Il futuro del Canale è anche italiano

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Il futuro del Canale è anche italiano
Il futuro
del Canale
è anche italiano
N
Novità sulle vicende
di una delle maggiori
opere ingegneristiche
nella storia
della civiltà
ove anni fa,
nel numero di
giugno - luglio 2000, su queste pagine comparve un articolo intitolato “Il romanzo del Canale”, dedicato al Canale di Panama, alla sua origine,
alla sua costruzione, alle sue vicissitudini storiche, militari e politiche, e anche al suo invecchiamento, dal momento che anche i Canali non sono eterni e patiscono
l’età come gli esseri umani.
Oggi riprendiamo l’argomento perché in questi nove anni, ulteriori sviluppi hanno riportato alla ribalta dell’informazione questa formidabile
opera d’ingegneria, mentre per il Paese che la ospita, la República de Panamá, la sua “ingombrante”
presenza è divenuta, nonostante l’invecchiamento, di importanza sempre più sostanziale per la sopravvivenza economica. Ma andiamo per gradi.
Innanzitutto, per chi non avesse letto il precedente articolo, o comunque fosse digiuno di queste nozioni, ripetiamo brevemente quali sono le
caratteristiche del Canale e come funziona.
Volendo si potrebbe paragonare ad uno straordinario elevatore idraulico, lungo 81,1 chilometri
e largo dai 240 – 300 metri (al lago di Gatun) ai
90 – 150 (al canale artificiale Gaillard), formato da
un sistema di 6 grandi bacini detti conche, collegati fra loro da coppie di gigantesche chiuse
(quelle di Miraflores
hanno battenti in acciaio lunghi, ciascuno,
19,80 metri, alti 25 e
spessi 2,10).
Tramite una rete di
stazioni di pompaggio
divise in due sottosistemi, quello di Gatun sul
versante Atlantico, e
quello di Miraflores sul
versante Pacifico, le navi vengono “innalzate”
di 10 metri circa per volta e trainate lungo le conche da potenti locomotori detti “mule” dalla chiusa di ingresso a quella successiva e così via.
Quando raggiungono il livello del lago di Gatun, posto 25 metri al di sopra dei due Oceani, lo
attraversano e poi vengono fatte entrare in un altro analogo sistema di conche che le farà “scendere” fino al livello del mare.
Il progetto del colonnello Gothal
La genialità del sistema, ideato dal progettista
del complesso, il colonnello del Genio militare
americano Gothal, è nel fatto che l’acqua utilizzata per riempire le chiuse non viene pompata “in
salita”, il che richiederebbe altissimi costi energetici, ma “in discesa”, prelevandola per caduta dalle acque del lago di Gatun, creato da una grande
diga costruita per sbarrare il Rio Chagres, il quale,
dopo la nascita del lago, ne divenne il naturale
emissario.
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Il grafico rappresenta una sezione laterale ideale del Canale di Panama con l’indicazione di tutti i suoi apparati, da Oceano a Oceano,
e le dimensioni previste per una Panamax; in apertura, il mercantile greco Sirios I transita nelle conche di Gatun
La traversata effettiva delle conche dura 8 – 12
ore, mentre quella di tutto il Canale, da Oceano a
Oceano, ne richiede circa 24 per via delle soste
necessarie per attendere il proprio turno; la serie
di riempimenti / svuotamenti da effettuare per
ogni unità, movimenta due milioni di litri d’acqua circa.
Quando il Canale venne realizzato dal Genio
militare tra il 1903 e il 1914, sotto la direzione del
suo progettista, era stato studiato per essere per-
La ragguardevole mole della stazione di pompaggio di Gatun, con i potenti locomotori di traino per le navi in azione; nel riquadrato,
uno dei primi “mule” esposto in un piccolo museo all’aperto
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L’impressionante spettacolo delle gigantesche doppie chiuse di Miraflores (rapportate alla dimensione del personale di servizio) in
fase di chiusura prima dell’esaurimento dell’acqua dalla conca
corso da un mercantile virtuale dalla stazza di
75.000 tonnellate, lungo 294 metri, largo 32,3 e
con un pescaggio di 12,04, denominato convenzionalmente Panamax.
