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anno 18 | numero 23 | 13 giugno 2012 | 2,00 Poste italiane spa - spedizione in a. p. D.L. 353/03 (conv. L. 46/04) art. 1 comma 1 NE/VR settimanale diretto da luigi amicone Perché l’Ungheria sfida il conformismo di Bruxelles. Reportage da Budapest EDITORIALI PRINCÌPI ASTRATTI VS URGENZE CONCRETE Uno Stato che lega le mani ai cittadini può fare più danni del terremoto D per gli stabilimenti prima di rimettere in moto le linee di produzione nelle zone terremotate dell’Emilia. Ecco un paio di misure con cui il governo dei “tecnici” potrebbe aiutare la crisi a mangiarsi quel poco che rimane del tessuto economico italiano e garantire più legalità in astratto nel mentre che certifica una prospettiva di recessione e disoccupazione concreta. Quanto alla misura per impedire “raccomandazioni” e “favori” illegittimi, lo sappiamo, è figlia di una sottocultura dei talk-show manipulitisti che parassitano sul lavoro altrui e immaginano un sistema delle relazioni così perfetto che non sarà più necessario vincere commesse all’estero, né avere la libertà di scegliere manodopera e collaboratori. Un sistema così esiste solo nella fantasia concentrazionaria dei burocrati e aggiungerà altro piombo al già appesantito sistema industriale. Quanto al problema delle imprese nelle zone terremotate, specie nel Modenese, dove un ricco e avanzato distretto industriale chiede solo di essere messo nelle condizioni di ripartire, lo ha sollevato per tutti Giovanni Ferrari, presidente di un piccolo colosso della chimica: «I compratori americani e la distribuzione tedesca possono aspettare al massimo un paio di mesi. Poi li perdi. Se il governo ci impone la nuova normativa antisismica ci vorranno mesi di lavori, non possiamo fare aspettare tanto i committenti». Ecco di cosa c’è bisogno nel terremoto e nel resto terremotato della società italiana: più sussidiarietà e meno Stato, via libera alla responsabilità dei cittadini e meno protezione civile, Dal ddl anticorruzione al decreto che certificazioni prodotte facendo ricorso a tecni- imporrebbe una nuova normativa ci privati e procure lontane dai posti dove si de- antisismica per gli stabilimenti nelle ve pensare a tornare al lavoro, non ai proceszone colpite dal sisma. Due misure si per chi ha costruito capannoni dove che darebbero in pasto alla crisi quel nessuno poteva immaginare che sarebbero arrivati i terremoti. poco che resta della nostra economia al ddl anticorruzione al decreto che imporrebbe una nuova normativa antisismica MALAGROTTA, EMERGENZA RIFIUTI Bruxelles severa sulla discarica di Roma Comune e Regione non hanno attenuanti È molto severo il parere motivato (in pratica la messa in stato d’accusa) che il commissario europeo all’Ambiente ha inviato all’Italia sulla discarica di Malagrotta, soprattutto perché, violando le norme, i rifiuti vengono smaltiti senza aver subìto il prescritto trattamento. Nel documento si sottolinea come sia impossibile trattare tutti i rifiuti prodotti, dato che il deficit di impianti nel Lazio è di circa un milione e mezzo di tonnellate, di cui oltre un milione per la provincia di Roma. Una valutazione perfettamente contraria a quella contenuta nel Piano regionale dei rifiuti approvato dalla giunta Polverini. La redazione del Piano fu affidata nella scorsa legislatura dall’allora commissario Marrazzo e dal vicecommissario La Porta a soggetti che vantavano, come principale requisito di qualità, l’appartenenza al sistema delle coop toscane; la Polverini e l’assessore Di Paolo lo fecero proprio con modifiche insignificanti. Va ricordato che del deficit certificato dall’Europa, e della conseguente inconsistenza del Piano, erano stati avvisati più volte il sindaco Alemanno dagli uffici del Comune, l’Ama dai suoi consulenti e gli stessi Polverini e Di Paolo da una serie di memorie inviate da esperti, tutti atti da me ben conosciuti. Gli avvertimenti riguardavano le valutazioni errate contenute nel Piano circa la capacità di trattamento, la sottovalutazione della quantità di rifiuti prodotti e l’assenza di programmi per garantire l’equilibrio tecnico della gestione, che non può essere raggiunto senza la realizzazione di un sistema di incenerimento da circa un milione e mezzo di tonDel deficit certificato dall’Ue, nellate, peraltro già presente nel programma elettorale di Alemanno e del quale non si è più neane quindi dell’inconsistenza che parlato. La procedura di infrazione porterà a del Piano regionale, erano una pesante condanna pecuniaria: la realizzaziogià stati avvisati più volte ne di discariche provvisorie non costituisce una soil sindaco Alemanno, l’Ama e luzione tecnica né amministrativa del problema. gli stessi Polverini e Di Paolo Paolo Togni [email protected] FOGLIETTO Un bagno di lealtà. Nessuna soluzione alla crisi, nemmeno la più “tecnica”, può ignorare la volontà dei popoli A ncora un volta la storia passa per l’Europa: o qui si definisce un equilibrio o la destabilizzazione si allargherà alle altre aree del pianeta. C’è chi vorrebbe che il necessario nuovo assetto nascesse da una soluzione tecnica, da mediazioni definite da qualche algoritmo su credito, fisco e quant’altro: si dice che tutto ha funzionato tecnocraticamente per mezzo secolo e così si può andare avanti. In realtà alla base dell’Unione c’era la Guerra fredda, cioè una rottura tra visioni “calde”, e “partecipate” dai popoli, del mondo (l’estrema uguaglianza contro l’idea di libertà come base del vivere sociale): era questo che sorreggeva piani illuminati e disegni tecnici. È difficile pensare, nel medio periodo, soluzioni che non abbiano salde radici nei popoli “che esistono” in Europa. Solo una dura stagione di catastrofi potrebbe incrinare gli elementi di democrazia acquisiti dalle nazioni del Vecchio Continente. Nel frattempo si deve partire dai popoli per disegnare un futuro realistico. Bisogna indicare opzioni legate ai valori su cui scegliere un percorso, non pensare di risolvere i problemi accoppiando a ricatti economici lacchè al servizio di interessi potenti messi a gestire intere nazioni. Le vie per superare la particolare difficoltà dell’oggi possono essere diverse (compresi scenari in cui Berlino si ritiri dall’euro) e comunque garantire, pur con mezzi differenziati, risultati positivi: la condizione è che siano affrontate con spirito di verità e lealtà verso i popoli coinvolti. Lodovico Festa | | 13 giugno 2012 | 5 SOMMARIO MEDIORIENTE COPERTINA Dove sono finiti i vantaggi immaginati dagli ungheresi con l’ingresso in Europa? Viaggio in un paese infiammato dagli attacchi alla sua identità cristiana e da vincoli finanziari «antidemocratici» 8 Poste italiane spa - spedizione in a. p. d.l. 353/03 (conv. l. 46/04) art. 1 comma 1 ne/Vr LA SETTIMANA Foglietto Lodovico Festa.................................. 5 Non sono d’accordo Oscar Giannino............................. 23 La sfida anno 18 | numero 23 | 13 giugno 2012 | 2,00 settimanale diretto da luigi amicone Impetum suum posse sustineri existimabant. Accedebat quod suos ab se liberos abstractos obsidum nomine dolebant, atque Romanos non solum itinerum Boris Godunov Renato Farina.................................. 31 Budapest contro Bruxelles Le nuove lettere di Berlicche......................................................41 Presa d’aria Paolo Togni........................................... 52 Perché l’Ungheria sfida il conformismo di Bruxelles. Reportage da Budapest 8 Perché l’Ungheria sfida il conformismo di Bruxelles. Viaggio a Budapest | | 13 giugno 2012 | 9 Rodolfo Casadei........................................................................................................................................................................................................................ 8 INTERNI I NUMERI INEDITI INTERNI Avercelo un governo lombardo Gibelli: «Il gioco di costruire le mozioni di sfiducia sugli articoli di giornale non funziona con la Lega. Non si lascia così un’alleanza scelta a grande maggioranza dagli elettori» vità lombarda sono risibili rispetto a quanto si registra a livello nazionale. Il personale della giunta lombarda è diminuito del 30 per cento dal 1995 al 2010. I dirigenti della giunta, nello stesso periodo, sono diminuiti del 54 per cento. La giunta di Regione Lombardia ha un costo annuo per cittadino di circa 21 euro contro la media nazionale di 133. Aggiungendo il costo del personale di enti e società partecipate, il costo complessivo non arriva a 30 euro pro capite. Il minor costo pro capite tra le regioni italiane. E il nalista glielo chiede». Eppure, come rimar- costo degli organi istituzionali per abitanca lo storico ed economista di sinistra Giu- te? È pari a 9 euro, contro una media naziolio Sapelli, «vogliono distruggere soprattut- nale di 24 e un valore massimo di 199. E to le élite politiche del Nord». “l’indice di virtuosità”, cioè l’incidenza del Ma perché vogliono distruggerle? Che costo del personale rispetto alla spesa corconvenienza c’è a buttare gambe all’aria il rente complessiva? In Lombardia è pari allo Nord? E la Lombardia, per giunta, l’unica 0,9 per cento, contro il valore medio nazioRegione con i conti a posto? Se nale di 4,3 e un valore massimo non fosse cronaca martellante italiano di 28. la Lombardia ha degli ultimi sei mesi, la forsenil minor numero di dipendennata campagna in corso sulle ti rispetto agli abitanti: 1 dipenTRA VIRGOLETTE vacanze e gli amici di Formigodente ogni 3.300 abitanti, metà Dimissioni? No grazie ni si direbbe un teatro dell’asdella media nazionale. In sinSu tempi.it tre illustri lombardi contro l’idea surdo. Titolo: “Come sfasciare tesi: se tutte le amministrazioche Formigoni si l’unica amministrazione che ni pubbliche avessero mantenudimetta solo «perché funziona in Italia e pagare due to il trend di crescita delle spese qualche giornalista volte l’Imu quando non cisarebdi questa Regione, pari al 23,5 glielo chiede»: sono l’ex governatore Piero be bisogno di nessuna Imu se per cento in 16 anni, si sarebBassetti, l’ex sindaco Formigoni governasse a Roma be ottenuto un risparmio per lo socialista di Milano come ha governato in LombarStato di 41 miliardi e 686 milioCarlo Tognoli e Piero dia”. Stiamo esagerando per ni di euro. Sì, avete letto bene: Ostellino, la penna più liberale del Corriere. partigianeria? Vediamo un po’. 41 miliardi e rotti, il doppio del Esaminiamo i fatti del governo gettito previsto per l’Imu. di Roberto Formigoni, separati dalle opinioQuanto al “sistema Formigoni”. Come ni sulle vacanze di Roberto Formigoni. I fat- mai ci si concentra su amici e vacanze del ti dell’amministrazione lombarda, freschi leader lombardo e sappiamo ancora niendi bilancio 2011 e perciò inediti, reperiti da te sui “sistemi” delle regioni campionesse di deficit? Ad esempio, circa due anni fa, il Tempi nei “rendiconti di gestione”. Intanto, dati contabili alla mano, 30 giugno 2010, dalla relazione della Com“casta” e “costi della politica” per la colletti- missione tecnica sul federalismo viene Il presidente del Consiglio Mario Monti e, a sinistra, il governatore della Lombardia Roberto Formigoni. A destra, il suo vice leghista Andrea Gibelli di Luigi Amicone A ll’indomani della svolta “maroniana” la Lega non cambia alleato. Almeno in Lombardia. Dove mercoledì 6 giugno i “padani” guidati dal numero due del governo formigoniano Andrea Gibelli hanno respinto insieme al Pdl l’ennesima mozione di sfiducia contro il governatore e rimandato al mittente l’appello del Pd a riportare alle urne gli elettori lombardi. Telegrafico ma incisivo, Gibelli dice a Tempi: «Questo giochino di costruire le mozioni di sfiducia sugli articoli di giornale non funziona con la Lega. Noi andiamo avanti col programma concordato in Lombardia. Ci interessa il merito delle questioni, non le sirene della sinistra il cui unico problema è quello di abbassare l’asticella a zero perché credono di trarre vantaggio dalle campagne stampa. Rigoristi in | 13 giugno 2012 | Lombardia, relativisti in Emilia Romagna. Come ha detto lo stesso Formigoni, non si lascia un’alleanza programmatica scelta a grande maggioranza dagli elettori se non il giorno in cui venissero provate accuse che, allo stato attuale, sono fondate solo sul “sentito dire”». D’altra parte è uno strano partito quello di Pier Luigi Bersani. Alza la voce in Lombardia, dimentica le legnate prese a Palermo da Leoluca Orlando, non chiarisce la situazione, a dir poco tragicomica, in cui il Pd si trova nella giunta dimissionaria Lombardo. E così, nel territorio che già detiene saldamente il record dei dipendenti pubblici regionali (quasi 18 mila contro i circa 3 mila della Lombardia), in attesa del ritorno alle urne previsto per il prossimo ottobre, gli stessi che fanno opposizione alla giunta Formigoni, in Sicilia votano l’assunzione di 22 mila precari (tra cui trenta cosiddet- ti “camminatori”, cioè impiegati incaricati di trasportare documenti da un assessorato all’altro) e plaudono alla riapertura delle indagini, decisa dalla procura di Palermo il 24 maggio scorso, nientemeno che sulla scomparsa di un sindacalista di Corleone avvenuta il 10 marzo 1948 (c’è chi dice che tra un po’ a Palermo useranno i soldi pubblici pure per indagare i comandi alleati che nel ’43 sbarcarono in Sicilia, come è noto, grazie anche al supporto logistico della mafia). Ma insomma, se giustizia e welfare alla siciliana offrono un grande futuro dietro le spalle a tutti, il democrat Sergio Rizzo, l’altro famoso autore della Casta e fustigatore dei costi della politica, dice a Ballarò di sperare che, così, in generale, in futuro si dia un taglio «al bubbone Regioni». Meglio, però, non entrare nel dettaglio. Per esempio paragonando Sicilia e Lombardia. O magari comparando il favoloso ventennio rosso del “Rinascimento” bassoliniano e l’analogo terribile ventennio azzurrociellino del “sistema di potere” formigoniano. Per il bilancio del Rinascimento partenopeo sarebbe in effetti sufficiente esibire il titolo e l’occhiello apparsi sul Mattino di Napoli il 20 maggio scorso: “Alla Campania servono 6 miliardi di euro per lasciarsi alle spalle la crisi. A tanto ammonta, secon- do i tecnici della Regione, l’indebitamento record delle pubbliche amministrazioni con il mondo delle imprese, che in certi casi attendono fino a 771 giorni il pagamento delle fatture”. Al capo opposto, invece, basterebbe citare la notizia del Sole 24 ore del 29 maggio. Che dai primi risultati dei tavoli di monitoraggio del governo Monti attivati con le Regioni per tenere sotto controllo la spesa pubblica, segnala la Lombardia (dove i fornitori dell’amministrazione sono pagati a sessanta-novanta giorni) come la regione più virtuosa, con un attivo di 224 milioni ottenuto senza ricorrere alle risorse di bilancio locale. Foto: AP/LaPresse, Infophoto Se tutte le amministrazioni pubbliche avessero seguito il trend di spesa del “sistema Formigoni”, in 16 anni lo Stato avrebbe risparmiato 41 miliardi e rotti, due volte l’Imu. Piuttosto che dimetterlo, il Celeste bisognerebbe esportarlo. A Roma Qualche semplice paragone Si capisce allora perché gente seria come Piero Bassetti, Carlo Tognoli, Piero Ostellino, tre storici e illustri esponenti della società civile lombarda, rispettivamentecattolico, socialista e liberale, si siano risolutamente schierati «contro le dimissioni di Roberto Formigoni». Bassetti, in particolare, ex presidente della stessa Regione, nonché ispiratore del “Gruppo 51” che ha sostenuto la candidatura di Giuliano Pisapia a sindaco di Milano, si è addirittura infuriato: «Non è possibile che Formigoni si debba dimettere perché qualche stronzo di gior- | | | 13 giugno 2012 | 15 Numeri inediti. Il “sistema Formigoni” Se tutte le amministrazioni pubbliche avessero seguito il trend di spesa della Lombardia, in 16 anni lo Stato avrebbe risparmiato 41 miliardi e rotti, due volte l’Imu. Piuttosto che dimetterlo il Celeste bisognerebbe esportarlo. A Roma Luigi Amicone..............................................................................................................................................................................................................14 24 SOCIETÀ SOCIETà IN LIBRERIA LA TEORIA DEL “GENDER” E L’ORIGINE DELL’OMOSESSUALITÀ T. Anatrella San Paolo 14,90 euro Monsignor Tony Anatrella è psicanalista, specializzato in psichiatria sociale, insegna a Parigi presso le libere Facoltà di filosofia e psicologia e al Collège des Bernardins. È anche consultore dei Pontifici consigli per la famiglia e per la salute «La teoria del “gender” ci prepara un mondo dove nulla sarà più percepito come stabile», dice lo psicanalista Tony Anatrella. «I danni provocati dal divorzio non sono nulla rispetto a quelli che può causare l’ideologia Lgbt» ideologia del “gender” «farà sicuramente più danni del marxismo». Lo ha messo nero su bianco monsignor Tony Anatrella, psicanalista di fama internazionale, specialista in psichiatria sociale, docente alle libere Facoltà di filosofia e psicologia di Parigi e al Collège des Bernardins, oltre che consultore del Pontificio consiglio per la famiglia e del Pontificio consiglio per la salute. Il suo ultimo libro, La teoria del “gender” e l’origine dell’omosessualità, appena pubblicato da San Paolo, Anatrella lo ha scritto proprio per mettere in guardia dalle conseguenze – esistenziali e sociali – della teoria che nega la differenza sessuale fra l’uomo e la donna. Monsignore, cosa può accadere a uomini che crescono incerti delle differenze che vedono? Ora non si vedono ancora le conseguenze della negazione della differenza sessuale, ma tra una ventina d’anni sarà chiaro: se si va avanti così assisteremo a crisi identitarie gravi, al diffondersi di problemi mentali. La realtà sarà confusa con l’immaginazione e niente verrà più percepito come stabile. Un’incertezza cronica è poi la madre di comportamenti violenti. Il bambino cresce sano e sicuro quando interiorizza la differenza sessuale. Ma è un conflitto accettar| 13 giugno 2012 | la. Se la mentalità lo spinge a non accettare la differenza è più facile che, come accade all’omosessuale, questo cresca depresso, insicuro e incapace di accettare la diversità. I gravi danni psicologici provocati dai divorzi che oggi constatiamo non sono nulla rispetto a quelli che può causare l’ideologia del gender sulle generazioni future. Lei parla di una crescente diffusione di comportamenti omosessuali. È dovuta solo all’accettazione di questo modello come normale o anche alla prevalenza di una mentalità narcisistica? Diciamo che la mentalità narcisistica, che rifiuta l’alterità come elemento necessario al compimento dell’uomo, favorisce l’omosessualità. Aumentano i comportamenti omosessuali perché la società, anziché favorire l’accettazione umana del proprio sesso prima e di quello opposto poi, favorisce la regressione alla fase infantile della sessualità in cui non si riconosce l’alterità come positiva. Ma se il bambino non è aiutato a uscire da se stesso e a superare le fasi infantili, come quella anale ad esem- pio, può incorrere in problemi molto seri: oltre a quello dell’omosessualità ci sono l’alcol, la droga, la bulimia e molti altri. L’omosessualità dunque non ha un’origine fisiologica, neurologica o genetica? Ormai tutti gli studi concordano nell’affermare che è un disturbo della psiche, come già sosteneva Sigmund Freud. L’uomo e la donna sviluppano la propria psicologia interiorizzando il proprio corpo sessuato durante l’infanzia e l’adolescenza. Quando questo non accade, i soggetti non accettano il proprio corpo reale rappresentandone uno che non corrisponde alla loro realtà personale: il corpo immaginato è diverso dal corpo reale. L’omosessuale, si legge nel suo libro, è possessivo, nel rapporto con l’altro cerca di riempire una mancanza ed è incapace di donarsi. Come può allora la Chiesa chiedergli di vivere nella castità? «Non si vedono ancora le conseguenze della negazione della differenza sessuale, ma se si va avanti così assisteremo a crisi identitarie gravi, al diffondersi di problemi mentali» La Chiesa afferma che le pratiche sessuali tra persone dello stesso sesso sono atti Foto: AP/LaPresse L’ intrinsecamente disordinati perché l’omosessuale non riesce ad arginare la frustrazione che vive unendosi a chi è uguale a lui. Tanto che, pur vivendo queste relazioni, resta insoddisfatto. Perciò la Chiesa propone alle persone veramente omosessuali (altre possono invece intraprendere un percorso terapeutico che le porti all’eterosessualità) di astenersi dal praticare e di cercare di guardarsi dentro per fondare le loro relazioni su un altro amore che può colmare la ferita, quello di Cristo nella Chiesa. È un cammino difficile, ma è l’unico che permette di vivere in questa condizione serenamente. Ci sono cristiani che hanno questa tendenza e la assumono senza cercare di esprimerla o di praticarla. Alcuni possono avere esperienze, dispiacersene e avere voglia di cambiare, trovando nella fede in Cristo la risorsa per fare il proprio cammino di felicità: all’interno dell’amore della Chiesa ogni uomo può trovare il proprio posto. Che rapporto c’è tra le lobby Lgbt e la popolazione che dicono di rappresentare? Questi gruppi di pressione rappresentano davvero tutti gli omosessuali? Le lobby omosessuali fanno molto rumore. Lo si vede chiaramente quando organizzano manifestazioni come i Gay Pride, aperti anche agli eterosessuali per fare numero. Resta il fatto che gli omosessuali rappresentano una percentuale molto bassa della popolazione totale. In Francia un’inchiesta ha dimostrato che nel 2008 solo l’1,1 per cento degli uomini e lo 0,3 per cento delle donne hanno avuto contatti sessuali con persone dello stesso sesso, il che non vuol dire necessariamente che questi siano tutti realmente omosessuali. Parliamo quindi di un’esigua minoranza, con un grande potere nel settore politico e mediatico, che vuole imporre il proprio stile di vita alla maggioranza della popolazio- ne ignara di quello che sta accadendo davvero: i media hanno un potere d’influenza psicologica tale da far passare per cattivo chi solo domanda di capire. Abituano ad accettare come normale anche quello che da sempre l’uomo percepisce come evidentemente problematico. Sono bandite dal dibattito perfino le domande circa l’origine dell’omosessualità. Insomma un problema che tocca poche persone viene trasformato in una questione epocale. Come è possibile che una lobby che rappresenta una parte minima della popolazione abbia tanto potere? Per comprendere questo fenomeno bisogna inserirlo in un quadro storico che si evolve a partire dagli anni Cinquanta, quando iniziò a svilupparsi l’ideologia della liberazione sessuale che voleva ridurre la sessualità al suo aspetto infantile e ludico. In seguito, all’inizio degli anni Settanta, si cominciò ad affermare che il piacere sessuale era un diritto primario «I media abituano ad accettare come normale anche quello che da sempre l’uomo percepisce come problematico. Sono bandite perfino le domande circa l’origine dell’omosessualità» | | | 13 giugno 2012 | 25 Lo psicanalista. Attenti all’ideologia Lgbt «La teoria del “gender” ci prepara un mondo dove nulla sarà più percepito come stabile». Parla Tony Anatrella Benedetta Frigerio........................................................................................................................................................................................ 24 Sobrietà. Vacanze ai giardinetti Ricordatevi di conservare tutti gli scontrini.................................................... 28 32 CULTURA TRA OCCIDENTE E ORIENTE Nuovi totalitaristi crescono CULTURA E SPORT Nel suo ultimo libro, frutto di una lunga gestazione, Ernst Nolte ritrova nell’islamismo, inteso come dimensione bellica e dogmatica dell’islam, elementi comuni con il bolscevismo e il fascismo IL SAGGIO Non erano il capitalismo né gli ebrei i veri nemici dei movimenti estremisti che insanguinarono il secolo scorso. Fascisti e bolscevichi volevano cancellare la trascendenza dell’uomo. Proprio come fa, oggi, l’islam radicale. Parla Ernst Nolte che l’ultimo libro di Ernst Nolte, definendo l’islamismo come «terzo movimento di resistenza radicale» accanto a bolscevismo e fascismo, abbia suscitato a suo tempo eco e reazioni significative sulle stampa tedesca. Protagonista nel 1986 della cosiddetta “disputa tra gli storici” per le sue analisi dei due grandi fenomeni totalitari del XX secolo, Nolte è dunque tornato a suscitare polemiche con questo corposo studio (Il terzo radicalismo, ora edito anche in Italia per i tipi di Liberal), frutto di una lunga gestazione, nel quale il “pensatore della storia” ritrova nell’islamismo, inteso come dimensione bellica e dogmatica dell’islam, elementi comuni con il bolscevismo e il fascismo. Da grande personalità qual è, Nolte non ha difficoltà ad ammettere i propri limiti nella conoscenza dell’oggetto. Tuttavia, essendo l’islamismo ormai riconosciuto nel dibattito pubblico come un fenomeno d’opposizione radicale al “moderno”, ha ritenuto necessario non lasciare ai soli specialisti un tema così caldo e palpabile. Col rischio di esporsi a dure critiche – come, per esempio, quelle ricevute da Walter Laqueur, ritenuto uno dei fondatori della ricerca sulle origini del terrorismo, secondo il quale il libro di Nolte si sofferma troppo sulle dittature novecentesche. In realtà i tratti che assimilano il «terzo movimento di resistenza radicale» alle altre due «rivoluzioni conservatrici» possono essere colti solo riproponendo le carat- 34 on stupisce più di tanto | 13 giugno 2012 | teristiche del marxismo e del nazionalsocialismo, ecco il motivo di quella lunga prima parte del lavoro così poco apprezzata da Laqueur. L’elemento essenziale che lega i tre “movimenti”, secondo Nolte, è l’aspirazione a salvare le relazioni di vita primordiali dalla modernità. Da qui lo storico parte per raccontare il progressivo confronto dell’islam con il mondo a partire dal XIX secolo, iniziando dall’arrivo di Napoleone in Egitto, attraverso il sionismo, interpretato come la sfida decisiva della modernità al cuore dell’islam, per finire con l’islamismo, inteso come forza rilevante nel contesto del conflitto globale. Taciuta all’estero dai suoi detrattori, ma anche dai suoi estimatori, la domanda di Nolte si concentra su quale sia il nemico contro il quale combatterono bolscevismo e fascismo, che è lo stesso contro il quale combatte oggi l’islamismo. Quel nemico – è la risposta dello storico tedesco – non è il capitalismo, e neppure l’ebraismo. «È piuttosto un “qualcosa” presente nel capitalismo che è stato a lungo preso in esame da pensatori ebrei e non ebrei: la ricchezza più interiore, o meglio, il destino vero dell’uomo, che va “oltre se stesso”, cioè (…) la trascendenza, la necessità di porsi in un rapporto emozionale con il mondo nella IL TERZO RADICALISMO Ernst Nolte Edizioni Liberal 23 euro Professor Nolte, tutto il mondo ha seguito e segue con attenzione ciò che sta accadendo da oltre un anno nei paesi del Nord Africa e nel Medio Oriente arabo e musulmano. La cosiddetta “primavera araba”, quella che i tedeschi chiamano “Arabellion”, ha preso apparentemente le mosse da legittime aspirazioni di libertà e giustizia. Oggi, però, i segnali indicano un po’ ovunque una possibile deriva islamista del fenomeno, più che una vittoria delle forze democratiche. C’è dunque il rischio reale che la battaglia per la libertà contro i regimi dittatoriali porti all’affermazione di quell’islam radicale di cui parla nel suo libro? Ernst Nolte, storico, studioso del bolscevismo e dei movimenti fascisti, è professore emerito alla Libera Università di Berlino sua interezza». Una considerazione che lo conduce all’origine stessa del male, la ribellione dell’uomo contro il suo creatore. «Se è giusta la tesi degli ideologi islamici – scrive Nolte – secondo la quale l’islam null’altro è se non il ritorno dell’essenza ribelle dell’uomo contro l’armonia dell’universo creato da Dio, allora il concetto di “trascendenza”, inteso come qualcosa di negativo e dunque da negare, si lascia usare (nell’islamismo, ndr) in maniera non diversa da come venne usato da Lenin e Hitler». L’attualità del tema e la lucidità con cui Nolte legge i movimenti della storia umana in relazione alle aspirazioni del singolo rendono anche que«Sia i Fratelli Musulmani che i salafiti sono, per sto suo lavoro, nonostante il limiti da lui stesso ammessi, motivi facilmente comprensibili, nemici radicali imprescindibile. Anche per di Israele e i più estremisti tra loro aspirano comprendere i fenomeni in ad annientare lo Stato e il popolo ebraico» atto nel contesto arabo. | Foto: AP/LaPresse N Nella cosiddetta “Arabellion” si affrontano due forze aspiranti al potere che fino ad oggi sono state sottomesse ai regimi dittatoriali: da un lato quella dei Fratelli Musulmani, la cui storia in una certa misura conosco, e dei salafiti, i quali al tempo di questo mio studio non giocavano ancora un ruolo significativo; dall’altra l’allineamento all’Occidente, sia attraverso la soppressione delle strette prescrizioni morali dell’islam, sia con l’emigrazione di massa verso i paesi occidentali. Lei parla nel libro di Israele come “centro di modernità” nel contesto del mondo islamico, sottintendendo gli stretti legami dello Stato ebraico con l’Occidente. Dopo quanto è accaduto dall’inizio della “primavera araba” ad oggi, quali ripercussioni politiche immagina che ci potranno essere appunto nei paesi occidentali, intendendo tra questi anche Israele? Sia i Fratelli Musulmani che i salafiti sono, per motivi facilmente comprensibili, nemici radicali di Israele e i più estremisti tra loro aspirano di fatto all’annientamento dello Stato e del popolo ebraico. I solenni giuramenti degli uomini e delle donne di Stato occidentali non lasciano intravedere alcuna altra via che non sia quella di un sostegno incondizionato a Israele, se necessario anche di carattere militare. Se la richiesta di annientamento avesse come obiettivo solo la scomparsa dell’Israele “sionista”, col fine di rendere possibile la convivenza di ebrei, musulmani e cristiani in un unico stato (così come gli Alleati della Seconda Guerra Mondiale non pretesero la distruzione della “Germania”, ma del- la “Germania nazionalsocialista”), in Occidente non sarebbe più possibile la perpetuazione dell’interpretazione unilaterale della richiesta islamica di annientamento, e quegli uomini e quelle donne dovrebbero decidersi: sostenere incondizionatamente anche l’Israele inteso come “potenza d’occupazione” oppure solo l’Israele degli anni 1949-50 riconosciuto dal diritto internazionale. Come giudica il ruolo dei salafiti negli atti di vandalismo verificatisi in Germania nelle ultime settimane? Ritiene che questo radicalismo rappresenti il futuro della Germania e dell’Europa? Questo radicalismo, di cui sono protagonisti piccolo gruppi, non può essere il futuro della Germania e dell’Europa. Qualcosa del genere potrebbe però accadere qualora proseguisse l’immigrazione incontrollata di musulmani verso l’Europa e se il fanatismo della volontà di “conquista del mondo in nome della vera fede”, immanente all’islam in quanto tale, sebbene spesso mascherato o diventato inefficace, pren«Questo radicalismo non è il nostro futuro, desse il sopravvento sulla a meno che non prosegua l’immigrazione maggioranza diventata nel incontrollata e non prevalga la volontà di frattempo minoranza. “conquista del mondo in nome della vera fede”» Vito Punzi | | 13 giugno 2012 | 35 Ernst Nolte. Nuovi totalitaristi crescono L’islam radicale come il fascismo e il bolscevismo.................. 