Sfoglia il Settimanale

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Poste italiane spa - spedizione in a. p. D.L. 353/03 (conv. L. 46/04) art. 1 comma 1, ne/Vr
anno 22 | numero 33/34 | 31 aGoSTo 2016 |  2,00
Tu sei un bene
per noi
SPECIALE MEETING Sada, 5 anni, epilettica, vive nel campo profughi di Erbil
(Kurdistan) dopo essere sfuggita all’Isis. Paghiamole i medicinali per un anno
EDITORIALE
pERché sIAmO pER IL “nO”
La Carta va cambiata, ma non così.
Fuori l’elefante dalla cristalleria
p
oiché non siamo fra quelli che ritengono la nostra «la Costituzione più bella del mondo», né siamo tra coloro che la reputano un testo sacro intangibile e immodificabile, che essa possa essere cambiata ci pare una delle opzioni possibili e, non ve lo
nascondiamo, pure auspicabili. La riforma Renzi-Boschi, come cerchiamo di illustrarvi
sulle pagine che tenete in mano, va però nella direzione opposta a quella da noi auspicata: anziché delegare, decentrare, mostrare fiducia nell’iniziativa altrui, tende ad accentrare, controllare, ingabbiare (lasciando, tra l’altro, immutati i privilegi delle Regioni a
statuto speciale che, quelle sì, andrebbero ripensate). In più, non fa risparmiare quel che
promette, né rende così rapidi i processi decisionali, come invece ci raccontano. Insomma, noi siamo dove siamo sempre stati: ci vuole più federalismo (fino a quello fiscale),
più sussidiarietà orizzontale e verticale, più fiducia nelle iniziative della società e meno
Stato, questo pachiderma che va fatto uscire dalla cristalleria e limitato nel pur fondamentale ruolo di garante e controllore. Lo sappiamo cosa state pensando, ed è anche un
nostro cruccio: se vince il “no”, sarà l’ennesimo “no” di questa Italia che non riesce mai
a cambiare. È vero. C’è una parte del paese – che è quella rappresentata dai vari Rodotà e
Zagrebelsky, sindacati e sinistra non riformista – che è perennemente ferma a difesa dello status quo, perché lo status quo sono loro, e
i loro interessi. Ma fatta così come è fatta, que- AnzIché DEcEnTRARE,
sta riforma costituzionale, aggravata da una LA RIfORmA REnzI-bOschI
legge elettorale che peggiora ancor più la situazione, ci spinge a essere per il “no”. Biso- TEnDE AD AccEnTRARE.
gna far uscire l’elefante dalla cristalleria, non E nOn fA RIspARmIARE
far entrare il secondo.
né TEmpO né sOLDI
pOLITIcA InTERnAzIOnALE E bLuff
Con il consumato mercante Erdogan
occorre trattare come si fa nei suk
I
l summit fra Erdogan e Putin del 9 agosto permette di cogliere il senso di tre eventi che l’hanno preceduto: le minacce, esternate all’indomani del fallito golpe del 19
luglio, del segretario di Stato americano Kerry di sospendere la Turchia dalla Nato
se la repressione avesse continuato a violare lo Stato di diritto; l’insistenza della Turchia
nell’accusare gli Usa di slealtà per non voler consegnare alle autorità di Ankara il predicatore islamista Fethullah Gülen; il rifiuto turco di ammorbidire le leggi contro il terrorismo in cambio della liberalizzazione dei visti per i suoi cittadini che vogliono viaggiare
nei paesi della Ue. Il rispetto scrupoloso della democrazia non è mai stato un requisito indispensabile per l’affiliazione alla Nato: non era democratico il Portogallo di Salazar, uno
dei paesi fondatori dell’alleanza, e non lo sono stati per lunghi periodi Grecia e Turchia
governate da regimi militari. Lo diventa, strumentalmente, nel momento in cui gli Usa si
accorgono che Erdogan gioca con la loro pazienza per piegare l’alleanza ai suoi disegni.
Dicasi lo stesso degli europei: le leggi antiterrorismo della Turchia di Erdogan sono sempre state uno scandalo, ma diventano un casus belli solo adesso che gli europei hanno finalmente capito che Ankara non vuole integrarsi nella Ue, ma farne il trampolino della
sua politica di potenza nazionale. Da consumato
mercante, Erdogan offre la sua merce contempocOL pREsIDEnTE TuRcO
raneamente a tre acquirenti per alzare il prezzo
bIsOgnA snObbARE LA
al massimo. Ma i tre interlocutori hanno capito il
mERcE fInché IL pREzzO
bluff. Con lui bisogna fare quello che si fa in tutti
nOn scEnDE DELLA mETà.
i suk: snobbare la merce finché il prezzo non scencOsì DA RIbALTARE
de della metà. È l’unico modo per ribaltare i rapporti di forza.
I RAppORTI DI fORzA
L’ASCIA NEL CUORE
Muretti
censurati
«In Europa, In a mErIca, in America Latina, in Africa, in alcuni Paesi
dell’Asia, ci sono vere colonizzazioni
ideologiche. E una di queste – lo dico chiaramente con nome e cognome
– è il “gender”! Oggi ai bambini – ai
bambini! – a scuola si insegna questo: che il sesso ognuno lo può scegliere. E perché insegnano questo? Perché
i libri sono quelli delle persone e delle
istituzioni che ti danno i soldi. Sono
le colonizzazioni ideologiche, sostenute anche da paesi molto influenti. E
questo è terribile. Parlando con papa
Benedetto, che sta bene e ha un pensiero chiaro, mi diceva: “Santità, questa è l’epoca del peccato contro Dio
Creatore!”. È intelligente! Dio ha creato l’uomo e la donna; Dio ha creato
il mondo così, così, così… e noi stiamo
facendo il contrario. Dio ci ha dato
uno stato “incolto”, perché noi lo facessimo diventare cultura; e poi, con
questa cultura, facciamo cose che ci
riportano allo stato “incolto”! Quello
che ha detto papa Benedetto dobbiamo pensarlo: “È l’epoca del peccato
contro Dio Creatore!”». Queste parole sono state pronunciate il 27 luglio
2016 alle recente Giornata Mondiale
della Gioventù, a Cracovia, Polonia,
durante un incontro a porte chiuse
con i vescovi del paese. Poiché non è
la prima volta che interviene sul tema, poiché già altre volte ha definito il gender una «colonizzazione ideologica che distrugge la famiglia»,
ci si chiede qui come mai i nostri
quotidiani e tv facciano così fatica
a renderne conto ai loro lettori e telespettatori. In fondo, chi sono loro
per censurare?
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SOMMARIO
10 PRIMALINEA COREA DEL NORD. DAL REGIME ALLA FEDE | GROTTI
N.
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IN EDICOLA DAL 18
AL 31 AGOSTO 2016
Poste italiane spa - spedizione in a. p. D.L. 353/03 (conv. L. 46/04) art. 1 comma 1, ne/Vr
anno 22 | numero 33/34 | 31 aGoSTo 2016 |  2,00
Tu sei un bene
per noi
SPECIALE MEETING Sada, 5 anni, epilettica, vive nel campo profughi di Erbil
(Kurdistan) dopo essere sfuggita all’Isis. Paghiamole i medicinali per un anno
18 COPERTINA SADA HA BISOGNO DI NOI | CASADEI
CULTURA
Uomini fondati sul lavoro
Parla il sociologo Bellini
Caterina Giojelli ...................50
LA SETTIMANA
Il santino ambulante
Luigi Amicone ................................7
26 MEETING SERIE RAGIONI PER IL “NO”
ALLA RIFORMA BOSCHI-RENZI
Foglietto
Alfredo Mantovano.......... 8
Boris Godunov
Renato Farina.............................17
Consequentia rerum
P. G. Ghirardini ...................... 39
Vostro onore mi oppongo
Maurizio Tortorella.....45
Mamma Oca
Annalena Valenti .............. 55
Lettere dalla fine
del mondo
Aldo Trento ...................................58
46 CULTURA STARK CONTRO I MITI ANTICATTOLICI
Sport über alles
Fred Perri.......................................... 60
Cartolina dal Paradiso
Pippo Corigliano ................. 57
Appunti
Marina Corradi ...................... 62
RUBRICHE
Stili di vita ..........................................54
Lettere a Tempi ...................... 56
40 INTERNI APPENDINO, L’ANTISISTEMA
DEL SISTEMA | MARGRITA
Foto: Ansa
In copertina: foto Bnar Sardar per FOCSIV
iL santino
ambuLante
biLanci e pensieri improvvisi
Oggi sappiamo questo:
vivere non inutilmente
comporta un prezzo
|
di Luigi amicone
L
asciandoci liberamente ispirare dal 21esimo anniversario della presentazione del pri-
mo numero di questo giornale al Meeting di Rimini (29 agosto 1995), sovviene a
chi scrive l’immagine della presidentessa Emilia Guarnieri vestita in grazioso vestito di raso rosso, “timbrato” in giallo dalla vernice fresca del grande squalo di Tempi
pure, viceversa, ma con identico risultato,
dipinto da Marco Cirnigliaro; affresco a cui la signora si era incautamente appoggiata.
Non è niente, naturalmente, in confronto all’“incidente” che occorse nel dicembre dal trovare stretta e antipatica la compadi quello stesso anno all’uomo che, in un articolo del Corriere della Sera dell’8 agosto gnia con il fronte del “No” degli Zagrebelscorso, è stato giustamente ricordato come il principale capostipite dell’integralismo sky. Detto ciò, se il più convincente risulislamico in Europa, primo imam della moschea di viale Jenner a Milano e grande orga- ta essere il “No” dell’ex presidente della
nizzatore di comitive di combattenti islamici in Bosnia. Si chiamava Anwar Shaaban Commissione per il federalismo Luca Aned era un emiro di ascendenza wahabita col quale chi scrive e Gian Micalessin aveva- tonini, il più sorprendente è quello di
no stabilito un contatto per tentare di trovare finanziamenti al progetto di insediare Alessandro Mangia, ordinario di Diritto
nella Sarajevo assediata e martoriata durante la guerra dei Balcani una piccola reda- costituzionale e preside di Giurisprudenzione giornalistica che fungesse da “antenna” di informazione indipendente. Organiz- za in Cattolica. Il quale, lemme lemme,
zammo un incontro in via Copernico tra l’emiro, alcuni suoi collaboratori e l’allora nella casa del professor Vittadini disegna
astro della politica internazionale Roberto Formigoni, l’uomo che nel ’91 aveva guida- un Renzi come testa di legno inventata
to l’opposizione politica italiana alla prima guerra di Bush Sr. in Iraq e che l’anno pre- dai grandi poteri internazionali dopo due
tentativi (Monti e Letta)
cedente era riuscito a convincere Saddam
andati a vuoto. E definiHussein a rilasciargli personalmente 450 possiamo dire che, comunque vada,
sce la riforma costituzio“scudi umani” europei, 250 dei quali ita- abbiamo vissuto bene perché abbiamo
nale l’ultimo tassello del
liani, trattenuti in ostaggio a Baghdad. Il
vissuto. mai neLL’abbondanza, sempre “golpe di Tangentopoli”.
progetto Sarajevo andò poi in fumo. Sia
Ecco, a sentir oggi definiperché intervennero ostacoli personali, neLLa Libertà, cioè neL costante
re da cotanta autorità e
sia perché i nostri interlocutori si fecero vagLio di ciò che corrisponde
scienza quella di Tangenuccel di bosco. Per ricomparire, un anno aL comune umano sentire
topoli la stagione di un
dopo, nella laconica notizia che li dava
per morti al confine tra Croazia e Bosnia, sua religione, il suo status sociale. A que- “golpe”, quando ancora oggi un Ferruccaduti in un’imboscata mentre viaggiava- sto criterio abbiamo sacrificato la vita (si cio de Bortoli mena il can per l’aia della
può cominciare a dirlo allo scoccare dei 60 “trasparenza dei partiti”, la mia personano alla volta di Sarajevo.
Non so per quale ragione mi siano ve- anni) e oggi possiamo già dire che, comun- le esperienza elementare gongola. Perché
nuti in mente questi due aneddoti infini- que vada, abbiamo vissuto bene perché ab- da Tempi (e dal Foglio), noi capimmo subitesimali rispetto alla grande Storia e alle biamo vissuto. Mai nell’abbondanza, sem- to che Di Pietro era un garzone mandato a
vicende di questo giornale. Ma so che vi- pre nella libertà, cioè nel costante vaglio ritirare i crediti e il pool una storia politivere, cercando di non vivere inutilmente, di ciò che corrisponde all’umano sentire.
ca ex-neo-post Pci che, finita con Gherardo
Tutto questo per dire, ad esempio, Colombo, è esplosa con la pura e semplice
comporta un prezzo: il prezzo della fedeltà al criterio di ciò che don Luigi Giussa- che dopo aver letto attentamente l’otti- egemonia politica del partito unico dei fani ci ha insegnato essere l’esperienza ele- mo opuscolo della Fondazione per la Sus- scicoli ad alta discrezionalità e delle senmentare. Cioè quel fascio di esigenze ed sidiarietà sulla riforma costituzionale tar- tenze di fantastica fantasiosità.
evidenze originali – quali giustizia, bellez- gata Matteo Renzi, è difficile trovare delle
Ma insomma, volevo dire che il criteza, verità – che costituiscono la stoffa, la buone ragioni al “Sì” che non siano detta- rio giussaniano è vero quanto è vero che
natura, il cuore dell’essere umano di ogni te dall’adesione alla personalità allegra e per tanto cristianesimo odierno ci sarebbe
tempo, qualunque sia la sua cultura, la simpatica del nostro giovane premier. Op- da farsi turchi, musulmani.
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fOgLIETTO
UOMINI ARMATI A SAINTE-RITA. E NON ERANO JIHADISTI
Se non lo farà il califfo,
saremo noi a buttare giù
le nostre chiese
DI ALfREDO MANTOvANO
T
re agosto 2016, appena otto giorni
dopo la terribile esecuzione di padre Jacques Hamel al termine della Messa nella chiesa di Saint-Étienne.
Ancora una Messa, ma stavolta la chiesa
è Sainte-Rita a Parigi. Anche qui entrano
degli uomini armati: non sono terroristi
che si richiamano all’Isis, sono poliziotti
in tenuta antisommossa. Non invocano
Allah, agiscono secondo la legge. Non tagliano la gola al celebrante o a qualcuno dei fedeli,
LO SgOMbERO fORzATO A PARIgI DI UNA
“si limitano” a interromcHIESA DESTINATA AD ESSERE DEMOLITA
pere il rito. Trascinano
PER fAR POSTO A UN PARcHEggIO È TROPPO
di forza i sacerdoti con i
vIcINO ALL’OMIcIDIO DI PADRE HAMEL
paramenti sacri e i fedeli
fuori dall’edificio. In ItaPER NON cOgLIERvI DOLOROSE ANALOgIE
lia ne dà notizia per prima l’agenzia Zenit. L’iter amministrativo francese. Ma le due vicende sono troppo viè formalmente corretto: nel 2000 l’asso- cine nel tempo, entrambe dolorose, se puciazione belga “Les Chapelles Catholiques re a diverso titolo e con differente intensiet Apostoliques”, proprietaria della chie- tà, per non coglierne le analogie:
sa, l’aveva messa in vendita. Dieci anni dopo si accerta che la cessione può avere cor- 1. vicino Rouen due giovani sciagurati moso, mancando vincoli ostativi, e l’acquista strano – né da primi né da ultimi – che la
la società immobiliare Garibaldi: quest’ul- follia in nome di Allah arriva a togliere la
tima – non fosse mai che non onori la vita a innocenti, e sceglie di farlo al culmisua gloriosa denominazione! – ne decide ne del Sacrificio dell’Innocente. A Parigi
la demolizione per costruire al suo posto uomini che hanno il compito di tutelare
un parcheggio. La resistenza dei fedeli, e la sicurezza di tutti mostrano – pur essi né
con loro dei sacerdoti, riesce a far spostare da primi né da ultimi – che la follia in nol’esecuzione di qualche mese, ma nel gior- me del popolo francese arriva a non teneno dell’Epifania 2016 il tribunale ammini- re in alcun conto il medesimo Sacrificio;
strativo di Parigi conferma che l’accordo
va rispettato e la chiesa rasa al suolo. L’in- 2. a St.-Étienne il messaggio di morte è che
tervento delle forze dell’ordine è solo l’ul- la Chiesa è un obiettivo, per lo meno fino a
quando ne resterà qualcuna aperta. A Paritimo anello di una lunga catena.
Conosco bene la differenza tra chi uc- gi il messaggio amaro è che i terroristi socide in chiesa applicando l’ordine del ver- no solo impazienti: se attendessero – nemtice Isis e chi, in divisa, sgombera una meno tanto – sarebbero i popoli una volta
chiesa eseguendo l’ordine di un giudice cristiani e chi li rappresenta a passare lo-
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ro stessi le ruspe sulle proprie chiese. Un
po’ come i capitalisti che, secondo Lenin,
avrebbero fabbricato le corde alle quali sarebbero stati impiccati dai comunisti;
3. la reazione dopo l’uccisione di padre
Jacques è apparsa proporzionata alla gravità di quanto accaduto. Perché “è apparsa”? Perché sono bastati pochi giorni per
archiviare un atto così mostruoso, mentre la reazione allo sgombero di Sainte-Rita a Parigi praticamente è mancata;
4. non vi è reazione di fronte alla enorme
sequela di preti, religiosi e fedeli in Cristo, ogni anno uccisi selvaggiamente perché cristiani in ogni luogo del mondo: se
si mostra attenzione alla persecuzione solo quando avviene a casa nostra, vuol dire
che essa nella realtà non c’è. Se oggi la persecuzione è arrivata senza ostacoli nel cuore dell’Europa con modalità così simbolicamente crudeli è perché ha potuto agire
nella quasi totale indifferenza dell’Europa
e dell’Occidente quando si è scatenata in
Siria, in Iraq, in Nigeria, in Pakistan, in Cina… Ma pure perché non si coglie il profilo
persecutorio che passa da leggi e sentenze
in virtù delle quali in Francia, in Europa,
in Occidente, si processano vescovi perché ricordano le verità di fede e si spianano chiese per fare al loro posto dei garage.
Rileggiamo Solzenicyn: «Ci viene tolto
ciò che abbiamo di più prezioso: la nostra
vita interiore. All’Est è il bazar del Partito a calpestarla, all’Ovest la fiera del commercio». Nel profetico discorso di Harvard del 1978 forse va cambiato il termine
“Partito”. Il resto vale più oggi di quando
fu pronunciato.
Foto: Église Sainte-Rita De Paris - Facebook
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fuori dalle catacombe
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DI LeoNe groTTI
Foto: Ansa/AP Exchange
Ti chiamerai
Pietro
Tre neo battezzati nordcoreani raccontano
il loro passato e la loro conversione.
L’educazione atea, le violenze del regime,
la fuga e i primi contatti coi cattolici.
«Non sapevo nemmeno che esistesse Dio».
Sono loro, oggi, la speranza per il loro paese
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fuori dalle catacombe PRIMALINEA
Un momento
del battesimo
di 60 nordcoreani
il 18 giugno nella
chiesa in Banpo
4-dong a Seul
PAdRE LEE hA UsAto ANchE UN LINgUAggIo MILItARE:
«sE vENItE bAttEzzAtI, voI APPARtERREtE AL PARtIto
cAttoLIco E NoN PIù AL PARtIto coMUNIstA!»
no neanche mai sentito parlare, educate
per tutta la vita all’oblio e alla fede cieca in una divinità terrena? Padre Lee, che
fin dall’ottobre scorso ha insegnato catechismo ai sessanta nordcoreani una volta
a settimana, ha usato anche il linguaggio
politico e militare a loro così tristemente
consono: «Se venite battezzati, voi apparterrete al partito cattolico e non più al
partito comunista!».
Y
Kim aveva 25 anni
quando è scappata dalla
Corea del Nord, nel 1998.
Sotto il regime stalinista
dei Kim faceva il poliziotto, ma dopo la morte del
padre, un uomo ben inserito nei gangli
del potere comunista, e la grave malattia che ha colpito la madre, direttrice
di ospedale, anche lei ha lasciato il suo
posto per darsi al contrabbando. Era l’unico modo per far sopravvivere la famiglia.
Quando il regime l’ha arrestata, solo le
ottime e vaste relazioni della madre con
le persone che contano le hanno permesso di essere rilasciata. Non potendo più
vivere nel paese, come tanti altri è scappata attraversando il fiume Tumen, confine naturale tra Pyongyang e Pechino, ed
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oung-ae
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è approdata in Cina. È qui che, per la prima volta, ha sentito un discorso strano,
una parola nuova, un concetto rivoluzionario: «Lo sai che esiste un essere chiamato Dio?». Young-ae non ne aveva mai sentito parlare: «Non sapevo che esistesse qualcosa chiamata Dio».
