champions league - Corriere del Mezzogiorno

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champions league - Corriere del Mezzogiorno
Lunedì 17 ottobre 2011
Speciale
Napoli Bayern Monaco
All’interno
Gran pienone
al San Paolo,
è il tutto esaurito
di FRANCESCO MODUGNO
A PAGINA 3
Il club bavarese:
storia e blasone
del calcio europeo
A PAGINA 4
Walter Mazzarri,
leader e tecnico
di un grande Napoli
di DONATO MARTUCCI
A PAGINA 9
CHAMPIONS
LEAGUE
I tedeschi a Napoli
tifano per Pocho,
Hamsik e Cavani
di MARCO PERILLO
A PAGINA 12
Alberghi pieni,
in città si attende
solo la partita
di ANNA PAOLA MERONE
A PAGINA 15
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Lunedì 17 Ottobre 2011 Corriere del Mezzogiorno
NA
L’ATTESA
✒
A testa bassa per staccare
subito il biglietto per gli ottavi
di PAOLO CUOZZO
A
testa bassa, senza
mezze misure, per
battere il Bayern e
staccare il biglietto
sin da subito per gli ottavi di
Champions. In modo da
dedicarsi con maggiore
serenità al campionato che,
mai come stavolta da
vent’anni a questa parte,
appare a portata di mano.
Pur se comunque occorre
giocare poi tutte le gare di
ritorno con Manchester City,
Villarreal e Bayern. Bisogna
però crederci. E il Napoli ci
crede eccome. Del resto, se
finalmente, per il
campionato, anche Mazzarri
esce allo scoperto
sostenendo che «la Juventus
è una delle concorrenti del
Napoli nella corsa
scudetto», vuol dire davvero
che dopo un paio d’anni
segnati da scaramanzia e
piedi per terra, anche
nell’ambiente azzurro
avanza la consapevolezza
dei propri mezzi.
Consapevolezza di una forza
che nessuno si attendeva e
che però c’e, è lì,
incredibilmente a portata di
mano. Perché il dato è
proprio questo: il Napoli è
una squadra fortissima, ben
assemblata, che la città si
ritrova senza neppure capire
come. Anche se «come» lo sa
bene, benissimo Aurelio De
Laurentiis, l’artefice
principale di questo progetto
fatto di pazienza e
investimenti ingenti, per
una squadra che in sette
anni è passata dalla C alla
Champions come se nulla
fosse. Ma senza rivoluzioni,
passo dopo passo,
innescando uno-due
giocatori per volta senza
così stravolgere assetti e
umori dello spogliatoio. Fino
ad arrivare alla costruzione
di un telaio fortissimo che, e
ora è chiaro a tutti, può
reggere l’urto di chiunque.
Quindi anche del Bayern:
squadra fortissima ma che
gioca a viso aperto, proprio
come piace al Napoli. Che se
dovesse farcela avrebbe
tutto il diritto di porsi tra le
grandi che contano. Lo
diciamo noi, lo dicono in
Europa, dove il gioco del
Napoli è apprezzato e
studiato a fondo. Fatto di
corsa e tecnica. Lo ha detto
Roberto Mancini, allenatore
del Manchester City che
contro il Napoli se l’è vista
brutta davvero. «Il Napoli è
l’unica squadra italiana che
gioca un calcio inglese».
Sarà. Anche perché quello
inglese — di calcio — che ha
fatto vedere il Manchester di
Mancini non sembra affatto
imbattibile. Di sicuro gioca
un calcio che piace e che
porta risultati. Corrono
tutti, difendono tutti. E gli
attaccanti segnano. Mica è
cosa da poco? Ovviamente,
quando in campo ci sono
tutti i titolari inamovibili.
Diversamente, a volte, il
Napoli arranca. Ma questa
cosa a Mazzarri non sembra
interessare. E forse ha
ragione lui. Forse. Almeno
fino a quando i risultati
saranno dalla sua parte.
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Corriere del Mezzogiorno Lunedì 17 Ottobre 2011
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SIGNORE E SIGNORI
È
CHAMPIONS
San Paolo
tutto esaurito
per la sfida
S
ignori, la Champions. È qui la festa, è qui lo
show, è qui Napoli-Bayern: spettacolo per
sessantamiladuecentoquaranta privilegiati
e nessuno più. Perché non ce ne vanno altri.
Perché è pienone assoluto.
È record d’incasso di sempre, della storia, più di
ogni altra partita giocata a Fuorigrotta, pure più di
quando c’era Diego. Il cassiere non ha smesso ancora di contare. Si fermò a quattro miliardi e mezzo
più spicci con lo Stoccarda del paisà Gaudino nella
finale di Uefa dell’89. Ora, al cambio, i soldi sono di
più. Napoli-Bayern Monaco, la Champions dei sogni. Quella che tutti immaginavano. E volevano.
Quella che è galà da sera. E allora scarpette e
smoking che ci vuole l’abito buono da grande occasione. Si gioca. Il San Paolo l’ombelico della passione. Il bello del calcio abita qua, e le sue emozioni, il
fascino di partite che poi comunque racconti. E ricordi, passano alla storia, fanno la storia. Prima l'inno però. Quella che volgarmente è diventata la musichetta. «The Champiooooons» cantata con la «o»
periodica, trascinando l’eco fino a che non si sente(?) il fischio dell’arbitro che dà il il via. E l’attesa
diventa adrenalina pura.
Napoli-Bayern Monaco per chi ha sempre creduto nel progetto. Per chi c’era alla prima col Cittadella, per chi per l’età non ha visto altro che la rinascita napoletana del pallone, per chi ha vissuto Maradona e pensava d’aver visto tutto. Quasi tutto. Ses-
santamila e poco più gli spettatori ufficiali, chissà
quanti gli intrufolati. E i milioni davanti alla tv. Tutto il mondo al San Paolo. Quello azzurro, quello di
chi vuole vedere la squadra che sa stupire, quello
che sa che le gerarchie nel calcio possono anche essere sovvertite. E allora ci crede. Ci sarà. Napoli-Bayern le prime del girone della morte. Che poi è
la vita del calcio. I tedeschi da una parte: i favoriti, i
più forti, quelli davanti già a tutti gli altri con due
vittorie di fila eppure nel mirino del Napoli che rincorre a quattro. La matricola, la quarta fascia dei
sorteggi, la piccolina che s'è fatta grande. E che con
Mazzarri non smette di crescere. Gioca, vince e soprattutto piace.
