Regno Unito - Banca dati Italia Lavoro

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Regno Unito - Banca dati Italia Lavoro
Esperienze
internazionali
«
Revisione testi a cura di Carlo del Giudice
Spinn - Servizi per l’impiego network nazionale - è il progetto
che Italia Lavoro realizza, nell'ambito del PON 2000 - 2006,
per conto del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale
»
Regno Unito
testi di
Michael Brookes
Pauline Dibben
Malcolm Sargeant
Maria Filippa Plotino
Coordinamento editoriale
Alessandro Vaccari
I edizione ottobre 2006
21
Indice
Prefazione di Lea Battistoni
pag.
7
Carta d’identità del Regno Unito
11
Capitolo 1
Istituzioni ed economia
1. Il Regno Unito oggi
2. Assetto politico-istituzionale
3. Quadro macroeconomico
3.1 Un’economia “peculiare”
3.2 Settori produttivi
3.3 Contesto economico attuale
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Capitolo 2
Mercato del lavoro
1. Piano Nazionale Britannico per l’Impiego
1.1 Dati demografici
1.2 Occupazione e disoccupazione
2. Servizi per l’impiego
2.1 Servizi pubblici - Jobcentre Plus
2.2 Servizi privati per l’impiego
2.3 Il fenomeno gangmasters
3. Giurisprudenza
3.1 Dipendenti e “non dipendenti”
3.2 Lavoro temporaneo
3.3 Lavoro flessibile
3.4 Trattamento dei dati sensibili
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42
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3.5 Tutela dalle discriminazioni negli ambienti di lavoro
3.6 Istituzioni
3.7 Red tape
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58
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Capitolo 3
Politiche per l’occupazione
1. Politiche attive per l’occupazione
1.1 Formazione permanente
1.2 Misure specifiche in favore di particolari categorie
2. Politiche passive
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67
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71
83
Capitolo 4
Il Dialogo Sociale
1. Le parti sociali
91
91
Appendice
97
Bibliografia e pagine web consultate
99
Prefazione
Il progetto Spinn prosegue quest’anno con la realizzazione di
nuovi volumi della riuscita e apprezzata collana di “Esperienze internazionali” che vuole delineare --- attraverso l’analisi dei vari Paesi membri
dell’Unione europea di vecchia e recente adesione, di quelli semplicemente candidati e di altri Paesi del bacino del Mediterraneo --- lo stato
dell’arte in materia di mercato del lavoro e dei Servizi per l’impiego in
queste aree geografiche.
In questo contesto cresce la necessità per l’Italia di doversi
adeguare al fenomeno della mobilità transnazionale dei lavoratori, così
come è sempre più attuale il tema della delocalizzazione delle imprese
causato anche dall’inarrestabile processo di globalizzazione delle economie dei singoli Paesi. Conseguentemente emerge in maniera sempre più
pressante il bisogno che il sistema produttivo del Paese --- la legislazione
ed il mercato del lavoro --- si dotino di tutti gli strumenti utili e necessari
per non farsi trovare impreparati di fronte a queste importanti sfide.
In un periodo storico nel quale tra gli obiettivi più importanti
abbiamo il calo della disoccupazione, e la capacità di assicurare occasioni lavorative al maggior numero di persone possibile, il nostro Paese
deve continuare nel cammino già intrapreso dell’abbandono dei sostegni
al reddito – tipico strumento di politica passiva – per incentivare invece
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l’ingresso stabile nel mercato del lavoro. Un percorso diretto sempre più
verso le politiche per l’occupabilità, che stimoli gli investimenti in capitale umano e innovazione, puntando sugli strumenti di supporto
all’orientamento e alla formazione e sul sostegno alla ricerca per aumentare la qualità dei processi, dei prodotti e dei lavori.
L’Italia condivide questa sfida sia con i suoi partner europei sia
con il resto del mondo, come d’altra parte si evince chiaramente dalle
direttive europee. Ma per posizione geografica e storia, essa è al centro
di un più vasto processo di integrazione tra i popoli, che investe sia il
Vecchio Continente sia i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo.
Il volume sul Regno Unito opera un approfondimento particolare delle politiche del lavoro e della situazione dei Servizi per l’impiego,
avvalendosi di professionalità che operano in questo settore: hanno dato il loro contributo Michael Brookes, Pauline Dibben e Malcolm
Sargeant, docenti alla Middlesex University di Londra.
Il confronto e lo scambio di conoscenze ed esperienze sono
presupposti fondamentali del Progetto Spinn, infatti anche questo volume, presentando un esempio di Servizi per l’impiego, quello dei
Jobcentre Plus, all’avanguardia in Europa, intende favorire il dialogo e
l’approfondimento per arrivare in Europa a soluzioni condivise dei grandi
problemi che investono il mercato del lavoro.
Lea Battistoni
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Non c’è vera ricchezza all’infuori dell’umano lavoro.
Percy Bysshe Shelley
Carta d’identità del Regno Unito
Nome completo
Regno Unito di Gran Bretagna e
Irlanda del Nord.
Forma di governo
Monarchia costituzionale.
Stemma
Religione
Cristiana (Anglicana, Romana Cattolica, Presbiteriana, Metodista)
71,6%; Mussulmana 2,7%; altre
(2,6%); non specificata o nessuna
(23,1%).
Città principali
Liverpool, Manchester, Birmingham,
Edinburgh, Glasgow, Cardiff, Belfast e
Newcastle-upon-Tyne.
Bandiera
Superficie
244.820 kmq.
Popolazione
60.609.153 ab.
Capitale
Londra (7.421.209 ab., 2004).
Edinburgh
Glasgow
Newcastle
upon Tyne
Moneta
Lira sterlina.
Belfast
Manchester
Liverpool
Birmingham
Cadiff
. 10
Londra
Lingua ufficiale
Inglese; Gallese (26% della popolazione del Galles).
Composizione etnica
Inglesi 83,6%; Scozzesi 8,6%; Gallesi
4,9%; Nord irlandesi 2,9%; altri 7,9.
Altri territori
Anguilla, Bermuda, Territori Britannici
dell'Oceano Indiano, Isole Cayman,
Isole Falkland, Georgia del Sud e Isole
Sandwich meridionali, Gibilterra, Isola
di Man, Montserrat, Isole Orcadi, Isole
Pitcairn, Isola di Sant'Elena, Isole Shetland, Isole Turks e Caicos, Isole
Vergini Britanniche.
Membro di
AfDB, AsDB, Australia Group, BIS, C,
CDB, CE, CERN, EAPC, EBRD, EIB, ESA,
EU, FAO, G-5, G-7, G-8, G-10, IADB, IAEA,
IBRD, ICAO, ICC, ICCt, ICFTU, ICRM, IDA,
IEA, IFAD, IFC, IFRCS, IHO, ILO, IMF, IMO,
Interpol, IOC, IOM, IPU, ISO, ITU, MIGA,
MONUC, NATO, NEA, NSG, OECD, OPCW,
OSCE, Paris Club, PCA, PIF (partner), UN,
UN Security Council, UNAMSIL, UNCTAD,
UNESCO, UNFICYP, UNHCR, UNIDO, UNMIL, UNMIS, UNMOVIC, UNOMIG,
UNRWA, UPU, WCO, WEU, WHO, WIPO,
WMO, WTO, ZC.
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1. Istituzioni ed economia
1. Il Regno Unito oggi
Potenza marittima ed industriale del XIX secolo, l’Impero Britannico prima e il Regno Unito poi, hanno ricoperto un ruolo cruciale nei
vari processi e accadimenti storici. La Rivoluzione Industriale, che ebbe
origine in Inghilterra alla fine del ’700, e i vastissimi possedimenti coloniali, lo resero infatti una delle massime potenze economiche mondiali:
l'Impero Britannico all'inizio del XX secolo si estendeva su un quarto
delle terre emerse e aveva una popolazione di circa un quarto del totale
mondiale di allora (400-500 milioni di persone).
Lo smantellamento dell'Impero negli anni ’50 ha stravolto l’assetto geografico e anche quello economico e finanziario del Paese ma il
Regno Unito ha dimostrato una grande capacità di autorigenerarsi. La ricostruzione è stata tale da fargli conquistare una posizione di primo piano sia nel contesto europeo che mondiale. Solo ultimamente, secondo i
dati ufficiali diffusi dalla Banca Mondiale, la Cina, seppur con un margine
ridotto, ha sorpassato il Regno Unito posizionandosi al quarto posto nella classifica delle economie più importanti del mondo.
Nel 2006, il Regno Unito festeggia i quattrocento anni dell’Union Jack, la bandiera britannica, introdotta per la prima volta da Re
Giacomo I d’Inghilterra (Giacomo VI di Scozia) nel 1606, poco dopo aver
assunto il regno di entrambi i Paesi in seguito alla morte della Regina
Elisabetta I d’Inghilterra.
L’Union Jack ha storicamente rappresentato l’unità politica: essa
presenta un disegno unico nel suo genere, costituito dall’unione della
croce di San Giorgio, la bandiera dell’Inghilterra, la croce di Sant’Andrea,
la bandiera della Scozia e la croce di San Patrizio, la bandiera dell’Irlanda, aggiunta al disegno originario nel XIX secolo.
. 13
Sempre nel 2006, il Regno Unito festeggia gli ottant’anni della
Regina Elisabetta II, Monarca dal 1952, capo del Commonwealth e Governatore supremo della Chiesa Anglicana. Presenza rassicurante e unificatrice
in un Paese ormai profondamente trasformato rispetto agli anni della sua
ascesa al trono, Elisabetta II, pur mantenendo le sue idee conservatrici in
materia di religione e moralità, ha saputo adeguarsi ai cambiamenti che il
Paese ha vissuto durante i suoi cinquattaquattro anni di trono.
Una delle problematiche sociali e religiose precedente all’ascesa al trono di Elisabetta II, e che più ha gravato sulla storia del Regno
Unito è la questione irlandese.
La lotta per l'indipendenza dell'Irlanda del Nord, cattolica e repubblicana, dal governo monarchico e protestante di Londra ha radici
antiche. L'attenzione su questo conflitto si accende a partire dal 1920,
quando l'IRA – Esercito Repubblicano Irlandese – braccio armato dello
Scinn Fein (il movimento indipendentista irlandese) decide di iniziare la
lotta nei territori dell'Ulster che, a differenza dell'Eire, sono rimasti nelle
mani di Sua Maestà.
I cattolici indipendentisti e i protestanti unionisti (appoggiati
dai soldati inglesi) si fronteggiano a colpi di granate, attentati e lanci di
pietre. La guerriglia diventa ben presto una realtà quotidiana in Irlanda
del Nord, e la tensione sale alle stelle quando, negli anni ’70, il governo
inglese decide di incrementare la propria presenza militare in Irlanda e di
adottare così una linea dura. Nell'Ulster è praticamente guerra. Non mancano massacri di popolazione civile, come il cosiddetto Bloody Sunday:
durante una manifestazione a Derry, il 30 gennaio 1972, i paracadutisti
inglesi aprono il fuoco su migliaia di persone uccidendone quattordici.
Solo nel 1992 sono state avviate le prime trattative segrete tra
lo Scinn Fein e la controparte, e nel 1994, con la decisione dell'IRA di attuare una "completa cessazione delle operazioni militari a tempo indeterminato", ha ufficialmente inizio il processo di pace.
Gerry Adams, leader dello Scinn Fein, Martin McGuinness, capo carismatico dell'IRA, John Hume, leader del Partito Socialdemocratico e Laburista
dell'Ulster, John Major, Primo Ministro britannico e infine Albert Reynolds,
Primo Ministro irlandese e leader del partito Fianna Fail, aprono un tavolo di trattative per porre fine ad una guerra civile che dal '69 ha causato
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migliaia di vittime. L'evento può essere di portata storica, ma viene posta una condizione che a molti irlandesi pare inaccettabile: l'IRA deve
consegnare le armi. Si entra così in una fase di stallo, nonostante un’altra dichiarazione di pace e un altro cessate il fuoco.
Il 28 luglio 2005 l’IRA, in seguito ad un dibattito interno e a
consultazioni avute con le unità e i membri del movimento, ordina formalmente la fine della lotta armata: gli attivisti vengono istruiti sulla necessità di sostenere lo sviluppo di progetti politici e democratici da
realizzare esclusivamente con mezzi pacifici. È un passo senza precedenti nel travagliato cammino verso la pace in Irlanda del Nord: una prova
difficile che il Paese spera finalmente di aver superato.
Membro delle Nazioni Unite, dove detiene un seggio permanente nel Consiglio di Sicurezza della NATO (G7), il Regno Unito è entrato a
far parte della Comunità europea nel 1973 e, attraverso la formula dell'opting out, è rimasto fuori dell'Unione Economica e Monetaria (UEM)
non adottando l'euro, e non fa parte dell'area Schengen.
La scelta britannica di non aderire alla moneta unica è stata
considerata come l’ennesimo tentativo da parte del governo di conservare quell’isolamento che ha caratterizzato per certi versi la storia inglese.
In realtà, la decisione di non aderire all’UEM deriva da più serie valutazioni, principalmente di ordine economico. Il Regno Unito ha ritenuto che,
sebbene la moneta unica europea potesse apportare notevoli benefici al
Paese, non esistevano le condizioni economiche, all’interno del Regno,
perché il suo successo potesse essere reale e duraturo: una decisione attenta e ponderata, non semplicisticamente frutto della cosiddetta “politica
antieuropeista”, di cui spesso è stato accusato il governo britannico. Una
scelta questa, insieme a diverse altre, che ha contribuito a dare al Paese,
da sempre, un ruolo trainante fra le economie occidentali.
2. Assetto politico-istituzionale
La più evidente peculiarità del sistema costituzionale britannico
consiste nella mancanza di una Costituzione scritta.
A differenza della maggioranza degli altri Paesi, nel Regno Unito la Costituzione non è raccolta in un unico documento e non esiste nemmeno un
. 15
complesso di leggi che, messe insieme, ne diano una versione organica.
Sviluppatasi in un arco plurisecolare, essa è costituita da leggi scritte
(state law), diritto consuetudinario (common law) e convenzioni. In quanto modificabile mediante legge parlamentare o per consenso generale
nel caso delle convenzioni, la Costituzione ha la possibilità di adattarsi
al variare delle condizioni politiche.
Il Parlamento
Il Parlamento britannico è composto da due camere: House of Commons
(Camera dei Comuni, Camera Bassa) e House of Lords (Camera dei Lord,
Camera Alta). Le due Camere non hanno pari poteri: l'organo decisionale
è la Camera dei Comuni e il rapporto fiduciario del governo si stabilisce
solo con essa.
Il Sovrano
Nel Regno Unito la legge viene definita come “legge del Parlamento” ma
in realtà viene attribuito alla Regina il diritto di “sanzione” che si concretizza nella facoltà di approvare o respingere la legge proposta; in questo
modo l’esercizio del potere legislativo si fonda sulla compartecipazione
dei due principali organi dello Stato. L’atto legislativo, alla stregua di
quanto si è appena detto, deve quindi considerarsi promulgazione di un
organo complesso, identificabile nella formula “la Regina nel Parlamento”, e rappresenta, sotto il profilo costituzionale, una particolarità nel
panorama europeo.
La Camera dei Comuni è composta da 659 membri, che sono
eletti con il sistema maggioritario puro e rimangono in carica per un periodo massimo di cinque anni.
Il ruolo della Regina nel processo legislativo è però interamente
cerimoniale: può garantire o negare l'assenso alle leggi, ma nessun sovrano, dal 1708, rifiuta il suo assenso. Non solo, il discorso che il sovrano tiene all'annuale apertura del Parlamento, presentando il programma
legislativo del governo per l'anno a venire, è in realtà scritto dai ministri.
Il Sovrano ha un ruolo cerimoniale anche rispetto ai governi,
che sono conosciuti come governi di Sua Maestà: la Regina nomina i ministri che vi lavorano ma praticamente la composizione del governo stesso è individuata dal Primo Ministro che "consiglia" la Regina.
Elisabetta II (Elizabeth Alexandra Mary Windsor) è salita al trono d'Inghilterra il 6 febbraio 1952 dopo la morte del padre, ed è attualmente la sovrana più longeva. Circa 125 milioni di persone nel mondo
sono suoi sudditi.
Il suo regno ha visto dieci Primi Ministri e decisamente ben più
numerosi Primi Ministri e governatori negli Stati del Commonwealth. È
sposata con il principe Filippo, Duca di Edimburgo (già principe di Grecia) ed ha quattro figli. Il maschio primogenito, suo successore al trono,
ha il titolo di Principe di Galles.
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La Camera dei Lord è invece composta da 689 membri (di cui
92 ereditari, 545 a vita, 27 giudici dell'Alta Corte e 25 Vescovi).
L'approvazione delle leggi avviene con un meccanismo di doppia lettura in un contesto di bicameralismo imperfetto. La prassi prevede, infatti, che la Camera Alta non possa bloccare indefinitamente
l'approvazione di una legge, ma solo ritardarla.
L'esecutivo è formato:
• dal governo (Gabinetto ed altri ministri responsabili delle politiche nazionali);
• dai ministeri, responsabili dell’amministrazione nazionale;
• dagli enti di governo locale;
• dalle società pubbliche, responsabili della gestione di certi settori nazionalizzati e di altri enti soggetti a controllo ministeriale.
Alle ultime elezioni, Tony Blair ha conquistato il suo terzo mandato come Primo Ministro, primo a riuscirci fra i laburisti inglesi.
IL PARLAMENTO INGLESE: RISULTATI DELLE ELEZIONI E CONFRONTO 2001-2005
2005
2001
%
SEGGI
%
LABURISTI
35,2
355
40,8
SEGGI
413
CONSERVATORI
32,3
197
31,7
166
LIBERAL DEMOCRATICI
22,1
62
18,3
52
ALTRI
10,4
30
9,2
15
. 17
Fino al Costitutional Reform Act del 2005, la Camera dei Lord
era presieduta dal Lord Chancellor che era anche Ministro della Giustizia
e Primo Giudice del Regno. La legge del 2005 ha istituito una Corte Suprema, la Supreme Court of the United Kingdom, che ha sostituito il Lord
Chancellor nelle funzioni giudiziarie.
Il Costitutional Reform Act è principalmente orientato a mutare
l’assetto del potere giudiziario, nonché la composizione della Camera Alta. Con riguardo ai Lord, in particolare, il disegno di fondo riconosce e
conserva un ruolo fondamentale di questo ramo del Parlamento, e ne
persegue però, rispetto alla Camera dei Comuni, una differenziazione di
compiti per alcuni versi più marcata di quanto non fosse precedentemente invalso in base alle convenzioni costituzionali.
Le amministrazioni locali
Il Regno Unito è un “Paese-Unione” (Galles, Inghilterra, Irlanda del Nord,
Scozia). In Inghilterra vi è solo il livello centrale e quello locale (contee e
Local District, che possono anche coincidere nel caso dei grandi agglomerati urbani), mentre le istituzioni di Scozia e Galles rappresentano livelli di governo intermedi tra il livello centrale e autorità locali nei
rispettivi territori.
Una “Regione”, nota anche come Government Office Region, è
oggi il più alto grado di governo locale in Inghilterra. L'Inghilterra è divisa
in nove Regioni, create nel 1994 dal governo di John Major, e dal 1999 esse formano i collegi elettorali dell'Inghilterra per il Parlamento europeo.
I poteri delle Regioni sono molto limitati e non esistono governi eletti, se non per Londra. Ogni Regione ha un ufficio di governo e alcune istituzioni associate, fra cui una Regional Development Agency
(RDA) e un'assemblea. Non essendoci elezioni regionali, i rappresentanti
locali sono scelti dai Consigli di contea, autorità unitaria o borough. Londra è in questo caso un'eccezione, poiché ha un sindaco eletto e un'assemblea con poteri in vari ambiti.
Già nel maggio del 1997, il governo aveva assunto l'impegno a
favore di una riforma costituzionale di ampia portata. Il processo di devoluzione prevedeva un sostanziale decentramento dei poteri mediante
l'istituzione di un Parlamento ed un esecutivo in Scozia, di un'Assem-
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blea in Galles e, in tempi più lunghi, la devoluzione dei poteri a livello
regionale in Inghilterra. Il Belfast Agreement, concluso nell'aprile 1998
ed approvato con referendum il mese successivo, ha aperto la strada allo sviluppo costituzionale anche in Irlanda del Nord.
La Scozia è dotata attualmente di un Parlamento di 129 componenti, eletti ogni quattro anni con il sistema di rappresentanza proporzionale. Il Parlamento opera a grandi linee sul modello di Westminster,
eleggendo un Primo Ministro che è a capo dell’esecutivo.
Il Parlamento e l'esecutivo hanno competenza per quasi tutti
gli aspetti della politica interna, economica a sociale, mentre il Parlamento del Regno Unito conserva il controllo degli affari esteri, della difesa e della sicurezza nazionale, delle questioni macroeconomiche e fiscali,
del lavoro e della previdenza sociale.
L'Assemblea Nazionale per il Galles ha 60 componenti, anch'essi eletti con il sistema proporzionale. Non ha il potere di creare legislazione primaria, ma gode di estesi poteri esecutivi e può creare
legislazione secondaria (vale a dire ordinanze e regolamenti che fissano i
dettagli del recepimento). L’Assemblea non ha competenze ampie come
il Parlamento scozzese: in particolare, il governo del Regno Unito conserva la competenza per la polizia e il sistema giuridico.
Una delle nuove istituzioni create dopo il Belfast Agreement
dell'aprile 1998 è stata un'Assemblea di 108 componenti con una serie
di poteri legislativi ed esecutivi, simile a quella del Parlamento scozzese.
L'esecutivo dell'Irlanda del Nord comprende un Primo Ministro ed un Vice-Primo Ministro, nonché 10 Ministri, assegnati proporzionalmente alle
forze partitiche rappresentate nell'Assemblea.
Ci sono Commissioni per ciascuna delle principali funzioni esecutive. Anche i componenti e la presidenza di ciascuna Commissione sono proporzionali alle forze partitiche. Queste Commissioni hanno
funzioni consultive oltre che di esame e di elaborazione della politica. Le
elezioni si sono svolte nel giugno 1998: sono stati eletti un Primo Ministro ed un Vice-Primo Ministro ed è stato raggiunto un accordo su quasi
tutti i dettagli delle istituzioni che si occupano dei rapporti fra la Repubblica dell'Irlanda e l'Irlanda del Nord.
. 19
L'esecutivo e le istituzioni, costituiti per la prima volta il 2 dicembre 1999, sono stati però sospesi con la reintroduzione del governo
diretto da parte del Ministro per l'Irlanda del Nord, l'11 febbraio 2000.
Dopo trattative fra le parti, il 29 maggio 2000 sono stati ricostituiti.
La devoluzione è stata sospesa in altre due occasioni, il 10
agosto ed il 21 settembre 2001, ogni volta per 24 ore. Il Ministro per l'Irlanda del Nord ha sospeso l'Assemblea dell'Irlanda del Nord il 14 ottobre 2002 e l'Irlanda del Nord è tornata al governo diretto.
In Inghilterra, il governo centrale riconosce che la richiesta di
un governo regionale ad elezione diretta varia notevolmente in tutto il
Paese e per questo non intende imporre un sistema uniforme. In prima
istanza, il governo ha legiferato a favore di Regional Development Agencies (RDAs) per promuovere lo sviluppo economico, agenzie analoghe alla Scottish Enterprise e all'Agenzia gallese per lo sviluppo. Si è prevista
anche l'istituzione di camere regionali, costituite da rappresentanti degli
enti locali della Regione oltre che da parti interessate a livello regionale,
provenienti da altri settori, per coordinare i trasporti, la pianificazione, lo
sviluppo economico, le richieste di finanziamenti europei e la pianificazione dell'utilizzazione del territorio. Le RDA e gli uffici regionali del governo centrale lavorano assieme alle camere regionali.
La città di Londra è governata dalla Greater London Authority,
istituita nel 1999 dal Greater London Authority Act. L’organo ha competenza generale con funzioni di programmazione, controllo e coordinamento su tutta l’area dei Boroughs e della City.
La Greater London Authority è composta dal Major (il Sindaco)
e dalla London Assembly (l’Assemblea). Essa, come si è detto, ha soprattutto funzioni di coordinamento e programmazione, mentre vengono lasciati intatti i previgenti poteri dei Boroughs. In particolare, il Sindaco ha
competenze in quattro settori determinanti: sviluppo economico, pianificazione del territorio, trasporti e ambiente.
Il sistema giudiziario
L'apparato normativo, nel Regno Unito, si basa su diverse fonti: le leggi
emanate dal Parlamento, la Common Law, sviluppata dalla magistratura,
e la legislazione comunitaria. Il sistema giudiziario britannico è basato
. 20
su un modello di ordinamento giuridico, detto di Common Law che, non
rifacendosi a leggi scritte, si sviluppa attraverso il diritto consuetudinario, cioè i casi precedenti delle decisioni giurisprudenziali. Tale sistema
opera in modo gerarchico, per cui la Corte di ordine inferiore deve attenersi alle deliberazioni della Corte di ordine superiore.
