Nel suo cottage di Carsely, villaggio dei Cotswolds, Agatha Raisin

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Nel suo cottage di Carsely, villaggio dei Cotswolds, Agatha Raisin
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Estratto da
Agatha Raisin e la Sorgente della morte
Titolo originale dell’opera
Agatha Raisin and the Wellspring of Death
Traduzione dall’inglese
di Marina Morpurgo
© 1998 by M.C. Beaton
© 2013 astoria srl
via Aristide De Togni 7 – 20123 Milano
Prima edizione: giugno 2013
ISBN 978-88-96919-57-6
Progetto grafico: zevilhéritier
www.astoriaedizioni.it
Nel suo cottage di Carsely, villaggio dei Cotswolds, Agatha
Raisin era annoiata e infelice. Il vicino della porta accanto,
James Lacey, finalmente era tornato a casa. Agatha tentava
di dirsi che l’amore per James era svanito e che della freddezza che lui le dimostrava non le importava un fico secco.
Era stata sul punto di sposarlo, ma poi il suo primo marito Jimmy Raisin, a quel punto ancora vivo e vegeto, era
ricomparso proprio nel bel mezzo della cerimonia nuziale,
e James non era riuscito a perdonare fino in fondo l’inganno di Agatha, che si era fatta passare per vedova.
Una sera di primavera, con il villaggio splendente di
giunchiglie, forsizie, magnolie e crochi, Agatha s’incamminò in direzione della canonica, dov’era in programma una
riunione della Società delle Dame di Carsely, nella speranza
di cogliere qualche pettegolezzo che la risollevasse dal tedio
delle sue giornate.
Ma quello che trovò non le parve interessante, dato che
l’argomento all’ordine del giorno era una sorgente d’acqua
nel villaggio confinante di Ancombe.
Agatha conosceva la sorgente. Nel Settecento, una certa
signorina Jakes aveva incanalato la sorgente che c’era in
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Due secoli prima, a quell’acqua erano attribuiti poteri
magici e curativi, ma adesso solo i camminatori si fermavano a riempire le borracce, e di tanto in tanto anche la gente
del posto come Agatha andava lì con una bottiglia, perché
l’acqua della fonte era meno dura di quella che usciva dai
rubinetti, e il tè veniva più buono.
In tempi recenti l’Azienda dell’acqua di Ancombe, appena fondata, aveva tentato di farsi dare dal consiglio comunale di Ancombe l’autorizzazione ad attingere quotidianamente alla sorgente, pagando l’acqua un penny al gallone.
“Molti vanno dicendo che la cosa sarebbe sacrilega,”
disse la signora Bloxby, la moglie del pastore. “Ma la sorgente non ha mai avuto niente di religioso.”
“Ma questo porta una nota commerciale amara nella gentilezza della nostra vita rurale,” protestò una nuova socia del-
la Società delle Dame, una certa signora Darry, che di recente si era trasferita da Londra nei Cotswolds e mostrava tutto
lo zelo dei neofiti nel voler conservare le usanze del villaggio.
“E invece secondo me non darà alcun fastidio,” dichiarò
la signorina Simms, la segretaria, accavallando le gambe fasciate di nero e mostrando, con un balenar di coscia, che le
calze erano autoreggenti. “Insomma, mi spiego, il camion
cisterna passerà ogni giorno all’alba. E dopo il suo passaggio chiunque potrà servirsi alla fonte, come al solito.”
Agatha soffocò uno sbadiglio. Da donna d’affari in pensione, e da ex proprietaria di una florida agenzia di pubbliche relazioni, pensava che quella fosse una idea commerciale sensata.
Ad Agatha non piaceva la signora Darry, con quella faccia da furetto impaurito, quindi dichiarò: “I Cotswolds sono
già molto commerciali, siamo pieni di pullman turistici, sale
da tè e bottegucce di artigianato”.
La canonica a quel punto si divise in tre fazioni, c’erano
quelle a favore dell’iniziativa economica, quelle contrarie, e
quelle come Agatha, che trovavano la cosa noiosissima e stop.
Agatha era sul punto di andarsene, quando la signora
Bloxby la prese da parte, con un’espressione preoccupata
su quel viso gentile.
“Ti vedo un po’ giù di corda, Agatha,” disse. “Si tratta
di James?”
“No,” mentì Agatha, sulla difensiva. “È la stagione. Mi
butta sempre giù.”
“Aprile è il più crudele dei mesi.”
Agatha sbatté le palpebre. Sospettava di trovarsi in presenza di una citazione letteraria, e lei le citazioni le odiava,
etichettandole come appartenenti a un mondo pretenzioso
e supponente.
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fondo al suo giardino in un condotto che passava nel muro
di cinta e finiva in una fontana a uso pubblico. L’acqua
sgorgava dalla bocca di un teschio – una follia che aveva
causato critiche a non finire perfino in quell’epoca macabra
– per cadere in una vasca poco profonda scavata nel terreno, dalla quale debordava passando attraverso una grata
e infilandosi sotto la strada. Dall’altra parte diventava un
ruscelletto che serpeggiava attraverso altri giardini, fino a
confluire nelle acque del fiume Ancombe.
