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COLLANA VECCHI OMICIDI Ora vedete che io solo sono Dio e che non vi è altro dio accanto a me. Io faccio morire e faccio vivere, ferisco e risano, e nessuno può liberare dalla mia mano. Sì, io alzo la mia mano al cielo e dico: 'Com'è vero che io vivo in eterno, quando affilerò la mia spada folgorante e la mia mano si leverà a giudicare, farò vendetta dei miei nemici e darò ciò che si meritano a quelli che mi odiano. Inebrierò di sangue le mie frecce, del sangue degli uccisi e dei prigionieri; la mia spada divorerà la carne, le teste dei condottieri nemici.' Esultate, o nazioni, per il suo popolo, perché Egli vendicherà il sangue dei suoi servi; volgerà la vendetta contro i suoi avversari e purificherà la sua terra e il suo popolo (Deuteronomio 32, 39-43) © 2015 Web & Com Corso Inghilterra, 21 10138 Torino Italy Tel - fax +39 011 4274606 www.webecom.it www.pubblicareunromanzo.it www.delittoaostriconi.it Delitto a Ostriconi Collana Vecchi Omicidi ISBN: 978-88-908768-9-9 ISBN EBOOK: 978-88-908768-8-2 Stampato nel mese di giugno 2015 presso CDM -Torino Tutti i diritti riservati In copertina: Ostriconi, foto di Anna Bertin © L’attesa Siediti sulla riva del fiume e aspetta, prima o poi vedrai passare il cadavere del tuo nemico. Questa era la sua filosofia. Da sempre. O meglio da quando qualcuno gli aveva detto che queste erano le parole del compagno Mao, anche se forse si trattava di Confucio o di qualche altro cinese. Ma non importava chi l'avesse detto, era commosso da così tanta capacità di sintesi. Doveva ammettere che qualche volta non aveva avuto la pazienza di stare seduto su quella sponda e aveva preferito togliersi subito lo sfizio di guardare il cadavere del suo nemico. E non solo metaforicamente. Ma non si sentiva in colpa per questo. Erano solo delle riparazioni a torti che aveva subito. E se si fosse trattato di una mancata precedenza o di qualcosa appena più grave non importava. Una ingiustizia restava sempre una ingiustizia. E andava sistemata. Chi avesse diritto a comminare quella giusta pena non era nemmeno in discussione. Chiunque avesse subito un torto era autorizzato a farlo. Meglio tardi. La cosa acquistava più gusto. La vendetta è un piatto che si gusta freddo. Anche questo aveva sentito dire e si adattava bene al suo modo di fare. Ma non aveva mai pensato che il suo fosse un sentimento di vendetta. Così pensava alla soglia dei settant'anni il vecchio Fiorenzo. Aveva trascorso la vita cercando di guadagnare quanto bastava per riempire la pancia di un figlio e di una figliastra, e se ne avanzava anche di sua moglie. E non era stato facile. Altri non ce l'avevano fatta, erano andati in continente perché sull'isola non c'era lavoro: Marsiglia, Lione, Nizza. René al momento se la cavava perché c'era il bar. Marianna invece aveva un posto a scuola, però non era figlia sua. E questo pensiero lo angustiava ancora. Perché Marianna era il frutto di un'ingiustizia. E il cadavere di quel nemico non era ancora transitato lungo il fiume. Posto che vedendolo fosse riuscito a riconoscerlo, dato che non aveva nessuna idea di chi fosse il responsabile di quella brutta storia. Ma Fiorenzo non aveva mai smesso di pensarci e ora che vedeva avvicinarsi la luce del suo crepuscolo, quel tarlo non lo abbandonava più, tanto che la moglie e gli amici che ancora erano vivi o fuori di galera si erano accorti che qualcosa non andava (perlomeno più del solito): - Fiorenzo, uno spettro ti sta portando via da me gli ripeteva la moglie superstiziosa quando lo vedeva torvo, con la testa bassa e il braccio poggiato sul bastone senza dire niente per ore, seduto al sole o al vento sulla sedia di paglia davanti al bar. - Fiorenzo ha pensieri per la testa - mormoravano gli amici quando si rifiutava di giocare a carte con loro. Solo i figli, quello che aveva avuto da sua moglie e la povera Marianna, non si accorgevano dei suoi crucci. Da una decina di anni era René ad occuparsi del bar. D'inverno