Nei casi che non coinvolgono la legislazione comunitaria, la Camera dei Lord è la corte di ultima istanza nel Regno Unito. La giurisdizione della House of Lords è quasi completamente di appello. Essa
rappresenta l'ultimo livello di appello per l'Inghilterra, il Galles e l'Irlanda del Nord nei casi civili e penali, mentre per la Scozia soltanto per i
casi civili.
La sezione civile della Court of Appeal tratta prevalentemente
gli appelli alle decisioni delle tre sezioni delle High Courts e delle
County Courts.
L’Alta Corte di Giustizia comprende tre sezioni: la Queen's
Bench Division, che si occupa principalmente di diritto societario, la Family Division, per il diritto di famiglia, adozioni, ecc. e la Chancery Division per i diritti di proprietà ecc.
La Crown Court tratta i casi penali più seri, mentre le circa 220 County
Courts insediate localmente hanno un’esclusiva giurisdizione civile.
3. Quadro macroeconomico
3.1 Un’economia “peculiare”
A partire dal secondo dopoguerra il Regno Unito ha dovuto affrontare numerosi problemi economici quali la pressione valutaria, il deficit della bilancia dei pagamenti, l’inflazione e una scarsa capacità
produttiva. Durante la recessione verificatasi nel 1974, la situazione è diventata ancora più critica: il numero dei disoccupati ha superato il milione, c’è stato un declino della produttività, i salari sono aumentati e la
moneta ha toccato minimi storici. Nel luglio 1975 il governo, con l’appoggio del mondo economico e dei sindacati, ha adottato severe misure
per contenere gli aumenti salariali e l’inflazione.
. 21
Verso la fine degli anni ’70, la scoperta di giacimenti di petrolio
nel Mare del Nord ha consentito un’importante riduzione del deficit nella
bilancia dei pagamenti. A partire dal 1979 la politica economica del Paese ha promosso una maggior delega al settore privato, mettendo un freno alla spesa pubblica e ai servizi statali. Obiettivo prioritario rimaneva
il contenimento dell’inflazione, a costo però di un tasso di disoccupazione storicamente elevato. Intorno alla metà degli anni ’80 vi erano nel
Paese oltre 3 milioni di lavoratori senza impiego e dieci anni dopo ne rimanevano ancora circa 2,6 milioni. Il deficit di bilancio annuo dello Stato
all’inizio degli anni ’90 era pari a circa l’1,1% del Prodotto Interno Lordo.
Nel gennaio del 1973 il Regno Unito ha aderito alla Comunità Economica
Europea, l’attuale Unione europea.
Quella inglese è un'economia peculiare rispetto a quella degli
altri Paesi europei: essa ha basato la recente ed elevata crescita sulla
vendita al resto del mondo di servizi specializzati, in primo luogo quelli
finanziari.
L'andamento dell'economia inglese ha tratto un enorme vantaggio dall'esplosione dei mercati finanziari dagli anni Settanta ad oggi.
Dai tempi del Premier Margareth Thatcher si è andato realizzando nel Regno Unito un processo di de-industrializzazione, accompagnato dall'espansione dei settori finanziari. L'ammontare giornaliero delle
transazioni finanziarie internazionali è elevatissimo ed è paragonabile al
reddito nazionale prodotto in un anno da un Paese ricco, come ad esempio l'Italia. Un terzo di tutte le transazioni finanziarie internazionali avviene sulla piazza di Londra e rappresenta pertanto una fonte di reddito
estremamente consistente per le imprese finanziarie inglesi e per l'intera
economia del Paese. Il successo va attribuito, dunque, all'abilità delle
imprese della City nel vendere servizi specializzati al resto del mondo, e
al regime normativo e fiscale che il Paese ha adottato per favorire le
proprie piazze finanziarie. Esso è inoltre dovuto al processo di liberalizzazione dei mercati finanziari, iniziato alla fine degli anni ‘70, che ha
profondamente inciso sulla gestione economica e politica del mondo
contemporaneo.
cupazione al 5% e l’inflazione che ha fatto segnare in media una crescita
pari all’1,7% annuo. Uno stato di salute che si è mantenuto anche nei
momenti di maggiore difficoltà dell’economia europea, come nel 2002,
quando il PIL inglese è salito del 2% contro l’1,1% della Francia, lo 0,4%
dell’Italia e lo 0,2% della Germania. Una performance spiegabile con gli
elevati ritmi di crescita dei consumi privati (+3,3% nel triennio 2000-03),
ma anche dovuta al contributo della spesa pubblica.
3.2 Settori produttivi
Come nella maggior parte dei Paesi sviluppati, il contributo
dell’industria manifatturiera alla formazione del PIL è andato scemando
rispetto a quello del settore dei servizi. Questo fenomeno è risultato ancora più evidente nel Regno Unito dove l’industria rappresenta circa il
15% della produzione nazionale.
Il settore dei servizi, nel frattempo, ha accresciuto la sua importanza e rappresenta attualmente oltre il 70% del PIL. Anche il settore
delle comunicazioni è cresciuto rapidamente, nonostante il suo contributo alla formazione del PIL sia rimasto stabile.
La struttura del mercato del lavoro è oggi significativamente
cambiata. Nel 2004 la forza lavoro ammontava complessivamente a
30.370.206 lavoratori. Nel settore dei servizi è attualmente impiegato il
75% dei lavoratori, mentre nel 1955 lo era solo un terzo della forza lavoro. L’industria, che rappresentava un tempo il settore principale in termini di occupazione (42% della forza lavoro nel 1955), assorbe oggi solo il
24% della popolazione attiva.
CONTRIBUTO DEI DIVERSI SETTORI ALLA FORMAZIONE DEL PIL, 2005 (VAL.%)
%
SETTORE
SERVIZI
FINANZIARI E D’IMPRESA
27,2
SERVIZI
GOVERNATIVI
22,8
DISTRIBUZIONE,
CATERING E HOTEL
INDUSTRIA MANIFATTURIERA
A partire dal 1993 il Regno Unito ha vissuto il più lungo e stabile periodo di crescita degli ultimi 30 anni, con un incremento del PIL
reale che ha viaggiato ad una media del 2,9% annuo, un tasso di disoc-
. 22
TRASPORTI
E COMUNICAZIONI
COSTRUZIONI
FONTE :
16,1
14,9
8,1
6,0
EIU, ECONOMIST INTELLIGENCE UNIT: COUNTRY REPORT, APRILE 2006.
. 23
Agricoltura e allevamento
Nonostante il 23,6% del territorio britannico sia coltivato, il settore riveste una modesta importanza in termini di occupazione e di partecipazione al PIL, come riflesso della precoce industrializzazione conosciuta dal
Paese. Nel 2003 l’agricoltura impiegava appena l’1% della popolazione
attiva e partecipava alla formazione del PIL per l’1%. Il settore raggiunge
tuttavia alti livelli di efficienza e produttività.
cimenti di petrolio e gas naturale sono stati scoperti a partire dal 1980,
in particolare nel Dorset, nell’Inghilterra meridionale.
Dalla metà degli anni Novanta, il settore della zootecnia si è trovato ad affrontare, come in altri Paesi europei, il problema della crescente
diffusione di casi di encefalopatia spongiforme dei bovini, che ha avuto
gravi conseguenze sull’esportazione di carne bovina. L’allevamento dei bovini rimane comunque molto consistente (10,4 milioni di capi nel 2005).
Il Regno Unito è stato tra i primi Paesi a sviluppare impianti
per la produzione di energia nucleare che oggi provvede nella misura del
18% al fabbisogno energetico del Paese. La prima centrale nucleare per
la produzione di energia su scala commerciale, entrò in funzione nel
1956 a Calder Hall, in Cumbria, nell’Inghilterra nord-occidentale.
Risorse energetiche e minerarie
Il Regno Unito è un Paese ricco di risorse minerarie, soprattutto carbone
e minerali di ferro, sfruttate sin dai tempi più antichi. Oggi si estraggono
zinco, piombo e oro. Le riserve d’oro, situate soprattutto in Galles, e
d’argento, come così come quelle di petrolio e gas naturale, sono proprietà della Corona e ai produttori possono solo essere concesse licenze
di sfruttamento.
Industria
Il Regno Unito rimane un Paese altamente industrializzato, nonostante i
molti problemi che il settore ha incontrato fin dagli anni ’70, tra cui la
concorrenza straniera e gli effetti negativi della recessione degli anni ’80.
Nel 2004 il Regno Unito è stato tra i maggiori produttori mondiali di petrolio con 2,09 milioni di barili al giorno avendo riserve per
905 miliardi di metri cubi con una vita residua di 9 anni, sulla base di
una produzione di 103,65 miliardi di metri cubi annui.
Nel 2004 l’industria contribuiva nella misura del 26,3% alla formazione del PIL, mentre l’82% delle esportazioni consisteva di prodotti
manufatti. Ciononostante, il numero degli occupati nel settore è diminuito in seguito alla chiusura degli stabilimenti o all’introduzione di nuove
tecnologie per aumentare la produttività. Nel 2003 il comparto industriale occupava il 24% della forza lavoro.
L’estrazione del carbone, le cui riserve sono sfruttate fin dall’epoca romana, rappresentò una risorsa energetica di grande importanza
nel corso della rivoluzione industriale. Il vertice della produzione fu raggiunto nel 1913 (292 milioni di tonnellate), ma da allora essa ha subito
un graduale declino. Il numero degli occupati in questa industria è sceso
da circa 200.000 persone nel 1985 a circa 11.000 nel decennio successivo, con pesanti conseguenze per l’economia delle comunità di minatori.
Quasi i tre quarti del carbone britannico provengono da giacimenti profondi, il resto da miniere all’aperto e, nonostante i problemi che il settore ha dovuto affrontare in epoca recente, esso provvede tuttora a circa il
25% dell’energia del Regno Unito. Nel 2003 il Paese ha prodotto 30,6
milioni di tonnellate di carbone.
I settori tradizionali tessile e automobilistico, anche se ancora
fiorenti, hanno subito un lieve ridimensionamento, mentre un più rapido
sviluppo hanno avuto le industrie farmaceutiche, chimiche, elettroniche,
aerospaziali e di strutture per l’industria petrolifera. Nei primi anni ’90 il
Regno Unito produceva circa il 40% dei personal computer d’Europa ed
era uno dei maggiori produttori mondiali di apparecchiature per comunicazioni, tra cui cavi in fibre ottiche. Fiorenti sono inoltre l’industria editoriale e della carta.
Il petrolio fu scoperto nel 1969 nel Mare del Nord e la produzione iniziò nel 1975. Nel 1980 vi erano 15 giacimenti che producevano
1,6 milioni di barili al giorno, tanto da soddisfare il fabbisogno interno e
rappresentare una nuova voce nel mercato delle esportazioni. Nuovi gia-
La Scozia e l’Irlanda del Nord vantano una lunga tradizione nella produzione di whisky e tessili (tweed e lino). I maggiori distretti industriali del Paese si trovano nei pressi di Londra, Manchester e
Birmingham.
. 24
. 25
Commercio e finanza
La Borsa valori di Londra e la Borsa delle assicurazioni dei Lloyd’s contribuiscono a fare del Regno Unito uno dei più importanti centri della finanza mondiale. I servizi bancari, finanziari, assicurativi e di credito
costituiscono circa il 20% dell’attività economica britannica. Tradizionale
centro dei servizi finanziari è il noto Square Mile (il “miglio quadrato”)
nella City di Londra, che ospita la maggior concentrazione al mondo di
banche e un gran numero di istituti assicurativi.
Da centinaia di anni il commercio per il Regno Unito ha un’importanza vitale, tanto che oggi è la quinta nazione al mondo per volume
di scambi, con un valore pro-capite delle esportazioni superiore a quello
degli Stati Uniti e del Giappone. I principali beni di importazione sono
generi alimentari, legno e prodotti cartacei, macchinari, prodotti chimici
e mezzi di trasporto.
Tra le esportazioni britanniche figurano macchinari, mezzi di
trasporto, manufatti di base, petrolio, prodotti chimici, strumenti di precisione, attrezzature aerospaziali ed elettroniche. Nel 2004 le esportazioni ammontavano a 348.430 milioni di dollari USA e le importazioni a
461.076 milioni. Il 50% circa degli scambi avviene con i Paesi dell’Unione
europea, soprattutto con Germania, Paesi Bassi e Francia, il 13% circa
con Stati Uniti e Canada.
Trasporti e vie di comunicazione
La presenza di numerose insenature lungo la costa e la navigabilità dei
fiumi, che hanno consentito la costruzione di funzionali centri portuali,
hanno contribuito a fare del Regno Unito una potenza marittima.
I principali porti britannici sono Londra, Tees e Hartlepool,
Grimsby e Immingham, Sullom Voe, Milford Haven, Southampton, Liverpool, Felixstowe, Forth, Dover e Portsmouth. Nelle isole Shetland e Orcadi i porti sono al servizio dell’industria petrolifera.
Vi sono oggi nel Regno Unito circa 3.200 km di canali e fiumi
navigabili alcuni dei quali, costruiti nel XVIII secolo, rappresentano ancora oggi importanti vie di comunicazione: tra questi, il canale di Manchester e il canale di Caledonia nella Scozia settentrionale, che consente
collegamenti tra l’Oceano Atlantico e il Mare del Nord.
. 26
Nel Regno Unito fu inaugurata nel 1825 la prima ferrovia al
mondo, percorsa da treni a vapore, la Stockton and Darlington Railway.
Oggi le ferrovie, gestite dalla compagnia Railtrack, recentemente privatizzata, dispongono di una rete di 16.514 km, di cui circa il 30% elettrificato. A questi si aggiungono i circa 400 km della rete metropolitana
londinese.
Il progetto per la costruzione di un tunnel sotto la Manica risale all’inizio del XIX secolo. Oggi l’Eurotunnel (ufficialmente inaugurato il
6 maggio 1994) è lungo 50,4 km e situato a 40 m sotto il livello del mare. Collega Folkestone, in Inghilterra, a Calais, in Francia.
3.3 Contesto economico attuale
L'incerto quadro congiunturale internazionale, l'aumento dei
prezzi delle materie prime, il rallentamento dei consumi privati hanno
contribuito alla modesta espansione del PIL: nel 2005, il PIL britannico è
cresciuto infatti dell'1,9%.
PRINCIPALI INDICATORI ECONOMICI 2001-2005
2001
2002
2003
2004
2005
996,8
1.048,5
1.105,9
1.163,9
1.209,3
US$) 1.434,9
1.571,4
1.805,7
2.131,1
2.198,8
2,2
2,0
2,5
3,2
1,9
24.274
26.489
30.320
35.644
36.632
1,2
1,3
1,4
1,3
2,2
INDICATORE
PIL A PREZZI
CORRENTI (MILIARDI
PIL A PREZZI
CORRENTI (MILIARDI DI
TASSO
DI CRESCITA REALE
(%)
PIL PRO-CAPITE (US$ A PREZZI
INFLAZIONE (%;
£)
CORRENTI)
INDICE ARMONIZZATO
UE)
BILANCIA COMMERCIALE (MILIARDI DI US$)
ESPORTAZIONI FOB
273,7
279,8
308,3
349,6
372,7
IMPORTAZIONI FOB
-332,1
-350,7
-386,5
-456,9
-483,7
-58,5
-70,8
-78,2
-107,3
-111,0
5,0
5,1
5,0
4,7
4,7
SALDO
COMMERCIALE
TASSO
DI DISOCCUPAZIONE
(%;
MISURA STANDARDIZZATA
UE/OCSE)
TASSO
DI CAMBIO
£/€ (MEDIA ANNUALE)
0,62
0,63
0,69
0,68
0,68
TASSO
DI CAMBIO
US$/£ (MEDIA ANNUALE) 1,440
1,499
1,633
1,831
1.818
DEBITO
RISERVE
ESTERO (MILIARDI DI
(MILIARDI
FONTE :
US$)
INTERNAZIONALI
DI
US$-ESCLUSO
45,4
N.D.
N.D.
N.D.
N.D
37,3
39,4
41,9
45,3
43,5
ORO)
EIU, ECONOMIST INTELLIGENCE UNIT: COUNTRY REPORT,
APRILE
2006.
. 27
Il rallentamento della crescita ha riguardato principalmente il
settore industriale ed in particolare quello manifatturiero, mentre è rimasta relativamente sostenuta la crescita nel settore dei servizi, con particolare riguardo ai trasporti e ai servizi finanziari e delle costruzioni. In
sensibile diminuzione anche il tasso di crescita dei consumi privati, che
ha rappresentato negli ultimi anni la componente trainante del PIL.
Nel secondo semestre 2005, gli aumenti generalizzati delle materie prime hanno raggiunto i consumatori attraverso i settori a maggiore
intensità di utilizzo energetico, trasporti, utilities. La Banca d'Inghilterra
ha ritoccato ad agosto 2005 il tasso ufficiale di sconto, fissato dal Comitato per la Politica Monetaria "MPC", portandolo al 4,5%.
Le rilevazioni dell'Office for National Statistics relative al quarto
trimestre del 2005 evidenziano un PIL in leggera crescita rispetto ai trimestri precedenti (0,6%).
La crescita economica degli ultimi 14 anni aveva determinato
nel Paese una progressiva riduzione della disoccupazione. Il 2005, invece, ha segnato un‘inversione di tendenza ed il numero dei disoccupati è
tornato a crescere.
Durante l'ultimo trimestre del 2005, il tasso d'occupazione ha
raggiunto il 74,5 % (-4% sul periodo di rilevazione precedente). L'elevato tasso d'impiego dei cittadini in età da lavoro è riconducibile alla positiva performance dei servizi e delle pubbliche amministrazioni. Il settore
manifatturiero, invece, ha continuato a perdere posti di lavoro. Negli ultimi 12 mesi il numero di disoccupati è aumentato di 123.000 unità ed il
tasso di disoccupazione ha raggiunto il 4,7%.
Nel passato biennio il bilancio dello Stato ha registrato deficit
crescenti. Nell'anno fiscale 2004-2005 il disavanzo delle pubbliche amministrazioni britanniche ha raggiunto la cifra record di 36,7 miliardi di
sterline (pari al 3,1% del PIL). Gli ultimi dati disponibili evidenziano segnali di netto miglioramento. Tra aprile 2005 e gennaio 2006, il deficit si
è attestato sui 7,8 miliardi di sterline rispetto al saldo negativo di 15 miliardi di sterline registrato tra aprile 2004 e gennaio 2005.
Ma gli ultimi rapporti semestrali dell'Organizzazione per la Cooperazione
e lo Sviluppo Economico (OCSE) hanno esortato il governo britannico al-
. 28
la prudenza, sottolineando l'opportunità di procedere, in una fase di ripresa, ad un "aggiustamento morbido" tramite un aumento delle tasse
oppure una riduzione della spesa corrente.
Attualmente l’economia britannica risente di gravi squilibri che
tendono a trascinare verso il basso il tasso di crescita reale. I più evidenti tra questi risultano essere l’eccessiva valutazione degli immobili e
il livello elevato di indebitamento dei proprietari di case. Le prospettive
di crescita per il 2006 appaiono limitate ad un tasso del 2,1%, prima di
risalire al 2,4% nel 2007.
L’inflazione, nonostante gli aumenti recenti nei prezzi della produzione,
dovrebbe rimanere contenuta, vicino al tasso governativo del 2%. Il deficit della bilancia commerciale, in forte ascesa dal 1997, dovrebbe stabilizzarsi nel 2006-07, con il rallentamento della domanda interna. Il
deficit delle partite correnti dovrebbe risultare nettamente inferiore a
quello commerciale, grazie agli importanti surplus registrati nei settori
dei servizi e degli investimenti. Dal 2006, la sterlina dovrebbe indebolirsi
lievemente rispetto all’euro, ma continuare ad apprezzarsi nei confronti
del dollaro USA.
PROIEZIONI DEI PRINCIPALI INDICATORI MACROECONOMICI, 2006-2009
TASSO
DI CRESCITA REALE DEL
INFLAZIONE (%;
TASSO
(%;
PIL (%)
INDICE ARMONIZZATO
UE)
DI DISOCCUPAZIONE
STANDARD
2006
2007
2008
2009
2,1
2,4
2,2
2,0
1,9
1,8
1,7
1,8
5,2
5,6
5,7
5,4
UE/OCSE)
BILANCIA COMMERCIALE (MILIARDI DI US$)
ESPORTAZIONI FOB
427,7
467,1
489,6
506,9
IMPORTAZIONI FOB
-549,4
-579,3
-593,5
-619,8
SALDO
-121,7
-112,2
-103,9
-112,9
FONTE :
EIU, ECONOMIST INTELLIGENCE UNIT: COUNTRY FORECAST,
MAGGIO
2006.
Aspetti regionali e devoluzione delle regolamentazioni
Allo scopo di migliorare le prestazioni economiche e la competitività del
Paese, nel Regno Unito sono state create nove Agenzie per lo sviluppo
regionale (RDA), di cui una è la Greater London Authority. Le altre otto
sono state istituite dalla Legge sulle Agenzie per lo sviluppo regionale
(Regional Development Agencies Act) del 1998.
. 29
Esse sono concepite come soggetti strategici dello sviluppo
economico delle aree in cui sono attive. I loro obiettivi e le loro mission
sono riportate nel testo legislativo che le ha istituite. Il primo obiettivo è
quello di sviluppare ulteriormente l’economia inglese, sostenendone la
ripresa. Inoltre, promuovono l’efficienza, gli investimenti e la competitività fra le aziende, oltre che l’occupazione. Infine, contribuiscono in modo
significativo allo sviluppo della propria area di competenza e del territorio nazionale.
Alle Agenzie per lo sviluppo regionale è richiesto di formulare,
sotto la guida del governo, opportune strategie finalizzate al miglioramento delle perfomance economiche regionali. Tali strategie sono sviluppate attraverso un business plan, disponibile sul sito web di ciascuna
agenzia.
Scopo della strategia regionale è “migliorare le prestazioni economiche e la competitività regionale, indirizzandosi verso uno sviluppo
economico sostenibile, rigenerativo e di crescita”.
Per fornire informazioni riguardanti ciascuna Regione e per indicare le attività delle RDA si fa riferimento ad alcuni indicatori, fra cui:
• il Prodotto Interno Lordo pro-capite relativo alla media dell’Unione europea;
• la percentuale di popolazione che vive in condizioni al di sopra della
media;
• natalità/mortalità aziendale;
• tassi di disoccupazione ILO (International Labour Organization);
• percentuale di impiegati che hanno intrapreso un programma di formazione nelle ultime 13 settimane;
• percentuale dei datori di lavoro con posti vacanti e difficili da riempire.
Le Agenzie ricevono finanziamenti dal ministero che risulta ad
esse correlato. È attraverso il Ministero del Commercio e dell’Industria
che il governo fornisce loro le linee guida.
2. Mercato del lavoro
A cura di Michael Brookes, Pauline Dibben e Malcolm Sargeant
1. Piano Nazionale Britannico per l’Impiego
Il Piano Nazionale Britannico per l’Impiego è inserito nel contesto del Programma di Lisbona, della Strategia Europea per l’Occupazione
(SEO) e della Relazione Kok del 2004. Esso elenca i risultati ottenuti in
ambito occupazionale tenendo conto di alcuni significativi indicatori macroeconomici, fra i quali il tasso di crescita economica del Paese, il tasso
totale di occupazione, il tasso di disoccupazione e l’indice d’inflazione.
Il Piano viene redatto dal Dipartimento del Lavoro e delle Pensioni (Department of Work and Pensions).
I provvedimenti del governo inglese a sostegno della Strategia
Europea per l’Occupazione includono le politiche attive per il mercato
del lavoro, alle quali si aggiungono i sussidi per i disoccupati, le politiche a sostegno della retribuzione ed altre iniziative che mirano a ridurre
le barriere che ostacolano la piena occupazione. Si evidenzia, inoltre, la
particolare attenzione del governo rispetto alle tematiche della formazione e allo sviluppo di specifiche competenze ed abilità lavorative.
Tre sono gli obiettivi prioritari che il governo inglese ha fissato
nell’ambito dei suoi interventi a sostegno del lavoro. In primis vi è la
piena occupazione: si auspica infatti che ciascuna regione del Regno Unito raggiunga un tasso di occupazione superiore al valore medio europeo.
Un secondo obiettivo può essere ricondotto al raggiungimento
di elevati standard di qualità e produttività, in altre parole il tasso di
crescita economica del Regno Unito dovrà risultare, nel lungo periodo,
più alto di tutti i suoi principali competitors.
Infine vi è l’obiettivo della coesione ed integrazione sociale
fra i lavoratori, condizione che potrà essere raggiunta attraverso azioni
. 30
. 31
mirate a ridurre la disoccupazione, nelle cosiddette fasce deboli della
popolazione, e il divario di reddito tra uomini e donne.