Al di sopra del teschio erano stati scolpiti alcuni versi
mediocri, opera della signorina Jakes. Dicevano così:
Oh viaggiatore stanco, fermati a guardare
l’acqua che qui continua a sgorgare.
Passiamo i nostri giorni in lotta infinita
chinati a bere le Sorgenti della Vita.
Agatha si era quasi dimenticata dell’Azienda dell’acqua.
Una settimana dopo, però, le telefonò Roy Silver. Roy era
stato un dipendente di Agatha ai tempi dell’agenzia di pubbliche relazioni e adesso lavorava per quelli che avevano
rilevato l’attività. Roy era in stato di grande agitazione.
“Senti un po’ qui, Aggie,” cinguettò. “Ti hanno mai parlato dell’Azienda dell’acqua di Ancombe?”
“Sì.”
“Sono diventati nostri clienti, e considerato che i loro uffici sono a Mircester il capo si chiedeva se non avessi voglia
di occupartene tu, da freelance.”
Agatha guardò il telefono con espressione glaciale. Roy
Silver era stato quello che aveva rintracciato il marito di
Agatha, consentendogli così di saltar fuori proprio nel momento in cui lei stava per sposare James.
“No,” disse seccamente, prima di sbattere giù il telefono.
Rimase seduta a fissare l’apparecchio per qualche minuto, chiamando a raccolta il coraggio, risollevò il ricevitore e
fece il numero di James.
Lui rispose dopo il primo squillo. “James,” disse Agatha
con un’allegria falsa che suonò orribile. “Che ne dici di cenare insieme, stasera?”
“Mi dispiace tanto,” disse lui, asciutto. “Ho da fare. E,”
si affrettò ad aggiungere, come per prevenire ulteriori inviti,
“sarò impegnato per le prossime settimane.”
Agatha posò delicatamente la cornetta. Le era venuto
mal di stomaco. La gente parla sempre di cuori infranti ma
il dolore lo si sente, invece, dentro la pancia.
Un merlo zirlò allegro in un punto imprecisato del giardino, e la dolcezza del suo canto acuì la sofferenza di Agatha.
Così prese di nuovo il telefono e compose il numero della
centrale di polizia di Mircester, chiedendo di parlare con il
sergente Bill Wong, ed essendosi sentita dire che era il suo
giorno di riposo lo chiamò a casa.
“Agatha,” disse Bill, compiaciuto. “Non ho programmi,
per oggi. Perché non vieni a casa mia?”
Agatha esitò. Trovava piuttosto spiacevoli i genitori di
Bill. “Purtroppo ci sarò solo io,” proseguì Bill. “Mamma
e papà sono andati a Southend in visita da certi parenti.”
“Arrivo,” disse Agatha.
Partì in macchina, distogliendo la sguardo dal cottage
di James.
Bill fu felicissimo di vederla. L’agente Wong era tra i
venti e i trent’anni, aveva la faccia tonda e di recente si era
snellito.
“Sembri in forma, Bill,” gli disse Agatha. “Hai una ragazza nuova?” La vita amorosa di Bill poteva essere desunta
dal suo giro vita, perché il poliziotto ingrassava rapidamente non appena non c’erano storie romantiche in vista.
“Sì. Si chiama Sharon. Fa la dattilografa da noi. Molto
carina.”
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“Proprio così,” brontolò, uscendo nell’aria dolce della
sera.
Un albero di magnolia riluceva con splendore di cera
nel silenzio del giardino della canonica. Nel camposanto
le giunchiglie, sbiancate dal chiarore della luna, si rannicchiavano contro le vecchie pietre tombali pendenti di lato.
Devo comprarmi un posto qui, nel cimitero, pensò Agatha. Che conforto poter riposare, una volta finito tutto, sotto quella coperta di fiori e di erba mal tenuta. Sospirò. Al
momento la sua vita era solo una ciotola di frutti avvizziti,
con un nocciolo duro in ogni frutto.
“L’hai già presentata a tua madre e a tuo padre?”
“Non ancora.”
Allora per un po’ sarebbe andato tutto bene, pensò cinicamente Agatha. Bill adorava i genitori e non riusciva a
capire come mai le sue storie d’amore finissero nel preciso
momento in cui lui presentava in famiglia le ragazze.
“Stavo per mettermi a tavola,” disse Bill.
“Ti invito io da qualche parte. Sei mio ospite,” si affrettò
a dire Agatha. Bill cucinava in modo atroce, al pari di sua
madre.
“D’accordo. C’è un pub abbastanza buono in fondo alla
strada.”
Il pub, che si chiamava L’Allegra Mucca Rossa, era un
posto deprimente, dominato da un tavolo da biliardo attorno al quale passavano le giornate i pallidi e disoccupati
giovanotti di Mircester.