Napoli e Bayern, e poi Villareal e Manchester che
si sfidano e arrancano dietro in classifica. Quattro
Il San Paolo pieno all’inverosimile
È record d’incasso di sempre, della storia,
più di ogni altra partita giocata a Fuorigrotta,
pure più di quando c’era Diego. Il cassiere
non ha smesso ancora di contare
grandi, quattro grandissime, e perciò due partitone ogni santo martedì o mercoledì devoto alla
Champions. Napoli-Bayern adesso aspettando però già il ritorno all’Allianz Arena. La più grande di
Germania e quella che può diventarlo in Italia. E
che per qualcuno è già. Una vittoria per ipotecare il
passaggio del girone. Fare il vuoto dietro, allungare su chi ha il fiatone, dimostrare a se stessi ancor
più che agli altri la propria forza. Sessantamila azzurri contro undici in rosso più quei treemila arrivati dalla Bavaria: tifosi, amici, media e cortigiani
del club che hanno invaso la città, riempito ogni
albergo di Napoli, e gremiranno il settore ospiti. È
la forza dei grande club in campo e fuori. E che cam-
bia se qualcuno manca. Se Robben è out e qualcun
altro può non esserci. È il Bayern che arriva. E si
muove. Novanta minuti al di là di chi c’è. È la
Champions vera, è il girone ma è come fosse già
gara da dentro o fuori. Stesso brivido, stessa voglia. Come venti anni e passa fa quando c’era Maradona. Semifinale di Uefa, atmosfera da Coppa dei
Campioni. Due a zero al San Paolo: guizzo di Careca
e gol di Carnevale arrampicatosi in cielo per colpire
di testa. Poi il ritorno all’Olympiastadion di Monaco. E l’apoteosi. La finale in tasca.
Un’altra notte, un’altra storia. E l’Europa sempre
a guardare. Napoli il centro di gravità delle passioni forti. Esserci per capire. Da prima a dopo, fino
alla fine: dall’inno che si leverà al cielo di Fuorigrotta al coro «Oj vita oj vita mia» che è, e sarà, comunque di festa.
Comunque andrà. Perché la scaramanzia prevede ogni opzione, obbliga anche al pessimismo per
sfatare le negatività. Sette anni per esserci.
Dall’incertezza del fallimento ai lustrini della
Champions. E a quel telone da sventolare a metà
campo, allo stadio griffato Uefa, all’appuntamento
con tutte le tv del continente. Aurelio De Laurentiis
il padrone di casa in doppio petto. Il presidente oroglioso e fiero, l’uomo galante e accogliente il giusto. Tappeto rosso per chi arriva.
C’è il Bayern dei cinqunataquattro trofei in bacheca e le tre Coppe dei Campioni vinte di fila. Ci
sono Franz Beckenbauer, il mito; e Kalle Rummenigge, la storia del club. E magari, in tribuna, anche le roi dell’Uefa Michel Platini. Cortesie per gli
ospiti quindi. Ma solo fuori. In campo nessun amico. La Champions è l'obiettivo emotivo della stagione. È il picco del batticuore. È la competizione
per cui si può anche dimenticare un attimo il campionato. Certe notti devi viverle tutte. Certe notti
sono a Napoli.
Francesco Modugno
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GLI AVVERSARI
BAYERN, 111 ANNI
Il portiere Manuel Neuer
DI GRANDE CALCIO
Rifondato
dopo
la guerra
e ai vertici
dell’Europa
B
ayern Monaco, oppure
Bayern e basta. Purché ci
sia la «n» finale però.
Che li distingue da quelli
delle aspirine di Leverkusen.
Bayern Monaco. Che è come dire il meglio che c’è in Germania.
Quasi quasi anche in Europa. Il
calcio tedesco che comanda, insomma. Il blasone della tradizione, la gloria delle vittorie, la longevità della continuità a certi livelli. Millenovecento l’anno di
fondazione. Storia di trionfi e
coppe alzate, ma pure di fallimenti e scissioni socio-politiche. Erano gli anni della seconda guerra mondiale, di Hitler e
del nazismo. E perciò delle perseguitazioni e degli stermini.
Presidente e allenatore erano
tentrambi ebrei: furono deportati, si smembrò la società, si dovette ricominciare daccapo. Centoundici anni di vita, cinquantaquattro i trofei. La bacheca è
ogni anno da allargare. Spolverare diventa sempre più fatico-
La concentrazione
Un particolare momento
di concentrazione della squadra
prima che inizi la partita: i giocatori
si riuniscono a centrocampo
e si danno la carica
Un modo, questo, simile a quello
che metteva in pratica anche
il Napoli, dalla serie C alla serie B
so: ci vuole un addetto fisso all’Allianz Arena, lo stadio gioiello che di notte s’illumina e diventa tutto rosso. L’esempio migliore di come dev’essere un
impianto moderno. Per le famiglie. Per lo spettacolo. Germania, Europa, il mondo, ovunque ci sono tracce di Bayern:
una delle tre società europee,
con Juventus e Ajax, ad aver fatto il grande slam, ad aver vinto
Coppa Uefa, Coppa delle Coppe
e Champions. Quest'ultima,
già quand'era Coppa dei Campioni. Si giocava solo il mercoledì allora, partecipavano solo
le più forti di ogni paese. E il
Bayern lo era.
D’Europa. Vinse per tre volte
di fila, segnò un’epoca. C’erano
Franz Beckenbauer in difesa e
Sepp Maier tra i pali: due miti. E
poi Gerd Muller, il bomber.
Paul Breitner era invece il jolly
di difesa e centrocampo con i capelloni ricci e le idee comuniste.
Segnò anche a Zoff nella finale
mondiale dell’82. Erano i migliori anni della loro vita. Quelli dopo la crisi finanziaria del 1950.
Gli anni più difficili. Quelli delle
casse vuote e degli stenti. Ma pure della rinascita. E allora, conti
a posto e di nuovo grandi. Altri
successi, altri campioni, oggi
tutti racchiusi in una sorta di
hall of fame di casa. Hoeness,
Rummenigge, Matthäus, ma anche Klaus Augenthaler, roccioso
difensore avversario del Napoli
nella semifinale Uefa del 1989.
Due a zero al San Paolo, gol di
Careca e Carnevale. Poi lo show
di Monaco di Baviera nel vecchio Olympiastadion e quel 2-2
che valse la finale. Immagini
d'archivio: l’astuzia di Maradona, il contropiede di Careca, l’abbraccio in area di rigore, la festa
azzurra e la delusione tedesca.
Lì, dove sono abituati a vincere.
Spesso. Perché qualche volta capita anche di perdere.
