatio
manifesta», ha risposto Michele
Vietti dell’Udc. Dalla maggioranza
giungono parole di sostegno a una
scelta ritenuta “indispensabile”, ma
anche dure critiche dagli alleati
autonomisti dell’Mpa. E mentre
i politici dibattono e il governo
non propone nulla di concreto
per arginare la crisi che ci sta
piombando addosso, l’agenzia
di rating Standard and Poor’s
(S&P) ha annunciato che il debito
pubblico italiano raggiungerà il
109 per cento, un livello tale che
secondo S&P «frena la possibilità
per il governo di fornire supporto
all’economia italiana nell’attuale
periodo di recessione». 
Il tour nelle foreste di Paul Weller Ercolano, la
nuova Pompei
3
Un tour nelle foreste per Paul Weller: l’eclettico artista britannico
suonerà in sei date in luoghi non convenzionali, per appoggiare il
programma di salvaguardia delle foreste della Forestry commission live
music. Tra i luoghi scelti, spiccano la foresta di Sherwood a Edwinstowe
e quella di Dalby a Pickering: tutte le date si terranno nel mese di giugno.
Weller non è nuovo a queste iniziative: aveva già tenuto alcune date nel
verde nel 2004, facendo sempre registrare il tutto esaurito. Ecco tutte
le date. Suffolk Thetford forest (5 giugno), Cheshire Delamere forest
(12), Nottingham Sherwood pines forest park (19), Gloucestershire
Westonbirt arboretum (20), Staffordshire Cannock chase forest (26),
Yorkshire Dalby forest, Near pickering (27).
Paul Weller, nato il 25 maggio 1958 a Woking, Surrey, in Inghilterra,
come leader dei Jam (che fonda nel 1973 con Steve Brooks, Rick Butler
e Dave Waller) si trovò a capo di una delle più importanti band del
punk inglese. I Jam influenzeranno molti gruppi della scena britannica
a partire dalle band ispirate al revival mod, fino agli Smiths e agli Oasis.
Il gruppo si scioglierà nel 1984, anno in cui Weller decide di lasciare
i compagni per seguire una fascinazione soul e Motown che quasi
dieci anni dopo lo porterà a un nuovo progetto: gli Style council.
L’artista ha poi deciso di intraprendere una carriera da solista.
Nel 1992 debutta con l’eponimo Paul Weller che riceve buone
recensioni e raggiunge l’ottava posizione nella classifica inglese.
L’album successivo, Wild wood del 1993 verrà presentato al pubblico
con una lunga tournée che porterà al progetto Live wood. Nel 1995
Weller pubblica Stanley road, il suo più grande successo dai tempi dei
Jam e best seller con quasi un milione di copie vendute in Inghilterra.
Seguiranno altri tre album, Heavy soul del 1997, Heliocentric del 2000
e Illumination del 2002, una raccolta Modern classics: greatest hits
(1998), il live Days of speed (2001) e il progetto di cover Studio 150
(2004).
Morti bianche,
battaglia
da vincere
Elida Sergi
[email protected]
Cadono uno dopo l’altro
come birilli, in un infernale effetto domino che
non conosce latitudini.
Dall’inizio
dell’anno,
e sono passati ancora
solo 15 giorni, il triste
elenco delle vittime ha
già raggiunto quota 33.
Le chiamano morti
bianche, forse per richiamare alla mente
l’idea di una sorta di
purezza, ma quello che
alla fine rimane è più
che altro la sensazione
di crudeltà.
Crudele è la morte di
Dusan Poldini, operaio
37enne di Trieste, che
ieri è rimasto incastrato
sotto alcuni ingranaggi
della Ferriera LucchiniServestal presso la quale lavorava.
Crudele è anche la morte di un altro operaio
schiacciato da un nastro trasportatore per
la merce in una cartiera
della Turin arta di San
Maurizio Canaves, in
provincia di Torino.
Crudele, infine, è la
morte di Rosario Cardile, 47 anni, dipendente
di una società di ormeggiatori di Augusta,
in provincia di Siracusa, caduto in mare probabilmente mentre stava transitando da una
petroliera, in fase di disormeggio, a un piccolo
natante di servizio.
