La posizione della donna nella società, tra fascino e rischio

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La posizione della donna nella società, tra fascino e rischio
_____________________________________________________________ la rivista della Società Medico-Chirurgica Vicentina
La posizione della donna nella società, tra fascino e
rischio
Maria Teresa Pedrocco Biancardi Qualche riflessione generale a modo di premessa
Il tema è particolarmente interessante, addirittura
intrigante, sia dal punto di vista femminile che
professionale per chi, come la sottoscritta, incontra
quotidianamente e prevalentemente donne in difficoltà
e storie di bambini che, poiché figli loro, sono coinvolti
inconsapevolmente ma pesantemente negli stessi
sofferti problemi. Lavorando in modo specialistico
nell’ambito dei bambini vittime di maltrattamenti e di
abusi sessuali, diventa infatti inevitabile seguire molte
donne che hanno patito situazioni di violenza.
Il titolo dell’intervento: “La posizione della donna nella
società, tra fascino e rischio”, potrebbe anche essere
modificato a favore di una diversa dizione, che meglio
mettesse a fuoco il rischio del fascino, un rischio che
appartiene ineludibilmente, almeno per quanto si è in
grado oggi di leggere nella nostra cultura, alla
posizione femminile nel mondo.
La situazione della donna, proprio per alcune sue
particolarità, è comunque pur sempre una presenza
che affascina.
Analizzando le singole parole che compongono il
titolo, è necessario chiarire che il termine posizione
non deve richiamare staticità, qualcosa che abbia a che
fare con il ruolo, ma una situazione dinamica,
evolutiva, in continuo movimento, sia sul piano della
propria autostima e della conoscenza di sé, sia sul
piano relazionale, intimo, prossimale, sia sul piano
sociale più ampio. La situazione esistenziale e sociale
della donna è una situazione in sviluppo e in
movimento, come tutte le situazioni umane, del resto.
Anche il termine società merita in premessa un
brevissimo commento, perché possa essere inteso
nell’accezione di grande sistema strutturato, sistema
relazionale che si compone e si sviluppa sulla base di
infiniti microsistemi integrati. Sono le esperienze che
nascono da questi microsistemi: l’esperienza
dell’amore, della coniugalità, della genitorialità, della
filialità, l’esperienza dell’amicizia, del lavoro che,
intrecciandosi, interfacciandosi, integrandosi tra loro,
arrivano poi a costruire, elaborare e diffondere gli
stereotipi che determinano il significato attribuito ai
soggetti, in questo caso alla donna. Quindi c’è questo
confluire di microesperienze relazionali che giungono
poi a strutturarsi in un’immagine di società, e
un’immagine di soggetto all’interno della società.
E’ necessario inoltre riconoscere che il concetto di
fascino è un concetto relazionale, è proprio una di
quelle immagini che diventano sociali sulla base delle
innumerevoli esperienze interpersonali: il fascino esiste
perché qualcuno lo coglie, ma poi nella società si sono
costituiti, costruiti, riconosciuti, identificati alcuni
luoghi e modi specifici di fascino.
E questo da sempre nel tempo: possiamo risalire alla
Bibbia, e trovare già un segnale forte di fascino
attribuito alla donna. Il Cantico dei cantici, al capitolo
7, descrive la donna con rappresentazioni poetiche
simboliche che rivelano una modalità trasfigurata,
affascinata, appunto, di guardare a un essere umano da
parte di un altro essere umano:
”Come sono belli i tuoi piedi nei sandali, figlia dei
principi, le curve dei tuoi fianchi sono come monili,
opere di mani d’artista, il tuo ombelico è una coppa
rotonda che non manca mai di vino drogato, il tuo
ventre è un mucchio di grano circondato da gigli, i tuoi
seni sono come due cerbiatti gemelli di gazzella, il tuo
collo come una torre d’avorio, i tuoi occhi sono come
i laghetti di cesbone, presso la porta…”.
Queste espressioni traducono in immagini e parole,
naturalmente con gli strumenti immaginativi e
linguistici a disposizione degli innamorati dell’epoca,
l’abbacinamento e il fascino che la donna può suscitare.
Oggi le espressioni che possono esprimere lo stupore
per la bellezza e l’emozione suscitata da un incontro
con una donna possono essere meno poetiche, ma c’è
sempre la trasposizione di qualcosa che rappresenta
un tipo di bellezza in qualche modo intrigante, che
rimanda oltre, che va al di là della materialità perché
accende e scatena la fantasia, al solo richiamo mentale
dell’immagine.