In risposta alle linee guida ed alle raccomandazioni europee, il governo
inglese ha intrapreso importanti iniziative nei seguenti ambiti:
• Misure attive e preventive per la disoccupazione e l’inattività.
Sono stati introdotti numerosi programmi fra cui il New Deal Programme, che include il New Deal for Skills, che si rivolge a chi non possiede
specifiche competenze lavorative, il New Deal for Lone Parents, che fornisce un’assistenza finanziaria ai genitori single (il 90% dei quali sono
donne), ed infine il New Deal for Partners, che si occupa dei partner di
coloro che hanno richiesto benefici di lungo periodo.
Nell’ambito delle misure attive per la disoccupazione, svolgono un
ruolo decisivo due importanti istituzioni inglesi: il Jobcentre Plus, che
con i suoi circa 1.000 uffici fornisce servizi innovativi nel settore pubblico dell’occupazione, e l’European Social Fund (ESF), che finanzia iniziative contro la disoccupazione di lungo periodo.
Il Jobcentre Plus prevede, inoltre, un “programma di sviluppo integrato dei mestieri” ed uffici specializzati nel fornire assistenza ai lavoratori dell’Irlanda del Nord.
• Creazione del lavoro ed imprenditoria.
Per il governo inglese impegnarsi a favore dell’imprenditoria e nella
creazione di lavoro autonomo significa pervenire ad un sistema di leggi che sia business friendly, così come è sottolineato nel Piano a Supporto delle Piccole e Medie Imprese.
In linea con questa politica vi è la volontà del governo di fornire supporto alle imprese attraverso il business link network. Altra prerogativa
del governo è quella di riformare le leggi che riguardano le Piccole e
Medie Imprese anche attraverso lo Small Business Service che svolge
studi sull’impatto che i provvedimenti governativi provocano alle
aziende di piccole dimensioni. Un’ulteriore iniziativa del governo a sostegno dell’imprenditoria, in particolare quella femminile, è il Women’s
Enterprise Strategic Framework che è stato progettato per incentivare
l’ingresso di un sempre maggiore numero di donne nel sistema imprenditoriale inglese. Il governo, inoltre, s’impegna a semplificare le
adempienze cui gli imprenditori devono sottostare per poter aver accesso ai finanziamenti, ed intende promuovere lo sviluppo di abilità
aziendali e manageriali viste come occasione di crescita generale.
. 32
• Guidare il cambiamento, promuovere l’adattabilità e la mobilità nel
mercato del lavoro.
Questo obiettivo è strettamente connesso alla capacità dei lavoratori
(e delle aziende) di anticipare, avviare e soprattutto gestire i cambiamenti del mercato del lavoro. Ciò significa, ad esempio, divulgando la
cultura delle “ore di straordinario” e realizzando un progetto finalizzato a promuovere le best practises all’interno della forza lavoro. Coerente con l’obiettivo di promuovere l’adattabilità nel mercato del
lavoro, vi è la volontà di rimuovere, attraverso il Conduct of Employment Agencies e l’Employment Businesses Regulations del 2004, tutte
le restrizioni che ostacolano la ricerca di un lavoro tramite agenzia.
L’Information and Consultation Regulations del 2004 tenta, inoltre, di
favorire un accordo fra i datori di lavoro ed i dipendenti sull’adozione
della cosiddetta “Direttiva sul posto di lavoro”. A tal proposito, l’Employment Act 2002 ed il Regulation del 2004 risultano essere provvedimenti legislativi utili a regolamentare le procedure di licenziamento,
quelle disciplinari ed in generale tutte le vertenze che possono avvenire sul luogo di lavoro.
• Promozione dello sviluppo di capitale umano e formazione permanente.
Riguarda lo sviluppo delle competenze e dei livelli di qualifica professionale della popolazione in età lavorativa. Si stima che circa il 15% della
popolazione inglese non possieda alcuna qualifica professionale.
Giovani
Per i giovani tra i 14 ed i 19 anni, il governo inglese ha intrapreso varie iniziative fra le quali l’istituzione di sussidi finalizzati al mantenimento durante i periodi di studio (si tratta di aiuti finanziari che
possono raggiungere le 30 sterline settimanali). Secondo il governo,
nel primo anno d’istituzione del progetto saranno 300.000 i giovani
coinvolti in programmi d’istruzione aggiuntiva. È stata prevista, inoltre,
un’ampia gamma di tirocini, inclusi quelli per i giovani di età compresa
fra i 14 ed i 16 anni.
Adulti
Il numero di adulti senza particolari competenze, assistiti dai programmi del governo, è aumentato nel corso degli ultimi anni. Sono previste
borse di studio, per i lavoratori a basso reddito, finalizzate a programmi di qualificazione professionali in settori ritenuti prioritari. Numerose
. 33
attività formative di questo tipo sono finanziate con i fondi dell’European Social Fund.
• Aumento dell’offerta di lavoro e promozione dell’invecchiamento attivo.
Nel Regno Unito è già stato raggiunto l’obiettivo di Lisbona fissato per
il 2010, ma il governo è ancora impegnato in programmi che mirano
ad aumentare la partecipazione attiva degli inglesi alla vita produttiva
del Paese.
Con un tasso di occupazione relativo alla fascia di età 55-64 anni, pari
al 56,2%, l’obiettivo di Lisbona, anche per quello che riguarda i lavoratori più anziani, è stato raggiunto. Il governo inglese, comunque, ha
svolto nel 2003 e nel 2004 degli studi sulle discriminazioni a danno
dei lavoratori non più giovani.
Sono previste nuove regolamentazioni per recepire, entro ottobre
2006, la Direttiva 2000/78/EC che riguarda, fra l’altro, la condizione lavorativa degli individui non più giovani. In questo ambito gioca un
ruolo decisivo il reintegro dei lavoratori nella precedente occupazione.
Si tratta di un servizio svolto dal Jobcentre Plus: agli individui con più
di 50 anni è riconosciuta un’assistenza prioritaria nella fase di ricerca
di un lavoro.
Il governo, in collaborazione con la CEEP (European Center of Enterprises), sta sviluppando, inoltre, una strategia sull’invecchiamento attivo
della popolazione: iniziative di formazione, nuova organizzazione del
lavoro e schemi flessibili per il pensionamento.
L’immigrazione gioca un ruolo decisivo nell’espansione del mercato del
lavoro; il Regno Unito non ha imposto particolari restrizioni ai lavoratori provenienti dai nuovi Stati membri. Significativi contingenti di lavoratori specializzati sono infatti stati ammessi grazie all’istituto del
permesso di lavoro. Nell’ultimo anno oltre 5.000 persone hanno preso
parte al Programma per Emigranti Altamente Specializzati (Highly Skilled Migrant Programme). Un ampliamento del programma prevede
l’apprendimento dell’inglese come seconda lingua.
• Pari Opportunità.
Nell’ambito delle Pari Opportunità sono in essere delle iniziative che
mirano all’attuazione del Patto di Equità (Equal Pay Act), vale a dire la
normativa inglese sulla retribuzione paritaria in vigore dal 1975. Tali
iniziative suggeriscono ai datori di lavoro di effettuare periodiche revisioni ai livelli salariali dei propri dipendenti ed auspicano il raggiungi-
. 34
mento di un’adeguata quota di rappresentanti sindacali nei dibattiti e
nelle contrattazioni collettive che riguardano le Pari Opportunità.
Attraverso il Flexible Working Regulations del 2002, relativo ai requisiti
per le procedure ed il Flexible Working Regulations del 2002, inerente
le idoneità, i reclami e i rimedi, il governo inglese ha messo in atto
una strategia che incentiva la partecipazione femminile al mercato del
lavoro. Ciò è stato realizzato attraverso varie iniziative che conciliano
lavoro e vita privata, inclusi gli assegni per i figli, incentivi finanziari e
l’introduzione della flessibilità nel lavoro. I provvedimenti legislativi
del 2002 riconoscono infatti al lavoratore il diritto di richiedere al proprio capo la flessibilità, di vedere accolta tale richiesta, se soddisfa i
prerequisiti indicati dalla legge, o vederla respinta se esistono valide
ragioni. Il lavoratore ha inoltre il diritto ad essere accompagnato durante l’incontro che si terrà con il datore di lavoro per discutere della
richiesta di flessibilità e di ricevere una motivazione scritta nel caso di
mancato accoglimento. È previsto, infine, che il lavoratore presenti un
ricorso formale presso il Tribunale del Lavoro nel caso in cui ritenga
che non siano state applicate correttamente le norme vigenti.
• Promozione dell’integrazione e lotta alla discriminazione nei confronti
delle persone che risultano svantaggiate nel mercato del lavoro.
Persone disabili.
Nel 2004, a seguito della Direttiva 2000/78/EC, è stato radicalmente
modificato il Disability Discrimination Act del 1995.
Gli interventi hanno riguardato gli ambiti di applicazione della legge,
che risultano ora ampliati. Il governo ha proposto infatti di estendere
ulteriormente la legge, includendo alcune categorie di persone che fino ad ora risultavano escluse da qualunque forma di protezione (ad
esempio individui che hanno contratto alcune forme di cancro o risultano positivi al test dell’HIV). In materia di discriminazione dei disabili
sul luogo di lavoro è attiva la Disability Rights Commission.
Minoranze etniche.
Il tasso di occupazione che si registra fra le persone che provengono
da minoranze etniche è pari al 59,4%, significativamente minore rispetto al corrispondente rilevato sulla popolazione totale, che si attesta al 74%. Il governo è impegnato ad alzare tale percentuale
attraverso la cosiddetta “Squadra speciale per le minoranze etniche”:
essa si occupa di risolvere i problemi di discriminazione che si verifica-
. 35
no sul luogo di lavoro ai danni di chi appartiene ad una minoranza etnica. Inoltre, sono state istituite numerose “Learning Communities” per
illustrare alle varie comunità straniere i vantaggi dell’apprendimento e
della specializzazione.
• Introduzione di incentivi per incrementare l’interesse al lavoro.
Il salario minimo nazionale.
Al momento esistono tre livelli rispetto ai quali viene erogato il salario
minimo nazionale: una fascia riferita ai lavoratori di età compresa fra i
16 ed 17 anni, quella relativa alla fascia 18-21 anni ed infine quella degli adulti (di età superiore ai 22 anni).
Esiste una commissione ad hoc (Low Pay Commission) che diffonde
raccomandazioni e consigli riguardo al salario minimo nazionale e che
svolge ricerche sull’argomento. La Commissione è composta da rappresentanti dei datori di lavoro e dei sindacati e recentemente, su richiesta del governo, ha intrapreso una nuova indagine sull’argomento.
Agevolazioni fiscali per i figli e crediti d’imposta.
Introdotte nel 2003, hanno lo scopo di fornire un’entrata minima alle
famiglie inglesi, in relazione alla loro situazione familiare ed occupazionale. Sono circa 2,3 milioni i lavoratori a basso reddito con figli che
hanno diritto a tale indennità. Altrettanti beneficiano dei crediti d’imposta.
• Regolarizzazione del lavoro in nero.
Si stima che il giro d’affari generato dal lavoro irregolare ammonti a
circa 17 miliardi di sterline. Fra i principali provvedimenti adottati dal
governo inglese al fine di contrastare il fenomeno vi è l’aumento degli
incentivi per regolarizzare il lavoro in nero. Esistono numerose campagne di dissuasione che tentano di sensibilizzare la coscienza pubblica
rispetto ai benefici del lavoro regolare ed ai rischi di quello in nero.
Sono previste, inoltre, sanzioni da applicare sia ai lavoratori irregolari
che ai datori di lavoro che non regolarizzano le persone alle proprie
dipendenze.
La scelta del governo di aprire le frontiere ai lavoratori provenienti dai
nuovi Stati membri ha permesso a numerosi lavoratori illegali, già presenti nel Regno Unito, di regolarizzare la propria posizione e iniziare a
pagare tasse e contributi previdenziali.
Esiste una disciplina speciale relativa ai gangmasters, i fornitori cioè
. 36
di manodopera illegale. Il Ministero delle Finanze ha istituito diverse
squadre regionali specializzate nella lotta a questo fenomeno. Nell’aprile 2005 il numero nelle squadre è stato aumentato di 70 unità.
Nel 2004 è stato introdotto un provvedimento legislativo appositamente concepito per risolvere il problema, The Gangmasters Act.
• Riduzione delle disparità occupazionali fra le regioni.
Secondo il governo, i tassi più bassi di occupazione tendono a concentrarsi nelle aree interne, o intorno agli ex bacini carboniferi. È stata
istituita un’associazione regionale, la Regional Skills Partnership, che
si consorzierà con il Learning and Skills Councils, il Jobcentre Plus ed
altri enti governativi per migliorare la specializzazione, la formazione e
la produttività a sostegno delle aziende attive nelle aree svantaggiate.
Impegnati nella soluzione del problema delle disparità regionali vi sono anche l’Addionally European Social Fund e l’European Regional Development Fund.
1.1 Dati demografici
La tavola che segue riporta la composizione della popolazione
del Regno Unito in base ai dati rilevati nell'ultimo censimento del 2001.
DIVERSITÀ ETNICA (VALORI IN MIGLIAIA)
DONNE
UOMINI
TOTALE
26.996
25.485
52.481
91,9
342
331
674
1,2
1.148
1.180
2.329
4,1
NERO/NERO BRITANNICO
605
542
1.148
2,0
0,4
GRUPPI
ETNICI
BIANCO
MISTO
ASIATICO/ASIATICO BRITANNICO
%
POPOLAZIONE
CINESE
126
117
243
ALTRO
127
102
229
0,4
TOTALE
29.345
27.758
57.304
100
FONTE :
EIU, ECONOMIST INTELLIGENCE UNIT: COUNTRY FORECAST,
MAGGIO
2006.
I dati qui riportati provengono dalla Commissione per l’Uguaglianza Razziale (CRE) e sono diffusi nella sezione statistica del sito del
governo (www.cre.gov.uk).
. 37
In genere, le minoranze etniche presentano livelli di attività
economica più bassi e livelli di disoccupazione più alti rispetto alla popolazione autoctona. Inoltre, è più frequente che gli appartenenti a nuclei etnici minoritari presentino livelli di reddito più bassi. I pakistani e i
bengalesi hanno un reddito familiare inferiore di oltre il 50% quello medio nazionale.
• la percentuale di donne che svolgono lavori amministrativi, di segreteria e di servizi alle persone è superiore rispetto a quella degli uomini;
questi ultimi, in genere, svolgono mestieri che richiedono un maggiore
livello di specializzazione.
TASSO DI OCCUPAZIONE PER ETNIA ED ETÀ, 2002
DONNE
ASIATICI
O
ASIATICI BRITANNICI
16-24
25-44
45-59/64
42
69
55
TUTTE
LE ETÀ
89%
76%
9%
35
69
63
60
41
76
72
67
77
Le cause delle discriminazioni razziali che si verificano negli
ambienti di lavoro sono riconducibili al cosiddetto “capitale umano”: con
quest’espressione s’intende il risultato di specifiche abilità, conoscenze,
esperienze e qualifiche professionali che insieme costituiscono il bagaglio personale dei lavoratori. È assai verosimile che i figli di pakistani,
bengalesi e di persone di origine afrocaraibica presentino livelli di capitale umano più bassi. Un’ulteriore causa di discriminazione può essere ricondotta al contesto geografico in cui si vive: circa il 70% della
popolazione appartenente a minoranze etniche risiede, infatti, in aree
povere. Nel generare discriminazioni razziali concorrono anche i bassi livelli di mobilità: è infatti poco probabile che persone appartenenti a minoranze etniche, percorrano lunghe distanze. E un peso, purtroppo
ancora assai rilevante in materia di discriminazione, è da imputare ai
classici pregiudizi razziali.
OCCUPAZIONE
LAVORO PART-TIME PER SESSO ED ETÀ NEL 2003 (VALORI IN MIGLIAIA)
16-24
25-34
35-44
45-54
55-64
DONNE
790
861
1.408
1.067
758
ETÀ %
45
33
47
42
56
UOMINI
534
115
86
106
199
ETÀ %
29
4
3
4
13
1.2 Occupazione e disoccupazione
Le statistiche sul mercato del lavoro sono disponibili sul sito
web del governo: www.statistics.gov.uk. I dati qui presentati provengono
dalla Labour Force Survey: si tratta di un’indagine campionaria svolta
ogni tre mesi su circa 57.000 famiglie.
TASSO DI OCCUPAZIONE (AGOSTO-OTTOBRE 2004)
NUMERO
OCCUPAZIONE (IN
MIGLIAIA)
DISOCCUPAZIONE
ECONOMICAMENTE ATTIVI *
La Commissione per le Pari Opportunità (EOC), fornisce i seguenti dati:
• il 44% delle donne inglesi svolge un lavoro part-time, contro il 10%
degli uomini;
• la retribuzione media oraria delle donne che lavorano a tempo pieno è
più bassa del 18% rispetto a quella degli uomini;
• la retribuzione delle donne che lavorano part-time è più bassa del
40% rispetto all’analoga per gli uomini;
. 38
4%
61%
70
45
74
62%
TASSO
66
30
83
74%
328
80
67
182
58%
5.192
54
BIANCHI
65+
4.363
7.086
51
CINESI
45-64
6.136
1.952
38
NERI BRITANNICI
OCCUPAZIONE
25-44
1.839
UOMINI
PAKISTANI/BENGALESI
O
TASSO
16-24
59
INDIANI
NERI
LAVORO PER SESSO ED ETÀ NEL 2003 (VALORI IN MIGLIAIA)
ECONOMICAMENTE
INATTIVI*
DI INDIVIDUI
TASSI (%)
28.440
74,7
1.388
4,7
29.828
78,5
7.904
21,5
DEI QUALI
NON CERCANO UN LAVORO
5.873
CERCANO UN LAVORO
2.030
* PER “ECONOMICAMENTE ATTIVI” S’INTENDONO GLI INDIVIDUI, CON PIÙ DI 16 ANNI, CHE HANNO UN’OCCUPAZIONE OPPURE SONO DISOCCUPATI; “ECONOMICAMENTE INATTIVI” SONO QUELLI CHE NON HANNO UN’OCCUPAZIONE NÉ SONO DISOCCUPATI: APPARTENGONO A QUESTA
CATEGORIA QUANTI SONO IMPEGNATI NELLA RICERCA DI UN LAVORO MA NON HANNO LA POSSIBILITÀ DI SVOLGERLO, COSÌ COME QUANTI
NON LO CERCANO AFFATTO.
. 39
LAVORATORI A TEMPO PIENO E PART-TIME
TOTALE
DEGLI OCCUPATI (MIGLIAIA)
LAVORATORI
28.440
TOTALE DEI DIPENDENTI
24.605
TOTALE DEI LAVORATORI AUTONOMI
3.614
DIPENDENTI
LAVORATORI
AUTONOMI
24.605
3.614
TEMPO PIENO
PART-TIME
18.237
6.367
TEMPO PIENO
PART-TIME
2.799
815
PART-TIME
7.328
Nel Regno Unito sono circa 1.050.000 i lavoratori che svolgono
un secondo lavoro. Dei 28,440 milioni di lavoratori, circa 3,614 milioni
sono lavoratori autonomi. L’ammontare totale relativo ai lavoratori parttime è di 7,328 milioni, la maggioranza dei quali risultano essere lavoratori dipendenti.
I dati dell’Eurostat indicano che, nel dicembre 2004, il tasso di
occupazione del Regno Unito era pari al 71,7%, il valore più alto nell’Unione europea dopo Olanda (73,1%) e Svezia (72,4%). Il dato italiano
era pari al 59,9%, il secondo tasso più basso nell’Unione europea, dopo
quello di Malta (53,8%). La media per l’Ue a 15 era 64,4%, mentre quella per l’Ue a 25 si attestava al 63%.
Il Servizio Governativo per le Statistiche (Government Statistics
Service) sottolinea, inoltre, che nel Regno Unito occupazione e disoccupazione variano in modo significativo a livello locale.
POPOLAZIONE ECONOMICAMENTE ATTIVA PER REGIONE
TASSO (%)
REGIONE
NORD-EST
74,4
RAGIONI FORNITE DA CHI SCEGLIE UN LAVORO PART-TIME
NORD-OVEST
NUMERO (IN
RAGIONE
IMPOSSIBILITÀ A TROVARE
NON
UN LAVORO A TEMPO PIENO
DESIDERARE UN LAVORO A TEMPO PIENO
PRESENZA DI
MIDLANDS
DELL’EST
79,4
MIDLANDS
DELL’OVEST
79,0
550 (7.7%)
5.250
EST
82,2
LONDRA
74,6
SUD-EST
82,2
UNA MALATTIA O FORMA DI INVALIDITÀ
CHE NON CONSENTE DI LAVORARE TUTTA LA GIORNATA
CONDIZIONE
77,4
MIGLIAIA)
DI STUDENTE O IN FORMAZIONE
175
1.173
Nel 2002 nel Regno Unito, si contavano 1.479.000 lavoratori
temporanei, il 6% di tutti i lavoratori dipendenti. Le motivazioni che indirizzavano verso la scelta di un lavoro temporaneo sono riportate nella
tabella sottostante.
SUD-OVEST
81,0
SCOZIA
79,7
GALLES
76,0
GRAN BRETAGNA
78,8
LIVELLO DELLA DISOCCUPAZIONE PER REGIONE (%)
RAGIONI FORNITE DA CHI SCEGLIE UN LAVORO TEMPORANEO
IMPOSSIBILITÀ A TROVARE
NON
UN LAVORO PERMANENTE
DESIDERARE UN LAVORO PERMANENTE
AVERE
UN CONTRATTO CON UN PERIODO DI FORMAZIONE
ALTRE
RAGIONI
392 (24,8%)
DONNE
TOTALE
7,1
5,4
6,3
NORD-OVEST
5,1
3,9
4,5
407
MIDLANDS
DELL’EST
4,5
3,9
4,2
95
MIDLANDS
DELL’OVEST
5,4
4,2
4,9
611
EST
3,6
3,6
3,6
LONDRA
7,1
6,8
7,0
SUD-EST
3,8
3,4
3,6
SUD-OVEST
3,6
2,7
3,2
SCOZIA
6,4
4,5
5,5
GALLES
4,9
3,8
4,4
GRAN BRETAGNA
5,1
4,2
4,7
Si è osservato che molti degli intervistati erano orientati a svolgere un lavoro temporaneo sia perché ritenevano più semplice accedere
a quella tipologia di contratto, riuscendo così ad entrare in modo agevole nel mondo del lavoro, sia perché speravano in una successiva trasformazione del contratto da temporaneo a indeterminato.
. 40
UOMINI
NORD-EST
REGIONE
NUMERO
RAGIONE
. 41
2. Ser vizi per l’impiego
2.1 Servizi pubblici - Jobcentre Plus
A partire dagli anni ’80, il governo inglese ha attuato una politica di devolution che ha riguardato anche la funzione relativa alle regolamentazioni del mercato del lavoro, adesso affidate ad agenzie
esecutive e ad altri enti.
Questi ultimi, in genere, sono finanziati da un dipartimento collaterale del servizio civile e sono responsabili, sotto molti aspetti, del contributo del settore pubblico alla regolamentazione del mercato del lavoro.
Il governo definisce il ruolo delle agenzie governative nel seguente modo (vedi Creation, Review and Dissolution of Executive Agencies April 2004. Cabinet Office 2004):
Le agenzie sono state create per consentire al governo di portare avanti
le sue funzioni esecutive attraverso un’unità aziendale ben definita, che
abbia la capacità di garantire determinati output ai ministri competenti e
presenti una struttura di responsabilità.
Il Jobcentre Plus è un’agenzia esecutiva del Dipartimento per il
Lavoro e le Pensioni. Istituita nel 2001, si occupa di fornire i servizi previsti nel settore pubblico per l’impiego. Si tratta di servizi integrati di assistenza all’occupazione, alcuni dei quali erano originariamente di
competenza delle agenzie governative. Il processo di integrazione fra i
vecchi ruoli e le nuove funzioni sarà completato nel 2006 con circa 1.000
uffici attivi in tutto il Regno Unito.
Il
è
•
•
•
Jobcentre Plus offre servizi alle persone in età lavorativa (la cui soglia
fissata a 65 anni):
aiutando i datori di lavoro a coprire i posti vacanti;
fornendo consigli sulla formazione professionale e i relativi sussidi;
migliorando l’assistenza offerta a chi richiede un sussidio.
I sussidi che gestisce il Jobcentre Plus comprendono:
• un incentivo per il re-impiego nella precedente occupazione;
• l’indennità di lutto;
. 42
•
•
•
•
•
•
•
•
•
il contributo per inizio attività;
i sussidi per il riscaldamento;
latte gratis per bambini disabili;
i contributi per le badanti;
i contributi per l’edilizia abitativa;
i sussidi per gli incapaci;
i sussidi per gli incidenti sul lavoro;
i sussidi per chi cerca lavoro;
i sussidi per chi soffre di grave invalidità.