quando il lavoro calava, aiutava a costruire una casa, qualche altra volta a scaricare un camion. Ma se non c'era lui a tenerlo a bada quello sciagurato avrebbe mandato a puttane l'attività. Insisteva per cambiare il bancone, oppure per sostituire i tavoli o le luci al neon, quando non arrivava a proporgli di rimodernare tutto e trasformarlo in un ristorante tipico. Ma lui si era sempre opposto. Non avrebbe lasciato che gli rovinasse il suo bar trasformandolo in uno di quei locali per turisti. Questo era Fiorenzo e questi erano i suoi pensieri almeno i più significativi - fino al giorno in cui aveva visto passare se non proprio il cadavere del suo nemico, qualcuno che lo avrebbe potuto portare da lui. Finalmente. Erano passati 42 anni. Agenti segreti Xavier sta finendo le sue lasagne ai frutti di mare con evidente piacere. Usa forchetta e coltello per tagliare dei grossi parallelepipedi e li manda giù quasi senza masticare. Eva lo guarda con un sentimento vicino alla nausea. Si sente per metà italiana e non se l'è sentita di ordinare la pasta anche se il menu del ristorante decantava la bontà degli spaghetti al pesto. Manca dallo stivale da almeno due anni, e riassaporerebbe volentieri il gusto di uno spaghetto allo scoglio o di un vero pasticcio di lasagne, ma fatto come si deve, non quell'ammasso fumante di formaggio, cozze e strati di pasta scotta che Xavier sta mandando giù famelico. Nonostante l'avidità nel mangiare - ma è consapevole di perché lo faccia - Xavier non le dispiace. Il colorito sottolinea la sua origine magrebina, ed è bello. Bello e impossibile con gli occhi neri e il suo sapore mediorientale. Proprio come dice la canzone. Peccato che le esigenze della missione lo avessero costretto a un'involontaria dieta dimagrante. Si dovrà infiltrare tra gli immigrati clandestini e un filo di grasso di troppo lo tradirebbe inequivocabilmente. Xavier è vicino ai quarant'anni, proprio come lei, e l'aver raggiunto quell'età la preoccupa. Anzi, ultimamente Eva si preoccupa sempre più del futuro. Del suo futuro. Tolto il suo amico romano che era stato direttore dell'intelligence vaticana, non ha mai conosciuto un agente in pensione. Lo ha letto solo in un libro di Amos Oz, ma nel Mossad non ha mai assistito a una festa di pensionamento. E di agenti più vecchi di lei non ce n'è traccia, fatta eccezione ovviamente per il capo. Ma lei non ha molte probabilità di prendere il suo posto e dirigere la sezione. Nemmeno facendolo fuori. Sempre ammesso che prorogassero la vita di quella vecchia sezione. Il servizio segreto militare non gode di buona reputazione tra i politici. Quelli del Likud trasformerebbero il Mossad in un'agenzia di reclutamento di arabi da infiltrare tra i palestinesi. Solo quello sembra avere interesse. E da pochi mesi hanno persino messo su Internet un questionario per cercare agenti. Roba da pazzi! "Questo lavoro è una droga. Provoca assuefazione". Se lo ripeteva sempre più spesso, e l’adrenalina è una cosa a cui si riesce a rinunciare con estrema fatica. C’era stato un periodo in cui l'avevano passata al lavoro di ufficio e si era sentita finita. Era stato veramente difficile e aveva trascorso quei giorni a domandarsi che scopo avesse la sua vita. Xavier ha finito le lasagne. Eva si accorge di non aver mandato giù nemmeno un boccone. Deve smetterla di lasciarsi prendere da quei pensieri sul suo futuro. Finché le capitava al ristorante non c'era da preoccuparsi, ma se avesse lasciato calare la tensione, se si fosse distratta in quel modo durante una missione le conseguenze sarebbero potute essere tragiche. - Non mangi più? - Xavier ha capito che Eva ha la testa altrove. L'insalata con formaggio di capra fuso e marmellata di fichi è intonsa nel suo piatto. - Mi è passata la fame. - Voi donne avete sempre un conto aperto con la dieta - le risponde ironico avendo in mente quella a cui si è sottoposto negli ultimi mesi, anche se Eva non coglie l'allusione. - Magari fosse per la dieta... - per un attimo ha la