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COLLANA VECCHI OMICIDI
Ora vedete che io solo sono Dio
e che non vi è altro dio accanto a me.
Io faccio morire e faccio vivere,
ferisco e risano,
e nessuno può liberare dalla mia mano.
Sì, io alzo la mia mano al cielo
e dico: 'Com'è vero che io vivo in eterno,
quando affilerò la mia spada folgorante
e la mia mano si leverà a giudicare,
farò vendetta dei miei nemici
e darò ciò che si meritano a quelli che mi odiano.
Inebrierò di sangue le mie frecce,
del sangue degli uccisi e dei prigionieri;
la mia spada divorerà la carne,
le teste dei condottieri nemici.'
Esultate, o nazioni, per il suo popolo,
perché Egli vendicherà il sangue dei suoi servi;
volgerà la vendetta contro i suoi avversari
e purificherà la sua terra e il suo popolo
(Deuteronomio 32, 39-43)
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Delitto a Ostriconi
Collana Vecchi Omicidi
ISBN: 978-88-908768-9-9
ISBN EBOOK: 978-88-908768-8-2
Stampato nel mese di giugno 2015 presso CDM -Torino
Tutti i diritti riservati
In copertina: Ostriconi, foto di Anna Bertin ©
L’attesa
Siediti sulla riva del fiume e aspetta, prima o poi
vedrai passare il cadavere del tuo nemico. Questa era la
sua filosofia. Da sempre. O meglio da quando qualcuno gli
aveva detto che queste erano le parole del compagno
Mao, anche se forse si trattava di Confucio o di qualche
altro cinese. Ma non importava chi l'avesse detto, era
commosso da così tanta capacità di sintesi.
Doveva ammettere che qualche volta non aveva
avuto la pazienza di stare seduto su quella sponda e
aveva preferito togliersi subito lo sfizio di guardare il
cadavere del suo nemico. E non solo metaforicamente. Ma
non si sentiva in colpa per questo. Erano solo delle
riparazioni a torti che aveva subito. E se si fosse trattato
di una mancata precedenza o di qualcosa appena più
grave non importava. Una ingiustizia restava sempre una
ingiustizia. E andava sistemata.
Chi avesse diritto a comminare quella giusta pena
non era nemmeno in discussione. Chiunque avesse subito
un torto era autorizzato a farlo. Meglio tardi. La cosa
acquistava più gusto. La vendetta è un piatto che si gusta
freddo. Anche questo aveva sentito dire e si adattava
bene al suo modo di fare. Ma non aveva mai pensato che il
suo fosse un sentimento di vendetta.
Così pensava alla soglia dei settant'anni il vecchio
Fiorenzo.
Aveva trascorso la vita cercando di guadagnare
quanto bastava per riempire la pancia di un figlio e di una
figliastra, e se ne avanzava anche di sua moglie. E non era
stato facile. Altri non ce l'avevano fatta, erano andati in
continente perché sull'isola non c'era lavoro: Marsiglia,
Lione, Nizza.
René al momento se la cavava perché c'era il bar.
Marianna invece aveva un posto a scuola, però non era
figlia sua. E questo pensiero lo angustiava ancora. Perché
Marianna era il frutto di un'ingiustizia. E il cadavere di
quel nemico non era ancora transitato lungo il fiume.
Posto che vedendolo fosse riuscito a riconoscerlo, dato
che non aveva nessuna idea di chi fosse il responsabile di
quella brutta storia.
Ma Fiorenzo non aveva mai smesso di pensarci e
ora che vedeva avvicinarsi la luce del suo crepuscolo, quel
tarlo non lo abbandonava più, tanto che la moglie e gli
amici che ancora erano vivi o fuori di galera si erano
accorti che qualcosa non andava (perlomeno più del
solito):
- Fiorenzo, uno spettro ti sta portando via da me gli ripeteva la moglie superstiziosa quando lo vedeva
torvo, con la testa bassa e il braccio poggiato sul bastone
senza dire niente per ore, seduto al sole o al vento sulla
sedia di paglia davanti al bar.
- Fiorenzo ha pensieri per la testa - mormoravano
gli amici quando si rifiutava di giocare a carte con loro.
Solo i figli, quello che aveva avuto da sua moglie e
la povera Marianna, non si accorgevano dei suoi crucci.