Gli scopi del Jobcentre Plus, descritti all’interno del suo rapporto annuale, sono in sintesi:
• aumentare l’offerta di lavoro aiutando il maggior numero possibile di
disoccupati e di persone economicamente inattive che si trovano in
età lavorativa, nella ricerca di un lavoro (anche autonomo);
• fornire ai datori di lavoro servizi di alta qualità finalizzati a favorire
l’occupazione;
• agevolare l’ingresso nel mercato del lavoro di persone in età lavorativa
appartenenti a gruppi ed aree disagiate;
• assicurare pari opportunità alle persone appartenenti a minoranze etniche;
• assicurare che le persone che ricevono sussidi in età lavorativa ne
abbiano effettivamente diritto e che venga fornita loro un’efficace assistenza.
Fra i servizi offerti sono inclusi inoltre: numerose postazioni internet (jobpoint terminals) collegate al sito web del Jobcentre Plus, che
ne fanno il sito web del governo più visitato; annunci diffusi su un canale specifico della televisione, riguardanti i posti di lavoro disponibili.
Di recente sono stati introdotti nel Regno Unito alcuni innovativi programmi con l’obiettivo di sviluppare sistemi informativi che favoriscano l’incontro fra la domanda e l’offerta di lavoro e tenti inoltre di
regolamentare e monitorare il mercato del lavoro.
I sistemi informativi cui si è appena accennato rilevano e confrontano
dati a livello macroeconomico e microeconomico. I dati macroeconomici
regionali, e gli aggregati nazionali, si riferiscono all’inattività economica,
al censimento delle richieste di lavoro e delle persone in cerca di lavoro,
così come quello degli individui che hanno perso/lasciato il proprio lavoro e, infine, la durata della disoccupazione.
. 43
È grazie alle informazioni contenute in questi dati che il governo inglese elabora e definisce la propria strategia in materia di occupazione. Attraverso le interviste realizzate su quanti cercano un lavoro, e
sulla base delle informazioni che riguardano le occasioni di lavoro che i
datori di lavoro comunicano al Jobcentre Plus, vengono costruiti speciali
database dai quali si ricavano informazioni dettagliate a proposito delle
specializzazioni richieste dai datori di lavoro e del livello di qualifica offerto da chi è in cerca di lavoro.
suo giro d’affari (stimato, ad oggi, intorno ai 15 miliardi di sterline l’anno). Sono circa 60.000 le persone che lavorano nei circa 17.000 uffici del
settore privato per l’impiego, operativi su tutto il territorio nazionale.
L’ente a capo del settore privato per l’impiego è la Recruitment
and Employment Confederation (REC) che accoglie circa 6.000 membri
aziendali e 8.000 membri individuali. Il sito web della REC è:
www.rec.uk.com.
Si intuisce quindi il ruolo strategico assegnato ai sistemi informativi che consiste nell’agevolare l’incontro tra la domanda e l’offerta di
lavoro. Ciò che il governo inglese si propone, anche attraverso l’utilizzo
di sistemi informativi, è raggiungere gli obiettivi che ha fissato nelle varie aree del mercato del lavoro e che periodicamente corregge. Fra questi
obiettivi vi è il numero di persone in cerca di lavoro, di quanti si dicono
scoraggiati; altri obiettivi si riferiscono ad indicatori economici utilizzati
per monitorare i vari trend occupazionali.
La funzione di monitoraggio del mercato del lavoro assegnata ai sistemi
informativi è, in realtà, realizzata attraverso il Performance and Resources Agreement che si occupa di fissare e coordinare obiettivi di performance, ed inoltre monitora le prestazioni del sistema occupazione
inglese e del relativo mercato del lavoro in riferimento a 4 aree chiave.
Sono inclusi, oltre ai risultati occupazionali, il valore monetario delle frodi, gli standard dei servizi offerti ai clienti dei centri per l’impiego e quelli offerti dai datori di lavoro.
Il settore privato per l’impiego è disciplinato fin dal 1973, anno
dell’entrata in vigore dell’Employment Agencies Act. Esso prevedeva un sistema basato sulla concessione di licenze da parte del Dipartimento per
l’Occupazione (Department of Employment). Nel 2003, la legge del ’73 è
stata sostituita dal Conduct of Employment Agencies and Employment Businesses Regulations e dallo Statutory Instrument. Un anno dopo, con l’entrata in vigore della Regulation of the Private Recruitment Industry, il
settore privato per l’impiego è stato ulteriormente regolamentato.
2.2 Servizi privati per l’impiego
È interessante sottolineare come la legge del 1973, e le successive regolamentazioni introdotte nel 2004, distinguono fra agenzie di lavoro interinale ed agenzie di collocamento. Le prime si occupano di
fornire personale per incarichi temporanei, mentre le altre supportano il
collocamento di quanti aspirano ad un lavoro a tempo indeterminato.
Molte delle agenzie presenti nel Regno Unito sono sia agenzie interinali
che di collocamento.
Anche in Inghilterra, esattamente come in altri Paesi membri, esiste un servizio privato che affianca le agenzie pubbliche di collocamento e
che si pone in una posizione non competitiva rispetto al secondo.
Il settore privato per l’impiego svolge la propria attività da circa cento anni. Originariamente si occupava del collocamento di determinate categorie di lavoratori (in genere poco o per nulla qualificati), come
ad esempio i collaboratori domestici. Attualmente sono circa 500.000 i
lavoratori inglesi che ogni settimana ricorrono ai servizi offerti dal settore privato per l’impiego che, tra il 1992 ed il 1999, ha visto triplicare il
. 44
Esiste un codice deontologico che disciplina il settore privato
per l’impiego: si tratta del Rec Member’s Code of Good Recruitment Practise, diffuso nel 2005; esso include l’obbligo di applicare le regole anche
in riferimento a temi etici, commerciali e statutari e indica i doveri dei
membri sia nei confronti dei datori di lavoro che di quanti cercano un lavoro. È richiesto, inoltre, che le offerte di lavoro pubblicizzate dai servizi
privati per l’impiego siano dettagliate e che si dia adeguata comunicazione di tutte le disponibilità presenti.
In generale valgono le seguenti regole:
• Nessuna agenzia di lavoro interinale o agenzia di collocamento può richiedere ai suoi “clienti” del denaro per le prestazioni che offre, o imporre loro altri suoi servizi per i quali è previsto un pagamento.
. 45
Esistono delle limitazioni relative ai termini dei contratti che si stipulano fra agenzia di lavoro interinale e datori di lavoro per evitare che il
contratto di un lavoratore temporaneo venga trasformato dal datore di
lavoro in un contratto a tempo indeterminato, senza che sia riconosciuta all’agenzia interinale una qualche provvigione.
• Un’agenzia di lavoro interinale non dovrebbe proporre ad un datore di
lavoro un candidato chiamato a svolgere le mansioni di un lavoratore
che, al momento, si trova in controversia con l’azienda o in qualche altra disputa, a meno che non si tratti di uno sciopero non autorizzato o
di qualche altra iniziativa di protesta non prevista dalle Labour Relations o dal Consolidation Act del 1992.
• Le agenzie di lavoro interinale non possono bloccare la procedura di
pagamento del lavoratore temporaneo solo perché questi non ha ricevuto il foglio firmato dal datore di lavoro.
• Un’agenzia, o un’azienda che opera nel settore privato per l’impiego,
deve informare in modo dettagliato chi cerca lavoro sui servizi offerti e
sul loro eventuale costo. Tali servizi saranno erogati solo dopo che il
candidato avrà espresso il suo consenso.
• È altresì necessario concordare con la persona che cerca lavoro il tipo
di contratto di assunzione che sarà sottoscritto con l’agenzia interinale: contratto di servizio piuttosto che contratto per i servizi resi.
L’agenzia interinale dovrà garantire al cliente che il lavoro che questo
svolgerà sarà retribuito, anche nel caso di datore di lavoro insolvente.
È necessario, inoltre, definire fin dall’inizio i termini che riguardano la
retribuzione (anche la soglia minima che deve essere pagata all’agenzia interinale), oltre che i dettagli che riguardano le ferie.
• Ai servizi offerti da un’agenzia di collocamento sarà riconosciuto un costo solo se questi consistono in un aiuto nella ricerca di un impiego
nei settori dello sport, della musica, della danza o del teatro.
• È richiesto che le agenzie interinali e le agenzie private di collocamento conservino la documentazione sugli accordi presi col cliente e qualunque variazione apportata. Non è possibile proporre un cliente ad un
datore di lavoro, a meno che l’agenzia interinale, o l’agenzia di collocamento, non abbia sufficienti informazioni su quest’ultimo. Fino ad
allora dovrà essere mantenuto il riserbo anche rispetto alle date per le
quali il lavoratore è richiesto, la durata del lavoro, l’inquadramento offerto, l’esperienza richiesta, la formazione professionale e le qualifiche
necessarie per lavorare in quella posizione; il riserbo riguarda anche la
retribuzione che sarà riconosciuta al candidato.
. 46
• Ogni offerta di lavoro pubblicata presso un’agenzia che opera nel settore privato dell’impiego deve specificare il nome dell’agenzia, la natura del lavoro, la sede, le mansioni richieste e il salario.
• Le agenzie di lavoro interinale non possono proporre un datore di lavoro ad un giovane al di sotto dei 18 anni, se il giovane sta frequentando la scuola oppure l’ha appena lasciata.
Esistono vari provvedimenti che disciplinano le agenzie che
operano nel settore privato dell’impiego e le relazioni che intercorrono
tra queste ed il datore di lavoro, o chi cerca lavoro. Essi fissano i requisiti per la divulgazione di informazioni tra le varie parti coinvolte e i termini degli accordi tra queste.
Sanzioni
Chiunque contravvenga al divieto di pretendere del denaro da chi è in
cerca di lavoro, o non si attiene ai regolamenti e alle disposizioni testé
presentate e che risultano volte ad assicurare un’appropriata gestione
dell’agenzia interinale o dell’agenzia di collocamento, chi falsifica la documentazione o non rispetta un divieto senza fornire una motivazione
valida, sarà perseguibile penalmente e soggetto ad una multa fino a
5.000 sterline. È prevista inoltre una multa fino a 1.000 sterline nel caso
in cui s’intralci il lavoro degli ispettori preposti a tali controlli.
I tribunali del lavoro possono emettere un’ordinanza per interdire fino a dieci anni una persona (o un’agenzia) da un’agenzia interinale
in caso di cattiva condotta.
I termini dei contratti con i datori di lavoro o con i clienti, non
a norma di legge, non sono tutelabili.
2.3 Il fenomeno gangmasters
L’espressione gangmasters è usata per indicare gli individui, o i
gruppi di individui, che offrono squadre di lavoratori da impiegare in
specifiche mansioni, soprattutto nel settore agricolo o della pesca. Le attività dei gangmasters sono al di fuori dei controlli effettuati dalle agenzie di collocamento. Le squadre di lavoro sono formate da immigrati, a
volte illegali, disposti a lavorare molte ore con una paga assai bassa.
. 47
Le condizioni di lavoro sono precarie e non è raro che si verifichino incidenti. Si stima che nel Regno Unito ci siano 60.000 lavoratori che vivono
in queste situazioni di sfruttamento.
Nel 2004, per dare una risposta decisiva al problema, il governo inglese ha introdotto il Gangmasters Licensing Act; tale provvedimento disciplina le modalità per ottenere le concessioni e le licenze per le
attività che riguardano la fornitura di mano d’opera impiegata nei lavori
agricoli, nella raccolta di crostacei, nella lavorazione e/o imballaggio di
beni agricoli e di prodotti ittici.
È stata istituita un’Autorità con il compito di rilasciare le licenze
ai gangmasters e che terrà sotto controllo le loro attività impedendo che
un privato, o un’organizzazione, possa procacciare manodopera senza la
regolare licenza. È prevista, inoltre, l’istituzione di un registro delle licenze, accessibile al pubblico.
Chi agisce come gangmaster senza la relativa licenza, o con
falsi documenti, commette un reato punibile con una pena detentiva fino
a 12 mesi. Nel caso in cui una persona, in buona fede, utilizzi un gangmaster non autorizzato, sarà soggetta ad una sanzione e condannata
ad una pena detentiva che può raggiungere le 51 settimane. La legge inglese permette al Primo Ministro di nominare funzionari che accerteranno
che nel Regno Unito operino solo gangmasters autorizzati. Questi funzionari avranno ampi poteri che consentiranno loro di ispezionare la documentazione presente negli archivi delle aziende. Ostacolare il lavoro di
questi ispettori è un atto criminale perseguibile con sanzioni e punibile
con l’arresto.
Unito, così come in Italia, esiste infatti una categoria di non dipendenti
che risultano parasubordinati, o atipici, e per la quale sono previste speciali tipologie contrattuali. Di fatto la seconda tipologia di lavoratori, pur
intrattenendo relazioni con un datore di lavoro, non risulta essere vincolata esclusivamente a questo, ma può prestare la propria opera anche
presso altri datori di lavoro.
È frequente, tuttavia, che questi individui siano trattati come
lavoratori autonomi, ciò significa, ad esempio, che a loro non spetteranno gli stessi privilegi previsti per i dipendenti, sebbene risultino subordinati al datore di lavoro nella stessa misura in cui lo sono i primi.
Nel Regno Unito, il numero di lavoratori autonomi è cresciuto
significativamente negli ultimi venti anni fino a raggiungere, nel 2004, i
3,5 milioni di unità su circa 25 milioni di dipendenti. Più dei due terzi
dei lavoratori autonomi inglesi non ha personale alle proprie dipendenze
e svolge quindi da solo il proprio mestiere. Per alcuni di loro l’autonomia è fittizia: sono infatti subordinati ad un datore di lavoro per la fornitura dell’incarico e per la retribuzione, ma la condizione di essere un
lavoratore autonomo non consente loro di aver accesso ad alcuni diritti
che invece sono riconosciuti ai dipendenti.
Esistono casi, tuttavia, nei quali è difficile distinguere fra chi
sia un lavoratore dipendente e chi invece un lavoratore autonomo, specialmente quando entrambi condividono lo stesso datore di lavoro.
3.1 Dipendenti e “non dipendenti”
È assai frequente imbattersi in situazioni nelle quali è importante distinguere se un individuo sia un dipendente o un lavoratore
autonomo: esistono alcune misure di protezione riservate ai soli dipendenti, altre che invece fanno riferimento ad una definizione più ampia
di lavoratore. Fra queste ultime sono incluse il Working Time Regulations 1998, il Sex Discrimination Act del 1975 ed il Race Relations Act
del 1976.
La legge inglese distingue i termini “dipendente” e “non dipendente”. Nell’Employment Rights Act del 1996 è definito “dipendente” un
individuo che intraprende un lavoro, che lo sta svolgendo o – se questo
è terminato – che ha lavorato con un regolare contratto di lavoro. Il significato di non dipendente è analogo, ma più ampio. Anche nel Regno
Anche in riferimento all’imposizione fiscale è opportuno distinguere fra lavoratori autonomi e dipendenti: i primi infatti vedono tassati
i propri guadagni con modalità che risultano diverse rispetto a quelle
applicate ai dipendenti, consentendo ai primi di dedurre dall’imponibile
alcune spese sostenute per svolgere il proprio incarico.
3. Giurisprudenza
. 48
. 49
Ciò che emerge maggiormente in questo ambito è il ruolo svolto dal datore di lavoro. Egli è infatti chiamato a rispondere sugli eventuali incidenti avvenuti sul luogo di lavoro ai propri dipendenti,
risarcendoli. Nel caso di lavoratori autonomi le richieste di risarcimento
saranno assai più basse.
La tavola che segue sottolinea come le agevolazioni e i benefici previsti dal governo per i dipendenti siano diversi da quelli riconosciuti ai lavoratori autonomi.
DIRITTI
DEL LAVORO
SOLO
DIPENDENTI
TUTTI
I LAVORATORI
(DIPENDENTI
DICHIARAZIONE
CHIARO
SCRITTA SUI DETTAGLI DELL’IMPIEGO
PROSPETTO RETRIBUTIVO
TUTELA CONTRO
RETRIBUZIONE
TEMPO
X
X
X
DEDUZIONI ILLEGALI DAGLI STIPENDI
GARANTITA
La consultazione portata avanti dal governo in risposta alla Direttiva ha evidenziato una divergenza di vedute tra datori di lavoro e
sindacati. I primi erano dell’idea che gli aumenti di costi e la riduzione
della flessibilità, previsti dalla Direttiva, avrebbero portato ad una diminuzione del ricorso a dipendenti temporanei. I sindacati invece appoggiavano le proposte della Direttiva, riconducibili alla necessità di una
maggiore protezione per i lavoratori assunti a tempo determinato.
LIBERO-DOVERI PUBBLICI, RICERCA DI LAVORO
DI CASSAINTEGRAZIONE, DI MATERNITÀ, E ALTRO
X
PERMESSO
X
CONGEDO
DIRITTO
PARENTALE, PERMESSO DI PATERNITÀ, PERMESSO PER ADOZIONI
DI LICENZIAMENTO
X
X
DICHIARAZIONE
SCRITTA DELLE RAGIONI DEL LICENZIAMENTO
X
LICENZIAMENTO
INGIUSTO
X
DIRITTO ALL’ACCOMPAGNAMENTO
X
DIRITTO AD
UN PAGAMENTO STRAORDINARIO
X
DIRITTO AL
PAGAMENTO DI INSOLVENZA
X
PROTEZIONE
DALLE
PROTEZIONE
DAI REGOLAMENTI DEI CONTRATTI A TEMPO DETERMINATO
DIRITTO AL
TRANSFER REGULATIONS
X
X
X
SALARIO MINIMO NAZIONALE
DIRITTO A PAUSE
DI LAVORO, PERMESSI ANNUALI PAGATI
E MASSIMO ORARIO DI LAVORO
X
PROTEZIONE
X
DIRITTI
DEI REGOLAMENTI PER I LAVORATORI PART TIME
CONNESSI ALL’APPARTENENZA AI SINDACATI O TEMPO LIBERO
PER ASSOLVERE AI DOVERI E ALLE ATTIVITÀ DEI SINDACATI
X
DIRITTO ALLE
X
. 50
NUOVE PROCEDURE DI RISOLUZIONE GIUDIZIARIA
Nel 2002 è stata diffusa la Direttiva europea che disciplina la
condizione dei lavoratori temporanei; nel Regno Unito essa è stata fortemente contestata dai datori di lavoro, così come dal governo, e sostenuta invece dal Congresso dei sindacati. Il governo inglese ha comunque
precisato di non essere contrario ai principi esposti nella Direttiva ma
piuttosto di essere preoccupato per il fatto che nel Regno Unito vi è un
mercato del lavoro e una storia dei servizi privati per l’impiego assai diversi rispetto a quelli che si sono sviluppati negli altri Paesi comunitari.
Le riserve espresse dal governo inglese riguardavano soprattutto la definizione del periodo di tempo, trascorso il quale era possibile assegnare
ai lavoratori temporanei una sostanziale parità nei confronti dei lavoratori assunti a tempo indeterminato. Il periodo di tempo necessario al raggiungimento della parità (che fra l’altro riguardava anche la retribuzione)
era stato fissato a sei settimane ed era ritenuto troppo breve.
X
O ORGANIZZAZIONE DELLA FORMAZIONE IN CASO
DI MATERNITÀ ORDINARIO O ADDIZIONALE
INCLUSI)
3.2 Lavoro temporaneo
La Recruitment and Employment Confederation (REC) riteneva
che i due temi più importanti del dibattito fossero, in primo luogo, il periodo di tempo necessario alla parità fra lavoratori temporanei e quelli assunti a tempo indeterminato: le sei settimane proposte dalla Direttiva
europea risultavano troppo poche, si suggeriva quindi che tale periodo durasse almeno un anno. In secondo luogo si sosteneva che tutti i diritti dei
lavoratori dovessero essere accordati fin dal momento dell’assunzione.
Nel 2002 il REC ha svolto un’indagine su 190 agenzie di lavoro
che avevano collocato 48.678 lavoratori temporanei nella settimana iniziata l’8 marzo 2002. L’indagine ha rivelato che il 39% dei datori di lavoro che si erano rivolti a quelle agenzie non avrebbe assunto lavoratori
temporanei se avessero dovuto pagarli come dipendenti assunti a tempo
indeterminato. Nello stesso periodo la Confederazione dell’Industria
. 51
Britannica ha svolto un’indagine su 210 compagnie concludendo che, durante lo stesso periodo, queste ultime avevano impiegato 33.000 lavoratori temporanei.
lavoro degli altri dipendenti, le difficoltà ad assumere altro personale
che sostituisca il dipendente che ha richiesto la flessibilità. Può inoltre
addurre come motivo del rifiuto, l’eventuale impatto negativo sulle prestazioni e sui piani strutturali dell’azienda derivanti dalla perdita di
un’unità di forza lavoro.
3.3 Lavoro flessibile
L’articolo 47 della Legge sull’occupazione del 2002 introduce la
flessibilità nel lavoro; in questo modo, ad esempio, sono state create le
condizioni che permettono ai lavoratori di prendersi cura dei propri figli
mantenendo il posto di lavoro. La legge inglese consente ai lavoratori di
modificare i termini e le condizioni del proprio contratto rispetto all’orario di lavoro (compreso il numero di ore lavorative da svolgere lungo un
certo orizzonte temporale) o la possibilità di svolgere il lavoro in azienda
piuttosto che presso il proprio domicilio.
Il dipendente che non ha ottenuto la flessibilità può appellarsi
presentando, entro 14 giorni dalla prima risposta del datore di lavoro, un
ricorso scritto in cui indica data e motivo del ricorso. Se anche il ricorso
è respinto il datore di lavoro dovrà motivarlo fornendo una spiegazione
esauriente di come siano state applicate le regole. Se ciò non avviene è
possibile citarlo presso il Tribunale dell’impiego, con sanzioni che prevedono un risarcimento fino ad 8 settimane di paga.
3.4 Trattamento dei dati sensibili
Un lavoratore che ha necessità di accudire i propri figli può ottenere la flessibilità presentando la relativa domanda al proprio datore
di lavoro almeno 14 giorni prima del 6° compleanno del minore (o del
18°, nel caso in cui questo sia disabile). È possibile avanzare una sola richiesta all’anno. I requisiti per ottenere la flessibilità sono: aver lavorato
senza interruzione per almeno 26 settimane ed essere il padre, la madre,
l’adottante, il tutore del minore, o aver sposato uno di questi. La richiesta, scritta, deve essere datata, specificando se sono state presentate
eventuali precedenti richieste. In caso di non accoglimento il datore di
lavoro deve fissare, entro 28 giorni dalla data della richiesta, un incontro
per discutere con il dipendente la decisione presa. Durante il colloquio il
lavoratore ha diritto di farsi accompagnare da un collega che può decidere il luogo dell’incontro e conferire durante il colloquio sia con il collega che con il datore di lavoro. Quest’ultimo ha a disposizione 14 giorni
per comunicare, in forma scritta, la sua decisione in merito alla richiesta
di flessibilità; nel caso in cui sia positiva deve riportare sulla lettera le
variazioni subite dal contratto, altrimenti la motivazione del rifiuto.
Il Data Protection Act (DPA) del 1998 è divenuto effettivo nel
marzo del 2000. Esso disciplina l’attività dei “controllori dei dati” e, attraverso loro, di quanti trattano i dati personali. Il controllore di dati è la
persona che, da sola o congiuntamente ad altri, individua le finalità e le
modalità con le quali saranno trattati i dati personali di altri individui.
L’elaboratore di dati è invece la persona che, fisicamente, tratta i dati
per conto del controllore.
Fra le possibili cause di rifiuto che un datore di lavoro può addurre nel respingere la richiesta di flessibilità di un suo dipendente, vi è
l’eccessivo aumento dei costi di produzione che un nuovo assetto alla
propria forza lavoro comporterebbe. Inoltre l’impossibilità, o le difficoltà,
nel soddisfare la domanda della clientela, le difficoltà del riorganizzare il
C’è quindi una distinzione tra le funzioni di controllore e di elaboratore di dati; spesso il trattamento dei dati è gestito da organizzazioni esterne (per esempio a proposito delle paghe: un controllore può
decidere fini e mezzi con i quali devono essere trattati i dati, ma è possibile che sia un’organizzazione esterna a svolgere il trattamento).
. 52
Nel Regno Unito, la tutela dei dati personali è disciplinata dal
Data Protection Act del 1998; tale provvedimento sostituisce una precedente legge del 1984 e si propone di attuare pienamente le Direttive comunitarie diffuse nel 1995 in tema di tutela della privacy.
In ambito occupazionale rivestono un ruolo non trascurabile il
Regulation of Investigatory Powers Act del 2000 e l’Access to Medical Reports Act del 1988.
