Il crepuscolo della ragione - "Enrico Mattei"
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Il crepuscolo della ragione - "Enrico Mattei"
Buona la prima Giornalino dell’Itis “E. Mattei”, Vasto Anno II, Numero 1, Febbraio 2010 Perché siamo tornati... Eccoci! Siamo di nuovo qui, carichi dell’impegno e della voglia ereditata dai ragazzi che ci hanno preceduto nel diploma, per dare ancora una volta respiro e intraprendenza al nostro giornalino d’Istituto. Buona la prima si è prefisso l’obiettivo di rendere l’informazione viva ed efficace all’interno del nostro Istituto ed è su questa strada che intendiamo proseguire, nella speranza che in tanti vogliano collaborare al nostro piccolo-grande progetto editoriale. In questo suo secondo anno di vita, Buona la prima ha come simbolo l’immagine di un pappagallo, il simpatico animale che ha l’incessante bisogno di parlare, accompagnato da un megafono, lo strumento che consente alla voce di espandersi e alle idee di raggiungere le coscienze. Il pappagallo è la voce impertinente con la quale vogliamo arrivare a quanti preferiscono starsene in disparte e non partecipare alla vita scolastica. Lunga vita a Buona la prima, nella certezza che si possono anche non condividere le opinioni altrui, ma esse meritano comunque di essere espresse, perché il dialogo e il confronto sono il sale della vita. F.S. “Le guerre negano la memoria dissuadendoci dall’indagare sulle loro radici, finché non si è spenta la voce di chi può raccontarle. Allora ritornano, con un altro nome e un altro volto, a distruggere quel poco che avevano risparmiato”. Carlos Ruiz Zafon,“L’ombra del vento” L’incalcolabile tragedia dell’Olocausto e il vero volto del male che, come disse la filosofa Hannah Arendt, troppo spesso “è banale” Il crepuscolo della ragione di Federico Scampoli Lo scorso 25 gennaio, grazie all’intensa manifestazione La ba- nalità del male. Il dovere di non dimenticare, organizzata dal nostro Istituto per commemorare il Giorno della Memoria, abbiamo ripercorso orribili orme che macchiano tuttora il cammino della storia, quelle dell’Olocausto. Sono orme di follia, di gesta assurde e raccapriccianti, dettate dal fanatismo di un “mostro” che ebbe, purtroppo, il potere di decidere la sorte di milioni di persone. Nella prima parte della manifestazione è stato proiettato un filmato davvero drammatico, che descriveva il campo di sterminio di Auschwitz, i suoi vari settori, le terribili punizioni alle quali erano sottoposti i deportati. Ogni persona diveniva un numero, la sua dignità veniva soppressa, l’aria era satura dell’odore della morte. Celle con una base di 80x80 centimetri e un’altezza di 2 metri, nelle quali si accedeva solo strisciando e nelle quali trovavano sfogo la follia e la depravazione umana. Le Ss, infatti, vi pressavano dentro a bastonate quattro prigionieri e li facevano rimanere dentro per ore, a morire di freddo e di fame. Il pretesto che un’etnia fosse superiore ad un’altra, la “banalità del male”, appunto. continua a pag. 2 Il sonno della ragione, la cancellazione di ogni forma di umanità è ciò che caratterizza persone che sono capaci di compiere gesti simili. Il vero e proprio crepuscolo della ragione di sonnambuli del giorno e della notte. segue dalla prima Concetto attorno al quale si è svolta la riflessione dello storico Marco Patricelli, relatore della manifestazione, che ci ha narrato l’incredibile storia di un uomo, Witold Pilecki, fattosi deportare volontariamente ad Auschwitz, dove riuscì a creare una organizzazione clandestina grazie alla quale poter denunciare all’esterno le atrocità che si commettevano nel campo di sterminio. Patricelli ha concluso il suo intervento con un particolare davvero scioccante: l’ospedale dove, nel 2004, morì il viceprocuratore militare che condannò ingiustamente a morte un eroe come Pilecki sorge proprio in via Witold Pilecki. Parole che hanno lasciato emozioni forti e, forse, anche un po’ di senso di giustizia. Un paradosso davvero profondo, che ci fa capire il percorso circolare che compie il male. Quel che è certo è che dobbiamo proseguire il nostro cammino di vita con il dovere di non dimenticare, di non lasciare che le tragedie commesse nel corso della storia diventino solo ricordi offuscati, arrivando persino a dubitare di esse, come sta accadendo, in alcune parti del mondo, per il genocidio degli ebrei. L’uomo non ripeta gli stessi errori che lo hanno portato a toccare l’apice del male. Come si può arrivare a pensare alla discriminazione, alla sottomissione di un altro essere umano? Come si può spogliare una persona, in tutto simile a te, della propria dignità, di ogni tipo di libertà e trattarla peggio di come tratteresti un oggetto? A volte pensiamo alla Shoah coma a un film, come a un qualcosa che “forse” è accaduto. Ma quei corpi, quelle ossa c’erano davvero. Dopo