Da una decina di anni era René ad occuparsi del
bar. D'inverno quando il lavoro calava, aiutava a costruire
una casa, qualche altra volta a scaricare un camion. Ma se
non c'era lui a tenerlo a bada quello sciagurato avrebbe
mandato a puttane l'attività. Insisteva per cambiare il
bancone, oppure per sostituire i tavoli o le luci al neon,
quando non arrivava a proporgli di rimodernare tutto e
trasformarlo in un ristorante tipico. Ma lui si era sempre
opposto. Non avrebbe lasciato che gli rovinasse il suo
bar trasformandolo in uno di quei locali per turisti.
Questo era Fiorenzo e questi erano i suoi pensieri almeno i più significativi - fino al giorno in cui aveva visto
passare se non proprio il cadavere del suo nemico,
qualcuno che lo avrebbe potuto portare da lui.
Finalmente. Erano passati 42 anni.
Agenti segreti
Xavier sta finendo le sue lasagne ai frutti di mare
con evidente piacere. Usa forchetta e coltello per tagliare
dei grossi parallelepipedi e li manda giù quasi senza
masticare. Eva lo guarda con un sentimento vicino alla
nausea. Si sente per metà italiana e non se l'è sentita di
ordinare la pasta anche se il menu del ristorante
decantava la bontà degli spaghetti al pesto. Manca dallo
stivale da almeno due anni, e riassaporerebbe volentieri il
gusto di uno spaghetto allo scoglio o di un vero pasticcio
di lasagne, ma fatto come si deve, non quell'ammasso
fumante di formaggio, cozze e strati di pasta scotta che
Xavier sta mandando giù famelico.
Nonostante l'avidità nel mangiare - ma è
consapevole di perché lo faccia - Xavier non le dispiace. Il
colorito sottolinea la sua origine magrebina, ed è bello.
Bello e impossibile con gli occhi neri e il suo sapore
mediorientale. Proprio come dice la canzone.
Peccato che le esigenze della missione lo avessero
costretto a un'involontaria dieta dimagrante. Si dovrà
infiltrare tra gli immigrati clandestini e un filo di grasso di
troppo lo tradirebbe inequivocabilmente.
Xavier è vicino ai quarant'anni, proprio come lei, e
l'aver raggiunto quell'età la preoccupa. Anzi, ultimamente
Eva si preoccupa sempre più del futuro. Del suo futuro.
Tolto il suo amico romano che era stato direttore
dell'intelligence vaticana, non ha mai conosciuto un
agente in pensione. Lo ha letto solo in un libro di Amos
Oz, ma nel Mossad non ha mai assistito a una festa di
pensionamento. E di agenti più vecchi di lei non ce n'è
traccia, fatta eccezione ovviamente per il capo. Ma lei non
ha molte probabilità di prendere il suo posto e dirigere la
sezione. Nemmeno facendolo fuori. Sempre ammesso che
prorogassero la vita di quella vecchia sezione. Il servizio
segreto militare non gode di buona reputazione tra i
politici. Quelli del Likud trasformerebbero il Mossad in
un'agenzia di reclutamento di arabi da infiltrare tra i
palestinesi. Solo quello sembra avere interesse. E da
pochi mesi hanno persino messo su Internet un
questionario per cercare agenti. Roba da pazzi!
"Questo lavoro è una droga. Provoca assuefazione".
Se lo ripeteva sempre più spesso, e l’adrenalina è una
cosa a cui si riesce a rinunciare con estrema fatica. C’era
stato un periodo in cui l'avevano passata al lavoro di
ufficio e si era sentita finita. Era stato veramente difficile
e aveva trascorso quei giorni a domandarsi che scopo
avesse la sua vita.
Xavier ha finito le lasagne. Eva si accorge di non
aver mandato giù nemmeno un boccone. Deve smetterla
di lasciarsi prendere da quei pensieri sul suo futuro.
Finché le capitava al ristorante non c'era da preoccuparsi,
ma se avesse lasciato calare la tensione, se si fosse
distratta in quel modo durante una missione le
conseguenze sarebbero potute essere tragiche.
- Non mangi più? - Xavier ha capito che Eva ha la
testa altrove. L'insalata con formaggio di capra fuso e
marmellata di fichi è intonsa nel suo piatto.
- Mi è passata la fame.
- Voi donne avete sempre un conto aperto con la
dieta - le risponde ironico avendo in mente quella a cui si
è sottoposto negli ultimi mesi, anche se Eva non coglie
l'allusione.