32 Fiabe. C’era una volta (e c’è ancora) Tre mamme si inventano una collana per ragazzi................... 34 Calcio. Il soldato Sdengo alla riscossa La chance decisiva per l’ultimo giapponese Zeman............ 42 62 taz&bao TAZ&BAO In famiglia si sta come in Paradiso Le gioie dell’infanzia in Baviera nella certezza che «è buono essere un uomo». L’importanza di non isolarsi anche quando si è in due. L’amore oltre il sentimento. Le formidabili risposte a braccio di Benedetto XVI alle domande dei fedeli da tutto il mondo Grazie, carissima, e ai genitori: grazie di cuore. Allora, hai chiesto come sono i ricordi della mia famiglia: sarebbero tanti! Volevo dire solo poche cose. Il punto essenziale per la famiglia era per noi sempre la domenica, ma la domenica cominciava già il sabato pomeriggio. Il padre ci diceva le letture, le letture della domenica, da un libro molto diffuso in quel tempo in Germania, dove erano anche spiegati i testi. Così cominciava la domenica: entravamo già nella liturgia, in atmosfera di gioia. Il giorno dopo andavamo a Messa. Io sono di casa vicino a Salisburgo, quindi abbiamo avuto molta musica – Mozart, Schubert, Haydn – e quando cominciava il Kyrie era come se si aprisse il cielo. E poi a casa era importante, naturalmente, il grande pranzo insieme. E poi abbiamo cantato molto: mio fratello è un grande musicista, ha fatto delle composizioni già da ragazzo per noi tutti, così tutta la famiglia cantava. Il papà suonava la cetra e cantava; sono momenti indimenticabili. | 13 giugno 2012 | | Poi abbiamo fatto insieme viaggi, camminate; eravamo vicino ad un bosco e così camminare nei boschi era una cosa molto bella: avventure, giochi eccetera. In una parola, eravamo un cuore e un’anima sola, con tante esperienze comuni, anche in tempi molto difficili, perché era il tempo della guerra, prima della dittatura, poi della povertà. Ma questo amore reciproco che c’era tra di noi, questa gioia anche per cose semplici era forte e così si potevano superare e sopportare anche queste cose. Mi sembra che questo fosse molto importante: che anche cose piccole hanno dato gioia, perché così si esprimeva il cuore dell’altro. E così siamo cresciuti nella certezza che è buono essere un uomo, perché vedevamo che la bontà di Dio si rifletteva nei genitori e nei fratelli. E, per dire la verità, se cerco di immaginare un po’ come sarà in Paradiso, mi sembra sempre il tempo della mia giovinezza, della mia infanzia. Così, in questo contesto di fiducia, di gioia e di amore eravamo felici e penso che in Paradiso dovrebbe essere simile a come era nella mia gioventù. In questo senso spero di andare «a casa», andando verso l’«altra parte del mondo». Serge Razafinbony e Fara andrianobonana coppia di fidanzati dal Madagascar Serge – Santità, siamo Fara e Serge, e veniamo dal Madagascar. Ci siamo conosciuti a Firenze dove stiamo studiando, io ingegneria e lei economia. Siamo fidanzati da quattro anni e non appena laureati sogniamo di tornare nel nostro Paese per dare una mano alla nostra gente. Foto: AP/LaPresse Pubblichiamo il dialogo di papa Benedetto XVI con alcune famiglie del mondo svoltosi il 2 giugno al Parco di Bresso (Mi) durante la Festa delle Testimonianze, nell’ambito del VII Incontro mondiale delle famiglie. Cat tien dal Vietnam Ciao, Papa. Sono Cat tien, vengo dal Vietnam. Ho sette anni e ti voglio presentare la mia famiglia. Lui è il mio papà, Dan e la mia mamma si chiama tao, e lui è il mio fratellino binh. Mi piacerebbe tanto sapere qualcosa della tua famiglia e di quando eri piccolo come me… 62 Mamma Oca Annalena Valenti..................... 53 Post Apocalypto Aldo Trento......................................... 56 Sport über alles Fred Perri................................................ 60 Cartolina dal Paradiso Pippo Corigliano......................... 61 Diario Marina Corradi............................66 RUBRICHE L’Italia che lavora.................... 48 Per Piacere..............................................50 Green Estate......................................... 52 Mobilità 2000.................................. 55 Lettere al direttore................. 62 VIETATO DIRLO Col sesso non si gioca 24 | Reportage. La sfida di Budapest a Bruxelles E i vantaggi immaginati dagli ungheresi con l’ingresso nei 27? Viaggio in un paese infiammato dagli attacchi alla sua identità cristiana e da vincoli finanziari «antidemocratici» 14 14 | 13 giugno 2012 | Il Papa a Milano. In famiglia come in Paradiso Le gioie dell’infanzia in Baviera nella certezza che «è buono essere un uomo». L’importanza di non isolarsi anche quando si è in due. L’amore oltre il sentimento. Le formidabili risposte a braccio di Benedetto XVI alle domande dei fedeli da tutto il mondo......................................................... 62 Reg. del Trib. di Milano n. 332 dell’11/6/1994 settimanale di cronaca, giudizio, libera circolazione di idee Anno 18 – N. 23 dal 7 al 13 giugno 2012 DIRETTORE RESPONSABILE: LUIGI AMICONE REDAZIONE: Emanuele Boffi, Laura Borselli, Mariapia Bruno, Rodolfo Casadei (inviato speciale), Benedetta Frigerio, Massimo Giardina, Caterina Giojelli, Daniele Guarneri, Elisabetta Longo, Pietro Piccinini, Chiara Rizzo, Chiara Sirianni SEGRETERIA DI REDAZIONE: Elisabetta Iuliano DIRETTORE EDITORIALE: Samuele Sanvito PROGETTO GRAFICO: Enrico Bagnoli, Francesco Camagna UFFICIO GRAFICO: Matteo Cattaneo (Art Director), Davide Viganò FOTOLITO E STAMPA: Mondadori Printing S.p.A., via Mondadori 15, Verona DISTRIBUZIONE a cura della Press Di Srl GESTIONE ABBONAMENTI: Tempi, Corso Sempione 4 • 20154 Milano, dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 13 tel. 02/31923730, fax 02/34538074 [email protected] EDITORE: Tempi Società Cooperativa, Corso Sempione 4, Milano La testata fruisce dei contributi statali diretti di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 250 SEDE REDAZIONE: Corso Sempione 4, Milano, tel. 02/31923727, fax 02/34538074, [email protected], www.tempi.it CONCESSIONARIA PER LA PUBBLICITà: Editoriale Tempi Duri Srl tel. 02/3192371, fax 02/31923799 GARANZIA DI RISERVATEZZA PER GLI ABBONATI: L’Editore garantisce la massima riservatezza dei dati forniti dagli abbonati e la possibilità di richiederne gratuitamente la rettifica o la cancellazione scrivendo a: Tempi Società Cooperativa, Corso Sempione, 4 20154 Milano. Le informazioni custodite nell’archivio elettronico di Tempi Società Cooperativa verranno utilizzate al solo scopo di inviare agli abbonati la testata e gli allegati, anche pubblicitari, di interesse pubblico (D.LEG. 196/2003 tutela dati personali). Dove sono finiti i vantaggi immaginati dagli ungheresi con l’ingresso in Europa? Viaggio in un paese infiammato dagli attacchi alla sua identità cristiana e da vincoli finanziari «antidemocratici» La sfida Budapest contro Bruxelles 8 | 13 giugno 2012 | | MEDIORIENTE COPERTINA Impetum suum posse sustineri existimabant. Accedebat quod suos ab se liberos abstractos obsidum nomine dolebant, atque Romanos non solum itinerum | | 13 giugno 2012 | 9 da Budapest Rodolfo Casadei B udapest non solo offre il secondo più bel parlamento d’Europa dopo quello di Westminster, che è l’esempio a cui si ispira, ma è probabilmente la capitale numero uno del continente per il numero di statue o busti di bronzo o di marmo sparsi per la città. Non c’è piazza o parco, di qualunque dimensione, al centro dei quali non troneggi una figura pensosa e assorta di scienziato o poeta, un gruppo di soldati o di patrioti in posa plastica, solenni simulacri di re e di altri padri della patria. Nessuno sfigura, nessuno risulta tronfio, e non necessariamente per la mano felice di scultori e fonditori. Il segreto, tutto ungherese, è il contesto: sono i fusti arborei circostanti, le facciate dei palazzi, le dimensioni di piazze o piazzette, la viabilità ampia o minuscola, la prossimità al Danubio, a fare la bellezza del monumento. Al contrario (per ora) degli europei occidentali, gli ungheresi sono affa- 10 | 13 giugno 2012 | | mati di storia patria ogni giorno di più. E non solo perché sono i discendenti di quel Regno di Ungheria che all’indomani della Prima Guerra mondiale perse i due terzi del territorio e il 63 per cento della popolazione col trattato di Trianon del 1920. Certo, in ogni casa e ufficio pubblico magiari troverete sempre, nascosta da qualche parte, una mappa della Grande Ungheria pre-Trianon. Ma oggi c’è dell’altro. «Siamo entrati nell’Unione Europea sulla base di condizioni sfavorevoli», argomenta un’autorevole personalità ecclesiale che non vuole essere citata. «Abbiamo tolto le barriere doganali, e tutte le nostre produzioni, a cominciare da quelle agricole, sono finite fuori mercato. Perché restassimo uno sbocco conve- niente per i beni prodotti in Europa, siamo stati spinti a indebitarci. Le imprese e le banche straniere hanno realizzato profitti, gli ungheresi hanno perso i loro posti di lavoro. E così oggi la gente si domanda: chi è che ha distrutto la nostra economia? E si rispondono: i ladri post-comunisti che hanno privatizzato e svenduto le nostre industrie agli stranieri e i ricettatori occidentali che le hanno acquistate». «I vantaggi dell’adesione all’Unione Europea che i politici ci avevano promesso o sono svaniti, o sono ambigui: i generi alimentari costano meno, ma l’agricoltura ungherese sta scomparendo», chiosa Szilard Szönyi, caporedattore del settimanale Heti Valasz. «Voi italiani avete una storia simile alla nostra e potete capirci: agli ungheresi non «La gente si chiede chi ha distrutto l’economia. piace fare parte dell’impero di qualcun’altro». E risponde: i ladri post-comunisti che hanno Ecco, il malinteso è tutprivatizzato e svenduto le industrie a stranieri to qui. Da Amnesty International alla coppia Repubblica e gli occidentali che le hanno acquistate» COPERTINA PRIMALINEA LA VICENDA LA DECISIONE DI ECOFIN Deficit otre il 3 per cento del Pil Il 13 marzo scorso l’Ecofin ha sospeso l’erogazione di 495 milioni di euro di fondi di coesione all’Ungheria obiettando che il prossimo anno il deficit supererà il 3 per cento del Pil. È la prima volta che viene sanzionato un paese che non ha ancora violato la barriera del 3 per cento ma che, secondo i ministri delle Finanze dei 27, la violerà. IL PARERE CONTRARIO La Commissione sblocca i fondi Il 30 maggio, la Commissione Europea ha esortato Bruxelles a sbloccare i fondi congelati. L’Ungheria, sottolinea il rapporto, «ha preso le azioni necessarie per correggere il suo deficit eccessivo». La decisione definitiva sarà presa da Ecofin nella riunione del prossimo 22 giugno. & Corriere, dai socialisti, verdi e liberali del Parlamento Europeo come Martin Schultz, Daniel Cohn-Bendit e Guy Verhofstadt ai commissari europei come Viviane Reding e Neelie Kroes, i progressisti europei non riescono a capacitarsi del perché in pieno XXI secolo gli ungheresi non si ribellino contro una costituzione secondo loro intrisa di fondamentalismo cristiano e contro una maggioranza di governo che sta occupando tutti i posti di potere, dalla magistratura alla Banca centrale, dai media pubblici alle istituzioni di garanzia. Non vogliono capire due concetti semplici. Primo, la delusione e il disincanto nei riguardi del modello democratico è ai suoi massimi storici: «Se le scelte sono tutte obbligate dai vincoli finanziari interni ed esterni, se chiunque governi le ricette sono le stesse a cominciare dal taglio della spesa sociale, che fine ha fatto la democrazia come libertà di scelta del modo in cui si vuole essere governati?», chiede retoricamente l’ecclesiastico. Secondo: «Agli unghe- resi non dà fastidio la citazione di santo Stefano nella nuova costituzione, né l’adombrata concentrazione di potere nelle mani della maggioranza: sono strumenti necessari a rendere il governo più forte ed efficiente di fronte alle sfide globali della finanza e dei mercati», spiega Szönyi. «Orban sta perdendo consensi per altri motivi: la situazione economica non tende a migliorare, e il governo di Fidesz negli affari privilegia i suoi protetti come facevano i socialisti prima di lui, anzi: a volte sostituisce i network di sinistra con nuovi network di destra, a volte stipula coi primi accordi nell’ombra». La spasmodica ricerca delle origini, lo sguardo rivolto al passato anziché al presente e al futuro, la riabilitazione di personag- Il primo ministro Viktor Orban, leader del partito Fidesz. A sinistra, il parlamento ungherese gi discussi della storia nascono dalla delusione verso l’Europa e dalla frustrazione di forze politiche che, non potendo offrire un futuro migliore ai cittadini, promettono “un passato migliore”. E non che lamentarsi, bisognerebbe essere lieti che nella nuova costituzione esso sia identificato con santo Stefano e col cristianesimo, perché a volte la ricerca conosce approdi molto più inquietanti: la rievocazione dello sciamanesimo precristiano da parte di esponenti dell’estrema destra; la nostalgia per l’Impero austroungarico; la riabilitazione del reggente Miklos Horthy, il personaggio più controverso della storia moderna ungherese, che si alleò con l’Italia di Mussolini e la Germania nazista per recuperare i territori della Grande Ungheria e finì arrestato dagli uomini di Hitler nel 1944, ma in mezzo ci mise le prime leggi antisemite d’Europa (la limitazione del numero di ebrei iscritti alle università) e l’acquiescenza alle deportazioni naziste di 438 mila ebrei ungheresi, prima del sussulto di orgoglio in loro difesa che gli costò la deposizione e l’imprigionamento. I nostalgici di Horthy erigono statue all’ammiraglio che i suoi detrattori sfigurano con vernice rossa, mentre per rappresaglia la statua di Raoul Wallenberg, salvatore di ebrei, viene contaminata con teste di porco. L’estremismo di Jobbik La sinistra europea, impegnata per ragioni propagandistiche a demonizzare l’Ungheria di Orban e a farne il simbolo dei nemici del progresso, grida al “rigurgito antisemita”. Ma questa è speculazione politica intorno a una questione delicata. Spiega Shlomo Köves, rabbino capo della comunità Chabad Luba«Agli ungheresi non dà fastidio la citazione vitch (una delle tre correnti di santo Stefano nella costituzione, né il potere in cui sono divisi i 100 mila nelle mani della maggioranza: sono strumenti ebrei di Budapest): «L’estremismo sta alzando la voce, necessari a rendere il governo più forte» | | 13 giugno 2012 | 11 i discorsi antisemiti sono sempre più diffusi, è in atto una tendenza negativa. In parlamento è rappresentato Jobbik, un partito di estrema destra apertamente antisemita, e questo è un problema per tutto il paese. Nella società ungherese c’è sempre stata una componente razzista, e le difficoltà economiche la fanno emergere. Però l’Ungheria è anche il paese dell’Est europeo che ha visto la maggiore rinascita di vita ebraica dopo la fine del comunismo, quello dove è stata restituita la più grande quantità di proprietà confiscate. Sotto il comunismo potevamo solo praticare il culto in sinagoga, nessuna manifestazione di identità culturale era ammessa e avevamo solo una piccola scuola media con tre iscritti; oggi abbiamo tre scuole con 600 studenti, un’università ebraica che ha avuto 5 mila studenti in dieci anni, ristoranti kosher, teatri e festival di cultura ebraica. A Budapest un ebreo può girare per strada vestito in modo riconoscibile senza dover temere per la sua integrità fisica: in Francia o in Belgio non mi sentirei allo stesso modo sicuro. Non ho dubbi che lo Stato ungherese garantirà la nostra protezione, sia che governi la destra oppure la sinistra, ma vorrei che il governo disegnasse un confine più netto fra sé e Jobbik». Le polemiche sul nome Altra questione usata come una clava contro il governo del centrodestra è quella dei rom: qui progressisti europei e Jobbik sono uniti nella speculazione politica. Per i primi la generalizzata ostilità ai rom (700 mila su 10 milioni di abitanti) è la prova delle tendenze fasciste di Orban, per Jobbik è la prova che il governo sta facendo troppo poco per reprimere un’etnia votata alla criminalità. Anche in questo caso la realtà è piegata al disegno politico. «La questione rom in Ungheria è scoppiata dopo il 1990», spiega Peter Kreko, direttore dell’istituto di ricerche Political Capital, solitamente critico verso Orban. «I rom lavoravano nelle costruzioni, era la principale strada all’integrazione. Dopo la fine del comunismo, molte imprese statali hanno chiuso, altre hanno eliminato il personale meno qualificato: migliaia di rom sono rimasti senza lavoro, e da allora non l’hanno più ritrovato. Questo ha provocato un’impennata della criminalità. E Jobbik sfrutta politicamente la situazione». «Il nostro è il primo governo ungherese ed europeo che abbia disegnato una strategia globale per l’integrazione dei rom. È stata la priorità del nostro semestre di presidenza Ue», s’infervora Zoltan Kovacs, ministro di Stato per la comunicazione governativa. La catena degli equivoci e delle approssimazioni continua con le critiche alla nuova costituzione: «S’è fatta polemica attorno al cambiamento da Repubblica Ungherese a Ungheria, ma la forma istituzionale resta repubblicana e la scelta ha un motivo peda12 | 13 giugno 2012 | | gogico: si vuole convincere la gente a superare la diffidenza verso le istituzioni facendo capire che Stato e nazione coincidono», spiega Balazs Schanda, preside della facoltà di Legge dell’Università Cattolica. «Le leggi cardinali modificabili solo con maggioranza dei due terzi esistevano già nella vecchia costituzione, che dopo gli emendamenti del 1990 era diventata transitoria: bisognava approvarne una definitiva. E gli articoli sulla protezione della vita del feto sin dal concepimento e sulla famiglia intesa come matrimonio fra uomo e donna altro non sono che recepimenti di sentenze della Corte costituzionale». L’unico vero peccato di cui il governo Orban dovrebbe chiedere scusa, è l’accanimento con cui i suoi nominati all’interno della Commissione di controllo dei media operano perché non sia rinnovata la licenza di trasmettere a Klubradio, un’emittente dell’opposizione di sinistra. La procedura è legale, ma politicamente deplorevole. Tuttavia anche gli esponenti più seri della sinistra ungherese ammettono che il paese non sta sprofondando nel fascismo: «Il governo di Fidesz continuerà con la sua politica della doppiezza, fatta di sorrisi quando si va a Bruxelles per chiedere i fondi di coesione e di grida contro il colonialismo europeo quando si parla agli elettori ungheresi», commenta Miklos Merenyi, ambasciatore magiaro in Italia al tempo del governo socialista-liberale di Ferenc Gyurcsany. «Ma la sinistra in questo momento è troppo divisa e non è pronta per tornare al potere. Meglio stare fermi un giro e prepararsi alla sfida del 2018». n IL MINISTRO DEGLI ESTERI JANOS MARTONYI Noi integrati come gli altri «Se rileviamo contraddizioni tra le leggi nazionali e quelle comunitarie allora le risolviamo. Altrimenti ci rimettiamo solo alle sentenze della Corte di giustizia» «L o slogan della nostra politica estera è: “Cerchiamo di essere amici di tutti”. Tenendo fermi dei valori fondamentali, naturalmente». Forse Janos Martonyi, dal 2010 ministro degli Esteri d’Ungheria, sa che wikipedia gli attribuisce come motto un minaccioso “non fate male all’Ungherese!” e vuole trasmettere subito un messaggio rassicurante. Che conferma quando lo si interroga sui rapporti fra Budapest e l’Unione Europea. Signor ministro, è l’Europa che non capisce l’Ungheria o è l’Ungheria che non capisce l’Europa? No, io credo che abbiamo capito le rispettive posizioni. È stata sollevata l’esistenza di un conflitto fra alcune nostre leggi e la legge europea, e per questo sono state aperte procedure di infrazione. È una controversia che ha inizialmente avuto contenuti politici, ma abbiamo concordato di affrontarla in termini strettamente giuri- COPERTINA PRIMALINEA «La Russia è un partner molto importante. È la nostra principale fornitrice di energia e il primo mercato per i nostri prodotti agricoli. Cooperiamo con le loro compagnie del gas, ma siamo impegnati anche a diversificare le nostre fonti di approvvigionamento, perché una dipendenza unilaterale non è una buona cosa» Il focus principale è l’Europa centrale: vogliamo tradurre quello che è un fenomeno spirituale, un’eredità culturale che va al di là della geografia, in una unione politica ed economica. I format di questa politica sono l’Iniziativa Centro Europea, che è stata voluta anche dall’Italia, il Gruppo di Visegrad (Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria, ndr), la nostra cooperazione bilaterale con l’Austria. L’altra direttrice è l’apertura globale: verso l’Oriente, il Sud, l’America Latina, cioè le aree emergenti. Queste politiche le conduciamo a partire dalla nostra appartenenza a Unione Europea e Nato. Gran parte della nostra politica commerciale, energetica, degli investimenti, eccetera è condotta nella cornice della nostra affiliazione a Ue e Nato. L’Unione Europea è allo stesso tempo il tessuto e lo strumento della nostra politica estera. Per quindici anni abbiamo cercato di entrare a farne parte, ci siamo riusciti nel 2004 e dopo otto anni i vantaggi di cui abbiamo beneficiato sono grandi. Vogliamo proseguire l’esperienza e siamo interessati a un’Unione sempre più forte e integrata. Cosa può dire dei vostri rapporti con la Russia? Janos Martonyi, ministro degli Esteri d’Ungheria dal 2010. In alto, il parlamento ungherese a Budapest dici. Là dove abbiamo rilevato un’effettiva contraddizione stiamo cercando di provvedere, come nel caso della nuova legge sulla Banca centrale, per la quale praticamente tutti i problemi sono risolti. Ci sono ancora due leggi sul tavolo per le quali è aperta la procedura d’infrazione (quella sull’Autorità per i dati personali e quella sul sistema giudiziario, ndr), e probabilmente sarà chiamata a esprimersi la Corte di giustizia europea. Se la Commissione europea insi- ste a ritenere che ci sia discrepanza fra le nostre norme e la legge europea, il ricorso alla Corte è la cosa giusta da fare. Le parti alla fine si atterranno alla decisione della Corte: l’integrazione europea funziona così da più di cinquant’anni, ci sono centinaia di procedure di infrazione aperte e alla fine Stati e Commissione ottemperano alle sentenze della Corte di giustizia. Quali sono gli orientamenti di fondo della politica estera ungherese oggi? La Russia è un partner molto importante. Coi russi abbiamo sviluppato una buona relazione basata su rispetto, fiducia e interessi reciproci. La Russia è la nostra principale fornitrice di energia e il primo mercato per i nostri prodotti agricoli. Cooperiamo con le compagnie russe del gas, ma siamo impegnati a diversificare le nostre fonti di approvvigionamento, perché una dipendenza unilaterale non è una buona cosa. E i vostri doveri come membri Nato? Non ho mai sentito nessuno criticare l’impegno ungherese nella Nato: solo e sempre complimenti. Partecipiamo alle missioni in Afghanistan e in Kosovo e al recente summit di Chicago abbiamo preso l’impegno a partecipare alla sorveglianza aerea dell’area baltica. [rc] | | 13 giugno 2012 | 13 INTERNI I NUMERI INEDITI Se tutte le amministrazioni pubbliche avessero seguito il trend di spesa del “sistema Formigoni”, in 16 anni lo Stato avrebbe risparmiato 41 miliardi e rotti, due volte l’Imu. Piuttosto che dimetterlo, il Celeste bisognerebbe esportarlo. A Roma di Luigi Amicone A ll’indomani della svolta “maroniana” la Lega non cambia alleato. Almeno in Lombardia. Dove mercoledì 6 giugno i “padani” guidati dal numero due del governo formigoniano Andrea Gibelli hanno respinto insieme al Pdl l’ennesima mozione di sfiducia contro il governatore e rimandato al mittente l’appello del Pd a riportare alle urne gli elettori lombardi. Telegrafico ma incisivo, Gibelli dice a Tempi: «Questo giochino di costruire le mozioni di sfiducia sugli articoli di giornale non funziona con la Lega. Noi andiamo avanti col programma concordato in Lombardia. Ci interessa il merito delle questioni, non le sirene della sinistra il cui unico problema è quello di abbassare l’asticella a zero perché credono di trarre vantaggio dalle campagne stampa. Rigoristi in 14 | 13 giugno 2012 | | Lombardia, relativisti in Emilia Romagna. Come ha detto lo stesso Formigoni, non si lascia un’alleanza programmatica scelta a grande maggioranza dagli elettori se non il giorno in cui venissero provate accuse che, allo stato attuale, sono fondate solo sul “sentito dire”». D’altra parte è uno strano partito quello di Pier Luigi Bersani. Alza la voce in Lombardia, dimentica le legnate prese a Palermo da Leoluca Orlando, non chiarisce la situazione, a dir poco tragicomica, in cui il Pd si trova nella giunta dimissionaria Lombardo. E così, nel territorio che già detiene saldamente il record dei dipendenti pubblici regionali (quasi 18 mila contro i circa 3 mila della Lombardia), in attesa del ritorno alle urne previsto per il prossimo ottobre, gli stessi che fanno opposizione alla giunta Formigoni, in Sicilia votano l’assunzione di 22 mila precari (tra cui trenta cosiddet- ti “camminatori”, cioè impiegati incaricati di trasportare documenti da un assessorato all’altro) e plaudono alla riapertura delle indagini, decisa dalla procura di Palermo il 24 maggio scorso, nientemeno che sulla scomparsa di un sindacalista di Corleone avvenuta il 10 marzo 1948 (c’è chi dice che tra un po’ a Palermo useranno i soldi pubblici pure per indagare i comandi alleati che nel ’43 sbarcarono in Sicilia, come è noto, grazie anche al supporto logistico della mafia). Ma insomma, se giustizia e welfare alla siciliana offrono un grande futuro dietro le spalle a tutti, il democrat Sergio Rizzo, l’altro famoso autore della Casta e fustigatore dei costi della politica, dice a Ballarò di sperare che, così, in generale, in futuro si dia un taglio «al bubbone Regioni». Meglio, però, non entrare nel dettaglio. Per esempio paragonando Sicilia e Lombardia. O magari comparando il favoloso ventennio rosso del “Rinascimento” bassoliniano e l’analogo terribile ventennio azzurrociellino del “sistema di potere” formigoniano. Per il bilancio del Rinascimento partenopeo sarebbe in effetti sufficiente esibire il titolo e l’occhiello apparsi sul Mattino di Napoli il 20 maggio scorso: “Alla Campania servono 6 miliardi di euro per lasciarsi alle spalle la crisi. A tanto ammonta, secon- Foto: AP/LaPresse, Infophoto Avercelo un governo lombardo Gibelli: «Il gioco di costruire le mozioni di sfiducia sugli articoli di giornale non funziona con la Lega. Non si lascia così un’alleanza scelta a grande maggioranza dagli elettori» Foto: AP/LaPresse, Infophoto do i tecnici della Regione, l’indebitamento record delle pubbliche amministrazioni con il mondo delle imprese, che in certi casi attendono fino a 771 giorni il pagamento delle fatture”. Al capo opposto, invece, basterebbe citare la notizia del Sole 24 ore del 29 maggio. Che dai primi risultati dei tavoli di monitoraggio del governo Monti attivati con le Regioni per tenere sotto controllo la spesa pubblica, segnala la Lombardia (dove i fornitori dell’amministrazione sono pagati a sessanta-novanta giorni) come la regione più virtuosa, con un attivo di 224 milioni ottenuto senza ricorrere alle risorse di bilancio locale. Qualche semplice paragone Si capisce allora perché gente seria come Piero Bassetti, Carlo Tognoli, Piero Ostellino, tre storici e illustri esponenti della società civile lombarda, rispettivamentecattolico, socialista e liberale, si siano risolutamente schierati «contro le dimissioni di Roberto Formigoni». Bassetti, in particolare, ex presidente della stessa Regione, nonché ispiratore del “Gruppo 51” che ha sostenuto la candidatura di Giuliano Pisapia a sindaco di Milano, si è addirittura infuriato: «Non è possibile che Formigoni si debba dimettere perché qualche stronzo di gior- vità lombarda sono risibili rispetto a quanto si registra a livello nazionale. Il personale della giunta lombarda è diminuito del 30 Il presidente del per cento dal 1995 al 2010. I dirigenti della Consiglio Mario giunta, nello stesso periodo, sono diminuiti Monti e, a sinistra, il governatore del 54 per cento. La giunta di Regione Lomdella Lombardia bardia ha un costo annuo per cittadino di Roberto Formigoni. circa 21 euro contro la media nazionale di A destra, il suo 133. Aggiungendo il costo del personale di vice leghista Andrea Gibelli enti e società partecipate, il costo complessivo non arriva a 30 euro pro capite. Il minor costo pro capite tra le regioni italiane. E il nalista glielo chiede». Eppure, come rimar- costo degli organi istituzionali per abitanca lo storico ed economista di sinistra Giu- te? È pari a 9 euro, contro una media naziolio Sapelli, «vogliono distruggere soprattut- nale di 24 e un valore massimo di 199. E to le élite politiche del Nord». “l’indice di virtuosità”, cioè l’incidenza del Ma perché vogliono distruggerle? Che costo del personale rispetto alla spesa corconvenienza c’è a buttare gambe all’aria il rente complessiva? In Lombardia è pari allo Nord? E la Lombardia, per giunta, l’unica 0,9 per cento, contro il valore medio nazioRegione con i conti a posto? Se nale di 4,3 e un valore massimo non fosse cronaca martellante italiano di 28. la Lombardia ha degli ultimi sei mesi, la forsenil minor numero di dipendennata campagna in corso sulle ti rispetto agli abitanti: 1 dipenTRA VIRGOLETTE vacanze e gli amici di Formigodente ogni 3.300 abitanti, metà Dimissioni? No grazie ni si direbbe un teatro dell’asdella media nazionale. In sinSu tempi.it tre illustri lombardi contro l’idea surdo. Titolo: “Come sfasciare tesi: se tutte le amministrazioche Formigoni si l’unica amministrazione che ni pubbliche avessero mantenudimetta solo «perché funziona in Italia e pagare due to il trend di crescita delle spese qualche giornalista volte l’Imu quando non cisarebdi questa Regione, pari al 23,5 glielo chiede»: sono l’ex governatore Piero be bisogno di nessuna Imu se per cento in 16 anni, si sarebBassetti, l’ex sindaco Formigoni governasse a Roma be ottenuto un risparmio per lo socialista di Milano come ha governato in LombarStato di 41 miliardi e 686 milioCarlo Tognoli e Piero dia”. Stiamo esagerando per ni di euro. Sì, avete letto bene: Ostellino, la penna più liberale del Corriere. partigianeria? Vediamo un po’. 