Molto tempo dopo, altri oggetti di fascino sono
diventati, e sono tuttora nella nostra cultura
occidentale, i bambini. Del resto nelle espressioni
comuni rivolte loro dagli adulti ricorrono spesso
espressioni di tenore molto prossimo a quelle del
Cantico: “Sei bello come il sole”, “Hai due occhi che
sembrano due stelle”, “Fresco come una rosa”.
Ma c’è di più: a incrementare gli effetti del fascino si è
impegnata anche la tecnologia della comunicazione.
Negli Stati Uniti sono diffuse da qualche anno
videocassette che rappresentano, al di là di qualche
intenzione sospetta di tipo pedofilo, bambini colti nella
quotidianità della vita domestica, a consolazione e
piacere di quelle coppie che non li hanno, quindi
videocassette che rappresentano figure di bambini
belli, carini, fascinosi, la cui sola visione illude lo
spettatore di condividere il loro fascino.
Il successo dei baby-video ha indotto i produttori ad
andare oltre: sempre negli Stati Uniti si è arrivati a
pubblicare
e
diffondere
videocassette
che
rappresentano cani e gatti dal vero, e nella
presentazione in copertina si auspica che queste
videocassette abbiano il successo ottenuto dalle
videocassette che rappresentano i bambini, per
mettere a disposizione, per distribuire fascino virtuale
là dove non è possibile coglierlo nella quotidianità del
reale.
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I soggetti dotati di fascino, capaci cioè di suscitare
emozioni immediate e piacevoli, per il piacere che
provocano alla sola vista diventano per l’altro oggetto
di un desiderio suscitato, più che dalla bellezza –
concetto molto individuale e personale, difficilmente
generalizzabile - dal denominatore comune di una
fragilità vera o presunta, che induce a desiderare e
fantasticare di poterli possedere, di farli propri,
addirittura di comperarli. In questo senso trova
spiegazione anche tutto il sistema della prostituzione,
che nella sua accezione più raffinata può rientrare nella
logica di impossessarsi del fascino della donna anche a
pagamento.
L’attrazione del fascino
Il fascino è attraente perché induce a impostare
relazioni metacomplementari, cioè quel tipo di
relazioni che in termini sistemici sono caratterizzate
dal fatto che chi è più forte appare più debole e chi è
più debole appare più forte. In termini più semplici, si
tratta del classico uso del “mal di testa”, quindi della
fragilità, della stanchezza, da parte di uno dei due
partner (in genere la donna) per risolvere le situazioni
relazionali coniugali in cui uno vorrebbe imporre
sull’altro la propria volontà e le proprie scelte che
l’altro non condivide e adotta, anziché la strada della
contrapposizione, l’arma della debolezza, attraverso la
quale riesce a ottenere quello che vuole. Ma non solo:
il debole affascina con la propria debolezza, titillando il
delirio di onnipotenza dell’affascinato, che invece di
essere ingaggiato in un conflitto di potere con il
partner, viene valorizzato come consolatore,
“infermiere”, protettore, rendendosi immediatamente
disponibile a rinunciare ai suoi progetti. Mentre di
fatto, proprio perché affascinato, soggiogato e reso
impotente rispetto alla realizzazione del suo progetto,
si convince di essere il potente perché può salvare
dalla debolezza, può integrare con la propria forza la
debolezza di lei.
Proprio l’essere affascinato dell’uno rende prevalente
l’altro, rovesciando le posizioni.
Questo può accadere più facilmente nella relazione
uomo-donna che in altre relazioni, anche se nessuna
relazione può considerarsi esente dalla possibilità che
si instauri questa dinamica, perché la relazione
metacomplementare può costruirsi in forme diverse,
dal momento che comunque il fascino crea
un’ambiguità tra debolezza e potere. Ma il luogo tipico,
in cui questa ambiguità è prevalente, è quello del
rapporto uomo-donna, perché più facilmente esposto
al gioco del coinvolgimento emotivo.
In fondo il fascino, la fascinazione corrisponde a una
forte emozione che poi si radica e si sviluppa fino a
diventare una componente significativa – addirittura in
molti casi decisiva - della relazione. Anche le poche
espressioni tratte dalla pagina biblica rivelano
l’emotività di chi ha scritto e insieme suscitano, quasi
contagiando, una carica emotiva in chi legge.
Il rischio del fascino
Tradizionalmente il ruolo dell’affascinato è stato
attribuito all’uomo, e alla donna è stato riservato lo
stereotipo dell’affascinante. Lo stereotipo è più in
vigore che mai, anzi confermato e valorizzato da
trasmissioni televisive come quelle, piuttosto diffuse
proprio negli orari di massimo ascolto casalingo, in cui
ciascuno è impegnato a mettere in gioco tutto il
proprio fascino per conquistare l’altro, che può
scegliere tra numerosi concorrenti, via via eliminati.