- Magari fosse per la dieta... - per un attimo ha la
tentazione di rivelargli il cruccio che l'affligge. Ma è solo
un attimo. Non è a pranzo con la sua migliore amica. Ha di
fronte un reduce della Legione straniera, un mercenario
che si sta prestando per soldi a una missione ad alto
rischio. Tra spie non ci si scambiano le informazioni,
figuriamoci le confidenze.
La cittadella di Calvi
Eva infila i Ray Ban Aviator mentre Xavier paga
l'addition ed escono dal ristorante sotto la luce
abbagliante delle due del pomeriggio d'agosto.
Nonostante il caldo la strada è affollata di turisti.
Gironzolano lenti e dinoccolati lanciando sguardi spenti
ai negozietti di souvenir e abbigliamento che si
intervallano ai ristoranti. Le donne si azzardano a toccare
la stoffa di qualche vestitino o i cappelli di paglia esposti,
quasi come se il contatto fisico potesse compensare un
mancato acquisto. I mariti aspettano pazientemente in
disparte, a distanza di sicurezza, nell'uniforme universale
composta da canottiera, infradito e bermuda, pronti a
immortalare con il loro smartphone qualsiasi cosa si
muova o stia ferma.
I nostri procedono spediti verso la cittadella. Il
ristorante è stata una pausa di cortesia offerta dal
francese. Peccato che Eva non avesse appetito.
- Acceleriamo il passo. Ho l'impressione che
qualcuno ci stia seguendo - sussurra Eva nell'orecchio di
Xavier.
Questi, fingendo di aver inciampato in qualcosa, si
ferma girandosi indietro a guardare.
- Turisti - le risponde.
- Sarà, ma preferisco non fidarmi.
Nonostante sembri tutto regolare aumentano
l'andatura.
Davanti a loro si erge l'imponente sistema murario
della cittadella di Calvi, una delle tante fortificazioni
genovesi nel Mediterraneo. Iniziano a salire le rampe di
scale dal lato del parcheggio. Intorno sempre turisti e
qualche ragazzo che gironzola annoiato.
Arrivati a metà salita Eva si volta, come se volesse
contemplare il panorama. Di nuovo ha la sensazione di
essere spiata, che qualcuno si nasconda nella folla.
- Sono sicura che qualcuno ci stia seguendo ribadisce al suo compagno.
- Tra un minuto saremo arrivati.
Superano una sorta di antro con la volta a botte
che funge da porta della fortificazione. La strada è
lastricata con pietre irregolari e tagliate grossolanamente
e sale e svolta continuamente quasi senza un senso logico,
prima a destra e poi a sinistra. Improvvisamente Eva è
costretta a bloccarsi. Un vecchietto con lo scooter è
sbucato a tutta velocità da una traversa laterale e poco c'è
mancato che l'investisse. Probabilmente la sfiora perché
le cadono gli occhiali da sole. Si china per raccoglierli e
vede che quello si è fermato a guardarla.
- Che tipo, nemmeno un cenno di scuse - si lamenta
con Xavier.
- Benvenuta in Corsica - le risponde - adesso hai
fatto anche la conoscenza con il carattere degli indigeni.
Sono arrivati. Davanti a loro c'è una porticina di
legno con sopra un grosso tabellone suddiviso in
diagonale da una parte verde e l'altra rossa: "Patrouille
Légion Etrangère" c'è scritto.
Entrano guardando ancora una volta indietro, ma
non c'è più nessuno.
Dentro fa fresco. Eva deve mettere via i Ray Ban
per abituarsi alla penombra. Sembra una sorta di museo
con alcune teche piene di oggetti e bandiere e gagliardetti
appesi ai muri scrostati e umidi.
Un giovane con la divisa della Legione li saluta
scattando in piedi sull'attenti. Ha riconosciuto Xavier
nonostante sia vestito con bermuda e maglietta, proprio
come un turista. Xavier fa strada verso la porta di un
ufficio che si rivela ampio e arredato in modo spartano. Il
sole entra da una finestra con una splendida vista sul
porto.
Tirano giù una veneziana a cui mancano molte
stecche e si siedono dallo stesso lato di un tavolo
polveroso. Eva alza il coperchio del suo laptop e inizia la
procedura di accesso. Una casella lampeggiante in basso a
destra l'avvisa che Zethan è connesso. Il contenuto del
loro incontro verrà registrato e archiviato nella cartella
della missione sui server del Mossad nel deserto del
Negev in Israele.
Il cadavere del nemico
Non aveva più dubbi. La persona che aveva visto
gli avrebbe portato il suo uomo su un vassoio d'argento.