In Corea del Nord, sebbene la Costituzione garantisca a tutti i cittadini il
rispetto della libertà religiosa, non c’è
spazio per un culto diverso da quello di
Kim Il-sung, padre della patria, “Eterno
presidente” e nonno dell’attuale dittatore Kim Jong-un. «Mio padre – racconta a Tempi – era un segretario del partito comunista e mia madre direttrice di
un ospedale statale. Sono cresciuta in
una famiglia comunista fervente fino al
midollo. Non ho mai avuto neanche l’oc-
casione di sapere dell’esistenza di altre
religioni o pensieri al di fuori del comunismo». Del resto, «nella società nordcoreana, fin dai primi anni noi siamo stati educati e indottrinati con il culto della famiglia Kim. Ecco perché non c’è posto per
Dio». Così, quando in Cina ha sentito parlare di un certo Gesù, figlio di Dio, morto
in croce per la salvezza di tutti gli uomini, «ho pensato che non mi riguardasse».
Quando ha finalmente completato la sua
fuga, arrivando in Corea del Sud, l’incontro con padre Raymond Lee le ha fatto
cambiare idea. Oggi Young-ae Kim ha 43
anni e il 18 giugno si è fatta battezzare
cattolica con il nome di Maria.
Quello stesso sabato, in un’affollata
chiesa moderna in Banpo 4-dong, nella
capitale Seul, altri 59 nordcoreani scap-
pati dal regime come lei si sono fatti battezzare da padre Lee e si sono uniti alla
Chiesa cattolica. In tre hanno accettato di
raccontare la loro storia a Tempi, a condizione di omettere molti dettagli che
potrebbero mettere a repentaglio la loro
incolumità. Il battesimo di sessanta persone è un evento raro a Seul, a maggior
ragione se sono nordcoreani e se tra di
loro, come affermato da padre Lee durante l’omelia, «ci sono persone che sono state chiuse in carcere; qualcuno è anche
stato costretto a guardare i genitori mentre venivano giustiziati. Avete passato difficoltà di ogni tipo e avete un grande bisogno di amore. Io vi auguro il meglio ora
che siete rinati nell’amore di Dio. Prego
per la vostra felicità». Ma come si può far
conoscere Dio a persone che non ne han-
«Una comunità che vive insieme»
Keum-ho Yoo, 43 anni, battezzato Pietro,
comprende bene questo linguaggio. In
Corea del Nord era un soldato e come gli
altri «non credevo in Dio perché non avevo la minima idea che esistesse un Dio».
In famiglia e a scuola ha ricevuto una
rigida educazione atea e nel suo paese,
dal quale è scappato nel 1998 a 25 anni
perché «stufo del regime», non ha mai
incontrato un cristiano. Solo una cosa
sapeva riguardo alla religione: «Chi crede in una religione può essere fucilato».
Anche lui ha sentito parlare di Gesù
per la prima volta in Cina da un pastore protestante sudcoreano. Questo strano Dio però non ha mai riscontrato il suo
interesse fino a quando non l’ha aiutato:
«Sono scappato tre volte dalla Corea del
Nord. Le prime due volte ho fallito, sono
stato scoperto in Cina e rimpatriato», dice
a Tempi. «Ero davvero scoraggiato, così la
terza volta ho pensato di pregare. Non
l’avevo mai fatto prima e incredibilmente
il mio tentativo di fuga è riuscito. È merito di Dio se sono riuscito a scappare, questo è il motivo per cui mi sono convertito
al cattolicesimo».
La strada non è stata certo semplice.
«A causa della mia educazione e tradizione, molti concetti mi risultavano ostici.
È stato difficile», continua. Ma più ascoltava il catechismo, più si convinceva che
questa era la strada che faceva per lui. «È
stato un amico a invitarmi la prima volta
in chiesa. La cosa che più mi ha impres-
sionato dei cattolici è che sono una comunità che vive insieme. Questo per me è
davvero bello. Tutta la mia conversione
è stata un cammino di amore che mi ha
portato a Dio e oggi la fede mi permette
di vivere in pace con me stesso e di avere
una speranza nella vita. Spero che anche
il popolo nordcoreano possa un giorno
vivere libero e in pace».
Per ora non si riscontrano segnali
positivi in questo senso. Il dittatore Kim
Jong-un continua a portare avanti una
retorica guerriera, accompagnata da test
nucleari e lanci di missili. E la “battaglia
dei 200 giorni” varata a giugno dal regime per migliorare le prestazioni economiche del paese, rischia di tradursi in
mesi di mobilitazione massacrante per i
cittadini, sia dal punto di vista del lavoro fisico sia da quello dell’impegno ideologico, con sessioni di critica e autocritica fissate ogni giorno anche alle cinque
del mattino.
Il cattolicesimo? Una droga
Un piccolo passo avanti è stato invece fatto per quanto riguarda le relazioni con
la Chiesa cattolica. Dall’1 al 4 dicembre
2015, cinque vescovi e numerosi sacerdoti si sono recati a Pyongyang per parlare con le autorità del paese. Anche se
in Corea del Nord non ci sono più preti,
Open Doors sostiene che i cristiani siano
almeno 400 mila, in aumento, e per Aiuto
alla Chiesa che soffre i cattolici potrebbero raggiungere quota 10 mila su 24 milioni di abitanti.
Padre Agostino Lee, direttore del
Dipartimento per le comunicazioni della Conferenza episcopale coreana, preferisce essere più cauto e, pur premettendo che «non conosco il numero esatto
dei cattolici», cita stime che parlano di
«800 fedeli» per lo più «battezzati dai laici». La delegazione doveva discutere della condizione dell’unica chiesa cattolica
rimasta nel paese: quella di Jangchung,
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pRIMALINEA fuORI dalle catacOmbe
La forza di perdonare
È da questo mondo che nel gennaio del
2014 è scappata Sehyon Ahn, 26 anni,
battezzata Angela. Studentessa, ha attraversato il fiume Tumen «con la speranza
di studiare musica liberamente», spiega a
Tempi. Al contrario degli altri, «pur non
conoscendo Dio, ho sempre creduto nella sua esistenza e ogni tanto l’ho anche
pregato». Dai film e dai libri ha sentito
parlare per la prima volta di Gesù e poi
un amico, conosciuto in Corea del Sud a
Hanawon, centro di sostegno per i rifugiati nordcoreani, «mi ha portato in una
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«LA coNvERsIoNE è stAtA coME uN cAMMINo IN cERcA
dI cAsA MIA. è IMpREssIoNANtE. NoN AvEvo MAI Avuto
IL dEsIdERIo dI sERvIRE gLI ALtRI, oRA sì»
chiesa cattolica, dove ho deciso di convertirmi». La cosa più difficile per lei era
«credere in un Dio invisibile» e solo grazie «all’incontro con padre Lee ho deciso
di abbracciare la fede». Fondamentale per
Angela è stata «la risposta di Dio alle mie
preghiere più sincere e posso dire che la
mia conversione è stata un cammino di
gioia, perché ora sono davvero felice e mi
sento in pace. Incredibilmente, mi sembra che tutto stia andando bene».
Angela, come Pietro, «è stata arrabbiata con Dio e ho chiesto il perché» di tante sofferenze causate da una vita vissuta sotto il pugno di ferro di un regime.
E la vita in Corea del Sud, tra i paesi più
individualisti e tecnologicamente progrediti del mondo, spesso non aiuta perché
«io apprezzo che qui chiunque possa guadagnarsi da vivere e condurre un’esistenza migliore, ma non mi piace l’eccessivo
individualismo ed egoismo». In un luogo così radicalmente diverso dalla Corea
del Nord, Maria ha trovato la sua casa: «La
conversione è stata come un cammino
in cerca di casa mia. Don Lee mi è stato
vicino come un padre e mi ha promesso
che la Chiesa sarebbe stata la mia nuova
casa». Così è stato e l’ex poliziotta del regime ora «è impressionata dalla comunità
di amore che è la Chiesa. Non avevo mai
avuto il desiderio di servire gli altri, ora sì
e questo è il più grande cambiamento che
ha prodotto in me la fede».
Maria Kim, Angela Ahn, Pietro Yoo,
insieme agli altri 57 battezzati, «sono ora
discepoli di Cristo e giocheranno un ruolo fondamentale nella diffusione missionaria del vangelo in Corea del Nord», dice
di loro padre Lee. Nessuno è in grado di
predire quando questo potrà avvenire.
Quando «la Corea del Nord aprirà le porte
e la riunificazione della Corea diventerà
realtà», ammette Angela. «Io spero avvenga presto». Ma quel giorno non ci sarà il
rischio che la rabbia per una giovinezza
rovinata dai crimini di un regime disumano prevalga sulla gioia? «No», risponde la
studentessa. «Perché attraverso la preghiera ho trovato la forza di perdonare».
n
foto: ansa/aP exchange
costruita nel 1988 e ora seriamente danneggiata. Molti la considerano una finta chiesa per illudere i turisti che esista
la libertà religiosa, ma è consacrata. Nessuno vi dice Messa, anche se un laico guida la Liturgia della parola. Un’inchiesta
dell’Onu sulle violazioni dei diritti umani nel paese ha confermato che «chi pratica la religione viene perseguitato come
un criminale» e il cristianesimo «è paragonato alla droga, ai narcotici, al peccato
e all’invasione capitalista». Secondo molti esperti, nei campi di sterminio ancora
oggi aperti, tra le circa 200 mila persone
potrebbero esserci fino a seimila cristiani.
boris
godunov
iL MiLAn doPo PirELLi, Poi ToCCA ALL’iLvA
Il pollaio Italia apre alle volpi
cinesi. In cambio avremo
un piatto di lenticchie?
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di rEnATo fArinA
s
rimini, viva il meeting. Noi russi siamo grati perché sin dagli inizi questa fiera è stata davvero un incontrarsi tra anime profonde. Nessuno ha amato le vibrazioni slave del nostro cuore come don Giussani e padre Scalfi. Ma
oggi Boris arrivando in Romagna vede bandiere gialle (e rosse).
Non parlo della Roma di Totti…
In Italia, citando un film di Bellocchio che per fortuna pochi
hanno visto, è diventato un vezzo popolare dire “la Cina è vicina”. Qualsiasi cosa succeda, torna questa rima facile. Oggi non
è che è vicina: sta proprio mangiando il Bel Paese come se fosse
l’omonimo formaggio. Non è una notizia di colore (giallo), è una
verità economica, politica, sociale. Berlusconi ha dovuto vendere il Milan per serietà verso se stesso e verso la sua passione calcistica. Non era in grado di versarci altre centinaia di milioni di
euro per tirarlo su a livello di Barcellona e Real Madrid o Manchester United e Bayern. Come Moratti per l’Inter, ha venduto al
migliore offerente. Avremmo fatto tutti lo stesso. 740 milioni di
euro sono tanti anche se forse il Cavaliere ce ne ha messi almeno
un miliardo in questi anni. Li butterà dove gli pare, sono suoi:
ville ne ha abbastanza, i figli sono a posto. Cercherà di consolidare Mediaset e di spostarla sul versante delle nuove tecnologie,
in alleanze strategiche con Telecom o Sky? Vedremo.
A Boris qui interessa piuttosto segnalare che, a differenza
di altri investitori restii a mettere piede in Italia e che si accontentano di succhiare miliardi da fuori, con le speculazioni sulle
banche come già un tempo sui titoli di Stato, i cinesi prendono
tutto. Non gli importa che l’Italia sia poco sicura, che la giustizia civile sia lentissima: in questa situazione ci sguazzano felici.
A Prato e nel resto d’Italia spesso sono famiglie cinesi che comprano di tutto, costituendo società che si sciolgono in pochi mesi, non onorando debiti. Questa è la plebe cinese, occupa tutto
a livello elementare, di cose piccole, invadendo le nostre terre
delle loro merci, schiavizzando connazionali consenzienti, protetti dal loro governo. Infatti quando la guardia di finanza e le
varie polizie esplorano e trovano orrori fiscali e sfruttamenti bestiali, in massa i cinesi qui residenti impugnano la bandiera con
la falce e il martello del loro paese, hanno il sostegno dei loro
i torna a
quAndo LA PoLiziA TrovA orrori
fisCALi E sfruTTAMEnTi bEsTiALi,
i CinEsi iMPugnAno in MAssA fALCE E
MArTELLo. hAnno iL sosTEgno dEi Loro
diPLoMATiCi, E LE AuToriTà iTALiAnE
si riTirAno sPAvEnTATE
diplomatici, e autorità e popolo italiani si ritirano spaventati e
lasciano che il giallo (e il rosso con falce e martello) si consolidi
impunito rispetto alle leggi della Repubblica.
Intanto i grandi capitali cinesi, quelli di Stato, si sono aggiudicati la Pirelli, un vero gioiello, si stanno comprando i porti,
come Venezia. Probabilmente avranno anche l’Ilva (scommettiamo) non per produrre acciaio, ma per non farlo più produrre, visto che in Cina ne sfornano anche troppo. Userebbero il
prestigioso marchio per venderlo meglio e togliersi dai piedi la
concorrenza, entrando nel mercato europeo senza rischio di dazi vari preventivabili in futuro.
Uno scambio che non fa crescere
Ora la Cina investe nel calcio in casa sua e nel mondo, perché
senza calcio non si conquista l’anima dei popoli. I miei russi preferiscono, stupidamente, il Regno Unito, per un complesso di inferiorità eterno, i cinesi hanno scelto l’Italia. Attenti a non cedere la primogenitura e il cuore dell’Italia, come Esaù, in cambio
di lenticchie di soddisfazione calcistica. Una volta in Romagna
sventolava la bandiera gialla, anni Settanta, ed era un simbolo di
giovinezza un po’ sventata. Ora l’hanno piantata dovunque, anche sul calcio. Ed è il simbolo della vecchiaia italiana sdentata.
Bisognerebbe pensarci su. Ripensare a questa globalizzazione che oggi equivale a liberare le volpi asiatiche nel nostro pollaio, un incontro tra predatori e galline non è uno scambio che
faccia crescere. Magari a Rimini possono fiorire in questo agosto esperienze da esportazione, dove l’altro, qualunque interesse porti, fatturato abbia, dolori e ricchezze abbia sulle spalle, sia
un bene davvero.
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SPECIALE
MEETING
Una goccia
di bene
per Sada
Una fotografia di Sada,
bambina irachena originaria
di Qaraqosh, da cui
è fuggita con la famiglia
in seguito agli attacchi
dei miliziani jihadisti
dello Stato Islamico
Ha cinque anni, è malata, ha bisogno di cure.
Il nostro inviato l’ha conosciuta nel campo
profughi di Erbil in Kurdistan, dove si è
rifugiata con la famiglia per fuggire dall’Isis.
Aiutateci a pagarle le medicine per un anno
DI roDoLfo CASADEI
Foto: Bnar Sardar per FOCSIV
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SPECIALE MEETING
La Tenda della Trasfigurazione
Mi accompagnava padre Jalal Yako, un
rogazionista iracheno che aveva vissuto
a lungo in una delle case della congregazione a Shikak, il quartiere più povero di Qaraqosh. Era il direttore e assistente spirituale del campo, attrezzato nell’ottobre 2014 per accogliere le famiglie fuggite in agosto e vissute fino ad allora sotto le tende o nei saloni delle parrocchie.
Fin dall’inizio si era preoccupato di creare l’equivalente di una chiesa, che facesse da luogo di culto ma anche da salone
comunitario per feste, assemblee e altre
cerimonie pubbliche. L’aveva chiamata
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Tenda della Trasfigurazione, e mai nome
era stato scelto più appropriatamente: i
cristiani di tutta la piana di Ninive erano stati costretti ad abbandonare le loro
case davanti all’avanzata dei combattenti dell’Isis la notte del giorno della festa
della Trasfigurazione, che cade il 6 agosto, episodio miracoloso della vita di Gesù
che registra l’intervento di Pietro, presente sulla scena insieme a Giacomo e Giovanni. L’apostolo si dichiara disponibile
a erigere tre tende, una per Cristo, una
per Mosè e una per Elia, che sono apparsi sull’“alto monte” dove il gruppo è stato
portato da Gesù.
La chiesa di padre Jalal effettivamente consisteva all’inizio in due grandi tendoni collegati fra loro. Nell’agosto dell’anno seguente un temporale abbatté rovinosamente la chiesa-tenda, che fu sostituita grazie all’intervento della diocesi di
Padova e della francese Fraternité Iraq da
un grande prefabbricato che avrebbe resistito ai venti e alle piogge torrenziali. Un
ellittico campanile completamente cavo e
le pareti esterne traforate in forma di ovali, ma con una campana vera sotto il tetto di copertura sormontato da croci, completava l’edificio che aveva preso il posto
delle tende gemelle.
«Che cos’ha la bambina?»
Padre Jalal mi fece visitare le due sezioni del campo, separate da una strada
comunale che porta alla circonvallazione di Ankawa. Parte dei container sono
all’aperto, ma parecchi sono installati
all’interno di due grandi capannoni industriali, uno di qua e l’altro di là dalla strada. Chi vive in quelle aree di Ashty 1 è più
protetto dagli agenti atmosferici, avendo sulla testa non uno ma due tetti, ma è
tagliato fuori dalla luce diretta del sole. È
stato in uno di questi rioni al coperto che
ho incontrato Sada, cinque anni, sguardo
dolente e silenzioso.
Quando vi vedono maneggiare una
macchina fotografica o una videocamera, i bambini hanno due reazioni: o si
avvicinano e si mettono in posa sorridendo, magari sgomitando un po’ fra loro
la madre sana era fuggita da QaraQosh
che era incinta, era salita su una corriera
messa a disposizione dalla parrocchia
e alle tre di notte era partita, come altre
trecentomila persone della piana di ninive
Quella notte maledetta, insieme al marito e
al resto della famiglia alla volta di erbil
Foto: Bnar Sardar per FOCSIV
E
ra l’ultimo giorno della mia
missione pasquale ad Erbil,
e Ashty 1 era malinconico
tale quale la prima volta che
lo avevo visitato, il martedì
precedente. Questo campo di
sfollati cristiani, quasi tutti originari di
Qaraqosh, la capitale irachena dei siriaci
(sia cattolici sia ortodossi), ospitava allora
250 famiglie sistemate dentro a container
di tre metri per cinque, una finestrella e
una confusione fra l’allegro e lo sciatto di
oggetti della vita quotidiana a interrompere la monotonia delle superfici color
ghiaccio delle pareti esterne. Panni stesi
ad asciugare, fornellini, boccioni dell’acqua, rudimentali mobiletti di legno, scarpiere improvvisate e altro ancora nei viottoli fra le file di prefabbricati – che i profughi chissà perché chiamavano caravan,
forse per il desiderio che avessero davvero
ruote e li si potesse far viaggiare e vincere
quell’immobilità innaturale che inchiodava la vita da troppi mesi – in parte
sistemati sotto verande posticce, in parte
allo scoperto, comunicavano precarietà e
assenza di privacy. Ma anche l’irriducibile resistenza di vite che non si lasciavano
travolgere dal furore jihadista.
Erano quasi completamente assenti
gli uomini in quel paesaggio di donne e
bambini, certamente per la necessità di
complementare gli aiuti materiali provenienti dalla Chiesa e dagli enti internazionali con un po’ di reddito per le spese diverse da quelle dei generi di prima
necessità. Forse però anche per sfuggire
quel senso di umiliazione persistente che
si avvertiva dentro e fuori i container. Gli
uomini che non avevano potuto, più che
saputo, combattere per difendere la città
natìa dall’attacco dei miliziani dello Stato islamico erano ridotti a combattere le
incursioni dei topi che nottetempo rosicchiavano sacchi e addirittura taniche in
materiale plastico per approfittare del
riso e dell’olio alimentare.
per mettersi in favore di obiettivo, e questa è la grande maggioranza; oppure –
ed è una piccola minoranza di timidi o
impauriti per shock patiti – si aggrappano alle gambe dei genitori e nascondono
lì la faccia per non farsi riprendere. Sada
non faceva né l’una, né l’altra cosa. Se ne
stava incerta sulle gambe, a due passi dalla mamma, guardando un punto indefinito di me. Ogni tanto si passava una
mano sulla fronte o sulla tempia, apriva
leggermente la bocca senza emettere nessun suono. Gli occhi scuri traboccavano
un dolore triste e introverso, esprimevano una rassegnazione impropria per un
bambino.
«Che cos’ha la bambina, è malata? Ha
la febbre?», chiese padre Jalal alla mamma. «È malata da quando aveva un anno
e mezzo, è epilettica», rispose lei. Era una
donna minuta dal contegno misurato,
stridente rispetto all’abbigliamento: una
maglia a maniche lunghe interamente
leopardata, e pantaloni con motivi neri
fra il tigrato e il fiammeggiante. Portava orecchini piccoli e dorati che risaltavano per i capelli raccolti dietro la nuca.
Il volto di Sada invece era incorniciato da
due trecce sbarazzine, materno tentativo di rallegrare il suo visino afflitto. La
mamma si chiamava Sana, aveva 29 anni
e quella era la seconda dei suoi quattro
figli. A tutti era stato imposto un nome
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speciale meeting
anno 22 | numero 15 | 20 aPrile 2016 |  2,00
Poste italiane spa - spedizione in a. p. d.l. 353/03 (conv. l. 46/04) art. 1 comma 1, ne/Vr
settimanale diretto da luigi amicone
La grazia
di non essere
borghesi
«Noi cristiani non siamo fatti per stare comodi e vivere
nella calma». Dieci giorni coi rifugiati di Erbil
In questa pagina e nella
precedente, alcune immagini
della famiglia di Sada
e del campo profughi Ashty 1
di Erbil (Kurdistan).