Oggi i ruoli si stanno ammorbidendo e qualche volta
anche sostituendo, per cui in quelle stesse trasmissioni
sono talvolta le donne a essere messe alla prova, nella
loro capacità decisionale, dal fascino di giovani uomini,
impegnati a farsi conquistare da loro, a sedurle con il
loro fascino.
In generale, comunque, almeno a livello di stereotipo,
resta ancora la donna il tradizionale oggetto del
desiderio, la portatrice di fascino, al punto da essere
utilizzata come accompagnatrice occasionale nei grandi
meeting finanziari, dove è necessario distrarre i
contendenti da una concentrazione troppo alta e vigile
sugli affari, per ottenere migliori opportunità di
risultati.
Si sta creando, in ultima analisi, un uso diffuso del
fascino come facilitatore relazionale, come strumento
che incoraggia le relazioni, e il ricorso allo stereotipo
della donna fascinosa di questi tempi sta
sorprendentemente sviluppandosi.
Il rischio scatta invece quando, da questa orgia emotiva
che il fascino scatena, qualcuno esce dall’ambiguità
della relazione metacomplementare e si scoprono le
carte, quando il dato razionale porta chiarezza nel
contesto emotivo e svela l’inganno. Questo non
avviene solo nei rapporti tra uomini e donne ma, come
accennato sopra, in tutti i contesti in cui ai soggetti
sono attribuite doti di fascino.
Quando un bambino diventa adolescente, ad esempio,
quindi smette di essere grazioso e affascinante per
diventare “duro”, oppositivo, sicuro di sé, i genitori in
genere dicono che non è più lui, che è cambiato, è
cattivo; le crisi più gravi di tutte le storie familiari
scoppiano di solito proprio quando il figlio diventa
adolescente, quando smette di essere il debole
oggetto di desiderio per diventare un quasi adulto
forte, che intende relazionarsi in termini paritari se
non addirittura prevalenti con gli adulti, i genitori in
particolare. Qualcosa di simile avviene più spesso di
quanto si riesca a percepire, nel rapporto con le
donne: quando la donna cresce, matura, coglie
l’ambiguità dello stereotipo che tenderebbe a relegarla,
nella relazione con l’uomo, nell’angustia solo
apparentemente comoda di ruoli dipendenti con l’alibi
della protezione, e chiede di impostare la relazione su
altre basi rispetto a quelle precedenti, “lui” si convince
di non essere più amato, la accusa di essere cambiata,
sospetta tradimenti, l’odio si può velocemente
sostituire all’amore.
Qualche volta in questi passaggi può scattare anche il
rischio più grave, quello del cosiddetto delitto
passionale, le cui cause statisticamente sono state
individuate, in Italia, soprattutto nella gelosia, nella
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paura di essere abbandonati, nella rabbia e nella
vendetta. Del resto i delitti passionali possono
maturare solo all’interno di un disagio relazionale
inespresso, ma crescente, provocato dalla caduta di
quell’investimento emotivo che aveva provocato la
fascinazione, che si può considerare la causa più
frequente di quasi tutti i delitti passionali.
Perché dal fascino si possono scatenare sentimenti
assolutamente opposti a quelli tradizionalmente
concepiti come adeguati: dall’ammirazione al
disprezzo, dall’amore all’odio, dal bisogno al rifiuto,
dalla ricerca alla fuga; sentimenti suscitati
dall’insicurezza, dal senso di inadeguatezza che può
nascere nel momento in cui viene meno l’illusione di
dominare e crollano le certezze. All’interno delle
relazioni amorose, vi è spesso la violenza silenziosa del
bisogno
di
possedere
esclusivamente
l’altro,
assoggettati dal suo fascino o assoggettando con il
proprio fascino, bisogno di fondersi completamente
con l’amata, in un gioco inconsapevole che crea un
legame sottile difficile da rompere ma anche da
accettare.
Una ricerca dell’EURISPES segnala che nei primi
quattro mesi del 2003, su 54 omicidi compiuti in Italia,
34 riguardavano coppie, 18 delle quali sposate, 4
coppie separate, 1 ex convivente, 2 amanti e fidanzati
e 2 ex amanti ed ex fidanzati. In queste situazioni le
donne assassinate sono state 30 e solo 4 le assassine.