tentazione di rivelargli il cruccio che l'affligge. Ma è solo un attimo. Non è a pranzo con la sua migliore amica. Ha di fronte un reduce della Legione straniera, un mercenario che si sta prestando per soldi a una missione ad alto rischio. Tra spie non ci si scambiano le informazioni, figuriamoci le confidenze. La cittadella di Calvi Eva infila i Ray Ban Aviator mentre Xavier paga l'addition ed escono dal ristorante sotto la luce abbagliante delle due del pomeriggio d'agosto. Nonostante il caldo la strada è affollata di turisti. Gironzolano lenti e dinoccolati lanciando sguardi spenti ai negozietti di souvenir e abbigliamento che si intervallano ai ristoranti. Le donne si azzardano a toccare la stoffa di qualche vestitino o i cappelli di paglia esposti, quasi come se il contatto fisico potesse compensare un mancato acquisto. I mariti aspettano pazientemente in disparte, a distanza di sicurezza, nell'uniforme universale composta da canottiera, infradito e bermuda, pronti a immortalare con il loro smartphone qualsiasi cosa si muova o stia ferma. I nostri procedono spediti verso la cittadella. Il ristorante è stata una pausa di cortesia offerta dal francese. Peccato che Eva non avesse appetito. - Acceleriamo il passo. Ho l'impressione che qualcuno ci stia seguendo - sussurra Eva nell'orecchio di Xavier. Questi, fingendo di aver inciampato in qualcosa, si ferma girandosi indietro a guardare. - Turisti - le risponde. - Sarà, ma preferisco non fidarmi. Nonostante sembri tutto regolare aumentano l'andatura. Davanti a loro si erge l'imponente sistema murario della cittadella di Calvi, una delle tante fortificazioni genovesi nel Mediterraneo. Iniziano a salire le rampe di scale dal lato del parcheggio. Intorno sempre turisti e qualche ragazzo che gironzola annoiato. Arrivati a metà salita Eva si volta, come se volesse contemplare il panorama. Di nuovo ha la sensazione di essere spiata, che qualcuno si nasconda nella folla. - Sono sicura che qualcuno ci stia seguendo ribadisce al suo compagno. - Tra un minuto saremo arrivati. Superano una sorta di antro con la volta a botte che funge da porta della fortificazione. La strada è lastricata con pietre irregolari e tagliate grossolanamente e sale e svolta continuamente quasi senza un senso logico, prima a destra e poi a sinistra. Improvvisamente Eva è costretta a bloccarsi. Un vecchietto con lo scooter è sbucato a tutta velocità da una traversa laterale e poco c'è mancato che l'investisse. Probabilmente la sfiora perché le cadono gli occhiali da sole. Si china per raccoglierli e vede che quello si è fermato a guardarla. - Che tipo, nemmeno un cenno di scuse - si lamenta con Xavier. - Benvenuta in Corsica - le risponde - adesso hai fatto anche la conoscenza con il carattere degli indigeni. Sono arrivati. Davanti a loro c'è una porticina di legno con sopra un grosso tabellone suddiviso in diagonale da una parte verde e l'altra rossa: "Patrouille Légion Etrangère" c'è scritto. Entrano guardando ancora una volta indietro, ma non c'è più nessuno. Dentro fa fresco. Eva deve mettere via i Ray Ban per abituarsi alla penombra. Sembra una sorta di museo con alcune teche piene di oggetti e bandiere e gagliardetti appesi ai muri scrostati e umidi. Un giovane con la divisa della Legione li saluta scattando in piedi sull'attenti. Ha riconosciuto Xavier nonostante sia vestito con bermuda e maglietta, proprio come un turista. Xavier fa strada verso la porta di un ufficio che si rivela ampio e arredato in modo spartano. Il sole entra da una finestra con una splendida vista sul porto. Tirano giù una veneziana a cui mancano molte stecche e si siedono dallo stesso lato di un tavolo polveroso. Eva alza il coperchio del suo laptop e inizia la procedura di accesso. Una casella lampeggiante in basso a destra l'avvisa che Zethan è connesso. Il contenuto del loro incontro verrà registrato e archiviato nella cartella della missione sui server del Mossad nel deserto del Negev in Israele. Il cadavere del nemico Non aveva