Qui sopra, la copertina
del numero di Tempi di aprile,
in cui era stato pubblicato
il reportage del nostro inviato
Rodolfo Casadei
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potevo leggere molto chiaramente: «La
bambina necessita di cure che non possono essere somministrate in Iraq». Sada
continuava a toccarsi la tempia, a muovere passi incerti come un bambino di due
anni, ad aprire la bocca senza emettere
suoni. La prossima crisi epilettica sembrava imminente. «Forse voi in Italia potete
fare qualcosa», concluse padre Jalal.
«le medicine prescritte non sono servite,
ha continuato ad avere crisi fino a oggi.
forse una vena del cervello è occlusa»
dovettero concludere l’esodo a piedi, perché i peshmerga non lasciavano più passare veicoli o perché l’eccesso di traffico
aveva bloccato completamente le strade.
A Erbil avevano trascorso un giorno e una
notte all’aperto, nel cortile della chiesa di
Mar Shmoni, poi per due mesi sotto una
tenda. In ottobre come molti altri erano
stati trasferiti ad Ashty 1.
Senza flettere la sua compostezza
Sana fece tre passi dentro al suo monolocale e da sotto una pila di cose tirò fuori
un pacco di referti, lastre e tracciati. Anni
di visite ed esami. Padre Jalal traduceva
i suoi commenti: «Dice che le medicine
prescritte non sono servite a niente, ha
continuato ad avere crisi ogni giorno fino
ad oggi». Fra le carte spuntavano un paio
di foto di Sada con bendaggi e le palpebre
chiuse. «Dice che le hanno detto che forse
una vena del cervello è occlusa e che bisognerebbe operarla all’estero».
Effettivamente in mezzo a tanti referti in arabo ce n’era uno dove in inglese
Foto: Bnar Sardar per FOCSiV
FOCSIV
che iniziava con la lettera “s” come quello della madre: Stabro il maschietto primogenito di 7 anni, dopo Sada c’era la
sorellina Sandra di 3 anni e infine Savio,
un anno e mezzo appena, nato dopo la
fuga. Sì, Sana era fuggita da Qaraqosh
che era incinta di Savio, era salita su di
una corriera da cinquanta posti messa a
disposizione dalla parrocchia e alle tre di
notte era partita, come altre trecentomila persone abitatrici della piana di Ninive
quella notte maledetta, insieme al marito
Saddam e al resto della famiglia alla volta di Erbil.
Un viaggio che normalmente richiede
due ore, ma quella notte ce ne vollero cinque e i viaggiatori potevano considerarsi
fortunati: altri ci misero molto di più, o
Visite ed esami
Tornai a Milano convinto che Sada aveva bisogno di un intervento chirurgico e
bussai alle porte di chi ritenevo potesse
dare una mano. Prima di tutto la Regione Lombardia, che da molti anni ha un
programma per interventi chirurgici e
cure speciali gratuiti per minorenni di
paesi poveri. C’erano da seguire delle procedure molto rigorose, che prevedevano
la sponsorship da parte di una Ong abilitata ad operare all’estero. Nel campo di
Ashty 1 avevo visto gli adesivi della Focsiv
all’ingresso della scuola materna che proprio durante il mio soggiorno aveva aperto i battenti. La Focsiv è in realtà una federazione (Federazione organismi cristiani
per il servizio internazionale volontario)
di 80 Ong. Al caso nostro faceva la Fondazione don Gnocchi, affiliata alla Focsiv, che per molti anni aveva organizzato trasferimenti di minorenni dai paesi
poveri in Lombardia per interventi chirurgici non praticabili sul posto. Per procedere era necessario fare domanda a
una commissione regionale producendo
documentazione sanitaria aggiornata. Si
trattava, in buona sostanza, di rifare gli
esami che Sada aveva fatto prima della
fuga da Qaraqosh.
Offrì la sua disponibilità Terry Dutto,
il responsabile del team Focsiv nel Kurdistan iracheno che avevo incrociato per
un attimo durante la mia missione. Terry
prese a cuore la causa di Sada e fu instancabile. Prese appuntamento con il migliore neurochirurgo di Erbil, il professor
Enjam, che visitò la bambina e prescrisse encefalogramma e risonanza magnetica. Visita ed esami confermarono la condizione di epilessia, diagnosticarono che
il problema non era solo quello e che tutto faceva pensare a un trauma psichico
da trattare al momento opportuno, ma
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SPECIALE MEETING
in qualche settimana
sono cessate le crisi
epilettiche, i dolori
e le sonnolenze.
il comportamento
è diventato meno
autistico. ora bisogna
passare alla fase
due della terapia
soprattutto esclusero – sospiro di sollievo – che fosse necessario un intervento
neurochirurgico: il cervello di Sada non
presenta anomalie bisognose del bisturi.
Si trattava di somministrare un medicinale che può essere molto efficace in circostanze simili: il Keppra, nome commerciale della molecola del levetiracetam.
È quello che i genitori di Sada hanno
fatto, e i risultati si sono visti subito: nel
giro di qualche settimana sono cessate le
crisi epilettiche, le sonnolenze improvvise e i dolori alla testa. Anche il comportamento è diventato meno autistico. La
cura dovrà essere continuata per almeno
un anno, poi si valuterà se le condizioni
sono migliorate al punto di poter passare alla fase 2: individuare il problema psicodinamico di Sada e scegliere una terapia psicologica o psichiatrica a seconda
del problema.
Riesce a dire “mamma” e “papà”
Quel che s’è fatto finora non sarebbe stato possibile senza il supporto di Focsiv e
in particolare di Terry Dutto. La famiglia
di Sada era povera quando viveva a Qaraqosh ed è diventata ancor più povera a
causa dell’esodo. Viveva in un appartamento ad affitto calmierato grazie all’aiuto della Chiesa, e papà Saddam sbarcava
il lunario vendendo frutta e verdura al
mercato. Da un po’ di tempo si è trasferito niente meno che a Baghdad per continuare il commercio al dettaglio, torna
a casa ogni sei-sette settimane e durante tale periodo guadagna l’equivalente
di 250 dollari americani, tolte le spese
del viaggio di andata e ritorno ogni volta. Ora quelle entrate dovranno servire
anche per pagare le bollette dell’acqua e
dell’elettricità.
Perché – questa è la buona notizia –
all’inizio di luglio la famiglia di Sada si è
trasferita, come altre famiglie di Ashty 1,
in una casa vera di Ankawa. L’affitto sarà
pagato per un anno dalla Chiesa, dopo24
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tEmPI PER SAdA
Il grande impegno di Focsiv in Kurdistan
e il conto corrente per aiutare la bambina
Focsiv, Federazione Organismi Cristiani Servizio Internazionale Volontario, che oggi conta ottanta organizzazioni attive in ottanta paesi del mondo,
ha messo a disposizione, in quarantacinque anni di storia, oltre 20.000
volontari internazionali, che hanno assicurato il proprio contributo umano e
professionale a favore delle popolazioni più povere. Un impegno concreto per
il diritto delle persone a rimanere nella propria terra senza essere costrette ad
emigrare. Focsiv è presente nel Kurdistan iracheno da quasi due anni a fianco
della comunità sfollata, per la maggior parte cristiana, fuggita dagli attacchi
dell’Isis dell’estate del 2014 e costretta a lasciare la propria terra e le proprie
abitazioni. Oggi in Iraq ci sono 551.137 famiglie sfollate, 3.306.822 persone
lontane dalle loro case. 978.180 sfollati hanno trovato riparo nel Kurdistan
iracheno, di cui 63.639 famiglie, circa 381.834 persone, nella sola città di Erbil.
In questi ventiquattro mesi i volontari Focsiv, insieme a operatori scelti
tra gli sfollati, ha promosso attività di animazione, sostegno psicologico e
socio-sanitario e, laddove necessario, sostegno alimentare; ha contribuito
all’allestimento di campi attrezzati, come quello di Ankawa 2 e Ashty 1, dove
hanno trovato alloggio in container tante persone prive di tutto e grazie a
Focsiv sono state avviate attività specifiche per anziani, disabili, donne, malati
cronici e soprattutto bambini che, nel Centro Speranza creato e gestito dalla
Federazione, trovano ogni giorno uno spazio di serenità e normalità. Tutto
ciò è stato possibile anche grazie alla collaborazione delle Chiese locali e della
comunità cristiana, anche qui sfollata. Trovate altre informazioni alla pagina
web: www.emergenzakurdistan.it
PER AIutARE SAdA SAddAm
Conto Corrente Postale n° 47405006
intestato a: FOCSIV
causale: TEMPI per Sada
BANCA EtICA IBAN: IT 63 U 05018 03200 0000 0017 9669
intestato: KURDISTAN – NON LASCIAMOLI SOLI
causale: TEMPI per Sada
ON LINE https://focsiv.fundfacility.it/emergenzakurdistan
diché si spera che la piana di Ninive sarà
riconquistata e che i profughi interni possano tornare dove abitavano prima della crisi dell’estate 2014. La notizia meno
buona è che ora si dovranno pagare le
bollette, mentre prima acqua ed elettricità erano fornite gratuitamente. Perciò
è evidente che di soldi per le cure di cui
Sada ha bisogno ce ne sono pochi o niente. In passato la famiglia è stata spolpata
dai medici a cui era ricorsa: per una Tac
che un pediatra voleva hanno speso 500
mila dinari a Mosul, vale a dire 400 dollari; le medicine che sono state somministrate dietro prescrizione di vari pediatri
non sono giovate a nulla.
I miglioramenti sono avvenuti tutti
dopo che è cominciato l’interessamento
di Focsiv. Racconta Dutto: «Sada general-
mente gioca con giocattoli che sceglie lei,
con un comportamento tutto suo. Talvolta cerca il contatto con i fratelli o le persone che l’avvicinano, offrendo ogni cosa
che riesce ad avere in mano, altre volte usa modi molto bruschi con i fratelli.
Riesce a dire “mamma” e “papà” e pochi
altri suoni che i familiari riescono a interpretare. Le condizioni di Sada attualmente sono considerate, dalla mamma e dai
familiari, molto migliori di prima delle
ultime fasi diagnostiche». Per continuare a migliorarle c’è bisogno dell’aiuto di
tutti. Per gli esami diagnostici appena fatti si sono spesi più di 300 euro, anticipati da Focsiv, e i flaconi di sciroppo di Keppra costano 50 mila dinari al mese (36,50
euro). Vogliamo dare una mano per un
anno almeno? Sì, lo vogliamo.
n
SPECIALE MEETING
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DI RODOLFO CASADEI
Bella è bella.
Ma non di
Costituzione
L’idea di modificare la nostra Carta è giusta,
ma il referendum voluto da Renzi e Boschi rischia
di consegnarci un paese meno governabile,
più statalista e (con l’Italicum) poco democratico.
Ragioni, fattuali e non ideologiche, per il “no”
più bizzarro della storia d’Italia,
trasformato dal capo del governo
in plebiscito su se stesso tre mesi prima
che la riforma costituzionale su cui gli
italiani sarebbero stati chiamati ad esprimersi venisse approvata dalle Camere, e
nove mesi prima della presumibile data
del suo svolgimento. Matteo Renzi ha
minacciato di dimettersi non solo dalla
presidenza del Consiglio, ma dalla politica tout court già a gennaio di quest’anno, e lo ha ripetuto fino alla vigilia delle
amministrative di giugno. Dopo di allora ha ribaltato il discorso di 180 gradi,
ma era troppo tardi: si era formata specularmente un’ecumenica coalizione per
il “no” tenuta insieme più dall’avversione al segretario del Pd che da un comune sentire circa l’oggetto del contendere,
cioè la riforma costituzionale approvata
coi voti della sola maggioranza più il soccorso dei verdiniani di Ala.
E sì che di argomenti razionali e
oggettivi per confutare i contenuti della
riforma Renzi-Boschi ce ne sono in abbondanza. E se quando si leggono i contenuti delle homepage di certi Comitati per
il No cresce la tentazione, come ha scritto Davide Giacalone, di votare “sì”, quando invece si approfondisce l’argomento, le ragioni del “no” si stagliano limpide. I difetti della riforma sono almeno
tre: non semplifica il funzionamento delle istituzioni e non aumenta la governa-
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bilità, anzi li deteriora; annienta l’autonomia regionale e ripropone il centralismo statalista; il combinato disposto della riforma costituzionale e della nuova
legge elettorale (l’Italicum) provoca effetti distorsivi su tutto il sistema istituzionale, creando le condizioni per lo strapotere senza contrappesi di chi magari al primo turno ha preso poco più di un quarto dei voti.
La clausola di supremazia
Vediamo nel dettaglio queste criticità
cominciando dalla seconda. Il nuovo testo
costituzionale elimina le materie di competenza concorrente fra Stato e Regioni fissate nella riforma del 2001 e le trasferisce quasi tutte allo Stato; di conseguenza le materie di competenza esclusiva dello Stato passano da una trentina a
una cinquantina. Questa in linea di principio avrebbe potuto essere una buona
cosa, giovando a ridurre il contenzioso
sulle competenze davanti alla Corte costituzionale e restituendo al governo centrale materie che nel 2001 gli erano state
sottratte solo per togliere argomenti alla
propaganda leghista, che a quel tempo
era all’apogeo (quella riforma fu promossa dal governo di centrosinistra di allora).
Ma la nuova Costituzione non si limita a
questo. Per una serie di materie che pure
sono assegnate alla competenza regionale (tutela della salute, politiche sociali, sicurezza alimentare, istruzione e
Foto: Ansa
S
arà ricordato come il referendum
meeting speciale
formazione professionale, attività culturali e turismo, governo del territorio)
allo Stato spetta non più, come in precedenza, dettare i “princìpi fondamentali”
a cui la legislazione regionale deve attenersi, ma formulare “disposizioni generali e comuni”. Quindi, mentre prima lo
Stato definiva i princìpi e le Regioni erano competenti per le norme di attuazione, dopo la riforma lo Stato potrà emettere norme comuni uniformi, imporre per
esempio lo stesso modello di sanità a tutte le Regioni, non importa che siano virtuose come la Lombardia o scadenti come
la Calabria. Il ruolo delle Regioni diventa
meramente amministrativo, come quello dei Comuni. Come se non bastasse, nel
nuovo testo costituzionale lo Stato riserva a sé una “clausola di supremazia”, in
base alla quale può, se vuole, fare semplicemente quel che gli pare e gli piace. Si
ma tributario» (secondo comma dell’art.
119). Perché nel nuovo art. 117, alla lettera e) del secondo comma si stabilisce che
«lo Stato ha legislazione esclusiva nelle
seguenti materie: (…) coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario». In buona sostanza, tutta la finanza
regionale tornerà a essere derivata, i tributi saranno stabiliti da una legge nazionale e semplicemente istituiti da una
regionale, anche se la materia per la quale alla Regione servono i soldi è di sua
competenza. La facoltà delle Regioni di
legiferare diventa una burletta: a che serve varare leggi se non le si possono finanziare? Ciliegina sulla torta, tutte le restrizioni applicate alle regioni ordinarie non
varranno per le regioni a statuto speciale. La Sicilia potrà continuare a fare quello che ha fatto finora, la Lombardia, il
Veneto, l’Emilia perderanno anche quel
la sicilia potrà continUare a fare qUello che ha fatto
finora. la lombardia, il Veneto, l’emilia perderanno
anche qUel po’ di aUtonomia che aVeVano conqUistato
legge al quinto comma dell’art. 117: «Su
proposta del Governo, la legge dello Stato può intervenire in materie non riservate alla legislazione esclusiva quando
lo richieda la tutela dell’unità giuridica
o economica della Repubblica, ovvero la
tutela dell’interesse nazionale».
leggi regionali? Una burletta
Le Regioni di loro iniziativa non possono fare praticamente più niente, perché oltre alle competenze e alle norme
attuative che non siano mera applicazione amministrativa viene loro tolta anche
l’ultima ombra di autonomia tributaria.
Nell’attuale testo costituzionale gli enti
sub-statali stabiliscono i tributi «secondo
i princìpi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario» fissati dallo Stato, invece in quello nuovo
devono attenersi a «quanto disposto dalla legge dello Stato ai fini del coordinamento della finanza pubblica e del siste-
po’ di autonomia che avevano conquistato negli ultimi quindici anni.
I fan della riforma sostengono che
il giro di vite antiregionalista è salutare, considerato che molti degli scandali giudiziari dell’ultimo decennio hanno
riguardato l’allegra gestione delle risorse
pubbliche da parte delle Regioni. Si può
rispondere che tali scandali forse non
sarebbero avvenuti se il federalismo fiscale fosse stato introdotto per davvero, rendendo la classe politica regionale responsabile davanti agli elettori del territorio.
Resta comunque il fatto che i nuovi articoli della Costituzione disattendono il
tuttora in vigore articolo 5: «La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; (…) adegua i
principi ed i metodi della sua legislazione
alle esigenze dell’autonomia e del decentramento».
Un ex presidente della Corte costituzionale come Franco Gallo ha esecrato
il siluramento dell’autonomia regionale
nel nuovo testo costituzionale. Ha scritto:
«I princìpi costituzionali di democrazia
e di autonomia sono tra loro inscindibilmente connessi, così come lo sono i corollari di sussidiarietà (…). E questi princìpi
vogliono che i cittadini amministrati siano, in ogni caso, posti in grado di controllare, indirizzare e giudicare l’operato dei
loro amministratori per quanto riguarda
le decisioni di spesa e di entrate assunte
nella propria sfera di autonomia».
semplificazione o confusione?
E passiamo al tema della governabilità e della semplificazione. I fautori della riforma sostengono che la trasformazione del Senato in una sorta di Camera
delle Regioni che non partecipa al voto di
fiducia per il governo e che vota solo alcune leggi renderà più spediti i lavori parlamentari e permetterà di ridurre i costi
della politica, perché il Senato sarà formato in prevalenza da consiglieri regionali scelti con elezioni di secondo livello.
Peccato che le cose non stiano affatto così.
I risparmi non andranno al di là dei 72-73
milioni di euro all’anno, mentre il procedimento legislativo non verrà semplificato, ma ulteriormente complicato. Si profilano, secondo alcuni, da sette a dieci procedimenti legislativi diversi. Dice un altro
ex presidente della Corte costituzionale,
Valerio Onida, nel contesto del suo dialogo col senatore Gaetano Quagliariello
contenuto nel libro Perché è saggio dire
no (Rubbettino, 2016): «Il sistema dei procedimenti legislativi è stato complicato e
non certo semplificato. Se passerà la riforma, avremo una pluralità di procedimenti differenziati in base alle diverse modalità di intervento del nuovo Senato: leggi bicamerali, leggi monocamerali ma
con possibilità di emendamenti da parte del Senato, differenziate a seconda che
tali emendamenti possano essere respinti dalla Camera a maggioranza semplice
o a maggioranza assoluta. Penso che alla
Corte costituzionale debbano prepararsi
a fare gli straordinari».
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| 31 agosto 2016 |
29
speciale meeting
Come funzionerà il Senato formato da
100 elementi provenienti dai consigli
regionali, alcuni sindaci e cinque membri nominati dal capo dello Stato, ancora
non è chiaro. Si chiede retoricamente il
senatore Quagliariello: «Ma come è possibile disegnare un sistema del genere senza prevedere la presenza nel Senato dei
presidenti delle Regioni? E come è possibile immaginare un Senato delle autonomie senza chiarire se i senatori rappresentano l’istituzione regionale da cui provengono o il partito che li ha eletti? Ed è
possibile pensare di fare del Senato il luogo di confronto tra livello centrale e autonomie e non abolire la Conferenza StatoRegioni?».
Sì, c’è anche questa bizzarria nella nuova costituzione: secondo il nuovo
articolo 55, «il Senato della Repubblica
rappresenta le istituzioni territoriali ed
esercita funzioni di raccordo tra lo Sta-
damentalmente dannosa». Non si è avuto il coraggio di passare dal bicameralismo perfetto al monocameralismo, e così
si è approdati al bicameralismo confuso.
pochi voti, tutto il potere
Infine ci sono i problemi che nascono
dall’incrocio fra i contenuti della riforma e quelli della legge elettorale. L’Italicum prevede un premio di maggioranza
pari al 54 per cento dei seggi della Camera per la lista che vince al ballottaggio
(se al primo turno nessuna lista ha superato il 40 per cento), pari a 340 deputati su 630. Di quei 340, almeno 100 sono
uomini di fiducia del segretario del partito, perché il sistema prevede 100 collegi plurinominali con capilista bloccati.
Si noti che per l’elezione del presidente
della Repubblica, la riforma Boschi prevede che dal quarto scrutinio è sufficiente il 60 per cento dell’assemblea, dal set-
l’italicum è una legge pensata su misura per il pd
trionfante di renzi. ma come la mettiamo ora che
il partito in ascesa nei sondaggi è il m5s di grillo?
to e gli altri enti costitutivi della Repubblica», ma nessuno ha messo all’ordine
del giorno l’abolizione della Conferenza Stato-Regioni, l’organo collegiale che
da trent’anni costituisce la sede privilegiata della negoziazione politica tra le
Amministrazioni centrali e il sistema delle autonomie regionali: una proposta in
tal senso della Lega Nord in commissione
nel dicembre 2014 fu respinta.
