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LA SPECIFICITÀ DELL’EF
La problematica dell'educazione fisica va completamente ripensata: tutto va reinventato. Al
punto in cui siamo oggi, è più utile tentare una profonda mutazione: è proprio in senso
genetico che parlo. Vanno abbandonati in maniera radicale e definitiva tutti quei
presupposti tradizionali che venivano considerati all'origine dell'attività fisica: la
preparazione militare, la salute della macchina fisiologica, il passatempo del tempo libero.
In maniera risoluta noi dobbiamo definire l'educazione fisica come pedagogia e riservarle
uno spazio preciso nel ventaglio delle discipline educative. E tuttavia, la rivendicazione di
questo spazio può sfuggire ad ogni ambiguità? In un quadro educativo già saturo, come
evitare di assegnarle un ruolo accessorio?
E allora, siamo in grado di rilevare nell'educazione fisica una specificità che la distingua in
maniera sostanziale dalle altre discipline, che la renda insostituibile? Questa è una
domanda cruciale: l'educazione fisica possiede un suo oggetto specifico?
Secondo noi, l'educazione fisica possiede effettivamente un oggetto originale che
l'apparenta alla dimensione educativa, ma che le attribuisce al tempo stesso
un'indiscutibile specificità. Quest' oggetto sono le "condotte motorie". E proponiamo
subito una definizione: l'educazione fisica è una pedagogia delle condotte motorie.
Le scienze dell'uomo - scienze biologiche, sociali, dell'educazione - ci hanno permesso di
uscire dalle nebbie delle vecchie metafisiche. Facendo riferimento a lavori scientifici
d'ispirazione clinica come di origine sperimentale è possibile rilevare e analizzare il grado
d'influenza dell'educazione motoria sulle diverse "dimensioni" della personalità.
Tratto da: Pierre Parlebas - Giochi e Sport - Ed. Il capitello
La dimensione affettiva
Lo spazio motorio è uno spazio sociale ed affettivo. L'affettività
è, in effetti, una dimensione che tocca profondamente l'attività
fisica. Basti pensare alla necessità di "avere delle motivazioni":
scegliere una data specialità (il rugby piuttosto che il nuoto) e
scegliere un certo ruolo (attaccante o portiere) è già un
impegno affettivo. Gli sport di combattimento e di squadra si
possono distinguere, ad esempio, sulla base del criterio della
distanza di scontro: tanto è grande nella pallavolo o nel tennis,
così è intermedia nel basket o nella scherma, mentre è
drasticamente ridotta nello judo, nella boxe ed anche nel rugby.
In tali situazioni è tutta la personalità del giocatore che si deve esprimere: la risonanza
emotiva di questo genere di scambi produce un'eco molto intensa. Il bambino,
l'adolescente, proiettano sé stessi con forza nel modo che hanno di percepire un ostacolo,
un compagno, un avversario. Le condotte motorie sono permeate da un inconscio motorio
che è responsabile del buon esito o meno di un'azione fisica. Possono manifestarsi dei
blocchi, delle inibizioni, ma anche la capacità di superare la difficoltà, la padronanza di sé
ed il gesto sicuro. I fattori emotivi influenzano profondamente la stessa tecnica motoria ed
è indispensabile tenerne conto nel quadro di un processo d'apprendimento.
L'affettività diviene allora la chiave di volta delle condotte motorie. Se è vero che la pratica
delle attività fisiche ci obbliga a mettere in gioco le risorse più profonde della nostra
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personalità, sino a provocare l'individuazione di un inconscio motorio allora appare
evidente l'importanza che può assumere l'uso pedagogico di un campo di attività così ricco
di effervescenti espressioni.
In quest'ottica, ad esempio, pensiamo sia preferibile promuovere una "pedagogia del
rischio controllato". Si possono, infatti, proporre ai bambini, e soprattutto agli adolescenti,
delle situazioni che richiedano un reale impegno di fronte a degli ostacoli ben definiti e non
certo facili. L'adolescente ama superarsi superando un ostacolo. Egli ha bisogno di
mettersi alla prova all'interno di un rischio sfidato. Gli sport di piena natura offrono un
ventaglio molto ampio di situazioni che immergono il giovane in un mondo recepito come
pericoloso, capace di suscitare una forte motivazione: alpinismo, sci, sport velici, attività
subacquee, trekking.
I Centri di Vacanza rappresentano, da questo punto di vista, un luogo privilegiato
d'educazione in cui lo sport può divenire un'avventura entusiasmante per i bambini o gli
adolescenti. La pratica sportiva potrà diventare uno degli strumenti per un'autentica presa
di coscienza dell'ambiente: un'escursione con le biciclette, una traversata a nuoto, la
scalata di una parete, la discesa in canoa. Tutto questo comunica la porosità e la fluidità
dell'ambiente fin dentro alle fibre dell'adolescente, nella sua cinetica e nella sua affettività.