più dubbi. La persona che aveva visto gli avrebbe portato il suo uomo su un vassoio d'argento. Presto giustizia sarebbe stata fatta. Quando l'aveva vista passargli proprio lì davanti al naso, come se la Rue Pasquale Paoli fosse il fiume Giallo, non ne era certo. Era un po' assonnato e la luce delle due del pomeriggio di un giorno di agosto è così forte da non permettere di sollevare lo sguardo. Ma non se l'era lasciata sfuggire. Aveva preso il motorino di René e l'aveva seguita. Discretamente. Non era sola. Passeggiava accanto a un militare della Legione. Non era in divisa, ma Fiorenzo ne aveva visti così tanti in settanta anni che li avrebbe riconosciuti anche travestiti da Babbo Natale. Forse avevano sospettato qualcosa perché si erano girati più volte a guardare indietro. I turisti non si voltano se non per richiamare i figli che sono stanchi di camminare. E quella coppia di spilungoni non aveva figli. Era proprio come gli era sembrata. All'inizio pensava di aver avuto un'allucinazione. Ma non aveva bevuto più del solito e il pranzo era stato leggero. Due fette di pane col brocciu. Così si era convinto a guardare meglio e lo stupore si era trasformato in una leggera eccitazione per quello che gli stava accadendo. L'aveva seguita, anche se era quasi certo che il militare l'avrebbe portata alla Cittadella. E così era stato. Anche quegli occhiali da sole sembravano messi lì apposta per farla riconoscere meglio. Poi quando l'aveva sfiorata con il motorino le erano caduti e l'aveva potuta guardare in faccia da vicino. Allora aveva avuto la conferma definitiva che quella donna gli avrebbe permesso di fare quello che doveva compiere per poter morire in pace e lavare il disonore che aveva macchiato la sua famiglia per più di quaranta anni. A questo punto però doveva organizzarsi. Quei due non sarebbero rimasti nel presidio della Legione in eterno. Era arrivato il momento di chiedere la restituzione di alcuni favori che nella sua vita aveva dispensato ad amici e parenti. Doveva darsi da fare perché la sua ragnatela fosse pronta quando i due sarebbero usciti dalla Cittadella. Sui figli non poteva contare e Marianna non doveva assolutamente sapere niente. Anzi, non doveva uscire di casa per evitare di incontrare quella là. Chissà cosa sarebbe successo in quell'eventualità. Poi passò dal Crédit Agricole per ritirare del contante. Presto ne avrebbe avuto bisogno. Fiorenzo Quarantadue anni prima Fiorenzo ne aveva circa trenta e si sentiva un uomo fatto. Non aveva ancora capito che nella vita gli sarebbero potute succedere mille altre cose che lo avrebbero cambiato. Ma in quegli anni - erano gli anni settanta - tutti erano più maturi e si diceva che anche i tempi lo erano. Ma per che cosa? Per i più i tempi erano maturi per la rivoluzione. Ognuno e in ogni parte del mondo aveva la sua rivoluzione da fare. Gli hippy quella dei fiori, i compagni quella per il socialismo, le donne quella femminista - ma non avendone incontrate molte, Fiorenzo non aveva molto chiaro di che cosa si trattasse. La sua rivoluzione era quella più giusta e necessaria di tutte. Lui lottava per la libertà. E non era solo. Aveva tutto il popolo con lui. Tutto il popolo corso. Un popolo che anelava a liberarsi da ogni colonizzatore, pisano, genovese e adesso francese, che la storia aveva mandato a dominare la sua terra. Una terra che per natura era invece ribelle e indipendente. All'epoca non era ancora nato il Fronte di Liberazione Corso e il movimento era diviso in diverse correnti. Ancora si sentivano le ripercussioni del fallimento della politica militare di quelli dell’Azione Regionale della Corsica. Fiorenzo militava tra le fila di Corsica Libera. Un gruppo estremista pronto a impugnare le armi per liberare l'isola dai francesi. Il loro Che Guevara si chiamava Michel Giardinelli, un ragazzo di Ajaccio più giovane di lui che aveva studiato a Marsiglia e che, dopo essersi laureato, era passato alla clandestinità. Fiorenzo lo ammirava come un messia e seguiva