LA FUSIONE A SEGUITO DI ACQUISIZIONE CON INDEBITAMENTO

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LA FUSIONE A SEGUITO DI ACQUISIZIONE CON INDEBITAMENTO
LA FUSIONE A SEGUITO DI ACQUISIZIONE CON INDEBITAMENTO
- Leveraged Buyout -
1. DEFINIZIONE
Ricorre tale fattispecie quando una società, preesistente o all’uopo costituita, dopo
aver ottenuto apposito finanziamento, acquista una partecipazione di controllo, o
totalitaria, in altra società, detta società bersaglio. Successivamente si delibera la
fusione fra società bersaglio e società acquirente mediante incorporazione della
prima nella seconda. Ne consegue che, stante l’unificazione giuridica ed
economica delle imprese, il patrimonio della società bersaglio/incorporata,
divenuto patrimonio della società acquirente/incorporante, costituisce il mezzo
utilizzato da quest’ultima per rimborsare il debito contratto per procedere
all’acquisizione della società bersaglio/incorporata.
2. RAPPORTI CON L’ORDINAMENTO GIURIDICO ANTE D.LGS
6/2003
Prima della Riforma del diritto societario, realizzata con D.Lgs. 6/2003, si
discuteva in ordine alla liceità di siffatta operazione alla luce del divieto,
consacrato nell’art. 2358 c.c., testo previgente, di fornire garanzie o accordare
prestiti per l’acquisto di azioni proprie.
Le dottrina riteneva che tale pratica, importata dal mondo statunitense, eludesse il
divieto assoluto di assistenza finanziaria di cui all’art. 2358 c.c., testo previgente,
il quale presidiava (e continua a presidiare, benché in maniera diversa dal passato,
anche dopo la liberalizzazione portata dal D.Lgs.142/2008), la conservazione
dell’integrità del capitale sociale.
La giurisprudenza prevalente si mostrava, invece, più permissiva.
Si sosteneva infatti che, sebbene per effetto di un’operazione di leveraged buy out
il rimborso dei finanziamenti concessi alla società acquirente/incorporante fosse
garantito dal patrimonio della società bersaglio/incorporata, non era dato
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ravvisare, nel detto congegno negoziale, alcuna garanzia in senso tecnico concessa
dalla società bersaglio/incorporata per l’acquisto di azioni proprie. Si affermava,
inoltre, che la frode alla legge doveva essere esclusa quando l’operazione non
mirava semplicemente a predare la società bersaglio/incorporata, sfruttandone il
patrimonio come garanzia generica o fonte di rimborso dei debiti contratti
dall’acquirente/incorporante, ma, invece, perseguiva uno scopo di aggregazione
industriale e migliore riallocazione delle risorse in settori produttivi omogenei o in
fase di integrazione.
In tal senso si pronunciava il Tribunale di Milano dapprima con sentenza in data
14 Maggio 1992, secondo cui “in una operazione di leveraged buy out, la fusione
per incorporazione della società-bersaglio in altra società non comporta la
violazione diretta o indiretta delle norme che disciplinano la concessione di
prestiti e garanzie per l’acquisto di azioni proprie”; successivamente, con sentenza
in data 13 Maggio 1999, secondo cui “in una operazione di leveraged buy out,
attivata tramite un procedimento di fusione, si deve accertare caso per caso se
l’operazione concretizzi un negozio in frode alla legge e cioè se siano stati
utilizzati strumenti leciti per aggirare il divieto
per la società emittente di
accordare prestiti o fornire garanzie per l’acquisto di azioni proprie”.
3. RAPPORTI CON L’ORDINAMENTO GIURIDICO POST D.LGS
6/2003
Sulla scorta di tali considerazioni, il legislatore delegante, in occasione della citata
Riforma del diritto societario, demandava al legislatore delegato il compito di
“prevedere che le fusioni fra società, una delle quali abbia contratto debiti per
acquisire il controllo dell’altra, non comportino violazione del divieto di acquisto
e sottoscrizione di azioni proprie e del divieto di accordare prestiti e fornire
garanzie per l’acquisto o la sottoscrizione di azioni proprie”.
Il legislatore delegato ha attuato la delega inserendo, nel corpo del codice civile,
l’art. 2501 bis, rubricato ‘Fusione a seguito di acquisizione con indebitamento’.
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4. L’ART. 2501 BIS C.C.
4.1. I PRESUPPOSTI
La norma in commento delinea i confini entro i quali un’operazione è definibile
come leveraged buy out, rectius, fusione a seguito di acquisizione con
indebitamento, ed indica gli specifici obblighi di informazione in attuazione dei
quali essa è ritenuta lecita.