Presto giustizia sarebbe stata fatta.
Quando l'aveva vista passargli proprio lì davanti al
naso, come se la Rue Pasquale Paoli fosse il fiume Giallo,
non ne era certo. Era un po' assonnato e la luce delle due
del pomeriggio di un giorno di agosto è così forte da non
permettere di sollevare lo sguardo. Ma non se l'era
lasciata sfuggire. Aveva preso il motorino di René e
l'aveva seguita. Discretamente. Non era sola. Passeggiava
accanto a un militare della Legione. Non era in divisa, ma
Fiorenzo ne aveva visti così tanti in settanta anni che li
avrebbe riconosciuti anche travestiti da Babbo Natale.
Forse avevano sospettato qualcosa perché si erano
girati più volte a guardare indietro. I turisti non si voltano
se non per richiamare i figli che sono stanchi di
camminare. E quella coppia di spilungoni non aveva figli.
Era proprio come gli era sembrata. All'inizio
pensava di aver avuto un'allucinazione. Ma non aveva
bevuto più del solito e il pranzo era stato leggero. Due
fette di pane col brocciu. Così si era convinto a guardare
meglio e lo stupore si era trasformato in una leggera
eccitazione per quello che gli stava accadendo.
L'aveva seguita, anche se era quasi certo che il
militare l'avrebbe portata alla Cittadella. E così era stato.
Anche quegli occhiali da sole sembravano messi lì
apposta per farla riconoscere meglio. Poi quando l'aveva
sfiorata con il motorino le erano caduti e l'aveva potuta
guardare in faccia da vicino. Allora aveva avuto la
conferma definitiva che quella donna gli avrebbe
permesso di fare quello che doveva compiere per poter
morire in pace e lavare il disonore che aveva macchiato la
sua famiglia per più di quaranta anni.
A questo punto però doveva organizzarsi. Quei due
non sarebbero rimasti nel presidio della Legione in
eterno. Era arrivato il momento di chiedere la
restituzione di alcuni favori che nella sua vita aveva
dispensato ad amici e parenti. Doveva darsi da fare
perché la sua ragnatela fosse pronta quando i due
sarebbero usciti dalla Cittadella.
Sui figli non poteva contare e Marianna non doveva
assolutamente sapere niente. Anzi, non doveva uscire di
casa per evitare di incontrare quella là. Chissà cosa
sarebbe successo in quell'eventualità.
Poi passò dal Crédit Agricole per ritirare del
contante. Presto ne avrebbe avuto bisogno.
Fiorenzo
Quarantadue anni prima Fiorenzo ne aveva circa
trenta e si sentiva un uomo fatto. Non aveva ancora capito
che nella vita gli sarebbero potute succedere mille altre
cose che lo avrebbero cambiato. Ma in quegli anni - erano
gli anni settanta - tutti erano più maturi e si diceva che
anche i tempi lo erano. Ma per che cosa? Per i più i tempi
erano maturi per la rivoluzione. Ognuno e in ogni parte
del mondo aveva la sua rivoluzione da fare. Gli hippy
quella dei fiori, i compagni quella per il socialismo, le
donne quella femminista - ma non avendone incontrate
molte, Fiorenzo non aveva molto chiaro di che cosa si
trattasse.
La sua rivoluzione era quella più giusta e
necessaria di tutte. Lui lottava per la libertà. E non era
solo. Aveva tutto il popolo con lui. Tutto il popolo corso.
Un popolo che anelava a liberarsi da ogni colonizzatore,
pisano, genovese e adesso francese, che la storia aveva
mandato a dominare la sua terra. Una terra che per
natura era invece ribelle e indipendente.
All'epoca non era ancora nato il Fronte di
Liberazione Corso e il movimento era diviso in diverse
correnti. Ancora si sentivano le ripercussioni del
fallimento della politica militare di quelli dell’Azione
Regionale della Corsica.
