IL PADRE di August Strindberg Traduzione e

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IL PADRE di August Strindberg Traduzione e
IL PADRE
di August Strindberg
Traduzione e adattamento di Mina Mezzadri
Milano
TEATRO DI
PORTA ROMANA
28 maggio 1980
Compagnia Il Carro dei Comici
Il capitano
Laura, sua moglie
Berta, loro figlia
Il dottor Ostermark
Il pastore
La balia
Noid
La serva incinta
La nonna
Virginio Gazzolo
Delia Bartolucci
Carla Chiarelli
Aldo Engheben
Fabio Mazzari
Pinara Pavanini
Massimo Petronio
Alessandra Musoni
Aldo Engheben
Scena e costumi Enrico Job
Musiche Giancarlo Facchinetti
Regia Mina Mezzadri
Due donne
della casa
Una pedana poligonale, sulla quale era montata una serie di nove parallelepipedi, sovrapposti l’uno all’altro e imperniati al centro. Quando giravano armoniosamente, potevano comporre una doppia scala a chiocciola. L’altezza di
questi parallelepipedi era infatti quella di un normale gradino. Ne veniva una
forma elicoidale perfetta, una struttura razionale, maschile. Nella prima scena,
all’accendersi delle luci, questa sorta di scultura veniva presentata frontalmente, come un muro di ferro: i nove parallelepipedi, bordati di lamiera, ordinatamente composti uno sull’altro e, sopra questo muro, in piedi, c’erano tre uomini elegantemente vestiti. Alla fine del loro dialogo, il muro si apriva solennemente formando una doppia scala elicoidale e gli uomini potevano scendere
dalla loro prima posizione, con nobiltà e autorevolezza. Fin qui la razionalità
del mondo maschile. Ma poco dopo, in una lite coniugale, la moglie in basso,
sulla pedana, nonostante fosse in soggezione sotto quella elegante struttura
maschile, rivoltandovisi comunque, metteva in dubbio la paternità della loro
figlia e, casualmente, nell’incosciente violenza motoria scatenatale dall’ira, si
accorgeva che una lieve spinta bastava a far ruotare uno di quei parallelepipedi e distruggere l’armonia della struttura: così come il tarlo del dubbio insinuato nel marito sulla sua paternità poteva distruggergli lo spirito. E lui, roso
da quel tarlo che infrangeva la perfezione del proprio equilibrio, poco a poco
finiva preda impotente del mondo femminile, regredendo, tornando bambino,
nudo, malato e martoriato in mezzo agli elementi scomposti di una sorta di
totem sconvolto. Questo, infatti, a furia di giri insensati provocati dalle spinte
delle donne intorno a lui, era divenuta la sua primitiva, armoniosa struttura
(Dante Cappelletti incontra Enrico Job, ivi, pag. 436).
“La violenta lotta fra i sessi, in cui Strindberg identifica il maschile come vittima, è la molla drammaturgica di questo testo, scritto nel 1886… Contrapposizione evidenziata dall’impianto scenico: gli uomini occupano la pedana
superiore di un parallelepipedo che essi sanno ordinare a scala scomponendo-
There was a polygonal platform, a circle upon which was mounted a series of nine
blocks superimposed on top of each other and hinged at the centre. When they
gyrated harmoniously, they were able to form a double-spiral staircase. Indeed, the
height of each of those blocks was that of a normal step. They created a perfect,
helicoid form, a rational, male structure. In the first scene, when the lights came on,
this sort of sculpture was presented front-on, like a wall of iron.There were the nine
blocks, covered in sheet metal, tidily mounted one on top of the other. And on top of
this wall stood three elegantly dressed men. At the end of their dialogue, the wall
opened solemnly to form a double helicoid stairway and the men were able to descend
from their initial position with nobility and authority. Up until now we have the
rationality of the male world. But a little later, in a domestic row, the wife, situated
below, on the platform, despite the dominance over her of this elegant male
construction, nevertheless revolted and raised doubts about her husband’s paternity
of her daughter. And casually, in precisely that moment, in the unconscious motory
violence stemming from her rage, it was apparent that just a light push was enough
to displace one of the building blocks and destroy the harmony of the structure: just
as the worm of doubt about his own paternity could destroy her husband’s spirit.
