I tumori del pene e del testicolo - RTUP

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I tumori del pene e del testicolo - RTUP
CancerStat Umbria
Anno II No. 12
Dicembre 2011
Registro Tumori
Umbro di Popolazione
ISSN 2039-814X
Registro Nominativo
delle Cause di Morte
Registro Regionale
dei Mesoteliomi
I tumori del pene
e del testicolo
Direttore:
Francesco La Rosa
Coordinatore:
Fabrizio Stracci
Dipartimento di
Specialità MedicoChirurgiche e Sanità
pubblica.
Sezione di Sanità
Pubblica.
Università degli Studi
di Perugia.
Regione dell’Umbria.
Direzione regionale
Salute, coesione sociale
e società della
conoscenza
Luigi Mearini, Elisabetta Nunzi,
Alessandro Zucchi, Massimo Porena
Daniela D’Alò, Fabrizio Stracci,
Fortunato Bianconi, Francesco La Rosa
INDICE:
I tumori del pene
Parte I:
pag.
1
Parte II
pag.
5
Bibliografia
pag.
9
Parte I:
pag.
11
Parte II
pag.
16
Bibliografia
pag.
24
I tumori del testicolo
CANCERSTAT UMBRIA, ANNO II NO. 12
CANCERSTAT UMBRIA, ANNO II NO. 12
CancerStat Umbria
Registro Tumori
Umbro di Popolazione
Registro Nominativo
delle Cause di Morte
Registro Regionale
dei Mesoteliomi
Direttore:
Anno II No. 12, Dicembre 2011
ISSN 2039-814X
Codice CINECA-ANCE E205269
Pubblicato da:
Registro Tumori Umbro di Popolazione
Francesco La Rosa
Coordinatore:
Fabrizio Stracci
Collaboratori:
Dipartimento di Specialità Medico-Chirurgiche e Sanità
Pubblica. Sezione di Sanità Pubblica.
Università degli Studi di Perugia.
Via del Giochetto
06100 Perugia
Anna Maria Petrinelli
Daniela Costarelli
Fortunato Bianconi
Valerio Brunori
Daniela D’Alò
Silvia Leite
Francesco Spano
Tel.: +39.075.585.7329 - +39.075.585.7366
Fax: +39.075.585.7317
Email: [email protected]
Segreteria:
URL: www.rtup.unipg.it
Luisa Bisello
Regione dell’Umbria.
Direzione regionale
Salute, coesione sociale
e società della
conoscenza
Emilio Duca
Paola Casucci
Marcello Catanelli
Mariadonata Giaimo
CANCERSTAT UMBRIA, ANNO II NO. 12
I TUMORI DEL PENE
I tumori del pene
Luigi Mearini1, Elisabetta Nunzi1, Alessandro Zucchi1,
Massimo Porena1,2
Daniela D’Alò3, Fabrizio Stracci2,3, Fortunato Bianconi3,
Francesco La Rosa2,3
1
2
3
Clinica Urologica, Azienda Ospedaliera di Perugia
Dipartimento di Specialità medico-chirurgiche e Sanità pubblica,
Università di Perugia
Registro Tumori Umbro di Popolazione, Dipartimento di Specialità
medico-chirurgiche e Sanità pubblica, Università di Perugia
Parte I
D. D’Alò, F. Stracci, F. Bianconi, F. La Rosa
INTRODUZIONE
Nell’ambito dell’oncologia peniena si distinguono
neoformazioni di natura benigna, lesioni
precancerose,
tumori
maligni
primitivi,
rappresentati per la quasi totalità dal carcinoma
squamoso e rare localizzazioni secondarie di
neoplasie urogenitali o di altre sedi.
Tra i tumori benigni si rilevano: le cisti e gli
angiomi, di scarso interesse clinico e di riscontro
molto infrequente; i nevi, per i quali è a volte
consigliabile
l’escissione
per
prevenire
un’eventuale trasformazione maligna e i condilomi
acuminati, causati dai papilloma virus umani
(HPV). Questi ultimi interessano soprattutto i
giovani, hanno inizialmente l’aspetto di papule, le
quali evolvono in forma di papille appuntite di
colorito perlaceo o rossastro e di consistenza
molle. Con il tempo si possono formare
masserelle, sessili o moriformi, di maggiori
dimensioni. Le sedi preferenziali sono
rappresentate dal solco balano-prepuziale e dal
prepuzio, ma talora sono diffuse al glande e al
meato uretrale. È frequente l’insorgenza di
balanopostiti sovrapposte. L’autoinoculazione può
portare a recidive e a lesioni multiple e può
determinare inoltre una localizzazione uretrale o
extragenitale (pieghe inguinali, mucosa anale). Il
trattamento di scelta è rappresentato dalla laserterapia.
Le forme precancerose sono lesioni che possono
potenzialmente evolvere verso il quadro del
carcinoma squamoso infiltrante. Se ne conoscono
attualmente cinque: la leucoplachia, la balanite
xerotica obliterans, il tumore di BuschkeLöwenstein (o condiloma acuminato gigante), la
malattia di Bowen e l’eritroplasia di Queyrat;
queste ultime vanno ricomprese nell’ambito del
“carcinoma in situ” (CIS) o neoplasia
intraepiteliale peniena (PIN).
La leucoplachia è frequente negli anziani e nei
diabetici, soprattutto se affetti da fimosi. L’aspetto
più comune è quello di una placca dura,
biancastra, a margini irregolari, localizzata nell’area
del prepuzio, talora in corrispondenza del cercine
fimotico o del meato uretrale di cui può provocare
la stenosi. Possono sovrapporsi fenomeni
infiammatori od ulcerazioni superficiali che
mimano la trasformazione maligna. Generalmente
I TUMORI DEL PENE
la lesione consegue a uno stimolo irritativo locale
cronico, quasi sempre rappresentato dalla
persistenza di smegma (un accumulo di cellule
epiteliali desquamate, sudore e residui)
determinata dalla fimosi. La diagnosi differenziale
si pone con la balanite xerotica obliterans, il
carcinoma squamoso, il lichen planus, il lichen
simplex chronicus e la candidiasi. Per la diagnosi
di certezza è necessario effettuare una biopsia.
All’esame istologico, fondamentale per rilevare
eventuali aree di degenerazione, si riscontrano
principalmente ipercheratosi, paracheratosi ed
infiltrato linfocitario nel derma. La terapia consiste
nell’escissione. La balanite xerotica obliterans
presenta stretti rapporti di affinità con la craurosi
della vulva e con il lichen scleroatrofico cutaneo,
di cui è considerata l’equivalente a livello penieno.
Colpisce in genere uomini sopra i 40 anni ed è più
frequente nei diabetici. La malattia si presenta
sotto forma di macchie biancastre squamose e
atrofiche, uniche o multiple, disposte a mosaico.
Le macchie possono fissurarsi ed ulcerarsi e
tendono ad espandersi dal solco coronale e dal
glande al meato uretrale esterno e al prepuzio
determinando la stenosi del meato e la fimosi. La
lesione causa prurito, bruciore, dolore locale e
secrezione; inoltre può manifestarsi disuria in
conseguenza della stenosi meatale. All’esame
istologico si osserva atrofia dello strato
malpighiano con degenerazione idropica delle
cellule basali, ipercheratosi ed alterazioni del
derma superficiale con presenza di infiltrato
linfocitario. La degenerazione maligna è rara. Il
trattamento
può
avvalersi
dell’uso
di
corticosteroidi locali (creme o iniezioni
sottolesionali), della circoncisione in caso di
localizzazione al prepuzio e della escissione locale
per le localizzazioni al glande.
Il tumore di Buschke-Löwenstein (detto anche
carcinoma verrucoso o condiloma acuminato
gigante) si manifesta con escrescenze papillari
multiple a forma di cavolfiore localizzate al glande
e al prepuzio; ha una crescita locale progressiva
che altera profondamente la morfologia di gran
parte del pene, ma malgrado le dimensioni, il
“tumore” tende a rimanere organo-confinato e a
non metastatizzare, tuttavia recidiva con estrema
frequenza. La degenerazione maligna è rara.
Possono
inoltre
associarsi
essudazioni
maleodoranti, emorragie e fistolizzazioni. La
malattia ha probabilmente un’origine virale (tipi 6
e 11 di HPV). Da un punto di vista istologico la
lesione ricorda un carcinoma squamoso
estremamente ben differenziato con poche mitosi
ed aspetti papillari; è caratterizzata inoltre da
iperplasia epiteliale, alterazione vacuolare delle
cellule dello strato malpighiano ed ipercheratosi.