Questo per citare solo
gli ultimi casi, perché
di storie da raccontare
ce ne sarebbero molte
altre: parlano tutte di
una vita fatta di sacrifici
e difficoltà per arrivare
a fine mese, turni massacranti per dare una
migliore condizione di
vita ai figli e situazioni
di pericolo che vengono
affrontate con un misto
di timore e incoscienza.
Se, come si dice, il
buongiorno si vede dal
mattino, il 2009 certo
non sembra iniziare
bene: ma la speranza è
che quello che somiglia
sempre più a un terribile bollettino di guerra
non faccia segnare più
vittime.
Racconteremmo, così,
di un Paese del cosiddetto Occidente globalizzato che ha vinto una
battaglia
importante
per il proprio futuro.
Racconteremmo di una
società, la nostra, che è
matura e finalmente si
occupa della sicurezza
dei lavoratori. Che non
è un diritto, ma un dovere: lo Stato non può
esimersi, pena l’ennesima sfilza di episodi
agghiaccianti che poi si
dovrà tentare di spiegare a chi ancora riesce a
indignarsi.
2
mercoledì 14 gennaio 2009
Una violenta aggressione all’ambiente
La battaglia delle associazioni ecologiste è iniziata nel 1988. Fortissimi i pericoli per “l’ultimo ghiacciaio” e l’economia tipica locale
dalla prima
I
l Grand hotel Marmolada, che secondo la società realizzatrice «consentirà al turismo bellunese
di uscire dall’età della pietra», non è un semplice hotel di montagna, ma un vero
e proprio mega resort costituito da un palazzo centrale
di 100 appartamenti e 54
chalet costruiti intorno. In
tutto 248 stanze, più il centro benessere, quello per i
congressi, piscine coperte, saloni, negozi, palestre.
In totale si tratterebbe di
circa 90mila metri cubi di
cemento, davanti alla regina delle Dolomiti. «Il resort sarà costruito dove c’è
il grande parcheggio per la
funivia. Gli chalet saranno
poco lontano, ma saranno
edificati in modo da sembrare i fienili di una volta»,
ha dichiarato soddisfatto
il sindaco di Rocca Pietore
Maurizio De Cassan.
Il progetto, che nei giorni
scorsi ha ottenuto il benestare della Regione, si
presenta come l’ennesima
violenza alla montagna più
bella delle Dolomiti, che
dura ormai da troppi anni:
strade scavate nel ghiacciaio per costruire i nuovi
impianti della funivia, crepacci usati come discariche
e silenzio spezzato dagli elicotteri che portano in vetta
gli appassionati di eliski.
Secondo Fausto De Stefani,
presidente dell’associazione Mountain wilderness, si
tratta di un vero e proprio
«scempio ambientale» in
quanto «la vita sulle Alpi
si difende costruendo un
equilibrio fra le comunità.
Qui invece arriva una massa di cemento, imposta da
Nucleare, Francescato:
«Berlusconi prende lucciole
per lanterne»
«Berlusconi sul nucleare prende lucciole per lanterne ed esiste il rischio che a pagare per i suoi errori
di valutazione siano i cittadini, com’è già avvenuto
per l’Alitalia. Il nucleare è, infatti, estremamente costoso sia dal punto di vista economico che sociale e
continua a essere pericolosissimo sia sotto il profilo
della radioattività che della proliferazione». Lo ha
dichiarato la portavoce nazionale dei Verdi Grazia
Francescato commentando le ultime esternazioni del
predidente del Consiglio Silvio Berlusconi. «Non è
vero - ha spiegato la leader del Sole che ride - che il
nucleare eviterà i rischi per la sicurezza energetica
del nostro Paese perché l’uranio, per le stime delle
organizzazioni internazionali, durerà solo per pochi
decenni e come tutti sanno non si trova di certo in
Italia». «Restano invece certi - ha concluso la Francescato - i rischi per la salute e per l’ambiente connessi
alla radioattività e nessuno tra i tanti sostenitori del
nucleare ci dice cosa vuol fare delle scorie radioattive
che ancora nessuno al mondo è riuscito a smaltire».