And indeed, gnawed by that worm, which upset the perfection of his equilibrium, he
gradually ended up the impotent prey of the female world, regressing, becoming once
again a child, naked, sick and tormented, in the midst of the disordered elements of
this kind of upset ‘totem’. The latter had become this primitive, harmonious
structure, due to the mad spinning provoked by the pushes and shoves of the women
around it (Dante Cappelletti meets Enrico Job, ibid., p. 478).
“The violent battle of the sexes, in which Strindberg identifies the male as victim,
is the main dramatic inspiration of this text, written in 1886...This counterposition
is highlighted by the set design: the men occupy the superior platform of building
blocks which they can order as a staircase, dismantling it rationally; the women are
relegated onto a narrow, circular platform down below, and they will use the structure
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lo razionalmente; le donne stanno relegate in basso sull’angusta pedana circolare e useranno la struttura con irrazionale passionalità” (M. Mezzadri, da Il
padre di August Strindberg, Programma di sala).
“Il liutaio che inventò e costruì il violino intuì di sicuro le possibilità sonore della
propria invenzione e un solo pezzo musicale imposto al suo strumento gli sarebbe parso limitarne altre infinite possibilità. Ma su questa mia invenzione è qui eseguita una musica dolorosa e cattiva al punto da non volerne immaginare altre: lo
scomporsi disarmonico, secondo qualunque casualità, assimila questo mio strumento scenico alla conflittualità tra i due sessi, ineluttabile, dolorante, animalesco
fondamento dell’uomo”(E. Job, Il padre di August Strindberg, Programma di sala).
“Il padre ha per segno centrale l’impianto scenografico ideato da Enrico Job:
una piattaforma rotonda sovrastata da un muro di lastre d’acciaio, che aprendosi a ventaglio formano una scala, in cima alla quale è il luogo simbolico del
potere maschile.A questo spazio rettilineo si contrappone nettamente alla base,
l’universo femminile irrazionale e misterioso, agitato da soprassalti onirici e da
dolci magie casalinghe, dominato da linee curve evidenziate da una sorta di
girello che ruota attorno alla pedana” (R. P., Coppia in crisi secondo Strindberg,
Corriere della Sera, 31 maggio 1980).
“Alla regista interessa soprattutto il rimando simbolico, quel tanto di borghesemente apocalittico che la pièce le permette di mettere in luce. In questo l’aiuta
perfettamente la bellissima scultura/abitacolo/casa/sudario – come si fa a chiamarla solo scenografia? – di Enrico Job, un universo a scale sulla cui cima sta il
maschio, che l’orienta a suo piacimento, un trono traballante fatto, letteralmente, tremare dalle donne discinte che si muovono in fondo come gatte impazzite lungo la piattaforma circolare che regge la minacciosa costruzione” (M.
Grazia Gregori, Un uomo assediato da dubbi e donne, l’Unità, 31 maggio 1980).
“Una semplicissima quanto efficace soluzione scenografica che, avvalendosi di un
metallico e scomponibile parallelepipedo inventato da Enrico Job, le consente di
situare i personaggi maschili sull’alto della pedana, più spesso ordinata a razionale scala, relegando le donne nel concluso cerchio di base che sottende una loro
irrazionale passionalità. Nei suoi ricorrenti rigurgiti misogini Strindberg non è
peraltro così cieco da non cogliere i condizionamenti culturali, sociali, pseudomorali che ghettizzano l’universo muliebre suo contemporaneo. Anzi costruisce
il suo dramma proprio sulla rivalsa di una donna che, anelando al potere, altra strada non trova che, nella difesa oltranzistica della sua creatura.” (G. Geron Lotta
all’interno della coppia vista dal misogino Strindberg, il Giornale, 31 maggio 1980).
“Lo spettacolo ha una scenografia di Enrico Job a contrasto: anziché suggerire una cavità morbida, essa installa, al centro di una pedana circolare, un lucido e metallico parallelepipedo scomponibile; uno strumento musicale, suggerisce l’autore; una specie di tastiera orizzontale, che viene infatti ‘suonata’ dai
protagonisti nell’accendersi del loro dibattito; ma anche una scala che l’Uomo,
troneggiante in cima, all’inizio, discenderà gradualmente, sino a trovarsi disfatto e prigioniero alla base, dov’è il regno, imposto, della donna. La scenografia
è, dunque, un ardito elemento di unificazione dei temi, oltre che una stimolazione a soluzioni visive, che la regista consegue nella seconda, intensa parte
della rappresentazione, mentre l’avvio mi è apparso neutro, come esangue la
impostazione delle figure del Pastore e del Dottore. Ma la Sinfonia femminile
è certamente uno scatto della fantasia e tempi e luci e suoni qui fanno preziosi
accordi ed emozionanti fraseggi” (O. Bertani, Una dea-madre implacabile raccoglie
l’uomo sconfitto, Avvenire, 1 giugno 1980).
