L`euro è la vendetta dell`Emden

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L`euro è la vendetta dell`Emden
Storie di Navi
L’euro è la vendetta dell’Emden
Una piccola nave del passato diretta verso un grande e migliore futuro
Enrico Cernuschi - Socio del Gruppo di Savona
I
l mio tedesco è arrugginito. Riesco però ancora a capire e a
farmi capire. Ho potuto così godermi un bel film che non vedremo mai doppiato in italiano: “Die Männer der Emden”,
uscito nel 2013, diretto da Beringar Pfahl e interpretato da attori
ignoti presso il nostro pubblico, ma spesso bravi.
La storia è quella dell’incrociatore germanico Emden e della
sua missione corsara combattuta nel 1914 contro inglesi, francesi e russi e passata, subito dopo la conclusione della propria
grossa avventura, direttamente nella leggenda.
La fotografia dello spettacolo in parola (poco meno di due ore) è
eccellente, l’ambientazione perfetta e gli effetti spettacolari. Col
computer, oggi, si fa tutto, o quasi, e ci vorrebbe relativamente poco per realizzare anche da noi pellicole o serial televisivi di grosso impatto dedicati alle imprese della nostra Marina, dalla figura
tormentata e grande dell’ammiraglio Caracciolo all’onda immensa della Seconda battaglia della Sirte senza scordare, naturalmente, le grandi corazzate, i mezzi, d’assalto, i sommergibili e
(perché no?), le silenziose battaglie della Guerra fredda e la dura
vita di sempre, in pace e in guerra, che i marinai affrontano, oggi
come 50, 200 o 500 anni fa, nel Canale di Sicilia.
Lo sceneggiatore di “Emden” non ha dovuto sforzare troppo il
cervello. I fatti erano già belli e pronti. Il piccolo incrociatore inafferrabile e beffardo al comando di un capitano di fregata umano,
cavalleresco e gran marinaio; i nemici grandi, grossi e, infine,
spietati, e i superstiti che rifiutano di arrendersi e che attraversano dapprima un oceano in tempesta a bordo di un veliero già destinato alle rottamazione e, in seguito, il deserto dell’Arabia e le
insidie britanniche arrivando, infine, in patria, tra l’incredulità e
l’entusiasmo di chi li aveva dati per morti da un pezzo.
Purtroppo i soggettisti tedeschi non potevano limitarsi a riprendere, pari pari, il rapporto di missione di quella nave (tuttora materia
di studio all’Accademia della Deutsche Marine di Mürwik), ma
hanno aggiunto, per giustificare l’onorario, una sdolcinata storia
d’amore del tutto fuori posto e perfettamente inutile.
Niente di male, intendiamoci, ma si tratta di un francobollo malamente appiccicato su una busta di gran classe.
Gli americani fecero lo stesso quando aggiunsero al dignitoso “La
battaglia di Midway” del 1976 (Henry Fonda, Robert Mitchum, Toshiro Mifune e Glenn Ford il quale, quel giorno, era davvero laggiù, da guardiamarina imbarcato sulla portaerei Enterprise) un improbabile romanzo tra un pilota statunitense e una ragazza d’origine giapponese. Molto meglio il precedente (1970) e splendido
“Tora Tora Tora”, basato direttamente sui soli fatti senza far perdere un grammo di realismo e umanità agli interpreti, grandi e minori, di quella pellicola corale.
I fatti veramente ìmportanti legati al film oggetto di queste righe,
però, sono ben altri.
Tanto per cominciare la cosa sorprendente è, tout court, che sia
stato realizzato. In un’epoca politically correct come l’attuale,
vedere dei tedeschi buoni, bravi, ragionevoli e umani (con tutti i
pregi e i difetti del caso, naturalmente), con buona pace degli
stereotipi hollywoodiani in voga sin dal 1938 e rimasti, da allora,
pressoché immutati, è un vero e proprio record.