Agatha ordinò un’insalata di pollo. La lattuga era molliccia e il pollo filaccioso. Bill si tuffò, con tutta l’aria di goderselo, su un piatto bisunto di uova, patate fritte e salsiccia.
“Che mi racconti di nuovo, Bill? C’è qualcosa di eccitante?”
“Niente di che. La situazione negli ultimi tempi è stata
abbastanza tranquilla, grazie al cielo. E tu che mi dici? Ti
vedi con James?”
L’espressione di Agatha si irrigidì. “No, non lo vedo molto. È finita. Non mi va di parlarne.”
Bill si affrettò a dire, come ansioso di cambiare discorso:
“Che cosa sono tutte queste polemiche sulla nuova azienda
dell’acqua?”.
“Oh, quella. Se ne è parlato la settimana scorsa durante
la riunione della Società delle Dame. Io non riesco ad appassionarmi alla questione. Insomma, non capisco il perché
di tante storie. Verranno ogni mattina all’alba a prelevare
l’acqua e per il resto della giornata le cose andranno avanti
come prima.”
“Ho dei brutti presentimenti,” disse Bill, inondando di
ketchup le sue patatine. “Ogni volta che c’è una questione che
riguarda l’ambiente, salta fuori prima o poi qualche gruppo
di contestatori, e prima o poi succede qualcosa di violento.”
“Non credo proprio.” Agatha punzecchiò sconsolata un
pezzetto di pollo. “Ancombe è un mortorio.”
“Potresti avere delle sorprese. Perfino in certi posti che
paiono cimiteri possono scoppiare dei putiferi. Ci sono
gruppi di militanti che dell’ambiente in realtà se ne infischiano. Quella che cercano è una scusa per menare le
mani. A volte penso che siano loro la maggioranza. Le persone davvero interessate ad alcuni problemi ecologici di solito si riuniscono in un gruppetto piccolo e scrupoloso che
organizza proteste pacifiche, e questo non fa in tempo a
prendere in pugno la situazione che già si ritrova tra i piedi i
militanti, e spesso qualcuno finisce per farsi male sul serio.”
“La cosa non mi interessa,” disse Agatha. “In effetti, se
devo essere sincera, di questi tempi non c’è molto che mi
interessi.”
Bill la guardò con preoccupazione affettuosa. “Quello
che vorresti è che io ti fornissi un omicidio sul quale investigare. Ebbene, non lo farò. Non puoi star lì ad aspettare
che la gente si faccia ammazzare solo per fornirti un passatempo.”
“È un po’ una sgarberia definirlo un passatempo. Ma
che è questa schifezza?” Allontanò rabbiosamente il piatto.
“Io sono convinto che qui si mangi bene,” disse Bill, sulla
difensiva. “Stai facendo la schizzinosa solo perché sei infelice.”
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“In ogni caso sto cercando di dimagrire. Quel disgraziato di Roy Silver mi ha telefonato perché vuole che io faccia
le pubbliche relazioni per quell’azienda dell’acqua.”
“Che bella cosa. La loro sede è qui a Mircester.”
“Sono in pensione.”
“E infelice e depressa. Perché non accetti?”
Agatha non aveva intenzione di rivelare a Bill il vero
motivo del suo rifiuto. Passare le giornate in ufficio voleva
dire stare lontana da James Lacey, quando si poteva sempre
sperare in un miracolo, e che lui si ammorbidisse.
Finito di pranzare, si salutarono e Bill tornò a casa, pensoso. D’impulso telefonò a James.
“Come vanno le cose?” chiese allegramente James.
“Sono secoli che non ci vediamo.”
“Sei stato all’estero. Ho appena pranzato con Agatha e
mi sono reso conto che è un po’ che io e te non parliamo.”
“Oh.” E quell’oh di James era così frigido che Bill si
raffigurò la scena come un fumetto, con i ghiaccioli che
pendevano dal filo del telefono. E così chiacchierò oziosamente del più e del meno mentre in realtà per tutto il tempo avrebbe voluto chiedere a James perché mai non concedeva una tregua alla povera Agatha, invitandola fuori a
cena.
Una settimana dopo Agatha aveva appena finito di
fare la sua solita colazione a base di quattro sigarette e tre
tazze di caffè forte, quando squillò il telefono. “Fa’ che sia
James,” pensò, implorando quel Dio antropomorfo con la
barba lunga e i capelli incolti, con il quale spesso stringeva
accordi nei momenti di tensione. “Se è lui giuro che smetto
di fumare.”
Ma il Dio come lo vedeva Agatha apparteneva più alla
mitologia che ad altro, quindi lei non si stupì molto nello
scoprire che all’altro capo della linea c’era Roy Silver.
“Non riattaccare,” si affrettò a dire Roy. “Lo so che ce
l’hai ancora con me perché ho rintracciato tuo marito.”
“Rovinandomi la vita,” ribatté Agatha amaramente.
“Ebbene, adesso lui è morto, no? E se James non ha più
intenzione di sposarti non è colpa mia.”
Agatha buttò giù il telefono.
Suonò il campanello. Forse Lui aveva ascoltato la sua
preghiera. Spense la sigaretta.