“Tutto lo spettacolo è dominato dalla presenza ossessiva e funzionale della
macchina scenica di Job e dal rapporto che con essa riesce a instaurare
Gazzolo, rapporto fisico e profondamente simbiotico, che riassume in gesti,
nell’uomo, e in posizione, nell’attrezzo l’ordine turbato dell’universo e della
psiche” (U. Volli, Muore il capofamiglia mentre la scena dà ragione alle donne, la
Repubblica, 4 giugno 1980).
“Su una pedana circolare dove si aggirano le donne nei loro abiti bianchi si staglia un parallelepipedo metallico, torre del potere virile. Ma questa figura, creata da Enrico Job, è scomponibile, fatta com’è di tanti blocchi della stessa forma,
i quali possono ruotare orizzontalmente e ordinarsi in varie fogge, a gradinate,
a croce, a ventaglio, a seconda dell’influenza dell’irrazionale femminile. Grazie
with irrational passion” (M. Mezzadri, from Il padre di August Strindberg,
Programme Notes).
“The lute player who invented and constructed the violin certainly intuited his
invention’s possibilities of sound, and if a single musical piece had been imposed
upon his instrument, it would have seemed to him to limit its other infinite
possibilities. But such painful and ugly music is executed here upon this invention
of mine that I do not wish to imagine any other: a disharmonic breakdown, according
to any causality, assimilates my instrument of scenery to the conflictuality between
the sexes - ineluctable, painful, animal foundation of man” (E. Job, Il padre di
August Strindberg, Programme Notes).
“Il padre has as its central feature Enrico Job’s set design: a round platform, above
which stands a wall of panels of steel which fan out to form a stairway, at the top of
which is the symbolic place of male power.This rectilinear space is plainly contrasted
at the base by the irrational and mysterious female universe, turbulent with
nightmarish shocks and sweet old wives’ spells, dominated by curved lines, followed
by a kind of go-cart which circles around the platform” (R.P., Coppia in crisi
secondo Strindberg, Corriere della Sera, 31 May 1980).
“The director is mainly interested in the symbolic reference, the bourgeois sense of
the apocalyptic which the piece allows her to highlight. In this she is aided perfectly
by Enrico Job’s beautiful sculpture/cabin/house/shroud - impossible to call it simply
a set - a universe of stairs at the top of which is the male, who positions it at his
pleasure, a precarious throne made, literally, to tremble by the scantily clad women
moving around at the bottom like crazed felines along the circular platform
supporting the threatening construction” (M. Grazia Gregori, Un uomo assediato
da dubbi e donne, l’Unità, 31 May 1980).
“A simple, effective idea for the set design which, in its use of Enrico Job’s metal
building blocks, allows her to situate the male characters at the top of the structure,
more often ordered as a rational stairway, relegating the women onto the closed circle
at its base, which supports their irrational passion. Despite his recurring misogynistic
reflexes, Strindberg is not, however, so blind as not to perceive the cultural, social and
pseudo-moral conditionings which close the woman’s universe of his time into a
ghetto. On the contrary, he constructs his drama precisely on the revenge of a woman
who, while yearning for power, finds no other path but to defend the interests of her
child to the bitter end.” (G. Geron, Lotta all’interno della coppia vista dal
misogino Strindberg, il Giornale, 31 May 1980).
“Enrico Job’s set design for the production hinges on a contrast: instead of evoking
a soft cavity, it sets up a shiny, metal modular geometrical structure at the centre of
a circular platform. It is a musical instrument, the author suggests, a kind of
horizontal keyboard, which is indeed ‘played’ by the characters as their debate
gathers pace. But it is also a stairway which Man, enthroned on top at the beginning,
will gradually descend, finally ending up at the bottom, a defeated prisoner in the
imposed realm of the woman.The set design is therefore a bold element of unification
of the themes, besides encouraging visual solutions, which the director delivers in the
second, intense part of the production. The beginning seemed rather neutral to me,
and the characterizations of the Pastor and the Doctor, for example, rather wooden.