Francesco Modugno
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Tra i pali
bavaresi
un gigante
da 24 milioni
P
roblema del Bayern numero
uno: Manuel Neuer, il
portiere. Essì, proprio lui, e
ovviamente non perché sia
scarso. Anzi. Con quel che
l’hanno pagato: 23 milioni di
euro, un record laggiù. Neuer è il
portiere della Nazionale. Ha due
mani che arrivano dappertutto. E
un corpo da gigante per opporsi
agli avversari: un metro e
novantatré per poco più di
novanta chili: se ti viene incontro
ti sbarra la porta. Insomma,
l’erede perfetto di Oliver Kahn:
una leggenda al Bayern. Eppure
che storia questa di Neuer. I tifosi
non lo vogliono. O almeno, non
lo volevano. Poi si sa, il tempo
aiuta. E le prestazioni da
portierone ancor più. Il peccato
era originale: Neuer giocava con i
rivali dello Shalke 04, e in
qualche partita s’era un po’
lasciato andare: non solo aveva
parato anche l’aria; ma certe
esultanze erano sembrate
esagerate ai tifosi; in particolare
una proporio sotto la curva Sud
dopo una paratona. E lì il tifo è
caldo. Tutti contro Neuer quindi.
Anche se fortissimo. Anche se
poi si è pentito di certi
atteggiamenti. Anche se con
quello lì tra i pali, stai sicuro. Le
contestazioni ancor prima che
l’affare fosse chiuso. «Neuer non
lo vogliamo», urlavano i tifosi.
Nel ritiro di Riva del Garda fischi
solo per lui. Poi il compromesso.
Una sorta di manuale di
comportamento da seguire
rigidamente, un protocollo di
cinque comandamenti stilato
Numero uno Manuel Neuer
direttamente dai gruppi ultras
per lui: regole da rispettare per
«sopravvivere» al Bayern. Così
dicevano i tifosi. E allora, ecco la
lista dei divieti e degli obblighi:
Neuer non si può avvicinare alla
Curva Sud dell’Allianz Arena, il
covo del tifo bavarese, lì dove è
nata la protesta. E il caso. Poi:
vietato baciare la maglia e
lanciarla ai tifosi. Pure quando
c’è da far festa. Lui è sempre uno
di loro, uno dello Shalke 04. E
perciò non può neanche, e
assolutamente, intonare le parole
di «Humba»: l’inno dei
fedelissimi. Tantomeno
commentarne con la stampa il
comportamento. Patti chiari per
essere un calciatore del Bayern,
insomma. Tutto qui? Quasi.
Ovviamente deve parare e bene.
Questa è la regola numero uno.
Quella principale. Perché se
sgarra, lo fa fuori l’allenatore.
Non c'è mica bisogno della curva.
F. M.
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Corriere del Mezzogiorno Lunedì 17 Ottobre 2011
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IL PERSONAGGIO
S
i chiama Diego Armando
Contento, è nato il primo
maggio del 1990: il mese del
primo scudetto del Napoli;
l’anno del secondo tricolore azzurro. Un segno del destino, anche questo. È nato in Germania, Diego Armando, fa il calciatore, difensore
mancino, gioca nel Bayern di Monaco, squadra con la quale ha fatto tutta la trafila, fin dalle giovanili (come del resto i fratelli Vincenzo e Domenico), per poi approdare in prima squadra, dove se la gioca con
quel volpone di Philippe Lahm, titolare della corsia di sinistra. Insomma, c'è da aspettare il momento giusto, con pazienza ed umiltà. Doti
che non mancano al paisà di Baviera. È nato in Germania, Diego, ma
la sua famiglia è di Casalnuovo, in
provincia di Napoli, zona est. Suo
padre impazziva per Maradona, per
anni non s’è perso una gara degli azzurri a Fuorigrotta. Un habitué del
San Paolo, insomma, ed allora ecco
spiegato il nome di battesimo di
quel ragazzo che alla fine, anche se
al di là delle Alpi, è diventato proprio un calciatore. Contento parla
solo due lingue, il tedesco ed il napoletano. Ma nel suo cuore c'è solo
sangue azzurro. «In camera ho il poster di Maradona, mi informo attraverso internet tutti i giorni sugli azzurri, e il mio calciatore preferito è
il Pocho Lavezzi», confessa il ragazzo cresciuto in Baviera. Che adesso
si troverà a vivere il suo piccolo
dramma: «Sin da bambino sogno di
indossare la maglia del Napoli e di
giocare al San Paolo. È da sempre la
squadra del mio cuore, in famiglia
siamo malati del Napoli». Ed invece
eccoci qua: il sogno di salire quelle
scalette ed affacciarsi sul prato del
San Paolo diventa realtà, ma la maglia indossata sarà quella della squa-
DIEGO ARMANDO
GIOCA A MONACO
Il difensore mancino Contento
è di origini napoletane,
ed è nato il giorno
del primo scudetto azzurro
dra avversaria. Saranno momenti
terribili, poco da fare. «Mi piacerebbe incontrare il Pocho, ma è troppo
veloce per me, sarebbe difficilissimo marcarlo», disse poco più di un
anno fa Diego Armando nel corso
del ritiro del Bayern a Riva del Garda. Era una battuta, era una cosa
che sembrava molto lontana, difficile da realizzarsi, allora. Invece, ci
siamo. Tutto vero. Tutto adesso. Eppure il suo amore sconfinato per la
maglia azzurra lo portò a dire: «Io
alla Juve? Non ci penso nemmeno.
Potrei rinunciare al Bayern solo per
il Napoli». Sarà stato un caso, ma la
Vecchia Signora l’anno scorso si lanciò sulle tracce del difensore, ma se
ne tornò dalla Germania con le pive
nel sacco. Insomma, come non volergli bene? Ha anche il nome di Maradona tatuato sul braccio destro.
Ed ha giurato di volersi sposare con
una ragazza napoletana, al massimo tedesca. E nel frattempo, ovvia-
mente, continua a coltivare il sogno di giocare prima o poi con la
maglia azzurra. «Magari. Il possibile numero di maglia? Non sarei così
sfacciato da pretendere il numero
10 che fu di Maradona, ma il 26 sì.
O al massimo il 30». Se son rose, fioriranno. E magari fioriranno presto, visto che il ragazzo ha il contratto in scadenza nel 2013. Nel caso,
sarebbe festa grande. A Casalnuovo, e in quel pezzo di Baviera dove
garrisce la bandiera azzurra, sempre e comunque. E che adesso si trova con il cuore diviso a metà. C'è il
tifoso che sogna il successo della
sua squadra del cuore, e il professionista che deve provare a farle lo
sgambetto, perché adesso quella
squadra è un’avversaria da battere.