Per l’epoca si trattava di un colosso se si pensa
che la supercorazzata giapponese Yamato, la più
grande nave del suo genere mai costruita al mondo, progettata nella seconda metà degli Anni 30,
ossia più di 20 anni dopo, aveva un dislocamento
di 72.809 tonnellate, era lunga 263 metri, larga
38,9 e con un’immersione di 10,4; eccedeva solo
di 6,6 metri in larghezza rispetto al Panamax.
Le vecchie conche di cemento vedranno passare di tutto: bagnarole e yacht di lusso, sottomarini nucleari e pescherecci oceanici, “love boats” e
petroliere. Persino, nel 1928, il signor Richard
Halliburton che, secondo le regole del Canale, pagò un pedaggio di 36 centesimi, compatibile con
la sua “stazza”, nuotando e flottando dall’Atlantico al Pacifico con la qualifica di “nave”.
La prima unità mercantile lo attraversò nel
1914, e, anche se, a causa della Grande Guerra l’inaugurazione ufficiale avvenne solo nel 1920, da
allora iniziò un traffico che, ai giorni nostri, è di-
venuto di circa 14.000 unità l’anno, circa il 5%
del commercio mondiale; dopo la Seconda Guerra
Mondiale, tra momenti di calma e tumulti di
piazza del turbolento “protettorato” americano,
che tale era la Repubblica, l’importanza economica dell’area crebbe di anno in anno.
Per prevedibili motivi di sicurezza, il Paese era
stato letteralmente militarizzato dagli Stati Uniti
che vi avevano impiantato 10 basi militari (Fort
Clayton a protezione delle chiuse di Miraflores,
Fort Kobbe, Fort Amador e Fort Grant sul versante
Pacifico, Fort Gulieck e Fort Davis a protezione delle chiuse di Gatun, Fort Sherman sul versante Atlantico), la Rodman Naval Base sul Pacifico e la base sommergibili di Coco Solo sull’Atlantico, oltre
alla Howard Air Force Base nei pressi di Fort Kobbe,
circa 13.000 uomini in tutto con migliaia di famiglie al seguito, in una República grande circa un
quarto dell’Italia e con poco più di tre milioni di
abitanti (nel 2004).
Vecchi accordi e strani mandati
Washington, sulla base di un vecchio e discutibile mandato, manteneva l’affitto perpetuo della
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Un’immagine storica: i lavori di sbancamento e scavo del
canale artificiale Gaillard (detto anche Culebra Cut, o taglio del
serpente) nel 1907
Canal Zone, con il diritto di intervenirvi militarmente qualora, a suo insindacabile giudizio, lo
avesse ritenuto necessario; ma nel 1977, di fronte
al rischio di una pericolosa destabilizzazione dell’area, l’amministrazione Carter firmò con il neo
eletto Presidente Torrijos un accordo che prevedeva il ritorno della Canal Zone alla sovranità panamense entro il 31 dicembre 1999.
Ciò non impedì all’amministrazione Reagan di
invadere il Paese nel 1989, dopo la morte di Torrijos
in un misterioso incidente aereo, con un’operazione militare dal preoccupante nome di Just Cause,
che tuttavia non servì praticamente a niente.
Tra crisi economiche, politiche e complotti
della CIA, però, iniziò ad emergere un elemento
ben più ambiguo, strisciante e pericoloso per il
Canale e per l’economia locale: la crisi energetica.
Per quanto riguarda l’economia locale la situazione era chiara: gli americani, oltre alle basi, avevano costruito, per i militari e le loro famiglie,
scuole, ospedali, centri residenziali, piscine, bowling e fast food, strutture che, all’atto di restituzione della Zona, sarebbero state trasmesse gratuitamente al Paese. Anche se si sarebbero dileguati
tecnici, civili e militari USA che, per fruirne, vi
immettevano un flusso di dollari tale da sostenere
buona parte delle casse panamensi, assieme ai
1.000 miliardi di lire (di allora), frutto dei diritti
di transito.
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Tuttavia proprio questi ultimi facevano sperare che, dopo un primo periodo di indubbiamente
scomodo assestamento, il futuro sarebbe stato abbastanza roseo. A questo punto, però, correlato all’invecchiamento del Canale, si evidenziava sempre più sinistro, il nuovo pericolo.
Ci si potrebbe chiedere quale relazione possa
mai esistere tra la crisi energetica mondiale e il lavoro di trasbordatore transoceanico di navi svolto
dalla grande struttura. È molto semplice.