Il giudizio di Onida non lascia scampo: «Nel momento in cui si è deciso di
sottrarre al Senato la funzione di camera politica che vota la fiducia al governo,
bisognava trasformarlo in una vera camera delle Regioni, dotata di poteri effettivi
e realmente rappresentativa delle autonomie territoriali. E invece la ricentralizzazione operata col Titolo V e la delineazione del Senato come una camera debole e priva di poteri significativi rendono
questa riforma non solo inutile ma fon30
| 31 agosto 2016 |
|
timo il 60 per cento dei votanti. L’Italicum è una legge pensata su misura per il
Pd trionfante di Renzi, che libero da vincoli di coalizione e forte della mancanza
di alternative politiche a causa della crisi del centrodestra potrebbe conquistare
tutto il potere, contrappesi istituzionali
compresi, con un risultato di poco superiore a un terzo dei voti al primo turno.
Tuttavia potrebbe sortire risultati ben
diversi da quelli sperati. Tanto per cominciare, fra i giorni dell’approvazione della
nuova legge ed oggi c’è stata l’ascesa del
M5S, che nei sondaggi si contende il primo posto col Pd. Ma anche una vittoria
al ballottaggio non assicurerebbe necessariamente a Renzi e ai suoi successori la vagheggiata governabilità incontrastata. Se il 5 per cento del 54 per cento di
deputati della lista vincente si mettesse a
fare le bizze, per il governo si metterebbe male. Si tornerebbe alla logica dei soc-
corsi verdiniani o dei patti del Nazareno.
I prossimi parlamenti faticheranno a trovare la rotta fra la Scilla dell’appiattimento sull’esecutivo e la Cariddi del trasformismo per riprendersi il potere ad essi
strappato dal presidente del Consiglio.
Profetizza Davide Giacalone: «Già sappiamo quali costumi deriveranno da una
simile riforma: o una platea parlamentare sovrastata dal potere di chi decide le
candidature, la distribuzione dei bonus e
la soddisfazione delle clientele, quindi un
parlamento a direzione partitica e incarnazione governativa; oppure la reazione
con la decomposizione, ovvero il consolidarsi del già patologico trasformismo, talché gente eletta con i voti degli uni andrà
(come già va) a popolare le file degli altri.
Il veleno sta nell’interazione fra quella
riforma costituzionale e la già fatta riforma del sistema elettorale».
l’eccezione ala diventa regola
Ed ecco cosa pensa Quagliariello: «Rischiamo di andare o verso un sistema bloccato con un grande partito centrale che per
governare e gestire il potere anestetizza
i conflitti interni attraverso il sistematico ricorso a pratiche trasformistiche, o
peggio ancora verso uno scontro titanico tra politica e antipolitica. Sarebbe in
ogni caso una condanna: o al trasformismo permanente o alla sostituzione del
conflitto nel sistema con un conflitto fra
sistemi. (…) Se il nuovo sistema entrerà in
vigore, il partito del premier sarà dotato
di un potere eccessivo, privo di contrappesi e, con ogni probabilità, scarsamente
legittimato in termini di consenso elettorale effettivo. Ma allo stesso tempo avrà
una forza parlamentare limitata, per cui
basterà una fronda interna a metterlo in
scacco e per sterilizzarla sarà costretto a
replicare il “modello Ala”, che da eccezione diverrebbe la regola. Avremo un sistema che non protegge dagli inciuci e allo
stesso tempo consente alla maggioranza,
anzi al partito di maggioranza, di eleggersi praticamente da solo tutti gli organi di garanzia».
n
credito
per chi mette su casa, studia o lavora
RESTYLING
Dipendenti di
Intesa Sanpaolo
al lavoro sul
tavolo di legno
presente in tutte
le nuove filiali
della banca,
impegnata da
ottobre scorso
in un grande
progetto di
restyling: sono
oltre 50 quelle
ultimate, saranno
100 entro fine
anno in Italia,
mille a regime.
Condivisione di
storie e valori,
coinvolgimento
del territorio,
accoglienza,
flessibilità e
modularità,
sono le parole
chiave di questa
vera e propria
rivoluzione
degli spazi nata
dall’ascolto
delle proposte
dei clienti e del
personale della
banca
Intesa sanpaolo
Investe suI gIovanI
e aIuta le FaMIglIe
ve generazioni Intesa Sanpaolo continua a mettere a segno una serie di iniziative dedicate ai giovani: dal mutuo per chi
ha meno di 35 anni, all’iniziativa PerTe Prestito
con Lode dedicata agli studenti meritevoli, fino
all’accordo, sottoscritto lo scorso febbraio, con
la Fondazione Gesuiti Educazione. Una strategia che punta ad affermare e riflettere la volontà della banca di contribuire al rilancio del
mercato e di offrire, al contempo, un servizio
sociale e di supporto a un segmento di clientela che si avvia a mettere su famiglia e realizzarsi nel mondo dello studio e del lavoro.
In Italia il Gruppo è attualmente il principale operatore del mercato nel settore casa con
una quota del 23,5 per cento (nel 2015 in ulteriore crescita). Le scelte di apertura e flessibilità intraprese da Intesa Sanpaolo hanno infatti
consentito alla banca di erogare
10 miliardi di euro di mutui nel
«guArdiAmo Al futuro delle nuove generAzioni».
corso del 2015, di cui 2 miliardi
ai giovani con meno di 35 anni.
dAl mutuo per chi hA meno di 35 Anni All’iniziAtivA per
Un impegno rafforzato ad aprite prestito con lode dedicAtA A studenti meritevoli
le con il lancio di un’iniziativa
ad hoc rivolta a chi è da poco
entrato nel mondo del lavoro, giovani con meno di 35 anni, ap- so pari al 100 per cento del valore e condizioni a partire dal 2,70
punto, compresi i lavoratori atipici e quelli “a tutele crescenti”. per cento per una durata di 30 anni, pagando 338 euro mensili,
Unico nel suo genere, il mutuo innovativo di Intesa Sanpaolo of- rispetto a una rata media di mutuo di 608 euro.
L’offerta completa le numerose agevolazioni già introdotte
fre infatti la possibilità di comprare casa grazie a un lungo periodo iniziale di rate “leggere” rivolgendosi a quei giovani che si da Intesa Sanpaolo (che prevedono la possibilità di finanziare fitrovano spesso a optare per l’affitto rimandando l’acquisto del- no al 100 per cento il valore dell’abitazione, durata fino a 40 anla prima casa perché impossibilitati a sostenere la rata del mu- ni, opzione gratuita per sospendere per sei mesi e per tre volte
tuo e risparmiare al contempo per altri progetti di vita e di la- il pagamento delle rate, opzione gratuita per allungare o accorvoro. Il calo del prezzo delle abitazioni unito ai tassi dei mutui ciare la durata per un massimo di 10 anni) per i giovani ma anproposti da Intesa Sanpaolo, che oggi si attestano ai minimi sto- che per i più giovani che ancora non hanno fatto il loro ingresrici, fanno invece di questo momento un’occasione ideale per so nel mondo del lavoro.
«Contribuire alla costruzione del miglior futuro possibile
acquistare casa, soprattutto per i giovani fruitori del nuovo mutuo che prevede fino a 10 anni di rate di soli interessi, senza ri- per i nostri giovani è uno degli obiettivi principali che la banca
nunciare alle detrazioni fiscali previste per i finanziamenti per persegue da sempre in diverse forme – afferma Stefano Barrese,
l’acquisto dell’abitazione principale. A ciò si aggiunge la possi- responsabile della Divisione Banca dei Territori di Intesa Sanpabilità di bloccare subito e per tutta la durata del mutuo un tasso olo –. Lo facciamo attraverso il sostegno alle attività formative
fisso tra i più bassi mai offerti dal mercato, a partire da 1,45 per e di indirizzo che sono necessarie per tracciare un percorso, lo
cento. In pratica, un giovane che compra una casa da 150 mila facciamo attraverso l’offerta di servizi e prodotti finanziari ineuro può ottenere l’intero ammontare con un mutuo a tasso fis- novativi come il nuovo mutuo Under 35. Guardiamo al futuro
32 | A curA di etd
delle nuove generazioni consapevoli che attraverso di loro si costruisce il futuro del nostro Paese». PerTe Prestito con Lode è nato così, pensato per offrire agli studenti meritevoli la possibilità
di finanziare i propri studi universitari e post-graduated (master) a condizioni particolarmente vantaggiose, e per offrire un
supporto alle famiglie con maggiori difficoltà nel garantire l’accesso allo studio dei propri figli.
Premiare i talenti
Foto: Renato Cerisola
A
sostegno dell’economia reale e delle nuo-
Unico nel suo genere a livello nazionale – e uno dei migliori anche a livello internazionale, grazie alle sue opzioni di flessibilità che ben si adattano alla situazione lavorativa odierna delle
famiglie con temporanee difficoltà o capacità economiche più
limitate –, PerTe Prestito con Lode si rivolge agli studenti iscritti a una delle Università convenzionate e in regola con gli studi e agli studenti non necessariamente legati a un ateneo ma
per i quali l’ente garante e certificatore può essere una fondazione, un fondo di garanzia in genere o un’azienda nell’ambito
del proprio welfare in regola con gli studi. I requisiti di mantenimento sono stabiliti da ciascun ateneo o ente convenzionato
e riguardano esclusivamente il progresso nel percorso di studi
(per consultare università ed enti che aderiscono all’iniziativa
www.perteprestitoconlode.com).
Il finanziamento prevede la concessione di un prestito della
durata massima di 4 o 5 anni attraverso l’attivazione di un’apertura di credito a tasso agevolato fisso (senza alcuna istruttoria
sul reddito del contraente o richiesta di garanzia patrimoniale
o personale, come la firma dei genitori), la possibilità di attivare
il periodo ponte, a tasso agevolato fisso, al momento dell’estinzione prima di iniziare a rimborsare il debito e, infine, la possibilità di attivare un prestito dedicato a tasso fisso per la restitu-
zione del debito. L’importo finanziabile varia in base a quanto
previsto dai singoli atenei o enti e, in alcuni casi, può coprire
l’intero costo di iscrizione ai master.
Proprio nell’ambito dell’iniziativa, al fine di consentire alle
famiglie di studenti più talentuosi di finanziarsi gli studi attraverso il nuovo PerTe Prestito Con Lode, lo scorso febbraio Intesa Sanpaolo ha firmato una Convenzione con la Fondazione Gesuiti Educazione, che riunisce le scuole della rete ignaziana in
Italia e in Albania (Istituto Leone XIII a Milano, Istituto Sociale a
Torino, Istituto Massimo a Roma, Istituto Pontano a Napoli, Istituto Sant’Ignazio a Messina, Istituto Gonzaga a Palermo e Liceo
Peter Meskhalla a Scutari).
La convenzione permette l’accesso al credito, fino ad oggi
concesso unicamente agli studenti delle Università, anche alle
famiglie degli allievi delle scuole superiori che fanno capo alla
Fondazione. «Il punto di forza di questa convenzione è sostenere le famiglie nello sforzo di far proseguire gli studi ai propri figli», ha spiegato siglando l’accordo Andrea Lecce, responsabile
Marketing Divisione Banca dei Territori di Intesa Sanpaolo. «Intesa Sanpaolo è a disposizione delle nuove generazioni per investire nella loro educazione, formazione e crescita poiché la
fiducia nei giovani è fiducia nel Paese. Per accedere al finanziamento la famiglia non ha bisogno di garanzie particolari ma solo dell’impegno dei propri figli nello studio». «È un altro passo
nel cammino che la Fondazione sta facendo nella direzione indicata da Papa Francesco, che ci ha chiesto di aprire il più possibile le porte delle nostre scuole» ha chiosato Padre Vitangelo
Denora SJ, presidente della Fondazione Gesuiti Educazione, «il
desiderio è che questa convenzione sia solo un inizio; la nostra
Fondazione si impegnerà infatti perché tali opportunità possano essere estese a tutti gli alunni di talento del nostro Paese».
| 33
TURISMO
LOMBARDIA
UNa regioNe da scoprire
ammirare e vivere
S
cenari naturali di grande bellezza, eccellenze artistiche incomparabili, tradizioni enogastronomiche invidiate dal mondo intero
e un calendario denso di mostre ed eventi internazionali, siamo in Lombardia. Regione con il maggior numero di Patrimoni Unesco in Italia (ben
10), vanta anche il primato nazionale per numero di santuari, rivelandosi meta ideale per percorsi legati alla religiosità.
Gli eremi affacciati sui laghi, i monasteri arroccati sulle montagne e le chiese cittadine di diverse epoche sono un dono per gli occhi e l’anima: le
basiliche di Sant’Ambrogio e Sant’Eustorgio a Milano, l’Abbazia del Cerreto nel Lodigiano, il complesso monastico Polironiano a Mantova e quello
di Santa Chiara a Cremona; e ancora il complesso
dei Santi Faustino e Giovita a Ossuccio e l’Eremo
di Santa Caterina del Sasso che godono della vicinanza del lago (rispettivamente in quel di Como e
sul Maggiore). Senza dimenticare il Sacro Monte
di Varese, Patrimonio dell’Umanità. Tutti luoghi
densi di spiritualità, dove poter
trovare pace e profonda serenità.
Visitare la Lombardia signifiDALLE BASILICHE MILANESI AL SACRO MONTE DI VARESE,
ca immergersi in un mondo che
PATRIMONIO DELL’UMANITà, QUANTI LUOgHI DENSI
ha pochi eguali anche per quanDI SPIRITUALITà, DOVE TROVARE PACE E PROfONDA SERENITà
tità di manifestazioni culturali
e antichità delle tradizioni. Dai
borghi ai grandi centri cittadini, Milano in testa. Il capoluogo a volte incontaminata, a volte intrisa di antichissima arte come
lombardo conserva, fra palazzi e musei, opere artistiche di ogni in Val Camonica che, con le sue incisioni rupestri, è anch’essa Siepoca, pur essendo fortemente proiettata nel futuro. Ma di for- to Unesco. Ben 25 i parchi naturali per chi ama profondamente
te attrattività sono anche le città d’arte: Mantova, Capitale del- il verde, dal Parco dello Stelvio all’Adamello. Paesaggi indimentila cultura italiana 2016; Brescia con il Capitolium; Bergamo, cabili da esplorare anche in bici, grazie ad oltre 3 mila chilomecandidata a diventare nuovo Sito Unesco con le sue Mura venete. tri di percorsi ciclabili, dal Sebino alla Ciclovia dell’Oglio, dalla
Tutte realtà diverse, che incantano con le loro atmosfere uniche Val Seriana alle colline sul Garda.
da vivere intensamente. E ancora le città di pianura, Pavia, CreTutte queste attività stuzzicano di certo l’appetito. Poco mamona, Lodi e Monza, belle da percorrere in bicicletta così come le, considerando che la Lombardia è un luogo eccezionale dove
Varese con i suoi splendidi giardini.
mangiare e bere bene. Un ricco patrimonio enogastronomico
tutto da gustare alla scoperta del sapore in Lombardia, grazie
Natura, sport e sapori
ai tanti prodotti tipici e alle 12 Strade del Vino e dei Sapori.
La Lombardia offre infinite emozioni da vivere e molte deLa Lombardia è anche la regione dei grandi laghi, dal Lago di
Como al Lago di Garda passando per il Lago di Iseo e la Fran- stinazioni ed esperienze da collezionare. Da oggi lo si potrà faciacorta, senza dimenticare le splendide località di villeggiatu- re con #ilPassaporto #inLombardia, il modo per raccogliere i
ra che si affacciano sul Lago Maggiore. E muovendosi lungolago propri viaggi in giro per la regione e per vidimarli con i timbri
o su, verso la montagna, sono moltissime le opportunità di fare a tema che si troveranno presso i punti autorizzati (in-lombarsport all’aria aperta: mountain bike, trekking, arrampicata, golf, dia.it/passaporto).
sport d’acqua e invernali in base alla stagione.
Scoprite tutte le incredibili esperienze di viaggio che vi aspettano in
Tra i mille volti della Lombardia c’è quindi anche la natura, Lombardia visitando il sito in-lombardia.it e su regione.lombardia.it
34 | A CURA DI ETD
ASSICURAZIONI
UN SOSTEGNO CONCRETO ALLA CHIESA
UnipolSai
Main SponSor
del GiUbileo
U
aSSicurazioni, compagnia multiramo del Gruppo Unipol, leader in Italia nei rami Danni con oltre 10
milioni di clienti, è il Main Supporter del Giubileo Straordinario della Misericordia che si è aperto lo scorso 8 dicembre con un sostegno concreto alla realizzazione di un’opera in
terra di missione (un segno tangibile della misericordia, voluto specificatamente dal Papa che sarà annunciato durante l’anno) e con alcuni prodotti assicurativi specifici. A pochi mesi
dall’inizio del Giubileo siamo arrivati al numero straordinario
di 12.493.410 partecipanti, grazie anche ad eventi quali il Giubileo dei Ragazzi e delle Ragazze, tenutosi il 23-25 aprile, e la recente Giornata mondiale della gioventù a Cracovia (un successo
con 3 milioni di giovani alla Messa conclusiva).
La scelta di legarsi al Giubileo nasce da una riflessione: UnipolSai ha da sempre avuto una “vocazione sociale”, da qui nasce l’impegno per la realizzazione di alcuni progetti, voluti da
Papa Francesco in favore di donne e uomini che vivono in condizioni e in realtà socio economiche difficili di Paesi in via di
sviluppo. Per comunicare ulteriormente tutta la propria vicinanza a questo grande evento e
a tutte le persone che lo vivranTRA Le INIZIATIve deLLA COmpAgNIA, ANChe UNA pOLIZZA
no, UnipolSai ha dato il proprio benvenuto in questo anno
gRATUITA peR LA COpeRTURA ASSICURATIvA dI TUTTI gLI
straordinario con una campaOLTRe 3 mILA vOLONTARI deL gIUbILeO peR L’INTeRO ANNO
gna istituzionale espressamente dedicata al Giubileo. Cuore
Per quanto riguarda invece l’offerta specifica assicurativa
di questa comunicazione è stato uno spot di 30” di benvenuto che durante l’anno è stato trasmesso on air sulle principa- UnipolSai si è fatta carico di una polizza gratuita per la copertuli emittenti Tv ed è visibile sul canale YouTube “Unipol Group ra assicurativa di tutti i Volontari del Giubileo (oltre 3 mila) per
Corporate Channel”. I volti di un gruppo di bambini, e la lo- l’intero anno. Inoltre per quanto concerne i pellegrini, sono diro gioiosa e particolare interpretazione di un pezzo universale sponibili due soluzioni assicurative di assistenza ideate ufficialcome “Somewhere over the rainbow”, si alternano a quelle di mente per il Giubileo:
Piazza San Pietro in un invito a guardare a qualcosa di più alto, con una tensione positiva verso la ricerca di unità e di con- • UnipolSai Viaggi Speciale Giubileo, dedicata ai pellegrini itadivisione che ci accomuna e che nutre la speranza di ognuno liani: una polizza di viaggio già esistente e scontata del 40% che
di noi. Un benvenuto che, attraverso il calore e la semplicità prevede un’assistenza completa (assistenza viaggio spese medidei più piccoli, esprime metaforicamente l’abbraccio che in che, furto bagaglio) della durata da 4 a 100 giorni con un massiquesto anno straordinario la Chiesa di Papa Francesco rivol- male di 10 mila euro per spese mediche;
ge al mondo intero.