“Era l’ultima,” disse ad alta voce, rivolgendosi al soffitto.
Aprì la porta.
Davanti a lei c’era la signora Darry.
“Mi chiedevo se lei non potesse farmi una cortesia, signora Raisin.”
“Si accomodi,” disse Agatha senza entusiasmo. Fece
strada fino in cucina, si sedette al tavolo e si accese mestamente una sigaretta.
La signora Darry si accomodò. “Le sarei grata se facesse
a meno di fumare.”
“È un problema suo, signora Darry,” disse Agatha. “Questa è casa mia e questa è la mia sigaretta. Che le serve?”
“Non lo capisce che così si sta uccidendo?”
Agatha guardò la sigaretta e poi la signora Darry.
“Fintanto che mi uccido con le mie mani, evito di uccidere lei. Fuori il rospo. Che cosa vuole?”
“L’acqua.”
“Scende dai rubinetti. Le hanno sospeso la fornitura?”
“No, non capisce. Mia madre sta per venire a vivere qui.”
Agatha sbatté le palpebre, incredula. La signora Darry
sembrava vicina alla settantina.
“Mamma ha novantadue anni,” proseguì la signora
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Darry. “Ci tiene molto a che il tè sia buono. Io non possiedo un’auto e mi chiedevo se lei non potesse procurarmi una
bottiglia di acqua della sorgente di Ancombe.”
“Non era nei miei programmi, di andare ad Ancombe,”
disse Agatha, riflettendo su quanto le stesse antipatica quella
nuova arrivata. Era una donna così brutta. È strano quanto
la gente possa essere brutta, non tanto per i lineamenti ma
per quell’aria malmostosa e giudicante che si tira appresso.
La signora Darry indossava uno di quei gilè trapuntati, abbottonato puntigliosamente sopra una maglia a collo
alto. Il naso appuntito, la bocca serrata, i capelli color sabbia e gli occhi verdi, slavati e indagatori la facevano sembrare più che mai una bestia selvatica e feroce, sempre a
caccia di una preda.
“E non ha nessun altro a cui chiederlo?” Agatha si domandò se fosse il caso di offrire un caffè alla signora Darry,
ma poi votò contro.
“Tutti gli altri sono così impegnati,” si lagnò la signora
Darry. “Insomma, non mi pare che lei abbia molto da fare.”
“In realtà ho proprio da fare,” la rimbeccò Agatha, piccata. “Gestirò le pubbliche relazioni per la nuova azienda
dell’acqua.”
La signora Darry afferrò la borsetta e i guanti e si alzò
in piedi. “Mi stupisco di lei, signora Raisin. È incredibile
che lei, che vive in questo villaggio, si renda complice di
un’azienda che mira a distruggere il nostro ecosistema.”
“Si levi dai piedi,” disse Agatha.
Una volta sola, si accese un’altra sigaretta. Durante il
giorno le capitò spesso di accarezzare mentalmente l’idea di
rappresentare l’Azienda dell’acqua. Naturalmente l’offerta
poteva non essere più valida. Se l’avessero ingaggiata per il
lancio avrebbe dovuto lavorare davvero sodo, e lavorando
sodo non avrebbe avuto la tentazione di ripetere la stupidaggine di telefonare a James per poi patire l’inevitabile
rifiuto.
Una serata di programmi televisivi scadenti contribuì
ben poco a rallegrarle l’umore. Si mangiò un’intera tavoletta di cioccolato e la gonna le tirò subito sulla pancia, in
misura allarmante. Si disse che quella sensazione di gonfiore addominale probabilmente era solo psicosomatica, ma
non funzionò. Decise d’impulso di armarsi di una borraccia
e di andare a piedi fino ad Ancombe in modo da prendere
l’acqua per il tè e dare un’altra occhiata alla sorgente.
Era di nuovo una bella serata. Le siepi erano costellate
dalle bacche del ciliegio a grappolo, nei frutteti su entrambi
i lati della strada splendevano i fiori del melo. Agatha era
una figura tozza che camminava con passo affardellato, sentendosi ancor più modesta nella meraviglia di quella sera.
Ancombe distava parecchie miglia e quando arrivò nei
pressi della sorgente Agatha era stanca e stava già rimpiangendo di aver deciso di non prendere la macchina.
La fonte si trovava in fondo al villaggio, in una zona
buia, dove le case finivano e ricominciava la campagna.
Una volta vicina, Agatha udì il rumore argentino dell’acqua.
Stava per chinarsi sulla fonte, quando balzò indietro con
un gemito d’allarme e lasciò cadere la borraccia. Perché ai
suoi piedi, con gli occhi spalancati contro la pallida luce
della luna e delle stelle, c’era un uomo morto.
Morto e stramorto, pensò Agatha, cercandogli il polso e
non trovandolo.
Corse alla casa più vicina, ne svegliò gli occupanti e telefonò alla polizia.