In secondo luogo i critici germanici hanno fatto strame della pellicola liquidandola come “Cinema urteilte“, ovverosia cinematografia di conio governativo. Si tratta di un giudizio interessante che
conferma l’incapacità degli intellettuali di ogni latitudine (veri cortigiani vil razza dannata) di concepire, puramente e semplicemente,
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il libero mercato e i desideri del pubblico, il qual’efficiente macchina propagandistica inglese
le ha tributato un grosso e prolungato successo
accusò, sin dal settembre 1914, quell’imprendidi cassetta al film in questione. In realtà qualbile avversario di ogni genere di atrocità. Donne
siasi produzione, specie se costosa e spettacoviolentate, madri costrette a vedere i figli annelare come questa, è sempre il frutto di una ricergare, gole tagliate a volontà, indigeni schiavizca di mercato precedente. In parole povere la
zati nelle torride caldaie della nave e tutto quelgente voleva sentirsi libera, rassicurata e fiera
lo che la fantasia sovraeccitata dei letterati modei propri marinai e della storia, ed è stata acbilitati dalla famigerata War Propaganda
contentata. I riflessi governativi, casomai, sono
Agency di Wellington House poté inventare.
stati di segno diametralmente opposto. AppariI tedeschi, a partire ovviamente dalla gente
re con la faccia pulita e con la coscienza a podell’Emden, ci rimasero male. A guerra finita ci
furono delle scuse (formulate, beninteso, a mesto è, infatti, giudicato molto pericoloso dai politici di Berlino, sia al potere sia all’opposizione.
ro titolo privato) e tutto sembrò finire lì, ma la ciI tempi odierni sono, oggettivamente, difficili e i
catrice rimase; un po’ perché tra marinai certe
vicini (europei e non solo), hanno, a torto o a racose non si dovrebbero fare e molto perché la
credibilità della stampa britannica e mondiale
gione, sempre in tasca la possibilità di accusa(la quale aveva ripreso immediatamente le nore i tedeschi delle attuali generazioni rinfacciando loro le colpe infami del tempo dei loro
tizie pervenute da Londra aggiungendo, già che
c’era, qualcosa di proprio) scese, in Germania,
nonni e dei bisavoli. Il tema di quel passato che
non vuole passare (“Vergangenheit, die nicht
a livelli di pettegolezzo da portineria. Fu così
Karl von Muller
vergehen will”) sollevato nel 1986 da Ernst Nolche, nei decenni successivi, altre accuse, queil comandante dell’Emden dal 1914
te è, infatti, sempre d’attualità e condiziona pesta volta circostanziate, finirono per troppo
santemente, quantomeno dal 1961 in poi, la mentalità degli allora
tempo nel cestino favorendo, più o meno inconsapevolmente,
giovani e giovanissimi tedeschi, troppo piccoli nel 1945 o, magari,
quello che tutti sappiamo.
neppure nati in quel tempo, per poter gestire, in seguito, i problemi, in primo luogo d’igiene mentale, che il mondo dell’informazione
Aufklärung
ha sottoposto loro senza tregua e senza soluzione di continuità per
oltre mezzo secolo.
Ora vorrei tanto che il cerchio si chiudesse. Restituire alla gente dell’Emden la propria dignità (in realtà mai perduta nel mondo
Calunniate, calunniate…
degli uomini di mare) e al pubblico la legittima fierezza di quel remoto passato significa compiere un piccolo, utile passo verso il
ritorno alla condizione di normalità e sanità mentale che dovrebProprio la vicenda dell’incrociatore Emden e della sua gente, nel
be caratterizzare qualsiasi comunità. Una Germania non in stato
1914, è, sotto questo profilo, emblematica. Tutti gli storici, i romanperenne d’assedio può ritrovare la propria anima romantica e
zieri e i giornalisti di ogni paese che hanno narrato, prima o poi, le
grande. Nel 1914 si trattava della nazione più socialmente avangesta incredibili di quella piccola nave e del suo comandante, il
zata in Europa e nel mondo. La democrazia moderna è nata in
capitano di fregata Karl von Müller, hanno sempre sottolineato lo