. 53
Nei testi legislativi si definiscono “dati personali” tutte le informazioni che consentono di risalire in modo univoco ad un individuo,
quindi può essere identificato attraverso quei dati. Qualunque opinione
personale espressa in modo ufficiale dall’individuo è da considerarsi un
dato personale, così come qualunque altra indicazione ad egli riconducibile. In ambito lavorativo, ad esempio, la valutazione espressa da un datore di lavoro su un suo dipendente o le indicazioni riguardo le future
aspettative di lavoro di questi potrebbero costituire dati personali del dipendente.
Si è già detto che, fin dal 1984, esisteva nel Regno Unito una
Legge sulla tutela dei dati (Data Protection Act, DPA), essa però poteva
essere applicata esclusivamente ai documenti redatti a mano. Il DPA del
1998 ha ampliato la definizione includendo, oltre i dati trattati con mezzi
automatici, quelli facenti parte di un qualche “sistema informatico”.
Sono state previste regole aggiuntive riferite al trattamento dei
dati cosiddetti sensibili. Si considerano dati sensibili le informazioni che
attengono ad una più intima e riservata sfera personale dell’individuo e
che non necessariamente è opportuno diffondere; rientrano in questa categoria le informazioni relative alle origini razziali o etniche dell’individuo, le sue opinioni politiche e le credenze religiose, l’appartenenza ad
un sindacato, le informazioni sul suo stato di salute, sulla condizione fisica e mentale del soggetto, le abitudini sessuali, gli eventuali procedimenti penali che hanno segnato la sua esistenza.
Il trattamento di questi dati può avvenire solo previo consenso
della persona cui si riferiscono o se vi sia una stretta necessità di farlo.
Grande rilievo è riconosciuto alla necessità di fornire ad un individuo del
quale siano stati trattati i dati, tutte le spiegazioni riguardo al motivo
per cui ciò è stato fatto.
La giurisprudenza inglese relativa al trattamento dei dati è molto articolata e si rinnova assai di frequente. Di recente, anche in ambito
occupazionale, l’argomento privacy ha assunto un ruolo rilevante al punto che è stato riconosciuto al lavoratore il diritto ad essere informato nel
caso in cui si operi un trattamento dei suoi dati personali. È stato riconosciuto inoltre al dipendente il diritto di essere informato riguardo la
fonte dei dati e le persone a cui questi saranno trasmessi.
. 54
Il DPA del 1998 ha confermato la carica di Data Protection
Commissioner (Garante della Privacy), rinominato Information Commissioner, già prevista dal Data Protection Act 1984. Il Garante ha formulato
un Codice diretto alle imprese, ma che non ha un valore legale. Il codice
è suddiviso in quattro parti; la prima riguarda la ricerca e selezione del
personale: in essa si fa riferimento alla tutela dei dati di quanti si sono
candidati ad un certo lavoro (le informazioni riguardano quanto risposto
sul questionario di assunzione e nei primi colloqui, ma anche le informazioni relative alle visite mediche cui è obbligatorio sottoporsi prima dell’assunzione). La seconda parte del codice informa sulle modalità con le
quali bisogna conservare i dati personali dei dipendenti. La terza parte
riguarda il controllo che può essere fatto sul dipendente durante l’orario
di lavoro e illustra sette raccomandazioni riferite a: protezione dei dati,
approccio generale al controllo, controllo delle comunicazioni elettroniche, controllo audio e video, controllo della segretezza, controllo all’interno dei veicoli, controllo attraverso informazioni fornite da terzi.
L’ultima parte riguarda la salute dei lavoratori. Esprime raccomandazioni
per quanto riguarda le informazioni sulla salute, sulle visite mediche, sui
test tossicologici o alcolemici e quelli genetici.
Il controllo delle comunicazioni che avvengono fra i dipendenti
e l’esterno, o fra gli stessi dipendenti, non possono limitarsi al controllo
degli apparecchi telefonici, esistono infatti forme di comunicazione che
passano attraverso la posta elettronica e, in generale, attraverso Internet. Ciò che è di rilievo in questo ambito è, quindi, quale sia la misura
entro la quale un datore di lavoro possa controllare la posta dei suoi impiegati e il loro accesso al web. Il Regulation of Investigatory Powers Act
del 2000 stabilisce che è illegale che un individuo, senza autorità legale,
intercetti nel corso del suo svolgimento una comunicazione che avviene
attraverso un sistema di telecomunicazioni pubblico o privato; è tuttavia
precisato che l’intercettazione non sarà illegale se l’intercettatore ritiene
che ci sia il consenso di entrambe le parti.
Per quanto riguarda le Telecommunications Regulations (Lawful
Business Practice and Interception of Communications), esse divennero
operative nel 2000 assegnando al controllore dei dati il diritto di registrare alcune comunicazioni quali lettere, mail e telefonate, in particolare
quelle che riguardano le attività svolte in azienda o che avvengono durante l’orario di lavoro.
. 55
Sempre in ambito di tutela della privacy è utile riportare la disciplina che riguarda gli eventuali certificati e pareri che un datore di lavoro può richiedere ad un medico prima di assumere un candidato o, nel
caso di dipendente, di confermare un’offerta d’incarico.
Come è facile intuire si tratta di documenti che hanno una rilevante importanza nella fase di assunzione e per i quali, quindi, è richiesta un’assoluta accuratezza. Simili circostanze sono disciplinate fin dal
1988, anno in cui fu introdotto l’Access to Medical Reports Act (AMRA)
che riconosceva al datore di lavoro il diritto di accesso alla documentazione relativa allo stato di salute dei suoi dipendenti. Tale documentazione doveva essere redatta esclusivamente a scopo lavorativo o
assicurativo.
Secondo la legge il datore di lavoro, prima di visionare la documentazione sanitaria di un suo dipendente, ha l’obbligo di informarlo
sull’intenzione di richiedere tale documentazione ed avere, inoltre, il
consenso a procedere.
Al dipendente che ha dato il proprio consenso è riconosciuto il
diritto di visionare il rapporto medico prima che venga consegnato al datore di lavoro. Può quindi succedere che, in seguito alla richiesta della
documentazione sanitaria da parte del datore di lavoro, il medico incaricato possa ritardare la consegna della documentazione fino a quando il
dipendente non ne abbia preso visione.
3.5 Tutela dalle discriminazioni negli ambienti di lavoro
Il frequente intervento del governo inglese in materia di discriminazione suggerisce quanto tale problematica stia a cuore all’esecutivo.
Esistono pertanto numerose misure che tutelano i lavoratori che subiscono nell’ambiente di lavoro discriminazioni per la loro condizione fisica
(nel caso dei disabili), per la loro età (nel caso dei lavoratori non più
giovani) o per altre caratteristiche quali il genere e la razza.
Al fine di contrastare le discriminazioni che si verificano nell’ambiente di lavoro, fu introdotto nel 1975 un importante provvedimento legislativo denominato Sex Discrimination Act (SDA) che si aggiungeva
ad una precedente iniziativa che tutelava la retribuzione delle lavoratrici:
l’Equal Pay Act. La legislazione che tutela i lavoratori rispetto alle discriminazioni razziali fu introdotta invece nel 1976 con il Race Discriminazion
Act (RRA). In esso veniva data la definizione di “ambito razziale” rispetto
al quale non potevano essere perpetrate delle discriminazioni ai danni
dei lavoratori. L’ambito razziale era da riferire “al colore, razza, nazionalità o origini etniche o nazionali” di un lavoratore.
Quest’ultimo, visionato il rapporto, può richiedere che sia
emendato per correggere eventuali errori. Nel caso in cui il medico si rifiuti è possibile allegare al rapporto la richiesta di correzione, prima che
tutta la documentazione sia spedita al datore di lavoro.
Una copia del rapporto deve essere conservata dal medico per sei mesi.
Sia l’SDA del 1975 che l’RRA del 1976 si occupavano delle circostanze in cui l’appartenenza ad un genere sessuale, o gruppo razziale,
poteva costituire un requisito decisivo nel processo di selezione del personale. Nel 2001 è stato introdotto il Race Relations (Amendment) Act che
ha emendato la legge del 1976 confermando, fra l’altro, il dovere (imposto
alle autorità pubbliche competenti) di promuovere l’uguaglianza e di prevenire le forme di discriminazione razziale in ambito lavorativo. Nel testo
legislativo del 2001 è inoltre sottolineato che gli enti pubblici, nello svolgimento delle loro funzioni, hanno l’obbligo di eliminare qualunque forma di
discriminazione razziale e di promuovere le Pari Opportunità e la pacifica
convivenza tra persone di differenti gruppi etnici.
Nell’AMRA sono tuttavia previste delle eccezioni: un medico
può negare l’accesso alla documentazione sanitaria (sia al datore di lavoro che al dipendente) se ritiene che la diffusione di alcune informazioni mediche provochino seri problemi alla salute fisica e mentale del
dipendente, o comportino la diffusione di informazioni che riguardano
una terza persona (a meno che quest’ultima non abbia dato il proprio
consenso).
Attualmente gli organi esecutivi preposti contro le discriminazioni, anche nel caso di orientamento sessuale o credenze politiche e/o
religiose, sono la Commissione per le Pari Opportunità, il Consiglio per
l’uguaglianza razziale e la Commissione per i diritti dei disabili. Il governo inglese sta per introdurre, inoltre, una nuova Commissione, la
Commission for Equality and Human Rights, che sarà operativa a partire
dal 2006.
. 56
. 57
3.6 Istituzioni
Tribunale per l’impiego e Corte d’Appello.
A differenza della maggior parte delle corti, il Tribunale per l’impiego, e
la relativa Corte di Appello (EAT), possiedono un proprio statuto ed una
struttura definita dall’Employment Tribunals Act del 1996. In seguito alla
nuova legislazione, che autorizza i singoli lavoratori a denunciare presso
le corti competenti il mancato rispetto della disciplina sul lavoro, l’attività di tali organismi è notevolmente aumentata. Nel periodo 2003-2004
sono stati accolti più di 115.000 ricorsi. È possibile appellarsi al Tribunale dell’impiego presso la Corte d’Appello di Londra o presso quella di
Edimburgo. Nell’arco temporale 2003-2004 sono stati presentati 840 appelli, di questi 457 per iniziativa dei lavoratori, i restanti sono da ricondurre ai datori di lavoro.
Advisory, Conciliation and Arbitration Service.
Il Servizio di Consulenza, Conciliazione ed Arbitrato (Advisory, Conciliation and Arbitration Service, ACAS) è stato istituito nel 1975 allo scopo di
promuovere le relazioni industriali. Opera in modo indipendente e non è
soggetto ad alcun controllo ministeriale. È guidato da una commissione
composta da 12 membri provenienti dal mondo del business, dal mondo
sindacale, dai settori indipendenti e dal mondo accademico. L’ACAS opera in quatto aree chiave:
• prevenzione e risoluzione di dispute attraverso conciliazioni collettive
o mediazioni;
• conciliazione dei ricorsi in atto e di quelli potenziali;
• consulenza;
• promozione di best practices e tirocini.
Degni di nota risultano, inoltre, il Manuale di disciplina sul luogo
di lavoro e il Codice di comportamento, entrambi a cura dell’ACAS. Tali codici disciplinano le modalità con cui le comunicazioni importanti del datore
di lavoro, relative alle contrattazioni collettive, debbano essere trasferite ai
sindacati. Inoltre, riguardano i permessi che i lavoratori possono richiedere
per poter svolgere gli impegni relativi alle loro attività sindacali ed in generale tutte le procedure disciplinari e le rimostranze.
L’ACAS può imporre a ciascuna azienda di pubblicare i Codici di
comportamento previsti dal TULRCA (Trade Union and Labour Relations
. 58
Consolidation Act) del 1992. È sempre il TULRCA, che, in una sua sezione, dispone che i contenuti dei Codici di comportamento siano conformi
e mutuati alle sentenze dei Tribunali del lavoro o dal Comitato Centrale
di Arbitrato (CAC).
Central Arbitration Committee.
Il Comitato Centrale di Arbitrato (Central Arbitration Committee, CAC) è
un ente con una serie di funzioni che gli riconoscono il diritto di esprimersi sulle richieste di riconoscimento da parte dei sindacati designati a
partecipare alle contrattazioni collettive. Esso risolve, inoltre, le dispute
sorte fra datori di lavoro e sindacati che possono essere ricondotte alla
mancata comunicazione delle informazioni aziendali rilevanti nelle contrattazioni collettive. Si occupa di accogliere le richieste, e gli eventuali
reclami, riguardo la costituzione e l’operatività del Consiglio per il lavoro
europeo in Gran Bretagna.
Il CAC è composto da un presidente, due vicepresidenti, 16 membri che
rappresentano i datori di lavoro e altrettanti che rappresentano i lavoratori. Ogni decisione del Comitato deve essere sostenuta dal presidente,
dai vicepresidenti, da due membri fra i rappresentanti dei datori di lavoro e da uno fra i rappresentanti dei lavoratori.
Certification Officer.
L’Ufficio per le Certificazioni (CO) è stato istituito con l’obiettivo di tenere
il registro dei sindacati e delle associazioni dei datori di lavoro, accertandone, e poi dichiarandone, l’indipendenza. Si occupa, inoltre, dei reclami
presentati dai membri dei sindacati che riguardano, ad esempio, la non
corretta diffusione di alcune informazioni aziendali o la mancata osservanza delle regole statutarie a proposito del ballottaggio segreto per
l’elezione dei componenti esecutivi dell’associazione dei sindacati. Il CO
garantisce l’osservanza delle regole statutarie relative alle fusioni o agli
altri cambiamenti che possono riguardare l’assetto e la struttura aziendale. Si occupa dei reclami presentati dai propri membri e redige un dettagliato, ed utile, rapporto annuale che contiene la lista di tutte le
associazioni di imprenditori e di sindacati indipendenti presenti nel Regno Unito.
Information Commissioner.
L’Ufficio dell’Information Commissioner è stato istituito a seguito del
Data Protection Act del 1998. Divenuto effettivo nel marzo del 2000,
. 59
ha sostituito il Data Protection Registrer. A capo di questo ente vi è un
commissario che vigila sulla corretta applicazione delle prescrizioni del
Data Protection Act 1998 e del Freedom of Information Act del 2000.
L’Information Commissioner svolge le sue funzioni offrendo un servizio
generale di assistenza alle imprese (anche attraverso la pubblicazione di
una guida dettagliata ai servizi offerti), incoraggia l’applicazione del Codice di comportamento, tiene un registro pubblico dei controllori di dati
(come imposto dal Data Protection Act del 1998) e la lista delle autorità
pubbliche che approvano gli schemi previsti dal Freedom of Information
Act 2000. Esso, infine, può intentare azioni disciplinari contro le imprese
che non rispettano la legge.
Commissione Pari Opportunità.
Istituita nel 1975, le sue principali funzioni sono quelle di eliminare, o almeno ridurre, le discriminazioni sessuali nell’ambiente di lavoro, promuovere le pari opportunità e revisionare l’efficacia del Sex
Discrimination Act del 1975 e dell’Equal Pay Act 1970.
Oltre a questi ruoli istituzionali, la Commissione Pari Opportunità
(EOC) ha un’importante funzione che consiste nel pubblicare alcuni codici di comportamento fra cui il Codice sulle discriminazioni sessuali, politiche e occupazionali ed il Codice sulla giusta retribuzione.
La EOC può, inoltre, condurre indagini finalizzate a verificare la corretta applicazione delle sue prescrizioni.
Commission for Racial Equality.
Fu istituita nel 1976 grazie al Race Relations Act e le sono riconosciuti tre
principali compiti: l’impegno contro le discriminazioni razziali e la promozione delle pari opportunità fra i lavoratori così come, in generale, la
promozione della civile convivenza fra persone provenienti da diverse
razze o minoranze etniche. Si occupa infine del monitoraggio del Race
Relations Act del 1976.
Alcune funzioni della Commission for Racial Equality (CRE) sono
simili a quelle dell’EOC: entrambe hanno infatti il potere di condurre indagini formali e possono diffondere Codici di Comportamento (nel caso
della CRE si tratta del Codice di Comportamento per la lotta alle discriminazioni razziali e per la promozione delle pari opportunità nel mondo
del lavoro).
. 60
Commissione diritti per i Disabili.
Istituito dopo il Disability Rights Commission Act del 1999, questo ente è
divenuto effettivo nell’aprile del 2000 quando ha sostituito il National
Disability Council, che a sua volta era stato istituito con il Disability Discrimination Act del 1995. Le funzioni della Commissione diritti per i disabili (DRC) consistono nell’impegno ad eliminare le discriminazioni che i
disabili subiscono negli ambienti di lavoro e nel promuovere le pari opportunità e le best practices nel trattamento dei disabili da parte dei datori di lavoro e dei colleghi. Infine, ha il compito di informare il governo
sugli sviluppi e gli effetti del Disability Discrimination Act del 1995 e del
Disability Rights Commission Act del 1999. La DRC ha poteri simili alla
EOC e alla CRE nel condurre indagini e diffondere i Codici di Comportamento relativi alla lotta alle discriminazioni sul lavoro per chi è disabile
(o lo è stato).
3.7 Red tape
Per red tape s’intende il complesso di normative e adempimenti in materia di occupazione che grava sui datori di lavoro, soprattutto
delle piccole e medie imprese.
Jones Digby, Direttore Generale del CBI (una delle confederazioni di lavoratori) ha dichiarato: “La flessibilità delle imprese è compromessa dal continuo proliferare di leggi”.
La Camera di Commercio inglese (BCC) ha stimato che le perdite subite dall’economia inglese a partire dal 1998 ammontano a circa 30
miliardi di sterline, dei quali il 44% deve essere ricondotto agli effetti
delle nuove leggi sull’impiego e a quelle in materia ambientale. In un’interrogazione presentata nel 2004 dal Ministero dell’Industria e del Commercio, la BCC ha dichiarato che quello del red tape era il problema
maggiore per le piccole imprese inglesi.
Successivamente il governo ha annunciato che, a partire dal
2004, le leggi sull’occupazione sarebbero state riviste ogni anno, fissando nel 1 aprile e nel 1 ottobre le date in cui far entrare in vigore le eventuali modifiche. Non sempre questo impegno è stato rispettato,
soprattutto nel caso delle leggi che recepivano le Direttive comunitarie e
. 61
che quindi richiedevano una diversa tempistica. Il governo ha auspicato
inoltre che, nel tradurre le Direttive comunitarie, fossero approntate valutazioni ed analisi per studiare eventuali leggi alternative, si verificasse
che queste soddisfacessero tutti gli obiettivi fissati dalla Ue e si tentasse
di prevederne l’impatto. Un esempio di questo meccanismo è l’attuazione della Direttiva sull’informazione e la consultazione.
3. Politiche per l’occupazione
Non sorprende la circostanza che i sindacati non abbiano accettato un simile approccio: il Congresso dei sindacati (Trades Union
Congress, TUC) ha infatti definito questo meccanismo un “aggravio per
le imprese”, criticando inoltre i datori di lavoro, colpevoli di trascurare i
costi eccessivi derivanti dal red tape europeo.
1. Politiche attive per l’occupazione
In Inghilterra è attiva la Regulatory Impact Unit: si tratta di una
sezione dell’Ufficio di Gabinetto che, insieme ad altri dipartimenti ed agenzie governative, ha competenze sul lavoro e si occupa di assicurare che le
leggi siano ‘chiare ed efficaci” e che ciascuna nuova proposta di legge sia
davvero necessaria. Essa si auto-attribuisce un ruolo decisivo nella lotta
alla burocrazia e nella limitazione degli effetti causati dal red tape.
Ciascuna proposta di legge deve essere sottoposta al Regulatory Impact Assessment (RIA) che prevede un’analisi di tutti i suoi possibili impatti. Il RIA deve identificare gli obiettivi ed i rischi connessi a
ciascuna proposta, considerare le opzioni e le alternative alle leggi, quali
saranno i settori dell’economia in cui la legge impatterà, valutarne i costi
e qualunque altra conseguenza.
Nel Regno Unito le aree con il tasso di occupazione più alto risultano essere l’Est, il Sud-Est e il Sud-Ovest; quelle con il tasso di occupazione più basso sono invece il Nord-Est, l’Irlanda del Nord ed il
distretto di Londra. Queste informazioni non offrono tuttavia un quadro
completo della situazione in cui versa il sistema occupazionale inglese: il
Galles presenta infatti uno dei tassi di disoccupazione più bassi del Regno, ma anche uno dei più bassi di occupazione a causa dell’elevata
inattività della sua popolazione (numerosi sono infatti gli inabili che ricevono sussidi e i genitori single per i quali sono previste specifiche iniziative di sostegno). Si registra inoltre una maggiore variazione riferita ai
tassi di occupazione rilevati all’interno delle regioni piuttosto che a quelli rilevati tra una regione e l’altra. I tassi di occupazione risultano, infatti,
significativamente più bassi nelle città, nelle valli del Galles e nelle città
marittime, data l’elevata presenza in quei luoghi di minoranze etniche, di
immigrati non europei e di studenti.
Numerose sono le strategie che il governo inglese ha adottato
al fine di ridurre le disparità occupazionali fra le regioni del Regno. Dall’aprile del 2004, le Agenzie per lo Sviluppo Regionale (Regional Skills
Partnerships) hanno tentato di migliorare il coordinamento fra domanda
e offerta di competenze in tutte la regioni inglesi. Il Jobcentre Plus ha
inoltre indirizzato le proprie energie e risorse verso le aree con maggiore
concentrazione di disoccupazione ed inattività.
Fra le iniziative promosse in questa direzione dal governo vi è
l’Action Teams for Jobs che fornisce un aiuto finalizzato a superare gli
ostacoli che incontrano le persone che vivono nelle aree depresse nella
fase di ricerca di un impiego, i Working Neighbourhoods che aiutano le
persone a trovare un lavoro a ragionevoli distanze dal proprio domicilio
ed infine l’Employment Zones che offre un supporto personalizzato a chi
. 62
. 63
si trova da lungo periodo nello status di disoccupato, attraverso colloqui
da svolgere con dei consulenti specializzati (Department for Work and
Pensions, DWP, 2004).
Più in generale possiamo dire che l’approccio che il governo inglese ha scelto in merito alle politiche attive per l’occupazione è stato
quello di sviluppare partnership con numerosi enti al fine di migliorarle
ed influenzarne il cambiamento. Fra le varie iniziative grande rilievo ha
avuto la Skills Strategy, alla cui definizione hanno contribuito diversi enti e che viene realizzata anche attraverso la Skills Alliance Network.
La Skills Alliance Network è un’associazione che si avvale anche della collaborazione di consulenti esterni ed è articolata in una serie
di dipartimenti e di agenzie governative di seguito elencati:
• Agenzia per le competenze di base (Basic Skills Agency).
Con l’espressione “competenze di base” si indicano le capacità di saper leggere, scrivere, parlare inglese/gallese ed utilizzare la matematica
(ed in generale le abilità di calcolo) in un contesto quotidiano e lavorativo. L’Agenzia preposta allo sviluppo di tali competenze è un organismo indipendente che ha fissato come sue priorità quelle di migliorare
le abilità di dialogo e ascolto di bambini, giovani e adulti (anche durante le loro fasi evolutive) tentando di coinvolgere gli individui con
disagi in programmi finalizzati a migliorarne le competenze di base. Al
momento le iniziative dell’Agenzia includono la realizzazione di un network europeo finalizzato a migliorare le competenze e le abilità di base degli individui (European Basic Skills Network) ed aiutarli a
raggiungere un livello di alfabetizzazione che consenta loro d’inserirsi
pienamente nella società. La Basic Skills Agency ha in programma la
realizzazione di un progetto nazionale per lo sviluppo delle competenze di base destinato ai militari e ai carcerati.
• Agenzia per lo sviluppo delle abilità settoriali (Sector Skills Development Agency, SSDA).
Istituita nel 2002, la sua mission (in linea con il Piano nazionale) è
quella di migliorare le competenze dei lavoratori e la loro produttività.
A differenza della precedente, la SSDA è un’agenzia governativa gestita
da un comitato di imprenditori nominato dal Segretario di Stato per la
Formazione e le Abilità (Secretary of State for Education and Skills),
. 64
supportata da un’ampia rete di Sector Skills Councils (SSCs). Queste
ultime risultano essere delle organizzazioni indipendenti, create da datori di lavoro, operanti in diversi settori e che si prefiggono una serie
di obiettivi.
Fra le prerogative e le funzioni della SSDA vi è l’obbligo di assistenza ai datori di lavoro oltre che quello di fondare e sostenere le
SSCs. Alla SSDA spetta, inoltre, il compito di vigilare assicurando che
siano mantenuti gli standard di qualità circa le abilità settoriali che essa
stessa ha fissato e che sia sempre disponibile una riserva di competenze utile a fronteggiare specifiche emergenze. Ultima, ma non per questo
meno importante, vi è la funzione di promozione delle best practices.