Ricusando le offerte di un brandy o di un tè, Agatha tor-
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nò risoluta alla fonte, in attesa. La notizia si sparse rapidamente per il villaggio, e quando la polizia arrivò, il cadavere
era circondato da un capannello di persone. Il teschio sopra
la fonte li squadrava dall’alto con espressione malvagia.
Agatha apprese dai mormorii soffocati che il corpo era
quello di un certo signor Robert Struthers, presidente del
consiglio comunale di Ancombe. Un rivolo di sangue gli
usciva dalla nuca, un sangue reso nero dalla notte, e che
mulinava nell’acqua della sorgente.
Il silenzio notturno fu squarciato dall’urlo delle sirene.
La polizia era finalmente arrivata. Bill non avrebbe fatto
parte della squadra. Era la sua giornata libera.
Ma Agatha riconobbe l’ispettore Wilkes.
Andò a sedersi in una delle auto degli inquirenti e rilasciò la sua testimonianza a una poliziotta. Agatha era un
po’ inebetita. Le dissero di aspettare, poi l’avrebbero riaccompagnata a casa con una macchina di servizio.
Alla fine la riportarono al cottage. Sulla soglia Agatha
esitò, lanciando uno sguardo malinconico verso il cottage
di fianco. Ecco una splendida opportunità per parlare con
James. Ma il trauma del ritrovamento del cadavere le aveva
fatto scattare dentro qualcosa. Io merito più di questo, pensò Agatha, e quindi aprì la porta ed entrò in casa.
Si stava preparando una tazza di caffè quando sentì suonare il campanello. Questa volta non si aspettava di trovare
James sulla soglia e fu con gratitudine e sollievo autentici
che accolse l’arrivo della signora Bloxby, moglie del pastore.
“Ho saputo la terribile notizia,” disse la signora Bloxby,
ricacciandosi dietro le orecchie una ciocca di capelli grigi.
“Sono venuta a passare la notte con te. Immagino che non
ti andrà di stare sola.”
Agatha la guardò con affetto, ricordando altre notti in
cui la signora Bloxby si era offerta di tenerle compagnia.
“Penso che sia tutto sotto controllo,” disse, “ma se resti un
pochino mi fai molto piacere.”
La signora Bloxby la seguì in cucina e si sedette. “La signora Darry mi ha telefonato per darmi la notizia. Se guardi fuori vedrai che nel villaggio le luci sono tutte accese. Si
parlerà dell’omicidio per l’intera notte.”
“Raccontami di questa faccenda dell’acqua,” disse Agatha, porgendo alla signora Bloxby una tazzona di caffè. “Mi
pare di avere capito che si dovesse prendere una decisione
in merito.”
“Sì, e ci sono state discussioni molto vivaci.”
“A chi appartiene l’acqua?”
“Arriva dal giardino della signora Toynbee, ma dato che
il pozzo è in strada, quella parte è di proprietà del comune.
I membri del consiglio comunale sono sette, e sono tutti in
carica da anni.”
“Ma le elezioni comunali?”
“Oh, le elezioni si fanno ma quell’incarico non ha mai
fatto gola a nessuno, così non si sono presentati altri candidati. Il presidente era il defunto signor Struthers, il signor
Andy Stiggs è il vicepresidente – poi ci sono la signorina
Mary Owen, la signora Jane Cutler, il signor Bill Allen, il
signor Fred Shaw e la signorina Angela Buckley. Il signor
Struthers era un ex dirigente di banca in pensione. Il signor Stiggs è un negoziante in pensione, la signorina Mary
Owen è benestante di famiglia. La signora Jane Cutler, benestante pure lei, è una vedova, il signor Bill Allen gestisce
un vivaio, il signor Fred Shaw è l’elettricista di Ancombe e
la signorina Angela Buckley è la figlia di un agricoltore.”
“E chi era a favore della vendita dell’acqua, e chi contro?”
“Se non ricordo male la signora Cutler, Fred Shaw e An-
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gela Buckley erano a favore, e Mary Owen, Bill Allen e Andy
Stiggs erano contrari. Il voto decisivo era nelle mani del presidente, e per quanto ne so il signor Struthers non aveva ancora preso una decisione.”
“Magari uno dei consiglieri favorevoli o uno di quelli
contrari era venuto a sapere come avrebbe votato il signor
Struthers, e la cosa non gli era piaciuta,” disse Agatha, con
gli occhi da orsetto che brillavano sotto la folta frangia castana.
“Non credo proprio. A parte la signorina Buckley, che è
sulla quarantina, tutti gli altri sono anzianotti. E tutti hanno
condotto vite irreprensibili.”
“Però questa faccenda li aveva aizzati.”
“È vero,” ammise la signora Bloxby, a malincuore. “I dibattiti sono stati infuocati e rabbiosi. E naturalmente anche
gli abitanti sono divisi in due fazioni. Mary Owen sostiene
che i cittadini non siano stati consultati e ha indetto una
riunione nella sala civica. Penso che fosse stata fissata per la
prossima settimana ma sono certa che verrà rimandata alla
luce di questo omicidio.”