Fiorenzo militava tra le fila di Corsica Libera. Un
gruppo estremista pronto a impugnare le armi per
liberare l'isola dai francesi. Il loro Che Guevara si
chiamava Michel Giardinelli, un ragazzo di Ajaccio più
giovane di lui che aveva studiato a Marsiglia e che, dopo
essersi laureato, era passato alla clandestinità. Fiorenzo
lo ammirava come un messia e seguiva ciecamente le sue
indicazioni politiche (che in anni meno epici si sarebbero
potute tranquillamente chiamare ordini). Fiorenzo era
succube della sua intelligenza, era estasiato dai suoi
discorsi capaci di convincere. Quando usava quelle parole
incomprensibili che aveva imparato all'università
Fiorenzo si sentiva frastornato come se avesse fumato
una canna di troppo. Ma al tempo stesso Fiorenzo era
invidioso perché Michel era alto e bello e le ragazze gli
cadevano ai piedi. Come quella stupida di sua sorella. Ma
anche lei era bella. Per Fiorenzo era la ragazza più bella di
tutta la Corsica. E lo sapeva anche Michel che la preferiva
a tutte le altre.
Fiorenzo non era intelligente e bello come Michel,
era alto solo un metro e sessanta e faceva il filo senza
successo alla stessa ragazza ormai da dieci anni. Ma aveva
ereditato dai suoi antenati la saggezza. Ai ragazzi le cose
sagge non piacciono, soprattutto quando ci si sente
rivoluzionari e la rivoluzione, come è giusto che sia, deve
spazzare via il vecchio. La Patria liberata avrebbe portato
una nuova stagione e non era ancora arrivato il momento
di recuperare le tradizioni. Perciò le parole sagge di
Fiorenzo non piacevano a Maria e quando lui le diceva di
stare attenta a Michel lei abbozzava e se ne andava.
Voleva farle capire che per Michel lei era solo un
capriccio. Un fiore, il più bel fiore da visitare. Ma come
tutte le api e i bombi della sua isola, Michel non si sarebbe
accontentato di un solo fiore.
Jihadisti
I Servizi israeliani erano impegnati in una
operazione per neutralizzare le cellule islamiche attive in
Europa nel reclutamento di volontari per la Jihad, il suo
nome era V.I.E., un'assonanza non voluta con la vita 1. Eva,
in virtù delle sue origini italiane, era stata nominata
responsabile del sub-progetto per i paesi dell'Europa
meridionale. I Servizi italiani non avevano aderito al
protocollo e tantomeno i francesi. Il Mossad non si era
fermato di fronte a questo particolare e operava
ugualmente sul territorio degli altri Stati sovrani, in Italia
nel caso specifico. Ovviamente all'insaputa degli italiani.
Gran parte dell'attività di intelligence si svolgeva
sulla rete attraverso il controllo di siti web, l'infiltrazione
nei social network e il monitoraggio delle e-mail. Internet
aveva soppiantato le riunioni di preghiera del venerdì
come canale di reclutamento del terrorismo
internazionale islamico. La sezione del Servizio militare
del Mossad a cui apparteneva Eva poteva contare sulle
competenze di Zethan, un giovane informatico che
vantava già numerosi successi, tra i quali il sabotaggio,
attraverso un virus informatico, delle centrali di
arricchimento di uranio dell'Iran.
Ma l'operazione V.I.E. prevedeva anche una fase 2
con l'eliminazione fisica dei leader che guidavano le
cellule di reclutamento, e quella non si poteva svolgere in
modo virtuale.
Eva è con Xavier nell'ufficio con la finestra sul
porto di Calvi e fa partire un video dal suo computer
portatile. Le immagini sono mosse e leggermente
sfuocate, ma si può immaginare che sia una riunione di
preghiera islamica. Alle spalle del predicatore ci sono due
archi sovrastati da un tempietto. Si contano un centinaio
di persone inginocchiate sui tappeti. L'audio è molto
chiaro, e sia Eva che Xavier conoscono bene quella lingua.
Non hanno bisogno di traduzioni. Quindi Eva mette in
pausa il video dopo la pronuncia della sentenza più
esplicita nei confronti degli ebrei: "vi ammazzeremo uno
1
Vie in francese significa vita
ad uno".
- Questo è l'obiettivo. Siamo in un comune della
cintura di Milano: Ternago sul Lambro. Il nostro uomo, in
passato legato a Haisam Sakhanh, più conosciuto come
Abu Omar, infervora le riunioni del venerdì e lancia
proclami sulla morte di Israele incitando alla guerra
santa.
Giusto per ricordartelo, questa registrazione
l'abbiamo mandata anche alle autorità italiane, ma non si
è mosso nessuno.
Xavier stringe le spalle:
- Il quadro politico italiano è così debole che la
Digos o i Carabinieri non si assumono nessuna
responsabilità e tollerano queste situazioni.
- E così a noi tocca il lavoro sporco - aggiunge Eva
senza troppa convinzione. In fondo è pagata per quello.