Nel mese di marzo 2016, in concomitanza alla ripartenza del • Iubilaeum Daily Assistance, per i pellegrini provenienti
calendario dei grandi eventi Giubilari, UnipolSai ha ripreso la dall’estero, ideata da UniSalute, società facente parte del Gruppo
comunicazione istituzionale concentrando la propria presenza Unipol, che garantisce una copertura sanitaria in caso di urgenin particolare sulla piazza di Roma, ripartendo con una nuova za durante il soggiorno in Italia e assistenza h24; costo 5 euro a
pianificazione dello spot Tv sulle principali emittenti nazionali, persona al giorno e validità max 60 gg (massimale 10 mila euro).
con maxi-affissioni a Roma in luoghi di passaggio a forte impatUnipolSai sostiene l’evento poiché la Chiesa è tra la gente,
to visivo, con decorazione di 200 taxi nella capitale e con il lancome la nostra cultura.
cio di una nuova creatività che esprime la vicinanza dell’azienUnipolSai Assicurazioni. Vicini alle persone. Vicini al Giubileo.
da alle persone, in particolare in questo anno straordinario.
nipolSai
36 | A CURA dI eTd
2.D
DEBITI
2.E
RATEI E RISCONTI
2.TOT
Totale passivo
3
CONTO ECONOMICO
3.A
VALORE DELLA PRODUZIONE
3.A.1
Ricavi delle vendite e delle prestazioni
3.029.898
PUBBLICAZIONE BILANCIO AL 31.12.2015
DELLA SOCIETà TEMPI DURI SRL
3.139.455
1.043
896
3.194.041
3.474.164
1.729.394
1.499.391
147.413
3.A.5
Altri ricavi e proventi
3.A.5.b
Ricavi e proventi diversi
35.755
3.A.5.TOT
Totale altri ricavi e proventi
35.755
147.413
3.A.TOT
Totale valore della produzione
1.765.149
1.646.804
3.B
COSTI DELLA PRODUZIONE
3.B.6
Costi per materie prime, sussidiarie, di consumo e di merci
3.B.7
Costi per servizi
3.B.8
Costi per godimento di beni di terzi
3.B.9
Costi per il personale
2.023
10.379
1.457.251
1.008.497
38.556
33.834
3.B.9.a
Salari e stipendi
344.288
219.718
3.B.9.b
Oneri sociali
48.557
55.498
3.B.9.c
Trattamento di fine rapporto, di quiescenza e altri costi
15.683
17.054
Dati Generali
3.B.9.c.1
Trattamento di fine rapporto
15.683
16.867
Sede Legale:
3.B.9.c.3
Altri costi del personale
Codice Fiscale:
3.B.9.TOT
Totale costi per il personale
408.528
292.270
Partita IVA:
3.B.10
Ammortamenti e svalutazioni
3.B.10.c
Ammortamento e svalutazione delle immobilizzazioni materiali e immateriali
172
19.660
3.B.10.c.1
Ammortamento delle immobilizzazioni immateriali
3.B.10.c.2
Ammortamento delle immobilizzazioni materiali
172
13.496
Riferimenti Prospetto
3.B.10.TOT
Totale ammortamenti e svalutazioni
172
19.660
Esercizio:
Stampa Dettaglio Voci
3.B.14
Oneri diversi di gestione
3.B.TOT
Totale costi della produzione
Codice BdV:
Bilancio di Verifica al 31/12/2015
3.DIFF_TOT
Differenza tra valore e costi della produzione (A - B)
3.C
PROVENTI E ONERI FINANZIARI
80.806
162.437
1.987.336
1.527.077
-222.187
119.727
3.C.16
Altri proventi finanziari
Riferimenti Prospetto di Confronto
3.C.16.d
Proventi diversi dai precedenti
Codice Prospetto:
Bilancio al 31/12/2014
3.C.16.d.4
Proventi diversi dai precedenti da altre imprese
399
40
Codice BdV:
Bilancio di Verifica al 31/12/2014
3.C.16.d.TOT
Totale proventi diversi dai precedenti
399
40
3.C.16.TOT
Totale altri proventi finanziari
399
40
3.C.17
Interessi ed altri oneri finanziari
3.C.17.a
Interessi ed altri oneri finanziari verso imprese controllate
3.C.17.d
Interessi ed altri oneri finanziari verso altre imprese
100.000
ATTIVO
3.C.17.TOT
Totale interessi e altri oneri finanziari
100.002
91.609
1.A
CREDITI VERSO SOCI PER VERSAMENTI ANCORA DOVUTI
3.C.TOT
Totale proventi e oneri finanziari (15+16-17+-17-bis)
-99.603
-91.569
1.A.1
Versamenti non ancora richiamati
3.330
40.500
3.E
PROVENTI E ONERI STRAORDINARI
1.A.TOT
Totale crediti verso soci per versamenti ancora dovuti (A)
3.330
40.500
3.E.20
Proventi straordinari
1.B
IMMOBILIZZAZIONI
3.E.20.b
Altri proventi straordinari
1
1.B.1
IMMOBILIZZAZIONI IMMATERIALI
3.E.20.TOT
Totale proventi
1
1.B.1.90
Immobilizzazioni immateriali lorde
199.371
199.371
3.E.21
Oneri straordinari
1.B.1.91
Fondo ammortamento immobilizzazioni immateriali
182.193
182.193
3.E.21.c
Altri oneri straordinari
1.B.1.TOT
Totale immobilizzazioni immateriali
17.178
17.178
3.E.21.TOT
Totale oneri
1.B.2
IMMOBILIZZAZIONI MATERIALI
3.E.TOT
Totale delle partite straordinarie (20-21)
1.B.2.90
Immobilizzazioni materiali lorde
153.038
151.319
3.RIS_ANTE
Risultato prima delle imposte (A-B+-C+-D+-E)
1.B.2.91
Fondo ammortamento immobilizzazioni materiali
133.403
133.231
3.22
Imposte sul reddito dell'esercizio, correnti, differite e anticipate
1.B.2.TOT
Totale immobilizzazioni materiali
19.635
18.088
3.22.a
Imposte correnti sul reddito d'esercizio
1.B.3
IMMOBILIZZAZIONI FINANZIARIE
3.22.TOT
Totale delle imposte sul reddito dell'esercizio, correnti, differite e anticipate
1.B.3.1
Crediti
3.23
Utile (perdita) dell'esercizio
1.B.3.2
Altre Immobilizzazioni Finanziarie
1.010.500
832.000
1.B.3.TOT
Totale immobilizzazioni finanziarie
1.035.750
832.000
1.B.TOT
Totale immobilizzazioni (B)
1.072.563
867.266
1.C
ATTIVO CIRCOLANTE
1.C.2
CREDITI
1.761.663
2.542.181
1.C.4
DISPONIBILITA' LIQUIDE
1.C.TOT
Totale attivo circolante
1.D
RATEI E RISCONTI
1.TOT
Totale attivo
2
PASSIVO
2.A
PATRIMONIO NETTO
2.A.1
Capitale
236.380
67.500
2.A.2
Riserva da sopraprezzo delle azioni
195.000
195.000
1
Descrizione
31/12/2015 31/12/2014
25.250
39.235
21.048
1.800.898
2.563.229
317.250
3.169
3.194.041
3.474.164
2.A.4
Riserva legale
2.A.5
Riserve statutarie
2.A.7
Altre riserve, distintamente indicate
2.A.7.10a
Versamenti a copertura perdite
2.A.7.99
Varie altre riserve
2.A.7.TOT
Totale altre riserve
2.A.9
Utile (perdita) dell'esercizio
2.A.9.1
Utile (perdita) dell'esercizio
-332.507
2.A.9.TOT
Utile (perdita) residua
-332.507
6.297
2.A.TOT
Totale patrimonio netto
55.976
219.602
2.B
FONDI PER RISCHI E ONERI
20.995
20.995
2.C
TRATTAMENTO DI FINE RAPPORTO DI LAVORO SUBORDINATO
2.D
DEBITI
2.E
RATEI E RISCONTI
2.TOT
Totale passivo
3
CONTO ECONOMICO
3.A
VALORE DELLA PRODUZIONE
3.A.1
Ricavi delle vendite e delle prestazioni
3.A.5
Altri ricavi e proventi
3.A.5.b
3.A.5.TOT
3.A.TOT
Totale valore della produzione
3.B
COSTI DELLA PRODUZIONE
3.B.6
Costi per materie prime, sussidiarie, di consumo e di merci
3.B.7
Costi per servizi
3.B.8
Costi per godimento di beni di terzi
3.B.9
Costi per il personale
1.117
803
21.226
15.243
-65.240
-65.240
-65.240
-65.241
|
91.609
N
10.718
10.718
-10.717
-332.507
28.158
21.861
21.861
-332.507
6.297
-1
6.297
86.129
93.216
3.029.898
3.139.455
1.043
896
3.194.041
3.474.164
1.729.394
1.499.391
Ricavi e proventi diversi
35.755
147.413
Totale altri ricavi e proventi
35.755
147.413
1.765.149
1.646.804
eLeNCO TeSTATe IN eSCLUSIVA:
2.023
10.379
1.457.251
1.008.497
38.556
33.834
3.B.9.a
Salari e stipendi
344.288
219.718
3.B.9.b
Oneri sociali
48.557
55.498
3.B.9.c
Trattamento di fine rapporto, di quiescenza e altri costi
15.683
17.054
3.B.9.c.1
Trattamento di fine rapporto
15.683
16.867
3.B.9.c.3
Altri costi del personale
3.B.9.TOT
Totale costi per il personale
187
408.528
292.270
DI PIER GIACOMO GHIRARDINI
2
Pubblicazione ai sensi dell’articolo 12 della legge 5 agosto 1981 n.416
Foto: Ansa
Voce
Delle taumaturgiche
(ridicole) virtù
della titolazione
e della retrodatazione
6.164
Bilancio al 31/12/2015
Codice BdV originale:
QUESTO È IL #JOBSACT
187
Codice Prospetto:
Codice BdV originale:
CONSEQUENTIA
RERUM
2016 in italia gli occupati sono cresciuti, al netto dei fenomeni di
stagionalità, di 71 mila unità rispetto a maggio, secondo gli aggiornamenti diffusi
dall’Istat lo scorso 29 luglio. A guastare la festa sono i disoccupati che continuano a
crescere, in valore assoluto (di 27 mila unità) e in termini relativi (il tasso di disoccupazione è passato dall’11,5 all’11,6 per cento). Repubblica ha prontamente risolto il problema
titolando “cresce la platea” di coloro che si mettono alla ricerca di un impiego – che suona senz’altro meglio di “crescono i disoccupati”.
E se si allungano le code alle mense della Caritas la notizia non è però che “cresce la
platea” di coloro che scoprono di avere appetito: i poveri in più nel 2015 sono mezzo milione, come abbiamo scritto nello scorso numero.
Ma la chicca orwelliana è di Renzi – poteva forse deluderci? – che ha incontenibilmente twittato: «Fatti, non parole. Da febbraio 2014 a oggi, ISTAT certifica più 599MILA posti
di lavoro. Sono storie, vite, persone. Questo è il #jobsact».
Ora, se il calendario non è un’opinione, i provvedimenti legislativi del Jobs Act fanno
data dal 10 dicembre 2014 – e non dal 22 febbraio, quando Renzi subentrò al sereno Enrico – e l’assai generosa decontribuzione che ha consentito la crescita delle assunzioni è
partita dal 1° gennaio 2015. Per cui, anche attribuendo solo al governo il merito della susseguente rimonta del mercato del lavoro, i termini di confronto
sono giugno 2016 contro dicembre 2014: in questo lasso di tempo
dove ha potuto materialmente esprimersi l’effetto della riforma e
l’azione del governo, stando ai dati destagionalizzati Istat, gli occupati sono cresciuti di 390 mila unità, ossia 209 mila in meno
di quelli rivendicati dal cinguettio di Renzi, e questo incremento
sintetizza 299 mila dipendenti permanenti in più (inquadrati in
grandissima parte coi nuovi contratti a tutele crescenti), 99 mila
dipendenti a termine in più e 7 mila indipendenti in meno (più discrepanze statistiche). Ciò, nel medesimo lasso di tempo, ha comportato solo una marginale diminuzione dei disoccupati (152 mila in meno) che, nel 2016, si ostinano a rimanere incollati sulla
soglia dei 3 milioni di unità.
Voi direte che sono il solito precisino – che suona senz’altro
meglio di “cagacazzo” – ma ad oggi, nella migliore delle ipotesi,
questo è il #jobsact. E sul futuro ci resta solo da incrociare le dita,
visto che la decontribuzione per le assunzioni nel 2016 è stata abbattuta al 40 per cento e, nel mese di giugno, hanno smesso di crescere gli occupati a tempo indeterminato. Per non parlar del resto.
el mese di giugno
|
| 31 agosto 2016 |
39
InTeRnI
i proverbiali cento giorni dalla sua elezione a sindaco di Torino (anzi a “sindaca”, come preferisce definirsi in omaggio alla correttezza politica di genere),
ma non è peregrino né arbitrario sostenere che Chiara Appendino si avvia a confermarsi, come i più acuti e disincantati
osservatori delle vicende politiche sabaude l’hanno bollata, «il volto antisistema
del sistema». Ben lungi dal voler sovvertire gli assetti ideologici e di potere della città, da cui è tutt’altro che aliena, si
appresta a realizzare un’ulteriore ridefinizione di quel mix tra radicalismo (nei
contenuti) e moderazione (nei toni) che
ha reso il capoluogo piemontese il laboratorio dell’egemonia del “pensiero debole” (cioè del relativismo nei suoi esiti
totalitari). Null’altro, con nemmeno il
pregio di qualche estetismo scapigliato,
dell’eterna riproposizione del “giacobinismo mite” di galantegarroniana memoria. Per dirla con il comunista Marco Rizzo: «Sostanzialmente, un efficientamento del sistema». Il primo cittadino grillino ha in questo primo periodo dimostrato di sapersi muovere con “tecnicalità
dorotea”, ben attenta a non frantumare il
complesso consenso trasversale – ma con
una partecipazione al voto nei due turni di poco superiore al 50 per cento – di
tutti gli antifassiniani. Anche recuperando seconde linee del potere che fu, dentro e fuori i palazzi. Faccenda ben diversa
da quella palingenesi che ha rappresentato (più in senso teatrale che programmatico) durante la campagna elettorale
e che ha avuto la sua plastica rappresentazione il giorno dell’insediamento quando, col codazzo di consiglieri e assessori,
ha compiuto una discutibile “marcia sul
Palazzo” partendo da casa sua. Ma casa
sua non è, nemmeno simbolicamente, in
quelle periferie della città di cui s’è fatta
portavoce. Anzi.
Appendino è, sin dalla sua biografia,
ben lontana dall’immagine della pentastellata cittadina qualunque che può
innescare il cambiamento con la taumaturgica e onnipotente onestà (riedizione
della leninista cuoca in grado di governare la Russia in forza della scientificità del
marxismo). Brillante e poliglotta bocconiana, poco più che trentenne e per nulla
disattenta al suo aspetto esteriore, è figlia
di Domenico Appendino, manager e vice
presidente di Prima Industrie, all’avanguardia nei macchinari laser. L’azienda
è guidata oggi da Gianfranco Carbonato, attuale presidente di Confindustria
Piemonte. Può vantare uno stage alla
40
La finta
incendiaria
on sono ancora trascorsi
| 31 agosto 2016 |
|
Sotto la Mole, si è già capito che la “sindaca”
Appendino non farà fuoco e fiamme per
bruciare gli assetti di potere della città. Anzi.
Un po’ di anticlericalismo e un po’ di gender
sono il miglior volto antisistema del sistema
|
DI MARCO MARGRITA
Foto: Ansa
N
torino
|
| 31 agosto 2016 |
41
interni torino
Juventus (trasformato, nel curriculum
elettorale, in una più generica esperienza
in una società sportiva di prima grandezza). Appendino non ha certo difficoltà a
relazionarsi con la corte Agnelli. Andrea
l’ha voluta incontrare prima del ballottaggio, e, l’indomani della vittoria, John
Elkann ha prontamente apprezzato «la
volontà di cambiamento degli elettori».
Aggiungendo, tanto per far capire i margini d’azione, che «Torino è sempre stata
caratterizzata come città dal buon governo e da un governo serio e lo abbiamo
visto negli ultimi cinque anni con Fassino. Sono sicuro che avremo la possibilità
con il nuovo sindaco di poter mantenere
la tradizione di Torino».
il nuovo che avanza?
Una “libertà vigilata” che è, in fondo,
l’ambito in cui la prima cittadina ha
manifestato di volersi muovere. Pure Evelina Christillin, gran dama della Torino
olimpica e oggi alla guida della Fondazione del Museo Egizio e a capo dell’Enit,
non si è discostata dalle parole al miele
riservatele dalla “Torino che conta”: «È
istruita, colta, educata, borghese: potrebbe essere mia figlia. Questo rassicura molto i torinesi, anche quelli che non l’hanno
votata. Bisognerà poi vedere come gestirà il rapporto con alcuni di quelli che la
seguono. Penso ai No Tav, tra i quali ci
sono anche ottime persone, ma anche ai
go d’ufficio. D’altronde è stata la sindaca
la prima a dire, annunciando che al tavolo dell’Osservatorio si siederà almeno una
volta per proporre le ragioni dell’opzione
zero, che non «è tra i poteri del Comune
fermare l’opera».
Le dichiarazioni (ovvie, per altro, per
chi riveste una carica istituzionale) di
solidarietà alle forze dell’ordine e ai lavoratori in occasioni dei nuovi assalti al cantiere da parte dell’ala barricadera dei “treno crociati”, hanno già rassicurato i tanti
gattopardi sotto la Mole. A giocare il ruolo del “duro e puro” contro il “treno veloce”, par di capire, sarà affare del vicesindaco e assessore all’Urbanistica, Guido
Montanari, tecnico da sempre impegnato
nella lotta contro la Torino-Lione. A ciascuno il suo, insomma, per non scoprirsi
su nessun lato. Non proprio il nuovo che
avanza, se è concesso.
A proposito di assessori, significativo
quello “alle famiglie” assegnato all’ex presidente dell’Arcigay Marco Giusta. Provvedimento gay friendly tutt’altro che imbarazzante per la “gauche caviar”. L’assessore, suscitando qualche contenuto fastidio
addirittura nella felpatissima curia torinese, ha spiegato che la nuova denominazione «è un cambio di approccio, che
segna il passaggio dal concetto di famiglia a quello plurale di famiglie. Non è
solo una questione nominalistica, ma
un atto politico che consiste nel dare un
iL giusto tasso di odio anti-cattoLico, iL LegaLismo
appLicato ai nemici, iL poLiticamente corretto come
Linguaggio e La giusta trama di rapporti con i saLotti
Forconi e ai Borghezio».
La richiesta della testa di Francesco
Profumo, già rettore del Politecnico e
ministro dell’Istruzione, oggi presidente
della Compagnia di San Paolo, nei salotti buoni è stata vista come un necessario sparare al “bersaglio grosso” (per altro
ben sapendo che il margine per una rimozione è praticamente nullo). Le simpatie
per il movimento No Tav come un obbli42
| 31 agosto 2016 |
|
nome alle cose, a quelle realtà che già
esistono e che non trovano un riconoscimento nemmeno nel linguaggio». Aprendo alla possibilità di utilizzare le formule genitore 1 e genitore 2, ha poi chiarito che a suo dire «non c’è nulla di naturale nella famiglia, come ricorda nel suo
ultimo libro Chiara Saraceno» (la sociologa di riferimento di Repubblica, ndr).
Affermazioni niente male per chi affon-
da le proprie origini d’impegno pubblico in parrocchia (ma questo è un discorso più ampio).
Dal mondo cattolico, su posizioni
iper-dissidenti che lo hanno portato ad
abbandonare prima il seminario e poi
la Chiesa, arriva l’onnipresente capo di
gabinetto Paolo Giordana. Basti ai lettori,
per farsi un’idea, il ritratto che ne dipingeva qualche tempo fa il quotidiano online Lo Spiffero: «Funzionario comunale
del settore Cultura, con cui la Appendino ha scritto a quattro mani il libro-manifesto La città solidale, per una comunità
urbana. Entrato in municipio come staffista dell’allora assessore liberale Paolo
Peveraro, che in passato aveva intrapreso la carriera sacerdotale, salvo lasciare il seminario in polemica con le gerarchie ecclesiastiche (una sorta di padre
Charamsa sabaudo), convertirsi alla fede
ortodossa di un non meglio precisato rito
(secondo alcuni del tutto “eretico”) e in
nome di questa “rianimare” una chiesa sconsacrata in corso Inghilterra, dove
peraltro ha celebrato messe e officiato
riti, finché i proprietari non gli hanno
imposto la restituzione delle chiavi. Oggi
al posto della chiesa c’è un sushi bar».
L’azionismo di sempre
Indizi, ma ne ce sarebbero altri ancora,
che spiegano come ci si trovi di fronte a
una versione 2.0 dell’azionismo di sempre. A una nuova élite che del popolo può
al massimo servirsi più che servirlo. Gli
ingredienti ci sono tutti: il giusto tasso di
odio anti-cattolico, il legalismo applicato soprattutto ai nemici, il politicamente corretto come linguaggio e – non certo
per ultima – la giusta trama di rapporti
con i salotti più influenti. Infine: poiché,
prima di sedere in Sala Rossa, la quasi
metà dei consiglieri del monocolore grillino risultava disoccupata, è facile scommettere che in futuro certe vecchie dinamiche da Prima Repubblica torneranno
a riproporsi: o avete dubbi che qualcuno
preferisca tirare a campare piuttosto che
tirare le cuoia?
n
3.B.9
Costi per il personale
3.B.9.a
Salari e stipendi
529.611
3.B.9.b
Oneri sociali
137.770
3.B.9.c
Trattamento di fine rapporto, di quiescenza e altri costi
PUBBLICAZIONE BILANCIO AL 31.12.2015
DI VITA NUOVA SOCIETà COOPERATIVA
3.B.9.c.1
Trattamento di fine rapporto
13.165
3.B.9.c.3
Altri costi del personale
12.590
3.B.9.TOT
Totale costi per il personale
3.B.10
Ammortamenti e svalutazioni
3.B.10.c
Ammortamento e svalutazione delle immobilizzazioni materiali e immateriali
693.136
3.B.10.c.1
dellenelle
immobilizzazioni
immateriali
Ai sensi dell’articolo 9 della delibera 129/02/Cons. dell’Autorità
per Ammortamento
le garanzie
comunicazioni
2999
VITA NUOVA SOC. COOP. A R.L.