Nel derma sono rilevabili papillomatosi ed
infiltrato infiammatorio aspecifico. La diagnosi
differenziale va posta con i condilomi acuminati
ed il carcinoma squamoso. La terapia consiste
nell’escissione ampia fino alla penectomia totale.
La chemioterapia e la radioterapia locale sono
inefficaci nel trattamento di questa affezione.
Sotto la denominazione di carcinoma in situ (CIS)
si raccolgono tre quadri clinici: la malattia di
Bowen e l’Eritroplasia di Queyrat, che possono
evolvere in carcinoma squamoso invasivo, e la
papulosi Bowenoide, del tutto benigna ma quasi
indistinguibile istologicamente dalle prime due e
pertanto da conoscere ai fini della diagnosi
differenziale. Tali lesioni mostrano una
proliferazione atipica dell’epitelio, mitosi anomale,
acantosi
ed
abnorme
cheratinizzazione
(discheratosi), ma senza superamento della
membrana basale. La diagnosi è sempre istologica.
La malattia di Bowen si caratterizza per la
presenza a livello dell’asta del pene di placche,
generalmente solitarie, rotonde o lievemente
irregolari, eritematose, rugose, di dimensioni
comprese tra 10 e 15 millimetri, con presenza
talora di croste ed ulcerazioni. È stata dimostrata
l’associazione della malattia di Bowen con
l’infezione da HPV-16, non sembra invece
confermata quella con neoplasie occulte viscerali.
La lesione evolve in carcinoma squamoso invasivo
in non più del 5% dei casi.
L’eritroplasia di Queyrat insorge quasi
esclusivamente nei non circoncisi con aree
eritematose (singole o multiple), vellutate e lucide,
2
I TUMORI DEL PENE
lievemente rilevate e ben demarcate, localizzate
sulla mucosa del glande, del prepuzio e del solco
balano-prepuziale; le lesioni sono pruriginose e
facilmente sanguinanti, specie dopo il coito o
piccoli traumi. La presenza di aree ulcerate o
papillari
spesso
ne
indica
l’avvenuta
trasformazione in carcinoma squamoso infiltrante,
che si verifica nel 10-20% dei casi, in genere dopo
una lunga fase stazionaria o lentamente evolutiva.
Una lesione umida può invece trasformarsi dopo
circoncisione in una placca ben delimitata, lucida e
asciutta.
Il trattamento di scelta è chirurgico sia per la
malattia di Bowen che per la Eritroplasia di
Queyrat: circoncisione nel caso di localizzazione al
prepuzio o in presenza di fimosi, escissione locale
profonda con margini adeguati (almeno 5 mm)
nelle altri sedi. Va associata la meatoplastica nelle
stenosi del meato uretrale esterno. In presenza di
microinvasione locale la lesione va trattata come
se fosse un carcinoma squamoso invasivo. Valida
alternativa alla chirurgia, soprattutto per il risultato
estetico, è il trattamento con Laser (CO2 o
Neodymium:YAG). Buoni risultati sono stati
ottenuti anche con applicazioni topiche di
unguento o crema di 5-fluorouracile al 5% (2
applicazioni / die per 3-4 settimane), proteggendo
con un condom la parte trattata per evitare
dermatiti a livello della cute sana circostante.
I tumori maligni primitivi sono rappresentati
per la quasi totalità dal carcinoma squamoso (oltre
il 95% dei casi). La quota restante è costituita da
carcinomi basocellulari (o basaliomi), melanomi
maligni e sarcomi.
IL CARCINOMA SQUAMOSO DEL
PENE
EPIDEMIOLOGIA
Il carcinoma squamoso del pene è una neoplasia
rara che origina di norma dall’epitelio del glande e
della superficie interna del prepuzio.
Grazie ad una migliore conoscenza della storia
naturale della malattia, diagnosi precoce e
trattamenti più efficaci, il tasso di cura per il
cancro del pene è cresciuto dal 50% del 1990
all’80% dei nostri giorni.
Nei paesi occidentali rappresenta lo 0.2-2% dei
tumori nel sesso maschile; incidenze nettamente
superiori (pari al 10-20% circa dei tumori maligni
nel maschio) si riscontrano nei paesi dell’Estremo
Oriente, in Africa e in Sud America, caratterizzati
da un basso livello igienico-sanitario e da un clima
tropicale
caldo-umido;
sono
neoplasie
estremamente rare nella popolazione ebraica e in
quella araba (musulmani e Ibos della Nigeria),
soggette alla pratica della circoncisione.
La fascia di età più colpita è quella compresa tra i
50 ed i 70 anni (1, 2). L’incidenza cresce con l’età;
di rado è riportato in età giovanile.
La fimosi (presente nel 75% dei casi), le infezioni
croniche e/o recidivanti locali (balano-postite,
lichen sclero-atrofico), la scarsa igiene locale, il
trattamento con sporalene e raggi UVA,
l’infezione da HPV ed il fumo di sigaretta
rappresentano i maggiori fattori di rischio noti (3,
4).
La circoncisione praticata nel bambino riduce il
rischio di tumore del pene, ma ciò non si verifica
quando è eseguita in età adulta.
Condivide con il carcinoma spinocellulare
dell’orofaringe, dei genitali femminili (cervice,
vagina e vulva) e del canale anale sia l’eziologia
che la storia naturale.
Il DNA del papilloma virus umano (HPV) è stato
identificato nel 70-100% dei casi di neoplasia
intraepiteliale e nel 40-50% dei casi di carcinoma
infiltrante (4). Questi risultati sono stati
confermati anche in uno studio caso-controllo in
cui si è riscontrato il DNA dell’HPV nell’80% dei
campioni tumorali, nel 69% dei quali prevaleva
l’HPV 16 (5). L’HPV 18 presenta un ruolo causale
nel 30-40% dei casi di carcinoma del pene (6).
Anche i pazienti portatori di condiloma acuminato
possono andare incontro a cancerizzazione (7).
Il virus interagisce con oncogeni e geni
oncosoppressori, quali p53 e Rb (8).
E’ importante, inoltre, sottolineare che i soggetti
affetti da cancro del pene che presentano
3
I TUMORI DEL PENE
infezione da HPV, sembrano mostrare una
prognosi migliore rispetto ai pazienti HPV
negativi (6).
Pertanto, da quanto detto si evince come
l’insorgenza del carcinoma penieno si possa
ricondurre soprattutto a fattori di rischio
individuali (come, ad esempio, un elevato numero
di partners sessuali, un precoce inizio dell’attività
sessuale, etc.), potenzialmente modificabili
attraverso un’opera di educazione alla prevenzione
delle malattie sessualmente trasmesse e a una
migliore igiene personale; in questo modo si
potrebbe ridurre drasticamente la frequenza di
questa neoplasia nelle aree ad elevata incidenza.
In Italia nel 2006 è stata stimata una prevalenza
per il tumore maligno del pene (ICD-10 C60) di
3.930 casi (9).
In Umbria nel periodo 2004-2008 sono stati
riscontrati mediamente all’anno 2.4 casi di tumore
maligno del pene ogni 100.000 uomini, con un
tasso annuo di mortalità di 0.5 (Tabella 1).
Tabella 1. Incidenza e mortalità del tumore maligno del pene. Umbria 1994-2008.
INCIDENZA
anni di riferimento n° totale casi tasso grezzo tasso standard*
1994-1998
1999-2003
2004-2008
47
34
50
2,4
1,7
2,4
3,2
2,1
2,8
MORTALITA'
anni di riferimento n° totale morti tasso grezzo tasso standard*
1994-1998
1999-2003
2004-2008
7
10
11
La neoplasia è rara in uomini di età inferiore ai 40
anni, tuttavia la sua incidenza tende a crescere
0,4
0,5
0,5
0,7
0,9
0,7
con l’aumentare dell’età, risultando più colpita la
fascia di età maggiore di 85 anni (Figura 1).
Figura 1. Tasso di incidenza del carcinoma del pene per classe di età. Umbria 1994-2008.
4
I TUMORI DEL PENE
Parte II
L. Mearini, E. Nunzi, A. Zucchi, M. Porena
ANATOMIA PATOLOGICA
Aspetto macroscopico
La sede preferenziale di insorgenza del carcinoma
del pene è il glande (50% dei casi circa); seguono il
prepuzio ed il solco balano-prepuziale. La
localizzazione sulla cute dell’asta è rara ed è in
genere appannaggio dei tumori basocellulari. Due
sono le modalità di crescita: papillare-verrucosa, di
aspetto fungoide e piatta-nodulare, che si presenta
frequentemente ulcerata. In entrambi i casi si
osservano aspetti crateriformi in uno stadio
avanzato. Le forme vegetanti-verrucose sono più
frequenti di quelle nodulari ed hanno in genere un
basso grado di malignità e scarsa tendenza alla
diffusione metastatica. Nei casi in cui si ha
progressione in profondità è frequente
l’interessamento dei corpi cavernosi; il
coinvolgimento dell’uretra, con conseguente
stenosi e fistolizzazione, è invece raro e
riscontrabile solo nelle forme più avanzate e
destruenti. Pressoché costanti sono le infezioni
sovrapposte della massa tumorale con conseguenti
linfoadenopatie regionali (inguinali).