Alitalia, Bonelli: «Al punto di
partenza ma con 3 miliardi di
euro in meno»
Ieri sono decollati i primi voli della nuova Alitalia,
nata dalla fusione della vecchia compagnia di bandiera italiana e Air One. Sempre ieri in una conferenza
stampa l’ad di Air France Jean-Cyril Spinetta ha mostrato nuovi segnali di apertura verso la Cai. Questa
l’opinione del Verde Angelo Bonelli sulla vicenda:
«Con l’ingresso di Air France nella nuova Alitalia
siamo tornati a quel punto di partenza indicato dal
governo Prodi e fortemente osteggiato da Berlusconi in campagna elettorale ma con 3 miliardi di euro
dei contribuenti in meno. Gli italiani e i lavoratori in
esubero pagheranno il prezzo salatissimo di questo
vero e proprio pasticcio del governo». «Adesso - ha
concluso Bonelli - Air France può leccarsi i baffi perché entra in Alitalia con una cifra minima mentre il
debito della compagnia di bandiera è stato scaricato
tutto sugli italiani».
interessi
imprenditoriali.
L’identità e la storia di Rocca Pietore vengono cancellate. Gli artigiani e i piccoli
imprenditori locali avranno
purtroppo un solo futuro:
andare a fare i camerieri al
Grand hotel».
Secondo il presidente della
Federalberghi di Belluno
Walter De Cassan «si tratta
di una follia. Nel bellunese
gli alberghi sono occupati
solo per il 40 per cento. Il
problema è far conoscere
le nostre Dolomiti, altro
che costruirvi nuovi hotel
portando tonnellate di cemento». Ma non c’è solo
l’impatto ambientale. «Per
capire la differenza fra un
hotel a gestione familiare
«Il resort sarà costruito dove c’è il
grande parcheggio per la funivia.
Gli chalet saranno poco lontano,
ma saranno edificati in modo da
sembrare i fienili di una volta», ha
dichiarato soddisfatto il sindaco di
Rocca Pietore Maurizio De Cassan.
Che di professione fa l’albergatore e l’albergo gestito da una
catena nazionale o internazionale - ha aggiunto
De Cassan - basta entrare
all’hotel Principe Marmolada, a Malga Ciapela: con
sette gradi sottozero, nel
menù del pranzo si offrono
riso all’inglese e prosciutto
e melone. Nessuna traccia
di zuppe o polenta o altri
prodotti tipici locali».
«Il grande complesso alberghiero - ha spiegato Luigi
Casanova, vicepresidente
della Commissione internazionale per la protezione delle Alpi - è invadente,
cancella l’identità della popolazione locale e frantuma
le filiere corte dell’economia
che ancora oggi resistono,
come l’artigianato, i piccoli
albergatori e gli affittacamere».
La battaglia delle associazioni ambientaliste locali per
difendere “l’ultimo ghiacciaio” è iniziata nel 1988.
Solo nella scorsa estate, ad
esempio, sono state raccolte centinaia di rifiuti di ogni
tipo scaricati dalla società
della funivia. Per questo
inquinamento la società
Tofana Marmolada è stata
multata di 100mila euro, da
pagare alla Provincia come
risarcimento per danni ambientali. Il 4 febbraio 2008,
a Cavalese, 3 rappresentanti della stessa società sono
stati condannati a 8 mesi di
reclusione per aver costruito senza autorizzazioni una
strada di accesso al cantiere
della funivia, nel cuore del
ghiacciaio. Fra i condannati anche il presidente della
società, Mario Vascellari,
che assieme al fratello Valentino ora ha il permesso
di costruire il mega resort
di Malga Ciapela. 
Strage tra le mura di casa
Ogni anno si verificano oltre 4 milioni di incidenti che rimangono ignorati: i più colpiti donne e anziani
Valentina Faraone [email protected]
O
gni giorno il telegiornale
c’informa di nuovi morti
sulle strade: proprio ieri
una bambina di 11 anni è stata investita in pieno centro a Forlì mentre
attraversava la strada per andare a
scuola. Pochi giorni fa una mamma
incinta con tre figli piccoli è stata
investita da una un’auto mentre
tornava dall’asilo. La tensione che
ormai pervade i pedoni nelle città,
grandi o piccole che siano, si legge
negli sguardi nervosi di chi si avvicina alle auto in corsa, talvolta
a una velocità assurda rispetto al
limite consentito. Ogni giorno abbiamo ancora la forza di indignarci
di fronte a notizie del genere, perché i giornali condannano quotidianamente uno o più pirati della
strada. Ma ci sono vittime che non
ricevono neppure questa magra
consolazione: sono quelle degli incidenti domestici.