But the Female Symphony is certainly a great achievement of the imagination, and
the combination of timing, lighting and sound effects creates precious harmonies and
moving phraseology” (O. Bertani, Una dea-madre implacabile raccoglie
l’uomo sconfitto, Avvenire, 1 June 1980).
“The whole production is dominated by the obsessive and effective presence of Job’s
set design, and the relationship which Gazzolo manages to strike up with it, a
physical and deeply symbiotic relationship which summarizes in gestures (in actors)
and in position (in the scenery) the disturbed order of psyche and universe” (U.Volli,
Muore il capofamiglia mentre la scena dà ragione alle donne, la Repubblica,
4 June 1980).
“On a circular platform upon which the women run around in their white clothes,
a metal construction stands out, a tower of male power. But this shape, created by
Enrico Job, can be dismantled, made, as it is, of many blocks of the same form, which
rotate horizontally and order themselves into different shapes: into steps, a cross, a
fan, according to the influence of the female irrational. Thanks to these geometrical
rhythms, naturally formed or forced, the contrast between the gestures of the great
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Il padre. Pianta della scena
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a questi ritmi geometrici, naturalmente distesi o forzati, il contrasto tra un grande, mimetico Virginio Gazzolo e la discontinua intensità di Delia Bartolucci
ottiene la sua trascrizione in un geniale diagramma plastico. Alla conclusione,
‘il padre’ si trova regredito allo stadio infantile, alla mercé del mondo femminile che lo inghiotte: un mondo non rapace, ma dolcissimo, che ha saputo organizzare la sua difesa, con un risultato non per questo meno negativo. Ma già
prima questo microcosmo inattaccabile aveva ispirato alla regista le pagine più
felici del bellissimo spettacolo” (F. Quadri, Il padre, Panorama, 16 giugno 1980).
“La Mezzadri ha voluto evitare la lettura piana, naturalista, in chiave di ‘lui’: si
è buttata dalla parte delle donne per un discorso ‘femminile’, costruendo, grazie anche al sapiente aiuto dello scenografo Job, due mondi contraddistinti.
Ciò grazie a una pedana circolare su cui è collocato un parallelepipedo in
metallo, formato da nove parallelepipedi che si possono scomporre ruotando
sul loro asse: e se il maschio ha la tendenza alla razionalità, a farne torri e scale
su cui affermare il suo ‘io’, il suo essere in alto, la donna opera per linee orizzontali scomponendolo fantasiosamente senza regole. Il maschio ha inoltre
vesti, le donne sono discinte, per dar idea di sensibilità animalesca, e ‘lui’ finirà
poi nudo, degradato (M. Bertoldi, L’uomo chiuso nella gabbia delle donne non ha
altro scampo che nella follia, Il Giornale di Brescia, 16 luglio 1980).
“La cosa più appariscente, il sigillo della messa in scena, che colpisce per primo e
con più forza gli spettatori, è la scenografia, una felice intuizione di Enrico Job
materializzata in una pedana circolare sulla quale campeggia una specie di grande muro composto da nove strati semoventi che si scompongono a ventaglio in
senso orizzontale, creando di volta in volta gradinate, anfratti, trampolini dai quali
spiccare il salto nel vuoto. Sopra la macchina – in un congegno geniale ma talvolta troppo accentratore e vincolante – appesa a un filo teso sopra la scena, arde
la lampada che il capitano lancerà nel momento più teso e drammatico dello
spettacolo, contro la moglie, firmando rabbiosamente la sua condanna a morte”
(F. Bona, Tra uomo e donna una lotta cannibalesca, Brescia Oggi, 16 luglio 1980).
“Elément majeur du décor d’Il padre, un mur massif, froid comme l’acier, dont
les éléments peuvent, selon les exigences, former éventail ou escalier, celui par
lequel on accède au pouvoir. En opposition à ce parallélépipède anguleux, un
plateau dont la courbe figurerait comme la douceur féminine. C’est dans cet
espace fermé, ce champ clos, que vont s’affronter le capitaine accroché à son
dérisoire pouvoir et la contestation féminine de ce pouvoir… Des images
d’une tragique beauté, d’une sourde violence de grand théatre” (Francis
Chenot, Strindberg a l’Italienne, Le drapeau rouge, 9-10 marzo 1981).
“Le seul dècor consiste en un mur d’acier qui, selon les exigences, peut s’ouvrir en éventail se transformant ainsi en un éscalier. Ce dispositif scènique se
trouve au centre d’un plateau circulaire sur l’extérieur du quel circule un chariot à roulettes traçant des courbes qui expriment la douceur féminine” (B.