“Se di omicidio si tratta,” disse Agatha, lentamente. “Insomma, il signor Struthers era anziano e giaceva a faccia in
su. Potrebbe aver avuto un attacco di qualche cosa ed essere
caduto all’indietro battendo la testa sulla vasca.”
“Speriamo che sia andata proprio così. Altrimenti arriveranno i cronisti, e arriveranno le troupe televisive e qui
è così bello che poi ci toccherà sopportare un numero di
turisti ancora più alto del solito.”
“In un certo senso sono una turista anch’io,” disse Agatha, stizzita. “In realtà non appartengo a questo posto.
Impazzisco di rabbia quando la gente di Carsely si lagna
per la presenza di quegli orribili turisti e magari è appena
tornata da una vacanza all’estero, dove a sua volta ha fatto
del turismo.”
“Non è del tutto vero,” disse gentilmente la moglie del
pastore. “La gente di Carsely non ama andare in giro.”
“Non mi interessa. A Evesham e a Moreton per fare spese i nostri compaesani ci vanno, e dunque si appropriano di
spazio altrui. La Terra è un pianeta pieno di turisti.”
“O di profughi. Pensiamo alla Bosnia.”
“Chi se ne frega della Bosnia,” disse Agatha con tutto il
veleno di chi si vede instillare un senso di colpa. “Scusa,”
borbottò. “Mi sa che sono un po’ turbata.”
“Ne sono certa. Deve essere stata un’esperienza scioccante.”
Oh, se lo era stata, pensò Agatha. Le donne come lei
erano afflitte da machismo tanto quanto gli uomini. Il suo
primo pensiero era stato quello di dire: “Oh, ma per carità.
Sono abituata a vedere cadaveri, sai”. Ma Agatha aveva
avuto paura di tante cose nel corso della vita, e così si era
fatta strada nel mondo minacciando di prendere a pugni
tutti finché la vita placida di Carsely e la gentilezza degli
abitanti non avevano fatto breccia nel carapace di cui si era
dotata.
“Se dovesse risultare che si tratta di un omicidio e mi
concentrassi su quello,” disse Agatha lentamente, “potrei
accettare il posto di responsabile delle pubbliche relazioni
per l’Azienda dell’acqua di Ancombe.”
“La signora Darry ha detto che l’avevi già accettato.”
“Ma che pettegola d’una befana! Gliel’ho detto solo perché era venuta a chiedermi di andarle a prendere dell’acqua alla fonte, sostenendo, più o meno, che io non avessi
niente altro da fare. Mi ha fatto sentire pronta per il deposito rottami.”
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Un’altra bella giornata primaverile contribuì parecchio a
scacciare gli orrori della sera prima e Bill Wong, accompagnato da una collega, venne per riesaminare la deposizione
di Agatha.
James Lacey aveva visto arrivare la macchina della polizia, era perfettamente al corrente dell’omicidio e sapeva
che era stata Agatha a scoprire il cadavere. Avido di dettagli, si era aspettato che lei lo chiamasse, ma Bill Wong
se n’era andato, alla fine, eppure il telefono di James non
squillava.
Agatha telefonò a Roy Silver. “Ho deciso di accettare
quell’incarico per l’Azienda dell’acqua,” disse, in tono poco
cordiale. Roy avrebbe tanto voluto poterla mandare al diavolo, ma lo trattenne il fatto che il suo capo avrebbe considerato un colpaccio l’ingaggio di Agatha.
“Fantastico,” disse freddamente. “Ti fisso una riunione
per domani con i capi.”
“Immagino che tu abbia visto i giornali,” disse Agatha.
“In che senso?”
“Il presidente del consiglio comunale di Ancombe è stato
trovato morto ieri sera… l’ho trovato io.”
“Non ci posso credere! Sei proprio un piccolo avvoltoio,
Aggie. Avranno più che mai bisogno di te per contrastare la
pubblicità negativa. Si tratta di un omicidio?”
“Potrebbe, ma il morto era molto anziano e potrebbe
essere semplicemente caduto battendo la testa sulla vasca
di pietra.”
“In ogni caso ti richiamo e ti faccio sapere a che ora
avrai l’incontro con loro.”
“Con chi avrò a che fare?”
“Guy e Peter Freemont, fratelli, direttori dell’azienda.”
“E com’è il loro pedigree?”
“Uomini d’affari della City, trafficoni, hai presente il genere.”
“D’accordo, fammi sapere l’ora.”
Agatha guardò l’orologio. Era quasi ora di pranzo. De-
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“Potrebbe essere pericoloso andare in giro a fare troppe
domande.”
“Se si tratta di un omicidio, è probabile che il caso venga
risolto alla svelta. Uno dei favorevoli non voleva che il signor Struthers bloccasse il progetto oppure uno dei contrari
temeva che Struthers avrebbe rovinato la vita del villaggio
e inquinato l’ambiente.”
“Non mi pare plausibile. Tu non conosci il consiglio comunale; io sì. Certo questa storia li ha fatti scaldare parecchio, ma sono membri della comunità equilibrati e normali.