la manifestazione gli studenti hanno detto: Andando al cinema ero tranquilla. Pensavo che sarei andata a vedere uno “spettacolo” come tanti altri, che proponeva vaghi ricordi, ma arrivando al cinema e sedendomi ho cominciato a sentire dentro un qualcosa che, in qualche modo, mi coinvolgeva totalmente. Crudele, straziante, fuori dal pensabile ciò che è stato fatto a milioni di vittime innocenti. Vittime dell’egoismo, dell’irrazionalità e dell’egocentrismo portato ai massimi livelli dell’uomo, che non è stato in grado di provare alcuna pena e sensibilità. Nella sala scorrevano le immagini e nella testa scorrevano i pensieri… L’uomo privo di ragione non è più un uomo. Uno strazio senza fine che dal 1940 ad oggi e per sempre traccerà i confini di un ricordo amaro. Un ricordo che quasi ci fa vergognare di essere uomini. La vendita ad un mercato, dove i venditori sono folli e pazzi fanatici. L’interesse di noi ragazzi e le discussioni che si sono create durante le proiezioni sono la testimonianza chiara di quanto la manifestazione sia riuscita nel suo scopo: quello di rendere il Giorno della Memoria un “vero” Giorno della Memoria, non solo sul calendario. La verità ti arrivava dritta come un pugno in faccia e la sua forza stava, a mio avviso, proprio nel fatto che nessuno commentava i filmati proiettati. Nessuno poteva in qualche modo deviare la tua opinione con giustificazioni fasulle. La realtà era lì. Davanti a tutti. Grazie alla manifestazione La banalità del male. Il dovere di non dimenticare, ho capito veramente cosa significhi il Giorno della Memoria. Ma credo che non sia stato solo io a capirlo. Come si può privare un uomo di tutto e farlo diventare un numero? Anche un cane o un semplice pesciolino hanno un nome. I deportati, invece, erano un numero. Se ci fossimo trovati al posto dei tedeschi, l’avremmo fatto anche noi? Davanti alle immagini drammatiche dei fatti accaduti, si prova un grande senso di angoscia, che rimane impresso dentro di noi. Il volontario Il tenente di cavalleria Witold Pilecki nel 1940 ha 38 anni. Sotto falso nome si lascia arrestare, come fosse per caso, nel corso di una retata della Gestapo ed entra ad Auschwitz per raccontare al mondo cosa accade: il suo è il primo documento dai campi di sterminio arrivato agli alleati che, paradossalmente, bollarono il contenuto del documento come “troppo esagerato”. Condannato tre volte a morte, Pilecki viene giustiziato il 25 maggio 1948. Su di lui e su quello che ha fatto cala il silenzio. La damnatio memoriae è assoluta, vietato persino pronuncia- La quotidiana “distrazione” La manifestazione è stata un’occasione per riflettere sull’incalcolabile tragedia dell’Olocausto e, più in generale, sul vero volto del male che, come disse la filosofa Hannah Arendt, troppo spesso “è banale”, perché nasce dall’incapacità di interessarci alla vita e alla sorte dell’altro, in quanto completamente ripiegati su noi stessi. E’ quasi ovvio che ciascuno di noi sia più interessato ad un solo dito della propria mano che all’esistenza di uno sconosciuto che vive a centinaia di chilometri di distanza, ma è pur vero che questa quotidiana “distrazione” è la fonte di una irrazionalità etica che sfocia nel disimpegno, nell’indifferenza e nel “pressapochismo”, oggi, purtroppo, tanto di moda. Nel corso della nostra manifestazione La banalità del male. Il dovere di non dimenticare, lo storico, nonché giornalista, docente di Storia dell’Europa contemporanea all’Università “G. d’Annunzio” e consulente del Tg1 Storia, Marco Patricelli (a sinistra nella foto) ha presentato il suo nuovo libro Il volontario (Editori Laterza). Un’opera assai significativa, che affronta un argomento finora rimasto nascosto nelle pieghe della storia, in quanto è dedicata a Witold Pilecki, l’unico uomo fattosi rinchiudere volontariamente ad Auschwitz, riuscendo poi ad evaderne per finire stritolato, dopo aver combattuto il nazismo, tra le fauci dello stalinismo. L’AFRICA: COLORI E CONTRASTI Poco meno di 7000 chilometri, poco più di 8 ore di volo per giungere in Kenya, con destinazione Nairobi, la capi- tale, che si presenta con grandi palazzi e alberghi, strade asfaltate, gran frastuono di automobili, smog asfissiante. Allontanandoci dalla città, iniziano a comparire capanne di legno, scompare l’asfalto, l’auto sobbalza ad ogni buca, appare la terra rossa. Si fa sempre più denso il passeggio dei kenioti, di chi a passo svelto torna a casa prima del tramonto, carico di legna o acqua potabile distribuita a chilometri di distanza. I matato, piccoli furgoncini stracolmi di persone paragonabili ai nostri autobus di linea, diventano più rari. Il buio avvolge le fitte foreste costellate di luci che illuminano le capanne nascoste dalla vegetazione. Attraversiamo l’equatore per raggiungere Tuuru, un piccolo villaggio, lo spettacolo è unico: su un versante