ciecamente le sue indicazioni politiche (che in anni meno epici si sarebbero potute tranquillamente chiamare ordini). Fiorenzo era succube della sua intelligenza, era estasiato dai suoi discorsi capaci di convincere. Quando usava quelle parole incomprensibili che aveva imparato all'università Fiorenzo si sentiva frastornato come se avesse fumato una canna di troppo. Ma al tempo stesso Fiorenzo era invidioso perché Michel era alto e bello e le ragazze gli cadevano ai piedi. Come quella stupida di sua sorella. Ma anche lei era bella. Per Fiorenzo era la ragazza più bella di tutta la Corsica. E lo sapeva anche Michel che la preferiva a tutte le altre. Fiorenzo non era intelligente e bello come Michel, era alto solo un metro e sessanta e faceva il filo senza successo alla stessa ragazza ormai da dieci anni. Ma aveva ereditato dai suoi antenati la saggezza. Ai ragazzi le cose sagge non piacciono, soprattutto quando ci si sente rivoluzionari e la rivoluzione, come è giusto che sia, deve spazzare via il vecchio. La Patria liberata avrebbe portato una nuova stagione e non era ancora arrivato il momento di recuperare le tradizioni. Perciò le parole sagge di Fiorenzo non piacevano a Maria e quando lui le diceva di stare attenta a Michel lei abbozzava e se ne andava. Voleva farle capire che per Michel lei era solo un capriccio. Un fiore, il più bel fiore da visitare. Ma come tutte le api e i bombi della sua isola, Michel non si sarebbe accontentato di un solo fiore. Jihadisti I Servizi israeliani erano impegnati in una operazione per neutralizzare le cellule islamiche attive in Europa nel reclutamento di volontari per la Jihad, il suo nome era V.I.E., un'assonanza non voluta con la vita 1. Eva, in virtù delle sue origini italiane, era stata nominata responsabile del sub-progetto per i paesi dell'Europa meridionale. I Servizi italiani non avevano aderito al protocollo e tantomeno i francesi. Il Mossad non si era fermato di fronte a questo particolare e operava ugualmente sul territorio degli altri Stati sovrani, in Italia nel caso specifico. Ovviamente all'insaputa degli italiani. Gran parte dell'attività di intelligence si svolgeva sulla rete attraverso il controllo di siti web, l'infiltrazione nei social network e il monitoraggio delle e-mail. Internet aveva soppiantato le riunioni di preghiera del venerdì come canale di reclutamento del terrorismo internazionale islamico. La sezione del Servizio militare del Mossad a cui apparteneva Eva poteva contare sulle competenze di Zethan, un giovane informatico che vantava già numerosi successi, tra i quali il sabotaggio, attraverso un virus informatico, delle centrali di arricchimento di uranio dell'Iran. Ma l'operazione V.I.E. prevedeva anche una fase 2 con l'eliminazione fisica dei leader che guidavano le cellule di reclutamento, e quella non si poteva svolgere in modo virtuale. Eva è con Xavier nell'ufficio con la finestra sul porto di Calvi e fa partire un video dal suo computer portatile. Le immagini sono mosse e leggermente sfuocate, ma si può immaginare che sia una riunione di preghiera islamica. Alle spalle del predicatore ci sono due archi sovrastati da un tempietto. Si contano un centinaio di persone inginocchiate sui tappeti. L'audio è molto chiaro, e sia Eva che Xavier conoscono bene quella lingua. Non hanno bisogno di traduzioni. Quindi Eva mette in pausa il video dopo la pronuncia della sentenza più esplicita nei confronti degli ebrei: "vi ammazzeremo uno 1 Vie in francese significa vita ad uno". - Questo è l'obiettivo. Siamo in un comune della cintura di Milano: Ternago sul Lambro. Il nostro uomo, in passato legato a Haisam Sakhanh, più conosciuto come Abu Omar, infervora le riunioni del venerdì e lancia proclami sulla morte di Israele incitando alla guerra santa. Giusto per ricordartelo, questa registrazione l'abbiamo mandata anche alle autorità italiane, ma non si è mosso nessuno. Xavier stringe le spalle: - Il quadro politico italiano è così debole che la Digos o i Carabinieri