41 miliardi e rotti, il doppio del Esaminiamo i fatti del governo gettito previsto per l’Imu. di Roberto Formigoni, separati dalle opinioQuanto al “sistema Formigoni”. Come ni sulle vacanze di Roberto Formigoni. I fat- mai ci si concentra su amici e vacanze del ti dell’amministrazione lombarda, freschi leader lombardo e sappiamo ancora niendi bilancio 2011 e perciò inediti, reperiti da te sui “sistemi” delle regioni campionesse di deficit? Ad esempio, circa due anni fa, il Tempi nei “rendiconti di gestione”. Intanto, dati contabili alla mano, 30 giugno 2010, dalla relazione della Com“casta” e “costi della politica” per la colletti- missione tecnica sul federalismo viene | | 13 giugno 2012 | 15 I NUMERI INEDITI DELLA LOMBARDIA INTERNI fuori questa bella chicca rimasta agli atti parlamentari della XVI legislatura, documento XXVII numero 22: «In Calabria è stato necessario incaricare una società di revisione esterna per cercare di ricostruire la contabilità, tanto questa era inattendibile. Alla fine, per ottenere un minimo di chiarezza, si sono dovuti LAZ chiudere i tavoli di monitoraggio della spesa sanitaria sulla base incredibile di “dichiarazioCAM ni verbali certificate” dei direttori delle Asl». Domanda: ma PUG una redazione di Repubblica, del Corriere della Sera, del FatBZ to quotidiano, o anche solo una Corte dei Conti, non esistono PIE in Calabria? E altri organi della magistratura inquirente? Con CAL tutte le chiacchiere e i comitati antimafia che ci sono in giro, notizie così, che fotografano l’ilSAR legalità fatta istituzione, possibile che non abbiano suscitato TN la curiosità di alcuno, neppure di quel pitbull di Fabrizio GatSIC ti dell’Espresso, che si traveste da infermiere per fotografare VEN il “marcio” che si nasconderebbe nei sottoscala del “sistema FVG ciellino di potere” delle aziende ospedaliere lombarde? VdA 11.271.541 -1.123.978 -9,97% 10.147.563 10.402.783 -1.001.321 -9,63% 9.401.462 7.499.234 -513.413 6.985.821 -6,85% -256.511 1.106.974 -23,17% 8.656.944 -224.020 8.432.924 -2,59% 3.668.295 -200.512 3.467.783 -5,47% 3.158.152 -196.959 2.961.193 -6,24% 1.117.869 -190.815 -17,07% 8.794.089 -172.978 8.621.111 -1,97% 8.935.292 -162.465 8.772.827 -1,82% 2.474.842 -111.457 -4,50% 296.811 -63.408 -21,36% Applicando a tutte le Regioni i profili di spesa sanitaria pro capi3.344.810 -49.599 te delle Regioni di riferimento, si 3.295.211 -1,48% possono quantificare gli scarti -46.135 1.094.244 tra la spesa contabile – effettivamente transitata sul conto di -4,22% tesoreria nel 2010 e riconducibile 627.511 -33.102 direttamente al bilancio del Ssn – -5,28% e la spesa standard (fonte: Cerm, La sostenibilità dei Sistemi sani2.453.780 3.876 tari regionali 2012-2030) 0,15% 3.0331 7.126.774 spesa effettiva 7.157.105 delta 0,42% standardizzata delta % 49.760 2.881.878 2.931.638 1,72% 8.228.392 69.888 8.298.280 0,85% 1.636.616 83.147 5,08% 155.192 17.515.019 17.670.211 0,88% 61% 76% 95% ia rd ba m le Lo iso e d Su o r nt Ce d r No Il federalismo stoppato Parentesi: però anche il Lazio LIG negli ultimi dieci anni ha accumulato debiti sanitari alla BAS media di 1 miliardo l’anno. E quasi tutte le Regioni del Sud MOL risultano commissariate per i buchi (non ciellini e non forABR migoniani) che hanno prodotto nella sanità. Risultano inchieste – tanto per dirne una, ma TOS se ne potrebbero aggiungere a decine di voci sull’argomenMAR to – circa il fatto che in Emilia Romagna una macchina per EMR tac a 64 slice costa 1 milione e 27 mila euro, in Lazio 1 milioUMB ne e 397 mila euro, ovvero il 36 per cento in più? Dove finiscoLOM no i 370 mila euro che ballano? Altro che le vacanze alle Antille e le aragoste sarde di Formigoni. Si dedicassero alla cernita dei miliardi di euro scomparsi nelle regioni amiche della sanità degli editori illuminati. Certo, la spinta riformista e federalista data dalla Lombardia al sistema Italia forse non è piaciuta al partito-Stato. Che, come insegna la storia del padrone della ex Olivetti o quella di una ex importante azienda automobilistica italiana, porta a casa i suoi interessi interloquendo direttamente con il governo, con i cinque direttori di ministe- Sanità 2010, distanza della spesa effettiva dallo standard in migliaia di euro (con popolazione al 1° gennaio 2011) ri che contano e con quelle due o tre istituzioni che decidono i destini della nazione in palazzi tra Roma e Torino. Fatto sta che col governo Monti la rivoluzione federalista ha subìto un brusco stop. E dire che dal federalismo sarebbero dovuti arrivare importanti risparmi. Almeno per quanto riguarda il comparto sanità – a proposito di spending review – che rappresenta circa l’80 per cento delle voci di spesa delle Regioni. Alla spesa storica, foriera di man- gia-mangia e inefficienza, si sarebbe dovuto sostituire la “spesa standard”, che viene calcolata a partire da parametri oggettivi di costi e fabbisogni. Non, come accade ancora oggi, sulla base del “sistema bancomat” (così definito da Giulio Tremonti), per cui ogni anno la cassa statale dei contribuenti ripiana i disavanzi cronici di Regioni che si trascinano da un anno all’altro con piani di rientro sempre insufficienti. Il federalismo comporterebbe obblighi e responsabili| | 13 giugno 2012 | 17 INTERNI I NUMERI INEDITI DELLA LOMBARDIA Una manifestazione delle opposizioni lombarde contro Roberto Formigoni euro impiegati. Ciò significa non soltanto che la Lombardia ha evitato di mettere le mani nelle casse dello Stato (anzi, ha solo dato allo Stato). Ma che appena il 10 per cento degli investimenti lombardi è stato finanziato con debito. In particolare, nella gestione 2011, gli investimenti sono stati circa 932 milioni e sono stati completamente autofinanziati dalla Regione. Capitolo trasporti. La Lombardia è la prima regione per spostamenti giornalieri (5,7 milioni) e per offerta ferroviaria (37,5 milioni di chilometri annui) e trasporto pubblico su gomma (250 milioni di chilometri annui). Il 27 marzo scorso è stata approvata una legge regionale di riforma del sistema dei trasporti che produrrà risparmi e razionalizzazioni per 145 milioni di euro, anticipando così i princìpi contenuti nel “dl liberalizzazioni” del governo Monti. Capitolo scuola. Oltre al suo sistema di voucher e doti unico in Italia, che permette alle famiglie di scegliere liberamente dove istruire i figli, la Lombardia è ai massimi livelli di efficienza pubblica nel dimensionamento della rete scolastica (935 studenti per istituto) e nel rapporto alunni/classe (22 alunni per classe). Metà degli studenti della scuola primaria beneficia del tempo pieno e la Regione finanzia direttamente l’educazione di oltre 45 mila studenti 14-18enni attraverso un sistema di istruzione e formazione professionale che fa risparmiare allo Stato il costo dell’istruzione stimabile in almeno 300 milioni di euro l’anno. Investimenti, trasporti, scuola Ecco, nel “sistema di potere” di Formigoni invece, come hanno certificato i tavoli di monitoraggio dei ministeri dell’Economia e della Salute, anche nel 2011 a fronte di servizi di eccellenza il comparto sanitario lombardo ha i conti in ordine e chiude l’esercizio con un “attivo” di 22 milioni di euro. La conferma di un trend più che positivo e virtuoso, per cui, dal 2002 ad oggi, la Lombardia è l’unica Regione italiana a non aver maturato disavanzi; l’unica che ha una spesa del Servizio sanitario nazionale pari al 5,5 per cento del Pil (rispetto al valore nazionale del 7,5) e la più bassa incidenza di invalidi ogni 100 abitanti (pari al 3,5 per cento, valore nazionale 4,7). Se ci fosse il federalismo e tutte le Regioni italiane spendessero in sanità quanto spende la Regione Lombardia, si otterrebbe un risparmio annuo di 6 miliardi di euro. Ma vogliamo parlare di investimenti, trasporti, scuole, cose concrete che, come la sanità, sono le uniche cartine di tornasole utili a valutare la bontà o meno di un certo “sistema di potere”? Capitolo investimenti. Un’analisi storica sul finanziamento degli investimenti in Regione Lombardia dal 1995 al 2011 evidenzia risparmi di spesa corrente che sommati ad altre entrate in conto capitale hanno consentito l’autofinanziamento del 70 per cenColozzi: «Il federalismo fiscale rivoluziona to degli investimenti sostel’assetto finanziario territoriale improntandolo nuti in Lombardia duransu efficienza e lotta agli sprechi. Destabilizzare te i governi Formigoni, pari a 9,6 dei 13,7 miliardi di la Lombardia significa fermare questa riforma» 18 | 13 giugno 2012 | | Dice a Tempi l’assessore regionale al Bilancio Romano Colozzi: «La Lombardia ha sempre creduto nella bontà di una svolta federalista e ne è stata la forza propulsiva, nei fatti e nella forma. La corsa all’efficienza e alla buona amministrazione è tipica dei sistemi istituzionali dove responsabilità di reperire le risorse e responsabilità di spesa coincidono. Non è un segreto che abbiamo fornito un contributo prezioso alla predisposizione della legge delega sul federalismo fiscale, alla quale era demandato il compito di rivoluzionare l’assetto finanziario territoriale improntandolo sulla capacità fiscale, sull’efficienza, sulla lotta agli sprechi attraverso costi standard di servizi e prestazioni. Destabilizzare la Lombardia significa abbandonare la forza propulsiva verso l’attuazione della riforma federalista». Se buttano giù il Pirellone Forse è in queste parole e, soprattutto, nei numeri sopra citati che vanno cercate le ragioni dell’attacco ad alzo zero contro Formigoni. «I numeri, i fatti, le azioni di governo di Regione Lombardia – aggiunge Colozzi – contano più di tante parole. E non solo nelle prestazioni di bilancio e nella capacità di spesa: ad esempio, in Lombardia sono stati creati più posti e servizi per la non autosufficienza di quanto sia accaduto nel resto d’Italia. La gestione equilibrata delle risorse non è incompatibile con l’offerta di servizi eccellenti. Questo binomio, tipico dell’esperienza lombarda, dovrebbe generare qualche riflessione in chi continua a nascondersi dietro scuse e alibi di comodo con l’unico obiettivo di bloccare le riforme, facendo perdere al paese un’opportunità enorme». Insomma, se buttano giù la Lombardia, il lavorìo per restituire l’Italia ai grand commis di Stato e, verosimilmente, alla grande finanza internazionale, sarà compiuto. Per andare dove, visto lo spread che tira? n Foto: Infophoto tà. Mentre nel sistema bancomat ancora oggi vigente le regioni in “dissesto finanziario” (o “tecnicamente fallite”) godono come quelle con i bilanci a posto (su tutte Lombardia ed Emilia Romagna) di trasferimenti, perequazioni, ripianamenti del buco da parte dello Stato. Godono, cioè, delle tasse prelevate dalle tasche dei cittadini contribuenti (attraverso l’Iva) e delle imprese (via Irap). E se i cittadini sono lombardi o emiliani, pagano non solo i propri sistemi sanitari virtuosi, ma anche quelli di Regioni che non sanno o non vogliono amministrare con onestà e oculatezza. Domanda: è solo un caso che col governo Monti e la decapitazione delle classi dirigenti del Nord il federalismo è stato bruscamente stoppato? È solo un caso che le Regioni costantemente sull’orlo del default sanitario coincidano con quelle in cui si registra anche la maggiore evasione fiscale? È solo un caso che nel comparto sanità le Regioni Puglia, Campania e Lazio continuino a produrre da sole e nel solo anno 2010-2011 il 61 per cento di scostamento della spesa storica dalla spesa standard (vedi grafico a pagina 17), cioè nessun risparmio e, anzi, la conferma di un trend all’insegna dello Stato-bancomat? INTERNI USCIRE DALLA CRISI Nuovi mercati all’orizzonte L’esperienza di ogni singola impresa unita alle competenze di FederlegnoArredo. Ecco la formula del primo forum dell’associazione. Così per Roberto Snaidero «anche la Cina può diventare un’opportunità per il nostro settore» C del mercato? Per esempio facendo rete, e facendo circolare informazioni utili all’interno della propria associazione di categoria. È la sfida che ha voluto cogliere FederlegnoArredo (Fla), Federazione italiana delle industrie del legno, del sughero, del mobile e dell’arredamento. In occasione dell’assemblea generale si è deciso infatti di dar vita al primo Forum del Legno Arredo, che si è svolto il 4 giugno presso il MiCo-Milano Congressi. Un grande evento per una federazione sempre più aperta ai mutamenti del mercato e del mondo imprenditoriale, che ha visto la partecipazione di relatori di altissimo livello a una serie di workshop paralleli e interattivi sugli argomenti più sentiti dagli operatori di categoria: dagli scenari mondiali al social housing, dal fisco alla riforma del lavoro, passando per approfondimenti sul mercato del legno, sull’uso pubblicitario dei social network e sulle nuove normative che potrebbero cambiare i cicli di produzione e distribuzione. Non è stato il solito convegno. Perché? «Molto semplicemente ho fatto questa considerazione: viviamo un momento durissimo, che non permette di fare grandi voli pindarici», sintetizza Roberto Snaidero, presidente di FederlegnoArredo. «Per questo abbiamo adottato un format nuovo. Sentiamo l’urgenza di infondere alle nostre imprese un po’ di ottimismo, e un aiuto concreto, funzionale a tutta la filiera. Da una parte c’è una visione strategica, frutto di anni di competenze maturate da FederlegnoArredo. Dall’altra l’esperienza che ogni associato può condividere con gli altri, settore per settore. Bisogna stringere relazioni, confrontarsi, proporre idee e proget- 20 ome reagire alla crisi | 13 giugno 2012 | | ti. All’origine dell’evento, alle sue radici c’è la riscossa dell’io, dell’imprenditore: la sua disponibilità al cambiamento, a ripensare processi, prodotto e strategie. Una disponibilità a piegarsi alla realtà e farsi provocare anche trovando nuovi mercati mai sperimentati in precedenza. Questi imprenditori sono l’orgoglio di FederlegnoArredo, sono l’esempio chiaro da seguire per trovare una via d’uscita che non sia lo sterile lamento. Per questo abbiamo deciso di creare una giornata fortemente indirizzata a fornire nuove e ulteriori possibilità e opportunità di business». I workshop si sono tenuti per sessioni parallele, due la mattina e due il pomeriggio. Durante gli incontri della mattina, i tavoli hanno fornito informazioni di scenario, nel pomeriggio, invece, è stato dato un taglio pragmatico e concreto con lo scopo di approfondire e mettere in comunicazione le esperienze, le idee e le conoscenze dei partecipanti. Anche perché l’arredamento italiano gode di un’immagine di assoluta eccellenza nel mondo, e la filiera legnoarredo italiana ha costruito gran parte del suo successo su una continua crescita della presenza all’estero, oltre il 30 per cento della produzione totale. Quali sono le opportunità per le imprese nei paesi emergenti? E come si accompagnano verso l’internazionalizzazione? Innanzitutto promuovendo tra gli associati iniziative promozionali e cogliendo le opportunità offerte dai mercati, indivi- Roberto Snaidero, presidente di FederlegnoArredo. Si è svolto il 4 giugno il primo Forum del Legno Arredo per trovare nuove opportunità di business duando tutta una serie di strategie. La settimana scorsa eravamo a New York con venti imprese che abbiamo messo in contatto con i migliori studi di architettura. Abbiamo aperto un ufficio a Chicago, a cui tutte le nostre aziende si possono rivolgere per informazioni e assistenza. Ne apriremo uno a Londra. Abbiamo stipulato un’importante convenzione con Easyfrontier, società di consulenza aziendale che si occupa di servizi e di consulenza alle imprese in materia doganale, con tutta una serie di semplificazioni. Ne deriva una sostanziale diminuzione dei tempi di consegna, una maggiore efficienza, minori costi, il governo completo del processo e quindi, migliore competitività. E Abbiamo deciso di allargarci verso il mercato cinese. Il competitor per eccellenza può quindi convertirsi in opportunità? Certamente. È da cinque anni che abbiamo stabilito un proficuo scambio di esperienze e informazioni sui rispettivi mercati, con lo scopo di favorire la creazione di un sistema commerciale a garanzia delle regole di protezione dei marchi e della proprietà intellettuale, ovvero nel rispetto delle regole del mercato. Non tutte le aziende possono fare questo passo, occorre avere peculiari caratteristiche. Ma credo che rappresenti un ottimo segmento di crescita. Del resto, se loro vengono a vendere in Italia, perché noi non dovremmo andare a vendere in Cina? da alcune tipologie di mobili, come la cucina, gli armadi a muro e i bagni, di adeguarli tutti al 4 per cento di Iva come accade per la prima casa. Questo è un aiuto che il governo potrebbe dare per risollevare le sorti delle nostre imprese all’interno del mercato italiano. C’è forte preoccupazione per la forte contrazione del mercato non residenziale. Su cosa sarebbe opportuno rivolgere l’attenzione? Le nostre aziende chiedono a MADE expo un punto di riferimento forte e internazionale che sappia offrire un momento imperdibile per costruire i contatti con i principali stakeholders. MADE expo raccoglie la sfida di rispondere a un mondo che cambia e a un mercato delle costruzioni in difficoltà nello scenario economico mondiale. La sfida del costruire sostenibile, che vede protagonista tutta la filiera e in maniera particolare il comparto delle costruzioni in legno, non è solo una responsabilità a livello morale e culturale, ma un impegno concreto per offrire nuove chance alle aziende. Vogliamo quindi che la filiera sia compatta su questo, per mostrare agli investitori e alle istituzioni la forza del settore e la necessità di sostenerlo con misure equilibrate e doverose. Chiara Sirianni Saranno determinanti alcuni provvedimenti legislativi: la conferma delle detrazioni del 55 per cento per ogni singolo prodotto in grado di concorrere alla riqualificazione energetica degli edifici, magari estese ai beni non strumentali in portafoglio alle real-estate e al patrimonio detenuto da Enti non soggetti all’Ires, la revoca del patto di stabilità per gli investimenti degli Enti locali nel settore delle costruzioni, l’immediato svincolo dei crediti detenuti dalle imprese nei confronti dello Stato e una nuova legislazione sui tempi di pagamento della Pubblica amministrazione. Mi sono permesso di fare un invito al governo, in particolare per quanto riguar- Si avvicina la quinta edizione di MADE expo. Quale sarà il focus? EDIZIONE 2012 MADE all’insegna della sostenibilità Eco-sostenibilità e nuove tecnologie. Questi i cardini della prossima edizione di MADE expo, la rassegna internazionale dedicata al mondo delle costruzioni, in programma dal 17 al 20 ottobre 2012 nei padiglioni di Fiera Milano a Rho. Anche perché, se lo scenario delle costruzioni italiane è difficile (nel 2011 per il quinto anno consecutivo l’andamento del mercato è stato negativo) ci sono settori, come il fotovoltaico, che guadagnano terreno. E buone performance sono arrivate anche dal comparto dell’eolico. Un caso interessante è quello del legno, che è tornato in auge perché garantisce ottimi standard e dà la possibilità di costruire in tempi rapidi e con costi certi. Una quattro giorni dedicata all’innovazione tecnologica che riceve il sostegno del neo presidente di Confindustria Giorgio Squinzi (già amministratore unico di Mapei). Se da un lato i dati riguardanti il calo dell’attività edilizia sono «sconcertanti», dall’altro Squinzi ha ribadito con forza che «il sistema della fiere deve diventare uno strumento di politica industriale. Io mi impegnerò molto affinché questo passaggio avvenga». Intanto, tra marzo e settembre, è previsto un fitto programma di promozione all’estero: l’obiettivo è quello di invitare all’evento general contractor, architetti, imprese di costruzione, istituzioni pubbliche e imprese produttrici di materiali edili. | | 13 giugno 2012 | 21 L’OBIETTORE IN ASSENZA DI POLITICA, NIENTE PIAGNISTEO Perché una filiera chiave del paese alla fine si è decisa a “fare da sé” di Oscar Giannino N drasticamente innovatrice la modalità con cui FederlegnoArredo NON SONO ha tenuto il 4 giugno al Mico di MiD’ACCORDO lano la sua assemblea annuale. Invece del solito convegno ospitato nell’Assemblea pubblica a seguito delle incombenze formali che spettano a quella privata, una serie a raffica di workshop e tavoli di lavoro dedicati a Cina, reti di impresa, scenari mondiali, Social Housing, mercato del legno, fisco, riforma del lavoro, distribuzione arredamento, costruzioni, pubblicità e social network, retail, dogane ed export, credito, normativa legno, web, distribuzione edilizia arredo. È il segno dinamico che il presidente Roberto Snaidero, tornato alla guida dell’associazione l’anno scorso dopo gli indimenticabili anni dell’appassionato siciliano Saro Messina, ha voluto imprimere in pochi mesi al senso stesso di un’associazione che alle aziende deve dare strumenti concreti, non chiacchiere. Niente piagnisteo, l’obiettivo è fornire a ciascuna delle 2.500 imprese associate un solido punto di riferimento per incrementare innanzitutto tutte le strategie, i contatti e i posizionamenti necessari per soddisfare l’unica domanda che aumenta, quella delle locomotive della crescita mondiale extra Unione Europea, dove l’export dell’arredo italiano sarà in continuo sviluppo. Il mercato domestico non può riservare soddisfazioni, ed è purtroppo la storia dei tre anni che abbiamo alle spalle. Sul fatturato complessivo di settore nel 2011, 32 miliardi e mezzo di euro, ancora una volta il segno meno del 3 per cento è venuto dall’Italia. Mentre l’export complessivo è salito del 5 per cento a 12,2 miliardi. I 170 mila buyers stranieri piovuti a Milano due mesi fa per il salone del mobile, coi brasiliani addirittura più numerosi dei pur tantissimi nordamericani, sono stati la miglior riprova dell’attesa che suscita questa filiera essenziale del made in Italy, che interseca design e ricerca sui materiali avanzati, benessere abitativo e cura della persona, cifra stilistica e praticità delle soluzioni abitative e on poteva che essere Quante Pmi possono permettersi direttori marketing e valutatori di partnership estere per espandersi nei mercati emergenti? Ecco perché Snaidero e i suoi hanno rifocalizzato Federlegno sulla “messa a rete” d’ufficio. Una filiera che ha strepitose occasioni di fronte a sé, se solo comprende che la sua dimensione media (30-40 dipendenti tra gli associati a FederlegnoArredo, di gran lunga meno tra le oltre 72 mila imprese italiane di settore con circa 380 mila occupati complessivi) difficilmente consente attivi patrimoniali tali da reggere alla strettoia bestiale del credito, innovazione e ricerca adeguate sui nuovi materiali, strategie di proiezione e commerciali. La ricerca Esportare la dolce vita, presentata un mese fa dal Centro Studi Confindustria e Prometeia, ha stimato di qui al 2017 la crescita di prodotti italiani “belli e ben fatti” assorbibili nei 30 paesi emergenti in cui si affermeranno 200 nuovi milioni di milionari in dollari: l’arredamento è stimato in crescita potenziale del 72 per cento, fino a oltre 30 miliardi di euro annui, con Russia, Emirati, Arabia Saudita, Cina, Turchia e India nelle posizioni di punta. Ma quante piccole imprese di una trentina di addetti possono permettersi direttori marketing e valutatori di partnership estere per la rappresentanza e la distribuzione? La risposta è impietosa, purtroppo. Competere con una mano e un piede legati È pensando a questo che Snaidero e la sua squadra hanno rifocalizzato l’attività di Federlegno sulla “messa a rete”. Contatti assidui con le banche non solo nazionali per credito al settore, ma anche locali per la proiezione all’estero di una decina di piccole imprese in filiera di settore concentrate per bacino territoriale. Missioni e rappresentanze in Sud e Nordamerica non alla cieca, ma faccia e faccia coi maggiori studi professionali di progettazione e architettura. Un’alta scuola professionale specifica per il legno-arredo avviata a Lentate sul Seveso, grazie alla cooperazione con l’Associazione Scuola Lavoro dell’Alto Milanese, immaginando che l’operatore meccatronico del legno-arredo sia la frontiera avanzata di un settore chiamato a lavorare e integrare materiali sempre più avanzati ricorrendo alle tecnologie digitali. La parola d’ordine è rete, rete e ancora rete. Certo, la politica non presta orecchio. L’Iva al 4 per cento sugli arredi della prima casa, come la proponeva originariamente l’associazione, non è passata. Né tanto meno l’esenzione triennale dell’Imu per le neocostruzioni residenziali, chiesta dall’Ance. Né si è dato retta a Federlegno sulla troppo lunga diluizione della piena entrata in vigore della tutela del design d’autore. Né il governo italiano ha protestato più di tanto contro i dazi pazzeschi posti sull’arredo italiano dal Brasile. Senza una politica per il rilancio del mercato domestico, gli imprenditori del legno-arredo, come tutti quelli degli altri settori italiani che possono contare su posizioni di eccellenza nell’export mondiale, dovranno fare da soli. È questa l’amara verità. Sopravivere agli ostacoli crescenti posti da uno Stato bulimico e tassicodipendente, come prima prova per il successo nel mondo sui concorrenti. È come combattere con una mano e un piede legati, purtroppo. | | 14 aprile 2011 | 23 SOCIETÀ VIETATO DIRLO Col sesso non si gioca «La teoria del “gender” ci prepara un mondo dove nulla sarà più percepito come stabile», dice lo psicanalista Tony Anatrella. «I danni provocati dal divorzio non sono nulla rispetto a quelli che può causare l’ideologia Lgbt» «farà sicuramente più danni del marxismo». Lo ha messo nero su bianco monsignor Tony Anatrella, psicanalista di fama internazionale, specialista in psichiatria sociale, docente alle libere Facoltà di filosofia e psicologia di Parigi e al Collège des Bernardins, oltre che consultore del Pontificio consiglio per la famiglia e del Pontificio consiglio per la salute. Il suo ultimo libro, La teoria del “gender” e l’origine dell’omosessualità, appena pubblicato da San Paolo, Anatrella lo ha scritto proprio per mettere in guardia dalle conseguenze – esistenziali e sociali – della teoria che nega la differenza sessuale fra l’uomo e la donna. Monsignore, cosa può accadere a uomini che crescono incerti delle differenze che vedono? Ora non si vedono ancora le conseguenze della negazione della differenza sessuale, ma tra una ventina d’anni sarà chiaro: se si va avanti così assisteremo a crisi identitarie gravi, al diffondersi di problemi mentali. La realtà sarà confusa con l’immaginazione e niente verrà più percepito come stabile. Un’incertezza cronica è poi la madre di comportamenti violenti. Il bambino cresce sano e sicuro quando interiorizza la differenza sessuale. Ma è un conflitto accettar24 | 13 giugno 2012 | | la. Se la mentalità lo spinge a non accettare la differenza è più facile che, come accade all’omosessuale, questo cresca depresso, insicuro e incapace di accettare la diversità. I gravi danni psicologici provocati dai divorzi che oggi constatiamo non sono nulla rispetto a quelli che può causare l’ideologia del gender sulle generazioni future. Lei parla di una crescente diffusione di comportamenti omosessuali. È dovuta solo all’accettazione di questo modello come normale o anche alla prevalenza