“La ragione di Pino” di Maria Antonietta Pintus

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“La ragione di Pino” di Maria Antonietta Pintus
MARIA ANTONIETTA PINTUS
La ragione di Pino
Vede Dottore Pino è sempre stato tranquillo, non ha mai fatto male a nessuno, tutti lo amano nel nostro
quartiere, frequenta regolarmente la scuola e i suoi insegnanti sono molto contenti di lui. Suo padre è
morto due anni fa, io mi sono attaccata a lui e temo di averlo protetto troppo. Ha diciassette anni e
frequenta la terza media, ha perso qualche anno, fino alle elementari mi dicevano che era un bambino
iperattivo e che non amava osservare le regole, si alzava di continuo dal banco e qualche volta usciva dalla
classe senza una ragione, però la sua maestra e i medici che lo hanno visitato dicevano che crescendo
sarebbe cambiato, che si sarebbe calmato, si insomma che era solo un problema temporaneo. Solo più
tardi mi hanno detto che aveva la testa di un bambino di sei anni. Però era buono dottore, è sempre stato
buono. Si è fatto tanti amici e quando ha compiuto quattordici anni ho cominciato a farlo uscire da solo. Io
lo guardo sempre dalla finestra e lo vedo che parla con i suoi amici, scherza con loro e qualche volta lo
invitano alle feste di compleanno, lui non sempre vuole andarci ma io insisto perché voglio che si diverta
come tutti i ragazzi della sua età. A volte e triste, altre è stranamente euforico ma posso assicurarle che
mai, mai ha minacciato o ferito né offeso qualcuno. Quando è ammalato, la sua amica Valentina gli porta i
compiti e studia con lui. A volte guardano un film e io gli preparo le frittelle, lui adora le frittelle ne mangia
anche sei o sette di fila. Mi creda dottore non riesco a trovare una spiegazione per quello che è successo e
adesso che ne sarà di lui dottore? Che ne sarà del mio bambino?
Cosa ci facciamo in questo posto dottore? E chi sono tutti questi matti che continuano a fissarmi? – Siediti
qui e aspettami, ha detto mamma, ma lei quando arriva? Siamo qui da stamattina, da quando mi sono
saltati addosso tutti quanti e mi hanno picchiato, preso a calci e pugni. Lo so io perché l’ho fatto quello che
ho fatto. Non vedo l’ora di guardare in faccia quel babbeo di Tonio che mi chiama ‘guasto’, guasto sarà lui
che si crede un campione perché sa impennare col motorino, e tutti gli altri che lo guardano con la bava e
applaudono, bravo! bravo! Si, bravo, un giorno mi ha portato sul suo motorino e lui correva tanto e mi
chiedeva - Ti diverti? Ehi! Ti diverti? – Sai che divertimento! Avevo così tanta paura che me la sono fatta
sotto, però a lui non gliel’ho detto che avevo paura, neanche morto glielo dicevo, così quello poi lo
raccontava a tutti e si sarebbero messi a ridere. Mi prendono sempre in giro e quando vedono mia madre
alla finestra mi abbracciano e fanno finta di parlare con me, ma io me ne sono accorto che fanno solo finta.
Quando mi invitano alle feste non ci voglio neanche andare, solo che mamma dice - Vai, vai che ti diverti –
Una volta mi hanno fatto cadere in una piscina e stavo per annegare perché io non so nuotare e loro invece
di aiutarmi ridevano, ridevano. Anche Valentina rideva infatti da quel giorno ho deciso che lei non era più la
mia migliore amica. Ieri sera però è venuta a casa con la scusa di prendere un film, mi ha detto – Pino
andiamo in camera tua – Poi si è seduta sul letto e mi ha chiesto di sedermi vicino a lei e di farle un
massaggio. Me lo ha insegnato lei a fare i massaggi solo che ieri si è tolta la camicetta e ha voluto che la
massaggiassi davanti invece che sulla schiena. Io mica sono scemo, lo so bene che un maschio e una
femmina queste cose non le devono fare che non si toccano le ragazze e quindi dicevo non si fa non si fa ,
ma lei non mi ascoltava e tirava la mia mano sul suo seno e diceva - dai Pino, si che si fa vedrai è bello - Io
non lo so cosa aveva Valentina, ma gli occhi le brillavano e il suo corpo era caldo e dopo un po’ mi sono
accorto che aveva ragione lei e che mi piaceva davvero. Poi mamma mi ha chiamato per darmi il panino e
quando sono tornato in camera mia Valentina non c’era più. Se n’è andata senza neanche salutarci. Ieri
notte non riuscivo a dormire pensando al peccato che avevamo fatto. Per questo ho pensato di andare da
Don Vanni, per confessarmi perché mamma quando andiamo in chiesa dice sempre – Pino tu siediti qui che
io vado a confessarmi – E lei va vicino alla casetta di legno e si inginocchia e ci sta un poco, poi ritorna e
quando le chiedo cosa ha fatto mi dice – Mi sono confessata con Don Vanni – Un giorno mi ha spiegato che
quando fa un peccato và e lo dice a Don Vanni così lui la perdona ed è come se quel peccato non l’avesse
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mai fatto. Ecco perché ho pensato di andare a confessarmi anch’io di quello che avevo fatto. Ma Don Vanni
non mi voleva ascoltare, mi ha detto – Cosa ci fai qui da solo Pino? Torna subito a casa da tua madre – Io gli
dicevo mi devo confessare Don Vanni – Ma cosa confessare e confessare, vattene subito a casa! – Mi ha
fatto così arrabbiare! Sono andato a casa e quando ho visto il fucile di babbo nello stanzino l’ho preso, l’ho
nascosto sotto il giaccone poi sono tornato in chiesa da Don Vanni. Lui era sull’altare e io mi sono nascosto
dietro la colonna, poi ho preso il fucile e l’ho sparato a quello stronzo. E lui urlava e anche le vecchie che si
sono alzate dai banchi urlavano, ma nessuno si avvicinava a me e io ho sparato di nuovo e se qualcuno si
avvicinava sparavo e ho sparato anche alla statua di Sant’Antonio e gli ho rotto la testa. Ma Don Vanni non
lo vedevo, si è nascosto lui. Perché non mi voleva perdonare a me? Poi qualcuno mi è saltato addosso, un
poliziotto era, mi ha rubato il fucile dalle mani, ah ma io sono stato furbo, gli ho rubato la sua pistola dalla
cintura e gli ho detto di darmi il mio fucile, ma lui non me lo ha dato e volevo sparare con la pistola ma
quella non sparava, era finta. Poi mi sono saltati tutti addosso e glielo dicevo che avevo ragione io e
gridavo: perché non mi ha voluto confessare? Cosa dovevo fare? Chi mi perdonava a me? E adesso? Che
faccio dottore? Devo restare con questo peccato?
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