Una ragazza sicuramente innamorata
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Una ragazza sicuramente innamorata
Una ragazza sicuramente innamorata Racconto di Giuseppe Aprile Andrea espresse sempre dei dubbi sul concetto di amore che gli era stato prospettato dalla sua ragazza. L’aveva tenuta sempre in grande considerazione, ma più perché le era piaciuta fisicamente che per quelle ragioni che, secondo la sua cultura di uomo d’arte, avrebbero dovuto costituire ragione per un rapporto così forte e duraturo. L’aveva seguita, corteggiata, amorevolmente accompagnata ovunque ella andava. L’aveva immaginata possibile fidanzata da sposare, poi, una volta conosciutala per bene. Ma rimase sempre dubbioso perchè sapeva che una donna da sposare avrebbe dovuto avere doti indiscutibili per potere essere madre, sposa, compagna di vita davvero e non come quelle donne che sposavano per interesse o solo per attrazione fisica senza una conoscenza duratura e sicura, da verificare. Non sempre dietro ad un volto, ad un corpo, c’è una interiorità degna del miglior modo di intendere la vita. E per Andrea, ottimo musicista, che aveva frequentato il Conservatorio musicale della sua città ed era diventato un ricercato solista di violino, in grado di suonare nella orchestra della televisione, la prima dote che doveva avere una possibile moglie doveva essere una disponibilità senza limiti a seguire il marito, una capacità di stare attaccata alla famiglia in modo tale che i figli sarebbero cresciuti godendo dell’assistenza della madre che era e resta la cosa più importante per una buona educazione ed una vera riuscita dei figli nel senso più assoluto e totale. Questo pensava Andrea che sapeva, sin da quando aveva espresso i segni della sua indole di uomo dedito in pratica a comportamenti abbastanza strani rispetto agli esseri tradizionalmente di stretta frequenza dell’ambiente familiare, per via del suo attaccamento all’arte che non si fermava alla musica, ma toccava spesso l’arte scultorea e comunque anche l’interesse per una carriera artistica che lo avrebbe portato a frequentare città e centri oltre i confini della sua nazione di nascita. Sapeva della vita di chi opera nelle attività che non sono il solito lavoro dei campi o artigianale o da impiegato e si immaginava sempre nei teatri più famosi. O a Roma dove c’è la televisione per trasmissioni nazionali o, pure, nelle piazze delle città dove avrebbe potuto esibirsi con la eventuale orchestra a cui avrebbe appartenuto se i suoi sogni di emergere si sarebbero realizzati secondo le sue speranze e la sua convinzione di essere dotato di talento artistico. Per questo, la sua idea era coincidente con quella della ragazza che si trovava davanti ad abitare i suoi sogni e per estrinsecare i primi sintomi di turbolenza giovanile, che lo portavano a recarsi in chiesa, nella via dove abitava la ragazza che corteggiava, e ovunque potesse avere occasione per incontrarla e poterle dire qualcosa. Per coltivare una prima amicizia, anche se sapeva che questo avrebbe comportato il superamento di uno stato emotivo abbastanza marcato, vista la sua proverbiale timidezza che , forse, era il sintomo di una emotività propria di coloro che sono particolari, pieni di uno stato intimo che significava sicuramente potere creativo nelle fasi del successivo sviluppo di personalità. Una volta presisi di confidenza, in uno dei soliti confronti che facevano, Andrea rimase un po’ incredulo e contrariato perché la ragazza gli parve molto propensa alle amicizie maschili. E si riteneva sotto esame in quei momenti in cui vedeva allontanarsi, da lui, l’idea di una ragazza ritirata, timida, riluttante alle attenzioni dei maschi. Avrebbe gradito molto che fosse più ingenua, quasi vergognosa anche di parlare con l’altro sesso. Non si diede pace fino a quando non allargò il discorso, con molto convincimento, sul modo di intendere la famiglia e l’amore, la società, le abitudini umane. Improvvisamente gli venne come una specie di diffidenza