La prima di un tifoso che gioca dall’altra parte. Chissà che turbinio
d’emozione.
Dino Manganiello
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Il difensore del Bayern Diego Armando Contento
Le statistiche
Ecco tutte le sfide
giocate sull’asse
Napoli-Germania:
Q
uando il Napoli incontra
una squadra tedesca è sempre un mescolarsi di sensazioni contrastanti. La prima, dolcissima, porta alla straordinaria doppietta della stagione '88-'89 (ma in
realtà vedremo che si tratta di una
tripletta…), quella del successo in
semifinale di Coppa Uefa proprio
contro il Bayern di Monaco; quella
dell'esaltante, indimenticabile finale contro lo Stoccarda che portò in
riva al Golfo il prestigioso trofeo
continentale. L’altra sensazione ha
invece un retrogusto amaro. Perché
con l’ultima formazione teutonica
affrontata andò malissimo: doppia
sconfitta di misura per gli azzurri
contro l’Eintracht Francoforte ed eliminazione dall’Uefa già al terzo turno. Era la stagione 1994-’95. Più in
generale, il Napoli ha incrociato nella sua storia per 8 volte avversarie
tedesche. Tutte in Coppa Uefa, l’ultima appunto 16 anni fa. La prima risale al lontano 1967. Primo turno
(allora l’Uefa si chiamava Coppa delle Fiere), avversario l’Hannover '96.
Finì 4-0 a Napoli (rete di Girardo,
doppietta di Altafini e autorete di
Laszig), e 1-1 in Germania (a segno
per gli azzurri Barison). Due anni dopo andò bene anche con lo Stoccarda, affrontato nei sedicesimi di finale: 0-0 in campo avverso, 1-0 a Fuorigrotta con rete decisiva di Canzi.
La prima eliminazione per mano di
una tedesca risale invece al 1982. Ancora nei sedicesimi, l’avversario era
il Kaiserslautern di un giovane Brie-
gel, ancora non approdato al Verona: azzurri ko già al San Paolo per
2-1 (inutile il lampo dell'argentino
Ramon Diaz), poi un secco 2-0 nella
Ruhr. E siamo alla cavalcata vincente della stagione ’88-’89. Che a voler
leggere la geografia con gli occhi di
oggi sarebbe segnata da ben tre confronti tra azzurri e squadre tedesche. Perché nei sedicesimi di finale
Maradona e compagni si sbarazzarono della Lokomotive Lipsia, allora
inglobata nella Germania Est, oggi a
tutti gli effetti città federale. Il doppio confronto fu segnato dal pari
esterno per 1-1 (a segno Francini) e
da un perentorio 2-0 casalingo (gol
ancora di Francini ed autorete di
Sholz) per gli azzurri. Poi, ecco i due
episodi già ricordati. La semifinale
con il Bayern di Monaco: Careca e
Carnevale-gol per il 2-0 finale a Fuorigrotta; doppietta dell’attaccante
brasiliano per il 2-2 finale all’Olympiastadion. E la finale con lo Stoccarda: 2-1 al San Paolo (rigore di Maradona e ancora Careca); 3-3 in trasferta (Alemao, Ferrara e Careca) per il
delirio azzurro. È stato quello l'ultimo acuto contro le tedesche. Nel
1990, agli ottavi di finale, passa infatti il Werder Brema: ko per 3-2 al
San Paolo (Alemao e Careca), Caporetto per 5-1 in trasferta (gol della
bandiera con autorete di Brehme).
Infine, l’Eintracht Francoforte al terzo turno nella stagione ’94-’95, con
due sconfitte di misura.
D. M.
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GLI ASSI AZZURRI
Il tecnico, era ad un passo dall’addio,
ora la nuova avventura sulla tolda
di una corazzata chiamata Napoli
WALTER MAZZARRI
CONDOTTIERO AZZURRO
E
ccoli i protagonisti di questa stagione azzurra, i cavalieri che stanno portando il Napoli alla ribalta
nazionale ed europea. Alla testa
del gruppo, il condottiero, il toscano sanguigno che sta facendo amozionare il popolo azzurro. Walter Mazzarri da San Vincenzo, provincia di Livorno. A un passo
dal mollare la tolda di comando è rimasto al suo posto e sta regalando ancora attimi di gioia agli amanti dei colori azzurri. «Quando siamo arrivati noi» è una delle frasi che maggiormente utilizza Walter
Mazzarri nelle conferenze stampa. Ed ha
ragione, quando è arrivato lui, con il suo
staff, la musica a Napoli è cambiata.
Radicalmente cambiata. In un panorama di allenatori che girano in continuazione, nonostante i due anni e spiccioli
della sua permanenza napoletana, Mazzarri ha accompagnato per mano tutto
un ambiente in un cambio radicale di
mentalità. Ha trovato una squadra depressa, una tifoseria depressa, un clima
depresso dalla gestione Donadoni che
non era riuscita a creare il giusto feeling
con la città. «Vedrete, la mia squadra dà
l’anima in campo» e così accade ogni domenica, ed ora anche di mercoledì o martedì. Non è importante chi gioca ma come gioca. E così sui prati di Castelvolturno i movimenti sono ripetuti in maniera
certosina. De Laurentiis, che non ha mai
fatto mistero di voler portare il mister livornese a Napoli ben prima del suo reale
La scheda
Il suo palmarès da
allenatore è privo
di qualsiasi trofeo
anche se ha
condotto alcune
squadre in un
campionato
maggiore rispetto
a quello in cui
giocavano o le ha
comunque portate
alla finale di
alcune
competizioni
nazionali. Ad
esempio, nel
campionato
2003-2004, ha
portato il Livorno
dalla Serie B alla
Serie A ed è stato
sempre lui a
condurre la
Sampdoria alla
finale di Coppa
Italia nel 2009 e il
Napoli al 3˚posto
e così in
Champions
League dopo 21
anni.
arrivo, gli ha dato la possibilità di programmare, di crescere con la squadra e
gli effetti si vedono. Nell’ultimo incontro
con i tifosi in occasione della presentazione di un libro si è anche immedesimato
nel ruolo di capopopolo nell’eterno dualismo nord-sud che il Napoli sta abbattendo a colpi di risultati. A Fuorigrotta Mazzarri si sta giocando una grande chanche.
Voleva andar via nel giugno scorso ma la
forza del programma e i giocatori che aveva richiesto lo hanno convinto. Giocare
per lo scudetto e mettersi in luce in Champions. Non gli era mai successo.
Napoli gliene sta dando l’occasione.