Solo in Italia si rilevano circa 4 milioni e mezzo di incidenti domestici
l’anno, di cui 8.000 mortali, e quasi 3
milioni e 800mila persone infortunate. Questi sono i dati resi pubblici ieri durante la conferenza stampa organizzata da Federcasalinghe
con la partecipazione dell’Ispesl
e dell’Inail. Essendo, quello della casalinga, un lavoro per lo più
femminile, il 65% delle persone infortunate tra le mura domestiche
è rappresentato da donne, contro
il 35% degli uomini. Non bisogna
però dimenticare il gran numero di
anziani lasciati soli dalle famiglie,
che spesso sono costretti a svolgere
servizi non più idonei all’età o alla
prontezza di riflessi: questo porta il
numero degli infortuni degli over
65 al 48%. Il maggior numero degli
incidenti è però causato dalla scarsa informazione relativa alle regole
di base da rispettare all’interno di
una casa. Ecco perché la presidente
di Federcasalinghe Federica Rossi
Gasparrini ha chiesto al governo
«di utilizzare i circa 180 milioni destinati per legge alla prevenzione e
di imporre alla Rai di dedicare trasmissioni serie a questo scopo perché la salvaguardia della sicurezza
è un valore sociale da tutelare».
La Gasparrini ha infatti reso noto
in conferenza stampa che esistono «risorse economiche riservate
a questo settore» ma le richieste
di Federcasalighe non sono finite
Gasparrini (Federcasalinghe): «Il governo deve
utilizzare i circa 180 milioni destinati per legge
alla prevenzione degli incidenti domestici e
imporre alla Rai di dedicare trasmissioni serie
alla sensibilizzazione»
qui. La presidente, rivolgendosi
direttamente al ministro per le Infrastrutture Altero Matteoli, ha ricordato che «sono oltre 10 milioni
le abitazioni che non sono a norma
per i sistemi gas ed elettrico e questo porta ad aumentare il pericolo
di incidenti con esplosioni». È, infatti, di pochi giorni fa la terribile
notizia dello scoppio di una palazzina a Bari causato da una perdita
di gas che ha determinato la morte
di 3 persone mentre altre 6 sono
state tratte in salvo dalle macerie. I
dati che emergono sono terribili: 3
appartamenti su 10 sono a rischio
esplosione, soprattutto per una carente manutenzione o, peggio, per
una manutenzione “fai da te” che
può risultare addirittura più dannosa della non curanza. La richiesta
della Gasparrini è piuttosto chiara:
«Vogliamo che il governo pensi a
un sostegno per le famiglie meno
abbienti per acquistare quelle che
vengono definite le strumentazioni
elementari». Perché non esistono
vittime di serie A e di serie B. 
mercoledì 14 gennaio 2009
agricoltura
L’Unione europea approva la lista
nera dei pesticidi
Giro di vite del Parlamento europeo, ieri a Strasburgo, dopo l’accordo raggiunto nei mesi scorsi da Commissione europea e Consiglio, sull’utilizzo di pesticidi
in agricoltura. Nel mirino della comunità sono finite
22 delle 500 sostanze finora autorizzate, circa il 5 per
cento, perché considerate nocive per la salute. Il bando, dal 2009 al 2018, sarà totale per 14 sostanze, i cui
effetti dannosi sulla salute umana e sull’ambiente sono
stati largamente provati. Le altre 8 godranno di un
regime più “morbido”: potranno, ma non dovranno
necessariamente essere proibite, non essendo ancora
considerate definitive le prove sui loro effetti negativi diretti sulla salute. La messa al bando dei pesticidi
pericolosi, approvata a maggioranza schiacciante con
un regolamento e una direttiva, non sarà immediata.
Le sostanze sotto accusa non saranno più riammesse
dopo la scadenza dell’autorizzazione attuale. La normativa adottata ieri mette la parola fine all’utilizzo
di diversi pesticidi contenenti perturbatori endocrini (sostanze che perturbano gli equilibri ormonali).