Aspetto microscopico
Il quadro istologico è quello tipico degli epiteliomi
spinocellulari con vari gradi di differenziazione.
Prevalgono le forme a bassa malignità (G1-G2 nei
due terzi dei casi). Le forme indifferenziate
(anaplastiche), che in genere assumono un aspetto
macroscopico nodulare od ulcero-infiltrativo,
sono poco frequenti.
La tendenza alla disseminazione è più spiccata
nelle neoplasie a partenza dal solco coronale, dal
glande e dal frenulo, mentre è quasi nulla in quelle
del prepuzio. È inoltre maggiore nei soggetti di
giovane età.
La diffusione metastatica, in genere abbastanza
tardiva, si sviluppa soprattutto per via linfatica
lungo i linfonodi inguinali, superficiali e profondi,
a volte anche bilateralmente a causa delle ricche
comunicazioni linfatiche esistenti alla base del
pene. È importante tuttavia ricordare che il 7080% delle linfoadenopatie inguinali riscontrate
non sono di natura ripetitiva, ma semplicemente
reattive alla presenza di infezioni sovrapposte al
tumore, pertanto di natura infiammatoria. Le
metastasi a distanza sono rare al momento della
diagnosi, ma possono comparire nel corso del
follow-up (nel 10% circa dei casi).
STADIAZIONE
Nella classificazione TNM viene valutata
l’estensione locale del tumore (T), il
coinvolgimento linfonodale (N) e la presenza di
metastasi a distanza (M) (Tabella 2) (10). Nella
classificazione patologica (pTNM) il prefisso “p”
identifica nelle singole categorie T, N, M (che
corrispondono a quelle cliniche) lo stadio
patologico, riscontrato all’esame dei pezzi
operatori.
Il grado di differenziazione della neoplasia
(Grading, G) distingue, a seconda delle
classificazioni, quattro livelli di differenziazione.
Circa la metà dei casi di carcinoma del pene sono
ben differenziati (G1) al momento della diagnosi; i
casi restanti si presentano moderatamente
differenziati (G2), scarsamente differenziati (G3)
o indifferenziati (G4).
5
I TUMORI DEL PENE
Tabella 2. Stadiazione dei tumori del pene.
T – Tumore primitivo
Tumore non definibile
Tumore non evidenziabile
Carcinoma in situ
Carcinoma verrucoso non invasivo
Tumore che invade il connettivo sottoepiteliale
Tumore che invade il connettivo sottoepiteliale senza invasione linfovascolare ben
differenziato o moderatamente differenziato (T1 G1-G2)
T1b
Tumore che invade il connettivo sottoepiteliale con invasione linfovascolare o
scarsamente differenziato o indifferenziato (T1 G3-G4)
T2
Tumore che invade il corpo spongioso o cavernoso
T3
Tumore che invade l’uretra
T4
Tumore che si estende alle strutture adiacenti
N - Linfonodi regionali
NX
Linfonodi regionali non valutabili
N0
Linfonodi regionali liberi da metastasi
N1
Linfonodo inguinale palpabile mobile unilaterale
N2
Linfonodo inguinale palpabile mobile bilaterale o multipli
N3
Linfoadenopatia pelvica o massa linfonodale inguinale fissa, uni o bilaterale
M - Metastasi a distanza
MX
Metastasi a distanza non accertabili
M0
Metastasi a distanza assenti
M1
Metastasi a distanza presenti
TX
T0
Tis
Ta
T1
T1a
QUADRO CLINICO
Le forme nodulari hanno inizialmente l’aspetto di
papule o di noduli duri; tendono ad infiltrare i
tessuti in profondità e ad ulcerarsi in superficie.
Nelle fasi avanzate assumono un aspetto
crateriforme con bordi irregolari e fondo
granuloso ricoperto di materiale sanioso
maleodorante; è costante la presenza di flogosi
batterica. L’interessamento dei corpi cavernosi è
abbastanza precoce e in casi estremi può
determinare la distruzione completa del pene; la
localizzazione all’uretra è invece più tardiva.
Le forme papillari iniziano come piccole verruche,
uniche o multiple, che tendono a fondersi in una
massa unica. L’infiltrazione in profondità è in
genere meno estesa e rapida, mentre la crescita
esofitica può causare deformazione e quindi
distruzione del prepuzio e del glande. Ulcerazioni
ed infezioni sono frequenti.
La diagnosi è spesso ritardata dalla presenza di
una fimosi che ricopre la neoplasia e da una lunga
storia di infezioni recidivanti. In genere i primi
sintomi e segni includono prurito e bruciore
all’interno del prepuzio, dolore coitale e
fuoriuscita di sangue e materiale purulento dal
meato fimotico. Altre volte è proprio la comparsa
repentina o progressiva di una fimosi o la
presenza di un indurimento del prepuzio ad
allarmare il paziente. Nelle fasi più avanzate
possono manifestarsi emorragie profuse, difficoltà
alla minzione per compressione o più raramente
infiltrazione dell’uretra, fistole urinarie e dolore.
Il riscontro di adenopatie inguinali è, come già
detto, frequente ed in genere di natura reattiva.
6
I TUMORI DEL PENE
DIAGNOSI
La diagnosi di certezza si ha solo con la biopsia.
La valutazione della natura di eventuali
linfoadenopatie inguinali palpabili (presenti al
momento della diagnosi nel 35-60% dei soggetti)
va obbligatoriamente rimandata ad un secondo
tempo diagnostico, dopo una adeguata terapia
antibiotica per 4-6 settimane.
La TC addomino-pelvica o la RM hanno un ruolo
nella stadiazione linfonodale e metastatica; la
PET/TC potrebbe migliorare il riscontro di
precoci interessamenti linfonodali e metastatici
(11).
La diagnosi differenziale va fatta con il sifiloma
primario, in cui si ha un diverso aspetto della lesione
che si presenta nodulare, erosa, non ulcerata al
centro, a limiti netti e di consistenza molle. È
presente inoltre adenopatia dolorosa. Si ha la
positività dei tests sierologici e talora il criterio ex
adiuvantibus della rapida risoluzione dopo terapia. La
differenziazione dalle forme giganti di papillomi virali
(già descritte) può essere più indaginosa. Spesso è
solo il prelievo bioptico a dirimere il dubbio.
PROGNOSI
La sopravvivenza relativa a 5 anni è di circa il 70%
(12). Principali fattori prognostici di questa
neoplasia sono lo stato linfonodale (66% di
sopravvivenza per i soggetti con linfonodi negativi
e 27% per quelli con linfonodi positivi) ed il grado
di differenziazione della neoplasia con valutazione
dell’infiltrazione perineurale (13-15).
TERAPIA
I risultati attuali sono abbastanza confortanti in
termini di sopravvivenza, ma lo sono molto meno
in termini di esiti del trattamento, spesso
mutilante.
Chirurgia: trattamento della neoplasia
primitiva
La scelta del trattamento è influenzata dalle
dimensioni del tumore, dalla sede, dall’estensione
(glande o corpi cavernosi), nonché dall'esperienza
dell’urologo curante.
Il semplice intervento di escissione è sconsigliato
in quanto gravato da significative percentuali di
recidiva locale anche negli stadi più iniziali. La
circoncisione semplice è indicata nel caso di
piccole lesioni del prepuzio in stadio T1;
l’amputazione parziale, effettuata 2 cm circa a
monte della neoplasia, è adatta per le forme
primitive T1-T2 del glande e per le forme più
estese del prepuzio (T2); l’amputazione totale con
uretrostomia perineale si effettua nelle neoplasie
in stadio T3 e in tutti gli altri casi in cui
l’amputazione parziale lascerebbe un moncone
penieno troppo corto; l’emasculazione nel caso
esista un interessamento dello scroto (T4). Anche
se la chirurgia conservativa migliora la qualità della
vita, presenta un rischio di recidiva locale
superiore rispetto alla chirurgia ablativa (27%
contro 5%) (16). La presenza di margini chirurgici
positivi conduce inevitabilmente alla recidiva
locale, mentre la rimozione totale del glande e del
prepuzio ha il più basso tasso di recidiva tra le
modalità di trattamento per le piccole lesioni del
pene (2%) (17).