Mezza Europa sta facendo i complimenti
al suo Napoli. Con Pepe Guardiola, tecnico del Barcellona, si sono scambiati i numeri di cellulare dopo la scoppola presa
al Nou Camp. A Manchester Mancini ha
toccato con mano la pericolosità del Napoli, Ranieri, nonostante gli scivoloni dell’arbitro Rocchi, non ha mai messo in discussione la legittimità della vittoria di
San Siro. E Mazzarri è una bestia nera del
tecnico romano che non riesce mai a prevalere contro di lui. La forza di Mazzarri è
nello staff. Il preparatore atletico Pondrelli in testa che stila una sorta di vademecum. È come se ci fosse un semaforo per ogni giocatore: verde: utilizzo tranquillo; giallo: massimo trenta minuti altrimenti è a rischio infortunio; rosso: turnover. Il segreto del Napoli è anche questo.
E dopo il mister che ha avuto il merito di
MONTEFORTE IRPINO - AVELLINO
Via Molinelle
(Inizio variante Avellino-Atripalda)
Tel 0825 683608 - Fax 0825 685796
aver amalgamato i singoli, ci sono loro, i
tre protagonisti dell’attacco azzurro. Lo
criticano per lo scarso fiuto del gol. Lui
risponde a suon di assist. Lo scorso anno
il suo piede, che fosse un rigore procurato, un cross, un angolo o un passaggio filtrante ha dato il via al 75% delle segnature del Napoli e non sono pochi. Quest’anno ha segnato a Cesena, ha colpito una
traversa a Manchester, è risultato determinante a Milano contro l’Inter.
Sembra che De Laurentiis gli abbia
detto: non fare capricci, dai il meglio di
te stesso e a fine anno se vuoi andar via
io non sarò ferreo sul rispetto della clausola dei 31 milioni che ti lega al Napoli.
Ma il Pocho risponde con grandi gesti di
affetto per i napoletani. L’apertura di un
profilo su Twitter ha regalato un Lavezzi
diverso. Tante le foto postate con cene,
uscite in mare, serate passate in tranquillità. Chi invece di gol ne fa a valanga è
Edinson Cavani, l’uruguaiano che segna
con la stessa frequenza in Italia e in Sudamerica senza risentire di fatica e fuso
orario. E infine c’è Marek Hamsik che si
è tolto anche lo sfizio di segnare a San
Siro, l’unico stadio nel quale non era riuscito a mettere il suo sigillo. Era lo stadio nel quale le sirene del calciomercato
volevano si trasferisse, sponda Milan,
nel giugno scorso. Ma il suo futuro è all’ombra del Vesuvio.
BENEVENTO
Zona Indusriale Pezzapiana
Tel 0824 21000
Fax 0824 50357
Donato Martucci
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Lunedì 17 Ottobre 2011 Corriere del Mezzogiorno
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CONTI IN REGOLA
Il fair play finanziario
Campionario
Basti pensare che
il Bayern Monaco
vanta oltre
ottocento articoli
commerciali
griffati tra
cappellini,
magliette,
accendini, penne,
asciugamani,
giocattoli e molto
altro ancora
Articoli che vanno
a ruba e sono
molto richiesti dai
tifosi
di tutto il mondo
IL BAYERN MONACO
UNA MACCHINA DA SOLDI
La scheda
Fatturato annuale da record per lo storico club tedesco:
350 milioni di euro, di cui oltre la metà arriva dal merchandising
A
ll’interno del colletto della nuova
maglia ufficiale c’è stampato
«mir san mir», ovvero «siamo
quello che siamo». Il Bayern Monaco, 111 anni è non sentirli, prossimo avversario del Napoli al San Paolo, oggi è la
quarta potenza calcistica d’Europa, con
un fatturato annuale che si aggira sui 350
milioni di euro ed un palmarès che annovera 22 scudetti, quattro Coppe dei Campioni e due titoli intercontinentali.
Il club del presidente onorario Franz Beckenbauer e del direttore generale
Karl-Heinz Rummenigge, due leggende
viventi, entra a far parte stabilmente dell’Olimpo del cacio a partire dagli anni 70.
Gli anni in cui grazie proprio a un giovanissimo Beckembauer e ad campioni del
calibro di Sepp Maier, Gerd Müller, Uli Hoeness e Paul Breitner, i bavaresi vincono
per tre volte consecutive la Coppa dalle
grandi orecchie, diventando una macchina da calcio perfetta. Da allora il club tedesco, che nel tempo ha sempre privilegiato
l’acquisto e la valorizzazione di giocatori
made in Germania, ha tenuto ben dritta la
strada del successo, mantenendo nel suo
Dna il fair play finanziario: gli ultimi tre
esercizi del bilancio consolidato si sono
chiusi con un utile in costante aumento. Il
valore dei suoi campioni si avvicina ai
350 milioni di euro. L’indebitamento del
gruppo, pari a 242,6 milioni di euro, è dovuto esclusivamente alla realizzazione del
nuovo stadio: l’Allianz Arena, un gioiello
dell’architettura da 70 mila spettatori, realizzato nel 2005 e costato 365 milioni. I
panzer tedeschi insomma macinano soldi
da tutte le parti: il 23% dall’incasso al botteghino, il 17% dai diritti televisivi e ben il
60% da attività commerciali. Basti pensare che il Bayern, che vanta oltre 800 articoli commerciali griffati tra cappellini, magliette, accendini, penne, asciugamani,
giocattoli e molto altro ancora, ha incassato solo dal merchandising, lo scorso anno, quasi 180 milioni di euro. A questi numeri, tanto per aumentare il senso di solidità finanziaria del club, va aggiunto che
tra i proprietari della società, con quote
del 9% ciascuno, ci sono colossi come
l’Adidas e l’Audi. E tra gli sponsor la Deutsche Telekom che versa 25milioni l’anno
nelle casse dei bavaresi. Nonostante ciò
Rummenigge non nasconde la sua preoccupazione per l’arrivo nel calcio degli arabi e dei russi che con le loro vagonate di
soldi rischiano di far saltare il banco «La
Uefa ha fatto recentemente sapere che il
60% dei club europei che gioca nei massimi campionati continentali ha i conti in
rosso. Il Fair play finanziario non può essere attuato solo a parole, i russi e gli arabi giocano un ruolo fin troppo importante — si è lamentato Rummenigge — . Il
loro benessere consente di spendere milioni in giro per l’Europa. Tutto così diventa più costoso, dagli ingaggi al costo dei
cartellini». Motivo per il quale a partire
dall’estate del 2007, per restare al top in
Europa, il Bayern ha aumentato significativamente gli investimenti per rafforzare
la squadra. In quattro anni sono stati spesi 180 milioni di euro.