Se non le va bene può rassegnare le dimissioni e mandare
a quel paese il Mossad. Ma glielo permetterebbero?
Xavier non sembra aver colto quello che può
essere recepito come un segnale di debolezza, un
pericoloso cedimento morale della collega e continua
nella sua sommaria analisi politica.
- Sono troppo esposti sul fronte dell'immigrazione,
senza contare le tendenze razziste della Lega e degli altri
partiti di destra.
Eva fa partire un altro video che mostra le riprese
dall'alto della moschea. Si vede arrivare una monovolume
nera da cui scende il loro uomo scortato da quattro angeli
custodi. Al suo passaggio la folla si apre in due ali che
iniziano ad agitare le braccia. Poi tutti scompaiono nel
capannone adibito a centro islamico. Eva blocca il filmato
e inizia a scorrere una sequenza di fotografie.
- Abbiamo una lista di circa quaranta persone sotto
controllo. Di queste almeno otto sarebbero ancora
all'estero, quasi tutti in Siria. Molti di loro sono immigrati
di prima e seconda generazione.
- Ma ogni tanto prendono anche qualcuno che
arriva dal mare... - aggiunge Xavier, a cui era stata
assegnata quella copertura.
- Sì, non sono molti, ma sai benissimo che non
abbiamo trovato altre soluzioni.
- Io ho fatto i compiti e ho imparato la mia parte ironizza Xavier - anche se volessero verificare ho il
cellulare tunisino da cui sono stati inviati i tweet e i post
ai loro siti.
- L'identità che gli esperti ti hanno costruito è
impressionante, ma purtroppo molto verosimile. Dal loro
punto di vista sei un ottimo acquisto.
- Se non saranno soddisfatti potrò rimborsarli a
modo mio - aggiunge Xavier mimando il gesto di un
coltello che taglia la gola.
- Preferirei che tu seguissi le procedure. In ogni
caso gli ordini sono di eliminarlo - dice Eva indicando
l'uomo vestito di nero in uno scatto ingrandito e tornando
ai fatti.
- Ricordati che stiamo bypassando le autorità locali
e quindi non possiamo avere nessuna copertura da parte
di polizia e carabinieri.
- Non sarebbe la prima volta - conclude sarcastico
l'ex-Legionario accendendosi una sigaretta.
Era a lui che toccava il compito più pericoloso. Eva
aveva l'esperienza e le capacità necessarie, ma era una
donna. Xavier, con il suo sangue marocchino, avrebbe
potuto nascondersi tra le nuove reclute ed entrare in
contatto con l'obiettivo. A quel punto sarebbe rimasta da
fare la cosa più facile: ucciderlo.
Nel cortile della piccola caserma della Legione
Straniera nella cittadella di Calvi sono iniziate le
esercitazioni di marcia e il rumore dei passi e i comandi
del sergente maggiore rompono la quiete in cui erano
stati immersi fino a quel momento.
- Vieni, continueremo in un posto più tranquillo dice Xavier con un tono che non ammette repliche.
Eva non solleva obiezioni e accetta senza dire
niente, semplicemente spegnendo il laptop e inforcando i
Ray Ban. L'archivio digitale di Zethan si dovrà
accontentare di quello che ha registrato fino ad allora e
loro hanno visto e rivisto i piani decine di volte.
Usciti dalla caserma salgono su una Mehari
arancione parcheggiata accanto a una jeep della Legione e
scendono velocemente per le strade della cittadella.
Arrivati al porto saltano su un gommone bianco
motorizzato con due Yamaha da 150 HP.
- Libera la cima - le urla Xavier coperto dal rombo
dei 300 cavalli.
Scivolano sulle acque calme della rada e appena
fuori dalla diga foranea il gommone inizia a planare sulle
onde spinto a forte velocità in direzione est.
- Non si può dire che qui si possa parlare più
tranquillamente - si decide a dire Eva reggendosi forte al
roll-bar. Il vento rende impossibile ogni comunicazione,
ma ha il pregio di smorzare l'afa. Inoltre, vista dal mare, la
cittadella sul promontorio e le montagne della Balagna
sullo sfondo sono uno spettacolo. Ben altra cosa che la
spiaggia piatta di Tel Aviv con le quinte dei grattaceli.
- Tra un quarto d'ora saremo a Ostriconi.
- Ostriconi? Che nome strano.
- Ti sembra strano? Non ci ho mai fatto caso.