La preoccupazione di subire violenza oggi occupa il
37,2% delle donne italiane, mentre nel Veneto le
denunce per violenze, sul totale delle denunce, sono
cresciute dal 5,8 all’8% dal 1996 al 2002. Tra l’altro
può essere interessante sapere che il dato del Veneto
è basso rispetto a quello di altre regioni.
Allora diventa importante porsi il problema di lavorare
sulla prevenzione della violenza, riconoscendo che il
problema è la violenza, non il fascino.
La posizione della donna nella società è
particolarmente legata al rischio di violenza, ma questo
perché c’è violenza nella società.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) dal
2002 ha avviato un progetto mondiale decennale sulla
prevenzione della violenza, per la creazione di
situazioni di benessere, in contrasto al rischio della
violenza. Esso prevede una messa a fuoco, attraverso
passaggi successivi, delle cause e delle situazioni di
violenza che possono crearsi a livello di individui, per
passare ai microsistemi relazionali sui quali si edifica e
si caratterizza la cultura della comunità e, a partire da
questa, la cultura di un’intera società. Su ciascuno di
questi quattro ambiti che come cerchi concentrici si
allargano attorno all’individuo, alla prima possibile
vittima su cui si materializza la violenza, l’OMS prevede
un intervento mirato a modificare i fattori di rischio
individuale. Tra questi fattori individuali di rischio, non
si può escludere l’appartenenza di genere, come i
pochi dati riportati sopra confermano.
Si pensi ad esempio alle giovani, alle giovanette, alle
adolescenti che vivono in una cultura che esalta
l’esposizione del corpo, che accentua i tratti di fascino
esteriore, concentrandosi sugli aspetti fisici e
inducendo
distrazione,
sottovalutazione
e
trascuratezza sugli aspetti psicologici, personali e
relazionali, incoraggiando un fascino che può diventare
rischioso, anche perché stimola e incoraggia la
tendenza predatoria della sessualità maschile.
Il progetto dell’OMS prevede di lavorare sulle relazioni
interpersonali, per far crescere la cultura del rispetto
reciproco, a partire dalla vita familiare, sia nella
relazione genitori figli - soprattutto con figli piccoli che nelle relazioni coniugali in senso lato, per passare
ai problemi che possono portare all’uso della violenza
nelle scuole e nei luoghi di lavoro - sappiamo per
esempio quanto stiano diffondendosi il bullismo e il
mobbing - e arrivare poi a migliorare i fattori culturali
e sociali.
Il lavoro di prevenzione della violenza sui quattro
fronti messi a fuoco dall’OMS interessa in particolar
modo la posizione della donna nella società, se
condividiamo l’ipotesi che le sue particolari doti di
fascino possono costituire un fattore di rischio.
Per concludere, è importante che al di là dei numeri
che evidenziano danni già consumati e sempre più
frequenti, chi lavora nelle professioni di aiuto, in un
Consultorio familiare, come in un Pronto soccorso
ospedaliero o in corsia, si impegni a sostenere le
donne vittime di violenza che segnalano ma non
denunciano. Sono abbastanza forti per subire e per
non interrompere un rapporto violento, per stare
dentro un rapporto violento, ma non sono abbastanza
forti per uscirne; abbastanza forti per prendere le
botte e non per interrompere queste cose.
Credo che chi lavora nelle professioni di aiuto non
possa sfuggire alla fatica di convincere le donne a
denunciare, perché vuol dire convincerle che c’è una
via d’uscita, che non è destino delle donne essere
picchiate, subire maltrattamenti, abusi fisici, sessuali,
economici, psicologici, come accade purtroppo ancora
troppo frequentemente.
Ma il discorso allora diventa culturale: per modificare
la cultura bisogna modificare gli stereotipi, i pensieri, i
sistemi di significato, perché quel fascino femminile che
è una grande risorsa necessaria per ingentilire tutte le
relazioni e mantenere nel mondo la possibilità di
accedere a emozioni positive, non si trasformi in
rischio e pericolo.
Per questo il progetto decennale dell’OMS dovrebbe
essere assunto seriamente e applicato nelle relazioni
quotidiane, per diventare stile di vita diffuso e
condiviso, perché propone di trasformare la cultura
delle relazioni non a partire dai massimi sistemi, ma
proprio dal microsistema costituito dalle relazioni più
intime, senza tuttavia fermarsi ad esse ma aprendosi a
tutti e quattro i livelli in modo concentrico, cioè senza
trascurarne alcuno.
Per modificare la posizione della donna nella società in
termini migliorativi – non solo per la donna ma per
tutta la società - bisogna impegnarsi a salvare il valore
del suo fascino evitando tuttavia che possa diventare
fonte di rischio.
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