Nell’ultimo calciomercato i tedeschi
hanno comprato per 44 milioni, incassandone soltanto 5 dalle cessioni. Il colpo dell’estate si chiama Manuel Neuer,
portiere acquistato dallo Schalke 04 per
28 milioni.
L’operazione ha subito dato i suoi frutti: Neuer è già entrato nella storia del
club, battendo il record di imbattibilità detenuto da un mito con i guantoni come
Oliver Kahn. Dopo la rete subita alla prima di campionato dal Borussia Moenchengladbach, il nuovo numero uno ha
letteralmente abbassato la saracinesca nei
successivi 1.018 minuti.
Cinque in più di Kahn. Anche in Champions Neuer ha mantenuto la sua porta inviolata. Oltre al fenomeno tra i pali, sono
arrivati il terzino Rafinha dal Genoa per 6
milioni, Jérôme Boateng, ex difensore del
Manchesrt City, per 13 milioni e Nils Petersen per 3 milioni da Cottbus. A Monaco è sbarcato anche il giapponese Takashi
Usami, attaccante di talento della nazionale nipponica. Con Usami i bavaresi mirano a conquistare anche il mercato orientale, soprattutto quello del merchandising.
I nuovi arrivati hanno puntellato ulterior-
Multinazionali proprietarie
Tra i proprietari della società calcistica,
con quote del 9% ciascuno, ci sono
aziende con sedi in tutto il mondo
come l’Adidas e come l’ Audi
Gli investimenti i calciatori
Nell’ultimo calciomercato i tedeschi hanno
comprato per 44 milioni, incassandone
soltanto 5 dalle cessioni. Il colpo dell’estate
è il portiere Manuel Neuer
mente una rosa di valore assoluto dove
spiccano pezzi da novanta come il bomber super Mario Gomez, acquistato per 30
milioni dallo Stoccarda nel 2009, autore
di 28 reti lo scorso anno. Per non parlare
del talento fatto in casa di Thomas Muller: il 22enne del vivaio, che oggi vale già
35 milioni. Poi c’è l’olandese Robben, 40
milioni, il francese Ribery, 38 milioni, il
difensore Philipp Lahm, 28 milioni. Altri
pezzi pregiati cresciuti nel vivaio sono il
21enne centrocampista Toni Kroos ed il
terzino sinistro Holger Badstuber. Sempre dalle giovanili è arrivato in prima
squadra da tempo Schweinsteiger, il biondo centrocampista che ad appena 27 anni
è già uno dei senatori del club e della Nazionale. «Il calcio è un gioco semplice: 22
uomini rincorrono un pallone per 90 minuti e, alla fine, vincono i tedeschi», sosteneva Gary Lineker, miglior realizzatore inglese nelle fasi finali della Coppa del Mondo, ripetutamente scottato dalle sfide con
la Germania. Noi italiani, per fortuna, abbiamo altre tradizioni con i tedeschi, sia a
livello di nazionale che di club. E quasi
sempre lo scherzetto l’abbiamo fatto noi a
loro. Scrivendo spesso anche le nostre pagine più belle di storia del calcio.
Mimmo Florio
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Il Fußball-Club Bayern
München (Club Calcistico
Monaco Baviera), noto in
Italia come Bayern
Monaco o Bayern, è una
società polisportiva
tedesca avente sede a
Monaco di Baviera,
celebre per la sua sezione
calcistica, che milita nella
Bundesliga ed è la
compagine più titolata di
Germania, nonché una
tra le più vittoriose
d’Europa e del mondo.
Insieme con la Juventus e
l’Ajax è l’unica squadra
che ha vinto le tre
principali competizioni
Uefa per club.
Il palmarès del Bayern
annovera 2 Coppe
Intercontinentali, 4 Coppe
dei Campioni/Champions
League, 1 Coppa UEFA, 1
Coppa delle Coppe, 22
titoli nazionali e 15
Coppe di Germania.
Dal 1925 il Bayern
gioca nel Grünwalder
Stadion con il Monaco
1860. Durante la II
guerra mondiale lo stadio
fu distrutto dai
bombardamenti e
ricostruito totalmente nel
1948 e il primo incontro
fu disputato nel 1961
contro il 1. FC Nürnberg.
Lo stadio aveva una
capienza di soli 44.000
posti e perciò fu
ricostruito per i giochi
olimpici del 1972. Il
nuovo impianto, che
vantava una capienza
massima di 79.000
spettatori, fu rinominato
Olympiastadion e venne
inaugurato all’inizio della
stagione 1971-72. Nel
2002 il Bayern e il
Monaco 1860 costruirono
un ulteriore nuovo stadio:
la modernissima Allianz
Arena, edificata nella
parte nord della città.
L’impianto è agibile dalla
stagione 2005-06; vanta
una capacità di 69.900
persone. È una
costruzione
ultratecnologica, capace
di illuminarsi all’esterno
con i colori della squadra
di casa. La prima rete
segnata nel nuovo stadio
è stata di Owen
Hargreaves.
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Lunedì 17 Ottobre 2011 Corriere del Mezzogiorno
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LE CURIOSITÀ
È
nato a Modena. Il papà è di Ancona, ma da
quindici anni vive a Napoli ed è quindi da
considerarsi a tutti gli effetti napoletano. Michael Santoni Monticelli, 26 anni compiuti
giovedì scorso, è un grande tifoso del Napoli ma
per lavoro è a Monaco di Baviera. Come professione fa il cuoco ed è anche bravo, spigliato e buca il
video. Tant’è che il Gambero Rosso Tv, lo ha scelto
per un programma che ha riscosso un grande successo: «Una cucina per due». Due cuochi a confronto, espressione della cucina del Nord e del Sud. Il
programma ha avuto grandi consensi ma Michael
ha ricevuto un’offerta di lavoro ed è volato a Monaco di Baviera, dove lavora, studia, si diverte ma non
vede l’ora di tornare a Napoli. «Perché qui fa troppo freddo e poi alle volte mi sono un bel piatto di
spaghetti alle cozze, la mia passione».
Tra pentole e fornelli, Michael lavora al «Giorgio
Armani Café» come exsecutive chef. Presto, però
tornerà a Napoli. «Io sono il primo esempio di migrazione al contrario dal Nord (Modena) al Sud (Napoli) e ormai sono napoletano a tutti gli effetti. Ho
studiato al Suor Orsola Benincasa, sto bene qui a
Monaco, mi pagano bene. Ma sto cercando altro.