di una mentalità narcisistica? Diciamo che la mentalità narcisistica, che rifiuta l’alterità come elemento necessario al compimento dell’uomo, favorisce l’omosessualità. Aumentano i comportamenti omosessuali perché la società, anziché favorire l’accettazione umana del proprio sesso prima e di quello opposto poi, favorisce la regressione alla fase infantile della sessualità in cui non si riconosce l’alterità come positiva. Ma se il bambino non è aiutato a uscire da se stesso e a superare le fasi infantili, come quella anale ad esem- pio, può incorrere in problemi molto seri: oltre a quello dell’omosessualità ci sono l’alcol, la droga, la bulimia e molti altri. L’omosessualità dunque non ha un’origine fisiologica, neurologica o genetica? Ormai tutti gli studi concordano nell’affermare che è un disturbo della psiche, come già sosteneva Sigmund Freud. L’uomo e la donna sviluppano la propria psicologia interiorizzando il proprio corpo sessuato durante l’infanzia e l’adolescenza. Quando questo non accade, i soggetti non accettano il proprio corpo reale rappresentandone uno che non corrisponde alla loro realtà personale: il corpo immaginato è diverso dal corpo reale. L’omosessuale, si legge nel suo libro, è possessivo, nel rapporto con l’altro cerca di riempire una mancanza ed è incapace di donarsi. Come può allora la Chiesa chiedergli di della vivere nella castità? «Non si vedono ancora le conseguenze negazione della differenza sessuale, ma se si va avanti così assisteremo a crisi identitarie gravi, al diffondersi di problemi mentali» La Chiesa afferma che le pratiche sessuali tra persone dello stesso sesso sono atti Foto: AP/LaPresse L’ ideologia del “gender” IN LIBRERIA LA TEORIA DEL “GENDER” E L’ORIGINE DELL’OMOSESSUALITÀ T. Anatrella San Paolo 14,90 euro Foto: AP/LaPresse Monsignor Tony Anatrella è psicanalista, specializzato in psichiatria sociale, insegna a Parigi presso le libere Facoltà di filosofia e psicologia e al Collège des Bernardins. È anche consultore dei Pontifici consigli per la famiglia e per la salute intrinsecamente disordinati perché l’omosessuale non riesce ad arginare la frustrazione che vive unendosi a chi è uguale a lui. Tanto che, pur vivendo queste relazioni, resta insoddisfatto. Perciò la Chiesa propone alle persone veramente omosessuali (altre possono invece intraprendere un percorso terapeutico che le porti all’eterosessualità) di astenersi dal praticare e di cercare di guardarsi dentro per fondare le loro relazioni su un altro amore che può colmare la ferita, quello di Cristo nella Chiesa. È un cammino difficile, ma è l’unico che permette di vivere in questa condizione serenamente. Ci sono cristiani che hanno questa tendenza e la assumono senza cercare di esprimerla o di praticarla. Alcuni possono avere esperienze, dispiacersene e avere voglia di cambiare, trovando nella fede in Cristo la risorsa per fare il proprio cammino di felicità: all’interno dell’amore della Chiesa ogni uomo può trovare il proprio posto. Che rapporto c’è tra le lobby Lgbt e la popolazione che dicono di rappresentare? Questi gruppi di pressione rappresentano davvero tutti gli omosessuali? Le lobby omosessuali fanno molto rumore. Lo si vede chiaramente quando organizzano manifestazioni come i Gay Pride, aperti anche agli eterosessuali per fare numero. Resta il fatto che gli omosessuali rappresentano una percentuale molto bassa della popolazione totale. In Francia un’inchiesta ha dimostrato che nel 2008 solo l’1,1 per cento degli uomini e lo 0,3 per cento delle donne hanno avuto contatti sessuali con persone dello stesso sesso, il che non vuol dire necessariamente che questi siano tutti realmente omosessuali. Parliamo quindi di un’esigua minoranza, con un grande potere nel settore politico e mediatico, che vuole imporre il proprio stile di vita alla maggioranza della popolazio- ne ignara di quello che sta accadendo davvero: i media hanno un potere d’influenza psicologica tale da far passare per cattivo chi solo domanda di capire. Abituano ad accettare come normale anche quello che da sempre l’uomo percepisce come evidentemente problematico. Sono bandite dal dibattito perfino le domande circa l’origine dell’omosessualità. Insomma un problema che tocca poche persone viene trasformato in una questione epocale. Come è possibile che una lobby che rappresenta una parte minima della popolazione abbia tanto potere? Per comprendere questo fenomeno bisogna inserirlo in un quadro storico che si evolve a partire dagli anni Cinquanta, quando iniziò a svilupparsi l’ideologia della liberazione sessuale che voleva ridurre la sessualità al suo aspetto «I media abituano ad accettare come normale infantile e ludico. In seguiall’inizio degli anni Setanche quello che da sempre l’uomo percepisce to, tanta, si cominciò ad affercome problematico. Sono bandite perfino mare che il piacere sessuale domande circa l’origine dell’omosessualità» le era un diritto primario | | 13 giugno 2012 | 25 SOCIETÀ VIETATO DIRLO Il successo internazionale dell’ideologia del “gender” secondo Anatrella è dovuto «al lavoro incessante degli attivisti gay all’interno di tutte le istituzioni più importanti. Come l’Onu e l’Unione Europea, che ora hanno ridefinito l’omosessualità». Qui accanto, una protesta davanti all’ambasciata del Vaticano presso il Consiglio d’Europa a Strasburgo Lei sostiene che gli omosessuali vivono una sofferenza. Se è così, perché nessuno si ribella e chiede di essere aiutato? Chi ammette il disagio e capisce che non è dovuto dalla società su cui proietta le proprie manie di persecuzione e da cui cerca una conferma che non ha trovato nel genitore, spesso cerca di farsi aiutare. Ma gli attivisti evidentemente o non se ne rendono conto o non vogliono uscirne: dicono di non soffrire, anche se c’è sempre un pro26 | 13 giugno 2012 | | blema depressivo, di isolamento e di instabilità nei rapporti che si riversa all’esterno con rabbia. Perciò chi si fa aiutare ha spesso paura di dire le cose come stanno: siamo alla follia per cui se un eterosessuale diventa omosessuale gli si fanno congratulazioni, nel caso contrario c’è il disprezzo. dini non si stanno davvero accorgendo della gravità della situazione, anche perché i problemi che riguardano l’omosessualità sono sconosciuti e trattati come tabù. Quale può essere la via per contrastare questa ideologia e fermarne la deriva totalitaria? Come giudica la ritrattazione di Robert Spitzer, lo psichiatra più influente dello scorso secolo, che recentemente si è scusato con gli omosessuali per aver constatato l’efficacia della terapia riparativa del dottor Nicolosi? Bisogna dire la verità. La Chiesa è rimasta l’unica istituzione a difendere la salute dell’uomo. Ma occorre un maggiore impegno per educare la gente: molti sono complici e giustificano questa ideologia per ignoranza. Spesso anche i preti parlano Ci sono forme di omosessualità che senza conoscere il vissuto reale degli omonon possono cambiare, altre che possono sessuali. Bisogna leggere la Bibbia e poi san evolvere e incamminarsi verso l’eteroses- Paolo che descrive le conseguenze orribili sualità. Ma se bisogna sempre evitare le di una società che valorizza l’omosessualiterapie repressive, si può anche aiutare a tà. Sopratutto bisogna coltivare il rapporto superare la fase infantile della sessualità con Dio. Infatti, il narcisismo in cui ci troper correggere l’orientamento di chi inti- viamo è frutto del rifiuto di Dio. E quindi mamente lo desidera e sia quindi disposto dell’alterità che sola ci può compiere. Non a collaborare. Chi afferma questo, però, è a caso, in questo mondo che ha dimenticato l’alterità e non conosce il Suo amore, perseguitato, compreso Spitzer. l’uomo non sa più chi è e non ha più un volHa mai ricevuto minacce? Mi capita di continuo, come a tutti to, se non quello uniforme della massa che quelli che sostengono quanto argomento lo plasma. Da qui l’importanza della nuova io. Per ora non mi hanno ancora denun- evangelizzazione di cui parla il Papa, che ciato, sebbene in Francia una legge con- passa dall’annuncio dell’amore di Cristo tro l’omofobia ci sia già: un deputato che all’uomo, sperimentabile nella Chiesa e nelsi è permesso di dire che la famiglia ha la famiglia. E l’importanza dell’educazioun valore superiore a tutte le altre unio- ne a uscire da se stessi per compiersi. Non ni è stato condannato in primo e secon- a caso il Papa continua a parlare della famido appello. La Cassazione si è pronunciata glia naturale nonostante gli attacchi. E l’alper la libertà di pensiero, ma mi doman- lora cardinal Ratzinger, con cui ho lavorato do: quanto durerà questa tregua? C’è una per anni come membro della Congregaziopolizia delle idee che si sta sviluppando. E ne per l’educazione cattolica, chiese di proquando un’ideologia ha bisogno del pote- durre un documento molto importante in re della polizia e dei giudici per imporsi, merito all’educazione e all’omosessualità significa che stiamo andando verso uno e alla necessaria collaborazione fra uomo e Stato totalitario. Il problema è che i citta- donna. È poi fondamentale l’azione pastorale in sostegno delle famiglie e un impegno maggiore «Si sta sviluppando una polizia delle idee. cattolici nella difesa delle E quando un’ideologia ha bisogno della polizia dei istanze familiari ed educatie dei giudici per imporsi, significa che stiamo ve anche in politica. andando verso uno Stato totalitario» Benedetta Frigerio Foto: AP/LaPresse della persona, quindi anche del bambino. Di qui la diffusione della pederastia e la legittimazione dell’omosessualità. Oggi siamo al punto in cui l’omosessualità viene considerata un’identità grazie al lavoro incessante degli attivisti gay all’interno di tutte le istituzioni più importanti. Come l’Onu e l’Unione Europea, che ora hanno ridefinito l’omosessualità. All’inizio degli anni Settanta gli attivisti gay per imporsi sono arrivati a usare la violenza verbale e fisica: le associazioni omosessuali intervenivano in tutti i congressi medici con metodi anche brutali, strappando il microfono a chi osava sollevare dubbi. E attraverso l’occupazione di posti strategici si sono infiltrati anche nel consiglio di amministrazione dell’Associazione degli psichiatri americani. Così hanno potuto imporre la cancellazione dell’omosessualità dal manuale delle malattie, una risoluzione raggiunta per alzata di mano dopo che a tutti i membri erano state inviate lettere personali: non era mai successo che si prendesse una decisione scientifica per alzata di mano. Da allora è diventato quasi impossibile per i medici affrontare l’omosessualità anche da un punto di vista scientifico. E dopo l’Organizzazione mondiale della sanità, le legislazioni statali hanno cominciato a negare l’esistenza della diversità sessuale, prima accettando l’omosessualità come normale, poi permettendo i matrimoni fra persone dello stesso sesso e infine aprendo all’adozione. SOCIETÀ TINTARELLA SOBRIA Fatevi una vacanza ai giardinetti Quest’estate niente ferie senza il nulla osta della procura nazionale anticasta. I Caraibi? Irredimibili. Lo yacht? Troppo Suv. Le Maldive? Roba da politici. Per colpa loro non si salva manco l’Ikea. Tanto vale abbronzarsi in balcone. Purché non sia condonato «O Fregene, Rimini, Riccione» cantava il Jovanotti di Estate 1992, «l’estate delle mie e delle tue vacanze, come ogni caldo agosto, in giro per l’Italia a farsi il culo arrosto». Bello. Sempre che il menù dell’arrosto non lo decida qualcun altro. Con ogni probabilità, in quest’estate 2012 a deciderlo sarà la procura nazionale anticasta che può contare sull’insospettabile fustigatore dei costumi che è in ciascuno di noi. Quattro anni fa, quando si credeva ingenuamente di essere già al punto peggiore della crisi, non mancavano le battute ironiche sui tradizionali scatti rubati dei vip al sole dei tropici accostati alle immagini delle famiglie americane che perdevano le proprie case sommerse dal debito di mutui concessi troppo allegramente. Quattro anni e centinaia di miliardi bruciati in borsa dopo, l’ironia è roba per dilettanti sprovvisti di qualunque coscienza civica. Questo è piuttosto il tempo dell’indignazione e della denuncia. Così nell’Italia tecnicamente votata alla sobrietà e alla guerra alla casta la stagione delle vacanze diviene un campo minato. Per i politici, certo. Ma anche per i comuni mortali. Sicché la ricerca di un luogo di villeggiatura si tramuta in un manuale su dove non andare per non incappare nella critica inflessibile quando non nell’insulto esplicito. Niente di penalmente rilevante, ci mancherebbe. Ma non negherà signora mia che farsi vedere spaparanzati al sole in un momento come questo in cui agli italiani si chiede di tirare la cinghia è quanto meno inopportuno. Già, l’opportunità: evoluzione infinitamente più duttile del concetto di legalità che pure ci ha fatto scollinare gli anni Novanta. 28 stia, | 13 giugno 2012 | | Dove si va in vacanza, dunque? Certo che si può scegliere, ma occorre sapere che alcune destinazioni sono irredimibili. Costitutivamente incompatibili con il basso profilo. Perciò addio al sole dei Caraibi. Ne sa qualcosa Roberto Formigoni, sulla graticola per capodanni dall’altra parte del mondo. L’esperienza del governatore insegna che oltre al luogo importa – e molto – il mezzo. E lo yacht è a tutti gli effetti il Suv dei mari. Dunque semplicemente inammissibile, come profeticamente cantava Checco Zalone: «Se avevi lo yacht fatte il gommone/ se avevi la mignotta fatte un raspone». Non si salva neppure la barca a vela, che pure godeva dell’aura radical chic di chi cerca l’autentico spirito del mare capelli al vento e salsedine sulla pelle. Restano in gara solo la barca a remi e il pedalò, mezzi che automaticamente vi spingeranno in un mesto lago italiano o sulle spiagge dell’Adriatico. Conservare sempre gli scontrini Ma guai a pensare che l’Adriatico sia così pop da essere innocuo. C’è Adriatico e Adriatico. Fatta eccezione per le infinite pensioni Bellavista di Bellariva e Rivabella, le tentazioni sono in ogni discoteca, in ogni ristorante di pesce sfacciatamente costoso. In ogni caso, che si scelgano pensione o motel, bed and breakfast o campeggio, il primo comandamento dell’estate è conservare scontrini e ricevute vita natural durante. Anche scaduti i termini per i controlli dell’Agenzia delle entrate, resterà infatti attiva la polizia dell’opportunità. “Chi pagò quel giorno il Crodino in spiaggia prima del calciobalilla?”, potrebbe chiedervi un giorno il cronista scrupoloso o il grillino in procinto di candidarvi in qualche lista. Dall’alto in basso, Nicole Minetti a Formentera, ripetutamente immortalata nelle fotogallery del sito del Corriere della Sera; Schifani e Rutelli durante le vacanze alle Maldive dello scorso inverno; Anna Finocchiaro con la scorta all’Ikea Niente di penalmente rilevante, per carità. Ma non negherà signora mia che farsi vedere spaparanzati al sole in un momento come questo appare quanto meno inopportuno Pochi mesi fa, durante le vacanze di Natale, Casini, Schifani e Rutelli scelsero di andare alle Maldive. Fu subito notizia: capodanno esotico al Palm Beach Resort di Lhaviyani dove le suite costano tra i 2.550 e i 5.700 dollari a notte. Non solo. I politici hanno scelto le stanze migliori mentre i Totti (qualcuno li candiderà prima o poi) si accontentavano di «camerette» da 500 e rotti dollari a notte. Che a denunciare il misfatto fossero frotte di italiani a loro volta ospiti del resort è un dettaglio trascurabile. Il danno era fatto. Se proprio han da essere Maldive, che siano almeno quelle low cost indicate nella guida del turista responsabile. Frequentate da calciatori e popolo Billionaire, Formentera e la Sardegna hanno il vantaggio di non essere neanche in gara. Mica pretenderete adeguatezza al momento storico da gente che guadagna milioni di euro l’anno per correre dietro a un pallone e a qualche velina? Non per nulla l’anno scorso Formentera fu meta della consigliera regionale lombarda Nicole Minetti. C’erano fior fior di gallerie fotografiche a ritrarla in costume sul sito del Corriere della Sera per documentare con indefesso spirito giornalistico quanto la casta sia lontana dalla gente che al mare ci va con la borsa frigo, il costume dell’Oviesse e le ciabatte di gomma. Pellegrini a Montenero di Bisaccia Restavano le crociere, le vacanze all inclusive più a buon mercato per le tasche del cittadino medio. Ma il tragico naufragio della Costa Concordia ha affondato anche quell’universo di riferimento. Non resta che rimanere a casa e chiedere al vicino di certificare che l’abbronzatura è il frutto di proletarissime e ripetute esposizioni sul terrazzo di casa. Accettabile purché lo stesso non sia frutto di un abuso edilizio condonato. Non si salvano neanche le spedizioni all’Ikea per il piccolo bricolage. Il paradiso dell’arredamento a buon mercato l’ha bruciato la senatrice del Pd Anna Finocchiaro, immortalata due settimane fa da Chi mentre si fa aiutare dagli uomini della scorta a spingere il carrello e scegliere padelle antiaderenti. La didascalia implicita di quelle immagini apparentemente innocenti non lascia scampo: anche quando frequenta luoghi sfacciatamente popolari, la casta lo fa senza rinunciare ai suoi (zozzi) privilegi. Scartati Caraibi, Sardegna, Formentera, Maldive e le imbarcazioni a motore, cosa resta a parte un pellegrinaggio a Montenero di Bisaccia? Forse un bel camposcuola a Parma. Non c’è niente di più opportuno dell’illuminata neocapitale del grillismo. [lb] | | 13 giugno 2012 | 29 IL NOSTRO UOMO A PALAZZO LE “SOFFIATE” DAL PAPA AL CALCIOSCOMMESSE Altro che libertà di cronaca è peste bubbonica dell’anima di Renato Farina Foto: AP/LaPresse C onosco Gianluigi Nuzzi, sono sicuro della sua moralità, «siamo tutti bravi ragazzi», come dice Dustin Hoffmann in Morte di un commesso viaggiatore. Nuzzi ha una moralità perfetta, poiché il valore decisivo da lui professato è il “diritBORIS GODUNOV to di cronaca”, costi quel che costi, una divinità assoluta, per cui versare il sangue, specialmente quello degli altri. Etica cioè come coerenza con i valori professati. Peccato siano gli stessi valori del menga che stanno trascinandoci alla barbarie, al niente foruncoloso e paonazzo del collettivo. Il valore è portare notizie in magazzino come forme di grana, registrazioni minute della nostra vita e se ti ribelli sei morto. Non c’è nulla che valga, non c’è la persona e il suo bene a contare, ma una deontologia a misura del potere. Ci sono due casi. 1. Boris ha presentato una interrogazione martedì 29 maggio. Ho scritto più o meno che le vicende di questi giorni riguardanti il calcio si prestano a molte considerazioni etiche. Ce n’è una che, sull’onda del tin- Il governo giudica tutto, tranne i fatti tinnar di manette, è stata trascurata, ed è la spettacolarizzazione che esigono qualcosa di diverso dalla della giustizia, perseguita calpestando quel rispetto verso le personeutralità. Una mancanza di solidarietà ne che dovrebbe valere sempre, tanto più in presenza di un’inchiesta in cui chi è coinvolto resta presunto innocente. La spettacola- con chi subisce un sopruso. Come è rizzazione non merita solo una critica di costume, è in questo caso successo a Ratzinger e ai calciatori proprio un reato, una violazione del segreto, suscettibile persino di essere una forma di favoreggiamento. L’istantanea di questo piccolo-grande abuso ce la regala La Stampa a pagina 3, allorché racconta come sia stato possibile che tutti i Tg avessero di prima mattina non solo la notizia ma anche le immagini della irruzione delle volanti nel Centro tecnico di Coverciano, dove alloggia la Nazionale. Le “pantere” sono giunte all’ingresso alle 6 e 15. Scrive Marco Ansaldo: «La giornata è cominciata così, lunghissima, estenuante, con le troupe televisive e i giornalisti appesi ai cancelli in attesa di notizie perché qualche soffiata era giunta già domenica sera». Insomma una soffiata c’è stata parecchie ore prima del blitz. Possiamo dirlo? Boris è stufo di queste soffiate ad uso della popolarità degli inquirenti, toghe o no che siano, ciò che poi induce i giornalisti oggetti della benevola fuga di notizie a un atteggiamento di totale appiattimento sulla linea dell’accusa, onde godere del privilegio di soffiate in anteprima. Buffon ha detto la stessa cosa, con più classe e forza. Mario Sconcerti l’ha subito falciato sul Corriere, con la scusa che i giornalisti fanno il loro mestiere, e pensasse piuttosto alle scommesse. Un paio di ore dopo da Torino fanno sapere che c’è una informativa, anni fa Buffon ha versato assegni a una ricevisotto, Gianluigi Nuzzi, autore toria, non è indagato, però taci e impara. Ma che cazzarola (Trapattoni) di roba è que- Qui di Sua Santità, il libro con le lettere sta? È giustizia, è diritto di cronaca? È peste bubbonica dell’anima. private rubate al Pontefice 2. Godunov ha chiesto al governo che cosa pensa del furto di lettere al Papa. Mi ero ripromesso di stare calmo, ascoltare e basta. Ma porcaccia la Eva come si fa. Il sottosegretario alla presidenza si è limitato a dire che la Santa Sede non ha fatto alcun passo formale. Insomma, no comment. Il governo giudica tutto, interviene su qualsiasi guaio del mondo. E fa bene. Poi viene violata in Italia la libertà di comunicazione e zitti? Al diavolo, cos’è questa etica tecnica, pilatesca, in fondo complice con la violazione dell’articolo 15 della Costituzione che garantisce la riservatezza della corrispondenza. Assoluta reticenza invece sulla valutazione dei fatti che esigono qualcosa di diverso dalla neutralità, che si risolve alla fine in una mancanza di solidarietà con chi ha subito un sopruso. E che si chiama Papa. | | 13 giugno 2012 | 31 CULTURA TRA OCCIDENTE E ORIENTE Nuovi totalitaristi crescono Non erano il capitalismo né gli ebrei i veri nemici dei movimenti estremisti che insanguinarono il secolo scorso. Fascisti e bolscevichi volevano cancellare la trascendenza dell’uomo. Proprio come fa, oggi, l’islam radicale. Parla Ernst Nolte N on stupisce più di tanto che l’ultimo libro di Ernst Nolte, definendo l’islamismo come «terzo movimento di resistenza radicale» accanto a bolscevismo e fascismo, abbia suscitato a suo tempo eco e reazioni significative sulle stampa tedesca. Protagonista nel 1986 della cosiddetta “disputa tra gli storici” per le sue analisi dei due grandi fenomeni totalitari del XX secolo, Nolte è dunque tornato a suscitare polemiche con questo corposo studio (Il terzo radicalismo, ora edito anche in Italia per i tipi di Liberal), frutto di una lunga gestazione, nel quale il “pensatore della storia” ritrova nell’islamismo, inteso come dimensione bellica e dogmatica dell’islam, elementi comuni con il bolscevismo e il fascismo. Da grande personalità qual è, Nolte non ha difficoltà ad ammettere i propri limiti nella conoscenza dell’oggetto. Tuttavia, essendo l’islamismo ormai riconosciuto nel dibattito pubblico come un fenomeno d’opposizione radicale al “moderno”, ha ritenuto necessario non lasciare ai soli specialisti un tema così caldo e palpabile. Col rischio di esporsi a dure critiche – come, per esempio, quelle ricevute da Walter Laqueur, ritenuto uno dei fondatori della ricerca sulle origini del terrorismo, secondo il quale il libro di Nolte si sofferma troppo sulle dittature novecentesche. In realtà i tratti che assimilano il «terzo movimento di resistenza radicale» alle altre due «rivoluzioni conservatrici» possono essere colti solo riproponendo le carat- 32 | 13 giugno 2012 | | teristiche del marxismo e del nazionalsocialismo, ecco il motivo di quella lunga prima parte del lavoro così poco apprezzata da Laqueur. L’elemento essenziale che lega i tre “movimenti”, secondo Nolte, è l’aspirazione a salvare le relazioni di vita primordiali dalla modernità. Da qui lo storico parte per raccontare il progressivo confronto dell’islam con il mondo a partire dal XIX secolo, iniziando dall’arrivo di Napoleone in Egitto, attraverso il sionismo, interpretato come la sfida decisiva della modernità al cuore dell’islam, per finire con l’islamismo, inteso come forza rilevante nel contesto del conflitto globale. Taciuta all’estero dai suoi detrattori, ma anche dai suoi estimatori, la domanda di Nolte si concentra su quale sia il nemico contro il quale combatterono bolscevismo e fascismo, che è lo stesso contro il quale combatte oggi l’islamismo. Quel nemico – è la risposta dello storico tedesco – non è il capitalismo, e neppure l’ebraismo. «È piuttosto un “qualcosa” presente nel capitalismo che è stato a lungo preso in esame da pensatori ebrei e non ebrei: la ricchezza più interiore, o meglio, il destino vero dell’uomo, che va “oltre se stesso”, cioè (…) la trascendenza, la necessità di porsi in un rapporto emozionale con il mondo nella Ernst Nolte, storico, studioso del bolscevismo e dei movimenti fascisti, è professore emerito alla Libera Università di Berlino sua interezza». Una considerazione che lo conduce all’origine stessa del male, la ribellione dell’uomo contro il suo creatore. «Se è giusta la tesi degli ideologi islamici – scrive Nolte – secondo la quale l’islam null’altro è se non il ritorno dell’essenza ribelle dell’uomo contro l’armonia dell’universo creato da Dio, allora il concetto di “trascendenza”, inteso come qualcosa di negativo e dunque da negare, si lascia usare (nell’islamismo, ndr) in maniera non diversa da come venne usato da Lenin e Hitler». L’attualità del tema e la lucidità con cui Nolte legge i movimenti della storia umana in relazione alle aspirazioni del singolo rendono anche que«Sia i Fratelli Musulmani che i salafiti sono, per sto suo lavoro, nonostante il limiti da lui stesso ammessi, motivi facilmente comprensibili, nemici radicali imprescindibile. Anche per di Israele e i più estremisti tra loro aspirano comprendere i fenomeni in ad annientare lo Stato e il popolo ebraico» atto nel contesto arabo. Nel suo ultimo libro, frutto di una lunga gestazione, Ernst Nolte ritrova nell’islamismo, inteso come dimensione bellica e dogmatica dell’islam, elementi comuni con il bolscevismo e il fascismo IL SAGGIO IL TERZO RADICALISMO Ernst Nolte Edizioni Liberal 23 euro Foto: AP/LaPresse Professor Nolte, tutto il mondo ha seguito e segue con attenzione ciò che sta accadendo da oltre un anno nei paesi del Nord Africa e nel Medio Oriente arabo e musulmano. La cosiddetta “primavera araba”, quella che i tedeschi chiamano “Arabellion”, ha preso apparentemente le mosse da legittime aspirazioni di libertà e giustizia. Oggi, però, i segnali indicano un po’ ovunque una possibile deriva islamista del fenomeno, più che una vittoria delle forze democratiche. C’è dunque il rischio reale che la battaglia per la libertà contro i regimi dittatoriali porti all’affermazione di quell’islam radicale di cui parla nel suo libro? Nella cosiddetta “Arabellion” si affrontano due forze aspiranti al potere che fino ad oggi sono state sottomesse ai regimi dittatoriali: da un lato quella dei Fratelli Musulmani, la cui storia in una certa misura conosco, e dei salafiti, i quali al tempo di questo mio studio non giocavano ancora un ruolo significativo; dall’altra l’allineamento all’Occidente, sia attraverso la soppressione delle strette prescrizioni morali dell’islam, sia con l’emigrazione di massa verso i paesi occidentali. Lei parla nel libro di Israele come “centro di modernità” nel contesto del mondo islamico, sottintendendo gli stretti legami dello Stato ebraico con l’Occidente. Dopo quanto è accaduto dall’inizio della “primavera araba” ad oggi, quali ripercussioni politiche immagina che ci potranno essere appunto nei paesi occidentali, intendendo tra questi anche Israele? Sia i Fratelli Musulmani che i salafiti sono, per motivi facilmente comprensibili, nemici radicali di Israele e i più estremisti tra loro aspirano di fatto all’annientamento dello Stato e del popolo ebraico. I solenni giuramenti degli uomini e delle donne di Stato occidentali non lasciano intravedere alcuna altra via che non sia quella di un sostegno incondizionato a Israele, se necessario anche di carattere militare. Se la richiesta di annientamento avesse come obiettivo solo la scomparsa dell’Israele “sionista”, col fine di rendere possibile la convivenza di ebrei, musulmani e cristiani in un unico stato (così come gli Alleati della Seconda Guerra Mondiale non pretesero la distruzione della “Germania”, ma del- la “Germania nazionalsocialista”), in Occidente non sarebbe più possibile la perpetuazione dell’interpretazione unilaterale della richiesta islamica di annientamento, e quegli uomini e quelle donne dovrebbero decidersi: sostenere incondizionatamente anche l’Israele inteso come “potenza d’occupazione” oppure solo l’Israele degli anni 1949-50 riconosciuto dal diritto internazionale. Come giudica il ruolo dei salafiti negli atti di vandalismo verificatisi in Germania nelle ultime settimane? Ritiene che questo radicalismo rappresenti il futuro della Germania e dell’Europa? Questo radicalismo, di cui sono protagonisti piccolo gruppi, non può essere il futuro della Germania e dell’Europa. Qualcosa del genere potrebbe però accadere qualora proseguisse l’immigrazione incontrollata di musulmani verso l’Europa e se il fanatismo della volontà di “conquista del mondo in nome della vera fede”, immanente all’islam in quanto tale, sebbene spesso mascherato o diventato inefficace, pren«Questo radicalismo non è il nostro futuro, desse il sopravvento sulla a meno che non prosegua l’immigrazione maggioranza diventata nel incontrollata e non prevalga la volontà di frattempo minoranza. “conquista del mondo in nome della vera fede”» Vito Punzi | | 13 giugno 2012 | 33 CULTURA TI RACCONTO UNA VERA fiaba C’era una volta (e c’è ancora) Sei bambini, un cappotto appeso come una mela, due scarpe magiche, tre mamme