Superano Ile Rousse. Xavier le indica una grande
spiaggia di sabbia bianca incorniciata da speroni di rocce
rosa che si specchiano nel mare turchese. Dietro la
spiaggia si scorge il verde acceso della macchia
mediterranea.
Xavier ferma il gommone vicino a una boa gialla e
lancia l'ancora.
Eva si guarda intorno perplessa. Ha la sensazione
di aver già visto quel posto, ma è la prima volta che mette
piede in Corsica e non è possibile. E poi quel nome così
curioso: Ostriconi, le ricorda qualcosa di infantile.
Xavier si sfila la maglietta tirandola su con le
braccia incrociate, poi si cala i bermuda e lascia Eva sul
gommone ad asciugarsi dagli schizzi del tuffo.
- Vieni, è superbo. Un mare così non si trova
facilmente.
Eva ci pensa un momento. Dovrebbe spogliarsi,
non ha un costume. Ma piuttosto che restare a cuocere sul
gommone... si tuffa anche lei senza niente addosso.
Nuotano velocemente sino a riva. Xavier corre a
sdraiarsi sulla sabbia bianca. Eva è imbarazzata perché ci
sono altri bagnanti. Poi si accorge che molti sono nudi
come loro e corre anche lei a sedersi accanto a Xavier.
- Stupendo davvero! Non credevo che esistessero
ancora delle spiagge così, selvagge e dolci al tempo stesso.
Non sa se essere grata a Xavier, oppure se è quel
luogo dal nome strano, Ostriconi, che le ha fatto rivivere
delle sensazioni mai più provate. Per un attimo non ha
pensato alla missione. Si è rivista bambina in vacanza al
mare con i suoi genitori. E non le è dispiaciuto.
Una fotografia
Fiorenzo stava cercando una fotografia che gli
sarebbe servita per il suo scopo quando in cucina aveva
incrociato la moglie che puliva la verdura.
- Che fai sempre in casa, non hai niente di meglio
da fare? - le aveva urlato attraversando la stanza.
Lei era rimasta a bocca aperta con in mano un
fagiolino e nell'altra un coltello. Cosa avrebbe potuto fare
di meglio se non preparare la cena?
Dopo nemmeno un minuto Fiorenzo era ripassato
davanti alla porta della cucina, ma questa volta senza dire
niente. Forse senza accorgersi nemmeno che la moglie
era ancora là, ma aveva posato il coltello e si stava
asciugando una lacrima.
Mentre andava al negozio di Tony un gommone
bianco si allontanava dal porto. Corse al molo cercando
disperatamente qualcuno. Trovò un cugino che
armeggiava con la barca. Arrotondava la pensione
accompagnando i turisti nelle calette che si possono
raggiungere solo dal mare. Li portava la mattina, facendo
due o tre viaggi e, se ne aveva voglia, li ripassava a
prendere il tardo pomeriggio riservandosi il passaggio
più tardo, quando ormai a stare in costume sulla spiaggia
faceva freddo, per i turisti più antipatici. A quell'ora di
solito beveva una birra al bar o, come quel giorno, si
dedicava a qualche piccola riparazione al barcone.
- Devi seguire quel gommone! Dimmi dove vanno gli urlò concitato Fiorenzo. L'altro alzò la testa e guardò
verso il largo.
- Vanno a farsi i fatti loro - rispose scocciato.
- Non ci siamo capiti, devi seguirli - incalzò
fissandolo con lo sguardo più duro che riusciva a fare. In
mano erano comparsi cinquanta euro.
Il cugino capì più la lingua dei soldi che quella degli
sguardi. Si pulì le mani con uno straccio lurido e iniziò a
liberare la barca dall'ormeggio. Fiorenzo l'allontanò dal
molo spingendola col piede. Il cugino gli strappò via dalla
mano i cinquanta euro e partì all'inseguimento del
gommone.
Fiorenzo rimase a fissare il mare per assicurarsi
che quello andasse davvero dietro al gommone e quando
entrambe le imbarcazioni furono fuori dalla rada smise di
guardare.
Dopo essersi fatto fare da Tony dieci copie a colori
della fotografia iniziò il suo giro di reclutamento. Per
prima cosa andò al porto dei traghetti, poi alla fermata
degli autobus, alla stazione, all'Europcar e in piazza al
parcheggio dei taxi.