Oltre che con la terapia strettamente chirurgica, le
lesioni superficiali possono essere trattate con
tecniche pene-sparing, come la laser-terapia (laser
CO2, Nd: YAG), la terapia fotodinamica e i
trattamenti topici con 5-fluorouracile (5-FU) o 5%
di Imiquimod crema .
Radioterapia (RT)
La radioterapia del tumore primario, oltre che
preservare l’organo, mostra buoni risultati in
pazienti selezionati con lesioni T1-2 e <4 cm
di diametro. I migliori risultati sono stati
ottenuti con la brachiterapia con tassi di
controllo locale che vanno dal 70 al 90% (1618), tuttavia i pazienti con lesioni >4 cm non
sono candidabili al trattamento. Il tasso di
conservazione del pene dopo radioterapia è
circa dell’80%, ma i tassi di recidiva locale
sono superiori rispetto a quelli che si hanno
dopo penectomia parziale, anche se la
chirurgia di salvataggio teoricamente potrebbe
ripristinare il controllo locale (19). Tra le
7
I TUMORI DEL PENE
complicanze più frequenti vanno segnalate la
stenosi uretrale (20-35%), la necrosi del glande
(10-20%) e la fibrosi tardiva dei corpi
cavernosi (20).
Linfadenectomia inguinale
Nei pazienti con neoplasie in stadio locale T1-T3
e
negatività
linfonodale,
al
momento
dell’intervento, la linfadenectomia inguinale non
va eseguita. Può essere indicata una
linfoadenectomia inguinale di staging (linfonodo
sentinella) nelle forme infiltranti o di alto grado;
nei casi dubbi (linfonodi palpabili, mobili) la
linfadenectomia va procrastinata di 3-4 settimane
per permettere alla terapia antibiotica di ridurre la
flogosi reattiva. Non vi è alcun drenaggio linfatico
diretto dal pene ai linfonodi pelvici (21), per cui
una linfadenectomia pelvica non è necessaria se
non è presente coinvolgimento di linfonodi
inguinali o vi è una sola metastasi intranodale. Al
contrario, la linfadenectomia pelvica è
raccomandata se il linfonodo di Cloquet o due o
più linfonodi inguinali sono coinvolti. I linfonodi
pelvici risultano positivi nel 23% dei casi in cui si
hanno più di due linfonodi inguinali interessati, e
nel 56% nei casi con più di tre linfonodi inguinali
coinvolti o con interessamento extracapsulare in
almeno uno dei linfonodi inguinali (22, 23).
Chemioterapia
Il ruolo della chemioterapia nel trattamento del
carcinoma squamoso del pene non è ancora ben
definito; la rarità di questa neoplasia rende infatti
difficile l’esecuzione di studi clinici controllati.
Oltre che nella terapia della fase avanzata, risultati
incoraggianti si sono avuti anche nel trattamento
integrato chemio-chirurgico della malattia
linfonodale. L’entità della risposta dipende
soprattutto dall’estensione della malattia.
I farmaci considerati più efficaci in
monochemioterapia sono la Bleomicina, il
Methotrexate e il Cisplatino; le associazioni
polichemioterapiche più utilizzate sono invece:
Ciclofosfamide, Bleomicina e Cisplatino (risposte
parziali nel 31% dei casi trattati, con durata media
della risposta di quattro mesi); Methotrexate,
Bleomicina e Cisplatino (risposte nel 72% dei casi,
con durata media della risposta di sei mesi), e lo
schema Cisplatino con 5-Fluorouracile in
infusione continua, ritenuto uno dei più efficaci
con tassi di risposta del 100% e una durata media
della risposta di quattro mesi (questo schema deve
essere però ancora verificato) (24- 27).
8
I TUMORI DEL PENE
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10
I TUMORI DEL TESTICOLO
I tumori del testicolo
Luigi Mearini1, Elisabetta Nunzi1, Alessandro Zucchi1,
Massimo Porena1,2
Daniela D’Alò3, Fabrizio Stracci2,3, Fortunato Bianconi3,
Francesco La Rosa2,3
1
2
3
Clinica Urologica, Azienda Ospedaliera di Perugia
Dipartimento di Specialità medico-chirurgiche e Sanità pubblica,
Università di Perugia
Registro Tumori Umbro di Popolazione, Dipartimento di Specialità
medico-chirurgiche e Sanità pubblica, Università di Perugia
Parte I
D. D’Alò, F. Stracci, F. Bianconi, F. La Rosa
EPIDEMIOLOGIA
I tumori del testicolo sono nel complesso
piuttosto rari; tuttavia, in molti Paesi
rappresentano la neoplasia più frequente negli
uomini di età compresa tra i 15 e i 40 anni (1). La
sua incidenza è in aumento (2, 3), benché si
registri un’ampia variazione tra le diverse nazioni
e tra differenti gruppi etnici e razziali. I tassi di
incidenza più alti si riscontrano nei giovani uomini
bianchi dei Paesi occidentali, pari a 11.5 per
100.000 maschi, in netto contrasto con quanto
rilevato nei neri e negli asiatici (1-2 casi ogni
100.000 soggetti) (3, 4).
I tumori a cellule germinali rappresentano circa il
98% dei tumori del testicolo. Da un punto di vista
istologico sono suddivisi in 3 principali tipi:
seminomi,
non
seminomi
e
seminomi
spermatocitici.
Negli Stati Uniti i seminomi costituiscono circa il
55% dei tumori a cellule germinali, mentre i non
seminomi rappresentano circa il 44%. L’età
mediana alla diagnosi di seminoma è di 35-39
anni, mentre per i non seminomi è di 10 anni
minore, pari a 25-29 anni. Benché i due tipi di
neoplasia mostrino differenti caratteristiche
cliniche, diversi studi rilevano trends di incidenza
simili nella maggior parte dei Paesi; ciò sta ad
indicare probabilmente la presenza di fattori di
rischio comuni (5, 6).
Il terzo tipo di tumore testicolare a cellule
germinali, il seminoma spermatocitico, comprende
approssimativamente l’1-2% dei tumori a cellule
germinali. Colpisce più frequentemente uomini di
50-54 anni di età (7) e si ritiene abbia un’eziologia
differente dagli altri due tipi. L’estrema rarità dei
tumori testicolari benigni (fibromi, angiomi,
neurofibromi, teratomi benigni, etc.) e la rapidità
di crescita che spesso contraddistingue questa
patologia fa sì che, fino a prova contraria, ogni
massa testicolare di recente insorgenza debba
essere considerata maligna.
In Italia il tumore del testicolo (ICD 10 C62) è la
neoplasia più frequente nel sesso maschile nella
fascia di età 0-44 anni dopo i tumori cutanei non
melanomatosi (Figura 1) (8).
11
I TUMORI DEL TESTICOLO
Figura 1. Tassi di incidenza e mortalità del tumore del testicolo per classe di età. Italia 1998-2002.
Al 1° Gennaio 2006 è stata stimata una prevalenza
di 35.617 casi (9).
Nel periodo 2003-2005 ha rappresentato lo 0,9%
di tutti i cancri incidenti (esclusi gli epiteliomi della
cute) e lo 0,1% di tutti i decessi per cancro tra gli
uomini. Il tasso d’incidenza grezzo medio annuo
nella
popolazione
coperta
dai
registri
dell’AIRTUM è stato di 6,2 casi ogni 100.000
uomini; nello stesso periodo si sono registrati,
inoltre, in media 0,4 decessi per tumore del
testicolo ogni 100.000 uomini (10). I tassi di
incidenza variano nel nostro Paese con un
rapporto fra i valori più alti (nelle aree del Nord) e
quelli più bassi (nelle aree del Meridione) di circa
2. Il tipo istologico più frequente è il seminoma
che rappresenta il 50% dei casi (8).
L’incidenza del tumore del testicolo è in costante
crescita dalla metà degli anni ’80 (Figura 2).
L’APC nel periodo più recente è risultato del
+4,5. Il trend ventennale della mortalità è invece
opposto a quello dell’incidenza, anche se la
riduzione dei tassi negli ultimi anni non è evidente
(10) (Figure 2 e 3).
Figura 2. Trends temporali dei tassi standardizzati di incidenza e mortalità del tumore del testicolo per
100.000 abitanti. Italia 1988-2002.
12
I TUMORI DEL TESTICOLO
Figura 3. Trends temporali dei tassi standardizzati di incidenza e mortalità del tumore del testicolo per
100.000 abitanti. Italia 1998-2005.
La sopravvivenza relativa a 5 anni risulta del 94%
(11).