non si assumono nessuna responsabilità e tollerano queste situazioni. - E così a noi tocca il lavoro sporco - aggiunge Eva senza troppa convinzione. In fondo è pagata per quello. Se non le va bene può rassegnare le dimissioni e mandare a quel paese il Mossad. Ma glielo permetterebbero? Xavier non sembra aver colto quello che può essere recepito come un segnale di debolezza, un pericoloso cedimento morale della collega e continua nella sua sommaria analisi politica. - Sono troppo esposti sul fronte dell'immigrazione, senza contare le tendenze razziste della Lega e degli altri partiti di destra. Eva fa partire un altro video che mostra le riprese dall'alto della moschea. Si vede arrivare una monovolume nera da cui scende il loro uomo scortato da quattro angeli custodi. Al suo passaggio la folla si apre in due ali che iniziano ad agitare le braccia. Poi tutti scompaiono nel capannone adibito a centro islamico. Eva blocca il filmato e inizia a scorrere una sequenza di fotografie. - Abbiamo una lista di circa quaranta persone sotto controllo. Di queste almeno otto sarebbero ancora all'estero, quasi tutti in Siria. Molti di loro sono immigrati di prima e seconda generazione. - Ma ogni tanto prendono anche qualcuno che arriva dal mare... - aggiunge Xavier, a cui era stata assegnata quella copertura. - Sì, non sono molti, ma sai benissimo che non abbiamo trovato altre soluzioni. - Io ho fatto i compiti e ho imparato la mia parte ironizza Xavier - anche se volessero verificare ho il cellulare tunisino da cui sono stati inviati i tweet e i post ai loro siti. - L'identità che gli esperti ti hanno costruito è impressionante, ma purtroppo molto verosimile. Dal loro punto di vista sei un ottimo acquisto. - Se non saranno soddisfatti potrò rimborsarli a modo mio - aggiunge Xavier mimando il gesto di un coltello che taglia la gola. - Preferirei che tu seguissi le procedure. In ogni caso gli ordini sono di eliminarlo - dice Eva indicando l'uomo vestito di nero in uno scatto ingrandito e tornando ai fatti. - Ricordati che stiamo bypassando le autorità locali e quindi non possiamo avere nessuna copertura da parte di polizia e carabinieri. - Non sarebbe la prima volta - conclude sarcastico l'ex-Legionario accendendosi una sigaretta. Era a lui che toccava il compito più pericoloso. Eva aveva l'esperienza e le capacità necessarie, ma era una donna. Xavier, con il suo sangue marocchino, avrebbe potuto nascondersi tra le nuove reclute ed entrare in contatto con l'obiettivo. A quel punto sarebbe rimasta da fare la cosa più facile: ucciderlo. Nel cortile della piccola caserma della Legione Straniera nella cittadella di Calvi sono iniziate le esercitazioni di marcia e il rumore dei passi e i comandi del sergente maggiore rompono la quiete in cui erano stati immersi fino a quel momento. - Vieni, continueremo in un posto più tranquillo dice Xavier con un tono che non ammette repliche. Eva non solleva obiezioni e accetta senza dire niente, semplicemente spegnendo il laptop e inforcando i Ray Ban. L'archivio digitale di Zethan si dovrà accontentare di quello che ha registrato fino ad allora e loro hanno visto e rivisto i piani decine di volte. Usciti dalla caserma salgono su una Mehari arancione parcheggiata accanto a una jeep della Legione e scendono velocemente per le strade della cittadella. Arrivati al porto saltano su un gommone bianco motorizzato con due Yamaha da 150 HP. - Libera la cima - le urla Xavier coperto dal rombo dei 300 cavalli. Scivolano sulle acque calme della rada e appena fuori dalla diga foranea il gommone inizia a planare sulle onde spinto a forte velocità in direzione est. - Non si può dire che qui si possa parlare più tranquillamente - si decide a dire Eva reggendosi forte al roll-bar. Il vento rende impossibile ogni comunicazione, ma ha il pregio di smorzare l'afa. Inoltre, vista dal mare, la cittadella sul promontorio e le montagne della Balagna sullo sfondo sono uno spettacolo. Ben altra cosa che la spiaggia piatta di Tel Aviv