che lo portò ad esprimere una sorta di noncuranza sul possibile futuro con quella creatura; cosa che gli diede coraggio per parlare più esplicitamente. Diceva che la emozione arriva di più quando sai di poter perdere qualcosa che non vorresti perdere o quando, al cospetto di un’altra persona, uomo o donna che fosse, sei o no libero di dire la tua senza temere che una parola o un concetto potesse determinare cambio di interesse nell’interlocutore. Uscendo di casa, un giorno, si predispose a rompere il tutto, qualora non avesse potuto prendere atto che si trovava di fronte ad una ragazza sincera, onesta, per come avrebbe voluto, per farla sua sposa in un non lontano futuro. “Mi gioco tutto” pensò tra sè e sé.”Meglio chiarire subito e rassegnarsi ove non dovessi essere sicuro dei fatti miei” concluse. E si avviò verso una strada per poterla incontrare. Allora non c’erano i telefoni per fissarsi un appuntamento. Ed anche un incontro con la donna corteggiata era una cosa da fortuna e senza certezza di potersi soffermare per molto. Andrea aveva voglia di sposare. Aveva una gran voglia. Ed era certo di dovere trovare una ragazza senz’altro dedita a lui solo, e non solo perché ci credeva nell’amore vero e proprio, ma anche perché la sua vita avrebbe richiesto quella che riteneva dovesse essere una donna di casa, una donna impegnata nell’ambito degli affetti famigliari. Per Andrea il matrimonio non avrebbe potuto avere una seconda edizione, come avviene soprattutto nelle grandi città, dove le conoscenze prematrimoniali non sono sempre molto utili e ci si ferma al primo apparire di un fascino femminile, dimenticando che se non c’è quello che quasi generalmente si chiama bellezza interiore, la bellezza puramente fisica prima o poi sarebbe diventata insufficiente per mantenere legati un uomo ed una donna. E sapeva che i figli non sarebbero stati, come spesso si pensa, ragione di unione comunque. Perché tutti divorziano ed hanno figli, nella realtà storica. Non esiste che divorzino quelli che non hanno figli. “I figli” pensava, “sono ininfluenti quando si tratta che due non vanno più d’accordo e la bellezza dei primi anni di fidanzamento e del successivo primo tempo del matrimonio, va scemando. “Se non c’è il bene, se non nasce un grande affetto” sapeva, “il matrimonio non dura e i due, da una prima fase di sopportazione, passano a vie di fatto; che significa separazione” . Andrea era di sani principi ed era animato dalle tesi della chiesa cattolica. Per lui il matrimonio era inscindibile, unico, definitivo. Avrebbe preferito, ove la ragazza non avesse condiviso i suoi principi, rompere subito, magari soffrendo in modo marcato, invece di rischiare e andare incontro ad un futuro di guai o, comunque, in contraddizione alla educazione ed al modo di pensare che aveva maturato, anche per tradizione famigliare. Sapeva che una discussione ed un chiarimento verbale non avrebbero costituito certezza assoluta, ma sarebbero stati un primo inevitabile passo per proseguire il rapporto. L’incontro avuto con la ragazza è stato utile. Cominciò a capire che si trattava di una ragazza, oltre che disponibile verso di lui, che si era già presa una mezza cotta non eludibile e aveva idee sane. Era un primo importante passo per riaprirsi e continuare a credere in quel rapporto. Il paese era pieno di matrimoni falliti.Contrariamente a quello che succede in questi paesi dell’entroterra ionico e tirrenico. Paesi quasi tutti eguali, privi di grandi correnti culturali innovative, che vivono di antiche tradizioni e di condizionamenti assai negativi per la formazione e l’educazione dei giovani. Ma Andrea aveva paura dei fallimenti. Era ossessionato. Ascoltava, nelle serate che si passavano nei locali pubblici, tutti quelli che si radunavano per distrarsi. Ed il tempo si trascorreva, per lo più, raccontandosi le esperienze personali. E i discorsi cadevano molto spesso sul tema del rapporto famigliare tra coniugi, tra fidanzati, tra corteggiate e corteggiatori. Le