Non mi fermo mai». Quando era a Napoli spesso
andava allo stadio. Ora vive la passione per la maglia azzurra molto da lontano e per questo sicuramente con più trasporto.
«Quando la squadra ha giocato a Manchester alla
vigilia tutti mi prendevano in giro. Io ho fatto di tutto per vedere la partita, ho sconvolto Monaco e che
soddisfazione quando il Napoli ha ammutolito tutti
con una grande prestazione». In Germania il Napoli
è molto temuto, come conferma Michael: «Sì, ci temono. I biglietti per andare al San Paolo sono andati a ruba. Ma con il Villarreal è stato speciale.
Ero nel bar dove si riuniscono tutti gli studenti,
si sentiva solo la mia voce. Il giorno dopo mi guardavano e sorridevano.
Mi dicevano: Napoli e ripetevano i cori che avevo
fatto il giorno prima. Una sensazione spettacolare».
Quando era a Napoli aveva anche un ristorante il
«Peperoncino Club» a Bacoli. Il locale, un anno e
mezzo fa è stato ceduto quando i suoi genitori sono dovuti andare ad Ancona. Michael non si è arreso ed ha trovato lavoro al Gambero rosso, poi da
Armani e ora è in cerca di lavoro. Tornerà a Napoli.
Nel frattempo ha seguito una serie di master enogastronomici e si aggiorna di frequente perché vuole
sempre migliorare: «Per un anno e mezzo — prose-
IO (QUASI) NAPOLETANO
IN TERRA BAVARESE
Il cuoco Monticelli da Monaco:
«Bello vedere vincere il Napoli
dalla città dei nostri avversari»
Ai fornelli Michael Santoni Monticelli tra i fornelli
gue — non ho potuto seguire il Napoli allo stadio.
Ero impegnato ai fornelli a Bacoli. Il locale andava
forte, la gente ballava sui tavoli. C’era grande allegria e la cucina, secondo quello che mi dicevano i
clienti, era buona. Vado forte con la pasta e i risotti». Il suo accento non è proprio napoletano, ma
Napoli c’è l’ha davvero nel cuore: «In Germania mi
hanno sempre descritto una Napoli bella sì, ma piena di immondizia. Io ero mortificato perché la città
la conosco bene. Per nostalgia ogni tanto ascolto
Sergio Bruni che raccontava di una città diversa.
Ecco, io sono più napoletano di tanti altri. È una
città che mi ha stregato. Lo dico con sincerità: spes-
so mi ritrovo su internet e guardo Sorrento, Baia, il
Golfo e tanti altri luoghi che io ho vissuto per 15
anni. La gente non ci può credere, ma Napoli è casa mia. Io dico a tutti che sono di Napoli. Anche se
non sono nato qui ci sto da 15 anni, quindi sono
napoletano a tutti gli effetti». E ora c’è il Bayern,
come lo cuciniamo? «Beh, con un Cavani abbondante, con una spruzzatina di Hamsik, ricoperto di
Lavezzi». E questo piatto come lo chiamiamo?
Bayern cotto in salsa napoletana: ottimo, abbondante e dal sapore forte».
Donato Martucci
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Il libro «L’incontro di ritorno» di Salvatore Bonavita
La curiosità Dal Goethe al consolato di Germania simpatia per il Napoli
Azzurri in finale di Champions,
il «sogno» in un romanzo
E i «tedeschi napoletani» tifano
per Cavani, Hamsik e compagni
«N
hi si aspettava capannelli di tifosi tedeschi a Napoli, riuniti a seguire e tifare
Bayern Monaco tra fiumi di birra e cori
da Oktoberfest per la gara di Champions martedì prossimo, rimarrà deluso. Sperando - da
un punto di vistadel tutto azzurro - che i supporter in arrivo dalla Baviera non avranno
granché da esultare per strada, fa riflettere il
fatto che i «tedeschi napoletani», ovvero quelli che per lavoro o per studio si trovano a vivere in terra partenopea, non solo non sosterranno con tutte le loro forze la squadra biancorossa, ma simpatizzeranno addirittura per
il Napoli. L'indiscrezione trapela dai due enti
tedeschi principali presenti nella città partenopea: il Goethe Institut e il consolato di Germania. Nel luogo d'insegnamento per eccellenza della lingua e della cultura tedesca, diretto da Maria Carmen Morese, non è prevista alcuna proiezione della partita e nessun
evento in particolare per il match che affollerà in ogni ordine di posto lo stadio San Paolo
(più della finale di Coppa Uefa dell'89 contro
lo Stoccarda). Forse c'è più calore e attenzione quando gioca la Nazionale, in imperdibili
occasioni come la semifinale della Coppa del
Mondo del 2006. Ma quando gioca una squadra di club, seppur illustre come il Bayern Monaco, le reazioni sono piuttosto freddine.
«Anche perché ormai i tanti insegnanti tedeschi che lavorano qui da tanti anni sono praticamente diventati napoletani e tifosi della
squadra azzurra - fanno sapere dal Goethe -.
Soprattutto in questi tempi, visti i successi e
la simpatia che il club di De Laurentiis è capace di generare a tutti i livelli». Stesso discorso
al consolato tedesco di via Crispi: lì la «febbre
oi vogliamo sognare… vuje nun
ce scetate». E' questo lo slogan
che campeggia su uno striscione esposto in città, alla vigilia della semifinale di Champions League conquistata dal Napoli. In attesa che accada realmente, ciò che
succederebbe in caso di eventi del genere lo
si può leggere nel gustoso romanzo di Salvatore Bonavita «L'incontro di ritorno», edito
da Guida. L’esordiente scrittore napoletano,
che lavora da anni nel mondo dell'editoria,
ha immaginato che la compagine azzurra si
trovi a un passo dalla finale della massima
competizione europea. Le cose, però, non
iniziano bene: nella gara di andata, al San Paolo, gli uomini di Mazzarri (che però non è
mai nominato) perdono 0-1 contro un team
molto più forte e blasonato (pare il Real Madrid). Ma l'atmosfera d'entusiasmo non si
placa ed ecco che i tifosi preparano un maxi-esodo per il match di ritorno.