Di fronte agli ostacoli che affronta, il soggetto è stimolato a rispondere: deve impegnarsi,
assumere dei rischi e vivere questi rischi con intensità. Pensate ad una discesa con gli sci,
oppure di un torrente, al nuoto sott'acqua in un mondo sconosciuto, al guado di un fiume
su di un ponte di corde. E' utile precisare, onde evitare fraintendimenti, che se i rischi
"soggettivi" sono molto pronunciati, i rischi "oggettivi" devono essere praticamente azzerati
grazie ad un'organizzazione della situazione, all'assunzione di tutte le precauzioni
necessarie per garantire la sicurezza del bambino.
Il rischio sferza come una frusta il bambino impegnato nell'azione e possiede un impatto
educativo rilevante. Le condotte motorie sono in rapporto diretto con le profonde
motivazioni del bambino, con le sue aspirazioni ed il suo desiderio d'affermazione.
Potranno certo verificarsi dei sentimenti di frustrazione e d'aggressività, dei comportamenti
regressivi o di sublimazione, un'ansia intensa o una maggiore fiducia in se stessi: ma ciò
non fa che ribadire l'importanza del fatto che l'educatore debba essere consapevole di
questi aspetti ed attrezzato per affrontarli.
La dimensione biologica
Gli effetti delle attività fisiche sulla dimensione biologica
sono fuori discussione. E' argomento tra i più noti ed
acquisiti da tempo. A tutti è noto come l'organismo possa
trarre dei benefici dalla pratica di esercizi fisici: le grandi
funzioni respiratorie, circolatorie... Le positive influenze di
una vita fisica attiva non sono più da dimostrare: sono
innumerevoli gli studi di carattere anatomico-fisiologico in
merito e ciò ci dispensa dall'insistere su questo punto.
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LA SPECIFICITÀ DELL’EF
La dimensione cognitiva - decisionale
Qui incontriamo un concetto che può essere
considerato il cemento per tutte le altre dimensioni. Una
delle caratteristiche principali della situazione sportiva è
quella di provocare delle decisioni. In una partita di
basket o di Palla cacciatore, in un gioco a prendersi,
manovrando un timone, in uno slalom sulla neve è
sempre in agguato l'imprevisto: ciò è dovuto alla
presenza degli avversari, all'azione dei compagni, alle
influenze dell'ambiente esterno.
Di fronte all'incerto è il giocatore, lo sportivo che deve
decidere.
Implicitamente è obbligato a valutare le probabilità di
riuscita e tra le diverse possibilità scegliere quella che
gli sembra possa garantire maggiori probabilità di successo. Il giocatore impegnato in una
squadra deve valutare le distanze e convergenze, pesare le opportunità di passaggio,
decodificare gli elementi nascosti: all'interno di un contesto fluttuante si operano delle
microdecisioni che rettificano costantemente il rapporto dell'individuo con gli ostacoli che
via via emergono.
Realizzando la propria strategia, in maniera intuitiva, lo sportivo calcola delle probabilità: lo
sguardo del discesista non si preoccupa della punta dei suoi sci, ma si concentra sul
pendio e sulle successive due o tre porte da superare. Ogni anticipazione corrisponde ad
una scelta di natura probabilistica: lasciar andare o frenare lo sci, ad esempio.
Ogni sportivo elabora dunque delle strategie. La pratica delle attività sportive può essere
considerata una vera scuola della decisione. Il potere di scelta, che fa tutt'uno con la
stessa motricità, può così divenire anche un vero potere creativo. La caratteristica
principale di questo tipo di decisioni è di non restare sul piano della pura speculazione
astratta: esse determinano un contatto specifico e diretto con la realtà, implicano la presa
di coscienza di determinati elementi come il peso, l'inerzia, la resistenza degli oggetti e
degli avversari. La decisione motoria innesta nel vissuto motorio delle condotte corporee
l'incertezza dell'incontro con l'ambiente e gli altri: in questo senso, le pratiche fisiche sono
da considerarsi un autentico apprendimento alla vita.
Prendere delle decisioni, assumere delle responsabilità, valutare dei rischi, giocarsi delle
possibilità: sono situazioni che un adolescente, ad esempio, può ritrovare nello sport
mettendosi così alla prova secondo le proprie possibilità. Lo sport è un progetto che
prende corpo a poco a poco, la decisione motoria è un impegno che mette in gioco tutta la
personalità, che mobilita risorse cognitive e relazioni interpersonali, suscitando slanci
affettivi.
L'educazione fisica può quindi essere intesa come educazione delle condotte motorie
della decisione. Essa si orienta verso la ricerca dell'adattabilità, il controllo di nuove
situazioni e contesti. Questa concezione dell'attività fisica si oppone radicalmente ad ogni
forma di dualismo facendo convergere l'insieme della personalità verso l'unitarietà delle
condotte motorie della decisione: così si conferisce alla pratica delle attività fisiche un
incontestabile valore educativo.
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LA SPECIFICITÀ DELL’EF
La questione è un po' più delicata: si può parlare di un'influenza dell'educazione fisica sulla
dimensione "cognitiva" della personalità? Ha una funzione nello sviluppo intellettuale del
bambino?