In Umbria nel periodo 2004-2008 sono stati
riscontrati mediamente all’anno 5,1 casi ogni
100.000 uomini, con un tasso grezzo di mortalità
pari a 0 (Tabella 1).
Tabella 1. Incidenza e mortalità del tumore del testicolo. Umbria 1994-2008.
INCIDENZA
anni di riferimento n° totale casi tasso grezzo tasso standard*
1994-1998
97
4.9
5.0
1999-2003
121
6.0
5.9
2004-2008
108
5.1
5.2
MORTALITA'
anni di riferimento n° totale morti tasso grezzo tasso standard*
1994-1998
5
0.3
0.2
1999-2003
8
0.4
0.4
2004-2008
1
0
0.1
*pop. Stand. Umbria 2001
Nel periodo 1994-1998 la classe di età compresa
tra i 35 e i 39 anni è risultata quella maggiormente
colpita. Nel quadriennio successivo l’incidenza ha
registrato un picco in una fascia d’età minore (2024 anni) e si è mantenuta alta nelle classi di età
successive, per poi decrescere dopo i 40 anni. Dal
2004 al 2008 il numero maggiore di casi è stato
riscontrato in uomini di età compresa tra i 30 e i
34 anni (Figura 4).
13
I TUMORI DEL TESTICOLO
.
Figura 4. Tasssi di incidenza del tumore del testicolo per classe di età. Umbria 1994-2008.
Il tipo istologico più frequente è risultato il
seminoma (54,9%) (Tabella 2).
Tabella 2. Tipi istologici del tumore del testicolo. Umbria 1994-2008.
Tipo istologico
Seminoma NAS
Carcinoma embrionale NAS
Tumore maligno
Teratoma maligno NAS
Teratocarcinoma
Carcinoma NAS
Tumore germinale misto
Tumore del sacco vitellino
Seminoma spermatocitico
Corioncarcinoma
Tumore a cellule germinali NAS
Altri istotipi
Totale
ICDO3M
9061/3
9070/3
8000/3
9080/3
9081/3
8010/3
9085/3
9071/3
9063/3
9100/3
9064/3
ETIOPATOGENESI
La causa prima dei tumori del testicolo,
verosimilmente genetica, è sconosciuta, anche se
nella quasi totalità dei casi sono state riscontrate
anomalie a carico del cromosoma 12, soprattutto
del suo braccio corto e del locus del gene p53; è
stato inoltre osservato un clustering familiare, in
Casi
179
47
23
14
13
9
7
7
6
4
3
14
326
%
54,9
14,4
7,0
4,3
4,0
2,8
2,2
2,2
1,8
1,2
0,9
4,3
100,0
particolare tra fratelli (12). Sono noti però alcuni
fattori che potrebbero agire in senso favorente
e/o scatenante, rappresentati dalle disgenesie
gonadiche e, soprattutto, dal criptorchidismo. È
stata osservata infatti un’aumentata incidenza di
tumori del testicolo in tutti i soggetti affetti da
anomalie di sviluppo del testicolo, sindromi di
14
I TUMORI DEL TESTICOLO
femminilizzazione o sindrome di Klinefelter,
benché il fattore promovente la trasformazione
neoplastica nelle disgenesie gonadiche non sia
stato ancora identificato.
I soggetti con anamnesi positiva per
criptorchidismo hanno un rischio aumentato di
sviluppare una neoplasia testicolare (13). Tuttavia,
solo il 10% dei tumori a cellule germinali si
sviluppa in uomini con primitivo criptorchidismo.
Se il criptorchidismo predispone al cancro o se le
due condizioni abbiano fattori di rischio comuni
non è chiaro. A supporto di una comune eziologia
vi è l’evidenza che il 10-25% di uomini con
criptorchidismo unilaterale sviluppa un tumore a
cellule germinali nella gonade controlaterale (14).
Inoltre, entrambe le condizioni sono state
associate a fattori di rischio comuni, quali basso
peso alla nascita, prematurità e presenza di
disgenesie gonadiche (15).
Il rischio di sviluppare una neoplasia è tanto
maggiore quanto più alta è la sede della ritenzione.
Secondo una teoria molto diffusa, quella
dell’ipertermia, la degenerazione neoplastica
sarebbe determinata dalla aumentata temperatura,
rispetto a quella scrotale, a cui il testicolo ritenuto
viene esposto. Contro questa ipotesi vi è
l’osservazione che la neoplasia incide con la stessa
frequenza sia nel testicolo criptorchide non
operato che in quello ricondotto nella sua sede
naturale (e quindi non più soggetto all’insulto
termico). L’insieme di questi fattori fa ritenere che
l’evento criptorchidismo (cioè la turba della
migrazione del testicolo) non sia altro che un
aspetto di un’anomalia più ampia, causata da un
fattore verosimilmente genetico.
L’esistenza di un’alterazione ormonale viene
ammessa da alcuni come possibile fattore
scatenante, in base all’osservazione che il tumore
del testicolo compare con la massima frequenza
durante il periodo della maturità sessuale. Per
quanto riguarda i tumori a cellule del Sertoli, il
fattore ormonale sarebbe da ricercare nella
stimolazione
endocrina
da
parte
delle
gonadotropine materne ancora presenti nel
neonato.
Il traumatismo testicolare è spesso invocato dai
pazienti come possibile responsabile, in senso
causale e temporale, della tumefazione testicolare;
esso non va assolutamente considerato un fattore
etiologico, ma solo l’occasione per una accurata
ispezione del testicolo a cui può seguire la
scoperta della massa.
Sono considerati altri fattori di rischio la presenza
di neoplasia nel testicolo controlaterale,
l’infertilità, l’atrofia testicolare, la microlitiasi
testicolare,
l’esposizione
in
utero
a
dietilstilbestrolo, la ginecomastia e l’esposizione
occupazionale a cloruro di polivinile (16).
15
I TUMORI DEL TESTICOLO
Parte II
L. Mearini, E. Nunzi, A. Zucchi, M. Porena
ANATOMIA PATOLOGICA
CLASSIFICAZIONE
I tumori del testicolo possono derivare, anche se
con frequenze molto diverse, da tutti i tipi cellulari
(epiteliali e non) presenti nell’organo.
La classificazione anatomo-patologica attualmente
usata è quella della WHO (World Health
Organization) (17) che li distingue in:
1) Tumori delle cellule germinali:
- neoplasie a cellule germinali intratubulari
- seminoma (compresi i casi con cellule
sinciziotrofoblastiche)
- seminoma spermatocitico (indica se vi è
componente sarcomatosa)
- carcinoma embrionale
- tumore del sacco vitellino
- corioncarcinoma
- teratoma (maturo, immaturo, con
componente maligna)
- tumori con più di un tipo istologico (con
specificazione della percentuale delle singole
componenti).
2) Tumori dello stroma gonadico e dei cordoni
sessuali (a partenza dalle cellule interstiziali di
Leydig e dalle cellule del Sertoli):
- tumore a cellule di Leydig
- tumore maligno a cellule di Leydig
- tumore a cellule di Sertoli (variante ricca di lipidi,
sclerosante, a grandi cellule con calcificazioni)
- tumori maligni a cellule di Sertoli
- tumore a cellule della granulosa (tipo adulto, tipo
giovanile)
- tecoma / gruppo fibroma dei tumori
- altri tumori dello stroma gonadico o dei cordoni
sessuali (misto, non completamente differenziato)
- tumori contenenti cellule germinali e dei cordoni
sessuali / stroma gonadico (gonadoblastoma).
3) Vari tumori stromali non specifici
- tumori ovarici epiteliali
- tumori dei dotti collettori e della rete testis
- tumori (benigni e maligni) dello stroma non
specifici.
Esistono poi, di rarissima osservazione, linfomi
testicolari, neoplasie secondarie e tumori
carcinoidi.
Le neoplasie testicolari sono di solito monolaterali
e leggermente più frequenti nel testicolo destro.
Una bilateralità, sincrona o metacrona e in genere
con istologia analoga (frequentemente seminoma),
si manifesta solo nel 2% circa dei casi.
Tumori a cellule germinali
La complessità classificativa dei tumori germinali è
determinata dalla loro origine da cellule staminali
multipotenti, in grado di differenziarsi in molti
oncotipi, i quali possono inoltre variamente
associarsi tra di loro per dar luogo, nel 60% circa
dei
casi,
a
tumori
misti.
L’estrema
chemiosensibilità delle neoplasie germinali del
testicolo, peraltro diversa nei vari istotipi (più
lenta nei teratomi maturi, rapidissima nei
carcinomi embrionari, intermedia nei seminomi)
deriva in buona parte dalla loro elevata velocità di
crescita.