Dati Generali
3.B.10.TOT
Totale ammortamenti e svalutazioni
3.B.14
Oneri diversi di gestione
3.B.TOT
Totale costi della produzione
3.DIFF_TOT
Differenza tra valore e costi della produzione (A - B)
3.C
PROVENTI E ONERI FINANZIARI
3.C.16
Altri proventi finanziari
3.C.16.d
Proventi diversi dai precedenti
26.578
26.578
26.578
5.387
1.295.911
9.343
Sede Legale:
VIA F. CONFALONIERI 38
3.C.16.d.4
Proventi diversi dai precedenti da altre imprese
2
Codice Fiscale:
08962540962
3.C.16.d.TOT
Totale proventi diversi dai precedenti
2
Partita IVA:
08962540962
2
3.C.16.TOT
Totale altri proventi finanziari
3.C.17
Interessi ed altri oneri finanziari
3.C.17.d
Interessi ed altri oneri finanziari verso altre imprese
3.C.17.TOT
Totale interessi e altri oneri finanziari
Riferimenti Prospetto
3.C.TOT
Totale proventi e oneri finanziari (15+16-17+-17-bis)
Esercizio:
Stampa Dettaglio Voci
3.E
PROVENTI E ONERI STRAORDINARI
Codice Prospetto:
Bilancio al 31/12/2015
3.E.21
Oneri straordinari
Codice BdV:
Bilancio di Verifica al 31/12/2015
3.E.21.c
Altri oneri straordinari
3.E.21.TOT
Totale oneri
3.E.TOT
Totale delle partite straordinarie (20-21)
3.RIS_ANTE
Risultato prima delle imposte (A-B+-C+-D+-E)
Codice BdV originale:
Voce
Descrizione
3.902
3.902
-3.900
100
-100
3.22
Imposte sul reddito dell'esercizio, correnti, differite e anticipate
3.22.a
Imposte correnti sul reddito d'esercizio
2.000
1.B
IMMOBILIZZAZIONI
3.22.TOT
Totale delle imposte sul reddito dell'esercizio, correnti, differite e anticipate
2.000
1.B.1
IMMOBILIZZAZIONI IMMATERIALI
3.23
Utile (perdita) dell'esercizio
3.343
1.B.1.90
Immobilizzazioni immateriali lorde
1.B.1.91
Fondo ammortamento immobilizzazioni immateriali
Totale immobilizzazioni immateriali
106.313
106.313
Totale immobilizzazioni (B)
ATTIVO CIRCOLANTE
1.C.2
CREDITI
1.C.4
DISPONIBILITA' LIQUIDE
1.C.TOT
Totale attivo circolante
1.D
RATEI E RISCONTI
1.TOT
Totale attivo
2
PASSIVO
2.A
PATRIMONIO NETTO
2.A.7
Altre riserve, distintamente indicate
11.675
600.425
5.143
711.881
Varie altre riserve
1
Totale altre riserve
1
2.A.9
Utile (perdita) dell'esercizio
2.A.9.1
Utile (perdita) dell'esercizio
3.343
2.A.9.TOT
Utile (perdita) residua
3.343
2.A.TOT
Totale patrimonio netto
2.C
TRATTAMENTO DI FINE RAPPORTO DI LAVORO SUBORDINATO
-16.236
2.D
DEBITI
601.693
3.344
2.E
RATEI E RISCONTI
123.080
2.TOT
Totale passivo
711.881
3
CONTO ECONOMICO
3.A
VALORE DELLA PRODUZIONE
3.A.1
Ricavi delle vendite e delle prestazioni
3.A.5
Altri ricavi e proventi
3.A.5.a
Contributi in conto esercizio
3.A.5.b
Ricavi e proventi diversi
3.A.5.TOT
Totale altri ricavi e proventi
3.A.TOT
Totale valore della produzione
3.B
COSTI DELLA PRODUZIONE
3.B.6
Costi per materie prime, sussidiarie, di consumo e di merci
112.187
3.B.7
Costi per servizi
384.548
Costi per godimento di beni di terzi
Costi per il personale
02
Pubblicità
751.500
03
- Diretta
04
- Tramite concessionaria
750.000
74.075
05
Ricavi da editoria on line
10.106
06
- Abbonamenti
07
- Pubblicità
08
Ricavi da vendita di informazioni
0
09
Ricavi da altra attività editoriale
0
10
Totale voci 01+02+05+08+09
240.000
306
240.306
529.611
3.B.9.c
Trattamento di fine rapporto, di quiescenza e altri costi
3.B.9.c.1
Trattamento di fine rapporto
13.165
3.B.9.c.3
Altri costi del personale
12.590
Ammortamento e svalutazione delle immobilizzazioni materiali e immateriali
1.500
1.305.254
137.770
3.B.10.c
DETTAGLIO VOCI ATTIVITÀ EDITORIALE
303.342
Salari e stipendi
Totale costi per il personale
Anno 2015
Vendita di copie
Oneri sociali
Ammortamenti e svalutazioni
Codice fiscale: 08962540962
01
3.B.9.a
3.B.9.TOT
Soggetto segnalante: VITA NUOVA SOCIETA' COOPERATIVA
1.064.948
3.B.9.b
3.B.10
N
588.750
2.A.7.TOT
3.B.8
DI MAURIZIO TORTORELLA
26.578
2.A.7.99
3.B.9
|
132.891
1.B.1.TOT
1.B.TOT
L’uso della denuncia anonima
è illegale, e però è legale.
Strane sentenze di Cassazione
5.343
ATTIVO
1.C
DIMENTICATE IL CODICE DI PROCEDURA PENALE
100
1
31/12/2015
VOSTRO ONORE
MI OPPONGO
25.755
25.755
693.136
0
10.106
26.578
3.B.10.c.1
Ammortamento delle immobilizzazioni immateriali
26.578
3.B.10.TOT
Totale ammortamenti e svalutazioni
26.578
3.B.14
Oneri diversi di gestione
3.B.TOT
Totale costi della produzione
3.DIFF_TOT
Differenza tra valore e costi della produzione (A - B)
3.C
PROVENTI E ONERI FINANZIARI
3.C.16
Altri proventi finanziari
3.C.16.d
Proventi diversi dai precedenti
3.C.16.d.4
Proventi diversi dai precedenti da altre imprese
5.387
1.295.911
9.343
1.064.948
essuno, qui, può o vuole impancarsi a giurista.
Però, sommessamente, va detto
che strane cose stanno accadendo in Corte di cassazione. A tutti gli studenti di Giurisprudenza viene insegnato che il codice di procedura penale prevede che delle denunce anonime non possa essere fatto alcun uso, salvo alcune rarissime eccezioni (fondamentalmente, se le denunce stesse sono in sé il corpo di
Riassumo brevemente quel che avete
un reato). È ovvio che sia così, è razionale. Anzi, è un fondamentale principio gaappena letto. La denuncia anonima non
rantista: il divieto per le forze dell’ordine e per l’autorità giudiziaria di raccogliere
dovrebbe essere utilizzata da agenti e
una denuncia anonima serve proprio a garantire il diritto alla difesa del presunto
magistrati; però “se serve per individuareo, il quale può tutelare i suoi diritti soltanto conoscendo i fatti che gli vengono
re un reato”, allora può essere utilizzaaddebitati e l’autore delle accuse. Inoltre, una società che prendesse per buone le
ta. Vi pare normale? Vi pare logico? A me
delazioni anonime (come per esempio faceva la Repubblica Veneta nel Settecenno. Anzi, il ragionamento della sentento), darebbe la stura a un uso strumentale degli esposti, esponendosi a mille abuza mi pare irrimediabilsi e vendette.
mente contraddittorio,
Proprio pochi giorni fa, invece, la sePER LA SUPREMA CORTE «UNA DENUNCIA
incoerente, quasi parasta sezione della Corte di cassazione, con
ANONIMA NON PUò ESSERE POSTA A
dossale. Se in base al cola sentenza numero 34450 del 4 agosto
fONDAMENTO DI ATTI TIPICI D’INDAGINE», dice una denuncia anoniche motivava una condanna dello scorTUTTAVIA I SUOI «ELEMENTI» POSSONO
ma è inutilizzabile in un
so aprile, ha stabilito che anche una deprocedimento penale, lo
nuncia anonima possa essere utilizza«STIMOLARE L’INIZIATIVA DEL PM»
è sempre. Non diventa
ta dall’autorità giudiziaria per ordinare
perquisizioni e sequestri.
bilisce la sentenza (la citazione è lunga, improvvisamente legittima e utilizzabile
ma merita di essere trascritta per intero): “se può essere utile per l’individuazione
Un ragionamento paradossale
di un reato”: non può, perché questo è un
In questo caso, la Cassazione doveva de«Una denuncia anonima non può essere rimbalzo del tutto illogico.
Ammettiamo che debba essere così.
cidere il ricorso di un dipendente pubbliposta a fondamento di atti tipici d’indagico che nel dicembre 2015 aveva pubblicane e quindi non è possibile procedere a per- Ma allora chi stabilisce a priori quale deto su Facebook una serie di dichiarazioni
quisizioni, sequestri e intercettazioni telefo- nuncia anonima sia potenzialmente “utioffensive verso il presidente della Repubniche, trattandosi di atti che implicano e le a individuare un reato” e quale inveblica. L’uomo, un quarantenne di Ancopresuppongono l’esistenza d’indizi di reità. ce sia “inutile”? Il poliziotto? Il pubblico
na, era stato segnalato con un esposto
Tuttavia, gli elementi contenuti nelle de- ministero? E come fanno a deciderlo, coanonimo e la polizia giudiziaria gli avenunce anonime possono stimolare l’attività storo, senza indagare (illegittimamente)?
va sequestrato il cellulare e gli hard disk
di iniziativa del pubblico ministero e della Pacatamente, io penso che questa sentendei due computer, a casa e al lavoro. L’impolizia giudiziaria al fine di assumere dati za sia quanto meno bizzarra. Vorrei tanputato lamentava proprio che tutto fosse
conoscitivi, diretti a verificare se dall’ano- to che un giurista vero mi spiegasse dove
partito da un esposto anonimo.
nimo possano ricavarsi estremi utili per sbaglio. Ma chi cassa la Cassazione?
Ecco, parola per parola, che cosa stal’individuazione di una notitia criminis».
Twitter @mautortorella
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cULtUrA
falSa teStImonIanza
IL LIBRO
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DI PIetro PIccInInI
Contro
gli illustri
bigotti
Dieci menzogne e false accuse contro la Chiesa
e gli odiati cattolici smontate da uno studioso
non sospettabile di partigianeria.
Dalle crociate alle streghe, da Galileo a Colombo.
Intervista a Rodney Stark sul suo nuovo libro
P
quello che è forse il
più efficace apologeta vivente del
ruolo della Chiesa di Roma nella
storia dell’Occidente non è neanche cattolico. Anzi, come spiega lui stesso nel
suo ultimo libro, è «cresciuto nei fasti della Riforma» e «come tutti i luterani» ogni
domenica alla funzione veniva «illuminato sulla perversione dei cattolici». Se Rodney Stark ha deciso di scrivere Bearing
False Witness: Debunking Centuries of
Anti-Catholic History (“Falsa testimonianza. Sfatare secoli di storia anticattolica”),
non è dunque per un impulso partigiano
a difendere una bandiera che non è mai
stata sua. Piuttosto «ho scritto questo libro
per difendere la storia».
Sociologo della religione e professore alla Baylor University, ateneo cristiano battista del Texas dove dirige l’Istituto di studi sulla religione, Stark è autore
di decine di titoli di successo in molti paesi del mondo (apprezzati in Italia La vittoria della ragione e La vittoria dell’Occidente, dedicati alla «negletta storia» di come
sia stato proprio il disprezzato cristianesimo a produrre la libertà, il progresso e la
ricchezza della nostra civiltà). In Bearing
False Witness ha raccolto i dieci «miti anticattolici» in cui si è imbattuto più spesso nel corso dei suoi innumerevoli studi.
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aradossalmente
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Dieci menzogne e false accuse che secondo Stark hanno avuto e hanno nel pensiero comune «conseguenze troppo pervasive
per essere lasciate a confutazioni sparse».
L’antisemitismo motivato teologicamente dall’accusa di deicidio; l’esistenza di vangeli “illuminati” insabbiati da
un clero ottuso; lo sterminio dei pagani
seguìto alla “conquista” cristiana di Roma;
i “secoli bui” del Medioevo interrotti finalmente dalla rivoluzione razionale dei
Lumi; le crociate come primo sanguinoso atto di colonialismo europeo; i crimini
dell’Inquisizione spagnola e la caccia alle
streghe; il caso Galileo, prova della fobia
della Chiesa verso la scienza; la giustificazione della schiavitù; il sostegno alle dittature contro la democrazia; la superiorità
sociale e civile della Riforma protestante.
Facendo nomi e cognomi e decine di citazioni, Stark massacra nel libro quelli che
lui chiama «illustri bigotti», i colleghi studiosi che invece di comportarsi come tali
«hanno abbracciato avidamente» le bufale anticattoliche, essendo «così convinti
della depravazione e della stupidità della
Chiesa cattolica romana da non aver bisogno di cercare conferme ulteriori», sebbene qualcuno di loro dovesse essersi accorto che tante di quelle storie erano «saltate
fuori dal nulla». Vedi per esempio la leg-
BEARING
FALSE
WITNESS
R. Stark
Templeton Press
genda che vuole che Cristoforo Colombo
abbia scoperto l’America nel tentativo di
dimostrare con la navigazione che la Terra è tonda e non piatta, come invece ancora credevano i cardinali spagnoli avversari della sua impresa. Una panzana pura
e semplice inventata di sana pianta nel
1828 da uno scrittore, Washington Irving,
noto più che altro per avere creato il cavaliere senza testa di Sleepy Hollow, eppure
rimasta «nei libri di testo e nella cultura
popolare per decenni anche dopo che gli
studiosi erano risaliti alle sue origini fraudolente» (in Austria e Germania nel 2009
si insegnava ancora nelle scuole).
Un Papa non cattolico
L’ostilità degli “illustri bigotti” alla Chiesa, spiega Stark a Tempi, viene da lontano. «La Riforma e le successive guerre
di religione generarono aspri odii e false accuse» che «hanno resistito» nei secoli. «Troppo ancora ne rimane nella cultura popolare delle nazioni protestanti», aggiunge. «Invece non so quanti miti
malevoli antiprotestanti permangano
nelle nazioni cattoliche». E se nell’antica Roma, secondo la tesi di E. Mary Smallwood ripresa nel libro, era «l’esclusività»
degli ebrei e dei cristiani a generare impopolarità e persecuzione, negli ultimi secoli «l’antagonismo del politeismo rispetto
al monoteismo che motivava l’antisemitismo e l’anticristianesimo è stato sostituito dall’antagonismo laicista verso tutte le
religioni che comprendano insegnamenti tradizionali e pretese di verità». Di qui
anche «la richiesta che il Papa, a tutti gli
effetti, smetta di essere cattolico».
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cultura falsa testimonianza
Secondo Stark «furono Voltaire e i suoi
colleghi a inventare i secoli bui, e lo fecero allo scopo di poter proclamare che stavano liberando la civiltà dall’arretratezza
religiosa». Mentre nella realtà un Medioevo oscurantista non è mai esistito. Al
contrario, «la chiave più importante per
l’ascesa della civiltà occidentale – si legge nel libro – è stata la dedizione di tante
menti brillanti alla ricerca della conoscenza. Non di un’illuminazione. Non dell’illuminismo. Non della saggezza. Della conoscenza!». E per Stark è assolutamente sensato il fatto che molte di queste “menti
brillanti” fossero cristiani medievali, perché, ci spiega, «il cristianesimo è una religione teologica (basata sul ragionamento
intorno a Dio) che non solo è coerente con
gli sforzi scientifici di spiegare il mondo,
ma che ha dato vita alla scienza: la scienza
non è accaduta altrove, poiché le religioni
tà sorprendente, almeno a livello mediatico. Anche quando le loro tesi disoneste
sono state già smentite e loro stessi hanno
ammesso la propria ostilità alla Chiesa. È
il caso – ricostruito nel libro – di John Cornwell, celebre autore de Il Papa di Hitler,
pietra miliare della propaganda anti-Pio
XII, screditato abbondantemente e ripetutamente eppure ogni volta rilanciato dalla stampa o riciclato in altri testi, errori
compresi. Il fatto è che, commenta amaramente Stark, «alla stampa piacciono sempre gli scandali e le notizie negative». E poi
«i media sono davvero prevenuti nei confronti della religione».
Se è vero che gli “illustri bigotti” alimentano «molto anticattolicesimo “informato”», godendo di un’immeritata copertura mediatica, come può prevalere la
verità nella battaglia delle idee? Stark non
ha dubbi: «Perché fidarsi dei “miei” esper-
«NON credO che l’OccideNte cristiaNO stia
diveNtaNdO iNtOlleraNte. credO che l’OccideNte
NON-cristiaNO stia diveNtaNdO iNtOlleraNte»
che guardavano l’universo come un mistero impenetrabile rendevano assurdo ogni
sforzo scientifico». Ma nel tempo le opinioni di Voltaire e degli illuministi «furono
accreditate da alcuni intellettuali che si
opponevano a tutte le religioni e da molti altri che credevano erroneamente che
quei filosofi stessero solo rivelando i peccati del cattolicesimo», continua lo studioso.
comodi pregiudizi
C’è un motivo se «oggi ormai perfino le
enciclopedie popolari riconoscono che i
secoli bui erano un mito». Significa che
almeno su questa leggenda lo studio della storia ha prevalso sull’ideologia. Succede continuamente, solo che nessuno se ne
accorge. Per smontare le dieci bufale storiche anticattoliche Stark stesso si appoggia sulle «opinioni prevalenti fra gli esperti qualificati», peccato che, da una parte,
questi ultimi «scrivono sempre l’uno per
l’altro e non si impegnano a condividere il
loro sapere con il pubblico di lettori generale»; mentre, dall’altra, gli “illustri bigotti” continuano a godere di una credibili48
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ti piuttosto che di quelli che hanno opinioni anticattoliche? Perché le mie opinioni si basano sul consenso di storici autorevoli e qualificati, che io cito attentamente, mentre le sciocchezze anticattoliche
non hanno sostenitori qualificati». E come
sono considerati, nell’ambiente accademico e dal pubblico, gli studi di Stark? «I miei
libri hanno raccolto buone recensioni da
parte degli studiosi. Non che mi importi davvero. Quanto al pubblico, dia un’occhiata su Amazon alle recenti recensioni
di Bearing False Witness scritte dai lettori:
sono sorprendentemente positive».
Di sicuro, per sostenere le tesi di Bearing False Witness ci vuole del coraggio.
Nel primo capitolo, per intenderci, l’autore si esercita nello smontare l’idea che
«per secoli la persecuzione degli ebrei è
stata giustificata [dalla Chiesa] nel nome
di Dio». Un pregiudizio talmente radicato nell’immaginario collettivo che metterlo in dubbio risulterebbe quasi improponibile perfino ai cattolici stessi. Invece il professore della Baylor University, sulla base
dei documenti storici e non certo di posi-
zioni “papiste” precostituite, dice a Tempi
di aver scoperto già molto tempo fa che, in
realtà, «i cristiani che incolpavano gli ebrei
per la Crocifissione tendevano anche ad
accettare forme laiche di antisemitismo»,
e che quindi l’odio verso gli ebrei non è
affatto una “invenzione” cattolica. Al contrario, continua, «quello che ho appreso in
seguito è la larga misura con cui la Chiesa aveva protetto gli ebrei dalla violenza».
come la vede Obama
Anche quando si arriva a lambire l’attualità, Stark non si fa molti problemi a rovesciare le visioni mainstream. Nel volume
scrive che le prime offensive della civiltà cristiana (non della Chiesa) contro le
altre religioni e le eresie avvennero nel
secolo XI, quando cioè la supremazia cristiana si vide minacciata dall’espansione
dell’islam. Ma è sbagliato teorizzare che
oggi in Occidente stia accadendo qualcosa di analogo. Lo “scontro di civiltà” non
è un frutto marcio della nostra islamofobia. Dice Stark a Tempi: «Non credo che
l’Occidente cristiano stia diventando intollerante. Credo che l’Occidente non-cristiano stia diventando intollerante: in alcuni
paesi europei ci sono leggi contro il cosiddetto hate speech che vietano la lettura in
pubblico di alcuni passaggi della Bibbia».
Nel libro c’è poi un accenno polemico a
Barack Obama, che l’anno scorso ha contribuito a diffondere la lettura anticattolica delle crociate (autentico cavallo di battaglia per Stark) dichiarando che non tutta
la violenza religiosa nella storia è venuta
dall’islam, e che anche i cristiani «hanno
compiuto azioni terribili nel nome di Cristo». Il commento di Stark è asciutto: «Se
il terrorismo proseguirà, e lo farà – ci dice
– le visioni come quella di Obama saranno screditate: io sono convinto che assisteremo a una rinascita del sostegno nei confronti dell’impegno giudeo-cristiano».