che cercano fuoco e fulmini in libreria. E non trovandoli, si inventano una collana per ragazzi dai 4 ai 99 anni. Vietata a orchi buoni e Barbie cenerentole G loria sgrana gli occhi sul suo cappotto bell’appeso come una mela. Hai voglia a chiamarlo attaccapanni per bambini: lei fino a quel gancio lassù non era mai arrivata. Ma quel giorno indossa le nuove scarpette nere di vernice: un mezzo saltino e il suo cappotto dondola appeso accanto a quello dei fratelli. Di colpo capisce tutto: «Ma allora queste scarpe sono magiche!». Sì, Gloria, sono magiche. Ma non tutti i grandi sono capaci di fare una cosa molto seria come infilarsi nelle scarpe di una bambina di quattro anni. C’è chi ci prova, e resta in corridoio con lo sguardo fisso a terra, incurante del cappotto che dondola qualche mela più in alto. Come se i bambini stessero tutti in quei brevi centimetri di adulto e in un paio di scarpe, semplicemente nuove e di vernice. Come se non sapessero alzare il capino all’insù. Ecco: questa è una cosa che Annalena Valenti non ha mai digerito. E non solo perché è geneticamente programma per infilarsi nelle scarpe della figlia Gloria e dei suoi cinque fratelli. Ex valtellinese che sognava di fare la contadina in Gallura e attuale Mammaoca, rubrichista di Tempi e tra i curatori delle edizioni annuali di Adesso, 365 giorni da vivere con gusto, Annale- 34 | 13 giugno 2012 | | na ha a che fare con gli effetti del mondo visto e scritto per bambini fin dagli anni dell’università, quando decide di impegolarsi in una tesi sulle origini delle fiabe e crescere sei figli come Dio comanda, con la testa volta in su: a guardare i cappotti che sembrano mele. Tutta “colpa”, dice sempre lei, di una formazione al camino della nonna, dove smetteva le gonnelle di bambina per vestire ora le piume di un cosetto brutto brutto come il Brutto Anatroccolo di Andersen, ora i panni di quel soldino di cacio di Pollicino di Perrault, e di signori incontrati, una volta grande, come G. K. Chesterton, C. S. Lewis o J. R. R. Tolkien, che con i loro boscaioli spiantati, nani, elfi e re meschini che popolano le terre di “c’era una volta”, hanno reso le fiabe «assolutamente ragionevoli», specchi di un’esperienza interiore e non della realtà – perché, come ebbe a notare Bruno Bettelheim, «è come tali che il bambino le comprende». C’era una volta: e chissà quanto c’è ancora dell’amatissima Gretel, che riesce a uccidere la strega e salvarsi insieme al fratello Hansel, in Lucilla, la sua secondogenita che oggi fa l’educatrice alla Casìta de Belén alla periferia di Asunción in Paraguay. C’era una volta: e c’è davvero di tut- Sopra, La leggenda dei 6 compagni di Guido Gozzano e quella nave «che andasse per mare e per terra» disegnata da Giovanni e i suoi amici: prima di venire editata da Lindau l’idea di questa fiaba così illustrata era nata come bomboniera della loro prima comunione to in Giovanni, l’ultimo dei sei, che davanti alle suole ricurve delle modaiolissime calzature Mbt esclama: «Uao, ma una formica ci fa un bellissimo parco giochi in queste scarpe dondoline!». C’era una volta: ma quando entri in libreria non c’è più. Dove vai senza scarpe dondoline? «Le fiabe non insegnano ai bambini che i draghi esistono, i bambini che i draghi esistono lo sanno già, le fiabe insegnano ai guarda parigi, è tutta d’oro Lo sguardo dei figli «che noi abbiamo perduto» Così un libro ha ispirato il Quaderno da viaggio bambini che i draghi possono essere sconfitti», scrive Chesterton. Annalena lo ripete spesso, quando tiene i corsi sulle fiabe a genitori e insegnanti. Ma è molto complicato per certi adulti di oggi favolare di draghi quando al posto di scarpe dondoline si vedono solo delle suole ortopediche. Qualcuno ci ha provato, a infilarsi nelle scarpe dei bambini: ora operando una riduzione dei testi integrali classici, ora preferendo un linguaggio sempre più semplicistico, ora spogliando le storie di ogni elemento ritenuto “turbativo” per un sedicesimo di uomo: via le parole difficili, via le lacrime, via la sofferenza, via la violenza, via la morte, che queste non sono cose da bambini. Via così, come col parental control. Qualcuno ha poi cavato principesse, pinguini e maghetti dai rispettivi regni fatati, trasformandoli in cittadini moderni domiciliabili a Cesano Boscone o a San Salvatore Telesino, ad affrontare l’arrivo di un fratellino, la separazione dei genitori, la perdita del ciuccio, l’uso del vasino. E via così, come farla al cesso. Qualcun altro ha perfino consegnato la penna ai bambini e il risultato è un po’ quello che ti aspetti a Natale, davanti ad alcuni presepi popolati di persone, cose e animali di tutto il mon- «Guarda quel segno sul tronco, non sembra un occhio?». (…) È bellissimo andare in giro con un bambino: guarda la realtà con un altro sguardo. È come camminare accanto a un piccolo straniero, che veda, nelle cose abituali, un mondo diverso da quello che vediamo noi. Come da un’altra prospettiva. Chi erano, mi chiese, quelle persone nelle fotografie sulle lapidi? Gli dissi che erano uomini di tempi lontani, e che ora, lì sotto, dormivano. E lui di rimando: «Dormono? E quando si svegliano?». Come fosse ovvio, nei suoi tre anni, che non c’è sonno senza risveglio: e che nessuna notte durerà per sempre. «Ma mamma, Parigi è tutta d’oro!». (…) Portateli con voi, i bambini, a vedere una grande città, anche se sono piccoli. Forse da grandi non ricorderanno. Forse ricorderanno solo le luci, o una faccia, o un souvenir da pochi centesimi. Ma voi, avrete visto quella città con gli occhi di un bambino: uno sguardo diverso e incantato. Fino a quando, mi sono chiesta tornando, mi seguiranno i tre? Non sarà più lo stesso girare il mondo senza i loro brontolii, battibecchi, domande: senza il loro sguardo, che allarga e approfondisce il mio. Marina Corradi Cronache familiari, Edizioni Messaggero Padova, 2012 Il Quaderno da viaggio nasce per vedere una città con gli occhi dei bambini, aiutandoli ad esprimere e non perdere quello sguardo «diverso e incantato» che fa di ogni luogo una avventura sempre nuova do, come alla gita delle Nazioni Unite. Così, occupandosi di cenere e lampadine, e non più di fuoco e fulmini, la letteratura per bambini ha perso i suoi draghi. Così, seguendo una stella Poi, un giorno dello scorso anno, a Giovanni e altri amici tocca fare la prima Comunione. E come spesso accade a quell’età, e in particolare tra le mamme del Collegio Guastalla di Monza, l’evento trasforma le cucine di casa in officine creative: è qui che Annalena insieme alle amiche Adriana Rocchi, mamma e insegnante d’arte, e Raffaella Carnovale, architetto ma soprattutto incinta del settimo figlio, impastano le idee per realizzare una bomboniera speciale: una fiaba illustrata dai bambini. Anzi, due fiabe, perché tra i figli prossimi alla Comunione c’è anche una figlia, e con le bambine bisogna fare le cose per benino; lo sa bene Annalena, che di figlie ne ha quattro, mentre cerca e trova – anzi, ritrova – quello che stava cercando: La leggenda dei 6 compagni di Guido Gozzano e Lo scialle, una fiaba della tradizione orale spagnola sul femminilissimo mantòn de Manila. Ed ecco. In capo a un piccolo C’era una volta lo sguardo dei bambini si anima e con esso le gesta di uomini prodigiosi, insuperabili nella corsa, capaci di ascoltare l’avena seminata crescere sotto terra o di colpire una lepre distante sette miglia con arco e frecce. Di più, i bambini si guardano, e con quello sguardo speciale, si riconoscono: «Sono 6, come noi della Comunione! E questo sono proprio io che corro veloce, e tu con l’orecchio fino, e, tu…» –, perché eterno è il talento di ogni bambino nello spazio di un C’era una volta dato alla carta oggi come agli inizi del Novecento. Uno sguardo incurante del limite e avido del principio di ogni cosa che Annalena trova tutto in Cronache familiari di Marina Corradi, uscito per le Edizioni Messaggero di Padova in occasione del VII Incontro mondiale delle famiglie: | | 13 giugno 2012 | 35 TI RACCONTO UNA VERA FIABA CULTURA la nuova collana per ragazzi Una scommessa educativa nata dallo spirito garibaldino di Lindau L’idea di affrontare un segmento di mercato nuovo a Lindau come quello dei libri per ragazzi piaceva molto al direttore editoriale Ezio Quarantelli. Di più, la trovava una cosa “dovuta” ai suoi fedeli lettori con figli e nipoti. Ma il progetto, non lo nasconde, «sarebbe ancora lì se non ci fosse stato il felice incontro con il gruppo di Annalena. In cui ho ritrovato insieme a grandi competenze maturate come mamme e all’interno delle scuole, lo stesso mio desiderio di scommettere, con spirito un po’ garibaldino su un’idea di letteratura, dunque di educazione, radicalmente diversa da quella che oggi occupa gli scaffali». La leggenda dei 6 compagni, Lo scialle e il Quaderno da viaggio saranno in libreria a luglio, con un prezzo compreso tra i 5 e i 12 euro. A seguire, in autunno, Storia dello zar Saltan, di suo figlio il principe Guidone e della bella principessa Cigno, una nuova edizione della Vita di Gesù narrata da don Cesare Angelini e Il dono di Natale di Grazia Deledda. La collana Seguendo una stella – «e questa espressione catturata da Annalena in Stevenson esprime meglio di ogni altra la portata dell’orizzonte proposto» – verrà seguita da Paola Quarantelli, sorella di Ezio. Accanto a questo filone narrativo Lindau sta anche sviluppando una produzione “educational”, ovvero con un taglio più direttamente educativo, volta ad affrontare argomenti come l’handicap, la morte, la convivenza, «temi che purtroppo sembrano non trovare più in famiglie, scuole e parrocchie un efficace interlocutore». «Portateli con voi, i bambini, Secondo Chesterton a vedere una grande città», scrile fiabe non insegnano ve l’autrice raccontando Pariai bambini che i draghi gi tutta d’oro vista dalla figlia Caterina: «Vedrete come noi la esistono: questo i bambini Torre Eiffel dal basso, immenlo sanno già. Le fiabe sa, e i vostri figli in piedi, piccoinsegnano ai bambini che lissimi, sotto, con la testa rovei draghi possono essere sciata all’indietro nello sforzo di scorgere quella straordinaria sconfitti. Ma come è cima di acciaio, fin dove arriva. possibile parlare di draghi E dall’alto invece (…) l’immensiquando guardi le scarpe tà di Parigi, oceano di case infiMbt e invece di un parco nito; tutte con le finestre accegiochi per formiche ci vedi se, e, dietro ogni finestra, un uomo». E in queste parole c’è due suole ortopediche? tutto quello che serve al terzetto per rimettersi in officina e progetta- di copertina, un posto pronto in libreria da re qualcosa di molto nuovo. Il Quaderno da luglio quando, da veri filibustieri andranno viaggio, molte pagine bianche e poche indi- a conquistarsi un posto nei marosi della letcazioni “nate in casa” – per Giovanni sape- teratura per ragazzi tra cappuccetti ingialre quanti chilometri lo separano costante- liti, Barbie cenerentole e orchi che mai più mente da Monza o quanti chili di ferro pesa taglieranno la gola a sette figliole. Tutta la Torre Eiffel è fondamentale – nasce così: “colpa”, questa volta, della casa editrice Linper popolare di mappe, fotografie, pensieri dau e del giorno in cui le tre mamme porun luogo visto da «esploratori avventurosi e tarono i loro libri stampati artigianalmencuriosi». Capaci di un orizzonte che allarga te al direttore Ezio Quarantelli. Il quale si ritrovò improvvisamente sulla scrivania ciò e approfondisce quello di mamma e papà. che da tempo andava cercando sul mercato, Avventurieri tra orchi in pensione la stessa volontà di tornare ad occuparsi di A pochi mesi dalle chiacchiere nate in cuci- fuoco e fulmini che stava animando il prona La leggenda dei 6 compagni, Lo scial- getto di aprire una collana per ragazzi. Detle e il Quaderno da viaggio sono diventati to e fatto. Ai tre libri della collana Seguenlibri. Veri libri, con un editore, un prezzo do una stella – a ispirare il nome una poesia Sopra e a lato, Storia dello zar Saltan, di suo figlio il principe Guidone e della bella principessa Cigno, edizione della favola di Puskin che Lindau porterà in autunno nella traduzione classica di Ettore Lo Gatto mescolando immagini contemporanee alle illustrazioni d’epoca elaborate nel 1905 da Bilibin. Sotto, la copertina e un’illustrazione della fiaba spagnola Lo scialle di Stevenson cara ad Annalena – si unirà in autunno Lo zar Saltan, la novella di Puskin che Lindau riproporrà nella traduzione originale di Ettore Lo Gatto e i disegni di Bilibin del 1905; e, sotto Natale, una riedizione della Vita di Gesù di Cesare Angelini, e de Il dono di Natale, di Grazia Deledda. Libri per ragazzi dai 6 ai 99 anni, come dice Annalena quando spiega perché un bambino sì che può leggere Gozzano e Puskin. O, meglio, dai 4 ai 99 anni, come ama correggersi quando attraversa il corridoio di casa e rivede Gloria con le scarpe magiche ai piedi e il capino volto all’insù, verso un cappotto che dondola appeso come una mela. Caterina Giojelli | | 13 giugno 2012 | 37 CULTURA LA MOSTRA Il rapporto di Congdon con le cose Alla scoperta del “periodo veneziano” del grande action painter americano. Così nella città della laguna l’artista sentì per la prima volta l’eco di quella Presenza che gli travolgerà l’esistenza. Chiedendogli di essere vissuta e trasformata «L ta, che s’irradia dalla basilica, aprendosi, me e loro stava nel mio rappor- come una strada tra il campanile e le Proto con l’oggetto, con l’oggetto curatie, alla piazza, che diventa per lui il da distruggere, o meglio da trasfigurare, presentimento d’un punto fermo, un ordidel quale io a differenza di loro trattenevo ne interiore dettato dal bello. «Venezia è sempre un’apparenza. Oggetto trattenuto, sempre il luogo, più di ogni altro nel moncome segno dell’oggettivazione o ristruttu- do, fatto per essere dipinto, è troppo fanrazione della mia vita alla quale io andavo tastica per farne solo un ritratto dipinto incontro». Così l’americano William Cong- – conosco bene quel dramma prima del don spiegava, con la coscienza dei suoi set- calar della sera, quando il sole da una stritant’anni, la differenza tra lui e gli “action scia a occidente incendia San Giorgio e la painter” della New York School. E in questa punta del campanile di San Marco…», scristoria di “rapporto con l’oggetto” Venezia è ve il pittore nel dicembre del 1950. È proprio a Venezia che Congdon un punto di non-ritorno. O meglio, si riveimpatta per la prima volta con la storia lerà un eterno ritorno. Il primo incontro di Congdon con la cit- come eco d’una Presenza. Qui la Presentà avviene nell’estate del 1948: «Venezia – za gli s’impone, e insieme gli chiede di impressione straordinaria – fantasia – ecci- essere vissuta e trasformata. Ecco l’origine di quel suo caratteristico tante come New York – ideale modo di “dipingere” in cui per una festa», annota sul suo WILLIAM CONGDON oli e smalti, talvolta mischiataccuino. Nel 1947 l’artista si A VENEZIA ti a oro e piombo, vengono era trasferito a Capri dove la (1948-1960). incisi e modellati sui pansua vocazione a “uscir da sé” UNO SGUARDO nelli come sculture. Se ne con il disegno, già manifeAMERICANO accorge l’amica Peggy Gugstatasi nei ritratti dei deporVenezia, Università Ca’ Foscari genheim, anch’ella residente tati del lager di Berghen BelSpazio Ca’ Foscari a Venezia, che nel 1953 scrisen, l’aveva indirizzato come Esposizioni, ve: «Il suo modo d’espressioun fulmine a dipingere la Dorsoduro 3246. ne è moderno, la sua comnatura mediterranea e le citFino all’8 luglio 2012. prensione vecchia quanto la tà, innanzitutto Napoli, alla Catalogo: Terra Ferma (23 euro) città stessa. Egli ha saputo ricerca spasmodica d’un puncogliere l’effettiva essenza di to d’appoggio. Il sole verdemolti secoli e fonde questa arancio con i suoi bagliori sulle case lorde di nero della Bowery a visione in un sogno così fantastico e belNew York, nell’impatto con Venezia fatta lo che i suoi dipinti lasciano senza respiro. di acqua e di luce, muterà presto, seguen- (…) Sono fatti di lava; sono lampeggianti; do la «musica (del) suono dell’acqua» filtra- palpitano della vita e della passione di tutta dalle vetrate policrome di Palazzo Dario ti i veneziani che da lungo tempo riposano nella loro ultima dimora». (1948), nell’oro traspirante di San Marco. Nella primavera del 1951, spinto «da Venice, 2 (St. Mark’s Square 1), del 1950, mostra questo nucleo di luce chiara, dora- una forza interiore», Congodon si reca ad 38 a distanza che subito si palesò tra | 13 giugno 2012 | | Assisi, dove per una serie di coincidenze viene accompagnato alla Pro Civitate Christiana di don Giovanni Rossi, il quale accoltolo e intuita la sua sete interiore gli chiede espressamente se desideri diventare cattolico. «No», risponde lui timidamente, ma aggiunge: «Tornerò». Quell’incontro è decisivo. Negli anni successivi si assiste a quella formidabile epopea costituita da città, culture che l’artista sente bisogno di conoscere per prepararsi al ritorno. Innanzitutto vivendo nuovamente Venezia, assimilandone la storia. Il rapporto osmotico con la laguna ne trasfigura cupole e architetture, che incominciano a respirare con lo stesso ritmo delle stagioni, per poi trasformarsi in rame col tramonto in rame (Piazza Venice, 5 e Piazza Venice, 7, 1951) e in piombo con la notte (Venice e Venice, 22, 1952) in cui fa capolino la presenza amica d’una candida luna. Poi l’accentramento sulla piazza, con la veduta frontale della basilica di San Marco, incomincia ad allentarsi. Congdon va alla ricerca di scorci sul Canal Grande (Venezia, Canal Grande, 1952) e vaga timidamente per la laguna (Canal Venice [Venice from Giudecca], 1952 e White Lagoon, 1953). Se questi dipinti spesso planari non hanno eguali iconografici nell’arte del XX In queste pagine, William Congdon (Providence, Rhode Island, 1912 – Gudo Gambaredo, Milano, 1998): qui sopra, Venice, 2 (St. Mark’s Square, 1), 1950; a destra, in alto, White Lagoon, 1953, e Piazza Venice, 1948; al centro, Canal Venice (Venice from Giudecca), 1952; in basso, Crocefisso N. 1b, 1960 e Venice, 4 - Canal, 1950 secolo, lui si sente accolto nel grande alveo della tradizione pittorica veneziana. Nelle sue riflessioni compare il nome di Guardi, ma la luce catturata nei suoi colori suggerisce un parallelo con un Nicholas de Staël. «Tutto vedo come mare» La profezia del suo ritorno lo accompagna nei continui spostamenti: prima Atene e Istambul, come un argonauta alla ricerca delle radici di Venezia, poi l’India, nella giungla presso Madras, Deccan, di nuovo Parigi, quindi Puebla e Mexico City, il deserto del Sahara e più in là, altrove. Congdon ritorna a Venezia nella primavera del 1957, dopo un’assenza durata più di tre anni, ed è come essere di nuovo a casa. «Ma Venezia ora io l’amo, non so se troppo in senso umano e non in senso pittorico: ho una magnifica camera all’ultimo piano vuoto di un palazzo sul Canal Grande – non lo saprò veramente finché non toccherò i colori, ciò che esito a fare se non intuisco almeno una direzione – ma nuoto, dimagrisco e mi abbronzo – in mare e negli scogli e nelle campane del campanile ritrovo nuovamente me stesso e mi chiedo perché mai me ne sono andato», annota il 26 maggio di quell’anno. Ma quando s’accinge a dipingere di nuovo la città, si rende conto che quasi la distrugge. In Piazza San Marco, 5 (1957) è l’impronta stessa della basilica che rischia di essere sconvolta dalla furia dei colori stesi e strofinati con forza. La soglia dello scavalcamento dell’oggetto, però, non viene mai oltrepassata. È il tempo dell’incubazione del suo battesimo, che avviene ad Assisi il 29 agosto 1959. Poco dopo l’artista americano conosce don Luigi Giussani. Piazza San Marco, 1, dipinto nell’inverno 1960, ha il sapore di un addio, che ricorda chiarissimo il primo incontro, lineare e semplice, come il rapido tratto del profilo della basilica inciso nell’oro. Invece Venezia non lo lascerà più, mai più, come aveva presentito annotando nel novembre 1952: «Non penso che Venezia m’abbandonerà mai». Ma dovranno passare tanti anni dal paradosso dello straccio bagnato tra le Procuratie che è il Crocefisso N. 1b (1960) perché nella sua autocoscienza e quindi nella sua opera torni ad affiorare distintamente il suono dell’acqua. Paradossalmente questo avviene nella Bassa milanese, a Gudo Gambaredo, un luogo «senza volto, senza memoria» dove Congdon accetta di trascorrere l’ultimo periodo della sua vita accanto al monastero benedettino della Cascinazza, vicino alla casa dei Memores Domini di Comunione e Liberazione. È un nuovo occhio che in opere come Campo lungo, 2 (1981), analogia di piazza San Marco, gli permette di «scoprire sé nelle cose e (le) cose in sé». «Tutto ho visto e vedo più o meno consciamente come mare». Vladek Cwalinski | | 13 giugno 2012 | 39 NEL DETTAGLIO L’INELUTTABILITÀ DELLA FINE Se anche nelle calamità insistono a farsi domande, manda gli piscologi M io caro Malacoda, questa settimana avevo deciso di non scriverti la consueta lettera di raccomandazioni per la gestione delle cose, mi sembrava che tutto andasse già abbastanza male di suo, e la depressione sparsa a piene mani da stampa e tv sugli italiani non giustificava un nostro intervento supplementare. Poi ho aperto Internet («l’esclusivo sistema di telecomunicazioni mondiali delle forze armate statunitensi che quando fu ritenuto tecnologicamente superato venne messo a disposizione di tutti coloro che usavano un computer», come lo definisce Ettore Bernabei) all’home page di un grande quotidiano e mi si è materializzata davanti agli occhi una videata del bombardamento confusionario cui sono sottoposti i cosiddetti fruitori di informazione. Nello spazio di una sola schermata, tre “notizie”: “Bolt è ancora Bolt. Un fulmine da 9”76”; “Ci scontreremo con Andromeda. Tra quattro miliardi di anni”; “Elena Gelatti, 23 anni: ‘I miei sogni sconvolti dal terremoto’”; e, ancora sul terremoto, “Santoro: ‘Non parlate di caso’”. Tra i brevissimi nove secondi e qualcosa della corsa di un giamaicano a Roma e i quattro miliardi di anni che separano la Sull’home page di un quotidiano, tre “notizie”: Terra dallo scontro con Andromeda stanno i lunghissimi venti secondi della scos“Ci scontreremo con Andromeda. Tra quattro sa che ha frantumato la casa e i sogni sul miliardi di anni”; “Elena Gelatti, 23 anni: ‘I miei domani di una studentessa che si doveva sogni sconvolti dal terremoto’”; e, ancora sul laureare e aveva pianificato una magnifica festa. In questi quattro miliardi di anni, avterremoto, “Santoro: ‘Non parlate di caso’” verte il Conduttore unico di sempre meno coscienze, nulla deve essere lasciato al caso. Ne sembrano convinti anche gli scienziati della Nasa, o almeno il cronista che ne riporta il pensiero, che infatti annunciano che «è possibile predire con certezza la collisione tra la nostra galassia e Andromeda, che si trova attualmente a 2,5 milioni di anni luce da noi». Ma non c’è da preoccuparsi, quando si verificherà lo scontro noi non ci saremo più da tempo. Certo, mi direte; ma neanche i nipoti dei nipoti dei vostri nipoti… Al momento dell’impatto «la Terra sarà già inabitabile da tempo. Infatti, tra circa un miliardo di anni il Sole aumenterà la radiazione emessa rendendo a poco a poco il pianeta inadatto alla vita». La notizia “certa” ha due possibile interpretazioni. Quella di Santoro: “Vediamo di non arrivarci impreparati, abbiamo tutto il tempo per prevenire gli effetti dello scontro, non buttiamolo come abbiamo buttato questi 150 anni dall’Unità d’Italia in cui si sono contati 88 disastri e centinaia di migliaia di morti che potevano essere evitati con la prevenzione”. Quella della giovane studentessa, che con l’intemperanza linguistica dell’età potrebbe sbottare: “Ma se tutto deve finire bruciato da una stella, e già sappiamo ‘con certezza’ che succederà, che me ne frega del capannone di maglieria di mia mamma, della mia laurea, del parmigiano rovinato… Se tutto prima o poi finisce, per quanto lontano possa essere questo poi, cosa sto a piangere sui miei sogni? Però, perché mi viene da piangere?”. A questo punto, caro nipote, intervieni tu. Se Maometto non va alla montagna, la montagna andrà da Maometto. Se di fronte all’ineluttabilità della domanda sull’ineluttabilità della fine non si decidono ad andare da uno psicologo, manda tu gli psicologi in mezzo ai terremotati. Non essendo la prevenzione (copyright Santoro) stata efficace neanche in questo campo, vanno curati in emergenza: la loro domanda non ha bisogno di risposte, ha bisogno di un vaccino. Alla prossima scossa. Tuo affezionatissimo zio Berlicche | LE NUOVE LETTERE DI BERLICCHE | 13 giugno 2012 | 41 SPORT LA SFIDA DEL BOEMO Il soldato Sdengo alla riscossa dI Fred Perri È l’ultimo giapponese Sdengo, soprannome-storpiatura che gli diede il mitico Pasquale Casillo, suo presidente ai tempi della nuova terra promessa del calcio italiano per cui a Foggia arrivò pure la Cnn. Come a Bagdad la stampa scendeva nello stesso albergo, il leggendario Cicolella, ristorante-hotel. E tra un pancotto con ruchetta selvatica e un’orecchietta con le cime di rapa, raccontava di quella frontiera calcistica, il 4-3-3 di Sdengo. Casillo, industriale granario, primariamente, e imprenditore in senso lato (fu anche editore del rinato Roma) e Sdengo diedero vita a un fenomeno del pallone ancora adesso indimenticabile. E che ora in molti, soprattutto i tifosi della Roma, sperano di resuscitare con sede nella capitale. Sdengo ha la sua LA CAVALCATA DI ZDENEK 42 | 13 giugno 2012 | | seconda possibilità con la “maggica”. Sdengo è tornato di moda, è riemerso dall’abisso, ha terminato il suo lungo esilio. Una grande società, con danari e possibilità, lo ha richiamato tra gli osanna del popolo. Sdengo aveva dato fastidio, aveva rotto le scatole solo a un certo gruppo, a una sola squadra, è vero, però a un certo livello i petulanÈ a Foggia, dove arriva nel 1989, che la fama ti tendono a scartarli. Non di questo giovanotto che parla un italiano vogliono grane. Ce la farà? lento e intossicato, s’ingigantisce fino a farlo Non c’è più Pasqualone con diventare un protagonista del nostro calcio il quale si palleggiava un affetto sincero e il merito di quella squadra unica, nel suo gene- Zdenek Zeman ha vinto la Serie re. «Merito tuo». «No, merito tuo». Adesso, B con il Pescara. Ora è un passo a Roma, ci sono gli americani. Sdengo riu- dalla Roma. A destra, Franco Mancini, portiere del Foggia dei scirà a combattere sotto la bandiera a stelle miracoli. È stato allenatore dei e strisce, lui che per carattere e predisposi- portieri dei biancoazzurri fino al suo decesso, 30 marzo 2012 zione d’animo è l’ultimo giapponese? GLI ESORDI Il “Foggia dei miracoli” Zdenek Zeman nasce a Praga il 12 maggio 1947. Allenatore professionista dal 1979. Con il Licata vince un campionato in C2. Col Messina lancia in prima squadra Salvatore Schillaci. Nel 1989 nasce il “Foggia dei miracoli” caratterizzato da un 4-3-3 ultra offensivo. Vince la Serie B nel 1991 con il contributo determinante del trio delle meraviglie (nella foto) composto da Francesco Baiano, Giuseppe Signori e Roberto Rambaudi. Si salverà con tranquillità per tre stagioni nella massima serie, ottenendo un nono, un undicesimo e ancora un nono posto. Nel 1993-’94 Zeman sfiora l’ingresso in Coppa Uefa. Foto: AP/LaPresse Non ha mai vinto un piffero. Eppure lo amano. Ha combattuto Moggi e i muscoli di Vialli senza capire che per avere la meglio bastava piegarsi al compromesso (l’arte del calcio). Ora per l’ultimo giapponese Zeman è arrivata la chance decisiva Foto: AP/LaPresse Sì, compagni e amici, parliamo qui di Zdenek Zeman, nato a Praga il 12 Maggio del 1947, in un quartiere residenziale sulle rive della Moldava, proprio quando, da quelle parti, lo sport nazionale era il tuffo dalla finestra del moderato (con spinta d’incoraggiamento). Il padre Karel era medico (primario addirittura) e lo avrebbe voluto come lui, con il camice bianco. Sai che tormento strascinare quel suo passo lento per il linoleum dei corridoi senza poter fumare una bella sigaretta. «Ma per NELLA CAPITALE/1 Con Giuseppe Signori Ingaggiato dalla Lazio nel 1994, i primi due anni riesce a conquistare un secondo e un terzo posto. Nelle Aquile giocano campioni come Alen Boksic (nella foto), Aron Winter, Roberto Di Matteo e il bomber e suo pupillo Giuseppe Signori. La terza stagione, nonostante gli acquisti di Pavel Nedved e Igor Protti (capocannoniere con il Bari la stagione precedente), viene esonerato a fine gennaio. fortuna ho fatto altro», ha sempre ripetuto Sdengo senza mai specificare cosa avrebbe detto il genitore del vizio del fumo. Ma è la madre a essere importante per la nostra storia, per via del cognome: Kvetuscia Vycpalek, casalinga. Dopo la scuola secondaria e in attesa di iscriversi all’università (sta fermo un giro, per via del numero chiuso) se ne viene in Italia, destinazione Palermo, dove suo zio Cestmir si era stabilito dopo aver giocato per la Juve e poi in maglia rosanero. Quando Sden- NELLA CAPITALE/2 Con Francesco Totti L’anno successivo il presidente Franco Sensi gli offre la panchina della Roma e Zeman accetta di prendere per mano una squadra che l’anno precedente era arrivata dodice- sima in Serie A salvandosi solamente alla quartultima giornata. Il primo anno ottiene un ottimo quarto posto, senza però riuscire mai a tener testa a Juventus, Inter e Udinese. Sono gli anni di Aldair, Cafu, Luigi Di | | 13 giugno 2012 | 43 LA SFIDA DEL BOEMO SPORT go arriva in Italia, nel 1968, Cestmir detto «Cesto» deve ancora tornare alla Juve come allenatore e conquistarvi due scudetti. È il 1968 e mentre se la spassa sull’isola, con la sorella Jarmila, i carri sovietici invadono la Cecoslovacchia. Zeman torna, ma per poco. Non sopporta il clima, tutt’altro che