Sul sito dell’SSDA è pubblicato il rapporto che l’agenzia annualmente
redige e che contiene contatti ed informazioni su ciascuna SSCs. Le
funzioni di queste ultime possono essere ricondotte a quattro principali obiettivi:
• ridurre le disparità e le carenze di competenze settoriali;
• migliorare la produttività (oltre che le prestazioni) dei servizi aziendali
e pubblici;
• aumentare le occasioni di sviluppo delle competenze e la produttività
della forza lavoro, includendo azioni a difesa delle pari opportunità;
• migliorare l’offerta di formazione, anche attraverso l’istituzione di
tirocini.
Secondo il rapporto annuale pubblicato dall’Agenzia per lo Sviluppo
delle Abilità Settoriali, nel 2004 sono state avviate 13 SSCs e 10 sono
in fase di sviluppo, comprese quelle che riguardano l’edilizia, l’energia,
l’energy and utility, l’information technology, la salute, la scienza e
l’ingegneria. Insieme, queste SSCs, coprono il 75% della forza lavoro.
Esiste un progetto che mira allo sviluppo di altre SSCs in Scozia ed in
Irlanda del Nord.
Fra i compiti delle SSCs vi è anche quello di sottoscrivere accordi con
diversi soggetti economici e sociali finalizzati allo sviluppo delle competenze settoriali dei lavoratori. Tali accordi, per i quali anche il governo ha destinato ingenti risorse, mirano a fare il punto sulla situazione
in tema di competenze settoriali, stimano le necessità future e, sulla
base di queste valutazioni, pianificano opportune strategie.
. 65
È utile ricordare che l’SSDA ha recentemente diffuso un documento intitolato “Working Futures”: si tratta del progetto più ampio mai pubblicato sull’esigenza di competenze in Gran Bretagna.
Service’s Ethnic Minority e dalla Women’s Enterprise Unit con l’aiuto del
PROWESS (Promoting Women’s Enterprise Support), la cui finalità, com’è
facile intendere, è quella di incoraggiare l’imprenditoria femminile.
• Small Business Council e Small Business Service.
Il Consiglio delle Piccole Imprese (Small Business Council, SBC) è stato
istituito nel 2000 per volontà del Dipartimento del Commercio e dell’Industria. Redige un rapporto annuale che analizza gli effetti delle
politiche del governo sulle piccole imprese ed informa sulle loro esigenze allo scopo di favorirne lo sviluppo.
Fra gli obiettivi individuati per il 2006 vi era l’impegno a far sì che le
donne rappresentassero almeno il 40% di quanti ricorrono ai servizi
che il governo offre a supporto delle imprese; che le imprese inglesi
con a capo una donna rappresentassero il 18-20% del totale; che il
numero di donne, appartenenti a minoranze etniche, che vivono in
una certa località e ricevono sostegni governativi per la propria impresa sia proporzionato (e rispecchi quanto più fedelmente possibile) alla
percentuale che quella minoranza registra nella località.
Secondo il rapporto dell’SBC, le Piccole e Medie Imprese inglesi
(SMEs) rappresentano il 99% del totale di quattro milioni di aziende
private attive nel Regno Unito. Occupano 16,2 milioni di persone: il
58% del totale degli addetti nel settore privato. Alle SMEs deve essere
ricondotto il 66% di tutte le nuove assunzioni: esse infatti generano il
52% del turnover totale registrato ogni anno nel Regno Unito. In Inghilterra e Galles, ogni giorno aprono e chiudono più di 1.000 piccole
imprese.
In Inghilterra esiste inoltre il Servizio per le Piccole Imprese (Small Business Service, SBS). È in collaborazione con esso che il governo redige il Piano di Azione destinato alle imprese di piccole dimensioni.
Nel dicembre 2002, il governo inglese pubblicò un documento intitolato Small Business and Government – The Way Forward. Esso illustrava
la linea politica che intendeva intraprendere a proposito delle SMEs e
che si sviluppava attraverso i seguenti punti programmatici:
- miglioramento delle regolamentazioni, dei servizi governativi ed in
generale delle politiche destinate alle SMEs;
- aumento del numero di SMEs nelle aree svantaggiate o di quelle
riconducibili a tipologie e settori produttivi poco rappresentati;
- creazione di una nuova cultura d’impresa e di un mercato più
dinamico;
- promozione della crescita delle SMEs;
- sostegno ed agevolazioni alle SMEs nella ricerca di finanziamenti
(accesso ai capitali).
In riferimento alle SMEs è utile citare lo Strategic Framework for Women’s
Enterprise. Si tratta di un programma sviluppato dalla Small Business
. 66
Per raggiungere questi obiettivi, il governo ha richiesto la collaborazione di numerose agenzie governative e non governative, delle Agenzie
per lo sviluppo regionale, degli uffici locali del governo, delle Associazioni per la formazione aziendale, così come la collaborazione di numerose autorità locali ed altri soggetti.
Un simile investimento di risorse e di energie è motivato dalla constatazione che le donne che decidono di entrare nel mondo dell’imprenditoria incontrano maggiori (e a volte diverse) barriere rispetto agli
uomini. Ad esempio si registra:
- un diverso livello (e una diversa qualità) di informazione e formazione,
soprattutto nel caso in cui le donne siano ri-entrate nel mondo del
lavoro dopo una lunga assenza;
- maggiori responsabilità domestiche e la necessità di vedersi riconosciute specifiche tipologie di assistenza;
- difficoltà nel passaggio dagli iniziali sussidi governativi all’autonomia;
- bassi livelli di fiducia e stima da parte della società e del mondo
esterno.
Le azioni del programma rivolto all’imprenditoria femminile prevedono di:
- fare in modo che il supporto alle imprese risulti appropriato ed
accessibile a tutte;
- favorire l’accesso delle imprenditrici alle opportunità e ai servizi del
network;
- promuovere approcci alla finanza aziendale che siano innovativi e più
semplici;
. 67
- consentire alle donne imprenditrici di adempiere alle proprie responsabilità familiari, fra le quali vi è la cura dei figli;
- sviluppare le competenze delle imprenditrici attraverso il tirocinio e i
servizi di consulenza.
• Piano Nazionale per l’Integrazione Sociale (UK National Action Plan on
Social Inclusion).
Si tratta di un Piano che prevede una serie di iniziative fra le quali:
- incentivi e facilitazioni per il reintegro dei lavoratori nelle precedenti
occupazioni;
- Skills for Life, ossia Sviluppo delle Competenze per la Vita. Questa
strategia ha lo scopo di migliorare il livello di alfabetizzazione degli
inglesi (e di quanti risiedano nel territorio del Regno Unito) e di
svilupparne le abilità matematiche. L’obiettivo per il 2007 è quello
di coinvolgere almeno 1,5 milioni di adulti in programmi che aumentino i loro livelli di competenza. Un programma analogo, denominato
Life through learning: learning through life è operativo in Scozia;
- conciliare lavoro e famiglia attraverso maggiori aiuti ai genitori (come
l’aumento dei benefici relativi al congedo per maternità, paternità e
adozione).
I percorsi per il sostegno dell’occupazione si snodano attraverso vari
schemi, fra questi vi sono quelli che prevedono che il lavoro sia retribuito tramite l’introduzione di crediti d’imposta che a loro volta danno
vita ad un’altra tipologia di compensi.
Secondo il governo, la combinazione di crediti d’imposta e di salario
minimo nazionale assegna ai lavoratori un’adeguata condizione finanziaria che contribuisce a farli uscire dalla soglia di povertà.
Nel corso degli anni il salario minimo nazionale è stato progressivamente aumentato. Nel 2004 è stata introdotta una nuova aliquota per
i giovani fra i 16 e 17 anni, una fascia che in precedenza risultava essere esclusa da tale istituto. In relazione al salario minimo è stata
creata una nuova tipologia di ispettore, si tratta di funzionari preposti
alla vigilanza sulla corretta applicazione delle regole del salario minimo; nel primo anno di attività hanno accolto circa 10.000 reclami ed
ispezionato più di 24.000 aziende. Ai lavoratori sottopagati sono stati
riconosciuti in totale 13 milioni di sterline di salario arretrato.
. 68
Business Link
Alle SMEs inglesi è offerta la possibilità di accedere a numerosi servizi di
consulenza; esiste infatti una rete di consulenti ed un sito web che offrono agli imprenditori consigli pratici a proposito di assunzione del personale, tasse e salari, vendite, marketing etc.
1.1 Formazione permanente
Il governo, con alcune sue iniziative di formazione, focalizza la
propria attenzione sullo sviluppo delle competenze professionali e sull’incentivazione della formazione permanente. A tal proposito è stato
creato un sito web che tra gennaio 2004 e gennaio 2005 ha registrato
21 milioni di contatti.
Nell’ambito della formazione permanente è inoltre attivo il National Audit Office che si occupa del miglioramento delle competenze di
base degli adulti. In un suo rapporto si legge che dal 2004 le iniziative
del governo sulla formazione permanente hanno coinvolto circa 750.000
persone. L’obiettivo è far sì che siano 1,5 milioni gli adulti che raggiungeranno una prima qualifica entro il 2010.
Dalla lettura del rapporto del National Audit Office si appura
inoltre che dal 2001 sono circa 2,4 milioni gli adulti che hanno intrapreso uno di corsi attivati per imparare a leggere, scrivere e sviluppare abilità di comunicazione. Il governo inglese ha introdotto, inoltre, una
nuova struttura di apprendimento ed insegnamento che fissa gli standard nazionali, definisce i curricula di base e le modalità con cui effettuare le necessarie verifiche.
In aggiunta sono state previste nuove qualifiche per gli insegnanti che si occupano di formazione permanente. Nel 2001 è stato avviato un programma denominato “Get on” per incoraggiare la
partecipazione degli adulti ai corsi di formazione istituiti.
Sul sito che il governo ha destinato alla formazione permanente è possibile trovare informazioni su speciali prestiti finanziari concepiti
per chi esprime la volontà (o la necessità) di sviluppare la propria carriera professionale. Tali prestiti risultano essere a pagamento differito, sono
. 69
stati istituiti nel 1988, e può accedervi chiunque abbia compiuto 18 anni
e risieda in Gran Bretagna senza alcuna limitazione temporale. È possibile prendere in prestito somme tra le 300 e le 8.000 sterline. Il governo
s’impegna a pagare gli interessi per i primi 25 mesi; trascorso tale periodo
il prestito assumerà le caratteristiche di un tradizionale prestito bancario.
Consiglio per la Formazione e le Abilità (Learning and Skills Council, LSC).
Istituito con l’obiettivo precipuo di aumentare il livello di istruzione e
competitività del Paese, il Consiglio per la Formazione e le Abilità intende realizzare ciò attraverso una strategia finalizzata ad aumentare la percentuale di giovani in formazione o apprendistato, così come ad
aumentare la domanda di formazione da parte degli adulti, in generale, i
livelli di abilità necessari a migliorare la competitività nazionale. Oltre a
questo l’LSC assicura a tutti pari opportunità di formazione e tirocinio,
impegnandosi a migliorarne la qualità.
Dal rapporto annuale del 2003 si evince che nell’arco temporale 2002-03 i destinatari/beneficiari delle iniziative dell’LSC sono stati circa sei milioni e che le sue risorse finanziarie risultavano distribuite nel
modo di seguito indicato.
• Investimenti per i giovani di età compresa fra i 16-18 anni (valori in
sterline):
-1,88 milioni per istruzione aggiuntiva;
-1,39 milioni per gli ultimi due anni d’istruzione;
-532 milioni per tirocini e conseguimento di qualifiche professionali
nazionali;
-73 milioni per conseguire competenze indispensabili al lavoro e alla
formazione.
• Investimenti destinati agli adulti (valori in sterline):
-1,8 milioni per istruzione aggiuntiva;
-211 milioni per tirocinio;
-34 milioni per consulenze;
-52 milioni per lo sviluppo della forza-lavoro.
L’Education Act del 2002 ha investito di nuovi poteri l’LSC, come, ad esempio, della possibilità di realizzare progetti di formazione destinati ai giovani con più di 16 anni d’età, proponendo una
riorganizzazione del sistema scolastico e formativo nazionale che includa
. 70
gli ultimi due anni della scuola superiore ed attragga così più studenti.
L’obiettivo per l’anno in corso è che l’80% dei giovani di 16-18 anni prenda parte ad iniziative di formazione/tirocinio e che il 28% dei giovani di
16-21 anni inizi l’apprendistato.
È utile sottolineare, a tal proposito, che nel Regno Unito esistono due livelli di apprendistato ed altrettante qualifiche, il più lungo dura
24 mesi e fornisce una qualifica a livello di accesso universitario.
Istituto nazionale per il proseguimento degli studi in età adulta (National
Institute of Adult Continuing Education, NIACE).
Si tratta di un’organizzazione non governativa nata con la finalità di promuovere la formazione, ed in generale la prosecuzione degli studi, negli
adulti, così come la partecipazione ad iniziative di apprendimento formale ed informale. Ha speciali competenze che riguardano l’apprendimento,
lo sviluppo delle abilità di linguaggio e di calcolo. Prevede numerose iniziative destinate oltre che agli studenti non più giovani, a quelli di colore (o appartenenti a minoranze etniche), ai disabili, a quanti presentano
difficoltà di apprendimento ed alle donne.
Il NIACE ha guidato una commissione che ha condotto in Inghilterra ed in Galles un’indagine sugli effetti a lungo termine delle attuali strategie di sviluppo delle abilità. Ha lanciato inoltre l’iniziativa
“Older and Bolder” che intende promuovere livelli più elevati di istruzione fra le persone meno giovani, individuando nuove metodologie che ne
facilitino l’apprendimento, anche nel caso di persone appartenenti alla
cosiddetta “quarta età”.
1.2 Misure specifiche in favore di particolari categorie
Ogni anno, circa il 10% delle famiglie inglesi cambia casa, ma
solo l’1% si sposta da una regione all’altra. Simili spostamenti sono motivati dal desiderio di migliorare la propria condizione abitativa piuttosto
che per motivi di lavoro.
È assai frequente, tuttavia, che gli spostamenti inter-regionali
siano legati a ragioni di studio o lavoro. È assodato che i disoccupati si
spostino più dei lavoratori, ma è meno probabile che le migrazioni
. 71
riguardino i disoccupati di lungo periodo. Fra gli immigrati, gli africani, i
cinesi e gli appartenenti ad altri gruppi asiatici si spostano più facilmente rispetto ad altri gruppi etnici. Vi è inoltre un considerevole flusso migratorio che si muove dal Nord al Sud del Regno Unito.
Esistono tre possibili strategie che il governo potrebbe intraprendere per ridurre le disparità inter-regionali ed intra-regionali che si registrano nel sistema occupazionale inglese: far migrare le persone verso le
aree geografiche in cui sono presenti maggiori occasioni di lavoro (mobilità geografica), portare il lavoro nelle aree in cui si registra una più elevata
presenza di disoccupati e, in generale, creare occasioni di lavoro dove ce
ne sia bisogno. A proposito di assistenza alla mobilità geografica, il governo ha istituito un sito internet con offerte nazionali di lavoro e formazione
denominato “Worktrain”. Questo servizio, così come quello denominato
“Home Direct”, offre informazioni sulla disponibilità di alloggi sociali, utili
per chi ha necessità di migrare per motivi di lavoro.
Il Regno Unito concede asilo a chi rientra nella definizione di rifugiato indicata dalla Convenzione sullo “status di rifugiato” delle Nazioni Unite del 1951. La condizione di rifugiato prevede che la persona
abbia una fondata paura di essere perseguitato nel suo Paese di origine
a causa della propria razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un
gruppo sociale o per le sue opinioni politiche.
Deve inoltre trovarsi fuori dal Paese di origine ed essere incapace a farvi
ritorno o non volervi fare ritorno. Il riconoscimento dello status di rifugiato prevede l’attribuzione di tutti i diritti, sociali ed economici, goduti
da un qualsiasi cittadino britannico: pieno accesso al servizio sanitario,
diritto all’istruzione, ad un alloggio e ad un lavoro. Il rifugiato ha il dovere di obbedire alle leggi britanniche come sottolineato sul sito web
www.ind.homeoffice.gov.uk.
Nel primi tre mesi del 2004 il 60% delle richieste di asilo giunte ai preposti uffici inglesi proveniva da, in ordine decrescente: Iran, Cina, Somalia, Zimbawe, Iraq, Pakistan, Eritrea, India, Afghanistan e Sudan.
Nel 2000, il governo britannico ha presentato la propria strategia per
l’integrazione dei rifugiati attraverso un documento intitolato “Full and
equal citizens” (Home Office, 2000): essa si concentra sullo sviluppo delle strutture regionali di supporto, istituite dall’Immigration and Asylum
Act nel 1999.
. 72
Esistono numerose iniziative rivolte ai rifugiati politici accolti
nel Regno Unito: fra quelle che hanno maggiore attinenza con le tematiche occupazionali si citano quelle che mirano a snellire la burocrazia rendendo più semplice e veloce, la ricerca di un lavoro da parte dei
rifugiati. Vi è anche un progetto che prevede la realizzazione di guide
per gli insegnanti che lavorano con i rifugiati.
È doveroso precisare che la strategia adottata dal governo nel
2004 rispetto all’ integrazione dei rifugiati riprendeva, sviluppandola, la
bozza del Full and Equal Citizens secondo cui le soluzioni ai problemi incontrati dai rifugiati nella ricerca di un lavoro dovevano essere ricondotte alle “ampie offerte di formazione linguistica, rapido contatto con il
Jobcentre Plus, riaddestramento e riaccredito presso la società civile, così
come nell’impegno alla collaborazione da parte dei datori di lavoro” (Home Office, 2004).
Inserito nella strategia del governo vi è anche il programma
sperimentale Sunrise (Strategic Upgrade of National Refugee Integration
Services). Si tratta dell’aggiornamento dei servizi per l’integrazione dei
rifugiati, ideato da un gruppo di volontari. Secondo questo programma
ciascun rifugiato ha l’obbligo di prendere parte ad almeno un’iniziativa
lavorativa nella quale essere affiancato da un assistente sociale, e redigere insieme a lui il Piano personale di integrazione. Tale Piano consiste
in un documento che la persona interessata dovrà produrre nei 28 giorni
successivi al riconoscimento dello status di rifugiato; in esso bisognerà
far riferimento alla tipologia e alle caratteristiche del lavoro cercato (oltre
che ad eventuali precedenti esperienze lavorative). Il rifugiato dovrà inoltre precisare la necessità di avere un alloggio, di accedere ai servizi pubblici, all’eventuale opportunità di imparare la lingua inglese, alla
disponibilità a prestare servizio come volontario ed infine alla necessità
(o volontà) di instaurare contatti con le comunità culturali e religiose
presenti sul territorio. Il rifugiato potrà inoltre ottenere uno speciale prestito ad interessi zero, il Refugee Integration Loan (Home Office, 2004).
In contrasto con i toni permissivi della bozza della Strategia
sull’Integrazione, la Strategia quinquennale per l’Asilo e l’Immigrazione
del governo inglese, denominata “Controlling our Borders: Making Migration Work for Britain” (Home Office, 2005), enfatizza le restrizioni sui rifugiati: il diritto al lavoro e allo studio sarà assicurato solo a chi può
. 73
portare vantaggi al Paese. La strategia prevede inoltre il fermo, e la successiva espulsione, di quanti non avranno ottenuto l’asilo; si propone di
velocizzare le pratiche di richiesta di asilo oltre che di introdurre maggiori controlli ai confini, da realizzare anche attraverso il rilievo delle impronte digitali.
Nel Regno Unito è stato introdotto negli anni ’80 il Programma
Welfare to Work che esprimeva la volontà del governo di sostituire le iniziative di supporto passivo alla disoccupazione, fino ad allora le uniche
adottate, con nuove misure “attive”, vale a dire misure che incoraggiassero le persone ad iniziare a lavorare. In un primo momento i risultati
conseguiti dal programma furono definiti “rattoppi” e comunque “non
decisivi” (Hirsch & Millar, 2004). Quella del Welfare to Work era inoltre
considerata una politica di “workfare” che “rafforzava l’occupazione a
spese del benessere” (Peck, 2001).
Il New Deal, invece, con l’introduzione di innovative agevolazioni fiscali, finalizzate ad incentivare l’occupazione, rappresenta lo sforzo
più sistematico per far sì che le persone inizino a lavorare o s’impegnino
nella ricerca di un’occupazione. Fra le numerose prescrizioni, esso individua come requisiti necessari per ottenere un sussidio di disoccupazione
che la persona in età lavorativa che ne fa richiesta svolga almeno un colloquio di lavoro prima di ottenerlo.
Gli incentivi fiscali del New Deal sono stati introdotti a scaglioni a partire dal 1999: la Working Families Tax Credit ha sostituito la Family
Credit nell’aiutare le famiglie povere. Nel 2003 è stata introdotta la Child
Tax Credit che prevede un assegno fisso ai genitori che hanno un basso
reddito (che lavorino o meno). È prevista anche una piccola somma per
le famiglie con molti bambini.
La Working Tax Credit è assegnata, per fasce di reddito, a chi
ha un reddito basso, che sia un genitore o abbia più di 25 anni, e lavori
a tempo pieno.
Insieme al salario minimo, gli incentivi fiscali hanno contribuito
ad svilupparel’occupazione, ad esempio i genitori single (che lavorano
ma percepiscono un basso reddito) vengono aiutati attraverso la concessione di incentivi fiscali che si aggiungono allo stipendio già percepito. È
. 74
tuttavia vero che i padri di famiglia che hanno uno stipendio basso sono
destinati a rimanere poveri poiché gli incentivi fiscali, da soli, non consentono loro di superare la soglia della povertà (Hirsch and Millar, 2004).
Consapevole del fatto che alcune categorie di persone incontrano maggiori difficoltà nel mercato del lavoro, il governo inglese ha avviato il Public Service Agreement. Esso è finalizzato ad aumentare il tasso
di occupazione fra le persone appartenenti a categorie svantaggiate: i
disabili, i genitori single, le minoranze etniche, gli over 50, chi possiede
un basso titolo di studio o vive nei 30 Comuni definiti disagiati rispetto
alle generali condizioni del mercato del lavoro.
A partire dagli anni ’90, si è registrato per tutti i suddetti gruppi – tranne per chi non possiede un titolo di studio – un miglioramento
della propria posizione sul mercato del lavoro: la crescita più ridotta del
tasso di occupazione compete alle persone che appartengono ad una
qualche minoranza etnica.
Uno studio, condotto nel periodo 1992-2000 (Berthoud, 2002),
ha esaminato la situazione di non-occupazione di 550.000 adulti, incluso
chi era nella condizione di lavorare e chi invece non lo era (ad esempio i
genitori single e i disabili).
La ricerca ha individuato sei caratteristiche che possono ritenersi svantaggiose: struttura familiare in cui non c’è né partner né figli (o
solo un genitore single), basso livello di istruzione o di abilità lavorative,
un qualsiasi tipo d’invalidità, età superiore ai 50 anni, alti tassi di disoccupazione regionale, presenza di minoranze etniche (tranne quella cinese). Si è osservato che maggiori sono gli svantaggi da affrontare più è
probabile che si rimanga disoccupati.
Disabili
È stimato siano circa 11 milioni gli adulti disabili nel Regno Unito, un
quinto del totale della popolazione adulta. Solo il 50% dei disabili in età
lavorativa è occupato (Cabinet Office, 2005). Un rapporto diffuso nel
2004 dal Department for Work and Pensions (DWP) sottolinea che nel Regno Unito si registra un tasso di occupazione al di sopra della media
OECD per donne, uomini, lavoratori meno giovani (a tutti i livelli di abilità), ma il tasso di occupazione riferito ai disabili è fra i più bassi.
. 75
Tra il 1979 ed 1997 il numero di persone che ha richiesto un
sussidio d’invalidità si è triplicato. L’obiettivo del governo per il lungo
periodo è assicurare che tutti i disabili abbiano un “pieno, valido ed
equo ruolo nella società” attraverso il riconoscimento di diritti civili,
l’istituzione di programmi d’inserimento e riabilitazione, l’introduzione di
incentivi finanziari sugli stipendi e sussidi per chi non è in grado di lavorare, o per chi si prende cura di un disabile.
Esistono una serie di iniziative che il governo inglese ha concepito per coloro ai quali è riconosciuta una percentuale di invalidità. ll
Jobsearch Plus offre alcuni servizi d’inserimento e riabilitazione fra cui: i
Disability Employment Advisers, il Job Introduction Scheme, il
WORKSTEP, il New Deal for Disabled People (NDDP), l’Access to Work ed
il Work Preparation.
• I Disability Employment Advisers sono i consulenti del lavoro che si occupano delle persone disabili, la loro funzione è quella di aiutarli nella
ricerca di un lavoro, con una consulenza finalizzata ad individuare un
lavoro (o un tirocinio) idoneo, un programma di preparazione al lavoro
e un aiuto nel successivo ingresso nel mondo del lavoro. Sono inoltre
offerte delle consulenze psicologiche per consentire loro di effettuare
più accurate valutazioni rispetto alle opportunità di lavoro disponibili
e ai datori di lavoro che intendono attivare, o hanno già attivato, convenzioni per i disabili.