Secondo i parametri stabiliti dall’assemblea di Strasburgo il divieto potrà scattare in due situazioni: se vi
saranno almeno due conseguenze patologiche dimostrate in esperimenti con una sola specie animale, oppure in presenza di un solo effetto patologico dimostrato, se vi saranno in più altri effetti osservabili su
qualunque organo. A fare le principali spese di questa nuova normativa sono le industrie del settore, in
particolare le due multinazionali chimiche tedesche
Bayer e Basf, che si sono molto spese nei mesi scorsi
per ottenere condizioni meno penalizzanti. Il processo legislativo non è stato privo di ostacoli e pressioni,
non solo da parte delle lobby dell’industria, ma anche
dalle Ong ambientaliste. La relatrice del regolamento, la Verde tedesca Hiltrud Breyer, nei mesi scorsi
aveva più volte denunciato le dichiarazioni dell’industria, che paventava conseguenze di proporzioni
bibliche, per la possibile proibizione di più del 40 per
cento delle sostanze. La direttiva sull’uso sostenibile
dei pesticidi invece prevede che gli Stati membri presentino dei piani di riduzione del loro impiego, con
obiettivi quantitativi e calendari d’attuazione, e che
siano incoraggiati i sistemi di “protezione integrata”
delle colture.
Le vili torture di massa
In 60 Paesi del mondo 100 milioni di mine antiuomo feriscono gravemente senza uccidere
Bruno Picozzi
S
econdo il dottor Mohammad Reza, capo del Centro di azione delle Nazioni
unite per le mine in Afghanistan,
questo Paese non raggiungerà
mai i suoi obiettivi di sviluppo
fintanto che non sarà liberato da
tutte le mine e gli esplosivi disseminati sul suo territorio. Reza ha
sottolineato che gli afgani sono il
popolo al mondo più minacciato dalle mine antiuomo. Infatti,
nonostante i costosissimi sforzi
per ripulire il Paese dalle mine,
circa 50 afgani al mese sono uccisi o mutilati da questi ordigni. Il Centro di cui Reza è responsabile dipende dal Servizio d’azione
contro le mine delle Nazioni unite
che si occupa non solo dello sminamento dei terreni ma anche
dell’assistenza alle vittime, di programmi di educazione su come
proteggersi dalle mine e della
distruzione degli arsenali, come
stabilito dal trattato di Ottawa
del 1997, altrimenti conosciuto
come “Convenzione sul divieto di
impiego, stoccaggio, produzione
e trasferimento delle mine antiuomo e sulla loro distruzione”. Il
Trattato è sostenuto da 156 Paesi
al mondo, ma 78 Paesi sono ancora in possesso di arsenali contenenti circa 250 milioni di mine
terrestri, e 13 Stati non firmatari
della convenzione mantengono il
diritto di produrre mine antipersona: tra questi, Pakistan, India,
Israele, Russia, Cina e Stati Uniti
Dal 1998 in poi solo 2.000
chilometri di superficie sono stati
bonificati con una spesa di circa 3
miliardi di euro, a fronte di 200mila
chilometri di terreni minati ancora
esistenti in tutto il mondo d’America. E, mentre solo i governi di Russia e Birmania continuano ufficialmente a minare terreni,
le mine antiuomo sono utilizzate
in tutto il mondo da gruppi non
governativi causando grandi sofferenze e impedendo lo sviluppo
dei popoli dopo la fine dei conflitti. Le mine antiuomo sono l’arma
più vile mai inventata, destinata
essenzialmente a causare ferite
gravi senza uccidere, in base al
principio secondo cui un ferito
crea ancora più problemi di un
morto. Inoltre, un ferito da mina
Ercolano, la nuova Pompei
La querelle mai sopita di una cittadina in tono minore che fa il verso alla sorella “maggiore”
Carmen Metta
Q
uerelle mai sopita, e mai legittimata, quella di una Ercolano in tono minore che
fa il verso a Pompei, come la fotocopia al modello, con tutte le presunzioni di dignità che l’equivoco autorizza a decretare. Un luogo comune
che ha una storia facile da risalire,
ma non altrettante buone ragioni
da sottoscrivere. Non tutti sanno
che di Ercolano non si era mai persa
la memoria nella tradizione locale,
benché la città nuova non esitasse
a sovrapporsi alla compianta sepolta; tutte circostanze che un destino
compiacente aveva precluso a Pompei, tanto che l’architetto Fontana
non la riconobbe affatto, quando vi
scavò la collina intonsa e tenuta per
proprietà del vulcano, per condurvi
attraverso l’acqua dal Sarno a Torre,
e si ritrovò non contento tra rovine
di edifici romani e antichità spontanee. Destino compiacente quello
che vegliò sulla sorella maggiore,
tant’è che gli scavi, cominciati assai
più tardi che non a Ercolano, proseguirono di gran carriera, dopo che
quest’ultima ebbe prestato il fianco
per collaudare tecniche e strategie. Il
principe austriaco d’Elboeuf, quando nel 1709 s’imbatté per caso nella
scena di un teatro antico, non ebbe
certo il buon senso di frenare il suo
istinto di rapina, ma offrì il pretesto di un metodo agli archeologi di
Carlo di Borbone, che alla ripresa
degli scavi nel 1738, grossolanamente ispirati all’ingegneria dei pozzi,
improvvisarono cunicoli e gallerie
3
sotterranee, subito dopo ricoperti.