Il greggio ha due sole possibilità di essere veicolato dai Paesi fornitori a quelli fruitori: tramite
oleodotti, le pipelines, o tramite vettori navali, le
petroliere. I primi, però, solo da alcuni decenni
hanno raggiunto un livello di sviluppo sufficientemente valido, e tuttavia rimangono sempre circoscritti ad aree geografiche abbastanza limitate,
mentre le petroliere, sin dall’inizio dello scorso secolo, trasportavano in lungo e in largo per il
mondo, nelle loro capaci tanche, quello che i primi movimenti proletari avevano battezzato
“sciampagna dei popoli”.
Già la crisi di Suez del 1956, quando il Presidente egiziano Nasser decise di bloccare il Canale
di Suez affondandovi scafi di mercantili carichi di
cemento, aveva fatto suonare un brutto campanello d’allarme, perché le petroliere, non potendo
più transitarvi, erano costrette a ritornare all’antico periplo dell’Africa.
Entrano in scena VLCC e ULCC
Per contenere i danni economici dovuti a questa scelta obbligata, di li a qualche anno le grandi
multinazionali corsero ai ripari facendo progettare le superpetroliere, dalle capacità di trasporto incomparabilmente superiori a quelle delle più
grandi petroliere ordinarie, e con queste riuscirono, anche se solo in parte, nel loro intento, persino durante le successive guerre arabo – israeliane.
In effetti una sola di queste enormi unità poteva trasportare il greggio per il quale era necessario utilizzare quattro, cinque o anche più normali
petroliere; erano molto poco manovriere, dovevano far ricorso a pipelines con terminali offshore ma,
in proporzione, necessitavano di equipaggi meno
numerosi e le nuove tecnologie consentivano di
utilizzarle con rapporti carico/costo di gestione
molto ma molto più convenienti di quelli delle
loro sorelle minori.
Nasceva però un problema: le petroliere, adesso, si dividevano in quattro classi: le Panamax
(dalle dimensioni già citate e con capacità di tra-
sporto tra le 50 e le 79.000 tonnellate di greggio),
le Suezmax (con capacità fra le 125 e le 200.000
tonnellate, in grado di transitare per il Canale di
Suez), le VLCC (Very Large Crude Carrier con capacità superiori alle 200.000 tonnellate) e le ULCC
(Ultra Large Crude Carrier con capacità superiori
alle 300.000 tonnellate).
Basti pensare che la ULCC norvegese Knock
Nevis, della First Olsen Tankers, tuttora in servizio,
vanta 458 metri di lunghezza e 69 di larghezza (è
la più grande nave del mondo) e può trasportare
in un solo viaggio 650.000 tonnellate di greggio,
circa quanto nove delle Panamax più grandi.
Comunque solo le Panamax potevano utilizzare il Canale, interdetto alle Suezmax, VLCC e
ULCC (queste ultime denominate Post Panamax o
Ultra Panamax), mentre il traffico si trasformava
in un grande ingorgo navale, perché, essendo
adesso i mercantili praticamente tutti di dimensioni al limite dell’accettabile, le manovre di
transito divenivano più lunghe, difficili e pericolose.
Inoltre stava nascendo una nuova classe di
unità mercantili, oggi fra le più diffuse: le portacontainer. Impiegate nei trasporti marittimi a lunga tratta, seguendo le tendenze di mercato venivano costruite dai cantieri navali, specie quelli
orientali, con dimensioni sempre maggiori che le
rendevano incompatibili con il Canale. Il quale,
come abbiamo già detto, nonostante raddobbi,
ammodernamenti, sostituzioni di mezzi e apparati, non era certo più quello di una volta, anzi,
Questa immagine evidenzia in pieno quanto sia importante il
mantenimento della sicurezza in tutto il percorso del Canale
Il sottomarino nucleare statunitense Shark (SSN 591) transita
per la conca di Miraflores l’11 novembre del 1989
guardando in faccia la realtà bisognava riconoscere che non era più sufficiente e che lo sarebbe stato sempre meno nel futuro.