Il Napoli raccontato con abilità di sceneggiatore provetto da Bonavita è una squadra
gagliarda. E' quello che dalla serie C è risalito in A fino a raggiungere traguardi impensabili nel 2004, anno del fallimento. E c'è
Aurelio De Laurentiis, che diventa personaggio letterario col suo carattere imprevedibile e le dichiarazioni vulcaniche. Addirittura ricompare nello staff tecnico il mitico
Carmando, quasi un «nume tutelare» sulle
sorti degli azzurri. Ma il romanzo è anche
tanto altro. E' una riflessione sulla città
d'oggi e sulle sue contraddizioni, sul suo
dialetto e sui suoi slanci di passione in grado di cancellare ogni male. Protagonista del
racconto è Raffaele, giovane centrocampi-
Supplemento al
©
Distribuito con il Corriere della Sera
non vendibile separatamente
Marco Demarco
direttore responsabile
Maddalena Tulanti
vicedirettore
Francesco Durante
redattore capo redazione campana
sta del vivaio partenopeo promosso in prima squadra. Egli incarna la speranza che il
Napoli possa far esordire quanti più under
21 possibile. C'è però una macchia scura
nella sua adolescenza di Raffaele: guidava
un motorino durante uno scippo ai danni
di un'anziana signora compiuto da Giusep-
Salvatore
Bonavita
ha pubblicato l
e raccolta
di proverbi
napoletani
«Fessarie ’e
cafè» e «Parla
comme t’ha
fatto
màmmeta»
Carmine Festa
redattore capo centrale
Editoriale del Mezzogiorno s.r.l
Ernesto Cesàro
presidente
Nicola Putignano
vicepresidente
Giorgio Fiore
amministratore delegato
pe, il suo migliore amico. Per una tragica
fatalità, la donna muore dopo aver sbattuto
la testa sul marciapiede. Raffaele si costituisce subito e risorge con il calcio. Giovanni è
latitante da anni, in un paese straniero. Ma
il destino ha in serbo un disegno davvero
particolare: basterà un gol di Raffaele ai supplementari e l'accesso del Napoli alla finale
per rendere possibile anche ciò che sembrava impossibile.
Marco Perillo
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azzurra» è addirittura maggiore. Non è un
grandissimo appassionato di calcio il console
generale Christian Much. Nato, tra l'altro, in
Lussemburgo, non si può dire un fervido sostenitore della squadra bavarese. «Siamo a
Napoli e tifiamo Napoli, pur avendo un occhio di riguardo per le sorti di Bayern e Borus-
Il console
Christian
Munch è stato
inviato per
l'Onu in
America
Centrale e in
Medio Oriente.
E’ stato console
anche a
Budapest
Pubblicità:
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Finanziaria € 142; Politica € 80 - €
sia Dortmund in Champions - comunicano
dal consolato -. Un pronostico per la doppia
sfida tra gli uomini di Mazzarri e quelli di
Heynckes? Magari una vittoria per parte, al
San Paolo per il Bayern e all'Allianz Arena per
il Bayern. Speriamo passino entrambe il turno». Inutile dire per chi faranno il tifo le birrerie tedesche napoletane: il Krugel di via Piave
e Herr Daniel di via Kaufmann. Lì di bavarese
ci sarà soltanto la birra.
M. P.
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Ricerche di personale € 100; Commerciale € 104; Occasionale € 129;
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Direttore responsabile:
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CITTÀ IN FIBRILLAZIONE
Entusiasmo
Nella foto al centro, la coda dei giorni scorsi per l’acquisto dei tagliandi
della gara di domani contro i campioni tedeschi del Bayern
Alberghi pieni da giorni,
i tifosi pianificano già
la trasferta a Monaco
C’È IL SOLD OUT IN CITTÀ
T
utto esaurito. Per domani sera, in città, non c’è un buco libero. Pieno l’hotel Vesuvio,
pieno l’Excelsior, pieno l’hotel Romeo, il Majestic, l’Alabardieri...
Tutti prenotati da tempo da tifosi in
arrivo da tutto il mondo per la partita
Napoli - Bayern Monaco.
Gli alberghi che, per primi, hanno
ultimato la disponibilità di stanze e
suite sono quelli a quattro e cinque
stelle. Fin dal primo momento è stato
opzionato dalla squadra il grand hotel
Vesuvio, sul lungomare. Il che, in termini tecnici, significa oltre trecento
ospiti che saranno alloggiati fra stanze e suite con vista mare. Si tratta di
giocatori, staff tecnico e degli sponsor. «Già da tempo — rivela Alberto
Luciano, responsabile degli eventi —
squadra e sponsor hanno prenotato.
Questo tipo di calcio si muove così,
con grande anticipo e richieste molto
precise e circostanziate. E noi siamo
attrezzati per far fronte ad ogni tipo di
esigenza».
Pochi metri più avanti, stesso panorama mozzafiato sul Golfo, c’è l’hotel
Excelsior. Il direttore, Gianni Ricci, rimanda da giorni al mittente tutte le
prenotazioni in arrivo. Anche qui c’è
il tutto esaurito da tempo. All’hotel
Majestic e all’Alabardieri, ad un passo
da piazza dei Martiri, è tutto pieno da
tempo. Nessuna disponibilità neanche all’hotel Romeo, albergo extralusso di via Cristofo Colombo, dove le
prenotazioni sono arrivate online da
tutto il mondo. Tifosi di lusso che cercano sistemazioni alberghiere di profilo alto e che — ad una bella serata di
calcio — abbinano due giorni in una
Napoli che comunque riserva sempre
emozioni e bellezze universali. Si calcola che i supporter bavaresi in città,
domani sera, saranno oltre tremila.
E, su questa lunghezza d’onda, sono tantissimi i tour operator che stanno vendendo la partita Bayern - Napoli con volo e soggiorno alberghiero
per il prossimo 2 novembre. I prezzi
sono mediamente abbordabili, il fascino dell’evento altissimo. Del resto a
Monaco di Baviera, poco più di 20 an-
I tedeschi alloggeranno al Vesuvio
Il respondabile degli eventi dell’hotel
Alberto Luciani: «Già da tempo la squadra
e lo sponsor hanno prenotato
nella nostra struttura»
ni fa, il Napoli di Maradona si aggiudicò la finale di coppa Uefa pareggiando
con il Bayern nella gara di ritorno delle semifinali. È facile prevedere che
l’Allianz Arena si colorerà di nuovo di
azzurro. Ma per ora è il momento di
andare in scena al San Paolo, davanti
ad un pubblico internazionale per
una gara da record. Record di pubblico e record d’incasso di tutto il girone
eliminatorio Champions con 2,4 milioni di euro. Ma soprattutto record
della storia del Calcio Napoli: neanche
per Napoli-Stoccarda, finale Uefa, si
era incassato tanto. Centinaia di giornalisti e decine di tv sono in arrivo da
tutto il mondo e la Uefa si è riservata
un numero superiore di posti in tribuna stampa rispetto al solito.
Anna Paola Merone
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