Solo dieci anni più tardi, e sempre
per caso, si ebbe inattesa la rivelazione di Pompei e gli scavi avanzarono
anche qui, senza pretese scientifiche
fino all’Unità d’Italia.
Pompei, situata sul fianco del vulcano
e distante dal mare, fu investita da
una nube di ceneri e lapilli che la
seppellì sotto uno strato spesso 6
metri; Ercolano, che si ergeva su
una terrazza a ridosso del mare, fu
sommersa da un torrente di fango e
lava che soldificandosi la tumulò in
un banco tufaceo alto 20 metri.
Va da sé che a Pompei gli scavi
procedettero alacremente, e che a
Ercolano le difficoltà furono di gran
lunga maggiori. Aggiungendosi il
prestigio del Santuario mariano,
Pompei riceveva nuovo impulso;
laddove Resina, cresciuta a
sproposito e a dismisura, impediva
agli scavi di Ercolano di proseguire
per intero.
Là il profilo del Vesuvio che incombe
sul Foro, le macchie di pini, lo spazio
pubblico condiviso, le passeggiate
simulate lungo i cardini e i decumani;
qua la discesa agli inferi, attraverso
i blocchi di fango, giù, dritto nelle
case private, dove le travi bruciate
parlano e i graticci incombono, e
dalle finestre dei secondi piani di
sicuro ti guardano. Lì l’emozione
dei calchi di gesso, le impronte dei
corpi, le pitture; qui l’intimità delle
case, le dimensioni affastellate, le
porte ingessate, la testimonianza dei
materiali organici carbonizzati, di
tessuti, legni, cibi, e papiri…
Ma è una vexata quaestio, in un caso
e nell’altro, quella della conservazione
e valorizzazione, in confronto alla
quale non c’è promozione che tenga:
i fondi pubblici colano, quelli privati
boccheggiano.
Eppure, qualcosa si muove: il Mav
(Museo archeologico virtuale di
Ercolano) integra la visita al sito con
ricostruzioni animate e interattive
che aiutano a figurarsi la vita, laddove
è un ricordo impietrito; al Museo
archeologico nazionale di Napoli
è in corso una mostra intitolata a
Ercolano, che usa l’illuminazione
adattandola per intensità e diffusione
al genere del reperto esposto, e
raccoglie scheletri di fuggiaschi, una
selezione di tessuti, e sculture, di
cui numerose dalla Villa dei Papiri.
Bene, anzi, benissimo!
Ma siamo sicuri che possa
bastare? Assicurare il museo
all’immaginazione, senza salvare le
sopravvivenze dalla distruzione? 
Da una parte il profilo del Vesuvio che incombe
sul Foro, le macchie di pini, le passeggiate simulate
lungo i cardini e i decumani; dall’altra la discesa
agli inferi, dove le travi bruciate parlano e i graticci
incombono
richiede molte più risorse degli
altri feriti in termini di trasfusioni e costi sanitari. Circa mezzo
milione di civili, di cui almeno
200mila bambini, sono a oggi sopravvissuti dopo essere stati mutilati dalle mine. Ancora oggi ne
sono vittime almeno 20mila civili
ogni anno. Oltre l’Afghanistan
vi sono circa 60 Paesi al mondo
in cui restano interrati oltre 100
milioni di mine. Nei campi della
ex-Jugoslavia ne rimarrebbero
circa 3 milioni, mentre altri svariati milioni sarebbero presenti
in Iraq e Vietnam. Lo sviluppo
di intere regioni in Cambogia,
Mozambico e Angola è gravemente ostacolato dalla presenza
delle mine. Esse impediscono la
ricostruzione e il rimpatrio dei
rifugiati e hanno conseguenze
gravi per anni dopo il loro posizionamento. Dal 1998 in poi oltre 42 milioni di mine sono state
distrutte negli arsenali mentre
solo 2.000 chilometri quadrati di
superficie sono stati bonificati da
circa 5 milioni di mine con una
spesa di circa 3 miliardi di euro,
a fronte di 200mila chilometri di
terreni minati in tutto il mondo. L’Italia è stata un grande produttore e venditore di mine antiuomo. Famose le Ts-50 e le Sb-33,
che possono essere disperse da
elicotteri, e le Vs-50 e le Var-40,
da collocare a mano. Un triste
successo hanno avuto le Valmara-69 a frammentazione. Una
volta attivate saltano a mezz’aria
per poi esplodere e causare danni letali per decine di metri tutto
intorno. Le industrie produttrici
erano Tecnovar, Valsella e Misar.