Anciaux, La Nouvelle Gazette, 12 marzo 1981).
“Un seul élement de décor, un parallélipipède énorme… occupe le centre du
plateau. Dans un rapport d’oppresseur a opprimé l’homme, au début dans toute
sa superbe, le jeu volontairement théatral, domine la femme qui rampe à ses pieds.
Microcosme d’une société hiérarchisée, cette famille va vivre dans la révolte une
violence arbitraire exercée sur elle par-son chef. Le père entend décider seul du
destin de sa fille. Les femmes, del lors, acculées à la lutte, le réduisent à l’état de
foetus. Quitte à entourer sa dépouille des plus tendres soins, faisant ainsi succéder
l’Hypocrisie à la violence,cheminement d’une inéluctable logique interne ancrée
au sein d’un système autoritaire. ... Scènes visuellement très lisibles et d’une
beauté classique transcendante. On parlait de la Piéta, les femmes drapées dans
leurs voiles blancs, pansant le corps de l’homme qu’elles ont mis à mort” (P. H.,
“Le Père” par le teatro di Porta Romana, au Tcl, Le Peuple, 16 marzo 1981).
“Ciò che è affascinante nella rappresentazione del Padre di Strindberg da parte
del gruppo milanese ‘Teatro di Porta Romana’ è la scenografia e il modo
espressionistico e corporale con cui viene fisicamente commentata l’analisi del
testo un attimo prima che le battute confermino l’interpretazione… La scenografia di Enrico Job, come pure gli effetti di luce sulla scena, sono decisivi
per confermare la ritualizzazione del testo da parte di Mina Mezzadri. Una
base circolare, alta pochi centimetri e attorniata da una tela nera, è in mezzo
Virginio Gazzolo and Delia Bartolucci’s discontinuous intensity obtains its
transcription in a visual diagram of genius. In the end,‘the father’ ends up regressing
to an infantile phase, at the mercy of the female world which swallows him up: not
a rapacious world, but an extremely gentle one, able to defend itself, with results
which are none the less negative, however. But the best parts of this beautiful
production are precisely those inspired in the director by this invincible microcosm”
(F. Quadri, Il padre, Panorama, 16 June 1980).
“Mezzadri has avoided a flat, naturalistic reading in the male key: instead, she has
joined the women’s side for a ‘female’ discourse, creating, thanks also to the expert
help of set designer Job, two distinct and contrasting worlds. This is done with a
circular platform on which is placed a raised metal block made out of nine separate
blocks which can be dislodged, rotating on their axes.While the male tends towards
rationality, making towers and stairways upon which to affirm his ego, his
superiority, the woman operates along horizontal lines, deconstructing the block
imaginatively, without rules. The male, in addition, is fully dressed, while the
women are half-undressed, giving an idea of animal sensitivity. And the man will
end up naked and degraded” (M. Bertoldi, L’uomo chiuso nella gabbia delle
donne non ha altro scampo che nella follia, Il Giornale di Brescia, 16 July
1980).
“The most striking thing, the seal of the production, which is the first thing to strike
the audience and does so with the most force, is the set design, a happy intuition on
the part of Enrico Job, realized on a circular platform, upon which stands a sort of
big wall, consisting of nine moveable layers which may be fanned out horizontally,
creating steps, ravines and spring-boards from which to articulate the leap into the
void, on various occasions.Above this construction, hanging from a wire stretched over
the scenery, burns the lamp which the captain will hurl at his wife in the most tense
and dramatic moment of the play, angrily signing his own death sentence.This is a
clever device, but at times it is too obtrusive and inevitable” (F. Bona, Tra uomo e
donna una lotta cannibalesca, Brescia Oggi, 16 July 1980).
“The main element of the scenery of Il padre is a massive wall, cold as a glacier,
the units of which can, to suit requirements, form a fan or stairway, up which one
accedes to power. In opposition to this angular geometrical solid, there is a platform,
the curve of which is meant to represent feminine softness. It is in this closed space,
this limited field of action, that we witness the show-down between the captain,
clinging to his ridiculous power, and the female contesting of that power...These are
images of a tragic beauty, a mute violence, characteristic of great theatre” (Francis
Chenot, Strindberg à l’Italienne, Le drapeau rouge, 9-10 March 1981).