In particolare, l’art. 2501 bis, comma1, c.c. così dispone: “ Nel caso di fusione fra
società, una delle quali abbia contratto debiti per acquisire il controllo dell’altra,
quando per effetto della fusione il patrimonio di questa costituisce garanzia
generica o fonte di rimborso di detti debiti, si applica la disciplina del presente
articolo”.
Risulta, ictu oculi, come il primo comma della norma in commento sia
essenzialmente definitorio: sono, infatti, elencati i presupposti in presenza dei
quali un’operazione può essere definita come fusione a seguito di acquisizione
con indebitamento. Primo presupposto: fusione fra società delle quali l’una abbia
contratto debiti per acquisire il controllo dell’altra; secondo presupposto: per
effetto della fusione il patrimonio dell’incorporata diviene garanzia generica o
fonte di rimborso di detti debiti.
Si segnalano alcuni nodi problematici scaturenti da una attenta lettura del primo
comma della norma in commento:
-
Circa la nozione rilevante di controllo, si ritiene che occorra tenere conto
non solo dell’art. 2359 c.c. ma anche di norme speciali le quali di volta in
volta stabiliscano quando sussiste un rapporto di controllo.
Si ritiene, inoltre, che l’art. 2501 bis c.c. debba trovare applicazione sia in
caso di indebitamento per acquisire una partecipazione di controllo tout
court sia in caso di indebitamento per acquisire una partecipazione che,
sebbene non di controllo, sia tale da darvi luogo in aggiunta alle altre
eventualmente già detenute.
-
Circa la nozione di indebitamento, ci si chiede se occorra fornirne una
interpretazione estensiva ovvero una interpretazione restrittiva.
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Accedere ad una interpretazione estensiva implica il dover ammettere che
l’art. 2501 bis c.c. debba trovare applicazione per tutte le fusioni con
indebitamento. In linea di principio, infatti, dopo la fusione, il patrimonio
dell’incorporata costituisce sempre garanzia generica o potenziale fonte di
rimborso dei debiti contratti dall’incorporante.
Si ritiene preferibile, pertanto, avallare una interpretazione restrittiva,
anche in considerazione del fatto che l’art. 2501 bis c.c., come formulato,
postula la possibilità di fusioni con indebitamento senza che il patrimonio
dell’incorporata costituisca garanzia generica o fonte di rimborso dei
debiti contratti dall’incorporante. Ed allora, deve ritenersi che i debiti
rilevanti ai fini dell’art. 2501 bis c.c. siano quelli che determinano un
eccessivo squilibrio dell’indebitamento rispetto al patrimonio netto ovvero
quelli contratti in un momento in cui, considerata la situazione economicofinanziaria della società, sarebbe stato ragionevole non esporsi; irrilevante
la circostanza che i detti debiti siano garantiti da terzi giacché la società è
comunque esposta a regresso. Diversamente, qualora il debito contratto sia
assistito da adeguate garanzie fornite dall’incorporante stessa, escluso il
pegno sulle quote dell’incorporata, si esula dal campo di applicazione
dell’art. 2501 bis c.c. in quanto in tale ipotesi è provata la capacità di
credito dell’incorporante.
La verifica circa la sussistenza dei presupposti per l’applicazione dell’art. 2501 bis
c.c., comportando una valutazione di merito sulla situazione patrimoniale e
finanziaria delle società coinvolte, compete esclusivamente ai relativi organi
amministrativi, e non al Notaio che verbalizza le delibere assembleari di
approvazione del progetto di fusione a seguito di acquisizione con indebitamento.
4.2. GLI OBBLIGHI INFORMATIVI
Affinché un’operazione classificabile come fusione a seguito di acquisizione con
indebitamento possa essere ritenuta lecita, debbono essere osservati gli obblighi
informativi di cui all’art. 2501 bis, commi 2,3,4,5 c.c. In particolare:
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-
Il progetto di fusione di cui all’art. 2501 ter c.c. deve indicare le risorse
finanziarie previste per il soddisfacimento delle obbligazioni della società
risultante dalla fusione;
-
La relazione di cui all’art. 2501 quinquies c.c. deve indicare le ragioni che
giustificano l’operazione e contenere un piano economico e finanziario
con indicazione della fonte delle risorse finanziarie e la descrizione degli
obiettivi che si intendono raggiungere;
-
La relazione degli esperti di cui all’art. 2501 bis sexies c.c. attesta la
ragionevolezza delle informazioni contenute nel progetto di fusione ai
sensi dell’art. 2501 bis, comma 2, c.c.;
-
Al progetto deve essere allegata una relazione del soggetto incaricato della
revisione legale dei conti della società obiettivo o della società acquirente.