La scissione dell'essere umano in due sostanze di
natura diversa, l'anima ed il corpo, è figlia di un
pensiero mitologico che può aver avuto in passato
una sua importante funzione, ma che ha ormai
rivelato la sua caducità. La nobiltà di un anima
pensante opposta all'animalità di un corpo-macchina:
questo è il pregiudizio nascosto dietro all'idea che per
molto tempo si è coltivata dello sport e della
"ginnastica". D'altra parte è indicativo che molte delle
posizioni favorevoli allo sport si fondino sulla
consunta formula mens sana in corpore sano che non
mette in discussione il dualismo latente espresso
nella presunta relazione tra un contenuto ed il suo
contenitore.
Per parte nostra rifiutiamo completamente queste forme di dualismo e consideriamo il
bambino come una totalità che agisce, come un'unità psicomotoria. E' chiaro che, da
questo punto di vista, le condotte motorie corrispondono ad un modo di essere e di agire
della persona che si impegna, sia pure con mezzi diversi, sul piano fisico in maniera
altrettanto intensa che nelle condotte verbali. La personalità può esprimersi con eguale
ricchezza su piani e registri diversi, e questo è vero anche sul piano motorio.
Le diverse scuole di psicologia genetica hanno dimostrato come sia proprio per mezzo
della motricità che si costruisca la personalità del bambino piccolo. E' a partire dalle sue
attività sensoriali, dalle sue percezioni costantemente rettificate, dai suoi spostamenti,
dalla sue manipolazioni, dai giochi, dall'insieme delle sue condotte motorie che il bambino
apprende e si sviluppa. Le nozioni di spazio e di tempo, ad esempio, non sono qualcosa
che il bambino eredita miracolosamente alla sua nascita. Al contrario, sono l'oggetto di
una conquista permanente, sviluppata per mezzo dei comportamento motori. Apprendere
a distinguere, classificare, contare, ordinare significa per prima cosa apprendere a
spostarsi sulle linee tracciate nella sala dei giochi, a combinare ed incastrare dei volumi, a
saltare da un cerchio all'altro. La nozione di causalità prende forma e corpo tirando una
palla, nello slancio impresso ad un cerchio, nel tiro effettuato verso dei birilli. La
comprensione delle categorie di spazio e di tempo comporta l'essere capace di agire in
questo spazio e durante un certo tempo. Sono le attività fisiche che permettono al
bambino di valutare le traiettorie e gli spostamenti, di stimare la velocità e le andature, di
percepire dei ritmi, di vivere delle situazioni simultanee e successive, di comprendere dei
segnali e trasformare le informazioni ricevute, di essere una causa attiva nell'universo
degli oggetti che lo circondano. Si può davvero dire che è il fiorire dell'intelligenza
psicomotoria che sta all'origine dell'intelligenza formale dell'adulto.
Vi è infatti una continuità tra le esperienze senso-motorie del bambino piccolo ed i
processi superiori del pensiero. La fonte dell'intelligenza va cercata nella motricità: sono
queste le conclusioni alle quali giungono le moderne correnti della psicologia genetica.
Piaget è estremamente chiaro a tale proposito: "tutti i meccanismi cognitivi si appoggiano
sulla motricità". Le operazioni del bambino, dapprima completamente motorie, poi sempre
più interiorizzate, prefigurano e preparano le operazioni astratte del pensiero.
D'altra parte è noto come alcuni disturbi e difficoltà nella scrittura o della parola siano da
connettere ad una cattiva relazione psicomotoria con l'ambiente: la padronanza dei codici
e dei linguaggi passa attraverso l'elaborazione di ciò che viene definito "schema corporeo"
ed il controllo delle condotte motorie. L'utilizzo odierno dell'educazione fisica nella
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riabilitazione di diverse tipologie di handicap e di deficit stanno a confermare la fondatezza
di questo legame. Intelligenza e motricità sono collegate, dunque, da un movimento
dialettico: grazie alla sua progressiva costruzione a partire dagli scambi motori con
l'ambiente, l'intelligenza appare condizionata dalla motricità e in virtù della proiezione
retroattiva dei suoi schemi sull'azione e nell'azione stessa, l'intelligenza si rivela capace di
produrre motricità. Questo doppio movimento che pone l'accento sulla "riflessione agente"
è particolarmente evidente in attività come gli sport velici, la conduzione di macchine molto
rapide, negli sport di squadra, nelle attività subacquee, nell'alpinismo.
Gli elementi sin qui evocati, specie quelli che fanno riferimento alle attività del bambino
piccolo, si ritrovano anche negli orientamenti adottati da molte scuole materne. E' chiaro
che la scuola materna non è più da considerare un parcheggio, ma un fondamentale luogo
di educazione il cui contenuto pedagogico è arricchito dalla cura per le condotte motorie
del bambino. L'educazione motoria permette di superare le barriere tra le diverse
"discipline" tradizionali: l'azione, i comportamenti motori divengono il pretesto per stimolare
l'osservazione, la parola, il disegno, la matematica, l'attività musicale. Il campo delle
condotte motorie è il luogo privilegiato di questi scambi. Grazie alle potenti motivazioni che
si possono produrre, la distinzione tra lavoro e gioco perde ogni senso.
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