Al porto trovò il figlio di sua sorella. Non era
proprio un nipote dato che era nato al suo compagno da
un matrimonio precedente, ma era considerato pur
sempre uno della famiglia. Molti anni prima era stato
investito da un pirata della strada mentre attraversava
sulle strisce pedonali. Una gamba non gli funzionava più
tanto bene e grazie a questa leggera invalidità era riuscito
a farsi prendere da quelli dei traghetti. D'estate
conduceva una vita grama, ma alle prime piogge iniziava
il
suo
divertimento.
Attraversava
la
strada
improvvisamente in corrispondenza di un passaggio
pedonale e, quando l'ignaro automobilista era costretto a
una brusca sterzata per non investirlo, lanciava in avanti
l'ombrello per colpire l'auto. Niente di pericoloso, se non
che il suo ombrello era modificato e il bastone era
sostituito con un tondino di ferro pieno da venti
millimetri e le stecche erano anch'esse di acciaio, ma
appuntite. L'arma impropria pesava almeno quindici chili
e aveva l'effetto di un frontale con un TIR sull'auto del
malcapitato. Gli consegnò una fotografia e un biglietto da
cinquanta euro. Il suo compito era semplice. Se l'avesse
vista avrebbe dovuto avvertirlo immediatamente.
Alla stazione dei treni era impiegata un'altra
sorella. Da giovane si era innamorata di un turista
tedesco che però non l'aveva mai ricambiata. A dire il
vero lei non gli aveva nemmeno esplicitato i suoi
sentimenti. Comunque la ragazza aveva iniziato a nutrire
un discreto ma ostinato sentimento di avversione per
tutti i giovani turisti tedeschi. Se poteva cercava di
vendergli il biglietto più caro, o se avevano la sfortuna di
chiederle un consiglio sull'itinerario li mandava dalla
parte opposta dell'isola. Anche lei ricevette la foto,
cinquanta euro e un incarico.
Prima di rientrare a casa andò a trovare un
parente che lavorava in un'impresa di pulizie con
l'appalto della base della Legione straniera. Fiorenzo non
capiva come facesse a sopportare quel lavoro al servizio
dei francesi, ma tutti in famiglia pensavano che dovesse
avere i suoi buoni motivi. Quindi ripassò dal porto per
vedere se era tornato il cugino della barca. Invece
incontrò suo figlio che stava scaricando dei turisti da
un'altra imbarcazione.
- Papà mi ha chiesto di andare a prendere questi.
Lui ha da fare a Ostriconi.
Fiorenzo capì che i due erano andati a farsi un
bagno. Si stupì della strana coincidenza e lo salutò senza
dirgli altro.
A casa non trovò nessuno. In cucina c'erano dei
fagiolini sparsi per terra insieme ai cocci di un piatto.
"Stronza", pensò. Quindi uscì anche lui e andò al
bar a farsi una birra maledicendo la moglie e tutte le
donne del mondo.
L'autore
SERGIO VELLUTO si occupa di Web e comunicazione.
Accanto all'attività lavorativa ha sempre dedicato
tempo ed energie a progetti "no-profit" ricoprendo
vari ruoli di responsabilità nella Chiesa Valdese. Per
molti anni ha firmato, come creativo, la campagna di
comunicazione "otto per mille" della Chiesa Valdese.
In occasione del Giubileo del 2000 ha portato sul
web la rivista di satira teologica www.peccato.org
Nel 2003 ha scritto "Valdesi, guida ai migliori difetti e
alle peggiori virtù" Sonda, Casale Monferrato.
Nel 2007 la piece teatrale "Non c’è più religione –
donne sull'orlo di una crisi mistica" e sempre per
l'editore Sonda il saggio "Valdesi d'Italia".
Nel 2009 ha pubblicato il saggio "Perchè non
possiamo fare a meno di ridere ...e meno che mai della
religione" De Girolamo, Trapani.
Nel 2011 ha esordito con il suo primo romanzo
ispirato dalle secolari vicende dei codici medievali
valdesi: "Il pretesto" edizioni Claudiana, Torino.
Nel 2013 ha scritto il primo romanzo giallo che dà
nome alla collana: "Vecchi Omicidi" Web & Com
editore.
I libri delle edizioni Web & Com li trovi nelle librerie
indipendenti o sul web: www.pubblicareunromanzo.it
Sergio Velluto
Vecchi omicidi
pag. 209
Euro 12,00
ISBN 9788890876820
Giovanna Gay
La casina Valadier
pag. 125
Euro 12,00
ISBN 9788890876813
Gianni Rigamonti
La perfection du plaisir
e altri racconti
pag. 223
Euro 13,90
ISBN 9788890876844