Casa di Riposo per Musicisti Giuseppe Verdi: dialogo tra

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Casa di Riposo per Musicisti Giuseppe Verdi: dialogo tra
Casa di Riposo per Musicisti Giuseppe Verdi: dialogo tra decorazione e architettura boitiana.
La Casa di Riposo per Musicisti “Giuseppe Verdi”, realizzata tra il 1896 e il 1899, sorge in Piazza
Buonarroti a Milano, ed è la summa rappresentativa del pensiero architettonico boitiano. Fu
costruita per volontà del celebre compositore Giuseppe Verdi, desideroso di creare un luogo che
accogliesse musicisti e cantanti in condizioni disagiate. L’idea di aiutare i colleghi meno fortunati
iniziò a teorizzarsi nella mente di Verdi già verso gli ultimi anni del 1880, ma fu dall’incontro
avvenuto nel 1990 con Camillo Boito, conosciuto e apprezzato dal musicista nell’ambiente
veneziano, che nacque il progetto effettivo di Casa Verdi.
L’apparato progettuale fu scrupolosamente seguito dal Maestro che diede la definizione di “Casa di
riposo per musicisti” rifiutando quella di “Ricovero per musicisti” proposta da Boito. L’intento di
Verdi era di riconoscere la dignità degli anziani colleghi: “Non si dovrà parlare di ricoverati, ma di
ospiti, i miei ospiti” è quanto emerge dalla fitta corrispondenza avvenuta tra i due. Verdi intervenne
attivamente anche nella progettazione architettonica dell’edificio in quanto respinse la creazione di
camerate, prediligendo stanze separate pensate per due persone al fine di garantire il massimo
comfort per ciascuno dei musicisti. L’affetto di Verdi a quella che egli stesso definì “l’opera mia
più bella” è testimoniato dal fatto che nel suo testamento redatto nel 1895 stabilì che i proventi delle
sue opere sarebbero serviti per pagare l'edificazione della casa dopo la sua morte. Inoltre espresse il
volere di essere seppellito all’interno della cripta della Casa.
L’edificio realizzato da Boito si attiene ai fondamenti dichiarati nell’introduzione del suo
“Architettura del Medioevo in Italia” intitolata Sullo stile futuro dell’architettura italiana. Proprio
in questo scritto Boito descrive la linea stilistica fondata sul binomio tra organismo e simbolismo,
che, dipanandosi tra ricerca estetica simbolista e ripresa storicista, orienterà le scelte decorative dei
suoi progetti. La decorazione per Boito diventa subordinata all’architettura rimanendovi
strettamente intrecciata. Essa è elemento qualificante e fondamentale per l’architettura, che deve
tendere “alla bellezza esprimendo [...] l'uso dell'edificio, rappresentando quasi inconsapevolmente
l'indole della civiltà, certi stati delle culture, certe inclinazioni poetiche o prosaiche dei popoli, e
finalmente dando una forma all'animo artistico tutto individuale dell'architetto”. L’intento di Boito
era dunque definire il cosiddetto “stile nazionale”, necessario all’indomani della raggiunta Unità
d’Italia per unificare la nazione non solo da un punto di vista formale ma anche pratico.
Boito fa dunque uso di questo suo “stile nazionale” per dar vita ad un edificio di stile eclettico. La
facciata che originariamente era costituita da due piani, fu realizzata in stile veneto-bizantino e
presentava al centro la denominazione di “Casa di riposo per musicisti” posta sopra all’arcata
principale. All’interno, il cortile richiama il mondo arabo-normanno, ma con presenza di elementi
del gotico toscano e del romanico. Il cuore dell’edificio è rappresentato dalla cripta, con la sua
facciata solenne e austera ricca di rivestimenti marmorei.
Casa Verdi tuttavia non è opera esclusiva di Boito, bensì è il frutto di una stretta collaborazione tra
committente, architetto e i migliori artigiani ed artisti dell’epoca.
Ad Angelo Comolli, noto artista decoratore e docente nella scuola di Ornato a Brera dal 1896,
venne affidata l’ideazione e la realizzazione dell’intero impianto decorativo: le stanze degli ospiti,
gli spazi comuni, la cappella e il vero e proprio cuore della casa, la Sala d’Onore. Comolli, a capo
della cooperativa “Lega pittori e imbiancatori”, realizza le decorazioni seguendo i principi boitiani.