“The only scenery consists of a wall of steel which, to suit requirements, can open
out into a fan, thus transforming itself into a stairway.This scenic device is situated
at the centre of a circular platform.Around the outside of this circle, a wheeled chariot
traces curves expressing feminine softness” (B. Anciaux, La Nouvelle Gazette, 12
March 1981).
“A single element of scenery, an enormous geometrical solid..., occupies the centre of
the stage. In a relation of oppressor to oppressed, the man, initially in all his
arrogance, dominates the woman who crawls at his feet. The microcosm of a
hierarchized society, this family revolts against the arbitrary violence perpetrated on
her by her master. The father intends to be the only one to decide the fate of his
daughter.The women, from that moment on, have no option but to fight back, and
they reduce him to a foetal state. Even though they lavish the tenderest of attention
on his corpse, thus substituting violence with Hypocrisy, following an inevitable
internal logic rooted in the heart of the authoritarian system. ... The scenes are
visually very readable and of a transcendent classical beauty.They are reminiscent of
the Pietà, with the women wrapped in their white veils, tending the body of the man
they have put to death” (P. H., “Le Père” par le teatro di Porta Romana, au
Tcl, Le Peuple, 16 March 1981).
“What is so fascinating about this production of Strindberg’s Padre by the Milanese
group ‘Teatro di Porta Romana’ is the set design and the expressionist and corporeal
way in which the analysis of the text is physically commented upon a second before
the speech confirms this interpretation... Enrico Job’s set design, and the lighting, are
decisive in confirming the ritualization of the text on the part of Mina Mezzadri.
In the middle of the stage is a circular base, a few centimetres high, surrounded by a
al palcoscenico. Il cerchio è diviso a metà da un muro di acciaio lucido o in
altre totemiche scomposizioni per esempio durante la rappresentazione i cui
elementi possono trasformarsi in una scala elicoidale. Sopra questo muro
ondeggia una luce entro uno schermo semicircolare di filo di ferro, la famosa
lampada a petrolio, che in questa edizione italiana non verrà gettata contro
Laura, ma verrà comunque gettata… Gli uomini stanno tutti sullo stesso
piano: quello superiore, mentre il cerchio sottostante è quello inferiore delle
donne… Per sottolineare l’assoluta mancanza di eguaglianza fra i sessi in questo mondo borghese, nessuno degli uomini guarda mai Laura negli occhi. Essi
parlano alle donne, ma non con le donne” (Ingermar Bjorksten, Il padre come
rito magico, Svenska Dagbladet, 19 maggio 1981).
“Soprattutto verso l’autore, protagonista di tre matrimoni disastrosi e assertore convinto della malvagità delle donne, si è mossa la regia di Mina Mezzadri.
Molto aiutata dal mirabile congegno scenico di Job, il parallelepipedo in
metallo si scompone creando scale, anfratti, piani, ingranaggi spaventosi da torchio” (P. Lucchesini, Uomini vil razza dannata, La Nazione, 16 gennaio 1982).
“La natura maschile si contrappone a quella femminile, anche come antitesi
incarnata all’interno di ciascun essere umano; la visceralità della madre si
oppone alla cultura scientifica e positivista del padre scienziato. Questi conflitti si evidenziano anche nella scena e nei costumi di Enrico Job: le donne quasi
nude, vestite sempre e solo con biancheria intima, esibiscono la loro animalità;
i maschi nascondono il loro corpo, una rimozione dello stato di natura in favore della razionalità, sotto abiti rigidi che assomigliano ad armature. Questa lettura in chiave segnica, simbolica, risolve un altro conflitto, quello interno alla
scrittura strindberghiana, tra naturalismo e antinaturalismo. Così anche la
scena, un muro metallico che, nel momento del primo dubbio del padre,
scompone disordinatamente la sua struttura, una serie di parallelepipedi che
ruotano intorno a un perno centrale, sintetizza geometricamente l’interno
borghese e campisce le due zone d’influenza: in alto i maschi, in basso il gineceo avvolgente come sabbia mobile, dove la figlia contesa in questo spietato
‘Kramer contro Kramer’ è prigioniera in una sorta di girello metallico” (R.
Cirio, La figlia è mia e la voglio io, L’Espresso, 2 marzo 1982).