ragazze venivano passate al setaccio anche per una loro piccola banalità. Erano aperte, sfacciate, falsamente timide, belle, brutte, mediocri, credenti, libertine, di facili costumi o meno, rigide di carattere, rette, educate, buone, cattive, serie. Questi aggettivi erano sufficienti per giudicare ogni aspetto delle ragazze; ognuna di esse. Altre parole non servivano. Non si discuteva di lavoro perché il lavoro, in quel paese, era un dovere per tutti e tutti vi si dedicavano. Chi con maggiore, chi con minore convinzione. Chi perché lo sentiva, chi perché doveva dimostrare la sua normalità in una attività che era tutto nella vita di ognuno. Maria, così si chiamava la ragazza che occupava il pensiero innamorato di Andrea, sembrava non si desse pensiero di nulla. Camminava ed era come se il conto non fosse suo. Era ferma nei suoi principi, anche se sembrava diversamente, o compariva all’apparenza senza un dio nella sua vita che non fosse se stessa. Andrea, passando i giorni ed alcuni anni, con idee alte, a seconda dei suoi umori e delle cose che gli capitavano ogni tanto, da una parte voleva troncare in mancanza di certezze assolute; dall’altra non lo faceva perché, fuori dalle sue preoccupazioni che erano il frutto del proprio pensiero, oltre che di un modo originale di comportamento di Maria, non mollava perché capiva, in fondo al suo cuore, che rischiava di perdere una ragazza che, pur apparentemente poco adusa al rigido contegno, caratteristico delle ragazze serie nel paese, di fatto aveva un comportamento che lasciava intendere una ragazza secondo gli interessi di Andrea; magari superiore. Andrea percepiva e un bel giorno la fermò risolutamente per dichiararle il suo amore. Trovò una porta sfondata, come dice sempre a me con cui, essendo diventato un suo grande amico, si trova a suo agio a parlare di tutto. Cominciò quella che lui ritenne una via di andata senza ritorno. Si buttò a capofitto in quel fidanzamento ed in pochi anni di frequenza passarono al matrimonio felicissimo. Andrea ascolta spesso la mia opinione e sa il fatto che a me piace stuzzicarlo. A mie domande risponde prima con un sorriso, poi tira fuori la tesi che gli piace, spesso deviando il corso del ragionamento che abbiamo in piedi. Su mia domanda, ha risposto: “Ho sposato Maria perché ho dovuto capire che è una ragazza sicuramente innamorata”. Sono particolarmente legato ad Andrea perché è un uomo sicuro, intelligente, ti parla su tutto e di tutti. Non c’è argomento dove non si trovi a suo agio. Per lui l’invito a parlare è graditissimo. Sembra aspetti l’incontro con te per sfogare la sua certezza di essere utile ad una discussione. E’ dedito al confronto e non è mai arrogante. Non fa il sapiente, non lascia mai intendere che si sente qualcosa di più del suo interlocutore. Se gli chiedi, ti dice che sente di avere una cultura semplice, vera, umana, non contaminata da reminiscenze libresche o scolastiche.Ti dice che quello che si fa a scuola serve molto se la persona che studia ha una vocazione naturale all’apprendimento. Diversamente è come se quanto legge entra in un recipiente senza influenzarlo minimamente. E’ un secchio, una caldaia, un pozzo nella terra. E’ una cosa dentro cui ci metti acqua che non irriga, non fa produrre, non ha alcun significato ed alcun effetto. “A volte” mi dice, “quando penso che la scuola spesso è ridotta a persone che usano gli studenti come recipienti e professori che svuotano il contenuto di tante pagine come se travasassero olio dalla giara, mi viene il voltastomaco perchè capisco che i soldi che si spendono non hanno altro effetto che danneggiare tutti”. Tornando ai concetti della sua esperienza nel campo dell’amore, conferma che non concepisce il divorzio. E sa e dice che vuole formare i figli per la stessa maniera di intendere. Che sposino una ragazza che sia non solo da loro amata, ma che sia una ragazza davvero innamorata di loro.” E’ l’ideale della vita” dice. E conclude : “Se non c’è amore, non c’è vita”. Giuseppe Aprile