Determinante per lui fu l’eclettismo di ispirazioni decorative indicato da Boito stesso, fatto che si
evince dalla molteplicità ornamentale della Casa. L’impulso di dare solido fondamento e legame tra
tradizione e innovazione nell’arte decorativa si esprime nell’opera di Boito del 1882 I principii del
disegno e gli stili d’ornamento dotata di un’appendice volta a illustrare i repertori decorativi più
diffusi.
Colto appieno l’insegnamento di Boito Comolli crea in ogni spazio della Casa decori con impianto
simile ma mai uguale l’uno all’altro. Un esempio di questo si nota comparando le decorazioni dei
soffitti dello scalone d’accesso e dell’androne. Opere uniche per splendore e ricchezza di dettagli
sono il Salone d’Onore, chiamata anche Sala Concerti, e la cappella della Casa, l’Oratorio di Santa
Cecilia. Il soggetto principale del Salone d’Onore è il fregio che si snoda lungo la parte superiore
delle pareti contenente gli otto medaglioni con ritratti altrettanti musicisti italiani, considerati i
padri della musica e del canto, che Comolli realizza dietro specifica richiesta di Verdi. Essi vengono
posti all’interno di un apparato decorativo più ampio che ospita decorazioni fitomorfe ed arabesche
fino a riproporre lungo le pareti dei sipari per richiamare l’entrata dello spettatore in un luogo reso
teatrale dalla musica.
La cappella invece venne dedicata a Santa Cecilia in quanto patrona dei musicisti. La giovane
martire viene raffigurata dal Comolli sulle pareti della cappella, insieme al re David.
Anche il celebre artista milanese Giovanni Beltrami, formato come il Comolli presso l’Accademia
di Brera, collabora allo splendore di Casa Verdi, realizzando le vetrate dell’Oratorio di Santa
Cecilia. Egli propone la Santa nella vetrata centrale seduta in trono con a fianco due angeli
contornati da motivi decorativi ripresi da quelli proposti dal Comolli sulle pareti delle sale.
Oltre a Comolli e a Beltrami, un altro celebre personaggio dell’epoca partecipò alla grandiosa
progettazione di casa Verdi: Lodovico Pogliaghi, poliedrico artista anch’egli insegnante presso
l’Accademia di Belle Arti di Brera dal 1891 di cui lo stesso Comolli venne nominato per un periodo
assistente e supplente. L’intervento di Pogliaghi fu limitato alla decorazione della cripta che
Giuseppe Verdi fece erigere all’interno del cortile per potervi essere sepolto insieme alla moglie
Giuseppina Strepponi. L’interno della cripta non fu finito prima della morte del grande maestro, in
seguito alla quale la grande cantante Teresa Stolz, amica di lunga data di Verdi, fece completare la
cripta con una decorazione musiva disegnata dal Pogliaghi e realizzata dalla prestigiosa Compagnia
Venezia - Murano.
I mosaici della cripta sono divisi in cinque differenti scene. Vi si trovano un primo riquadro con le
figure allegoriche delle passioni espresse nelle opere di Verdi: il Dolore, il Terrore, il Pianto, la
Patria e la Speranza. Il secondo riquadro presenta una Musa che suona la cetra con a fianco il genio
alato della musica, mentre il terzo, riquadro centrale, sono presenti due geni che alzano una corona
d’alloro con le bacche d’oro al cui centro si trova un medaglione con il profilo dorato del Maestro.
La quarta scena presenta le Muse del canto e dell’armonia con a fianco l’allegoria dell’Amore,
mentre la quinta propone le tre forme dell’amore che si trovano nelle opere verdiane: quello umano
tra uomo e donna, quello mistico e quello satirico. In origine il soffitto era affrescato da un cielo
stellato, opera di Comolli, ma con i lavori musivi gli affreschi vennero sostituiti da un cielo stellato
mosaicato tripartito al cui centro sono presenti soli contenenti la croce di Cristo.
Lo studio e l’analisi delle decorazioni di Casa Verdi sono stati eseguiti in occasione del progetto
europeo DECORUM - Inventario delle decorazioni murali nell’architettura domestica in Europa, il
cui partner italiano è rappresentato dall’Associazione Giovanni Secco Suardo. Tale studio ha
permesso di indagare il rapporto tra architettura e decorazione mettendo in evidenza la
collaborazione e l’interazione tra il grande architetto milanese e i celebri artisti suoi contemporanei.