“Con l’aiuto determinante dello scenografo Enrico Job, la Mezzadri decide che lo
scontro frontale tra il capitano e sua moglie Laura in merito all’educazione della
loro figlia Berta, che è poi l’agone (ossessivamente iterato, nel teatro strindberghiano), tra maschio e femmina, la feroce lotta ancestrale per il predominio e il
possesso,il rituale spietato della ricerca della propria identità a spese di quella altrui,
si svolga dinanzi a un metallico parallelepipedo scomponibile. Gli uomini, il capitano, il pastore, il medico, l’attendente, ben protetti da spessi panni dai fondi colori, se ne stanno sopra la pedana di quel solido; quando loro necessita, lo manovrano razionalmente, gli impongono ben ordinate scansioni. Sotto la pedana, in un
buio emiciclo circolare, si muovono le donne, in bianche calze, camiciole e sottogonne, in una disordinata irrazionalità che sa di letti disfatti, di risvegli lenti e faticati.Vanno e vengono, queste donne, talvolta bambinescamente accucciate, assorte
talaltra in loro intimi rituali: e quando sono tra loro, e il maschio è assente, non
parlano la sua lingua, ma un loro linguaggio di clan, lo svedese di certe bellissime
poesie di Strindberg, proprio per sottolineare la loro separatezza dal maschio” (G.
D. Bonino, Marito e moglie nemici per la vita, La Stampa, 18 marzo 1982).
black canvas. The circle is divided into two by a wall of shiny steel, or by other
totemic deconstructions. For example, its elements may, during the production,
transform themselves into a helicoid stairway. Above this wall swings a lamp inside
a semi-circular wire guard, the famous oil lamp which in this Italian production will
not be thrown at Laura, but will however be thrown...The men are all on the same
level, the upper one, while the circle below is the women’s inferior level... In order to
underline the total lack of equality between the sexes in this bourgeois world, none
of the men ever look Laura in the eye. They speak to the women, but never with
the women” (Ingermar Bjorksten, The Father as a Magical Ritual, Svenska
Dagbladet, 19 May 1981).
“Director Mina Mezzadri has taken issue above all with the author, survivor of
three disastrous marriages and convinced advocate of the wickedness of women. She
is much aided by Job’s admirable stage device, a raised metal block the elements of
which may be dislodged to create stairs, ravines, levels, and frightening vice-like
mechanisms” (P. Lucchesini, Uomini vil razza dannata, La Nazione, 16 January
1982).
“The male nature is contrasted with the female, also as an incarnate antithesis
within each human being.The viscerality of the mother is placed in contrasts to the
scientific and positivist culture of the scientist father. These conflicts are also
highlighted in the set and costumes of Enrico Job. The women are semi-naked,
dressed always only in underclothes, thus exhibiting their animal nature. The men
hide their bodies, a removal of the state of nature in favour of rationality, beneath
rigid clothing similar to armour.This reading in a symbolic key, of signs, also resolves
another conflict, that between naturalism and anti-naturalism in Strindberg’s
writing.Thus the scenery, a metal wall the structure of which, at the moment of the
father’s first doubts, disintegrates untidily, a series of blocks rotating upon a central
hinge, geometrically synthesizes the bourgeois interior and illustrates the two spheres
of influence: the males above, the women’s quarters below, fatal as quicksand, in
which the contested daughter in this pitiless ‘Kramer vs. Kramer’ is prisoner in a
kind of metal go-cart” (R. Cirio, La figlia è mia e la voglio io, L’Espresso, 2
March 1982).
“With the decisive help of set designer Enrico Job, Mezzadri decides that the headon collision between the captain and his wife, Laura, over the upbringing of their
daughter, Berta, which becomes the contest (obsessively articulated in Strindberg’s
theatre) between male and female, the ferocious ancestral battle for predominance
and possession, the pitiless ritual of the search for identity at the expense of
another’s, should take place before a modular metal block. The men (the captain,
the pastor, the doctor, the attendant, well-protected by thick layers of dark clothing,
are situated on the upper level of this block. When necessary, they manoeuvre it
rationally, imposing well ordered patterns.The women move beneath the block in a
circular, dark hemisphere, in white stockings, vests and petticoats, in an untidy
irrationality reminiscent of unmade beds and slow, laboured awakenings.They come
and go, these women, sometimes curled up together like sleeping children, sometimes
absorbed in their intimate rituals. And when they are by themselves, with no man
present, they do not speak his language, but a clan language, the Swedish of some
of Strindberg’s most beautiful poems, precisely to highlight their separation from the
male” (G. D. Bonino, Marito e moglie nemici per la vita, La Stampa, 18
March 1982).
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