Seminoma
È il più frequente dei tumori germinali (50%
circa). Distinguiamo tre varianti istologiche:
seminoma tipico (85% dei casi), anaplastico e
spermatocitico. Macroscopicamente il testicolo è
in genere aumentato di volume e di consistenza.
Al taglio l’area neoplastica (che può anche
sostituire completamente il testicolo) appare
generalmente omogenea, di colorito biancogrigiastro e ben delimitata, anche se non capsulata.
Dal punto di vista istologico il tumore è
caratterizzato, nella forma tipica, da una grande
16
I TUMORI DEL TESTICOLO
uniformità cellulare. Le cosiddette “cellule del
seminoma” sono cellule larghe e poligonali, con
limiti netti, grande nucleo centrale ed uno o due
nucleoli ben visibili, disposte in cordoni o nidi. Le
mitosi sono rare. Lo stroma, più o meno
abbondante, presenta spesso un’infiltrazione
linfocitaria la quale, essendo espressione di una
maggiore reattività del sistema immunitario, ha
probabilmente significato prognostico favorevole.
La variante anaplastica si contraddistingue per lo
spiccato polimorfismo nucleare; rispetto al
seminoma tipico; questa forma tenderebbe a
metastatizzare in una fase più precoce.
La variante spermatocitica (7% circa di tutti i
seminomi) è da considerare, in effetti, una
neoplasia completamente distinta dalle altre due.
Si manifesta infatti in una fascia di età più
avanzata (intorno ai 65 anni), non metastatizza
quasi mai e quindi ha una prognosi molto
favorevole. Da un punto di vista istologico la
neoplasia è caratterizzata dalla presenza di cellule
di svariate dimensioni con nuclei spesso disposti
“a spirema”.
Carcinoma embrionale
Il carcinoma embrionale comprende il 15-20% dei
tumori germinali. Il testicolo si presenta in genere
di dimensioni normali, ma di consistenza dura. Al
taglio la neoplasia (spesso di piccole dimensioni)
appare irregolare, priva di capsula e scarsamente
delimitata rispetto al tessuto circostante. È
frequente il riscontro di zone di necrosi
emorragica. All’interno della massa possono
essere presenti strutture, definite corpi embrioidi,
che riproducono la struttura dell’abbozzo
embrionario primitivo.
Microscopicamente si osservano voluminose
cellule di aspetto epiteliale estremamente
polimorfe con citoplasma chiaro e nucleo
ipercromatico, disposte in strutture papillari,
solide o tubulo-acinose. Il riscontro di mitosi e
cellule giganti è frequente. La tendenza a
metastatizzare è elevata.
Tumore del sacco vitellino
Questa neoplasia, conosciuta anche come
carcinoma embrionale infantile o tumore del seno
endodermico, è frequente in forma pura solo
nell’età infantile; nelle età “più avanzate” è invece
più comune riscontrarlo in associazione al
carcinoma embrionario.
Il tumore presenta al taglio un aspetto mucinoso
giallo-rossiccio; è costituito da cellule poligonali o
cuboidali, generalmente disposte in strutture
papillari o solide. Lo stroma è rappresentato da
cellule mesenchimali primitive. L’origine della
neoplasia da un tessuto extraembrionario, qual è il
sacco vitellino, è confermata dalla positività delle
cellule per l’alfa-fetoproteina. Metastatizza molto
tardivamente.
Corioncarcinoma
Questa forma, estremamente rara come neoplasia
pura (0,5% circa di tutti i tumori germinali) è
relativamente più frequente in forma combinata
(8% circa). Deriva dalla differenziazione delle
cellule del carcinoma embrionario verso strutture
di tipo placentare.
L’aspetto macroscopico del testicolo può essere
normale, perché il tumore è di solito piccolo e
scarsamente palpabile; al taglio sono evidenti
lacune ematiche e zone di necrosi emorragica,
dovute alla crescita tumultuosa che caratterizza
questi tumori. Microscopicamente sono presenti
elementi cellulari sinciziotrofoblastici (voluminosi,
con nuclei ipercromatici e HCG+) e
citotrofoblastici (poligonali e con citoplasma
chiaro), dai quali dipende l’innalzamento dei
livelli ematici della gonadotropina corionica
(HCG).
Il corioncarcinoma colpisce in genere giovani
adulti ed ha un’elevatissima tendenza a
metastatizzare sia per via linfatica che per via
ematica.
Teratoma
Con questo termine si identifica un insieme di
neoplasie composte da cellule e tessuti derivanti
da più linee germinali; rappresentano globalmente
17
I TUMORI DEL TESTICOLO
il 5-10% dei tumori del testicolo e, sebbene siano
ben differenziati, devono essere considerati
potenzialmente maligni.
Dal punto di vista macroscopico la neoplasia si
presenta in genere sotto forma di una massa
voluminosa ed irregolare. Al taglio si riscontra una
superficie estremamente varia con aree cistiche (a
contenuto mucoso o gelatinoso) ed aree solide
composte da tessuti di varia natura, compresi
cartilagine ed osso, variamente mescolati tra loro.
Microscopicamente si rilevano elementi di
derivazione ectodermica (cisti rivestite da epitelio
malpighiano cheratino-produttore), endodermica
(epiteli di rivestimento dell’apparato digerente o di
quello urinario) e mesodermica (tessuto
cartilagineo od osseo).
Si distinguono tre varietà di teratomi: “maturo”, a
prognosi favorevole; “immaturo”, costituito da
tessuti meno differenziati della forma precedente
e da interpretare come forma di passaggio tra
teratoma e carcinoma embrionario;
“con
trasformazione maligna”, piuttosto raro e
caratterizzato dalla presenza di elementi
francamente maligni.
Quest’ultima varietà non va confusa con il
teratocarcinoma, ovvero una forma germinale
combinata di teratoma e carcinoma embrionale.
Tumori germinali combinati
Rappresentano il 60% circa dei tumori del
testicolo. Essi derivano dalla combinazione di
elementi di più istotipi. Le associazioni più
frequenti sono quelle tra: teratoma e carcinoma
embrionale (teratocarcinoma); seminoma e
carcinoma embrionale; teratoma, carcinoma
embrionario, tumore del sacco vitellino e
sinciziotrofoblasto. Un’accurata identificazione e
quantificazione delle singole componenti è
ovviamente fondamentale per un’appropriata
scelta terapeutica. La prognosi si correla con
quella della forma più aggressiva.
Tumori dello stroma gonadico e dei cordoni
sessuali
Tumori a cellule di Leydig
Rappresentano il 3% circa delle neoplasie
testicolari. L’aspetto macroscopico è quello di
noduli circoscritti; le cellule conservano
generalmente la loro morfologia. Possono
produrre androgeni e/o estrogeni e dar luogo a
pubertà precoce o ginecomastìa. Nel 90% dei casi
si tratta di forme benigne.
Tumori a cellule di Sertoli
Anche questi tumori si presentano in genere sotto
forma di piccoli noduli. Microscopicamente sono
costituiti da cellule con morfologia ben
conservata, disposte a formare strutture
trabecolari o tubuli seminiferi immaturi. Come i
tumori a cellule di Leydig, sono nel 90% dei casi
forme benigne.
Tumori “misti”
Si tratta di forme abbastanza rare e, a differenza
dei tumori germinali combinati, contengono sia
elementi germinali che elementi derivanti dallo
stroma
gonadico.
Il
gonadoblastoma,
appartenente a questo gruppo, si manifesta solo in
gonadi disgenetiche ritenute di soggetti con
fenotipo femminile.
MODALITÀ DI DIFFUSIONE
La diffusione metastatica dei tumori del testicolo
avviene prevalentemente per via linfatica,
soprattutto per i seminomi, raggiungendo le
stazioni regionali paracavali, paraortiche ed
interaortocavali; esistono connessioni tra queste
stazioni regionali ed i linfonodi iliaci interni (più
raramente gli iliaci esterni) e soprattutto tra catene
linfonodali dei due lati.
È importante ricordare che, nei soggetti sottoposti
in precedenza ad interventi chirurgici nella regione
inguinale, le prime stazioni colpite possono essere
proprio quelle inguinali, senza interessamento dei
linfonodi
retroperitoneali.
Dai
linfonodi
lateroaortici la diffusione metastatica può
18
I TUMORI DEL TESTICOLO
estendersi ai linfonodi mediastinici e sopraclaveari
o anche ad altre sedi distanti mediante la
circoIazione generale. La via ematogena è
caratteristica soprattutto dei non-seminomi, con
sedi secondarie ai polmoni e al fegato, ma anche
ad encefalo ed ossa. Il tessuto metastatico non
sempre riproduce la stessa istologia del tumore
primario.