E Stark, non cattolico, non battista e
non più luterano, in cosa crede? «Ho perso la fede luterana quando ero un ventenne e sono rimasto senza fede (ateo mai)
fino alla sessantina, quando anni passati a
scrivere sulla religione mi hanno portato
a concludere che il cristianesimo offre la
spiegazione della vita più plausibile». n
cultura trovare se stessi
il Saggio
iL Mio Posto
P. P. Bellini
Mondadori
19,00 euro
«S
ono inutile», «non ho più alcu-
na possibilità di realizzarmi», furono i refrain di un
pranzo svoltosi un pomeriggio di più di
vent’anni fa. Ad ascoltare i lamenti di
un gruppo di studenti bocciati al test
per l’ammissione alla facoltà di Medicina, c’era Pier Paolo Bellini, ricercatore in Sociologia dei processi culturali e
comunicativi all’Università degli Studi
del Molise, musicista e compositore. Dalle
riflessioni su quelle parole è nato un corposo saggio, Il mio posto. Sociologia della realizzazione, pubblicato da Mondadori Education e presentato alla Camera lo
scorso 13 luglio con il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti. «Ho iniziato a cercare di capire quali concezioni del mondo potessero giustificare le affermazioni
dei miei e di tanti altri studenti, da dove
venissero e quali fossero le radici dei percorsi realizzativi odierni indagando un
campione di circa 800 partecipanti ai test
di Medicina».
Nel saggio c’è posto per una domanda
importante: che cos’è il bene per l’uomo? E, in particolare, come comportarsi
con i giovani, incapaci di affrontare gli
ostacoli che si oppongono ai loro progetti e desideri? Come si è arrivati a
questa giovinezza imprigionata davanti
alla soglia del lavoro?
Si è perso qualcosa di radicale nell’uomo. Con l’avvento della modernità, e
ancor più della postmodernità, il rapporto tra gli individui e il sistema socia-
Il posto
del lavoro
Perché oggi il mestiere che facciamo diventa
spesso il cappio cui appendiamo la nostra vita?
E perché abbiamo scambiato la nostra
vocazione con la nostra realizzazione?
Domande al sociologo Pier Paolo Bellini
|
DI caterIna gIojellI
dell’identità attraverso “quello che uno
fa”: esiste infatti un legame misterioso tra
l’azione sociale e la definizione di ciò che
si è; qui il lavoro ricopre un ruolo assolutamente centrale. La terza è ciò che uno
crede: c’è anche qui un misterioso legame tra identità personale e ciò su cui essa
poggia i piedi, la sua fede, o la sua fiducia.
È dalle nostre decisioni quotidiane rispetto alle relazioni da preservare, le azioni da compiere e i valori da affermare,
cioè da un rapporto attivo tra soggetto e
ambiente, che l’individuo negozia la propria identità e quindi la propria realizzazione. Questo rapporto nelle diverse epoche è andato in crisi producendo strane
dinamiche e incongruenze, che si palesano in modo eclatante nell’approccio alle
scelte lavorative di oggi.
È quella che nel libro lei chiama la divisione del lavoro sociale e il paradosso
della scelta.
Con l’avvento della modernità si sono
moltiplicati i ruoli lavorativi disponibili e
quindi la possibilità per tutti di trovare il
proprio posto, di costruire la propria identità ma anche nuove problematiche. Émile Durkheim è tra i primi ad indagare tempi e processi della specializzazione, definendola un «fenomeno biologico generale, che trascina nella medesima direzione
l’intero mondo vivente», una differenziazione costante e naturale che muove ogni
realtà vivente. Ma porta alla realizzazione, alla felicità? Se la felicità fosse il motore di questo processo dovremmo veder-
«l’uomo vive un paradoSSo: è biologicamente
impreparato per il numero di Scelte che deve
affrontare nel mondo moderno»
le ha subito trasformazioni che hanno
messo in discussione i fondamenti tradizionali: nel Medioevo un cavaliere era un
cavaliere e un contadino era un contadino, per gli altri oltre che per se stessi; forse non era contento di essere tale ma era
certo della sua traiettoria nella sua, felice o meno, realizzazione sociale. Questa
realizzazione, che coincide con la costruzione della propria identità – il proprio
compito, il trovare “se stessi” nel mondo –, è data dall’interagire di tre prospettive diverse che nel libro chiamo “radici
realizzative”: l’io che viene chiamato, l’io
che fa, l’io che crede. La prima è di natura “relazionale”: l’io si costruisce intorno
a come viene chiamato dagli altri fin da
quando viene al mondo, dal nome che gli
viene dato dai genitori al rapporto con
le persone care, all’incontro con gli altri
“estranei”. La seconda è la costruzione
la aumentare con le possibilità di scelta.
Invece «diminuisce e in proporzioni gravissime proprio nel momento in cui la
divisione del lavoro si sviluppa», prova ne
è che i tassi di suicidi sembrano accrescersi man mano che l’industria, le arti e le
scienze progrediscono. Trovare il proprio
posto nel mondo allora non coinciderebbe con la realizzazione piena di sé, con la
felicità, ma con l’occupare il posto che la
società prevede per renderci utili. Amplificando la gamma di scelte inoltre, avverte la psicologia sociale, si amplifica la possibilità che si incorra nel rammarico ogni
volta che un’alternativa si rivela migliore
della decisione presa, e che si perda il valore, la capacità di apprezzare il posto che si
è trovato. Insomma, l’uomo vive un paradosso: è biologicamente impreparato per
il numero di scelte che deve affrontare nel
mondo moderno.
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cultura trovare se stessi
Cos’è diventato il lavoro oggi?
Il lavoro oggi ha perso la sua funzione
di sostentamento per diventare un mezzo
per realizzare la propria persona. Intervistati sulle ragioni del lavorare (indagine
Eicahrdus e Smits, 2008), il 38 per cento
dei giovani definisce il lavoro un «dovere», il 46 per cento una «attività necessaria per evitare la vergogna di vivere fuori
dal benessere» e l’86 per cento degli intervistati concorda che esso sia «una condizione fondamentale per l’autorealizzazione». Queste risposte, oltre a sottendere il rischio che i giovani si dimentichino
che il lavoro non è gratis, portano anche
a una strana equazione: se una persona è
costretta a lavorare per mangiare, significa che vive in una situazione di semiindigenza per cui è portata a provare vergogna. Non solo, persi nel moltiplicarsi esorbitante delle opzioni e delle attese
di cui è stato caricato, non è più il lavoro
“in generale” a nobilitare l’uomo, ma solo
“quello specifico lavoro”, il “mio”. Se quel
lavoro mi è impedito allora la mia vita
è inutile. Pensiamo al fenomeno della
in sostanza, non solo nobilita, ma anzi
salva l’uomo. Anche questo sistema tuttavia presenta l’aspetto irrazionale di non
essere costruito per la felicità e il godimento delle persone, il guadagno diventa lo scopo e non il mezzo per soddisfare il bisogno materiale; il professionista
non gode dei suoi beni ma li investe, continuamente; l’altro diventa un estraneo,
un potenziale competitor e da trattare
con le dovute distanze. L’uomo è rimasto solo.
Una credenza, scrive nel saggio, è ancora un collante indispensabile per sostenere il sistema. Ma credere in che cosa?
Oggi la certezza della nostra azione sociale è quasi esclusivamente motivata non dalla fede ma dalla fiducia nel
sistema, facciamo cioè affidamento su
una sorta di affidabilità del sistema che
non dipende dalle nostre motivazioni: gli
aspiranti medici che ho intervistato mi
hanno detto che «i posti a Medicina sono
così pochi che se sono stato ammesso
significa che quella è la mia strada, sono
“chiamato” a fare quel mestiere», in caso
«la possibilità di scegliere ciò per cui ci si sente
portati e pieni di talento sta assumendo
i contorni di una patologia postmoderna»
disoccupazione volontaria: il caso dell’Ilva di Taranto e degli operai che difendono il proprio posto in fabbrica ha riproposto drammaticamente lo scarto tra la concezione realizzativa di chi rifiuta un lavoro giudicato inadatto e quella sostanziale,
di sostentamento, dell’attività lavorativa.
In questo quadro di crisi dovremmo recuperare la dimensione sostanziale, l’unica
che ci permette di ritrovare una dimensione realistica rispetto alle attese: l’uomo non è riducibile al lavoro che fa, altrimenti il lavoro diventa ideologia, e l’ideologia dimentica l’uomo.
Quando il lavoro ha smesso di essere sostentamento diventando realizzazione?
Il superamento della concezione classica, che considerava il lavoro come punizione o obbligo per chi non poteva vivere
di rendita, avviene col cristianesimo, ma
più radicalmente con la concezione del
mondo calvinista con la quale fede e lavoro, osserva Max Weber, stringono un inedito “patto di ferro”: la teoria della “predestinazione” mette l’uomo nella condizione ansiogena di trovare nelle azioni
che compie un segno della decisione divina rispetto al suo destino, le opere diventano così «il mezzo tecnico non per ottenere la salvezza, ma per liberarsi dall’ansia per la salvezza». La riuscita del lavoro,
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contrario «significa che quella non è la
mia strada, quindi non sento venir meno
nulla». Il test di Medicina, un test che tutti sappiamo quanto è male strutturato,
diventa così il mezzo per verificare la propria vocazione.
Individuate le radici storiche, come si
recupera in questa confusione una dimensione umana del lavoro?
Dobbiamo tornare alle tre radici realizzative dell’io, perché quello che il sistema professionale sta perdendo è una proprietà specifica dell’azione umana. Cito
un esperimento condotto al Max Planck
Institute dove, osservando il comportamento delle scimmie antropomorfe e
quello dei piccoli d’uomo, è emerso un
“gene comportamentale” esclusivamente umano: i bambini neonati sono capaci di gesti di altruismo, di indicare gratuitamente il cibo o i beni agli altri. Le scimmie no, dal che si deduce che è la partecipazione, e non le ricompense esterne, a
motivare l’uomo fin dalla nascita, senza
alcuna educazione e influenza. Se il lavoro vuole essere umano non può dimenticare questa dimensione iscritta nella biologia e ormai demandata esclusivamente
al “buon cuore” della gente. Un sistema
che non valorizza culturalmente, economicamente, questa dimensione di gratu-
ità o altruismo non è un sistema umano,
perché la persona umana non può trovare compimento in se stessa se non con il
raggiungimento della propria realizzazione con gli altri e per gli altri. Recenti ricerche sulla felicità hanno dimostrato infatti che non esiste correlazione tra
condizioni di vita e di lavoro e soddisfazione espressa dalle persone. Se i soldi
dunque non fanno la felicità, cosa può
farlo? Le relazioni. Un altro che diventa
un bene per me. L’io “che viene chiamato”, appunto. La seconda radice, l’io che
opera, ci impone di tornare all’etica artigiana del lavoro ben fatto, quella che il
poeta Charles Péguy raccontò spiegando
che una sedia doveva essere ben fatta non
«per il padrone»: «Non si trattava di essere visti o di non essere visti. Era il lavoro
in sé che doveva essere ben fatto». L’opera
in definitiva non è sinonimo di cose grandi, ma di cose utili al proprio e all’altrui
bene: solo così ogni lavoro può farsi opera e dare dignità a chi lo compie.
Terza radice: l’io che crede.
Dobbiamo spogliare di sacralizzazione “quel certo tipo di lavoro”: la possibilità di scegliere ciò per cui ci si sente portati e pieni di talento sta assumendo i contorni di una patologia postmoderna. Provocatoriamente potremmo affermare che
il nostro posto è quello in cui siamo, nella possibilità che abbiamo di realizzare il
bene comune, il che contempla e apre tutta un’altra prospettiva anche sulla possibilità di cambiare posto di lavoro. Realizzare sé comporta realizzare infatti anche
le relazioni che ci costituiscono, superando le concezioni del mondo, la tentazione di vedere il meglio ora, adesso, piegando la realtà a un nostro progetto. Con la
stessa fede, fiducia dei manovali medievali che cominciavano opere monumentali senza la sicurezza di vederle compiute. Da questo nuovo paradigma scaturisce l’esperienza della gratitudine, per i
beni che abbiamo, e anche la possibilità
del perdono, come apice di perfezione del
gesto umano. Ci vuole una grande educazione dell’umano che rimetta in moto il
suo io. Molti anni fa feci ascoltare un brano composto da me a don Luigi Giussani, poi gli dissi: «Ho studiato per diventare Mozart ma di Morzat il mondo oggi
non ha bisogno». Mi rispose: «Nella vita ci
sono le opportunità e le necessità. Il mondo crede che sia sulle prime che ci si realizza. Invece è il contrario. Devi mettere
ordine nella tua vita. Primo, la tua famiglia; secondo, le tue responsabilità verso
la Chiesa e verso il mondo; terzo: quello
che rimane. Sono le prime due che devono diventare musica».
n
STILI DI VITA
Il Prosciutto come si deve
Ghostbusters,
di Paul Feig
IN BOCCA ALL’ESPERTO
di Tommaso Farina
S
an Daniele Del Friuli, in provincia di Udine, è una piccola cittadina friulana,
apparentemente non diversa da tante altre. La differenza salta agli occhi
del buongustaio: assieme a Parma, è assurta a capitale indiscussa del prosciutto crudo italiano. Il Prosciutto di San Daniele, nato qui grazie a un microclima favorevole (oggi coadiuvato da opportune celle di stagionatura a temperatura
controllata), è tuttora esportato in milioni di pezzi in tutto il mondo.
Nei vicoli del paese, in ogni caso, non è venuta meno l’antica tradizione delle
autentiche osterie, posticini in cui sedersi ad assaporare anche solo qualche fetta
di prosciutto con un bicchiere di vino bianco locale. Tra esse l’Osteria di Tancredi ha acquisito da tempo un livello particolare. In questo piccolissimo ambiente,
ampliato in climi estivi da una simpatica veranda, oltre al prosciutto si possono
gustare alcuni piatti tipici friulani, nonché qualche guizzo di creatività.
Dicevamo del prosciutto: qui troverete quello soffice e delicato dei fratelli Coradazzi, azienda produttrice ancora artigianale, con tutti i crismi. Ma non solo:
d’antipasto, ecco la tartara di trota affumicata di San Daniele con avocado e fragole; il polpettone di fassona con puré di fave, cipolla brasata e piccoli bignè; i fiori
di zucchina ripieni di ricotta.
Di primo, immancabili i cjalsons, i classici ravioli friulani dalla spiccata tendenza dolce, qui declinati secondo la ricetta della val Pontaiba. Molto tipici anche
i tagliolini al San Daniele, per non dire degli gnocchi con la trota regina e i fiori di zucchine.
Parla di Friuli, tra i secondi, il proverbiale frico di formaggio e patate. Stuzzicano i bocconcini di coniglio alle albicocche, riso rosso e spuma al Marsala. Di
dolce, i biscotti prodotti direttamente dalla cuoca; la gubana friulana; l’originale cheesecake al mojito.
E il bere? La scelta dei vini va benissimo per un’osteria: etichette non solo locali, dal prezzo giusto. Resta da dire del conto: circa 45 euro per un pasto completo,
sui 20 euro per prosciutto e taglieri vari.
SANITÀ
I cOnSIGLI DI eAT
Alimentazione
sostenibile
Mangiamo troppo cibo di bassa qualità e ci muoviamo troppo poco: l’energia che ingeriamo
quotidianamente è nutrizionalmente povera, ricca di zuccheri semplici e grassi, e la nostra
vita è sempre più sedentaria.
EAT Alimentazione Sostenibile,
ideato e promosso dal Gruppo
Ospedaliero San Donato, vuole
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Un remake
che non funziona
Quattro strane tipe si mettono a catturare fantasmi.
Inutile far confronti con
il film del 1984. Lo sanno
tutti: spettatori in primis
(inorriditi davanti ai primi
trailer con protagoniste le
quattro fuori di capoccia),
produttori, sceneggiatori e
regista, che però è uno bravo. Aveva diretto il bel Le
amiche della sposa, commedia delirante e divertentissima con Kristen Wiig e
Melissa McCarthy che tornano anche in questo film.
Un film che, come spesso
è capitato negli ultimi anni
con le operazioni nostalgia,
è a metà tra il sequel e il reboot. Certo, si rischia grosso: si sposta il registro dalla
commedia avventuroso-fantastica tipica degli anni Ottanta al demenziale al femminile. Il problema è che Le
amiche della sposa con il
suo politicamente scorretto
e volgarotto funzionava, qui
si naviga a vista per la scar-
sa verve delle quattro e per
una sceneggiatura un po’ imbrigliata. Funziona e parecchio soltanto il personaggio
di Hemsworth nei panni di
un segretario figo deficiente
e ignorante come una capra.
visti da simone Fortunato
Letture per
carciofi in fiore
Il regista
Paul Feig
|
contribuire a diffondere un’autentica cultura della salute e
fornire un’alternativa appetibile
e sana a quelle cattive abitudini alimentari che troppo spesso
non riusciamo ad abbandonare. Senza rinunce, digiuni o diete: EAT è una proposta di educazione alimentare che vuole
parlare a tutti e diventare uno
stile di vita di cui appropriarsi
per sempre. Con EAT, il Gruppo
Ospedaliero San Donato ha portato l’educazione alimentare nelle scuole, ha eliminato da tutti
i suoi ospedali il cibo spazzatura, sostituendolo con distributori di snack sani e a filiera corta,
HOME VIDEO
13 Hours: The Secret Soldiers
of Benghazi, di Michael Bay
La guerra appiattita
dalla retorica
Libia 2012: la cronaca dell’assalto alla residenza dell’ambasciatore statunitense.
si è rivolto ai ragazzi, alle famiglie, alle donne in gravidanza, ai
pazienti. EAT è un modo diverso di nutrirsi, di fare la spesa e
di cucinare per godere del cibo
in modo sostenibile. Sostenibile per il nostro organismo e per
l’ambiente: con un cibo semplice
e fresco non solo possiamo prevenire le malattie cardiovascolari e del metabolismo ma possiamo anche rispettare il ritmo
delle stagioni e ridurre lo spreco alimentare. EAT offre consigli pratici, facili, ma soprattutto
gustosi. Sul sito www.progetto-eat.it si trovano tutti gli approfondimenti, anche scaricabili,
per “assaggiare” le nuove abitudini alimentari targate EAT.
Arrosto di tacchino estivo
(per 4 persone)
2 hg di arrosto di tacchino freddo; 1 cuore di sedano tagliato a
striscioline sottili; 1 hg e mezzo
di pomodori ciliegini; 50 gr d’insalata misticanza; olio extra vergine di oliva e aceto balsamico (1 cucchiaio). Disporre su un
vassoio piatto l’insalata, i pomodorini e il sedano a pezzettini.
Coprire con le fettine di tacchino tagliate sottilissime e condire
con olio e aceto balsamico e un
pizzico di sale a piacimento.
COMUNICANDO
AL VIA IL FEsTIVAL
FEDErICO CEsI
La grande musica
è in Umbria
Spoleto, certo, ma non solo. Chiusa con soddisfazione
la 59esima edizione del Festival dei Due Mondi e in attesa
dell’apertura del Festival delle Nazioni di Città di Castello, l’Umbria dal 12 al 28 agosto
propone agli amanti della grande classica un appuntamento
MAMMA OCA
di Annalena Valenti
C
hiamata da sempre l’età problematica, se non ingrata, per qualcuno è un grande affare. L’età della
scuola media, quando non sei né carne né pesce, si cresce di 10 centimetri
in una notte e la capigliatura ti fa sembrare un carciofo in fiore. L’età in cui
per essere accettati si fa quello che fanno tutti ma, al riaffacciarsi delle grandi domande nascoste sotto coltri e coltri di ruvidezze, si iniziano a cercare
risposte grandi, per poi vergognarsene immediatamente. Gli anni in cui si
comincia a stabilire una sorta di convenzione con gli altri uguali, quella
di bastare a se stessi, come ricorda felicemente Chesterton, e, come incalza conclusivamente Guareschi nell’introvabile e mai più pubblicato La calda
estate di Gigino il pestifero, nel muro
di convenzioni, ruvidezze e carciofità
si inizia ad aprire un varco di affaccio
sul senso della vita. Tutti fanno quello
che fanno tutti anche con la lettura se,
tra i dieci scrittori più pagati al mondo
nell’anno 2015-2016, i primi due sono
autori di libri per questa fascia d’età.
J. Patterson con 95 milioni di dollari,
oltre a diverse saghe thriller è autore
della serie Scuola media, con titoli evocativi dello status imposto del tipo Gli
anni peggiori della mia vita e Fatemi
uscire di qui. Lo studente carciofoso fa
la fortuna anche di J. Kinney con la serie Diario di una schiappa. Che guadagna 19,5 milioni di dollari con La sfortuna nera di essere alla scuola media.
mammaoca.com
Da Bay (Pearl Harbor, Transformers) non ci si può aspettare grande affondo psicologico o
un’analisi accurata del conflitto.
Infatti il limite di 13 Hours, che
per tanti aspetti somiglia a Black
Hawk Down, è di raccontare con
realismo l’azione della guerra in
un contesto complicato come
quello della Libia post Gheddafi senza però far piazza pulita di
una retorica vecchia e pesante.
Per informazioni
L’Osteria di Tancredi
osteriaditancredi.it
Via Sabotino, 10
San Daniele
del Friuli (Udine)
Tel. 0432941594
Chiuso il mercoledì
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IL TEMPO DELLE MEDIE
CINEMA
L’OSTerIA DI TAncreDI, SAn DAnIeLe (UD)
immancabile, il Festival Federico Cesi Musica Urbis, che si
snoderà in un ideale percorso
in tutto il territorio della Regione tra Orvieto, Acquasparta,
Terni, Bevagna e Spello. Il pro-
gramma è stato studiato per
non risultare mai banale o ripetitivo: l’edizione 2016, la nona, darà spazio così alla grande musica sinfonica russa nel
periodo romantico, agli autori classici più noti, come Rossini e Beethoven, al celebre Concierto de Aranjuez per chitarra
e orchestra di Joaquín Rodrigo e alla musica antica, che vedrà il suo apice nell’esecuzione
dell’oratorio The Messiah per
soli, coro e orchestra di Händel.