Tu e James investigherete insieme? In passato avete ottenuto grandi successi.”
“James è stato molto sgarbato e mi ha snobbata,” disse
Agatha. “No, mi terrò lontana da lui.”
Quando la signora Bloxby se ne fu andata, Agatha si
preparò per andare a letto. Il vecchio cottage scricchiolava come faceva sempre, preparandosi alla notte, e alcuni
rappresentanti della fauna selvatica erano responsabili dei
fruscii nella paglia del tetto. Ma ogni minimo rumorino faceva sobbalzare Agatha, che rimpianse di aver finto tutto
quel coraggio e di non aver chiesto alla moglie del pastore
di restare lì a dormire. E poi c’era James, nella villa accanto,
che a quel punto doveva aver saputo dell’omicidio. Sarebbe dovuto essere lì con lei a proteggerla e consolarla. Una
lacrima le scese lungo il naso, e poi Agatha sprofondò in un
sonno agitato.
cise di andare al Leone Rosso, il pub locale, e vedere di
spigolare qualche pettegolezzo. Magari James era lì… ma
lasciamo perdere!
Si truccò con cura; studiandosi attentamente la faccia
nello specchio del terrore, uno di quelli che ingrandiscono
con la potenza di una lente. La pelle delle guance era ancora liscia ma attorno agli occhi c’era un reticolo di zampe di
gallina e sul labbro superiore si notavano rughe orrende. I
capelli erano folti e lucidi e le gambe le aveva belle. La figura tendeva un po’ al tozzo e il collo era leggermente troppo
corto. Coprì le rughe con il fondotinta, sospirando, e poi applicò la cipria e il rossetto. Allungò la mano verso il tubetto
del mascara ma poi cambiò idea. Il mascara waterproof era
molto più difficile da togliere e aveva la cattiva abitudine di
restare appiccicato sotto gli occhi per giorni e giorni. Avrebbe dovuto farsi tingere le ciglia. Sarebbe forse valsa la pena
di sottoporsi a un lifting facciale, o questo le avrebbe impedito di affrontare con grazia l’invecchiamento? Ma qualcuno
invecchiava mai con grazia, o più banalmente si trattava di
scegliere tra la rassegnazione e una lotta fino alla morte?
Lungo la strada che portava al pub, Agatha fu assalita
da un senso di solitudine, di isolamento, e si domandò, non
per la prima volta, se la città le fosse penetrata tanto a fondo nelle ossa da impedirle di mettere radici nel suolo della
campagna. Eppure mentre camminava sotto archi di fiori
ogni cosa attorno a lei appariva così bella, c’era così tanta
pace. Altissimo sopra di lei, il cielo dei Cotswolds era azzurro chiaro e sgombro di nuvole. È in arrivo un altro divieto
di innaffiare i giardini, pensò il lato pratico di Agatha.
Era quasi arrivata al pub quando si rese conto di essersi scordata di dare da mangiare ai suoi due gatti, Hodge e
Boswell. Si lasciò sfuggire un gemito. Sarebbero sopravvis-
suti fino al suo ritorno. Non aveva intenzione di diventare
una di quelle donne rincitrullite che si sdilinquiscono per le
bestie.
Ciò nondimeno girò i tacchi e tornò a casa, nutrì i gatti,
li fece uscire in giardino, e sentendo di aver già avuto per
quel giorno una dose sufficiente di moto e aria fresca saltò in macchina e guidò per il breve tragitto fino al Leone
Rosso, per tuffarsi lietamente nell’oscurità del pub pieno di
fumo e olezzante di birra.
Il proprietario del locale, John Fletcher, servì ad Agatha
un gin tonic e poi la gente del posto le si fece attorno, avida
di notizie. Sempre felice di essere al centro dell’attenzione,
Agatha descrisse a tinte macabre il ritrovamento del cadavere. “Potrebbe anche non trattarsi di un omicidio,” concluse. “Struthers potrebbe essere stato vittima di una banale
caduta.”
“Deve essere per forza un omicidio,” dichiarò la signorina Simms, segretaria della Società delle Dame di Carsely
nonché la ragazza madre più nota del villaggio. “E io so
chi è stato!”
“Chi?” chiese Agatha.
La signorina Simms si strinse al petto la mezza pinta di
birra. “È stata quella Mary Owen.”
“Oh, andiamo,” disse Fred Griggs, il poliziotto locale, facendosi avanti goffamente per unirsi al gruppo. “Mary Owen
è una cara vecchietta che non farebbe del male a una mosca.”
“Vecchia quanto?” s’informò Agatha.
“Sessantacinque.”
Agatha trasalì. Era vicina ai cinquantacinque anni, e
non le garbava che chi era sulla sessantina fosse considerato vecchio.
“Un tempo sarà anche stata una cara persona,” disse la
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signorina Simms con tono di sfida, “ma da quando è saltata fuori questa storia dell’Azienda dell’acqua, non fa che
sbraitare a destra e a manca. La gente può rimbambirsi, a
quell’età.”