primaverile, che si è instaurato nel suo paese. Dopo un anno rieccolo in Sicilia. E questa volta per rimanere. Si diploma all’Isef con una tesi in medicina dello sport, conosce una ragazza di nome Chiara, ha due figli, Karel e Andrea, diventa cittadino italiano nel 1975. Nel 1979 prende il patentino di allenatore a Coverciano. E l’avventura può iniziare ormai. Foto: AP/LaPresse La creazione del personaggio Sdengo appartiene alla categoria degli allenatori santoni, cioè quelli senza un passato con un pallone tra i piedi, quasi neanche all’oratorio e che per costruirsi un presente solido in campo hanno dovuto inventarne anche uno di predicazione. Senza questo secondo aspetto, insomma, l’allenatore privo di palmarès non verrebbe preso sul serio. Infatti, Arrigo Sacchi, Sdengo, José Mourinho, appartengono alla stessa razza. Gente che non avendo un background (so’ forte, eh?) di prestigio, ma neanche una minima gavetta su qualche campo spelacchiato, ha dovuto inventarsi un presente non legato solo al pallone in senso stretto. Si sono creati un personaggio. Ognuno lo fa a suo modo. Sdengo lo ha fatto intingendo la sua parlata (parla sempre allo stesso modo, malgrado sia in Italia da 40 anni con il forte sospetto, anzi la quasi certezza, che lo faccia perché gli dà quell’aria un po’ così, insomma serva alla costruzione del ruolo, come faceva Nils Liedholm) e nel più rigido moralismo, calcistico e filosofico. È un giapponese per questo. Per lui, come per un soldato del Mikado, la sua guerra non è mai finita. Non ci si arrende mai, non si smette di combattere neanche quando il nemico si arrende. Perché non avendo nel suo codice d’onore l’idea della resa non la applica neanche agli altri. Sempre baionettarm. Sdengo è rimasto chiuso nella sua foresta, pronto a saltare fuori da dietro un albero o una felce con la katana sguainata e il moschetto d’ordinanza a sibilare il suo livore contro la Juventus. Quella di prima certo, quella di cui denunciò il doping, senza prove, solo Biagio, Abel Balbo e di un giovanissimo Francesco Totti (nella foto). Nel campionato 1998-’99, ancora alla Roma, Zeman giunge quinto e non viene confermato per la stagione successiva, sostituito da Fabio Capello. Sotto, Luciano Moggi, ex direttore generale dell Juventus e suo principale “nemico”. Zeman accusava la Juventus di avere dalla sua gli arbitri e di avere dopato alcuni suoi calciatori «alla vista» dei muscoli di questo o quel giocatore o per sentito dire, nella celebre intervista a L’Espresso del 1998 che aprì uno squarcio sul modo di amministrare i controlli sugli atleti da parte del laboratorio dell’Acqua Acetosa. Dalla sua denuncia partirono inchieste sportive e giudiziarie, divenne famoso il procuratore di Torino Raffaele Guariniello che lo mandò a chiamare. L’asse Guariniello-Zeman fece cadere molte teste compresa quella del presidente del Coni, di allora, Mario Pescante. Ma il bersaglio grosso era la Juventus, quella che Sdengo accusava di avere dalla sua gli arbitri (però in questo non c’era nulla di originale, lo facevano tutti e già da decenni). Però Sdengo è uno particolare e non se la prendeva solo per un rigore non dato o per quella volta che un guardalinee, urtando Aldair che stava effettuando una rimessa laterale gli fece perdere una partita a Torino (secondo lui l’aveva fatto deliberatamente). Al Lecce, dopo essere stato sconfitto per 1-0 dalla Juve, senza che l’arbitro c’entrasse nulla, s’infuriò lo stesso, sostenendo che la partita doveva essere sospesa per impraticabilità di campo. E fin qui è il passato per cui ha avuto la sua vittoria. Moggi e Giraudo non ci sono più. Però l’ha pagata cara. Il calcio è un ambiente dove un guastafeste, alla lunga, non piace neanche a quelli che pure hai favorito. Però anche ora che la Juventus ha pagato, che si è mondata, che l’uomo nero non c’è più, lui non molla la presa. Dopo Parma-Juventus, partita con tre rigori contestati, uno a favore del Parma e due per la Juventus, arrivò a dire che l’unico rigore vero era quello del Parma. Via, Sdengo, l’unico che si avvicinava a un penalty era quello su Giaccherini. È così, il mitico Zdenek Zeman, un tiradritto che non fa sconti. Ed è l’unico al mondo che, sul suo sito, dà il benvenuto «ad amici e nemici». Sa già che uno come lui o si ama o si odia. Però, dovunque sia andato a predicare, ha lasciato solo vedove affrante. A parte la breve estate-autunno di Parma (1987) dove sostituì Arrigo Sacchi passato al Milan. Pensavano che avrebbe giocato allo stesso modo, ma il 4-3-3 esplosivo è un’altra cosa, rispetto al 4-4-2 speculativo. Non durò molto. A Licata parlano ancora adesso di quel campionato di C2 vinto come un treno ad alta velocità. A Napoli piansero quando lo esonerarono per prendere Mondonico. Il trio-maravilla Ma è a Foggia, dove arriva nel 1989, che la fama di questo giovanotto che parla un italiano lento e intossicato, s’ingigantisce fino a farlo diventare un protagonista del nostro calcio. Sdengo vi arriva dopo un buon campionato al Messina. Il Foggia è appena stato promosso in Serie B. Il presidente è Paquale Casillo. Sdengo conquista la serie A nel 1990-’91 e approda nella massima serie con intenti bellicosi. Schiera il trio-maravilla: Francesco Baiano, Giuseppe Signori e Roberto Rambaudi. Ottiene un nono, un undicesimo e nuovamente un nono posto. Nel 1993-1994, l’ultimo hurrah di Zeman su quella panchina sfiora addirittura l’ingresso in Uefa. Foggia diventa Zemanlandia e il calcio «alla IL DECLINO Dalla Turchia al Salento Dal 1999 al 2004 Zeman raccoglie solo esoneri e retrocessioni. Fenerbahçe, Napoli, Salernitana e Avellino. Nel 2004 torna in Serie A, sulla panchina del Lecce, dove conquista la salvezza lanciando giocatori come Mirko Vucinic e Valeri Božinov e concludendo l’annata con il secondo migliore attacco del campionato. Poi ricomincia il suo peregrinare: Brescia, ancora Lecce, Stella Rossa e Foggia. | | 13 giugno 2012 | 45 SPORT LA SFIDA DEL BOEMO Zeman» supera i monti della Daunia. Sdengo diventa un’icona. Di Foggia e della «complanare» parla anche Antonio Albanese in un suo fantastico sketch sul giornalista Frengo a Mai dire gol. Dal 1989 al 1993 Foggia è un laboratorio in cui si sperimenta un calcio inaudito. E in cui giocatori di recupero o le scoperte diventano famosissimi. Pasquale Casillo incassa 50 miliardi di vecchie lire – con un guadagno vicino al 90 per cento – vendendo, a più riprese, Baiano, Signori, Shalimov, Kolyvanov, Rambaudi, Matrecano, Seno, Di Biagio, Petrescu e altri. Zeman festeggiato dai giocatori del Pescara il 20 maggio scorso dopo la conquista diretta della Serie A LA RINASCITA Il ritorno in Serie A Nel 2011 diventa allenatore del Pescara, in Serie B. L’obiettivo della società sono i play off, ma Zeman chiede un premio per la promozione diretta. Il boemo guida 46 | 13 giugno 2012 | | oggetti di scontri di mercato tra le grandi. Ma lui, Sdengo, se n’è già andato. Lo ha richiamato la Roma, dopo il fallimento dell’esperimento Luis Enrique, a furor di popolo. Perché sulle rive del Tevere, anche se Capello ha vinto lo scudetto, tutti amano Zeman. Si è già ricompattato il circolo intellettuale che su di lui ha scritto canzoni (Antonello Venditti: La coscienza di Zeman), saggi (quello di Goffredo Fofi nell’antologia Il pallone è tondo), film (Zemanlandia di Giuseppe Sansonna), romanzi (Il mister di Manlio Cancogni). Adesso, però, alla fine di questo mio trattatello fatemi la domanda. Perché Zdenek Zeman non ha mai vinto (a parte tre promozioni) un piffero? Per colpa di Moggi e dei muscoli del capitano (Del Piero)? Per via del fatto che è un personaggio scomodo? No. Perché nella vita puoi tirare diritto, spezzarti ma non piegarti, ma il calcio è l’arte del compromesso. Lo so, è un ragionamento cinico e baro, ma Sacchi, al Milan, voleva cambiare Tassotti, Baresi e Maldini e invece se li è tenuti. L’ultimo esempio: Conte, partito col 4-2-4 in testa è passato al 4-3-3 e ha finito con il 3-52. Il moralismo, in questo paese, ha successo ovunque, ormai. Ma nel calcio no. Sdengo ha l’ultima occasione per dimostrare che il 4-3-3 è l’unico modo di dare pedate a un pallone. n una delle squadre più giovani della cadetteria. Nella Zemangeneration si mettono in evidenza il difensore Marco Capuano, il centrocampista Marco Verratti. Gli attaccanti Ciro Immobile (28 gol) e Lorenzo Insigne (18) con il più esperto Marco Sansovini (16) danno vita al nuovo trio delle meraviglie che ricorda quello del “Foggia dei miracoli”. Il Pescara conquista la Serie A dopo 19 anni, vincendo il campionato e con il migliore attacco (90 gol). Foto: AP/LaPresse Le interviste in ufficio Nel 1994 se ne va anche Sdengo, alla Lazio, poi alla Roma. Diventa «il mago boemo». E dal ritiro estivo, sulle Dolomiti, nell’estate del 1998, fa partire il missile: «Sono fin troppo misteriosi i muscoli di Del Piero e Vialli». Parla di calcio che sta nelle farmacie. Non ha alcuna prova concreta, solo la sua opinione, ma scatena la valanga. Quelli che stanNel 1998 fa partire il missile: «Sono fin troppo no sotto i patiboli a fare misteriosi i muscoli di Del Piero e Vialli». Parla la maglia risponderanno: di calcio che sta nelle farmacie. Nessuna prova, chissenefrega, aveva ragiosolo la sua opinione, ma scatena la valanga ne. Aveva ragione, almeno sull’uso eccessivo di medicinali, ma sul legame tra questi e il doping zione al bar sotto casa. Quando un giornanon è stato trovato nulla. E il processo nato lista (o un amico) ottiene il permesso di dalle sue parole è finito in prescrizione. intervistarlo lui lo invita ad andare lì: «Ci Quelli che fanno la maglia diranno: sì, ma vediamo nel mio ufficio». la Cassazione ha detto che però i pm avevano ragione. Sai che successone, milioni dei Di nuovo sulle rive del Tevere contribuenti spesi per non arrivare nean- Con gli anni la sua fama si appanna, ma che a una condanna. Restano un faldone lui non sparisce. Diventa periferico. Pasdi carte e il famoso commento dell’Avvoca- sa da Lecce ad Avellino, dal Fenerbahçe to: «Zeman? È il nipote di Vycpalek. E noi alla Stella Rossa, con scarsi risultati. Fino suo zio l’abbiamo salvato dalla Cecoslovac- al 2010-2011 quando, per la serie a volte chia comunista. Quindi anche lui ci deve ritornano, si ripropone l’accoppiata Casilun po’ di rispetto. Non lo prenderemo mai lo-Zeman a Foggia. Non parte più la Cnn, come allenatore perché non mi piace il però la faccenda è gustosa. Ma il miracosuo modo di allenare la squadra». lo non si ripete. Zeman conclude la sua avventura con Accade, invece, a Pescara, un anno la Roma ma la sua ascesa si blocca lì. dopo. Dirompente, seguendo lo stesso Dall’inizio del terzo millennio non ne schema, con un attaccante, Ciro Immoimbrocca più una. Praticamente cambia bile cresciuto nelle giovanili dell’odiata squadra una volta all’anno. Come se le Juve (che ne detiene la metà), che fino alla maledizioni che gli hanno mandato quelli cura Zeman era sospettato di essere un che ha sfrucugliato avessero edificato un caso conclamato di nomen omen. Invece cordone attorno a lui. Ma Sdengo tira drit- è mobilissimo e segna 28 gol in 37 partito. Gioca a golf, va in vacanza tra Palermo te, capo cannoniere della Serie B. Si ripee Mazara del Vallo. Vive a Roma, in zona te Zemanlandia: giocatori come ImmobiFleming, e tutte le mattine va a fare cola- le, Insigne, Verratti, Sansovini diventano L’ITALIA CHE LAVORA Gli chef dei bovini Dal Mulino Nuovo al mangimificio per vacche. Dal bisnonno Enrico alla quarta generazione, passando per Ettore e il presidente Eraldo. La Ferraroni di Bonemerse e i suoi novantotto anni tra intuizioni, cadute e una crescita inarrestabile A vere fiducia nella propria azienda. Sempre. «È il mio motto, è stato quello di mio padre e prima ancora di mio nonno. E oggi è quello dei miei figli e nipoti». Eraldo Ferraroni, classe 1934, è presidente dell’omonima azienda, prossima ai cento anni e arrivata oggi alla quarta generazione. L’età non deve ingannare: Eraldo è un uomo attento, capace, sa il fatto suo. Il suo ufficio è tappezzato da fotografie e riconoscimenti: da una parte le immagini del figlio Ettore Giovanni con la maglia della Cremonese addosso intanto che rincorre Roberto Baggio o Diego Maradona; dall’altra, targhe e nomine da cavaliere, commendatore, grande ufficiale e ufficiale. Una vita intensa quella di Eraldo, sempre in giro per lavoro o per passione. «Mia moglie mi chiamava primula rossa perché non mi vedeva mai». Ha avuto incarichi di responsabilità e prestigio presso la Camera di commercio di Cremona, la Fiera, l’Associazione industriali, Confartigianato. È stato vicepresidente della Banca Popolare di Cremona e della Cremonese Calcio quando presidente era Domenico Luzzara e i grigiorossi calpestavano i campi di Serie A e vincevano la coppa angloitaliana allo stadio di Wembley. La Ferraroni mangimi ha sede a Bonemerse, in provincia di Cremona. Ma la sua storia è iniziata in un paesino limitrofo, ai margini del Po: Stagno Lombardo. È il 1914 quando Enrico Ferraroni – nonno di Eraldo – acquista il Mulino Nuovo per iniziare un’attività sua. Enrico lavorava per conto terzi: i mezzadri erano pagati in natura e parte del frumento ricevuto lo consegnavano a lui perché lo trasformasse in farina. Nel 1930 i figli Ettore e Annibale – scomparso prematuramente – affiancano 48 | 13 giugno 2012 | | il padre e nel 1935 iniziano a commercializzare cereali. È in questi anni che l’attività si sposta a Bonemerse. La Seconda guerra mondiale costringe Ettore al fronte, ma l’attività prosegue, nonostante le difficoltà nell’approvvigionamento delle materie prime. Nel 1955 entra in scena Eraldo per aiutare il padre Ettore nella commercializzazione dei cereali. «Prima di accettare l’offerta di papà ho lavorato per qualche anno alla Vismara di Casatenovo. Produceva mangimi per animali, io facevo il commerciale. Lì ho imparato l’arte del mestiere e ho capito che nel mercato dei mangimi c’era lo spazio per diventare grandi. Ho chiesto a mio padre di costruirmi un piccolo impianto per la produzione di mangimi e con quello che producevo e vendevo agli allevatori della zona riuscivo a ricavarci qualche lira». L’intuizione di Eraldo è corretta: dall’inizio degli anni Settanta a oggi il core business della Ferraroni è diventato la produzione di mangimi. Inizialmente per bovini e suini, poi anche per il settore avicolo. «Ma non è sempre andata bene. Anzi. A metà anni Cinquanta ho dato fiducia a un oriundo del paese. Mi sono fatto aiutare da lui perché aveva buoni contatti nel bresciano. In poco tempo mi ha portato una trentina di clienti a cui abbiamo iniziato a fornire ingenti quantità di mangime. Di quei 30, 28 erano banditi: ricevuta la merce sono spariti. Per le casse dell’azienda è stato devastante, abbiamo rischiato di fallire. Mio padre poteva benissimo accompagnar- mi alla porta, invece no: lui aveva fiducia nella sua azienda. E aveva fiducia in me. Mi prese e mi disse che difficilmente ci saremmo ridotti come si era ridotto lui in guerra. Ci siamo rimboccati le maniche e abbiamo ricominciato, quasi da zero. Ancora oggi, dopo cinquant’anni, quando attraverso il ponte sull’Oglio mi tremano le gambe. È una cosa che ricorderò finché campo». Dopo la morte del padre, Eraldo continua l’attività con due cugini: Emilio e Attilio. Furono anni di grandi sacrifici, di grande lavoro e impegno personale, ripagati da enormi soddisfazioni grazie allo stretto legame che nel tempo si era instaurato tra «Ogni anno produciamo 1 milione 100 mila la famiglia Ferraroni e gli quintali di mangimi. Il fatturato dal 2007 a allevatori. «Nel 1972 abbiaoggi è aumentato del 40 per cento. Il record mo costruito un mangimilo abbiamo fatto nel 2011: 53 milioni di euro» ficio più grande perché le sono i figli di Emilio: Enrico che è consigliere e responsabile dello stabilimento e suo fratello Annibale e il figlio di Attilio, Ettore Carlo, che è vicepresidente». richieste aumentavano. Siamo passati dalla micro alla media produzione: un passo notevole per la nostra immagine e per l’impegno richiesto. A quel punto l’attività molitoria è cessata». I giovani in campo Nel 1993 è entrata in campo la quarta generazione che ha dato un nuovo impulso all’azienda. Nuova linfa e nuove idee ma sempre nel solco della tradizione e della continuità imprenditoriale che hanno caratterizzato l’origine. Con i nuovi entrati la diversificazione delle attività di Ferraroni è diventata una vera e propria politica del gruppo. Il commercio di cereali è stato implementato, e sono state aperte due aziende agricole: la prima ospita 800 vacche di cui almeno 450 in lattazione. Oltre alla produzione di latte è un centro dove Il nuovo impianto Nel 2006 è stata realizzata una nuova torre produttiva, una delle più efficienti in Italia in termini di qualità e quantità del prodotto, e di risparmio energetico. Il ciclo produttivo comincia alle 10 e si ferma alle 20, ma le intenzioni sono quelle di passare presto a una produzione continua. E nonostante gli allevamenti in Pianura Padana siano drasticamente diminuiti. «Il latte non rende più come una volta, molti allevatori hanno mollato. Così abbiamo allargato il nostro mercato: vendiamo in tutto il Nord Italia e abbiamo clienti anche in alcune regioni del Sud. Per i mangimi utilizziamo orzo, frumento, mais, cruscami e proteici come farina di soia e integrazioni vitaminiche a seconda dell’animale a cui è destinato il prodotto. Tutto è controllato e selezionato per ottenere un prodotto di ottima qualità. Invece, per la commercializzazione di frumento e mais compriamo le materie prime all’estero, sopratutto in Ungheria». In un giorno sono prodotti 5 mila quintali di mangimi e trattati 3 mila quintali di cereali per la vendita. Tutto grazie al lavoro di 37 dipendenti e una ventina di camionisti per il trasporto del prodotto finito. Sopra, l’azienda Ferraroni mangimi a Bonemerse. «Un altro problema è la In alto, da sinistra a destra: Eraldo Ferraroni tempistica dei pagamenti: con la quarta generazione; il Mulino Nuovo gli incassi non arrivano pridi Enrico Ferraroni; una fase della produzione ma di 160 giorni, mentre le dei mangimi nel vecchio stabilimento materie prime vanno pagapoter sperimentare le nuove formulazioni te al momento dell’acquisto o al massimo di mangimi. La seconda è dedicata all’al- entro 48 ore. Ma nonostante le difficoltà la levamento di 2.500 suini. Fa sempre parte produzione è sempre aumentata: nel 2011 del gruppo Ferraroni il piccolo laboratorio +8 per cento rispetto al 2010 e nei primi di Lavorazione Carne Suine di Bonemerse quattro mesi del 2012 +10 per cento rispetsu cui si è deciso di investire per aumenta- to allo stesso periodo dell’anno precedenre la produzione e che sta già dando grandi te. In un anno produciamo 1 milione 100 soddisfazioni: tra i clienti anche 30 punti mila quintali di mangimi e dal 2007 a oggi vendita Esselunga oltre a un numero sem- il fatturato è aumentato del 40 per cento. Nel 2011 abbiamo toccato il record storico: pre crescente di privati. «Mio figlio Maurizio è amministrato- 53 milioni di euro (+27 per cento rispetto re delegato, non sta mai fermo, ha sem- al 2010). E la gran parte degli incassi – conpre idee nuove. Ettore Giovanni – ex cal- clude Ferraroni – li reinvestiamo per impleciatore della Cremonese degli anni d’oro – mentare continuamente il nostro business». è il responsabile del comparto suini. Poi ci Daniele Guarneri | | 13 giugno 2012 | 49 PER PIACERE OLANDA VIAGGIO E PERNOTTAMENTO LOW COST I giardini segreti di Amsterdam P er chi si vuole concedere un last minute è il momento per una fuga in Olanda. Voli economici si trovano su transavia.com – la compagnia low cost olandese che offre voli diretti anche da Treviso – o su Ryanair. Se prenotate per il terzo week-end di giugno non perdetevi le giornate dei giardini nascosti. Il 15, 16 e 17 giugno, la parte più misteriosa di Amsterdam svelerà i propri segreti consentendo la visita di 30 giardini privati. Sempre in tema di piante e fiori nel Sud dell’Olanda, nel Limburgo, fino al 7 ottobre va in scena Floriade 2012, l’Esposizione internazionale orticola. Si passeggia tra milioni di bulbi, alberi in fiore, roseti e piante tropi- TURISMO MESSICO Tra sole e mare vince la cultura Poggia le basi sulla cultura il successo che sta vivendo attualmente la destinazione Messico. Fino al recente passato il mercato turistico si basava soprattutto su sole e mare di Playa del Carmen e della Riviera Maya. I voli venivano operati con charter ora ridotti a causa della crisi. Senza questi il budget necessario per un viaggio in Messico è più alto. Così, interrotta l’onda lunga della 50 | 13 giugno 2012 | | cali provenienti da tutto il mondo. Se partite con le amiche prenotate ad Amsterdam nel nuovo “Hostelle”, dove l’accesso agli uomini è concesso solo per un caffè. Inaugurato recentemente, il rifugio “rosa” dispone di tutto ciò di cui una donna ha bisogno. Camere e dormitori sono a tema, dalla “Chinese” alla “Fashion Room”; per le più raffinate, quella di Maria Antonietta ha un lampadario in oro e tessuti francesi. Prezzi convenienti a partire da 20 euro a persona. Caterina Gatti Per informazioni www.opentuinendagen.nl; www.floriade.com; www.hostelle.com vacanza sole e mare, la destinazione mantiene numeri interessanti grazie alla proposta culturale che, nel frattempo, è diventata quella predominante nella scelta. Un prodotto sul quale alcuni operatori hanno deciso di specializzarsi andando anche alla ricerca di percorsi alternativi ai tradizionali siti archeologici. Intanto il paese registra numeri in crescita. Nei primi 4 mesi dell’anno sono stati più di 500 mila i turisti che sono sbarcati in Messico e sull’onda dei ponti di primavera la destinazione ha registrato un +7,2 per cento rispetto al precedente anno. Il mare del Messico non riscuote più il successo di un tempo, ma il discorso è diver- so per quanto riguarda i tour culturali. Gli operatori sono convinti che non si tratta solo della necessità di un cambio di marcia dovuto alla riduzione dei voli charter. Quello a cui si assiste è un vero e proprio cambio di mentalità della clientela, soprattutto di quella americana, stimolata dalla vicenda del calendario maya. La clientela italiana chiede un viaggio personalizzato che sappia ab- binare l’aspetto culturale a quello balneare, anche se la maggior parte dei tour operator, tra cultura e mare, vede vincente, nelle richieste dei clienti, proprio l’asset della cultura. Una cifra minima di 1.200 euro a persona è da mettere a budget per un pacchetto di una settimana con volo e soggiorno in un villaggio turistico sulla Riviera Maya. Le cifre crescono abbinando qualche giorno di tour. Scelta fatta dalla maggior parte dei clienti e per fortuna per il Messico perché, per quanto riguarda il prodotto unicamente balneare, la destinazione soffre la concorrenza di Cuba e della Repubblica Dominicana. Walter Abbondanti NOSADELLO, TRATTORIA VOLPI In una campagna stile don Camillo per far riposare fisico e cervello di Tommaso Farina I I FIORI PIù BELLI Dove acquistare bulbi Nei Paesi Bassi non cercate fiori solo nei negozi. All’ingresso delle aziende che commercializzano bulbi e fiori si possono trovare chioschi o semplici scaffali in cui sono esposti i prodotti in vendita: vasetti o sacchetti di bulbi, mazzi di fiori, piantine. Ogni articolo è prezzato e c’è un contenitore dove lasciare il denaro. Tutto è basato sulla fiducia. I prezzi sono molto competitivi rispetto ai tradizionali negozi di fiori. AMICI MIEI BRESCIA Quinto Happening delle famiglie Sulla scia della Giornata Mondiale delle Famiglie, si svolgerà nella suggestiva sede del museo Mille Miglia di Brescia il 5° Happening delle Famiglie dal titolo “Amare ancora – Genitori e figli nel mondo di oggi e di domani”. Appuntamento dal 15 al 17 giugno per una tre giorni di incontri, eventi e spettacoli. Il titolo di quest’anno è tratto dal libro di don Massimo Camisasca che sarà presentato l successo della costanza. E dell’immutabilità. Spesso un menù immutabile è guardato di malocchio dai critici di un ristorante. Bene, giusto. Ma se il medesimo ristorante ha un’impostazioIN BOCCA ne popolare, il menù sempre uguale può diventare una sorta di porALL’ESPERTO to sicuro, una garanzia di bontà. Questo, naturalmente, se chi sta in cucina ci sa fare. E alla Trattoria Volpi di Nosadello, frazioncina di Pandino (Cremona), siete in ottime mani. Edgardo e Nunzia Volpi da oltre vent’anni hanno lanciato la formula: un menù con non molti piatti, di cui molti sempre presenti, come le “bandiere” delle squadre di calcio. Naturalmente tra inverno ed estate c’è un minimo di alternanza, ma sostanzialmente nelle stagioni i piatti principali non cambiano. Così, in questa bella sala linda, raffrescata da un giudizioso climatizzatore, dopo un appetizer di frittata alle erbe o di salame crudo, potrete cominciare col tortino di erbette alla fonduta di Salva cremasco (un raro stracchino duro locale), leggero e ghiotto. Oppure, col misto di salumi locali, o con la battuta di manzo. Di primo, c’è un piatto memorabile, in carta da tanti anni: i ravioloni di coniglio al burro versato. Sono una specie di manifesto di casa Volpi: pasta sottile ma rugosa, ripieno compatto e morbido. In alternativa, pappardelle con verdurine e anitra; gnocchi al mascarpone (altro classico); o uno stagionale risotto agli asparagi e basilico. Tra i secondi, la bandiera è la gallina disossata e ripiena di funghi e salsiccia con mostarda di Cremona: d’estate è proposta fredda. Se no, il vitello tonnato; il ghiotto, morbidissimo maialino di latte laccato al miele; l’orata in crosta di zucchine. Per dessert, si chiude con la tradizionale “sabbiosa” al mascarpone, o IL VINO con altri dolci golosi. Cantina di buoChianti Berardenga 2009 na selezione. Servizio ottimo. Prezzo Vi proponiamo oggi un Chianti classico basso: 35-38 euro. A pranzo in settimaBerardenga 2009 (Fattoria di Felsina). na c’è addirittura un menù (facoltativo) da Di colore granato con riflessi aran10 euro. Si sta bene. E la campagna circocio. Al naso sentori di frutta rossa e menta. È leggermente speziato, stante, in stile don Camillo, è riposante per in bocca intenso, pieno e suadenfisico e cervello. te con buona acidità. Finale lungo con una nota di fiori secchi e tannini perfettamente integrati. Si abbina ottimamente con carne alla fiorentina, manzo in casseruola, arrosti e selvaggina. Ottimo anche con formaggi pe corini molto stagionati. Carlo Cattaneo da padre Jonah Lynch (vicerettore del seminario della Fraternità sacerdotale dei missionari di san Carlo Borromeo). Don Camisasca scrive: «La famiglia è veramente una delle frontiere decisive della vita dell’uomo, una frontiera difficile oltre che necessaria. In essa si incontrano le questioni fondamentali dell’esistenza: l’amore, l’autorità, la fecondità, la tradizione, cioè il passaggio dal passato al futuro, che costituisce il nucleo fondamentale della vicenda storica». Da ricordare lo spettacolo “Lazzaro, vieni dentro!” con Carlo Pastori e Marta Martinelli che andrà in scena venerdì 15 alle ore 21.30. Sarà allestita la mostra “Nessu- Per informazioni Trattoria Volpi Via Indipendenza, 34 – Frazione Nosadello Pandino (Cremona) Tel. 037390100 Chiuso domenica sera e lunedì no genera se non è generato – Alla scoperta del padre in Omero, Dante, Tolkien” e il tutto sarà chiuso con la grande festa finale di Domenica 17 Giugno con la Blood Brothers Band. LIBRI Come l’arte serve la poesia e viceversa «È un libro sconclusionato per gli storici, strambo per i critici». Davide Rondoni, sanguigno poeta bolognese, introduce così la sua personale prova del fuoco, della poesia e dell’arte. E lo fa a suo modo: scrivendo Nell’arte, vivendo, edito dai tipi di Marietti 1820 (140 pagine, 22 euro) e introdotto dalla critica d’arte Beatrice Buscaroli. Un libro corposo, che su una traduzione in incipit da Charles Baudelaire – I fari, ovvero chi mostra la strada da seguire – innesta via via inserti poetici che rappresentano illuminazioni, visite, opere d’arte di pittori e scultori più o meno conosciuti, da Francis Bacon ad Arturo Martini, da Hubert Van Hyke a Lorenzo Lotto. Rondoni individua così quelle occasioni che costituiscono il livello primordiale da cui sgorga la parola, la poesia, la preghiera. Un’eccezionale esempio di come l’arte può servire la poesia, e la poesia l’arte. Daniele Ciacci | | 13 giugno 2012 | 51 GREEN ESTATE OPERA DI MENTECATTI CINEMA Le parole che ingannano La mia vita è uno zoo, di Cameron Crowe Film positivo ma troppo prevedibile di Paolo Togni M sulla mia rubrica, mi è caduto l’occhio su una postilla ormai abbastanza usuale nella corrispondenza elettronica: l’invito a non stamPRESA pare il messaggio se non strettamente necessario. Con l’aggiunta: D’ARIA «Non stampando questo messaggio eviti l’immissione in atmosfera di 1,7 chilogrammi di carbonio». Parlando con un’amica, donna peraltro di buone letture, intelligente e informata, ho appreso che nel far la spesa non compra i prodotti col migliore rapporto qualità/prezzo, ma quelli prodotti in Italia, alla minor distanza da Roma, possibilmente biologici perché «sono più sicuri e più buoni». Poiché non emettere carbonio non serve assolutamente a niente; dato che i cibi biologici espongono a notevoli rischi per la salute e costano di più; e poiché i cibi migliori sono quelli coltivati bene, a prescindere da dove, e con le opportune concimazioni e disinfezioni, tutti e due questi episodi testimoniano quanto le parole d’ordine diffuse da mascalzoni e ripetute da mentecatti abbiano fatto breccia nel comune pensare delle persone, anche di quelle intelligenti e preparate. E purtroppo anche di molti tra quelli, per lo più poco intelligenti e pochissimo preparati, che ci governano. Ho riferito questi due episodi come sintomo di