Queste ultime due negli anni Ottanta sono state controllate dalla
Fiat e la Valsella ha rifornito tra
gli altri il regime iracheno. L’Italia
ha adottato una moratoria sulla
produzione delle mine antiuomo
il 2 agosto 1994 e le tre industrie
hanno conosciuto un inarrestabile declino. 
Ambiente
Lasciare a casa l’auto per fare la
spesa in bici: sì del 60% dei milanesi
Il 60% dei milanesi è disposto a sostituire l’automobile con mezzi più ecologici, come la bicicletta, per fare
la spesa. È il risultato di un’indagine, condotta su un
campione di 2.000 persone in 8 città italiane (Milano, Genova, Treviso, Firenze, Bologna, Ancona, Bari
e Catania) per analizzare il rapporto tra consumatori e sostenibilità ambientale. Dalla ricerca, commissionata da Henkel Italia, emerge che più della metà
del campione (55%) quando fa la spesa è attento al
risparmio, ma anche alle problematiche ambientali.
Il 31% del campione milanese è costituito dal “cittadino
sostenibile”, il vero ambientalista, una persona sensibile ai
problemi ambientali che conosce in maniera approfondita e su cui è costantemente aggiornato. Consuma e vive
nel rispetto dell’ambiente, evita di acquistare i prodotti
delle aziende non sostenibili e sta attento a risparmiare acqua ed energia non per risparmiare denaro ma per
salvaguardare il pianeta. Il dato di Milano è in linea con
quello emerso dalla ricerca a livello nazionale del 30,7%.
A Milano, il “cittadino risparmiatore” è quello che non
ha una particolare coscienza sostenibile, ma adotta spesso un comportamento orientato alla sostenibilità. Alla
base di questo atteggiamento c’è il beneficio personale:
se spegnere la luce o utilizzare la lavatrice a basse temperature significa risparmiare sulla bolletta, allora ben
venga. A questo secondo gruppo, composto in prevalenza da anziani con un livello di istruzione medio-basso,
appartiene il 24% dei milanesi. Una percentuale inferiore alla media nazionale che si aggira intorno al 28%.
In sintesi più della metà dei milanesi ha quindi un occhio
di riguardo per l’ambiente, e quando deve scegliere un
prodotto ne valuta anche l’impatto ambientale, in parte
spinto dal senso di responsabilità, in parte dal portafoglio. Arrivati alla cassa, però, il 70,3% degli intervistati
(media nazionale 72%) dichiara di utilizzare i sacchetti
di plastica e di non organizzarsi con soluzioni più ecologiche come le borse in tela o i carrellini.
SI RINGRAZIA LʼEDITORE PER LO SPAZIO CONCESSO
POCO DI BUONO.
' UN AVANZO DI GALERA.
QUESTʼUOVO E
SUA MADRE VIVE ANCORA IN GABBIA. CON ALTRE
MIGLIAIA DI GALLINE. DI COSA SIANO COLPEVOLI NON SI SA. QUALCOSA DI ORRIBILE VISTO COME LE
TRATTANO. AMMASSATE UNA SULL'ALTRA, NON POSSONO NEMMENO GIRARSI. PER IMPEDIRE CHE SI
AGGREDISCANO DEVONO ADDIRITTURA AMPUTARGLI I BECCHI. CREDI CHE POSSA NASCERE QUALCOSA
DI BUONO IN QUESTE CONDIZIONI? FAI QUALCOSA DI BUONO TU: NON COMPRARE UOVA DI GALLINE
ALLEVATE IN GABBIA.
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