( Si rileva, incidenter tantum, che detta relazione non deve essere
predisposta nel caso in cui nessuna delle società partecipanti alla fusione
sia assoggettata a revisione legale dei conti. In tutte le altre ipotesi essa
deve essere sempre predisposta; qualora entrambe le società partecipanti
alla fusione siano soggette a revisione legale dei conti è in loro facoltà
scegliere il soggetto cui affidare la relazione).
Il controllo del Notaio sulla rituale adozione delle delibere di approvazione del
progetto di fusione a seguito di acquisizione con indebitamento è limitato alla
verifica dell’adempimento dei suddetti obblighi informativi; egli non ha il potere/
dovere di entrare nel merito delle valutazioni effettuate dagli organi
amministrativi e dagli esperti ai sensi dell’art. 2501 bis, commi 2, 3, 4, 5 c.c.
4.3. RAPPORTI CON LE FUSIONI SEMPLIFICATE
E CON LA
NORMATIVA SUI GRUPPI
La normativa di cui all’art. 2501 bis c.c. prevale su quella dettata, in materia di
incorporazione di società interamente possedute o possedute al 90%,
rispettivamente dagli artt. 2505 e 2505 bis c.c.
Ed infatti l’art. 2501 bis, comma 6, c.c. così dispone: “Alle fusioni di cui al primo
comma non si applicano le disposizioni degli artt. 2505 e 2505 bis c.c.”. Ne
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consegue che il procedimento più gravoso previsto dall’art. 2501 bis c.c. va
osservato anche quando l’operazione realizza una incorporazione di società
interamente posseduta o posseduta al 90%, per cui la fusione dovrebbe essere
semplificata.
La normativa di cui all’art. 2501 bis c.c. concorre, invece, con la quella dettata in
materia di gruppi, dagli artt. 2497 e ss. c.c.; tale normativa viene in rilievo per
effetto dell’acquisto del controllo e della conseguente presunzione, ai sensi
dell’art. 2497 sexies c.c., di esercizio di attività di direzione e coordinamento.
In particolare, trova applicazione l’art. 2497 ter c.c. in punto di motivazione delle
decisioni, specie con riguardo all’interesse della società bersaglio da valutarsi
secondo la consacrata ottica del rapporto fra pregiudizio e vantaggio
compensativo.
4.4. INDEROGABILITA’ DEL LA NORMATIVA
Ove ne ricorrano i presupposti, le disposizioni dell’art. 2501 bis c.c. trovano
sempre applicazione atteggiandosi quale normativa inderogabile. E, si badi,
inderogabile anche nel caso in cui tutti i soci delle società coinvolte nella fusione
e tutti i relativi creditori abbiano manifestato il loro consenso a derogare alla
procedura di legge.
Si precisa, infatti, che dette disposizioni sono volte essenzialmente ad evitare
comportamenti distorsivi del mercato e dell’economia posti in essere sfruttando la
leva finanziaria attuata mediante l’acquisto del controllo di altra società con
finanziamenti destinati ad essere garantiti o rimborsati con il patrimonio della
medesima società acquistata.
In altri termini, è nella fisiologia del sistema che una società non possa acquistare
il controllo di altra società se non sia dotata di adeguate garanzie e risorse
economiche. Ciò garantisce che non si creino concentrazioni imprenditoriali prive
di un adeguato
piano economico-finanziario che ne assicuri la sopravvivenza
ovvero giustificate esclusivamente da intenti speculativi di breve respiro.
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4.5. LA TUTELA DEI SOCI E DEI CREDITORI
Nell’art. 2501 bis c.c. risulta estremamente attenuata, se non del tutto assente, la
volontà di tutelare i soci di minoranza delle società coinvolte nell’operazione da
possibili annacquamenti delle relative partecipazioni ovvero i creditori da rischi
di insolvenza.
In realtà gli interessi dei soci di minoranza e dei creditori trovano la loro naturale
tutela in altre norme, indipendentemente dall’applicabilità dell’art. 2501 bis c.c..
Il rimedio dato ai creditori consiste nel diritto ad essi concesso di opporsi alla
fusione, ai sensi dell’art. 2503 c.c.
I rimedi dati ai soci di minoranza sono stati invece individuati:
-
Nella disciplina dell’o.p.a., nel caso in cui i titoli della società bersaglio
siano quotati in mercati regolamentati;
-
Nella disciplina del recesso a norma dell’art. 2497 quater c.c.;
-
Nella disciplina del recesso a norma dell’art. 2473c.c.;
-
Nell’impugnazione della delibera di approvazione del progetto di fusione
per annullamento ( vizi procedurali, mancanza di documenti) o nullità
(violazione dell’art. 2358 c.c.);
-
Nel risarcimento del danno (a delibera di approvazione del progetto di
fusione iscritta).
a cura di
Avv. Adriana Vergati
Avv. Francesco D’Antuono
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