con le quinte dei grattaceli. - Tra un quarto d'ora saremo a Ostriconi. - Ostriconi? Che nome strano. - Ti sembra strano? Non ci ho mai fatto caso. Superano Ile Rousse. Xavier le indica una grande spiaggia di sabbia bianca incorniciata da speroni di rocce rosa che si specchiano nel mare turchese. Dietro la spiaggia si scorge il verde acceso della macchia mediterranea. Xavier ferma il gommone vicino a una boa gialla e lancia l'ancora. Eva si guarda intorno perplessa. Ha la sensazione di aver già visto quel posto, ma è la prima volta che mette piede in Corsica e non è possibile. E poi quel nome così curioso: Ostriconi, le ricorda qualcosa di infantile. Xavier si sfila la maglietta tirandola su con le braccia incrociate, poi si cala i bermuda e lascia Eva sul gommone ad asciugarsi dagli schizzi del tuffo. - Vieni, è superbo. Un mare così non si trova facilmente. Eva ci pensa un momento. Dovrebbe spogliarsi, non ha un costume. Ma piuttosto che restare a cuocere sul gommone... si tuffa anche lei senza niente addosso. Nuotano velocemente sino a riva. Xavier corre a sdraiarsi sulla sabbia bianca. Eva è imbarazzata perché ci sono altri bagnanti. Poi si accorge che molti sono nudi come loro e corre anche lei a sedersi accanto a Xavier. - Stupendo davvero! Non credevo che esistessero ancora delle spiagge così, selvagge e dolci al tempo stesso. Non sa se essere grata a Xavier, oppure se è quel luogo dal nome strano, Ostriconi, che le ha fatto rivivere delle sensazioni mai più provate. Per un attimo non ha pensato alla missione. Si è rivista bambina in vacanza al mare con i suoi genitori. E non le è dispiaciuto. Una fotografia Fiorenzo stava cercando una fotografia che gli sarebbe servita per il suo scopo quando in cucina aveva incrociato la moglie che puliva la verdura. - Che fai sempre in casa, non hai niente di meglio da fare? - le aveva urlato attraversando la stanza. Lei era rimasta a bocca aperta con in mano un fagiolino e nell'altra un coltello. Cosa avrebbe potuto fare di meglio se non preparare la cena? Dopo nemmeno un minuto Fiorenzo era ripassato davanti alla porta della cucina, ma questa volta senza dire niente. Forse senza accorgersi nemmeno che la moglie era ancora là, ma aveva posato il coltello e si stava asciugando una lacrima. Mentre andava al negozio di Tony un gommone bianco si allontanava dal porto. Corse al molo cercando disperatamente qualcuno. Trovò un cugino che armeggiava con la barca. Arrotondava la pensione accompagnando i turisti nelle calette che si possono raggiungere solo dal mare. Li portava la mattina, facendo due o tre viaggi e, se ne aveva voglia, li ripassava a prendere il tardo pomeriggio riservandosi il passaggio più tardo, quando ormai a stare in costume sulla spiaggia faceva freddo, per i turisti più antipatici. A quell'ora di solito beveva una birra al bar o, come quel giorno, si dedicava a qualche piccola riparazione al barcone. - Devi seguire quel gommone! Dimmi dove vanno gli urlò concitato Fiorenzo. L'altro alzò la testa e guardò verso il largo. - Vanno a farsi i fatti loro - rispose scocciato. - Non ci siamo capiti, devi seguirli - incalzò fissandolo con lo sguardo più duro che riusciva a fare. In mano erano comparsi cinquanta euro. Il cugino capì più la lingua dei soldi che quella degli sguardi. Si pulì le mani con uno straccio lurido e iniziò a liberare la barca dall'ormeggio. Fiorenzo l'allontanò dal molo spingendola col piede. Il cugino gli strappò via dalla mano i cinquanta euro e partì all'inseguimento del gommone. Fiorenzo rimase a fissare il mare per assicurarsi che quello andasse davvero dietro al gommone e quando entrambe le imbarcazioni furono fuori dalla rada smise di guardare. Dopo essersi fatto fare da Tony dieci copie a colori della fotografia iniziò il suo giro di reclutamento. Per prima cosa andò al porto dei traghetti, poi alla fermata degli autobus, alla stazione, all'Europcar e in piazza al parcheggio dei taxi. Al porto trovò il figlio di sua sorella. Non era proprio un