“Non sappiamo ancora se si è trattato di un omicidio,”
disse Fred. “Qualcuno mi offre da bere?”
“Io,” disse Agatha. “Ma beve in servizio?”
“Sono di riposo. Prendo una pinta di Hook Norton.”
“Non pensavo che le avrebbero concesso un giorno di
riposo, con questa morte in ballo.”
“Se ne sta occupando la squadra investigativa.”
A loro si unì la signora Darry. Agatha le diede la schiena,
cercando di escluderla dal gruppo, ma la signora Darry si
fece largo, passandole davanti.
“State parlando dell’omicidio?” chiese avidamente.
“Abbiamo altre cose di cui parlare,” disse Agatha, in
tono brusco, mentre pagava la birra del poliziotto.
“Stavo dicendo che secondo me è stata Mary Owen a
uccidere Struthers,” annunciò la signorina Simms.
“Mi stupisco di trovarla qui, signora Raisin,” disse la signora Darry. “Prendo un Dubonnet, John.” Guardò Agatha. “Insomma, pensavo che le stessero facendo il terzo grado giù alla centrale di polizia.”
“E perché mai?” Agatha le lanciò un’occhiataccia bellicosa.
La signora Darry fece una risatina maligna. “La persona
che trova il cadavere se non sbaglio è sempre la sospettata
numero uno.”
“Sciocchezze,” disse Fred. “La signora Raisin si è semplicemente imbattuta nel corpo, per puro caso.”
“È incredibile in quanti corpi si sia imbattuta la signora
Raisin.” La signora Darry prese dal suo drink un sorso da
uccellino. “E come si sia pure guadagnata una certa notorietà. La vita per lei è stata un po’ un mortorio negli ultimi
tempi, o sbaglio?”
La faccia di Agatha avvampò per la rabbia. “Sta per caso
dicendo che io vado in giro ad ammazzare la gente per il
gusto di finire sui giornali?”
La signora Darry si esibì in una risatina stridula. “Era
solo una battutina.”
“Allora può prendere la sua battutina e ficcarsela su per
quel suo culo rinsecchito,” s’infuriò Agatha, mentre il trauma del ritrovamento del cadavere la investiva in tutta la sua
forza. Gli occhi le si riempirono di lacrime.
“Su, su,” disse la signorina Simms, sganciandosi dallo
sgabello del bar. “Troviamoci un angolino tranquillo lontano da questa stronza.”
Agatha, con le ginocchia tremanti, si andò a sedere con
la signorina Simms.
“Mi dispiace di aver fatto questa scenata,” borbottò.
“Ma mi ero presa un bello spavento.”
“La stampa le ha dato la caccia?”
“No,” disse Agatha, stupita. “Chissà come mai.”
“Sull’‘Eco del Gloucester’ si diceva solo che il cadavere
era stato scoperto da una donna del posto.”
Nonostante lo stress, Agatha era contrariata. La polizia
avrebbe potuto dire qualcosa del tipo: “Il corpo è stato trovato dalla signora Agatha Raisin, che in passato ci è stata di
grande aiuto in casi di omicidio”.
“Quella Darry è una donnaccia orrenda,” disse la signorina Simms.
“Ce n’è una in ogni villaggio,” disse Agatha, tetra. “Non
avrei dovuto reagire alle sue affermazioni.”
“Mi stia a sentire, signora Raisin…”
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“Chiamami Agatha. Perché dobbiamo chiamarci sempre per cognome?”
“Mi piace usare il cognome,” disse la signorina Simms.
“È più cortese, ecco. Investigherà? Il signor Lacey le darà
una mano?”
“Io non so cosa stia facendo James in questi giorni e non
mi interessa saperlo,” disse Agatha. “Ma probabilmente
scoprirò altre cose su questa faccenda perché gestirò come
consulente le pubbliche relazioni della nuova azienda di acque minerali.”
“Peccato che si tratti di acqua,” disse la signorina Simms.
“Se fosse gin o whisky potrebbe rimediarci qualche campione
gratis. Il mio fidanzato attuale lavora negli accessori da bagno. Posso procacciarle una tavoletta per il water, volendo.”
“È gentile da parte tua, ma sono già a posto, con le tavolette dei water di casa mia. Conosci qualcuno dei membri
del consiglio comunale?”
“Di quelli del consiglio di Ancombe, immagino. La
Società delle Dame ha dato un concerto, mentre lei era
all’estero. Vecchie mummie. Non farebbero del male a una
mosca. Probabilmente verrà fuori che il nonnetto è semplicemente caduto stecchito.”
La conversazione si spostò sui pettegolezzi di villaggio
e Agatha alla fine se ne andò, sentendosi meglio. Sulla segreteria telefonica c’era un messaggio di Roy. L’incontro
con i due direttori dell’Azienda dell’acqua di Ancombe era
fissato per l’indomani alle tre del pomeriggio.
Confortata dal pensiero del lavoro, e da una lunga passeggiata nel pomeriggio, Agatha alla fine riuscì a farsi una
bella dormita, di una notte intera.
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