Prussia, quando Federico Guglielmo, il “Re sergente”, e suo fispirito cavalleresco e corretto di quell’ufficiale e del suo equipagglio Federico il Grande stabilirono l’accesso dei non nobili a tutgio nei confronti dei marinai e dei passeggeri delle navi, da guerte le cariche dello Stato, a partire dall’Esercito, sulla base del
ra e mercantili, affondati o catturati da quel bastimento. Eppure
Le rotte prese dall’Emden durante la sua crociera corsara nell’oceano Indiano
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I depositi di carburante di Madras in fiamme dopo un raid dell’Emden
Caratteristiche principali
Lunghezza
118,3 m
Larghezza max
13,5 m
Pescaggio
5,53 m
Disl. a pieno carico
4.268 t
Propulsione
due motori a vapore a tripla espansione
Potenza
16.350 shp
Riserva
860 t di carbone in stiva
Velocità
max 24 nodi
Autonomia
3.760 miglia nautiche alla velocità di 12 nodi
Equipaggio
18 ufficiali e 343 sottufficiali e marinai
Armamento
10 cannoni da 105 mm con gittata 12.200 m
riserva di 150 colpi per pezzo - 10 mitragliere
50 mine navali - due tubi lanciasiluri da 450 mm
Il relitto dell’Emden incagliato sulla spiaggia dell’isola di North Keeling
Ponte corazzato da 80 mm, che si riduceva a 30 e poi 20 mm all’estremità
della poppa; la torre di comando era protetta da una corazzatura spessa
100 mm, mentre i cannoni erano protetti da una barbetta spessa 50 mm
solo merito, riconosciuto a sua volta dai loro pari e non concesso graziosamente. Il primato della legge sull’assolutismo Settecentesco è nato a Berlino nel 1748 con il ministro Samuel von
Cocceij. Federico abolì, in occasione del primo giorno del suo
regno, il 12 febbraio 1740, la tortura. Per quasi tutto il resto dell’Europa, a partire da Francia e Gran Bretagna, fu necessario attendere il XIX secolo, e si potrebbe continuare.
I saggi politici della cosiddetta Italietta liberale si erano ben guardati dal dichiarare guerra a Berlino nel 1915 e a confondere la
reazionaria, rancorosa e frivola Austria con la ben diversa Germania. Sapevano, infatti, che non si può fare a meno di lei sul continente e che a qualsiasi conflitto segue, pur sempre, la pace. Cercarono, pertanto di non avvelenare i pozzi della storia e della politica, due parole che significano, ancora oggi, la stessa cosa a
partire, ovviamente, dall’economia.
L’appassionato culto della forza e la stolta e frigida politica del
“tanto peggio tanto meglio” di Londra (protetta dal mare) e della
rassegnata Parigi, come sempre a rimorchio di qualcuno dal 1870
in poi, portarono, alla fine, dopo non celate, pesanti pressioni da
parte alleata, alla perplessa dichiarazione di guerra comunicata
da Roma a Berlino il 27 agosto 1916.
Fu un errore, magari inevitabile, ma pur sempre uno sbaglio che
contribuì, una volta sommato a ben altri, ulteriori disastri, a erigere
un diabolico piano inclinato destinato a inghiottire lo spirito collettivo di ormai tre generazioni tedesche.
Siamo sicuri che una gestione più onesta e, diciamolo pure, più
cavalleresca e sensata delle cose tra il 1914 e il 1919 non avrebbe permesso all’umanità di risparmiarsi una notevole massa di
guai non necessari?
L’Euro, vera e propria negazione delle leggi elementari dell’economia, è nato ed è alimentato dal timore tedesco dell’inflazione. Si
tratta di una paura impressa a fuoco nelle coscienze e nei ricordi
di ogni famiglia germanica dopo i traumi del 1923, del 1929, del
1945, del 1949 e del 1952. A furia di battere e ribattere questo e altri chiodi, la coscienza collettiva di quel popolo è stata spinta, infine, a chiudere d’istinto, come un animale braccato, quell’elementare valvola di sfogo di qualsiasi moneta, anche a costo di far saltare la caldaia della locomotiva continentale per la quarta volta
dopo i due conflitti mondiali e la fine (piuttosto traumatica a est)
della Guerra fredda.
Se il ritorno al buonsenso e a una condizione di parità storica e
morale con gli altri popoli passa anche dalla piccola vicenda della gente dell’Emden, calunniata, onesta e redenta tra gli applausi
della gente comune di oggi come di allora, ben venga questo soffio d’aria pulita e salmastra.
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