QUADRO CLINICO
La maggior parte dei pazienti si rivolge al medico
per la presenza di una tumefazione scrotale
indolente, di consistenza dura e in genere di
volume aumentato, la cui insorgenza viene spesso
attribuita ad un pregresso trauma. Nel 20% circa
dei casi, specie nei tumori non seminomatosi, la
tumefazione può associarsi a dolore. Più
raramente il dolore, di tipo gravativo con
irradiazione al funicolo ed alla regione lombare
omolaterale, dovuto a stiramento del funicolo per
aumentato peso del testicolo e quindi legato alla
stazione eretta, può rappresentare l’unica
manifestazione della malattia in fase iniziale. Nel
10% dei casi, soprattutto nelle forme non
seminomatose, la neoplasia può manifestarsi con
segni e sintomi riferibili a metastasi a distanza:
dispnea, presenza di masse addominali, perdita di
peso,
anoressia,
adenopatie
cervicali
e
ginecomastia. Quest’ultima, presente nel 5% circa
dei casi, spesso bilaterale, è causata da uno
squilibrio tra secrezione androgenica ed
estrogenica.
DIAGNOSI
Qualsiasi tumefazione del testicolo va considerata,
fino a dimostrazione del contrario, di sospetta
natura neoplastica, specie se insorta in un soggetto
giovane e con le caratteristiche cliniche
precedentemente descritte. Ugualmente sospetto
va considerato un idrocele che sia insorto in un
soggetto giovane, senza precedenti di flogosi
genitali.
Esame obiettivo
La morfologia del testicolo può essere più o meno
alterata dalla tumefazione che, di solito, è dura,
indolente e non transilluminabile.
Un aspetto molto irregolare e bernoccoluto è
tipico del teratoma.
Un dato clinico molto caratteristico è la perdita
alla digitopressione della tipica sensibilità
dell’organo. Il riscontro di una normale
dolorabilità testicolare non esclude però con
certezza la presenza di una piccola neoplasia
profonda, incapace di ridurre in maniera
significativa la sensibilità del parenchima normale
circostante.
Un coinvolgimento dell’epididimo si ha solo nel
20% dei casi, a differenza della cute scrotale, quasi
mai interessata. La manovra di pinzamento della
vaginale è positiva.
La diagnosi differenziale va posta essenzialmente
con le oramai infrequenti forme specifiche, a
decorso lento o spento. Potrà essere utile a questo
riguardo l’anamnesi e la ricerca di eventuali altri
foci a livello dell’apparato urinario o di altri
distretti dell’organismo. Un elemento obiettivo
differenziale è rappresentato dall’interessamento
prevalente dell’epididimo nelle forme specifiche, a
differenza dell’interessamento del didimo e del
raro
coinvolgimento
dell’epididimo
nelle
neoplasie. La manovra di pinzamento della
vaginale è inoltre negativa.
Diagnostica per immagini
La necessità di esami di diagnostica per immagini
si riduce, in questa fase, alla sola ecografia, capace
di rilevare l’esistenza di processi espansivi anche
se localizzati in profondità e difficilmente
palpabili, nonché l’eventuale interessamento della
vaginale e dell’epididimo. L’indagine può essere
particolarmente utile allorché esista un idrocele
secondario che ostacoli la palpazione del testicolo.
Nei casi dubbi, e comunque come completamento
diagnostico, può essere utile una RM del testicolo
per una più corretta definizione densitometrica.
19
I TUMORI DEL TESTICOLO
Markers tumorali sierici
Di indiscussa utilità è la determinazione dei
markers tumorali hCG, AFP e LDH, i quali
risultano elevati in una larga percentuale dei casi di
tumori non seminomatosi.
La gonadotropina corionica (hCG) è stata il primo
marker individuato in soggetti affetti da tumori del
testicolo;
viene
prodotta
dalle
cellule
sinciziotrofoblastiche e risulta elevata nel 10% dei
seminomi e nel 40-60% dei non seminomi,
soprattutto corioncarcinomi; viene dosata la
catena beta della molecola (beta-hCG), specifica di
questo ormone.
L’Alfafetoproteina (AFP) è una sieroglobulina
prodotta dalle cellule del sacco vitellino e
dall’intestino fetale. Risulta aumentata nelle
malformazioni fetali, nei processi di rigenerazione
epatica, per intensa proliferazione degli epatociti o
per la presenza di tumori. Nell’ambito delle
neoplasie testicolari si riscontrano aumenti
dell’AFP nelle forme non seminomatose e nei
seminomi non puri, che presentano cioè elementi
non seminomatosi.
La latticodeidrogenasi (LDH) può essere elevata
in molti tipi di tumore del testicolo. L’LDH è un
enzima che viene rilasciato nel sangue in caso di
danno o necrosi cellulare. Non è specifico per il
tumore, ma può aggiungere informazioni
importanti, utili nella diagnosi, nella stadiazione,
ma soprattutto nel follow-up.
È importante ricordare che i markers, oltre che in
fase diagnostica e di stadiazione, sono di
fondamentale importanza per il successivo followup del paziente.
L’esecuzione di biopsie a scopo diagnostico è
sempre da proscrivere per i gravi rischi di
disseminazione metastatica che comporta.
radicale (pT). Nella categoria N viene indicato lo
stato dei linfonodi regionali. I linfonodi inguinali e
intrapelvici vanno considerati regionali solo nel
caso di intervento chirurgico scrotale o inguinale.
La categoria (S) è riferita ai valori di nadir dei
markers tumorali (AFP, HCG e LDH) dopo
orchiectomia.
Stadiazione clinica
Ha lo scopo di verificare l’estensione della
malattia in modo da programmare, dopo
l’esecuzione dell’esame istologico, il trattamento
terapeutico più appropriato.
Dopo l’orchiectomia diagnostica, è fondamentale
effettuare il monitoraggio post-operatorio dei
markers (nel caso ovviamente che questi fossero
già alterati) per verificarne l’azzeramento nei
tempi dovuti (il tempo di dimezzamento è di circa
2 giorni per la hCG e 5 giorni per l’AFP;
parametro S della stadiazione). Il mancato
azzeramento costituisce un pesante indizio di
malattia residua (metastasi).
La valutazione dell’estensione alle stadiazioni
linfonodali e a tutte le altre sedi di possibile
interessamento secondario, può essere fatta
inizialmente mediante ecografia e Rx torace, ma
va in ogni caso completata con una TC total body,
che serve a valutare i parametri N ed M della
stadiazione, con elevata sensibilità ma bassa
specificità (19, 20); la PET-TC non raccomandata
per lo staging della malattia riveste un ruolo
interessante nel follow-up (21-24).
La valutazione più accurata dell’eventuale
interessamento linfonodale metastatico si ottiene
però senza dubbio, nelle forme non
seminomatose,
con
la
linfadenectomia
retroperitoneale, che unisce al tempo diagnostico
quello terapeutico.