una situazione ormai deteriorata e probabilmente irreversibile, nella quale anche le persone colte e informate si sono abbandonate alla comoda accettazione del pensiero politicamente corretto (ma non è meglio dire “conformismo”?), questa melma infetta e mefitica nella Ma non ce l’aveva già insegnato quale nessuna autonomia di giupadre Dante che siamo fatti “per dizio resiste, nessuna valutazione seguir virtute e canoscenza”? razionale è ammessa; nella quale Ragionare con la nostra testa, l’opinione eterodossa è una bestemscegliere quello che a noi pare giusto mia, e voler esprimere giudizi basati su coscienza e conoscenza critie il giudizio appropriato da dare ca è considerato un reato grave. Ma non ce l’aveva già insegnato il padre Dante che siamo fatti “per seguir virtute e canoscenza”? E che dobbiamo esser uomini, non “pecore matte”: ragionare con la nostra testa, scegliere quello che a noi, a noi, non a qualunque imbecille che passi il tempo a dire o scrivere parole utili solo a fargli campare la vita, paia il comportamento giusto da tenere, il giudizio appropriato da dare. E pensare che le responsabilità per i nostri comportamenti ci verranno attribuite in ragione delle decisioni che avremo prese, e seguire acriticamente quel che altri dicono significa consegnarsi a loro, forse dover in futuro scontare la pena di scelte non fatte. Non ho parlato della responsabilità dei media in questa questione, ma non mancherà l’occasione in futuro. [email protected] entre scorrevo i commenti dei lettori HUMUS IN FABULA RICICLO RAEE Cevoli, Albertino e la raccolta differenziata Martedì 19 giugno alle ore 18, presso il Teatro Litta di Milano Paolo Cevoli, comico romagnolo e Albertino, dj storico di Radio Deejay interverranno all’evento “Rifiuti si è, risorse si diventa!”, un appuntamento interamente dedicato al tema della salvaguardia ambientale per sensibilizzare i cittadini sul tema della raccolta differenziata e per educare le giovani generazioni al rispetto 52 | 13 giugno 2012 | | dell’ambiente. Cevoli e Albertino dialogheranno insieme a Ecodom, il Consorzio italiano di recupero e riciclaggio degli elettrodomestici, sulle piccole azioni quotidiane da adottare per contribuire a diminuire i rifiuti abbandonati e sull’importanza del riciclo. Ecodom racconterà come dai rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche sia possibile ricavare ferro, alluminio, rame e plastica da reinserire nel ciclo produttivo. Interverranno anche Pierfrancesco Maran assessore alla Mobilità, ambiente, arredo urbano e verde del Comune di Milano; Andrea Poggio vicedirettore Legambiente Onlus; Sonia Cantoni presidente di Amsa. Un manager, vedovo e con due figli da tirar grandi, decide di dare vita a un vecchio zoo. Piccolo film positivo ma anche molto ovvio ed ecces- sivamente semplice. È il difetto maggiore di tutti i film di Cameron Crowe, eccezion fatta per il bel Quasi famosi. Gli altri – ma Vanilla Sky con Tom Cruise era inguardabile – avevano una storia bella, tanti spunti carini mai approfonditi a dovere. Così erano Elizabethtown e Jerry Maguire, così è La mia vita è uno HOME VIDEO John Carter, di Andrew Stanton Una mezza delusione Dall’800 sul pianeta Marte, per diventare un grande guerriero. Sulla carta un film che “spacca”. Tratto dalla saga Barsoom scritta da Edgar Rice Burroughs, l’autore di Tarzan ma anche l’ispiratore di tanta sci-fi, Star Wars e Avatar inclusi, il film diretto dal regista di Alla ricerca di Nemo è una mezza delusione. Visivamente piatto e con un interprete poco carismatico, narrativamente difficoltoso: sembra tanto uno schematico bigino di tutto il cinema di fantascienza degli ultimi trent’anni. COMUNE DI MIILANO Il “Patto dei sindaci” per una vita più sana Il Comune di Milano ha rinnovato la propria adesione al “Patto dei Sindaci”: un impegno concreto per l’adozione di una strategia a favore dell’efficienza energetica e dello sviluppo sostenibile. La Giunta ha convalidato la precedente adesione del 2009, nel ri- spetto delle linee guida per l’adesione al “Covenant of Majors” (“Patto dei Sindaci”) predisposte dall’Unione Europea. Spetterà poi al Consiglio comunale dare l’approvazione finale. Il “Patto dei Sindaci” è un programma capace di coinvolgere gli attori locali e regionali ai fini del perseguimento degli obiettivi europei. È considerato dalle istituzioni europee come un valido modello di governance. Risparmio energetico, un ambiente e una qualità della vita più sani, un’accresciuta competitività economica e una maggiore indipendenza energetica sono tra i risultati concreti raggiunti dalle città che, in Europa, hanno aderito al “Patto dei Sindaci”. STILI DI VITA INSIEME AL PARCO NORD zoo. Parte da una domanda da far tremare i polsi: come può un padre dare speranza a dei figli che hanno appena perso la madre? Crowe dirige bene gli attori (Matt Damon è il più bravo di tutti), evita le trappole del sentimentalismo ma il film stenta a emozionare a causa di troppe svolte prevedibili e soprattutto per la mancan- za di un reale antagonista, un “cattivo” odioso necessario in film di questo tipo. È confezionato bene, ha le musiche giuste: un prodotto non mediocre ma molto “medio” che scorre via troppo semplice e di cui ci si dimentica quasi subito. visti da Simone Fortunato SPORTELLO INPS In collaborazione con DOMANDA & RISPOSTA Tutto quello che bisogna sapere Calcolo della pensione Sono nato il 20 marzo 1959. Ho cominciato a lavorare l’1 giugno 1975 nel periodo estivo, mentre ancora andavo a scuola, fino al 31 agosto 1975 (avevo 16 anni e 3 mesi). In modo continuativo, invece, dall’1 ottobre 1976 fino a oggi (da quando avevo 17 anni e 7 mesi). Quando potrò andare in pensione? Con che metodo di calcolo? Franco C. invia il tuo quesito a [email protected] In bicicletta da papa Ratzinger Sopra, il regista Cameron Crowe Gentile signor Franco, dai dati che ci fornisce possiamo dire che lei alla data del 31/12/995 aveva raggiunto i 18 anni di contributi, quindi il metodo di calcolo pensionistico sarà con le regole del retributivo sino al 31/12/2011 e a partire dall’1 gennaio 2012 seguirà le regole del sistema contributivo. La data del raggiungimento dei requisiti è luglio del 2021. Svolgo attività lavorativa permanente in Olanda. Inizialmente ho lavorato diversi anni in Italia. Devo fare qualcosa di particolare per evitare di avere problemi nei conteggi dei contributi prima di andare in pensione? Lorenzo M. di Annalena Valenti S ai quanti dei miei amici sono venuti dal Papa? L. MAMMA è arrivato in bicicletta, OCA S. ha fatto 12 chilometri a piedi, la C. è arrivata in metro e poi 4 chilometri a piedi e ha portato suo fratellino nel passeggino. È venuta tutta la quinta. Quanta gente c’era? Un milione? Praticamente tutta la scuola. (Sì Giò, più qualche altro migliaio di migliaio da tutto il mondo). Allora noi siamo stati fortunati, solo 22 chilometri in bicicletta, e tu sei stata brava per essere 15 anni che non pedali e anche la A., ha appena tolto le rotelle, anche se suo fratello mi ha detto che l’ha allenata. Ma perchè vogliono tutti vedere il Papa? Perché arrivano dall’Africa? Sai che M. ha ospitato una famiglia del Canada? Quelli davanti a noi sono dell’Ecuador, e quella è la bandiera della Baviera e quelle sono inglesi e quella nuova della Libia e dietro a noi sono messicani. E hai visto i bei vestiti di quelle bambine africane e indiane? Ma perchè sono tutti contenti? Domande di bambino, antiche, come di chi ha già visto in altri tempi muoversi il popolo cristiano. «“Che allegria c’è? Cos’hanno di bello tutti costoro?” Erano uomini, donne, fanciulli, a brigate, a coppie, soli; e andavano insieme, come amici a un viaggio convenuto. Gli atti indicavano manifestamente una fretta e una gioia comune. Guardava, guardava; e gli cresceva in cuore una piú che curiosità di saper cosa mai potesse comunicare un trasporto uguale a tanta gente diversa». Papà nel 2015 andiamo a Filadelfia? mammaoca.wordpress.com Per verificare la sua posizione contributiva in Italia potrà richiedere un estratto conto certificativo presso la sede Inps di appartenenza. L’estratto contiene la descrizione analitica delle registrazioni contributive esistenti a suo favore. Controlli la sua posizione contributiva e segnali eventuali inesattezze o anomalie. Facendo ciò si ritroverà una situazione chiara nel momento in cui ci richiederà la pensione e questo accorcerà i tempi di erogazione della prestazione. Ho pagato 43 su 120 rate per il riscatto della laurea di mia figlia. Il riscatto è stato richiesto sulla base della legge Prodi a riguardo. Mia figlia ha attualmente 32 anni e ha lavorato per tre/quattro anni circa. Mi conviene continuare a pagare? Posso richiedere il versato? Giulio S. Il riscatto degli anni di laurea consente sia di incrementare la contribuzione utile che di raggiungere in maniera anticipata i requisiti per la pensione. È possibile in ogni momento interrompere il pagamento dell’onere da riscatto se questo è effettuato in modo rateale. In caso di interruzione del pagamento, il periodo riscattato sarà valorizzato in proporzione all’importo versato. Non è possibile invece ottenere il rimborso di quanto già versato. | | 13 giugno 2012 | 53 MOBILITÀ 2000 DI NESTORE MOROSINI DALLA VOLVO UN NUOVO CAVALLO DI BATTAGLIA V40, anche un airbag per salvare i pedoni L Volvo V40 – che giungerà sui mercati a settembre – sostituisce, in un colpo solo, la C30 e la V50 proponendosi come un nuovo cavallo di battaglia in un settore popolato da temibili concorrenti come Audi A3, Bmw Serie 1, Mercedes Classe A e, in Italia, anche Alfa Romeo Giulietta. L’impostazione da berlina è quasi mascherata da una coda spiovente che impedisce di dividere in modo classico i tre volumi tradizionali. Gli interni sono disegnati con un occhio all’ergonomia e uno allo stile scandinavo. Ottimo il materiale superiore della plancia mentre è davvero rigida la plastica nei pannelli delle porte e a lato del tunnel centrale. Il bagagliaio, con un doppio fondo sotto il piano di carico, ha una capacità, non eccezionale, di 335 litri. Tra le novità di rilievo c’è la strumentazione digitale. Sopra le teste dei passeggeri c’è un ampio tetto panoramico che dà luminosità agli interni che di sera possono essere illuminati con diverse colorazioni a seconda a nuova Nella dotazione tecnologia della Volvo V40 c’è il parking automatico. Sopra, la plancia della vettura (foto in alto) e il tetto panoramico dell’umore del guidatore. Per un marchio che fa della sicurezza la sua bandiera non mancano molti equipaggiamenti, di serie e in opzione, che la migliorano in senso attivo e passivo. Inedito l’airbag per i pedoni, che fuoriesce dal cofano e va a coprire parte del parabrezza. Ci sono, inoltre, la frenata automatica sino a 30 km/h per evitare di investire gli stessi pedoni, un nuovo airbag per le ginocchia, il debutto di sensori che avvisano del sopraggiungere di altri veicoli mentre si esce in retromarcia dal par- cheggio. Senza contare cruise control adattivo che non si disinserisce nelle fermate in coda, il dispositivo di mantenimento della corsia e l’avvisatore della presenza di veicoli nell’angolo morto degli specchi retrovisori. La Volvo V40 monta motori a 4 e a 5 cilindri, benzina e diesel. Tra questi ultimi spicca l’ecologico 1.6 quattro cilindri turbo che dichiara un consumo medio di appena 3,6 litri ogni 100 chilometri. Non brilla per prestazioni (115 cavalli), ma è perfetto per chi ama viaggiare tranquillo. | | 13 giugno 2012 | 55 UN ALTRO MONDO è POSSIBILE BLANCA E LA COMPAGNIA DI DIO «Il lungo cammino che mi ha portata dritta all’altare» di Aldo Trento D a quando la Divina Provvidenza ha messo “mano all’opera” in favore dei malati terminali, soli, abbandonati o rifiutati dalle cliniche o i mendicanti della strada, quasi tutti malati di Aids, non mi sono mai stancato di dire ogni giorno: se le opere di carità che la Divina Provvidenza ha costruito, per coloro che secondo il mondo non valgono niente, non ci aiutano a conoscere, amare, servire e annunziare Cristo, preferisco che si concludano. Non sono venuto in Paraguay con un progetto né con l’ipotesi di costruire ciò che ora esiste. Anzi, se avessi saputo ciò che Dio aveva in mente, avrei probabilmente detto di no. Sono venuto in Paraguay per un altro motivo, inviato da don Giussani. Non sapevo cosa mi aspettasse. Per quindici anni il mio unico impegno è stato quello di trovare me stesso. Dopo quindici anni di “passività”, passati a gridare, a supplicare il Signore che mi desse la grazia di dire “Io”, sono fiorite le opere che hanno visto come protagonista una compagnia che si è formata tra di noi, sacerdoti e laici impegnati. Per questo motivo l’unico scopo della Clinica e delle altre opere è quello che chi arriva incontri Cristo. Mi commuove vedere come non ci sia giorno in cui qualcuno non si dedichi totalmente a Cristo. Durante questi otto anni di costruzione della Clinica (l’attuale) sono andate in Paradiso più di mille persone, tutte morte con il nome di Gesù sulle labbra. Credo che non esista opera più grande che quella di accompagnare un paziente terminale nel suo incontro con Cristo. Oltre a questa, c’è un’altra occupazione, non meno importante. Molte persone, sia malati sia gente che lavorava con noi, vivevano in concubinato e durante questi anni hanno chiesto di ricevere il Battesimo e gli altri Sacramenti. In particolare le persone impegnate nel lavoro con noi hanno voluto sposarsi nella Clinica, circondate dai malati terminali. La testimonianza che segue è un esempio commovente di un cammino educativo che è sfociato nell’ultimo matrimonio celebrato qualche tempo fa. Se un ospedale o qualsiasi opera non è il frutto della passione per Cristo e un cammino educativo per poter dire «Tu, o Cristo mio», non solo non resisterebbe all’usura del tempo, ma non sarebbe neanche utile per gli ammalati. La Clinica esiste prima di tutto perché i pazienti riconoscano Gesù e affinché possano morire “in pace”, 56 | 13 giugno 2012 | | POST APOCALYPTO Nella foto, il matrimonio di Blanca nella cappella della nuova Clinica come affermano i malati coscienti della morte prossima. A cosa serve un ospedale se non è chiaro questo punto? Servirebbe solo per posticipare per un po’ di tempo la morte, mentre lo scopo di ogni Clinica è quello di sperimentare quello che recitiamo nel Credo: «Propter nos homines, et propter nostram salutem descendit de coelis». E la parola salute abbraccia tutto l’umano, tutta la realtà nella quale viviamo, oltre alla salvezza eterna. La parola “salute” nella mia esperienza indica un presente che accade e salva la totalità dell’umano, mentre la parola “salvezza” indica lo scopo della vita. [email protected] M olto prima di arrivare nella Clinica della Divina Provvidenza ho sofferto di un grave problema di salute. Ero molto distante da Dio ed è stata proprio la gente di Chiesa quella che più mi ha aiutata ad an- «Quando ho conosciuto il mio futuro marito chiedevo sempre al Signore che se questa persona fosse stata un motivo per allontanarmi da Lui avrei preferito che ci separasse. Invece, dopo due anni ci siamo sposati. Dio è il pilastro della nostra vita, del nostro matrimonio» venuta senza informarmi se avrei ricevuto denaro o meno, perché l’unica cosa che avevo dentro di me era un grande bisogno di venire qui. Ciò che mi ha impressionata di più è stata la bellezza della parrocchia e della Clinica in particolare, un luogo talmente bello che mi parlava della presenza di Dio tra di noi. Quando ho visto il Santissimo Sacramento esposto mi sono resa conto che il Signore mi stava chiamando a intensificare la mia relazione con Lui e da quel momento non mi sono più allontanata da Dio. Ho iniziato a chiedergli senza stancarmi che mi aiutasse a capire cosa volesse da me. Dopo quattro anni di lavoro in questo luogo, ho conosciuto il mio futuro marito che stava lavorando alla costruzione della nuova Clinica. Avevamo in comune entrambi il fascino per questo luogo e io chiedevo sempre al Signore che se questa persona fosse stata un motivo per allontanarmi da Lui avrei preferito che ci separasse. Figli di padre Aldo dare avanti. Loro mi venivano a trovare e mi invitavano in una comunità vicino a casa mia. Ho cominciato a riavvicinarmi a Dio, a interessarmi, perché volevo conoscerlo, ad andare in chiesa per confessarmi, per partecipare alla Messa. Ho deciso di separarmi dal padre dei miei figli e iniziare un percorso dentro la mia comunità. Un giorno un’amica, che lavorava già da molto tempo nella parrocchia di San Rafael, mi ha detto che nella Clinica c’era un lavoro per me. Sono Questo ragazzo voleva formare una vita con me, voleva diventare mio sposo. Vedeva il sacrificio che facevo per i miei figli, come parlavo di Dio e di quello che imparavo giorno per giorno nelle omelie e nelle catechesi di padre Aldo. Ci siamo conosciuti e frequentati fino ad arrivare a decidere di sposarci. Padre Aldo è stato felice di ricevere questa notizia e noi due ci siamo messi nelle sua mani. Anche se il mio fidanzato aveva molta fretta di sposarsi, padre Aldo ci ha detto di avere pazienza, di aspettare, perché ci avrebbe sposati nella cappella della nuova Clinica, una volta terminata. Ci ha promesso che saremmo stati la prima coppia a inaugurarla e ci siamo sentiti abbracciati e ansiosi all’idea che giungesse quel momento. Dopo due anni di preparazione al matrimonio, siamo arrivati, domenica 4 marzo, convinti del perché e per quale scopo fossimo lì. Dio sarebbe stato da quel momento il pilastro della nostra vita, del nostro matrimonio. È stata una serata speciale, Dio sa veramente come fare le cose. Il suo tempo non è il nostro. Quel giorno si è compiuta la promessa. Mi sono sentita in famiglia, come in casa, e anche i nostri parenti hanno percepito la stessa comunione, la presenza di Cristo in questo luogo. È stato più importante ciò che hanno visto con i loro occhi che tutto quello che gli avevo raccontato. I giovani volontari della Clinica ci hanno dedicato una serenata: è stato tutto molto familiare. Durante la Messa si celebrava anche il battesimo del bimbo della Casa “Chiquitunga”, luogo di accoglienza per adolescenti incinte. Ci siamo tutti riuniti come se fossimo parte di una grande famiglia. Tutto quello che ha detto padre Aldo durante la Messa mi ha commossa molto, ma una delle frasi che mi ha più colpita è stata quando ha detto che il mio futuro marito non solo aveva partecipato alla costruzione materiale della nuova Clinica, ma soprattutto alla costruzione della sua vita. Ci siamo sentiti entrambi figli di padre Aldo: parlava a ognuno di noi e ci faceva capire che per lui è molto più importante che i suoi figli si costruiscano la loro vita piuttosto che tutte le opere che possono sorgere. La morte di Hipólito Ringrazio padre Aldo per essere sempre un “papà” per noi, una guida spirituale sicura. La sua testimonianza di vita nelle opere, ci ha spinti a metterci nelle sue mani. Vederlo ci permette di credere in quello che dice e fa. È grazie alla formazione che ho ricevuto giorno dopo giorno che il matrimonio è diventato per me una necessità. Un altro fatto importante successo durante il matrimonio è stata la morte di Hipólito, un paziente della Clinica. Solo qui si può vivere abbracciando la gioia e il dolore. È stato molto significativo per me, perché noi due in maniera diversa stavamo ricevendo una benedizione dall’alto. Quando l’ho saputo ho avuto la certezza che dal Paradiso lui avrebbe vegliato sul mio matrimonio, lui sarebbe stato il mio angelo. Ricordo che una volta Hipólito mi ha aiutata a vivere la realtà. Una sera sono entrata nella sua stanza per salutarlo, perché sarei andata qualche giorno in vacanza e lui mi ha chiesto di portargli ad aggiustare un suo vecchio orologio. Gli avevo risposto che non ci sarei stata nei giorni successivi, ma subito mi sono ricordata che era Cristo che me lo stava chiedendo, quindi ho preso l’orologio, l’ho portato ad aggiustare e sono ritornata in Clinica durante la mia vacanza. Hipólito era felice, mi ha ringraziato molto e mi ha benedetto perché stavo per sposarmi. Il giorno del mio matrimonio ho vissuto tutto ciò che Dio ha preparato, un cammino secondo la sua volontà. Sono grata a padre Aldo per tutto e chiedo al Signore che non si stanchi mai. Lo ringrazio per averci formati, perché il tesoro più prezioso che abbiamo in Clinica è la formazione, cioè la catechesi settimanale che presto o tardi trasforma i nostri cuori. Blanca | | 13 giugno 2012 | 57 L’INTERVISTA PERCHÉ SIAMO NEL MIRINO E vi stupite se il potere ci odia? Per Ettore Bernabei il nostro tessuto economico e civile dimostra che la dottrina sociale cattolica funziona. «Ma il sistema che si presume autonomo in forza della sua scienza e del denaro si allarma di fronte a una realtà irriducibile come la Chiesa» di Ubaldo Casotto E ttore Bernabei è inequivocabilmente cattolico, ma c’è una parola del voca- bolario cattolico che non riesce a digerire: miracolo. Crede nei miracoli, ma quello che «all’estero, nel mondo anglosassone hanno chiamato “miracolo italiano” non era un miracolo, era frutto di una politica fondata sulla dottrina sociale della Chiesa; l’hanno chiamato miracolo perché non credevano che fosse possibile, non credevano ai loro occhi, ai capitalisti convinti dell’assioma di Weber non tornavano i conti, una nazione cattolica, governata da cattolici non poteva dare – questo era il pregiudizio – ai propri cittadini benessere e libertà». Il nostro incontro con lui prende spunto dal suo libro L’Italia del “miracolo” e del futuro (intervista a cura di Pippo Corigliano, Cantagalli) e ruota intorno a questa contrapposizione tra un sistema capitalista e mercatista già in crisi e in via di progressiva finanziarizzazione, espressione di ambienti laici internazionali, e l’esperienza di un’economia mista pubblico-privato che pone al suo centro il bene comune anche come benessere diffuso, frutto di un’elaborazione del cattolicesimo politico, che «ha portato l’Italia negli anni Sessanta a essere il quarto paese più ricco del mondo, davanti alla Gran Bretagna». Bernabei ci riceve a Roma, nella sede della Lux Vide (una delle società europee più importanti per produzioni televisive, cinematografiche e di animazione), a poche centinaia di metri dal palazzo del- 58 | 13 giugno 2012 | | la Rai di viale Mazzini, di cui fu direttore generale dal 1961 al 1974, prima di diventare presidente dell’Italstat (finanziaria capogruppo dell’Iri). Nel suo libro corre un fil rouge nella lettura che lei dà della storia del Novecento, l’elemento anticattolico, perché? Perché c’è. Anticattolico o antireligioso. Non mi sono inventato io il sostegno di circoli finanziari occidentali a Lenin, ospitato e mantenuto in Svizzera e a Capri come un principe zarista prima di essere portato con un treno piombato, in pieno conflitto, attraversando tutti i fronti, a San Pietroburgo. Le sue prime azioni furono contro le chiese, i sacerdoti, le monache. Impiantò in un paese di contadini credenti e grandi lavoratori l’ateismo teorico, dopo che in Occidente il capitalismo aveva condotto all’ateismo pratico le grandi masse di operai inurbati. Che la Prima guerra mondiale avesse come obiettivo, e come risultato, l’eliminazione della grande monarchia cattolica degli Asburgo e del suo impero è un dato di fatto. Lo stesso tentativo avvenne in Spagna, dove le Repubblica di Juan Negrín, oltre all’appoggio politico del Fronte popolare di Léon Blum, a quello militare dell’Unione Sovietica, godeva dei finanziamenti delle banche inglesi, era un fronte eterogeneo unito – scusi il bisticcio – da un credo ateista. Lì però vinsero i cattolici e un certo Francisco Franco… Che non si fece scrupoli di perseguitare i cattolici che gli si opponevano. Li difese l’arcivescovo Montini con un libret- to che gli stava costando caro. Il cardinale Ottaviani lo voleva inserire nell’indice dei libri proibiti e il Diritto canonico del tempo prevedeva che l’autore di un libro finito all’indice venisse ipso facto sospeso a divinis. Ma monsignor Dell’Acqua, che aveva sostituito Montini in Segreteria di Stato, avvertì Pio XII delle intenzioni del Sant’Uffizio e non se ne fece nulla. «Mi fanno ridere i titoli dei giornali: “Le Borse bruciano 200 miliardi”. Le Borse non bruciano soldi, li trasferiscono, da chi li ha guadagnati con il lavoro a chi li accumula con la finanza» netici inglesi di inizio secolo. Né lo era Mussolini, che però aveva, come dire, troppi preti in casa, e si barcamenò. Il Concordato fu uno sgarro per i suoi amici inglesi, un sgarro sopportato. Poi la storia ha preso altre pieghe. Perché i fautori del libero scambio, della ricchezza dei popoli, del mercato dovrebbero avercela con il cattolicesimo? Non era un ottimo instrumentum regni? hanno portato nei conti delle società acquisite i debiti precedenti dei nuovi padroni. E poi gli attacchi speculativi. Mi fanno ridere i giornali quando titolano “Le Borse bruciano duecento miliardi”, le Borse non bruciano soldi, li trasferiscono, da chi li ha guadagnati con il lavoro a chi li accumula con la finanza. La rivoluzione non è un pranzo di gala. Non lo sono neanche il capitalismo, la concorrenza, il libero mercato… C’è un problema culturale di fondo: qual è stata l’origine di un sistema economico misto che ha prodotto ricchezza, O Dio o Mammona. E il potere del benessere e libertà? La dottrina sociale deldenaro, la finanza, tende a prevalere sul- la Chiesa. La quale, aggiornata oggi nei la politica e sull’economia. In questo senso princìpi di solidarietà e sussidiarietà, può il caso italiano ha rappresentato veramen- produrre un’economia che ci porti fuote un’anomalia da destabilizzare. Negli ri da questa crisi. Non ci si stupisca degli ultimi 150 anni la Chiesa cattolica è sta- attacchi alla Chiesa; certo, si presta il fianta di fatto ignorata dalla storiografia, fos- co con gli scandali come la pedofilia e con se di indirizzo sovietico, progressista o le lotte interne, ma il mondo che si predi stampo illuminista, se non per venire sume autonomo in forza della sua scienaccusata di esser l’origine di ogni oscuran- za e del suo denaro si allarma di fronte a tismo e arretratezza. Ora, nel paese catto- un potere irriducibile a sé. La crisi che stiamo vivendo è un ulteriore sussullico per antonomasia – dove ha to della crisi del sistema capitalisede il papa – uscito distrutto NOVITÀ stico che si trascina da un secolo. dalla guerra, senza materie priGli ultimi papi ne sono stati tutme, con un evanescente apparati coscienti: lo fu in modo estreto amministrativo ereditato dal mamente lucido Paolo VI; lo fu fascismo, un cattolico trentino, Giovanni Paolo II quando disse: Alcide De Gasperi, dà vita a un «Dobbiamo ringraziare Dio per esperimento politico che apre la caduta del comunismo. La crisi la strada a un gruppo di “profesmondiale non è finita e coinvolge sorini” (Fanfani, La Pira, Moro), ormai il sistema capitalistico. A come li chiamarono, che sulla voi toccherà di vedere la fine del base della dottrina sociale coin- L’ITALIA DEL capitalismo di speculazione e di volge anche i partiti laici e con “MIRACOLO” E DEL FUTURO degenerazione finanziaria»; lo è l’apporto di tutto il paese, mano- E. Bernabei dopera e imprenditori, costrui- (con P. Corigliano) Benedetto XVI quando ammonisce che «la crisi finanziaria monsce il più clamoroso caso di svi- Cantagalli diale ha dimostrato la fragilità luppo del Dopoguerra a tassi di 16,50 euro dell’attuale sistema economico crescita superiori a quelli degli Stati Uniti, della Francia e dell’Inghilter- (…) e l’erroneità dell’idea secondo la quale ra. Chi ricava ricchezza dalla finanza non il mercato sarebbe in grado di autoregolarpuò non vedere tutto ciò come un perico- si indipendentemente dall’intervento pubblico e dal sostegno dei criteri morali». loso concorrente. Un concorrente da destabilizzare… Trame vaticane? Corvi? Mi fanno ridere gli attuali scopritori di convulsioni Oltretevere. La Chiesa le ha sempre superate, ed è andata avanti. Torniamo al filone anticattolico del Novecento. Non era certo credente Hitler, che ereditò e continuò portandoli a estreme e spaventose conseguenze gli esperimenti euge- Bisogna chiedersi perché la contestazione giovanile e operaia in altri paesi è durata due anni e in Italia dodici, perché è sfociata nel terrorismo, sino all’uccisione di Moro, perché in certi anni il fenomeno della mafia è cresciuto esponenzialmente, perché la Sicilia divenne il centro mondiale degli stupefacenti, perché due partiti – certo gli scandali c’erano, ma non c’erano i presupposti dell’autodissoluzione della Dc e del dissolvimento del Psi – sono stati azzerati dall’azione delle procure e dal giustizialismo propalato a piene mani dai media. Bisogna chiedersi perché le privatizzazioni che dovevano portare denaro fresco dei privati nelle casse dello Stato La Chiesa che ricorda alla politica e all’economia la centralità della persona umana e dei suoi diritti, per chi ricerca solo il profitto sarebbe allora un ostacolo, una presenza da indebolire? C’è stato un viaggio molto importante di Benedetto XVI, quello in Inghilterra. Il riavvicinamento con gli anglicani, il ritorno di molti sacerdoti e qualche vescovo alla comunione con Roma e il riconoscimento che l’establishment inglese ha fatto del valore e del significato pubblico della religione ha allarmato molti circoli finanziari, soprattutto al di là dell’Atlantico. Per scongiurare l’unità dei cristiani certa gente è pronta a escogitare di tutto, altro che corvi. | | 13 giugno 2012 | 59 LETTERE AL DIRETTORE Simone e i tanti che cercano redenzione. Ma non nell’occhio del boia Tempi le tue lettere e anche se non ci conosciamo sei divenuto familiare. Mi addolora la condizione di carcere preventivo cui devi sottostare e lo stato