• Il Job Introduction Scheme (Schema d‘Inserimento al Lavoro), attraverso il Jobcentre Plus prevede il pagamento di un sussidio ad un datore
di lavoro per le prime sei settimane con possibilità di proroga. I lavoratori sono retribuiti secondo tariffa; il lavoro può essere a tempo pieno o part-time e deve durare almeno sei mesi.
• Anche il Workstep è un programma di supporto al lavoro offerto dal
Jobcentre Plus. È articolato in varie fasi; la prima consiste nell’aiutare
il cliente a redigere un Piano di Sviluppo insieme al proprio datore di
lavoro e nell’offrire assistenza pratica ad entrambi. Il secondo passo
prevede il pieno inserimento del dipendente disabile nell’ambiente di
lavoro; egli riceverà la paga di un collega non disabile che svolge la
stessa mansione o una analoga. Il passo successivo prevede che il disabile passi in un tempo ragionevolmente breve (e nell’ipotesi di un
pieno e rapido recupero dalla disabilità) dal lavoro agevolato a quello
tradizionale.
. 76
• Il New Deal per Disabili viene erogato attraverso speciali organizzazioni
denominate Job Brokers: queste offrono assistenza nella ricerca del lavoro e per i costi di spostamento necessari a raggiungere il posto di
lavoro, oltre ad informazioni sulle aziende dove sono offerti tirocini
anche ai disabili. Istituito a luglio del 2001, il New Deal for Disabled
People ha aiutato oltre 20.000 persone a trovare lavoro. Una critica
mossa ai Job Brokers è che sono orientati a raggiungere i propri obiettivi prendendo in considerazione solo le persone che presentano livelli
di disabilità tali da essere facilmente inseribili nel mercato del lavoro,
trascurando i casi più gravi.
• L’Access to Work offre un sostegno pratico e finanziario ai disabili che
lavorano. L’aiuto consiste nell’accollarsi i costi aggiuntivi che derivano
dall’inserimento di un disabile in un ambiente di lavoro, ad esempio
l’adeguamento dei locali e delle attrezzature, le spese per gli spostamenti da (e verso) il posto di lavoro. Si rivolge a chi non lavora, o lavora o è un lavoratore indipendente e può fare domanda per un
lavoro retribuito.
• Il Work Preparation è un programma flessibile e personalizzato che assiste il disabile nella ricerca di un lavoro su misura. Dura circa sei settimane, ma può subire un prolungamento fino alla tredicesima.
Oltre alle precedenti iniziative, il governo inglese ha introdotto
alcuni programmi sperimentali che aiutano il disabile a mantenere il lavoro e ne favoriscono la riabilitazione (anche attraverso il contributo dei
datori di lavoro). Nel 2003 è stata presentata un’ulteriore iniziativa, Pathways to work e che consiste in uno “schema personalizzato per chi richiede sussidi di invalidità”. Tale iniziativa prevede di fornire ai disabili il
supporto di consulenti e facilitazioni nell’accesso ad alcune tipologie di
aiuti quali il NDDP, il Work Preparation e altri servizi di riabilitazione.
Prevede inoltre una maggiore flessibilità dei benefici governativi ed incentivi finanziari più cospicui. Oltre al Pathways to work, il governo ha
annunciato la necessità di: migliorare l’inserimento del disabile nell’ambiente di lavoro, velocizzare le pratiche necessarie ad ottenere i
sussidi d’invalidità, migliorare il Programma di accesso al lavoro e disporre, infine, di un consulente che aiuti il disabile nelle difficoltà che
normalmente incontra.
Sebbene ci sia stato un considerevole aumento del numero dei
servizi legati all’impiego per i disabili, non sempre si è ricorso a tutte le
. 77
agevolazioni disponibili. Escludendo le disposizioni del Servizio per l’impiego, uno studio condotto nel 2001 ha censito nel Regno Unito 2.520
progetti destinati all’inserimento nel lavoro e all’assistenza per mantenerlo, soprattutto nelle situazioni di malattia o indisposizione. Di questi, solo
il 17% offriva informazioni ai disabili a prescindere dal loro tipo di invalidità; il gruppo a cui ci si è rivolti maggiormente era quello dei disabili con
problemi di apprendimento (53% dei casi) o di salute mentale (46%).
quattro mesi. Se entro questo periodo i giovani non hanno ottenuto un lavoro potranno usufruire di altre opportunità: sei mesi di lavoro retribuito
attraverso una convenzione con qualche azienda, un’esperienza di sei mesi
non retribuita (nel settore non profit o in un progetto di pubblica utilità) o
eventualmente una formazione professionale a tempo pieno per un periodo fino a dieci mesi. Se a quella data il soggetto non avrà ancora un lavoro retribuito, la ricerca continuerà per altre 13 settimane.
Tossicodipenti
Tra marzo 2000 e ottobre 2001 è stata condotta una ricerca nel NordOvest dell’Inghilterra fra gli iscritti ai programmi dell’Eighteen education
e del Training and Employment (ETE). Il campione era costituito da 70 individui che ricorrevano ai programmi ETE e risultavano essere tossicodipendenti (o erano inseriti in programmi di disintossicazione), da 40
professionisti ETE e da 20 altri lavoratori. La maggior parte di coloro che
erano sotto trattamento farmacologico a causa di una tossicodipendenza, era disoccupata e molti di loro ricevevano indennità per malattia o
invalidità. Più di un terzo alloggiava in ostelli o in sistemazioni precarie.
Si è osservato, inoltre, che il consumo di droga aumenta nelle famiglie
caratterizzate dalla presenza di un solo genitore o con altri membri che
fanno già uso di droga, così come fra le persone che hanno vissuto
l’esperienza di un divorzio. Più di tre quarti degli adulti tossicodipendenti ha precedenti penali, la maggioranza vive in aree svantaggiate. Secondo le agenzie per l’impiego, molti consulenti non sono preparati alle
problematiche legate alla tossicodipendenza e hanno poco tempo per
occuparsi dei problemi di salute e sociali delle persone che ricorrono ai
loro servizi. Le proposte occupazionali offerte ai tossicodipendenti risultano essere di basso profilo, spesso si tratta di tipologie di lavoro cui è
riconosciuta una bassa retribuzione o che risultano rifiutate dalle persone non svantaggiate.
Uno studio condotto da Lakey ed altri, nel 2001, ha analizzato
le forme di assistenza ricevute dai giovani con svantaggi plurimi nella fase della ricerca di un impiego. I risultati si basano su interviste fatte a
49 giovani selezionati dai Servizi per l’impiego sui candidati al NDYP. Le
difficoltà da loro incontrate includevano la mancanza di una casa, l’essere disabile, la scarsa salute mentale, problemi di istruzione e di lingua,
problemi con la legge, problemi di alcool e di droga, e l’allontanamento
dalle famiglie di origine. Più di due terzi degli intervistati ha avuto esperienze di lavoro a tempo determinato, o svolto un lavoro occasionale o
part-time. Alcuni giovani hanno tratto vantaggio dai consulenti personali
previsti dal NDYP, altri dichiarano di non averne beneficiato affatto. Infine, alcuni giovani valutano positivamente l’esperienza del tirocinio svolto in specifici settori: vi era entusiasmo durante i periodi di prova ma c’è
stata grande delusione quando le offerte di lavoro non si sono materializzate in contratti di lavoro stabili.
Giovani con svantaggi plurimi
Il New Deal per i Giovani (NDYP) si propone di aiutare i giovani di 18-24
anni che non lavorano da almeno sei mesi o che appartengono a categorie svantaggiate, come ad esempio i disabili o gli ex-carcerati. Tale programma è obbligatorio per chi desidera ricevere sussidi lavorativi. Una
delle sue priorità è fornire assistenza sociale, definita gateway, attraverso dei consulenti personali che valutano i singoli casi, procurano loro un
colloquio di lavoro e offrono il proprio aiuto per un arco temporale di
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Genitori single
Circa i due terzi delle famiglie senza lavoro sono gestite da genitori single. Il governo intende aumentare il tasso di occupazione all’interno di
questa categoria sociale allo scopo di ridurre il numero di bambini che
vivono in famiglie povere. Nel 2002, circa il 50% delle madri single aveva un lavoro stipendiato o iniziava a lavorare; tra il 2003 ed il 2004 questi valori sono però diminuiti di circa 2,5 punti percentuali.
La strategia del governo destinata ai genitori single prevede
una serie di colloqui da svolgere con i consulenti personali del Jobcentre
Plus. Inoltre, offre assistenza ai loro figli attraverso il National Childcare
Strategy and Sure Start: si tratta di incentivi fiscali ed aiuti finanziari previsti dal New Deal per i genitori single (NDLP). Vi è inoltre una guida per
i genitori più svantaggiati finalizzata al miglioramento delle loro competenze settoriali e lavorative. Fra le agevolazioni previste dal New Deal
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per i Genitori Single (NDLP) vi sono infine dei sostegni a quanti di loro
non lavorano, o lavorano meno di 16 ore a settimana, ma anche per chi
ha il figlio più piccolo di età inferiore ai 16 anni. Il sostegno è fornito attraverso consulenti personali che aiutano a trovare un lavoro (o un tirocinio) su misura, offrono consigli sulle implicazioni finanziarie del lavoro,
rimborsano parte dei costi sostenuti per gli spostamenti e per la cura
dei figli. Una recente, e più restrittiva, regola, prevede che i genitori single, con figli con meno di 14-15 anni, ricerchino e sostengano colloqui di
lavoro in modo più intensivo.
Minoranze etniche
Il tasso di occupazione delle minoranze etniche è del 58%; quello riferito
alla popolazione totale si attesta invece intorno al 75%; lo scarto è rimasto costante durante gli ultimi dieci anni. Esistono differenze tra i gruppi
etnici: le persone di origine indiana registrano un discreto successo nel
mercato del lavoro (70% di occupati) mentre le donne pakistane e bengalesi raggiungono un tasso di occupazione del 16%. In generale, i maschi pakistani, bengalesi ed i neri dei Caraibi sperimentano una
disoccupazione più alta e guadagni più bassi rispetto ai bianchi.
Di recente è stata istituita una task force per l’occupazione rivolta alle
minoranze etniche così da attuare la nuova strategia voluta dal Primo
Ministro; essa si basa su tre punti chiave: sviluppo dell’occupazione, pari opportunità sul posto di lavoro, creazione di contatti fra le persone ed
il mondo del lavoro. Rispetto a quest’ultimo obiettivo, il Jobcentre Plus
ha indirizzato i suoi sforzi su 258 aree caratterizzate da un’elevata concentrazione di minoranze etniche e di persone senza lavoro. Anche il
DWP ha introdotto un servizio per le minoranze etniche. Nell’aprile del
2004 ai manager del Jobcentre Plus è stato assegnato un sostanzioso
fondo per studiare soluzioni innovative da destinare alle aree con elevata presenza di minoranze etniche.
Over 50
Il Dipartimento dell’Industria e del Commercio (DTI) vigila sulla corretta
applicazione della Direttiva 2000/78/EC che include, fra l’altro, i provvedimenti sull’età lavorativa. La linea scelta dal governo inglese prevede
una serie di testi legislativi finalizzati a ridurre le discriminazioni che si
verificano nell’ambiente di lavoro a causa dell’età dei lavoratori. Tali
provvedimenti posticipano l’età pensionabile e di fatto aumentano il numero dei lavoratori non più giovani.
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Già nel maggio del 1997 il governo inglese aveva annunciato la
volontà di studiare il modo migliore per ostacolare le discriminazioni sul
lavoro causate dall’età dei lavoratori. I risultati di questa ricerca sono
stati resi noti nell’Action on Age (il rapporto della Commissione sulla Discriminazione sull’Età dell’Impiego) pubblicato nel 1998 a cura del Dipartimento per la Formazione e l’Impiego (DfEE). Questa ricerca faceva
riferimento ad un precedente studio, anche questo commissionato dal
DfEE nel 1996, ed intitolato Caratteristiche dei Lavoratori più Anziani (Stephen McKay & Sue Middleton, 1998). L’obiettivo di simili ricerche era
quello di analizzare gli effetti dell’età sull’attività produttiva di un lavoratore ed analizzare le caratteristiche dei lavoratori più anziani utilizzando
dati provenienti dalla Family and Working Lives Survey, un’indagine sulla
vita familiare e lavorativa degli inglesi.
Lo studio ha concluso che “…raggiunti i 50 anni, aumentano i
rischi di perdere il lavoro divenendo disoccupati o inattivi, e diminuiscono inoltre le possibilità di reintegro in un lavoro retribuito per coloro che
erano disoccupati o inattivi”.
La Commissione sulla discriminazione sull’età dell’impiego, tuttavia, ha trascurato di considerare l’età dei pensionamenti e cosa accade
ai lavoratori una volta andati in pensione. La giustificazione ufficiale è
stata che “l’età del pensionamento è fuori dallo scopo della consultazione, come anche altri termini o condizioni d’impiego: essa è materia di
negoziazioni tra i singoli datori di lavoro e i loro dipendenti, o i rappresentanti di questi”.
Nel novembre del 1998 il governo ha istituito una commissione
per valutare il Code of Practice for Age Diversity in Employment. Si trattava di un codice di regole che riguardava gli effetti della diversità d’età
nell’impiego: nel caso in cui il codice avesse ricevuto una valutazione
negativa (e si avesse certezza che la valutazione fosse stata condotta in
modo trasparente) sarebbe stato necessario introdurre una legge ad hoc.
Il governo ha pubblicato per intero i risultati della valutazione sul Codice, che è stato definito un fallimento. Tuttavia, in un successivo rapporto
sull’impatto del Codice (commissionato dal Dipartimento del Lavoro e
delle Pensioni nel 2001) si affermava che “solo poche persone che hanno
preso parte alla ricerca (sia datori di lavoro che impiegati) hanno potuto
esprimere un commento spontaneo sulla proposta del governo”.
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È infatti successo che solo il 9% dei datori di lavoro, e meno
dell’1% dei dipendenti, abbia visionato il Codice. Una precedente valutazione del Codice, condotta nel periodo 1999-2000 su un significativo numero di datori di lavoro, ha confermato che essi avevano una visione
stereotipata sull’argomento (si veda Jones, Valutazione sul Codice di Regole
per le diversità d’età nell’Impiego. Riassunto dei risultati, 2000, DfEE).
Il rapporto finale di valutazione concludeva che il Codice era considerato
positivamente ma gli intervistati si aspettavano che fosse tramutato al
più presto in legge.
Nel dicembre 2001 il governo ha pubblicato un ulteriore documento consultivo, Towards Equality and Diversity: Implementing the Employment and Race Directives a cura del Dipartimento dell’Industria e del
Commercio: esso recepiva le Direttive Ue numero 43 e 78 del 2000. Un intero capitolo del documento era dedicato al problema dell’età lavorativa,
venivano identificati i principali argomenti ed i punti di vista più accreditati. Questi ultimi riguardavano: la discriminazione – diretta o indiretta –
causata dall’età lavorativa, l’assunzione, la selezione e la promozione dei
lavoratori non più giovani, l’apprendimento, i requisiti occupazionali, i benefits monetari e non, la disoccupazione ed il pensionamento.
Nel luglio 2003 il governo ha pubblicato una successiva ricerca, Age Matters Equality and Diversity, il cui scopo era quello di realizzare un cambiamento culturale nella società inglese, ritenuto condizione necessaria
per la soluzione del problema dell’età lavorativa (e pensionabile). Questo cambiamento culturale sarebbe stato affrontato in un successivo momento attraverso un testo legislativo che avrebbe dovuto creare un
nuovo equilibrio fra le parti sociali, riducendo alcune tipologie di costi
aziendali per i lavoratori non più giovani.
È stato così che il governo ha proposto, nel 2003, una serie di iniziative
a proposito di:
- salute, sicurezza e welfare (ad es. la protezione dei lavoratori più giovani);
- agevolazioni nella pianificazione dell’impiego (ad es. presso imprese
con molti dipendenti vicini all’età pensionabile);
- speciali requisiti di addestramento destinati ad alcune categorie professionali (ad es. i controllori di volo);
- incoraggiamento e premi all’affidabilità del lavoratore;
- necessità di raggiungere un sufficiente periodo di occupazione prima di
poter andare in pensione.
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La novità dell’ Age Matters Equality and Diversity è stata quella
di contenere un nuovo approccio, diverso dalla semplice rimozione dell’obbligo dell’età pensionabile: i datori di lavoro potevano chiedere ai dipendenti di andare in pensione ad un età di 70 anni, senza dover
giustificare la loro decisione. Tuttavia la data di adozione del provvedimento non era chiara e non si capiva bene quando quest’ultimo sarebbe
andato in vigore. Ciò consentiva ai datori di lavoro di prepararsi alla
nuova regolamentazione. Il ritardo dipendeva da un disaccordo interno
al governo riguardo due alternative: una prevedeva l'abolizione dell'età
di pensionamento contrattuale ed obbligatoria, l’altra suggeriva di fissare a 70 anni l’età oltre la quale i datori di lavoro avrebbero potuto congedare gli impiegati senza dover rispettare l’obbligo della giusta causa o
della ragionevolezza. Non tutti i datori di lavoro erano infatti favorevoli
all’imposizione di un’età predefinita.
In Inghilterra, la maggior parte delle persone va in pensione prima dell’età di pensionamento ufficiale. Una ricerca rivela che circa un terzo
di quelli che cominciano a ricevere la pensione ha meno di 54 anni e circa
due terzi meno di 59 anni (Early retirement schemes still the norm in final
salary schemes, IDS Pensions Bulletin 160 Novembre 2002, pag. 4).
Secondo la Government Green Paper, Working and Saving for Retirement, redatta a cura del Dipartimento per il Lavoro e le Pensioni nel
2002, l’età media di pensione è 62,6 anni fra gli uomini e 61,1 fra le donne.
Alla fine del 2004 il governo ha fissato a 65 anni l'età di pensionamento, riconoscendo ai dipendenti la possibilità di lavorare ulteriormente
previo consenso del datore di lavoro.
2. Politiche passive
Molti sono i programmi di sostegno al reddito e quelli che prevedono l’erogazione di sussidi a vario titolo, programmi che rappresentano le cosiddette “politiche passive” per l’occupazione in quanto non
incoraggiano il destinatario ad attivarsi pienamente per la ricerca di
un’occupazione. Molte sono anche le strategie del governo inglese che
incoraggiano i beneficiari di tali programmi ad uscirne definitivamente.
Fra queste vi è la recente fusione del Benefit Office e dei Jobcentres nel
Jobcentre Plus che assegna importanti e decisivi poteri ai consulenti per-
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sonali. Questi ultimi, a propria discrezione, progettano programmi personalizzati per chi si rivolge ai servizi del Jobcentre Plus. Per l’occasione è
stato stanziato un Adviser Discretion Fund.
Esistono tre tipologie di indennità concepite per i disoccupati:
Jobseeker’s Allowance (assegno per chi cerca lavoro), Income Support
(sostegno al reddito) e Incapacity Benefit (indennità di invalidità).
Il reddito integrativo (o supporto al reddito) può essere richiesto dai disoccupati che non rientrano nei requisiti previsti per il primo.
Diritti del disoccupato
Si definisce disoccupato, e può accedere ai benefici previsti, una persona che:
- è in grado di lavorare;
- è disponibile a farlo;
- sta attivamente cercando un lavoro.
La prima condizione non è determinante per l’ottenimento dell’indennità d’invalidità. Chi ha richiesto, senza interruzioni, l’indennità di
disoccupazione per 6 mesi (o più) acquista lo status di disoccupato di
lungo termine.
Lo status di disoccupato consente di accedere a numerosi servizi, non solo finanziari. Fra questi vi è la possibilità di svolgere una serie di
incontri con un consulente personale (Work Focused Interviews), incontri
obbligatori per chi intende richiedere uno dei sussidi previsti per chi è in
cerca di lavoro. Esistono anche altre iniziative governative, ad esempio il
Work Based Learning for Adults, finalizzato a sviluppare le competenze di
chi cerca lavoro (anche le competenze di base come saper leggere, scrivere, far di conto ecc.). Il Programme Centres fornisce, inoltre, consigli su come cercare lavoro ma anche francobolli, articoli di cancelleria ecc. Esiste
infine il New Deal, un pacchetto integrato di servizi destinati alle categorie
di persone che più frequentemente incontrano difficoltà nella ricerca del
lavoro, ad esempio genitori single, giovani, disabili ecc.
Perdita dello status di disoccupato
La mancata disponibilità a lavorare o uno scarso impegno nella ricerca di
un’occupazione comportano delle sanzioni; esse hanno tutte una natura fi-
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nanziaria e portano alla perdita dello status di disoccupato e ad una riduzione delle relative indennità. A chi, dopo aver avuto una proposta di lavoro, non si rende disponibile a svolgerlo viene revocata la Jobseeker’s
Allowance e sono riconosciuti i valori più bassi del sostegno al reddito o
dell’indennità d’invalidità. Dal momento che cercare attivamente un lavoro
è il requisito settimanale per ottenere la Jobseeker’s Allowance, è prevista
la revoca per ciascuna settimana in cui la ricerca non sia stata realmente
attiva. Esistono inoltre sanzioni per chi è disoccupato senza un ragionevole motivo, per chi ha volontariamente lasciato un lavoro, l’abbia perso a
seguito di una condotta riprovevole o l’abbia rifiutato perché non lo riteneva appropriato. La sanzione prevista in questi casi comporta una riduzione dell’indennità del 20% o del 40% per un periodo che varia fino a 26
settimane. Sanzioni che consistono in una riduzione dell’indennità fra il
20% ed il 40% per quattro settimane sono previste invece per chi non
partecipa a nessuno dei programmi di lavoro).
Criteri di attribuzione dello status di disoccupazione ed effetti sul relativo tasso.
Con il susseguirsi dei vari governi inglesi, i criteri per attribuire lo status
di disoccupato sono divenuti sempre più rigidi. Ciò non ha però avuto
un significativo impatto sul tasso di disoccupazione ma piuttosto sul
corrispondente valore della definizione legale di questo; è stato registrato, infatti, un rapido incremento del numero di richieste di sussidi d’inabilità al lavoro. Durante il periodo 1991-2001, le richieste di
disoccupazione sono diminuite del 57% mentre il numero richiesto di
giorni di invalidità è aumentato di oltre il 52%.
Requisiti per ottenere gli altri sussidi di disoccupazione
Per candidarsi al Jobseeker’s Allowance bisogna aver corrisposto un certo numero di contributi all’Assicurazione Nazionale. In particolare, è necessario aver corrisposto l’imposta sul reddito negli ultimi due anni
precedenti la richiesta, ma devono essere soddisfatte due ulteriori condizioni. La prima prevede che, relativamente ai guadagni superiori di almeno 25 volte il limite inferiore di guadagno (stabilito dallo Stato), siano
stati corrisposti all’Assicurazione Nazionale – in almeno uno degli ultimi
due anni – i contributi previsti per i cosiddetti “lavoratori dipendenti di
classe 1”. Inoltre il contribuente deve aver pagato (o deve essergli stata
accreditata), con classe 1 dei contributi previsti dall’Assicurazione Nazionale, una tassa sui guadagni superiori di almeno 50 volte il limite infe-
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riore di guadagno previsto per quell’anno. Il sistema dell’Assicurazione
Nazionale prevede inoltre il calcolo di alcuni crediti (un credito settimanale corrisponde al limite inferiore di guadagno) che saranno riconosciuti
per i periodi in cui si riceve il salario, ma anche per i periodi coperti dalla richiesta di assegno o per quelli in cui si è frequentato uno dei corsi
di formazione riconosciuti dallo Stato (Jobseekers Act, 1995).
La Jobseeker’s Allowance viene erogata attraverso un assegno
settimanale che varia in ragione dell’età del disoccupato. Sono previste
tre fasce:
-16-17 anni
£33.50;
-18-24 anni
£44.05;
-25 anni e oltre £55.65;
L’assegno sarà corrisposto per le 26 settimane successive la
data di richiesta, esclusi i primi tre giorni. Trascorso tale periodo il disoccupato avrà accesso all’Income Support (Jobseekers Act, 1995).
In presenza di altri redditi l’indennità di disoccupazione si riduce:
nessuna modifica è prevista per le pensioni personali, o professionali, inferiori a 50 sterline settimanali e oltre tale soglia il diritto all’indennità è ridotto di pari misura. L’indennità si riduce anche nel caso in cui l'individuo
abbia depositato dei risparmi o percepisca un reddito da lavoro part-time.
Esistono inoltre prestiti ad interessi zero per i disoccupati. Fra
questi: i Prestiti Occasionali (somme fra 30 e 1.000 sterline per sostenere
spese straordinarie), i Prestiti per Emergenze o disastri e il Child Premiums, amministrato dall’Ufficio delle Imposte, che consiste in un credito sulle tasse per aiutare i genitori nella crescita dei figli.