nipote dato che era nato al suo compagno da un matrimonio precedente, ma era considerato pur sempre uno della famiglia. Molti anni prima era stato investito da un pirata della strada mentre attraversava sulle strisce pedonali. Una gamba non gli funzionava più tanto bene e grazie a questa leggera invalidità era riuscito a farsi prendere da quelli dei traghetti. D'estate conduceva una vita grama, ma alle prime piogge iniziava il suo divertimento. Attraversava la strada improvvisamente in corrispondenza di un passaggio pedonale e, quando l'ignaro automobilista era costretto a una brusca sterzata per non investirlo, lanciava in avanti l'ombrello per colpire l'auto. Niente di pericoloso, se non che il suo ombrello era modificato e il bastone era sostituito con un tondino di ferro pieno da venti millimetri e le stecche erano anch'esse di acciaio, ma appuntite. L'arma impropria pesava almeno quindici chili e aveva l'effetto di un frontale con un TIR sull'auto del malcapitato. Gli consegnò una fotografia e un biglietto da cinquanta euro. Il suo compito era semplice. Se l'avesse vista avrebbe dovuto avvertirlo immediatamente. Alla stazione dei treni era impiegata un'altra sorella. Da giovane si era innamorata di un turista tedesco che però non l'aveva mai ricambiata. A dire il vero lei non gli aveva nemmeno esplicitato i suoi sentimenti. Comunque la ragazza aveva iniziato a nutrire un discreto ma ostinato sentimento di avversione per tutti i giovani turisti tedeschi. Se poteva cercava di vendergli il biglietto più caro, o se avevano la sfortuna di chiederle un consiglio sull'itinerario li mandava dalla parte opposta dell'isola. Anche lei ricevette la foto, cinquanta euro e un incarico. Prima di rientrare a casa andò a trovare un parente che lavorava in un'impresa di pulizie con l'appalto della base della Legione straniera. Fiorenzo non capiva come facesse a sopportare quel lavoro al servizio dei francesi, ma tutti in famiglia pensavano che dovesse avere i suoi buoni motivi. Quindi ripassò dal porto per vedere se era tornato il cugino della barca. Invece incontrò suo figlio che stava scaricando dei turisti da un'altra imbarcazione. - Papà mi ha chiesto di andare a prendere questi. Lui ha da fare a Ostriconi. Fiorenzo capì che i due erano andati a farsi un bagno. Si stupì della strana coincidenza e lo salutò senza dirgli altro. A casa non trovò nessuno. In cucina c'erano dei fagiolini sparsi per terra insieme ai cocci di un piatto. "Stronza", pensò. Quindi uscì anche lui e andò al bar a farsi una birra maledicendo la moglie e tutte le donne del mondo. L'autore SERGIO VELLUTO si occupa di Web e comunicazione. Accanto all'attività lavorativa ha sempre dedicato tempo ed energie a progetti "no-profit" ricoprendo vari ruoli di responsabilità nella Chiesa Valdese. Per molti anni ha firmato, come creativo, la campagna di comunicazione "otto per mille" della Chiesa Valdese. In occasione del Giubileo del 2000 ha portato sul web la rivista di satira teologica www.peccato.org Nel 2003 ha scritto "Valdesi, guida ai migliori difetti e alle peggiori virtù" Sonda, Casale Monferrato. Nel 2007 la piece teatrale "Non c’è più religione – donne sull'orlo di una crisi mistica" e sempre per l'editore Sonda il saggio "Valdesi d'Italia". Nel 2009 ha pubblicato il saggio "Perchè non possiamo fare a meno di ridere ...e meno che mai della religione" De Girolamo, Trapani. Nel 2011 ha esordito con il suo primo romanzo ispirato dalle secolari vicende dei codici medievali valdesi: "Il pretesto" edizioni Claudiana, Torino. Nel 2013 ha scritto il primo romanzo giallo che dà nome alla collana: "Vecchi Omicidi" Web & Com editore. I libri delle edizioni Web & Com li trovi nelle librerie indipendenti o sul web: www.pubblicareunromanzo.it Sergio Velluto Vecchi omicidi pag. 209 Euro 12,00 ISBN 9788890876820 Giovanna Gay La casina Valadier pag. 125 Euro 12,00 ISBN 9788890876813 Gianni Rigamonti La perfection du plaisir e altri racconti pag. 223 Euro 13,90 ISBN 9788890876844