STADIAZIONE
La più utilizzata è quella del sistema di stadiazione
TNM; la classificazione TNM è valida solo per le
neoplasie germinali e richiede la conferma
dell’istologia tumorale (Tabella 2) (18). Il grading
non è esprimibile. Per la definizione di T è
necessaria
l’effettuazione
dell’orchiectomia
20
I TUMORI DEL TESTICOLO
Tabella 2. TNM
T: tumore primitivo
pTX
tumore non definibile
pT0
non evidenza di tumore
pTis
neoplasia a cellule germinali intratubulare (carcinoma in situ)
pT1
tumore limitato al testicolo ed epididimo senza invasione vascolare
o linfatica: il tumore può invadere la tunica albuginea ma non la
vaginale
pT2
tumore limitato al testicolo ed epididimo con invasione vascolare o
linfatica, o tumore che invade la tunica albuginea con
coinvolgimento della vaginale
pT3 tumore che invade il funicolo spermatico con o senza invasione
linfatica o vascolare
pT4 tumore che invade lo scroto con o senza invasione linfatica o
vascolare
N: linfonodi regionali clinici
NX
N0
N1
N2
linfonodi regionali non definibili
assenza di metastasi nei linfonodi regionali
metastasi con diametro linfonodale massimo di 2 cm o multipli, nessuno con diametro maggiore di 2 cm
metastasi con diametro linfonodale maggiore di 2 cm ma inferiore a 5 cm o multipli, nessuno con diametro
maggiore di 5 cm
N3
metastasi con diametro linfonodale maggiore di 5
pN : linfonodi regionali patologici
pNX
linfonodi regionali non definibili
pN0
assenza di metastasi nei linfonodi regionali
pN1
metastasi con diametro linfonodale massimo di 2 cm o multipli, nessuno con diametro maggiore di 2 cm
pN2
metastasi con diametro linfonodale maggiore di 2 cm ma inferiore a 5 cm o più di 5 linfonodi positivi, nessuno con
diametro maggiore di 5 cm; o evidenza di estensione extralinfonodale
pN3
metastasi con diametro linfonodale maggiore di 5
M: metastasi a distanza
MX
metastasi a distanza non evidenziabili
M0
assenza di metastasi a distanza
M1
metastasi a distanza
M1a
linfonodo/i non regionali o polmone
M1b
altri siti
S: markers tumorali sierici
Sx
markers tumorali sierici non valutabili o non disponibili
S0
markers tumorali sierici nei limiti della norma
LDH (U/l)
hCG (mIU/ml)
AFP (ng/ml)
S1
< 1.5 x N
e
< 5000
e
< 1000
S2
1.5-10 x N
o
5000-50000
o
1000-10000
S3
> 10 x N
o
> 50,000
o
> 10000
N = limite superiore dei valori normali
LDH = lattico deidrogenasi
hCG = gonadotropina corionica umana
AFP = alfa-fetoproteina
Stage IA
Stage IB
Stage IS
pT1
pT2, pT3 or pT4
Any patient/TX
N0
N0
N0
M0
M0
M0
S0
S0
S1-3
21
I TUMORI DEL TESTICOLO
FATTORI PROGNOSTICI
Per lo stadio I dei seminomi le dimensioni del
tumore (> 4 cm) e l'invasione della rete testis sono
stati identificati come i fattori predittivi più
importanti di recidiva (25). Per lo stadio I delle
forme non-seminomatose l'invasione vascolare o
linfatica del tumore primario è il più importante
fattore predittivo di malattia metastatica occulta. Il
tasso di proliferazione, così come la percentuale di
carcinoma embrionale, sono fattori aggiuntivi che
migliorano il valore predittivo di invasione
vascolare (26, 27).
TERAPIA
L’orchifuniculectomia per via inguinale è sempre il
primo atto, contemporaneamente terapeutico,
diagnostico e stadiante. Successivamente, le
modalità di trattamento delle neoplasie del
testicolo variano a seconda del tipo istologico
(seminomi e non-seminomi), dell’estensione
clinica della malattia e dei fattori prognostici.
Le principali differenze nel trattamento derivano,
sostanzialmente, dalla notevole radiosensibilità dei
tumori seminomatosi rispetto a quelli non
seminomatosi.
Seminomi
Stadio clinico I
Nel 15-20% dei pazienti con seminoma sono
presenti delle metastasi subcliniche, generalmente
localizzate a livello retroperitoneale (28); la sola
osservazione permette di evitare un sovratrattamento nell’80% dei casi, tuttavia è necessario
un lungo follow-up. La radioterapia adiuvante
sulle stazioni linfonodali para-aortiche o paraaortiche e iliache omolaterali con dosi ridotte (2024 Gy) è in grado di ridurre il tasso di ripresa di
malattia solo del 2-3% (29-32).
Un’alternativa di trattamento è un singolo ciclo di
carboplatino, efficace al pari della radioterapia del
retroperitoneo.
Stadi clinici IIA/B
Costituiscono il 20% circa dei seminomi al
momento della diagnosi. Il trattamento di scelta è
sempre quello di una radioterapia adiuvante sui
linfonodi para-aortici e iliaci omolaterali con una
sopravvivenza libera da malattia a 6 anni pari al
95%, mentre la sopravvivenza globale è prossima
al 100% (33, 34).
Stadi avanzati
Rappresentano il 5-10% dei tumori al momento
della diagnosi; devono essere trattati con
chemioterapia sistemica, utilizzando gli schemi
impiegati per i tumori non-seminomatosi.
Non-seminomi
Stadio clinico I
Costituisce lo stadio di presentazione nel 40%
circa dei casi e la scelta del trattamento più
opportuno va fatta, dopo l’orchifunicolectomia
per via inguinale, fra tre opzioni: una protocollo di
attenti controlli con markers, Rx torace e TC,
seguiti da chemioterapia sistemica nel caso di
recidiva (che si manifesta nel 30% dei casi) (3436);
un
intervento
di
linfadenectomia
retroperitoneale “nerve sparing” (per evitare o
ridurre il rischio di eiaculazione retrogada), in
grado spesso di eradicare le possibili metastasi
linfonodali retroperitoneali (sede secondaria più
frequente) con conseguente guarigione nel 90%
circa dei casi (37-40); due cicli di cisplatino,
etoposide, bleomicina.
Nel caso si riscontrino linfonodi positivi
all’intervento può essere indicata l’effettuazione di
due cicli di chemioterapia adiuvante con schemi
contenenti cisplatino-etoposide-bleomicina. La
probabilità di guarigione è, globalmente, intorno al
70% (41).
Stadi clinici II A/B e Stadi avanzati
Il trattamento di scelta degli stadi II è
rappresentato dalla chemioterapia sistemica dopo
orchifuniculectomia; l’alternativa potrebbe essere
la
linfadenectomia
retroperitoneale
con
chemioterapia adiuvante. La chemioterapia con 3
o 4 cicli di PEB (Bleomicina, Etoposide,
Cisplatino) è in grado di determinare remissioni
22
I TUMORI DEL TESTICOLO
complete in una buona percentuale dei casi, con
modesta tossicità.
Altre combinazioni utilizzate, anche in caso di
refrattarietà o recidiva di malattia, sono: PEI/VIP
(Cisplatino,
Etoposide,
Ifosfamide),
TiP
(Paclitaxel, Ifosfamide, Cisplatino) o VeIP
(Vinblastina,
Ifosfamide,
Cisplatino)
(generalmente 4 cicli) con probabilità di
guarigione globalmente nell’ordine del 75% (4248).
23
I TUMORI DEL TESTICOLO
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CANCERSTAT UMBRIA, ANNO II NO. 12
CancerStat Umbria
ISSN 2039-814X
Anno II, 2011
Numero 1
Mortalità per cause nelle ASL dell’Umbria. 2005-2009.
Numero 2
Anni di vita potenziale persi (YPLL) in Umbria. 1995-1999 e 2005-2009.
Numero 3-4
Il cancro della prostata.
Numero 5
Ciò che bisogna sapere per decidere se sottoporsi allo screening per il cancro della
prostata.
Partecipazione al IV round dello screening citologico della AUSL 2 dell’Umbria.
Numero 6
Il cancro del rene.
Numero 7
Fumo o salute. I sessione.
Numero 8
I tumori della tiroide.
Numero 9
Fumo o salute. II e III sessione.
Numero 10
GISCoR. I sessione
Numero 11
GISCoR. II sessione
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CANCERSTAT UMBRIA, ANNO II NO. 12
CancerStat Umbria
Anno I, 2010
Numero 0
Le statistiche del cancro e della mortalità in Umbria.
Numero1
- Ultime pubblicazioni dei collaboratori del RTUP.
- Technology assessment della metodica di prelievo e di preparazione della citologia in fase
liquida (LBC – Liquid Based Citology) per l’utilizzo routinario nello screening per la
prevenzione del tumore della cervice uterina in tutte le fasce di età e per la ricerca del
Papilloma Virus Umano ad alto rischio oncogeno (HPV – DNA HR) come test primario
nelle fasce di età da 35 a 64 anni durata prevista: 12 mesi / 8000 donne).
Numero 2
L’incidenza del cancro in Umbria, 2006-2008.
Numero 3
- Il Registro Rumori Infantili Umbro-Marchigiano.
- La ricerca dei tumori professionali nell’ambito del progetto OCCAM.
Numero 4
Il quadro epidemiologico per la programmazione della prevenzione oncologica regionale in Umbria.
Numero 5
- Incontro con il Gruppo multidisciplinare regionale per le neoplasie tiroidee in Umbria.
Perugia 28/29 ottobre 2010.
Tavola rotonda: Utilità della creazione di registri regionali dei carcinomi della tiroide.
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o Registro Tumori Umbro di Popolazione (RTUP) e carcinoma della tiroide.
Numero 6
- Incontro con il Gruppo multidisciplinare regionale per le neoplasie tiroidee in Umbria.
Perugia 28/29 ottobre 2010.
Tavola rotonda: Utilità della creazione di registri regionali dei carcinomi della tiroide.
o Registro Siciliano dei Tumori della tiroide.
- Convegno: Nuove acquisizioni nella gestione clinica del carcinoma della tiroide di origine
follicolare: cosa dicono le linee guida?
Numero 7
- Neoformazioni della cute e del cavo orale. Melanoma.
Terni 13.11.2010
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o Prevenzione primaria e secondaria dei tumori cutanei.
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