Altre iniziative governative sono state istituite allo scopo di
aiutare i disoccupati che rientrano nel mercato del lavoro; fra questi vi
sono gli sgravi fiscali per chi ricomincia a lavorare. Ridurre la pressione
fiscale che grava su alcune categorie di lavoratori (ad esempio quelli poco qualificati) è infatti necessario per evitare che il loro rientro nel mercato del lavoro faccia registrare, a causa del salario minimo e della
perdita dell’indennità di disoccupazione, un peggioramento alla loro condizione finanziaria.
Il Job Grant concede 100 sterline ai single e alle coppie senza figli e 250 sterline ai genitori single e alle coppie con figli, per aiutarli nel
periodo compreso fra la perdita dell’indennità (causata dall’aver trovato
un lavoro) ed il pagamento del primo salario, soprattutto nel caso di datori di lavoro insolventi. Anche gli effetti dell’Housing Benefit e del Council Tax Benefit Run On, a cui si è accennato prima, continuano dopo che il
richiedente ha trovato lavoro.
Per risparmi superiori alle 3.000 sterline, la riduzione dell’indennità è di 1 sterlina ogni 250 sterline di risparmi, e sarà revocata completamente oltre le 8.000. Per guadagni da lavoro part-time con orario inferiore
a 16 ore (e 24 ore per l’eventuale partner) l’indennità viene ridotta di 1
sterlina per ogni ora che eccede la sedicesima. Oltre le 24 ore è prevista
una riduzione tra 5 e 20 sterline a seconda delle circostanze.
Allo scopo di incoraggiare i disoccupati a prendere in considerazione proposte di lavoro che abbiano poca attinenza con le loro precedenti esperienze lavorative e competenze professionali, aumentando così
la gamma delle opportunità, l’Employment on Trial consente di interrompere volontariamente un nuovo rapporto di lavoro per un periodo compreso fra le 4-12 settimane dall’inizio del lavoro senza le previste
sanzioni riferite all'assegno per chi cerca lavoro.
Altre tipologie di supporto al reddito
I disoccupati possono fare richiesta per ottenere aiuti destinati a coprire le
spese abitative attraverso l’Housing Benefit, se vivono in affitto, o il Mortgage Interest Linking se sono proprietari delle case in cui vivono. L’Housing Benefit rimborsa fino al 100% del canone di affitto a seconda delle
circostanze e, in caso di ipoteca, paga gli interessi fino ad un periodo massimo di 52 settimane. Il Council Tax Benefit si fa carico fino al 100% delle
imposte comunali sulla casa (fino al 25% per quelle del partner).
Merita di essere accennato il sistema di gestione delle indennità e dei sussidi che storicamente spettava agli Uffici per i Sussidi di Disoccupazione (Unemployment Benefit Offices), mentre i servizi attivi per
il lavoro erano di competenza dei Jobcentres. La nascita del Jobcentre
Plus ha di fatto riunito i due precedenti enti al punto da far quasi coincidere il pagamento delle indennità di disoccupazione con la richiesta di
un lavoro ed il sostegno durante la ricerca di questo. Inoltre, sono state
apportate modifiche alla legislazione relativa al Jobseeker’s Allowance:
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la procedura per ottenere l’assegno prevede ora un maggior numero di
requisiti da soddisfare, fra cui dimostrare che si sta cercando attivamente un lavoro e l’obbligo della firma settimanale da depositare presso un Jobcentre per un periodo di sei settimane dopo la 13° trascorsa
senza lavorare.
Oltre all’obbligo di cercare in modo attivo un lavoro, il pagamento delle indennità di disoccupazione dipende anche da altre prescrizioni ed istituti. Intanto esiste un regime di sanzioni da applicare a chi
fallisce nella ricerca del lavoro o non si rende disponibile a qualunque
proposta. Per poter frequentare i Jobcentres è necessario depositare una
firma a cadenza settimanale, oltre che presentare una dichiarazione scritta in cui si afferma che nella settimana precedente si è cercato attivamente un lavoro o si era disponibili a qualunque proposta. Spesso è
necessario dimostrare con documenti o prove quanto dichiarato. Solo chi
soddisfa queste prescrizioni può svolgere i colloqui con gli esperti ed i
consulenti personali del Jobcentre. Durante tali incontri vengono in genere esplicitati gli ostacoli incontrati nella ricerca e si tenta di superarli insieme. Le informazioni raccolte durante i colloqui saranno, infatti, usate
per pianificare altri interventi inseriti nei Programmi per l’Impiego. Sostenere questi colloqui è il requisito necessario per poter ottenere la Jobseeker’s Allowance. Il primo di questi colloqui deve essere svolto in
concomitanza della richiesta di indennità, il secondo dopo 13 settimane,
il successivo dopo 26 settimane ed infine ogni 26 settimane dal primo
ingresso nel New Deal. La presenza a tutti i colloqui è un requisito per
ottenere le indennità. La partecipazione attiva al programma del New Deal diviene obbligatoria dopo 26 settimane per chi ha 18-24 anni, dopo
78 settimane per chi ha più di 25 anni.
(Fraud Strategy Unit). Il Counter Fraud Investigation Service ed il Programme Protection Division, inoltre, indagano sulle richieste di sussidi
per conto del DWP: sono oltre 3.000 le indagini svolte ogni anno. Attraverso l’Income Support and Jobseekers’ Allowance, il governo punta a ridurre del 50% entro il 2006 le frodi e gli eventuali errori nell’attribuzione
dei sussidi.
La maggior parte degli ispettori del Counter Fraud Investigation
Service opera nelle località di provincia; il loro obiettivo è quello di individuare chi dichiara il falso nelle richieste dei sussidi. Esistono squadre
specializzate che operano con l’HM Customs and Exercise e con l’Immigration and Nationality Directorate e che indagano sui datori di lavoro
complici dei lavoratori. Una speciale rete operativa affianca le indagini
attraverso il monitoraggio delle modalità con le quali vengono attribuiti i
sussidi, raccogliendo dati ed analizzandoli. Tutto ciò viene svolto impiegando gli ampi poteri che il Social Security Fraud Act del 2001 ha riconosciuto al DWP e che gli consentono di ottenere le informazioni
necessarie alle proprie indagini direttamente dalle banche, dalle società
di costruzione e dalle compagnie telefoniche. Nel caso di frodi accertate,
i provvedimenti intrapresi prevedono la revoca dei sussidi oltre che azioni giudiziarie.
Vale la pena in questa sede citare alcuni dati riguardanti le frodi in materia di percepimento dei sussidi di disoccupazione. I dati di
Contabilità Nazionale pubblicati dall’ONS suggeriscono che nel Regno
Unito, nel 2002, gli interventi di regolarizzazione dei redditi in precedenza non dichiarati hanno portato nelle casse dello Stato circa 17 miliardi
di sterline: l’1,67% del PIL.
Al momento il DWP è impegnato a combattere l’uso fraudolento dei sussidi che pesa sul bilancio dello Stato circa 2 milioni di sterline
l’anno; a tal proposito è stata istituita l’Unità Strategica contro le Frodi
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4. Il Dialogo Sociale
1. Le parti sociali
Le organizzazioni dei datori di lavoro
La seconda parte del Trade Union and Labour Relations Act del 1992 disciplina le associazioni dei datori di lavoro: esse possono essere provvisorie o permanenti. Risultano costituite da gruppi di datori di lavoro (o
imprenditori) riuniti in enti costituenti o in organizzazioni affiliate. Le
principali finalità di tali organizzazioni consistono nel disciplinare le relazioni tra i datori di lavoro e i lavoratori o i sindacati. È stato istituito a
tal proposito il Certification Officer (CO) che ha l'obbligo di tenere gli
elenchi delle associazioni di datori di lavoro e renderli disponibili ad
eventuali ispezioni pubbliche che potranno essere svolte in qualunque
momento, gratuitamente. Non è tuttavia obbligatorio che le associazioni
di datori di lavoro facciano domanda per essere inserite negli elenchi.
Secondo il rapporto annuale del CO, alla fine di marzo 2004 esistevano
85 associazioni di datori di lavoro registrate e 80 non registrate, per un
totale di 256.263 iscritti ed un patrimonio complessivo di circa
376.671.000 sterline. Le associazioni di datori di lavoro possono essere
enti pubblici o associazioni senza alcuna personalità giuridica. Quale che
sia la loro natura possono stilare contratti, chiamare (o essere) chiamati
in giudizio dai lavoratori. Così come per i sindacati, tali associazioni fanno riferimento alla legge che disciplina le relazioni tra datori di lavoro e
lavoratori.
I Sindacati
Per tutti gli anni ’80 ed i primi anni ’90, una serie di leggi ha limitato la
libertà di azione dei sindacati e dei loro iscritti. Molte di queste misure
legislative fanno parte del Trade Union and Labour Relations (Consolidation) Act del 1992 (il cosiddetto TULRCA) che definisce il diritto all'associarsi ed esplicita i diritti degli iscritti e dei sindacalisti. Il governo
laburista del 1997 ha apportato leggere modifiche alla legge del 1992.
Una delle storiche lotte dei lavoratori era stata quella per il diritto ad as-
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sociarsi in sindacati e non essere discriminati per questa scelta dal governo o dai datori di lavoro.
In tempi più recenti il movimento sindacale si è ridotto di dimensioni e, forse, in potere: nel 1979 risultavano 13,2 milioni di iscritti,
nel 2003 circa 7,7 milioni. Non ci sono sufficienti prove a dimostrare che
esiste un rapporto causa-effetto tra la diminuzione degli iscritti ai sindacati e la presenza di governi conservatori del periodo 1979-1997. Assai
più clamorosa è stata la riduzione degli scioperi. Nel 1979, sebbene sia
stato un anno particolare, furono perse circa 29.747.000 giornate lavorative e nei primi quattro mesi del 2003 solo 500.000 giornate.
Uno dei vantaggi dei sindacati iscritti all'elenco del Certification Officer è
quello di poter richiedere ed ottenere un certificato che attesti la propria
indipendenza politica, condizione necessaria per poter ottenere i benefici
statutari durante le contrattazioni con i datori di lavoro ed il governo. I
lavoratori iscritti ad un sindacato indipendente non possono subire ritorsioni perché hanno chiesto di riunirsi, si sono riuniti o hanno preso parte alle attività del sindacato. Il CO può ritirare il certificato se ritiene che
il sindacato non sia più indipendente.
Riconoscimento
Per riconoscimento di uno o più sindacati da parte di un datore di lavoro s’intende una speciale caratteristica attribuibile al sindacato e definita
nella sezione 178 del TULRCA; in essa vengono precisate le regole cui il
datore di lavoro deve sottostare nel caso in cui interagisca con un sindacato che ha ottenuto il riconoscimento per rappresentare legittimamente
la forza lavoro che si trova alle dipendenze di quel datore di lavoro.
Ai lavoratori iscritti presso un sindacato che ha ottenuto il riconoscimento da parte del datore di lavoro, sono assegnati diversi benefici, fra cui la possibilità di ottenere permessi per adempiere ai doveri e
alle attività del sindacato. Inoltre, hanno il diritto ad essere consultati su
importanti questioni aziendali quali ad esempio: il trasferimento della
sede dell’azienda, gli esuberi di personale, le questioni relative alla salute e alla sicurezza dei lavoratori e, in generale, essere informati su tutte
le questioni che riguardano la contrattazione collettiva.
Prima dell’Employment Relations Act del 1999, la decisione se riconoscere o meno un sindacato spettava al solo datore di lavoro e ciò spiega
probabilmente la circostanza che nel Regno Unito la maggioranza dei la-
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voratori non aveva un contratto di lavoro riconducibile alla contrattazione collettiva. I contratti collettivi nazionali coprivano solo il 36% dei dipendenti britannici, con una rilevante differenza tra la copertura
registrata nel settore privato (22%) e quella riconducibile al settore pubblico (73%). Negli altri Paesi comunitari la diffusione dei contratti collettivi nazionali è assai diversa: in Francia ed in Svezia si registra il 90% di
copertura complessiva, in Portogallo l’87% ed in Germania il 67%.
In una sezione del TULRCA si fa riferimento all’elenco dei sindacati che hanno ottenuto il riconoscimento rispetto alle contrattazioni collettive. Tale elenco è entrato in vigore nel giugno del 2000. Le procedure
per chiedere il riconoscimento sono lunghe e complesse. Sono eleggibili
solo i sindacati che risultano indipendenti rispetto ai partiti politici e che
possono dimostrare di avere un appoggio molto esteso in termini di
adesioni da parte dei lavoratori. L'unità di contrattazione deve essere
chiaramente definita sebbene esistano eccezioni per le piccole società.
È sempre nel TULRCA che si prescrive al datore di lavoro, che ha riconosciuto un sindacato indipendente, l’obbligo di comunicare ad esso tutte
le informazioni che riguardano la contrattazione collettiva, soprattutto se
si tratta del sindacato scelto come rappresentante per quelle contrattazioni. Esiste un codice (il cosiddetto Codice ACAS) che esplicita, con una
serie di esemplificazioni, la natura di queste informazioni. Si tratta delle
informazioni relative all'impresa, alle paghe e ai benefit, alle condizioni
di lavoro, alla manodopera, alla produttività e alla situazione finanziaria
dell’azienda. Sebbene ritenuto una guida assai valida, il Codice ACAS non
sempre riesce a fornire informazioni esaustive ed è per questo motivo che
è stato introdotto il cosiddetto “principio delle buone pratiche nelle relazioni industriali”. Esso, fra le altre cose, indica le modalità con le quali devono essere avanzate le richieste di informazioni da parte del sindacato e
come dovranno essere fornite le repliche del datore di lavoro.
In generale un datore di lavoro non è costretto a rivelare informazioni
aziendali se:
- ciò va contro gli interessi della sicurezza nazionale;
- significherebbe contravvenire ad un divieto statutario;
- si tratta di informazioni che il datore di lavoro ha appreso in via confidenziale;
- si riferiscono specificamente ad un lavoratore (a meno che questi non
abbia dato il proprio consenso);
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- possono arrecare un danno sostanziale all'azienda;
- siano informazioni ottenute allo scopo di intraprendere (o difendersi
da) qualche procedimento legale.
La sezione 182 del TULRCA prevede altre limitazioni all’obbligo dei datori
di lavoro di rivelare informazioni aziendali. In particolare:
- il datore di lavoro non è tenuto a produrre alcun documento, o estratti
di documenti, a meno che ciò non sia fatto allo scopo di rivelare o
confermare informazioni;
- il datore di lavoro non è obbligato a compilare, o elaborare, alcuna informazione che comporti un aumento di lavoro o una spesa sproporzionata al valore che queste informazioni avrebbero nello svolgimento
della contrattazione collettiva.
In caso di mancata rivelazione di informazioni aziendali, i sindacati devono rivolgersi al Comitato di Arbitraggio Centrale (CAC) che riferirà all’ACAS nel caso sia possibile una risoluzione. In caso contrario il
CAC sentirà entrambe le parti: al datore di lavoro sarà dato un periodo,
non inferiore ad una settimana, per diffondere le informazioni in questione. Se questi si rifiuta, il sindacato potrà presentare un'ulteriore protesta
al CAC che sentirà di nuovo entrambe le parti, valuterà la fondatezza delle lamentele del sindacato e le giustificazioni addotte dal datore di lavoro e prenderà una decisione a favore dell’una o dell’altra parte,
opportunamente motivata.
È previsto che il CAC riconosca un risarcimento ai dipendenti
coinvolti nella richiesta. Tale risarcimento dipenderà dai termini e dalle
condizioni negoziate e specificate nella richiesta, o dalle valutazioni del
CAC e che riguarderanno solamente le questioni nelle quali il sindacato è
riconosciuto competente per gli scopi della contrattazione collettiva.
L'inefficacia di questa legislazione sta nel fatto che tra il 1976
ed il 1997 il CAC ha ricevuto 463 segnalazioni di proteste da parte dei
sindacati per mancata diffusione delle informazioni aziendali, con una
media di 22 all’anno. Nei primi tre mesi del 2004 sono state ricevute solamente sei proteste: solo in due casi si sono svolte riunioni informali
(in una delle quali si è giunti ad una soluzione volontaria), due altri casi
sono stati ritirati perché risolti rapidamente. Non sono mai state prese
decisioni formali.
. 94
Informazioni e consultazione
Nel Regno Unito, prima dell'Information and Consultation Regulations del
2004, erano poche le situazioni relative alle vertenze sindacali in cui vi
era l’obbligo di consultare una legge. Tali situazioni includevano i casi di
licenziamento collettivo e i trasferimenti della sede aziendale.
Oggi invece il datore di lavoro ha l’obbligo di consultarsi, in tempi utili,
con i dipendenti o con la rappresentanza sindacale su una serie di questioni di sicurezza, inclusa l’introduzione nel luogo di lavoro di qualsiasi
iniziativa che possa compromettere la salute e la sicurezza dei dipendenti.
Prima del 1995 l'unico requisito perché avvenisse questo genere di consultazione era che vi fossero sindacati riconosciuti a tale scopo,
ma in una sentenza della Commissione europea contro il Regno Unito la
Corte di Giustizia europea ritenne che in questo modo non si applicasse
correttamente la precedente Direttiva; la possibilità di consultazione fu
quindi estesa fino ad includere altri rappresentanti sindacali e non solo
quelli riconosciuti dal datore di lavoro. In questo modo, per alcune situazioni è previsto l’obbligo di consultazione anche in assenza del sindacato riconosciuto per tale scopo. Quest’ultimo requisito è imposto dalla
Health and Safety (Consultation with Employees) Regulations 1996 (HSCE
Regulations 1996).
L’effetto di tale approccio è stato esteso anche ad altre leggi che
recepivano le Direttive comunitarie, ad esempio la legge sull’orario di lavoro del 1998 e la legge sui permessi di maternità ed i congedi parentali del
1999. Entrambe prevedevano un accordo predefinito fra le parti sociali che
poteva variare nei singoli contratti collettivi (nel caso in cui ci fossero sindacati indipendenti riconosciuti per tale scopo) o negli accordi con la forza
lavoro (nel caso ci fossero i rappresentanti dei lavoratori eletti o nominati
dalla forza lavoro e non necessariamente riconosciuti dal datore di lavoro).
In questo modo il datore di lavoro ha l’obbligo di consultare i
rappresentanti dei dipendenti, nel caso in cui questi desiderino maggiore
flessibilità nell’orario di lavoro o rispetto ai permessi parentali. Tali consultazioni convergono in accordi di forza lavoro.
Sebbene l’Articolo 11 dell’Information and Consultation Directive
indicasse il 23 marzo 2005 come termine ultimo per recepire le Direttive
comunitarie, è stata prevista una dilazione per quegli Stati membri che,
. 95
come nel caso del Regno Unito, non avessero ancora riformato il sistema
legislativo riguardante la diffusione di informazioni aziendali e la consultazione con i sindacati.
Tali regolamentazioni diventeranno effettive nell’arco di tre anni. Nel Regno Unito, nelle aziende con almeno 150 dipendenti esse sono entrate in
vigore dal 6 aprile 2005, in quelle con almeno 100 dipendenti entreranno in vigore dal 6 aprile 2007, infine, in quelle con almeno 50 impiegati,
il 6 aprile 2008.
È prevista una definizione rigida di dipendente secondo cui risulta tale
solo chi lavora con un contratto di lavoro. Il numero dei dipendenti è
calcolato sulla base del valore medio registrato nei dodici mesi precedenti. I dipendenti, o i loro rappresentanti, possono richiedere dati su
tale numero, e nel caso il datore di lavoro si rifiuti di farlo o lo faccia in
modo errato, entro un mese il dipendente – o i suoi rappresentanti – potranno presentare un ricorso presso il CAC.
È previsto che quest’ultimo possa intimare al datore di lavoro di diffondere le informazioni relative al numero di dipendenti; è facile intuire che
si tratta di un’informazione cruciale: in base ad essa sarà infatti stabilita
la posizione del datore di lavoro, e della sua azienda, rispetto alle Regolamentazioni in materia occupazionale.
Il dialogo sociale
All’interno di un ampio programma di concertazione, il governo inglese
svolge ogni anno numerose consultazioni con le parti sociali. Può succedere che i dibattiti riguardino anche l’introduzione di nuove misure di
protezione sociale, sulle quali i sindacati ed i datori di lavoro sono invitati ad esprimere il proprio parere. È assai raro, tuttavia, che si raggiunga una soluzione in breve tempo: l’idea di un’Europa in cui le parti
sociali siano consultate e abbiano un ruolo decisivo nello sviluppo di alcune politiche occupazionali e sociali non è ancora una caratteristica tipica del Regno Unito. Esistono comunque numerose organizzazioni non
governative ed enti che riuniscono al proprio interno rappresentanti dei
sindacati e dei datori di lavoro, ma più che dell’attuazione di politiche
statali, essi si occupano della loro formulazione.
È utile ricordare in questa sede che le parti sociali del Regno
Unito partecipano al processo di dialogo sociale all'interno dell'Ue: la
Confederazione dell’Industria Britannica è membro dell’UNICE ed il Congresso dei Sindacati fa parte dell'ETUC.
. 96
Appendice
INDIRIZZI UTILI NEL REGNO UNITO
MANCHESTER - CONSOLATO
Rodwell Tower - 111, Piccadilly
I.C.E - ISTITUTO NAZIONALE
Manchester M1 2HY
PER IL COMMERCIO ESTERO
Tel. +44 161 - 2369024
37 Sackville Street, Londra W1s 3 DQ
Fax +44 161 - 2365574
Tel. +44 20 - 77342412
[email protected]
Fax +44 20 - 77342516
www.italianconsulate.co.uk/
[email protected]
www.ice.gov.it/estero2/londra/defaultuff.htm
BELFAST (ANTRIM) - CONSOLATO ONORARIO
42 Glenholm Drive, Belfast BT9 6LW
AMBASCIATA D’ITALIA
Tel. +44 2890 – 709415
14, Three Kings Yard, Londra W1K 4EH
Fax +44 2890 - 381492
Tel. +44 20 - 73122200
Fax +44 20 - 73122230
GLASGLOW - CONSOLATO ONORARIO
[email protected]
170, Hope Street, G2 2TW Glasglow
www.embitaly.org.uk/
Tel. +44 141 - 3325822
LONDRA - CONSOLATO GENERALE
LIVERPOOL - CONSOLATO ONORARIO
38, Eaton Place, Londra SW 1X 8AN
4 Mortimer Street
Tel. +44 20 - 72359371
Birkenhead - Liverpool L4I 5EU
Fax +44 20 - 78231609
Tel. +44 151 - 6662886
%[email protected]
Fax +44 151 - 6662899
www.embitaly.org.uk/
[email protected]
www.it-consul.org.u/k
EDIMBURGO (SCOZIA) CONSOLATO GENERALE
THE ITALIAN CHAMBER OF COMMERCE AND
32, Melville Street, Edinburgo
INDUSTRY FOR THE UNITED KINGDOM
Tel. +44 13 - 12263631, 12203695
1 Princes Street - W1B 2AY Londra
Fax +44 13 - 12266260
Tel. +44 20 - 74958191 - Fax +44 20 - 74958194
[email protected]
[email protected]
www.italchamind.org.uk/
. 97
RAPPRESENTANZA DELL’UNIONE EUROPEA
IN ITALIA
Bibliografia e pagine web consultate
Jean Monnet House - 8, Storey's Gate, Londra
SW1P 3AT
AMBASCIATA DI GRAN BRETAGNA IN ITALIA
Tel +44 20 - 7973 1992
Via XX Settembre, 80/a - 00187 Roma
Fax +44 20 - 7973 1900
Tel. +39 06 – 42200001
[email protected]
Fax +39 06 - 48903217
www.cec.org.uk/
[email protected]
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In-house Report 93, HMSO, 2002.
www.britain.it/
ISTITUTO ITALIANO DI CULTURA
39 Belgrave Square
MILANO - CONSOLATO GENERALE
Londra SW1X 8NX
Via San Paolo, 7 - 20121 Milano
Tel. +44 20 - 72351461
Tel. +39 02 - 723001
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Cabinet Office Strategy Unit, Ethnic Minorities and the Labour Market: Final Report, March 2003,
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Fax +39 02 - 86465081
E.N.I.T. - ITALIAN TOURIST BOARD
[email protected]
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1 Princes Street
Londra W1R 8AY
Tel. +44 20 - 7408 1254
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Fax +44 20 - 7493 6695
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RECRUITMENT AND EMPLOYMENT CONFEDERATION
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SMALL BUSINESS SERVICE
www.sbs.gov.uk
STATIONERY OFFICE
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STATISTICS
www.statistics.gov.uk
TRADES UNION CONGRESS
www.tuc.oug.uk
. 102
Finito di stampare nel mese di ottobre 2006
dalla Rubbettino Industrie Grafiche Editoriali - Soveria Mannelli