vergognosamente disumano in cui ti trovi. Al dolore però si associa la consapevolezza della testimonianza che dai, la testimonianza di una certezza, quella della presenza di Cristo, che ti permette non semplicemente di sopravvivere, ma di stare davanti alla tua situazione, nella sua evidente drammaticità, con tutto lo spessore del tuo essere uomo, capace di quello sguardo verso gli altri che abbiamo imparato da Giussani. Il Papa a Milano, rispondendo a una famiglia, ha detto che la sofferenza, «se accettata, è un dono per la Chiesa». Tu ce lo stai testimoniando. Maria Laura Fraternali Urbino 2 Commovente l’ultima lettera di Simone («Amico Simone, posso diventare di Comunione e libertà?», tempi.it, ndr). Invidiosa e desiderosa della sua semplicità e del suo amico carcerato. Ringrazialo da parte mia! Rileggendola ai miei amici, è proprio vero che quando un membro soffre tutto il corpo soffre con lui! Fagli sapere che anche dal Paraguay si prega per lui e la sua famiglia. Lucilla Asunción (Paraguay) 2 Caro Antonio, abbiamo scoperto in questi anni la dialettica di Nichi Vendola, aristocratica, ma suadente e carica di sonorità. Poi quella tipica di una certa letteratura giudiziaria, che Travaglio ha trasformato in un successo editoriale. Senza contare la letteratura romanza- Anch’io sono rimasto sorpreso dall’irrealtà del fondo di Sofri. Evidentemente la compagnia di Repubblica rende increduli dell’aria che si respira e fa raccontare cose, del cielo e della terra, che letteralmente non stanno né in cielo né in terra. Compagno Antonio, come vedi, eccetto questo popolo di amici e fratelli, qua fuori il pensiero carcerario gira come al solito: ci nutrono di tutte Esiste ancora il Garante della privacy? Se sì, cosa ci sta a fare? Perché non viene censurato Gianluigi Nuzzi per la sua AFFERRATE QUESTA PARABOLA SPORT ÜBER ALLES L’ | 13 giugno 2012 | 2 Adriano Sofri dalle colonne di Repubblica si è indignato perché sempre più medici scelgono l’obiezione di coscienza rifiutandosi di praticare aborti. Forse non ha pensato che essi sono i primi a rendersi conto che nell’utero materno c’è una vita, che l’aborto è sopprimere un essere umano vivente. Perché Sofri prima di prendere posizione non guarda un’ecografia di un bimbo nel grembo materno che ride, si succhia il pollice, si gratta la pancia e poi, a contatto con l’aspiratore abortivo, si agita (le pulsazioni raggiungono i 200 battiti al minuto) e cerca rifugio nella parte superiore dell’utero mentre, pezzo a pezzo, viene dilaniato? Abbiamo tutti i mezzi per essere consapevoli che l’aborto è un omicidio. Non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire. dr. Giorgio Marusi dr. Giovanni Viviani Brescia 2 di Fred Perri Difendi il vicino dalla gogna manettara? Domattina sarai sputtanato a dovere 6.30 del mattino ho sentito un gran fracasso sul pianerottolo. Ho aperto la porta: un plotone di truppe d’assalto stava trascinando via il mio vicino di casa. Non so bene quale sia la sua colpa, ma vive lì da dieci anni e conduce sempre la stessa vita, così, quando mi sono trovato davanti la solita troupe tv con le solite domande ai presenti, 60 le buone intenzioni del mondo e non ci ricordano mai che la prima giustizia è riconoscere che “sem chi provisori”, come dice il don Baroncini, e cerchiamo redenzione. Non nell’occhio del boia, ma nell’occhio del ciclone degli avvenimenti in cui la realtà che è Cristo, come dice Paolo, ci si mostra amica e fraterna come il tuo coinquilino di “Comunione e libertà”. | altro giorno alle ho detto che quello spiegamento di forze e soprattutto la sua condanna già proclamata dai media erano vergognosi. Il giorno dopo il giornale, sopra la mia foto, titolava: “Il palazzo dei malandrini”. Per non sbagliare, hanno intercettato tutte le utenze dello stabile e mi hanno beccato mentre facevo l’indiano con una bella gnocca. Lo so, non si fa, soprattutto se uno è coniugato. Foto: AP/LaPresse C aro Antonio Simone, leggo regolarmente sul sito di ta, infarcita di nobiltà gergali o leggende trucide, del santone Saviano. Confesso di provare una certa invidia per la loro capacità di trasformare la parola scritta in abbondante pane (soldoni) quotidiano. Ma la letteratura è un’altra cosa. I premi Nobel, le copie vendute sono materiale per il commercio del circo. Scrivere è altra cosa. Sono le tue lettere dal carcere. Parole che ti prendono a schiaffi, o ti portano dentro sette metri quadrati di realtà, dove l’umano è il protagonista assoluto. Altro che buone scritture o belle bandiere! La scrittura, come la musica, il cibo e il vino, unisce poveri diavoli, contadini con le unghie sporche, conti e sfaccendati, nobildonne e cardinali. «Siamo figli dello stesso Dio» erano in grado di dire, un tempo, uomini e donne del nostro paese. Chi scrive rievoca memorie, fa profezie, si protrae in una continua lettera al padre, al maestro. Padre, Maestro che tu declini in “magister” Gesù Cristo, Giussani, mentre io sosto nell’alveo profano di colui che protegge, nutre, mantiene la famiglia. Differenze, colpe, ammissioni, precisazioni, è tutta materia per il circo! Io mi limito a usare la parola “grazie”, che poco può alleviare la tua condizione, e nulla può davanti al patibolo giudicante di chi scrive con la penna e la bocca grondanti di sangue. Ma sono nulla le tesi accusatorie, i teoremi, le astrazioni di coloro che si ricordano della Costituzione solo per fare retorica sull’articolo 1. Sono nulla rispetto alla capacità di guardare gli altri, anche costretti in pochi metri quadrati, privati del bene più grande che è la libertà. Grazie per ricordarci chi è l’Uomo. Fabio Cavallari [email protected] violazione? Si può sempre e comunque pubblicare di tutto e di più? Adalberto Tommasi Monza Siamo nello Stato dell’illegalità e dell’ipocrisia elevate a potere. Di cosa parlano infatti i giornali facendo finta di niente? Parlano di ladri e di refurtiva come se in realtà stessero discutendo con Alberto Melloni di teologia democratica e Concilio Vaticano III. Foto: AP/LaPresse 2 UN PAPA GIGANTE AL FAMILY 2012 Il crack sarà tutto vostro corvi del malaugurio di Pippo Corigliano «Q uesta mattina ho seguito la Santa Messa officiata dal Papa per la giornata della famiglia: emozioni forti, dolcezza, sensi di colpa, speranza, voglia di essere disponibile e continuare a lottare… Grazie alla Chiesa e a questo Papa! È un GIGANTE!». È un sms di un mio compagno di scuola che, allora, era un “discolo” ed eccolo qua medico anestesista dal cuore grande. Da un’intervista al volo del tg: «La famiglia è il luogo dove ho sperimentato la felicità»; oppure: «Se non ci si aiuta in famiglia non ci si aiuta da nessuna parte». Frasi semplici che dicono le stesse verità che il Papa è venuto a ribadire. È incredibile. Chi nel mondo ha un leader anziano, gentile e fragile che quando parla t’incanta perché ha parole di verità e di vita eterna? Il Papa dice alla bambina che i suoi primi anni in famiglia sono stati un paradiso… Viene da ripetere con san Pietro: «Da chi andremo? Tu solo…». La famiglia sta prendendo coscienza di se stessa davanti a un mondo in macerie che finge di non conoscerla e la ostacola. Le famiglie sono una foresta silenziosa che cresce e, come nella tragedia di Shakespeare, la foresta si muoverà e questo sarà il segno della fine di un vecchio mondo egoista e l’inizio di un mondo più umano. Un settimanale, in questi giorni, presenta in copertina un corvo che fa “Cra, cra, crack” sulla sagoma di san Pietro sullo sfondo. Il crack sarà tutto vostro, corvi del malaugurio. È ora che chi ha fede non si nutra più di questa stampa ipocrita e portatrice di sventura. CARTOLINA DAL PARADISO Ha ragione Giannino. Si discuta subito una proposta politica ed elettorale da fare a chi sia «liberale, personalista, sussidiarista, difensore del diritto naturale contro l’abuso del diritto positivo». Ha ragione perché mancano al massimo dieci mesi alle elezioni e il Pdl è in stato confusionale. Ma dare concretezza alla discussione richiede una decisione pregiudiziale: cosa fare nel caso in cui Berlusconi – anche se «da allenatore e non da centravanti» – tornasse in campo? Per quanto mi riguarda, sono convinto che, in qualsiasi forma avvenisse, la ridiscesa in campo di Berlusconi chiuderebbe la possibilità di sensibilizzare gli elettori alle questioni richiamate da Giannino, offrendo a Repubblica, alle sinistre e ai grillini l’occasione unica, e gratuita, per una campagna elettorale fatta solo di temi, immagini e suggestioni lontanissimi dai veri problemi del paese, ma tale da solleticare la pancia di milioni di elettori. Dopo la decisione sulla pregiudiziale, sarà anche più facile discutere su programmi, alleanze e scelte operative, nello spirito indicato da Giannino. Nicola Guiso viamo. Avete presente il caso raccontato il 5 giugno scorso alla trasmissione di Oscar su Radio 24 dal fiscalista Fabrizio Viel, il quale ha un cliente con cui l’Agenzia delle Entrate si è scusata di non avere gli strumenti per annullare una cartella esattoriale da 320 mila euro, «pur riconoscendo le ragioni del contribuente»? Mi piace lo spirito militante di Giannino, specie quando annuncia di voler scendere in campo per contribuire a liberarci dallo Stato brigante in cui vi- Sono profondamente amareggiato per gli accertamenti in corso sul capitano della Nazionale e della Juventus Gianlu- 2 igi Buffon. L’impressione che si tratti di una “vendetta” per le sue parole contro la speculazione giudiziaria e giornalistica ai danni degli indagati è troppo forte. Ancora una volta una sorta di mafia si abbatte su chi parla troppo. Una mafia che al posto delle bombe usa le armi delle indiscrezioni e del passaggio illegale ai giornalisti di informazioni riservate. Davide Rettondini via internet Impressione di vendetta? Buffon è stato un gigante, ma lo zelo del potere non perdona chi lo mette a nudo. Mia moglie mi ha cacciato di casa, la gente mi guarda scuotendo la testa e mi giudica un essere schifoso. Io cerco di difendermi: 1) sono fatti miei; 2) lumare le pupe non è reato; 3) la prova provata che dal lumare sia passato ad altro non c’è. Nessuno si interroga sul fatto che ventiquattro ore dopo le mie critiche è arrivata la stangata. Nessuno ha il sospetto che questo sia il comportamento di uno Stato fascista. Per tutti sono un fedifrago: non conta come l’hanno scoperto o se dovevano rispettare la mia privacy. Afferrate il senso della parabola? Io sto afferrando i bagagli. Meglio averli lì, capitasse l’occasione di mollare questa nazione di merda. | | 13 giugno 2012 | 61 taz&bao In famiglia si sta come in Paradiso Le gioie dell’infanzia in Baviera nella certezza che «è buono essere un uomo». L’importanza di non isolarsi anche quando si è in due. L’amore oltre il sentimento. Le formidabili risposte a braccio di Benedetto XVI alle domande dei fedeli da tutto il mondo Cat Tien dal Vietnam Ciao, Papa. Sono Cat Tien, vengo dal Vietnam. Ho sette anni e ti voglio presentare la mia famiglia. Lui è il mio papà, Dan e la mia mamma si chiama Tao, e lui è il mio fratellino Binh. Mi piacerebbe tanto sapere qualcosa della tua famiglia e di quando eri piccolo come me… Grazie, carissima, e ai genitori: grazie di cuore. Allora, hai chiesto come sono i ricordi della mia famiglia: sarebbero tanti! Volevo dire solo poche cose. Il punto essenziale per la famiglia era per noi sempre la domenica, ma la domenica cominciava già il sabato pomeriggio. Il padre ci diceva le letture, le letture della domenica, da un libro molto diffuso in quel tempo in Germania, dove erano anche spiegati i testi. Così cominciava la domenica: entravamo già nella liturgia, in atmosfera di gioia. Il giorno dopo andavamo a Messa. Io sono di casa vicino a Salisburgo, quindi abbiamo avuto molta musica – Mozart, Schubert, Haydn – e quando cominciava il Kyrie era come se si aprisse il cielo. E poi a casa era importante, naturalmente, il grande pranzo insieme. E poi abbiamo cantato molto: mio fratello è un grande musicista, ha fatto delle composizioni già da ragazzo per noi tutti, così tutta la famiglia cantava. Il papà suonava la cetra e cantava; sono momenti indimenticabili. 62 | 13 giugno 2012 | | Poi abbiamo fatto insieme viaggi, camminate; eravamo vicino ad un bosco e così camminare nei boschi era una cosa molto bella: avventure, giochi eccetera. In una parola, eravamo un cuore e un’anima sola, con tante esperienze comuni, anche in tempi molto difficili, perché era il tempo della guerra, prima della dittatura, poi della povertà. Ma questo amore reciproco che c’era tra di noi, questa gioia anche per cose semplici era forte e così si potevano superare e sopportare anche queste cose. Mi sembra che questo fosse molto importante: che anche cose piccole hanno dato gioia, perché così si esprimeva il cuore dell’altro. E così siamo cresciuti nella certezza che è buono essere un uomo, perché vedevamo che la bontà di Dio si rifletteva nei genitori e nei fratelli. E, per dire la verità, se cerco di immaginare un po’ come sarà in Paradiso, mi sembra sempre il tempo della mia giovinezza, della mia infanzia. Così, in questo contesto di fiducia, di gioia e di amore eravamo felici e penso che in Paradiso dovrebbe essere simile a come era nella mia gioventù. In questo senso spero di andare «a casa», andando verso l’«altra parte del mondo». Serge Razafinbony e Fara Andrianobonana coppia di fidanzati dal Madagascar Serge – Santità, siamo Fara e Serge, e veniamo dal Madagascar. Ci siamo conosciuti a Firenze dove stiamo studiando, io ingegneria e lei economia. Siamo fidanzati da quattro anni e non appena laureati sogniamo di tornare nel nostro Paese per dare una mano alla nostra gente. Foto: AP/LaPresse Pubblichiamo il dialogo di papa Benedetto XVI con alcune famiglie del mondo svoltosi il 2 giugno al Parco di Bresso (Mi) durante la Festa delle Testimonianze, nell’ambito del VII Incontro mondiale delle famiglie. taz&bao Cari amici, grazie per questa testimonianza. La mia preghiera vi accompagna in questo cammino di fidanzamento e spero che possiate creare, con i valori del Vangelo, una famiglia «per sempre». Lei ha accennato a diversi tipi di matrimonio: conosciamo il «mariage coutumier» dell’Africa e il matrimonio occidentale. Anche in Europa, per dire la verità, fino all’Ottocento, c’era un altro modello di matrimonio dominante, come adesso: spesso il matrimonio era in realtà un contratto tra clan, dove si cercava di conservare il clan, di aprire il futuro, di difendere le proprietà, eccetera. Si cercava l’uno per l’altro da parte del clan, sperando che fossero adatti l’uno all’altro. Così era in parte anche nei nostri paesi. Io mi ricordo che in un piccolo paese, nel quale sono andato a scuola, era in gran parte ancora così. Ma poi, dall’Ottocento, segue l’emancipazione dell’individuo, la libertà della persona, e il matrimonio non è più basato sulla volontà di altri, ma sulla propria scelta; precede l’innamoramento, diventa poi fidanzamento e quindi matrimonio. In quel tempo tutti eravamo convinti che questo fosse l’unico modello giusto e che l’amore di per sé garantisse il «sempre», perché l’amore è assoluto, vuole tutto e quindi anche la totalità del tempo: è «per sempre». Purtroppo, la realtà non era così: si vede che l’innamoramento è bello, ma forse non sempre perpetuo, così come è il sentimento: non rimane per sempre. Quindi, si vede che il passaggio dall’innamoramento al fidanzamento e poi al matrimonio esige diverse decisioni, esperienze interiori. Come ho detto, è bello questo sentimento dell’amore, ma deve essere purificato, deve andare in un cammino di discernimento, cioè devono entrare anche la ragione e la volontà; devono unirsi ragione, sentimento e volontà. Nel Rito del Matrimonio, la Chiesa non dice: «Sei innamorato?», ma «Vuoi», «Sei deciso». Cioè: l’innamoramento deve divenire vero amore coinvolgendo la volontà e la ragione in un cammino, che è quello del fidanzamento, di purificazione, di più grande profondità, così che realmente tutto l’uomo, con tutte le sue capacità, 64 | 13 giugno 2012 | | con il discernimento della ragione, la forza di volontà, dice: «Sì, questa è la mia vita». Io penso spesso alle nozze di Cana. Il primo vino è bellissimo: è l’innamoramento. Ma non dura fino alla fine: deve venire un secondo vino, cioè deve fermentare e crescere, maturare. Un amore definitivo che diventi realmente «secondo vino» è più bello, migliore del primo vino. E questo dobbiamo cercare. E qui è importante anche che l’io non sia isolato, l’io e il tu, ma che sia coinvolta anche la comunità della parrocchia, la Chiesa, gli amici. Questo, tutta la personalizzazione giusta, la comunione di vita con altri, con famiglie che si appoggiano l’una all’altra, è molto importante e solo così, in questo coinvolgimento della comunità, degli amici, della Chiesa, della fede, di Dio stesso, cresce un vino che va per sempre. Auguri a voi! Famiglia Paleologos dalla Grecia Nikos – Kalispera! Siamo la famiglia Paleologos. Veniamo da Atene. Mi chiamo Nikos e lei è mia moglie Pania. E loro sono i nostri due figli, Pavlos e Lydia. Anni fa con altri due soci, investendo tutto ciò che avevamo, abbiamo avviato una piccola società di informatica. Al sopravvenire dell’attuale durissima crisi, i clienti sono drasticamente diminuiti e quelli rimasti dilazionano sempre più i pagamenti. Riusciamo a malapena a pagare gli stipendi dei due dipendenti, e a noi soci rimane pochissimo: così che, per mantenere le nostre famiglie, ogni giorno resta sempre meno. La nostra situazione è una fra milioni di altre. In città la gente gira a testa bassa; nessuno ha più fiducia di nessuno, manca la speranza. Pania – Anche noi, pur continuando a credere nella provvidenza, facciamo fatica a pensare ad un futuro per i nostri figli. Ci sono giorni e notti, Santo Padre, nei quali viene da chiedersi come fare a non perdere la speranza. Cosa può dire la Chiesa a tutta questa gente, a queste persone e famiglie senza più prospettive? Cari amici, grazie per questa testimonianza che ha colpito il mio cuore e il cuore di noi tutti. Che cosa possiamo rispondere? Foto: AP/LaPresse Fara – I modelli familiari che dominano l’Occidente non ci convincono, ma siamo consci che anche molti tradizionalismi della nostra Africa vadano in qualche modo superati. Ci sentiamo fatti l’uno per l’altro; per questo vogliamo sposarci e costruire un futuro insieme. Vogliamo anche che ogni aspetto della nostra vita sia orientato dai valori del Vangelo. Ma parlando di matrimonio, Santità, c’è una parola che più d’ogni altra ci attrae e allo stesso tempo ci spaventa: il “per sempre”… Foto: AP/LaPresse Le parole sono insufficienti. Dovremmo fare qualcosa di concreto e tutti soffriamo del fatto che siamo incapaci di fare qualcosa di concreto. Parliamo prima della politica: mi sembra che dovrebbe crescere il senso della responsabilità in tutti i partiti, che non promettano cose che non possono realizzare, che non cerchino solo voti per sé, ma siano responsabili per il bene di tutti e che si capisca che politica è sempre anche responsabilità umana, morale davanti a Dio e agli uomini. Poi, naturalmente, i singoli soffrono e devono accettare, spesso senza possibilità di difendersi, la situazione com’è. Tuttavia, possiamo anche qui dire: cerchiamo che ognuno faccia il suo possibile, pensi a sé, alla famiglia, agli altri, con grande senso di responsabilità, sapendo che i sacrifici sono necessari per andare avanti. Terzo punto: che cosa possiamo fare noi? Questa è la mia questione, in questo momento. Io penso che forse gemellaggi tra città, tra famiglie, tra parrocchie, potrebbero aiutare. Noi abbiamo in Europa, adesso, una rete di gemellaggi, ma sono scambi culturali, certo molto buoni e molto utili, ma forse ci vogliono gemellaggi in altro senso: che realmente una famiglia dell’Occidente, dell’Italia, della Germania, della Francia… assuma la responsabilità di aiutare un’altra famiglia. Così anche le parrocchie, le città: che realmente assumano responsabilità, aiutino in senso concreto. E siate sicuri: io e tanti altri preghiamo per voi, e questo pregare non è solo dire parole, ma apre il cuore a Dio e così crea anche creatività nel trovare soluzioni. Speriamo che il Signore ci aiuti, che il Signore vi aiuti sempre! Grazie. Famiglia Rerrie dagli Stati Uniti Jay – Viviamo vicino a New York. Mi chiamo Jay, sono di origine giamaicana e faccio il contabile. Lei è mia moglie Anna ed è insegnante di sostegno. E questi sono i nostri sei figli, che hanno dai 2 ai 12 anni. Da qui può ben immaginare, Santità, che la nostra vita, è fatta di perenni corse contro il tempo, di affanni, di incastri molto complicati… Anche da noi, negli Stati Uniti, una delle priorità assolute è mantenere il posto di lavoro, e per farlo non bisogna badare agli orari, e spesso a rimetterci sono proprio le relazioni famigliari. Anna – Certo non sempre è facile… L’impressione è che le istituzioni e le imprese non facilitano la conciliazione dei tempi di lavoro coi tempi della famiglia. Santità, immaginiamo che anche per lei non sia facile conciliare i suoi infiniti impegni con il riposo. Ha qualche consiglio per aiutarci a ritrovare la necessaria armonia? Nel vortice di tanti stimoli imposti dalla società contemporanea, come aiutare le famiglie a vivere la festa secondo il cuore di Dio? Grande questione, e penso di capire questo dilemma tra due priorità: la priorità del posto di lavoro è fondamentale, e la priorità della famiglia. E come riconciliare le due priorità. Posso solo cercare di dare qualche consiglio. Il primo punto: ci sono imprese che permettono quasi qualche extra per le famiglie – il giorno del compleanno, eccetera – e vedono che concedere un po’ di libertà, alla fine va bene anche per l’impresa, perché rafforza l’amore per il lavoro, per il posto di lavoro. Quindi, vorrei qui invitare i datori di lavoro a pensare alla famiglia, a pensare anche ad aiutare affinché le due priorità possano essere conciliate. Secondo punto: mi sembra che si debba naturalmente cercare una certa creatività, e questo non è sempre facile. Ma almeno, ogni giorno portare qualche elemento di gioia nella famiglia, di attenzione, qualche rinuncia alla propria volontà per essere insieme famiglia, e di accettare e superare le notti, le oscurità delle quali si è parlato anche prima, e pensare a questo grande bene che è la famiglia e così, anche nella grande premura di dare qualcosa di buono ogni giorno, trovare una riconciliazione delle due priorità. E finalmente, c’è la domenica, la festa: spero che sia osservata in America, la domenica. Mi sembra molto importante la domenica, giorno del Signore e, proprio in quanto tale, anche “giorno dell’uomo”, perché siamo liberi. Questa era, nel racconto della Creazione, l’intenzione originale del Creatore: che un giorno tutti siano liberi. In questa libertà dell’uno per l’altro, per se stessi, si è liberi per Dio. E così penso che difendiamo la libertà dell’uomo, difendendo la domenica e le feste come giorni di Dio e così giorni per l’uomo. Auguri a voi! Grazie. Famiglia Araujo dal Brasile Maria Marta – Santità, come nel resto del mondo, anche nel nostro Brasile i fallimenti matrimoniali continuano ad aumentare. Mi chiamo Maria Marta, lui è Manoel Angelo. Siamo sposati da 34 anni e siamo già nonni. In qualità di medico e psicoterapeuta familiare incontriamo tante famiglie, notando nei conflitti di coppia una più marcata difficoltà a perdonare e ad accettare il perdono, ma in diversi casi abbiamo riscontrato il desiderio di costruire una nuova unione, qualcosa di duraturo, anche per i figli che nascono dalla nuova unione. Manoel Angelo – Alcune di queste coppie di risposati vorrebbero riavvicinarsi alla Chiesa, ma quando si vedono rifiutare i Sacramenti la loro delusione è grande. Si sentono esclusi, marchiati da un giudizio inappellabile. Queste grandi sofferenze feriscono nel profondo chi ne è coinvolto; lacerazioni che divengono anche parte del mondo, e sono ferite anche nostre, dell’umanità tutta. Santo Padre, sappiamo che queste persone stanno molto a cuore alla Chiesa: quali parole e quali segni di speranza possiamo dare loro? Cari amici, grazie per il vostro lavoro di psicoterapeuti per le famiglie, molto necessario. Grazie per tutto quello che fate per queste persone sofferenti. In realtà, questo problema dei divorziati risposati è una delle grandi sofferenze della Chiesa di oggi. E non abbiamo semplici ricette. La sofferenza è grande e possiamo solo aiutare le parrocchie, i singoli ad aiutare queste persone a sopportare la sofferenza di questo divorzio. Io direi che molto importante sarebbe, naturalmente, la prevenzione, cioè approfondire fin dall’inizio l’innamoramento in una decisione profonda, maturata; inoltre, l’accompagnamento durante il matrimonio, affinché le famiglie non siano mai sole ma siano realmente accompagnate nel loro cammino. E poi, quanto a queste persone, dobbiamo dire – come lei ha detto – che la Chiesa le ama, ma esse devono vedere e sentire questo amore. Mi sembra un grande compito di una parrocchia, di una comunità cattolica, di fare realmente il possibile perché esse sentano di essere amate, accettate, che non sono «fuori» anche se non possono ricevere l’assoluzione e l’Eucaristia: devono vedere che anche così vivono pienamente nella Chiesa. Forse, se non è possibile l’assoluzione nella Confessione, tuttavia un contatto permanente con un sacerdote, con una guida dell’anima, è molto importante perché possano vedere che sono accompagnati, guidati. Poi è anche molto importante che sentano che l’Eucaristia è vera e partecipata se realmente entrano in comunione con il Corpo di Cristo. Anche senza la ricezione «corporale» del Sacramento, possiamo essere spiritualmente uniti a Cristo nel suo Corpo. Far capire questo è importante. Che realmente trovino la possibilità di vivere una vita di fede, con la Parola di Dio, con la comunione della Chiesa e possano vedere che la loro sofferenza è un dono per la Chiesa, perché servono così a tutti anche per difendere la stabilità dell’amore, del Matrimonio; e che questa sofferenza non è solo un tormento fisico e psichico, ma è anche un soffrire nella comunità della Chiesa per i grandi valori della nostra fede. Penso che la loro sofferenza, se realmente interiormente accettata, sia un dono per la Chiesa. Devono saperlo, che proprio così servono la Chiesa, sono nel cuore della Chiesa. Grazie per il vostro impegno. n GLI ULTIMI SARANNO I PRIMI IL PARROCO DI ROVERETO SULLA SECCHIA Il gesto di don Ivan Martini di Marina Corradi L 4 giugno. A Quartirolo, frazione di Carpi, stamattina era annunciato il funerale di don Ivan Martini, parroco di Santa Caterina a Rovereto sulla Secchia, morto mentre nella chiesa incrinata cercava di recuperare una Madonna cara alla sua gente. Avrei voluto esserci, al funerale di quel prete. Ho guardato a lungo la sua faccia, nelle foto. Un sorriso da buono. Rughe tracciate dal continuo incontro e scontro e abbraccio con la vita degli uomini, così come si affaccia a una canonica nella grande pianura. Dove d’estate l’afa soffoca il respiro, e d’inverno la nebbia confonde l’orizzonte, e trasfigura le cose. Dove la terra sembrava così mansueta. La chiesa di Santa Caterina era piccola, di colore rosa. Mi immagino la pace della sua piazza, prima dell’urlo del terremoto, in questi giorni di primavera; l’ombra fresca delle navate, e il campanile dritto sopra le case, come di vedetta. Il pedalare lento della gente in bicicletta su questa terra piatta come un mare in bonaccia; e quei battenti di chiesa ogni mattina Perché tornare in una chiesa spezzata, sotto spalancati – porto, madre, in cui chiunque si poteva rifugiare. E, in canonica, alle crepe nere e maligne delle volte, per una benedire chi nasce e chi muore, e statua della Madonna? È che nei piccoli paesi, per per accogliere, c’era sempre quel prete; ancora, quelle Madonne in un altare laterale, volto, per tutti, di misericordia. Perché tornare in una chiesa spezzalì da trecento anni, sono come persone ta, sotto alle crepe nere e maligne delle volte, per una statua della Madonna? È che nei piccoli paesi, ancora, quelle Madonne in un altare laterale, lì da trecento anni, sono come persone. Sai che ci andava tua nonna ogni mattina, e già sua madre, prima. Quando c’era un figlio malato quella Madonna veniva implorata da tutta la famiglia. Perfino il nonno miscredente, quasi di nascosto, scuro in volto, si affacciava, borbottando fra sé, fra i denti: «Se davvero tu esisti, ti prego, aiutaci». Ci sono una cinquantina di chilometri tra Rovereto sulla Secchia e i posti del don Camillo di Guareschi. Ma il gesto del prete che va a riprendere ciò che ha di più caro nella chiesa infranta sa di Mondo piccolo, del don Camillo che parla al Crocefisso come all’amico più caro; ora domandando, ora protestando, ora litigando, nel ribollio del sangue emiliano. Il sacerdote che muore sotto le macerie della chiesa, come somiglia al don Camillo che nell’alluvione resta, solo, a presidiare la sua pieve; a pregare sulla distesa opaca dell’acqua per dire alla sua gente: qui c’è la vostra casa, qui voi tornerete. Preti così sono Chiesa incarnata, sono il volto caro e oscuro dietro cui il nostro Dio ama abitare. E dunque avrei voluto essere a Quartirolo a salutare don Ivan, stamane. Accanto al dolore dei suoi amici, che, lo so, era percorso tuttavia da una certezza, quasi da una fierezza: questa fine, questo corpo inerte sono solo, della morte, l’arrogante apparenza. Ben altra, e infinita è la promessa; così che si è certi di rivedersi, come del grano che qui matura a giugno, alto, del colore dell’oro. Anche se sembravano così annientati i campi, a novembre; e assurdo, o quasi folle, su quelle zolle nere e gelate attendere una resurrezione. 66 | 13 giugno 2012 | | unedì DIARIO