Un Canale insufficiente
Passato il 31 dicembre 1999, la sovranità sulla
Canal Zone tornava panamense, gli americani,
con rimpianto o con soddisfazione del popolo,
partivano e il Governo della República incaricava
subito la ACP (Autoridad de Cánal de Pánama) di
iniziare uno studio per la realizzazione di un sostanziale ampliamento del Canale, che ne potesse
prolungare a lungo nel tempo funzionalità ed efficienza, affinché continuasse ad essere il principale
baluardo dell’economia locale.
Avrebbe così incrementato notevolmente gli
introiti della ACP, ma bisognava prendere anche
in considerazione gli anni durante i quali, per via
dei lavori di modifica, il Canale non avrebbe funzionato, facendo crollare verticalmente e istantaneamente la riscossione dei pedaggi delle 14.000
unità che lo transitavano annualmente, fattore,
questo, sgradito a buona parte della popolazione
che avrebbe magari optato per un guadagno minore ma costante.
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debito pubblico alle stelle), non disponeva assolutamente ma che, sperava, sarebbe stata compensata dall’aumento del flusso di unità più grandi che
avrebbero pagato maggiori pedaggi.
Un ulteriore particolare turbava l’opinione
pubblica panamense, ossia che grandi armatori e
Società di navigazione si dividevano in due fronti:
quello del “Anche se aumentano i pedaggi saremo costretti a pagare” e quello del “Se i pedaggi aumentano troppo cercheremo altre soluzioni”. Per questo il
Governo si rivolgeva direttamente al popolo con
Una pattuglia esplorante di marines fotografata a Panama City
un referendum per l’accettazione o l’accantonadurante l’operazione Juste Cause, ossia l’invasione della
mento del grandioso progetto, e il popolo accettaRepública, nel 1989
va i rischi con il 75,25 % dei “si”.
Così, alla grande gara per l’assegnazione dei
Nell’arco di cinque anni oltre 120 accurati stulavori
si presentavano più consorzi provenenti da
di tecnici, ecologici, economici ed ambientali tracvarie
parti
del mondo. Fra questi quello spagnolo
ciavano così le possibili linee del futuro del Paese,
composto da ACS, FCC e Acciona, quello statunied erano presentati all’ACP nell’aprile del 2006:
tense Bechtel, alleato con le giapponesi Taisei e
era prevista l’aggiunta di due nuovi sistemi di
Mitsubishi, e lo spagnolo Sacyr Vallehermoso
chiuse (uno per lato oceanico), l’ampliamento in
(con una partecipazione al 48% del gruppo di colunghezza, larghezza e profondità, delle conche, il
struzioni italiano Impregilo, assieme al belga Jan
dragaggio del canale Gaillard, la sostituzione di ride Nul, al panamense CUSA e al portoghese SOmorchiatori e locomotori per il traino con altri più
MAGUE).
potenti, il tutto nell’arco di otto anni circa, con la
Quando l’8 luglio di quest’anno sono state
previsione di perdere, per allagamento, 200.000 etaperte le buste con le offerte, proprio quest’ultitari del già esiguo terreno della Zona, e un costo
ma, con l’Impregilo, è stata giudicata la migliore
stimato di 5 - 6 miliardi di dollari circa, cifra della
ed ha ottenuto l’appalto dei lavori.
quale il Governo panamense (il cui Paese aveva un
A titolo di curiosità riportiamo che il
budget offerto dall’ACP è di 3,12 miliardi di dollari, leggermente inferiore ai
3,48 inizialmente previsti, e che i lavori
dovranno essere ultimati entro il 2014,
in concomitanza con i festeggiamenti
per i 100 anni del Canale.
Si calcola che verranno impiegate
230.000 tonnellate di acciaio, 800.000
tonnellate metriche di cemento e non si
sa quanta terra, tra costruzioni, ampliamenti e dragaggi, verrà movimentata.
Come risultato finale, le dimensioni della Panamax standard cresceranno da 294
a 347 metri in lunghezza e da 12 a 14 in
pescaggio, allargando così il ventaglio
delle potenziali fruitrici della via d’acqua.
Un’opera veramente colossale, assolutamente non seconda alla prima costruzione del vecchio Canale e per conoscerne i risultati rimandiamo i lettori...
al termine dei lavori.
Una immagine più che eloquente ci mostra come l’impiego del Canale da
parte dei moderni portacontainer sia giunto al limite estremo
Franco Maria Puddu
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