Star della manifestazione saranno la grande soprano Emma Kirkby, il virtuoso del violino Vadim Brodski e il Quintetto
di ottoni del Teatro dell’Opera di Roma.
Evento nell’evento: al Festival
sarà associata la mostra internazionale di liuteria, che riunirà oltre 30 artigiani esperti e
conosciuti a livello internazionale per la costruzione di chitarre e strumenti a pizzico. «Gli
eventi culturali – informano
gli organizzatori – saranno accompagnati da degustazioni di
prodotti tipici: un modo per valorizzare ancor più il territorio promuovendo uno sviluppo
economico sostenibile e intelligente». Come dargli torto.
Francesco Lener
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LETTERE
A TEMPI
RISPONDE LUIGI AMICONE
[email protected]
Ma perché a Milano la buona
stampa “catodica” nasconde
i libri del suo arcivescovo?
O
Francia si è scoperta il nuovo iraq. Quando sentivamo dei cristiani perseguitati, degli attacchi alle chiese, delle donne stuprate e vendute come
schiave del sesso e dei bambini cristiani uccisi, pensavamo fosse qualcosa di lontano, nel tempo e nello spazio. Oggi vediamo che è una cosa che potrebbe accadere alle nostre nonne, che vanno a Messa la mattina, o ai nostri nipoti.
Uccisi dagli auto-proclamatisi veri musulmani. Perché è accaduto questo? Come ha fatto l’Europa a trasformarsi nel
nuovo Iraq? Forse qualche colpa nei vari ideologi dell’accoglienza, delle porte aperte e dell’apertura indiscriminata a
chiunque c’è? C’è ancora un popolo in Europa che sia in grado di reagire o si è tutto interamente bruciato tra buonismo, giochi sul cellulare e spinelli legalizzati?
Luca Pirola via internet
COSTRUIRELACHIESA
ggi la
Anche i cristiani
hanno una certa
professionalità.
Quella di Gesù
CARTOLINA DAL PARADISO
di PippoCorigliano
S
Grazie a Dio non siamo ancora il
nuovo Iraq, siamo solo lo spazio geografico che ha confuso il significato guerriero della pace con l’accidia
del “lasciateci morire in pace”.
2
Carissimi, mi è sempre piaciuto curiosare nelle librerie in genere e di Milano in particolare, quindi oggi trovandomi in una vietta dietro il Duomo
sono entrato in una nota libreria, editrice tra l’altro di Famiglia Cristiana.
Subito all’ingresso mi sono trovato
davanti ad una marea di pubblicazioni, calendari, immagini eccetera del
Papa più altra pubblicistica di tendenza e altri interessanti volumi e volumetti. Stranamente, non vedevo alcun
libro dell’attuale cardinale di Milano e
quindi ho chiesto al gentile incaricato. «È al piano di sotto», mi ha risposto. Vabbè, vado sotto e ricomincio
a spulciare: lì trovo tutti i “noti”, vecchi e nuovi; chi in evidenza e chi seminascosto (tra questi ultimi Giussani,
naturalmente, tanto per essere a favore di corrente). Ma alla fine del giro mi viene in mente ancora il cardinal
Scola. Cerco ancora, ma niente. Al che
chiedo all’incaricato che, con fare un
po’ impacciato-semiscocciato, mi dice:
«Venga». In fondo non ho chiesto di
Lutero o Lefebvre ma del mio vesco-
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vo, nominato non dalla chiesa del popolo ma dal Papa. Beh, dopo un po’ di
metri, in una parete in fondo arriviamo ad uno scaffale dove circa metà
del ripiano più alto (che quasi non ci si
arriva) è occupato da libretti e un librone del mio vescovone. Clandestino
a casa sua. Che brutta roba!
Enrico Ventura via internet
E dire che Angelo Scola è uno degli arcivescovi cardinali intellettualmente più prolifici. Peccato per la
buona stampa catodica.
2
Caro Amicone, come lei sa il Tar impone alla Lombardia che anche l’etero-
loga sia gratuita. Io ho votato Maroni
perché non è d’accordo: il mio voto a
cosa serve se tanto sono i giudici a decidere? Come suo lettore mi piacerebbe che Tempi prendesse posizione.
Lorenzo Simonini via internet
Bella domanda. È la stessa che poniamo noi da oltre vent’anni. Per
quel che riguarda Maroni, non mi
pare ci siano dubbi sulle sue posizioni, più volte ribadite con dichiarazioni e atti pubblici.
2
Con il numero 30/31/32 del giornale noi lettori veniamo avvisati della sospensione fino al 18 agosto… come
e si dice a una persona che ha una professionalità la si rende felice. Oggi la professionalità è probabilmente l’unico
valore rimasto. Alla radice dell’impegno nel
lavoro ci sono diverse motivazioni: l’affermazione della propria personalità, la soddisfazione economica, eccetera. Quasi sempre purtroppo il lavoro che più viene stimato è quello
meglio remunerato. Un finanziere speculatore viene considerato con più stima di una casalinga con molti figli anche se il primo è un
parassita della società e l’altra ne è una colonna. E allora cos’è il lavoro?
Il primo Professionista è Dio che, secondo
la Bibbia, ha creato il mondo intero inventando anche il week-end. Alla radice della cultura
ebraica c’è il lavoro. «Chi non lavora non mangi», dice san Paolo (2 Tess 3,10) riprendendo la
tradizione ebraica così diversa da quella dei
popoli vicini. L’altro Professionista è Gesù che
nei trent’anni di lavoro nascosto e nei tre anni
di vita pubblica ha costruito il grande edificio
che è la Chiesa, e ancor oggi contiamo gli anni
dalla sua nascita.
Il cristiano segue le orme di Gesù: il suo
primo compito è costruire la Chiesa attraverso la famiglia e il lavoro professionale. Non si
tratta d’inserire buoni pensierini nella vita familiare e di lavoro, ma di svolgere un’azione
formativa impegnata verso tutti, con amicizia
e confidenza. Il grande artefice della Chiesa è
lo Spirito Santo per cui il cristiano non deve
solo essere operativo ma dev’essere un uomo
di preghiera che legge il Vangelo.
sempre. Ma accade che quest’anno registro il tutto con un po’ di dispiacere… come se mi mancasse una Compagnia. Allora si potrebbe ipotizzare che
proprio in vista della prolungata assenza questo numero “ferragostano”
sia diverso, cioè non tanto i fatti della cronaca ma un “lascito” sul senso di
una Compagnia proprio in quel tempo di ferie dove si lascia ma forse si
cerca Qualcosa… una forma giornalistica tipo il “Te Deum”: senza scadenza. Un numero cult messo lì, nel mezzo
dell’estate per rimanere.
LuisaGranata via internet
Ilsensodelnumeroconampierecensionidilibriperl’estateeraproprioquello.
2
Spero di spiegarmi: esistono documenti, libri, altro materiale inerente alle
morti dovute all’Inquisizione della Chiesa e documenti, eccetera inerenti alle
morti di cristiani, religiosi, dovute dalla
rivoluzione laica, illuminista francese?
ValerioCastioni via internet
CompulsilalibreriadiMassimoIntrovigneodiLibertàepersonadi
FrancescoAgnolietroveràmaterialeasazietà.
2
Sto cercando di capirci qualcosa della
riforma costituzionale e il referendum
prossimo venturo. Se intendo bene, mi
pare che, alla fine dei conti, dovremo
dire bye bye al federalismo e alla sussidiarietà e ritornare (ma ce ne siamo
mai allontanati?) allo statalismo più rigido, comandato da Roma. Condivido
l’esigenza di una riforma e di rendere più solerti i meccanismi che regolano l’iter delle leggi e delle decisioni politiche, ma più cerco di informarmi più
c’è qualcosa che non mi torna. Ribaltando uno slogan che una volta era
di moda, mi verrebbe da dire che con
questa riforma si ottiene un solo risultato: meno società e più Stato. CarloSicci via internet
Intantoleggacosac’èsuquesto
numero.Perilresto,Romanonriescenemmenoamettereinstrada
gliautobusAtac,nonhaunosmaltimentorifiutidegnoneanchedel
Beninenonsicapiscequaleufficiodiigienecivilepossaautorizzarelacircolazionedibeniepersoneinuncontestoambientaleincui
ancheirattifaticanoasopravvivere.EppurelariformacostituzionalediRenzipuntaaricentralizzare
l’amministrazione,iserviziel’economiapubblicapropriolì,nellacapitaledoveEugenioScalfaricantala
marsiglieseenonsivergognadinon
essereriuscitoatenerpulitonemmenoilgiardinettodipensionatidi
casasua.Cosavoletevotaresenon
“no,grazie”?
2
Allora consigliere Amicone, come van
no le vacanze della Casta?
LaredazionediTempi
LasciofarealcastoBeppe,ilmio
carosindacochenonèandatoin
vacanzafinoalgiornodelsuo«primo,sonoemozionato,matrimonio»,
incuièandatoinbrododigiuggioledichiarandolenonsisabenese
“maritaemoglie”o“diversamenteconiugi”.
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LETTEREDALLA
FINEDELMONDO
Informazione pubblicitaria
LALETTERADISUORSONIA(SECONDAPARTE)
Pulire, tagliare le unghie,
profumare gli agonizzanti
come fossero Cristo
|DIALDOTRENTO
Di seguito la seconda parte della lettera che suor Sonia ha scritto al personale della Clinica della Fondazione san Rafael. La prima parte è stata pubblicata sul numero 30/31/32 di Tempi.
I
900 paia di guanti alla settimana per toccare Gesù;
se non gli dessimo tutte le cure perché non ha la carta d’identità, se perdessimo la pazienza perché si lamenta di tutto ed è un “paziente capriccioso”, se tardassimo ad assisterlo
quando ci chiama chiedendo aiuto perché, siccome chiama sempre, sicuramente non sarà importante. Pensate se gli servissimo il pasto freddo perché non abbiamo avuto tempo di riscaldarlo o gli dessimo pane duro e vecchio per colazione perché è quello che c’è e bisogna che si
accontenti e non faccia lo schizzinoso dato che è abituato alla povertà. Se lo lasciassimo per
delle ore con il pannolone sporco, con la scusa che ci sono tanti ammalati da lavare o a cui dare da mangiare… Senza dubbio non lasceresti nemmeno un secondo tuo figlio, ancora piccolo,
col pannolino bagnato. Credete che chi si comporta così abbia sempre nel cuore e negli occhi il
volto di Cristo? O sono i cristiani sociali, “di beneficenza”, di cui parla il Papa? Nella nostra clinica vogliamo vivere e predicare con le opere lo scandalo dell’incarnazione, amando con tenerezza
Gesù negli ammalati, offrendogli la “cariñoterapia” menzionata da Papa Francesco.
Quando Gesù infermo e povero ha bisogno di
entrare alla Casa Divina Provvidenza, deve enfarà soffrire. Lungo il cam«MIPREOCCUPODILAvARLObENE,
trare, con o senza documenti. Quando chiemino ci sarà anche qualche
CONACqUACALDA,USANDO
de qualcosa, occorre darglielo con gentilez“non amico” che dirà: «Perza e tenerezza. Se preferisce e si rilassa di più
ché ti sei fermato oltre l’oraUNSAPONEChELOIDRATI»
lavandosi nella doccia piuttosto che nel letto,
rio di lavoro?» o «non fare
dobbiamo lasciare da parte la nostra comodicaso a quel paziente, piange
tà e lavarlo nella doccia. Se ha qualche voglia
sempre», «devi fare solo le cose infermieristicon le sedie a rotelle o con le barelle, mi impeparticolare sul cibo, se il medico è d’accordo,
che, il resto lascialo ai volontari o al personagno per non sprecare nulla, utilizzo ogni cosa
lo si accontenta.
le delle pulizie».
secondo la reale necessità, asciugo i loro bagni
Come guardare qualcuno che di fianco a noi
Come è accaduto alla festa di san Giuseppe
con amore, li pulisco e disinfetto lasciando un
sta trascorrendo gli ultimi giorni della sua vilo scorso anno, quando un infermiere che terbuon profumo.
ta? Come lo guarda Gesù, come mi guarminava il turno ha chiesto ad un collega che
Lo scandalo dell’incarnazione
da Gesù, come ci guarda Gesù. Per questo mi
usciva come lui e che voleva fermarsi ad aiuQuando gli do da mangiare cerco di non sporpreoccupo di lavarlo bene con acqua calda,
tare per un evento in clinica: «Perché vuoi ricare i vestiti o le lenzuola, mettendogli con
usando un sapone che non rovini la pelle ma
manere, se hai già lavorato oggi?». A volgentilezza una tovaglietta che lo copra. Cerco
la idrati; imparo con curiosità ed entusiasmo a
te prende il sopravvento nel nostro cuore la
con tutto il cuore di non sbagliare durante la
lavare bene, in maniera precisa; pulisco e acmeschinità e non la gratitudine di chi fa parpreparazione delle medicine, e mi preoccupo
corcio le sue unghie, gli taglio i capelli, dopo il
te della Fondazione. (…) «Non abbiate paudi chiudere la via dell’infusione o dell’alimentabagno lo profumo, lo pettino e, se è una donra, sono Io», ci dice il Signore. Non diventate
zione quando finisce. Se sono infermiera e ho
na, le metto lo smalto sulle unghie.
cristiani di ragione, di beneficenza… non siasporcato o bagnato il pavimento o una parete,
Se mi mancano alcune cose nel carrello, le
te vigliacchi nell’abbracciare Gesù, così comi appresto subito a pulire, prima che la macporto volentieri da casa mia, o chiedo ad un
me si presenta. (…) Gesù ha dato la vita per
chia si secchi e sia poi più difficile toglierla.
amico che me le regali per i miei malati, conoi, e noi cosa gli offriamo? Non abbiate pauQuesta postura umana tanto bella, ricordatesì Gesù è sempre bello e curato con amore. Mi
ra di predicare lo scandalo dell’incarnazione.
suorSonia
vi, è e sarà sempre motivo di scandalo, che ci
preoccupo di non segnare le pareti di casa sua
mmaginatevi se in clinica usassimo
L’edicoLa digitaLe di air France
è disponibiLe gratuitamente
“Air France Press”, la piattaforma digitale che permette di scaricare gratuitamente
decine di giornali e riviste, è disponibile per
tutti i passeggeri Air France, da 30 ore prima del volo.
Air France, per limitare il peso dei propri
aeromobili e quindi l’emissione di CO2, ha
introdotto Air France Press, una App che permette di scaricare comodamente, a partire
da 30 ore prima del volo, decine di pubblicazioni internazionali, compreso Il Corriere
della Sera, per poi leggerle anche in assenza
di connessione internet.
Per approfittare di Air France Press è sufficiente avere una prenotazione su un volo Air
France e uno smartphone o tablet con sistema operativo IOS o Android.
Di facile funzionamento, Air France Press
consente di scegliere liberamente, identificandosi con il codice di prenotazione o il
numero della carta Flying Blue, le pubblicazioni che si vogliono scaricare.
La propria selezione potrà essere consultata in qualsiasi momento: prima, durante o
dopo il volo!
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France Press si arricchisce di numerose pubblicazioni per ragazzi, adatte ai piccoli globetrotter di tutto il mondo.
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| 31 agosto 2016 |
|
SPORT
ÜBER ALLES
Reg. del Trib. di Milano n. 332
dell’11/6/1994
settimanale di cronaca, giudizio,
libera circolazione di idee
Anno 22 – N. 33/34
dal 18 al 31 agosto 2016
DIRETTORE RESPONSABILE:
EMANUELE BOFFI
REDAZIONE:
Rodolfo Casadei (inviato speciale),
Caterina Giojelli, Francesco
Leone Grotti, Daniele Guarneri,
Elisabetta Longo, Pietro Piccinini
PROGETTO GRAFICO:
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UFFICIO GRAFICO:
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FOTOLITO E STAMPA:
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DISTRIBUZIONE:
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SEDE REDAZIONE:
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[email protected], www.tempi.it
POLITICALLY CORRECT SENZA PIETÀ
Spero che le cicciottelle
non si siano offese
|
DI FRED PERRI
A
llora la notizia è questa: il direttore di
Qs, la testata sportiva del gruppo Riffeser-Monti (Giorno, Nazione, Resto
del Carlino), è stato rimosso dall’editore per
aver dato delle “cicciottelle” alle arciere italiane che hanno sfiorato, a sorpresa, il podio
a Rio de Janeiro. Perbacco, ho sempre pensato come mi sarei sentito in questo momento, quando noi obesi, ultima minoranza non
tutelata, saremmo entrati nel cerchio magico protetto dal politically correct.
Anche ieri sera, a una cena, mi sono sorbito un paio di battute tipo “sei un giornalista di peso”. Il campionario di insulti e di
spiritosaggini di voi infami magri è ridotto
e banale. Come dice Tyrion Lannister, il mitico nano de Il trono di spade a uno straccione che dopo averlo deriso ne ha passate di
ogni e torna a strisciare ai suoi piedi, «tutti
quelli che fanno le battute sui nani pensano
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| Foto: Ansa/AP Exchange
di essere originali, in realtà dite tutti le stesse cose». Tyrion, fratello, sei grande. Anche
quando chiosi la situazione di noi diversi.
«Se proprio vogliono darti un nome, accettalo, fallo tuo, in modo che poi non possano
mai più usarlo per farti del male».
Per questo, spero che le ragazze italiane dell’arco non si siano offese. Una volta
io lo facevo, poi ho smesso, ho rivendicato
quello che sono. Per questo non mi va di finire come tutti quelli che erano una minoranza non tutelata e poi, passati dall’altra
parte della barricata, aggregati alle truppe
cammellate del politically correct sono divenuti pure loro spietati, arroganti, pronti
alla condanna.
No, compagni, amici e bastardi magri e
affini, per me sarete sempre liberi di dire le
vostre miserabili battute. Non proporrò mai
una legge sulla grassofobia, state sereni.
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fruisce dei contributi statali diretti di
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APPUNTI
IL VOLTO DI UNA SUORA FANCIULLA
Forse non sei
mai morta
L’
ora dei Vespri, in un convento di
clausura tra le colline marchigiane.
Nell’ombra della cappella, dall’ostensorio con il Santissimo sull’altare viene una
gran luce.
Le monache ci danno le spalle, allineate
sotto al velo sono in dieci, quasi tutte giovani, alcune appena ragazze.
Cantano con voci bellissime. Dal mio posto nel banco ne spio i lineamenti di profilo.
Sono tutte sorridenti. È un convento di monache liete.
Ma lo sguardo mi cade su una giovane
suora: la linea della attaccatura dei capelli
nerissimi sotto al velo, il viso pallido, fine, gli
occhiali da miope.
Non capisco perché, ma non riesco a staccarmi dai suoi lineamenti. Continuo a guardarla per tutta la funzione. Alla fine, uscendo con le sue sorelle, per un attimo lei si gira
verso di me.
La vedo bene ora, ha gli occhi da gazzella e l’aria timida, il sorriso gentile. Capisco
d’improvviso, con un tuffo al cuore. Mio Dio,
come somiglia a mia sorella.
Somiglia a mia sorella Lucetta. Io ero piccola, ma me la ricordo molto bene: il viso affilato, i begli occhi scuri sotto agli occhiali
di cui si dispiaceva tanto. I capelli nerissimi,
come quelli della nonna Dina, ma le gambe
lunghe, e le mani eleganti di mia madre.
Ti chinavi su di me, materna, paziente.
Cercavi di vestirti ancora da bambina, come
se l’idea di diventare donna ti facesse paura.
Non avevi ancora quindici anni.
Quanto a lungo ho sognato, nelle mie notti infantili, che non eri morta, ma per un
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|
di Marina Corradi
oscuro incantesimo reclusa in un castello, in
una misteriosa prigione; e che però eri viva.
E quanto ti somiglia questa giovane suora
in un convento di clausura: il viso, e soprattutto gli occhi, lo sguardo buono.
Come un lampo mi folgora un sogno a
occhi aperti: forse non sei mai morta, forse
sei sempre stata qui, a offrire la tua vita ogni
giorno, dal Mattutino a Compieta. Qui, dove
nessuno ti avrebbe vista, né cercata. Forse sei
sempre stata qui, viva.
Ma subito mi riprendo dal mio folle pensiero, e mi rimprovero: che cose assurde vai
mai a immaginare. Questa giovane suora, di
Lucetta potrebbe essere la figlia. Lei è morta
da così tanti anni, ormai.
Eppure poi, lasciando quel convento, mi
resta addosso una dolcezza strana.
Come se attraverso quella somiglianza
mi fosse stato detto qualcosa. Forse semplicemente la verità in cui a noi, quaggiù, è tanto difficile credere.
Mi è stato detto, attraverso i tratti di una
suora fanciulla, che tu sei viva. Altrove, lontana eppure vicina. Che non sei mai stata nel
nulla, come io a lungo ho creduto.
Da un monastero di clausura il volto di
una giovane monaca, come una carezza.