tramonta il sole trascinandosi dietro l’abbagliante arancio, sull’altro è già alta la luna, circondata da stelle che occupano il cielo ormai scuro. Per strada incontriamo grandi mercati, che regalano una policromia data dai forti colori dei frutti distesi su casse di legna intrecciata, che spezzano la monotonia dei colori della rossastra terra, arida e spinosa. Casette a ridosso della strada con bambini che vi giocano davanti, mucche che attingono acqua in una pozza, la stessa che per pranzo o cena disseterà anche gli uomini. Di giorno, sulle colline si intravedono donne piegate a 90° nel coltivare piccoli terreni e si incontrano bambini che portano chili di legna sulla schiena o qualche recipiente vuoto da riempire con acqua potabile distribuita dalle autocisterne; gli uomini bivaccano sui cigli delle strade masticando erba. Di sera, poi, si sente in lontananza sempre un gran frastuono, tra balli e musiche etniche. C’è poi quella realtà invisibile che non è dato conoscere: bambini denutriti abbandonati in foresta, donne e uomini malati di poliomielite, bimbi sui cui occhi scorre la sigla Hiv, madri che partoriscono figli il cui peso fatica a raggiungere il chilo. Acqua assente, luce ancora lontana dai più sperduti villaggi, eppure, passando per strada, ti senti avvolto da questa giocosità, vivacità con cui vivono tra mille difficoltà che, senza dubbio, deriva da una totale rassegnazione e inconsapevolezza di migliorare, che ti fa dimenticare di essere complice di questa arretratezza. Giochi di colore, sofferenza, frastuono, sono parte integrante di questo paese in cui convivono due realtà opposte e parallele. Passando per Nairobi, in una delle più trafficate strade, infatti, si affacciano su un lato i grandi alberghi, sull’altro interminabili bidonville; attraversano insieme la strada, allo scattare del verde del semaforo, il ricco politico o impiegato e il povero masai, che sposta il suo gregge alla ricerca di cibo. Federica Di Pietro A proposito di fame nel mondo... Il “prima possibile” Dopo tutte le promesse fatte dai governi dei Paesi più ricchi nel corso del 2009, secondo le quali si prevedevano 44 miliardi di dollari come fondo per sconfiggere la fame nel mondo, dobbiamo accontentarci delle sole promesse fatte al vertice Fao tenutosi a Roma nello scorso mese di novembre. Il summit sulla “sicurezza alimentare” ha visto riuniti i leader dei Paesi partecipanti all’organizzazione e anche Papa Benedetto XVI. Abbiamo seguito i lavori con attenzione e proprio per questo ci siamo resi conto che è stato ricco di belle parole e promesse, ma decisamente povero di contenuti e di aderenza alla realtà. Per sintetizzare, di seguito i punti approvati. Stanziare fondi per i Paesi più poveri; peccato, però, che la somma ventilata di 44 miliardi di dollari non sia stata neanche presa in considerazione. Migliorare la cooperazione tra gli stati; non tutti i Paesi del G8, però, hanno voluto partecipare al vertice. Eliminare la fame nel mondo... il prima possibile. Non è stata dunque fissata una data certa, improrogabile. Ci si può accontentare del “prima possibile”, mentre si continua a morire per fame? Noi giovani osservatori ci troviamo ad esprimere la nostra amarezza nei confronti dei comportamenti di coloro che hanno nelle proprie mani le redini del mondo. Ricchezza e benessere hanno valore se equamente distribuiti. E per raggiungere questo obiettivo crediamo sia necessaria una cultura della solidarietà, che possa contribuire a sconfiggere la povertà. Incoronata Marinucci È ora di svegliarci! È ora di svegliarci! C’è tutto un mondo da scoprire. Vivere alla ricerca di nuove emozioni e di nuovi interessi, vivere con sapore. Non siamo passivi e sempre ed indiscussamente conformi alla società, come pecore al pascolo. Non lasciamo manipolare le nostre teste da chi altro non vuole che farci prestare attenzione più al contesto che al fatto stesso, da chi, lasciandoci correre dietro questa o quella moda subdola, scavalca i nostri diritti, la nostra libertà, la nostra giustizia. Valorizziamo noi stessi, la nostra anima! C’è molto altro oltre alla banalità di pensieri che spesso affollano le nostre teste. Da sempre è stato impedito alle persone di pensare. Perché? Perché il pensiero è forza, è libertà. Socrate disse: “Una vita senza ricerca non è degna di essere vissuta”. Apriamo gli occhi! Se, nel passato, veniva impedito con la forza alle persone di pensare e di vivere intensamente la realtà, oggi forse è stato messo in atto un più subdolo inganno: il disinteresse nei confronti della realtà è di moda e non essere alla moda è una forma di emarginazione sociale che, soprattutto nell’età adolescenziale, è tanto temuta. Paradossalmente, viene esaltato un non-valore con il fine di non farci apprezzare ciò che, in realtà, conta. A questo punto, la domanda nasce spontanea: è meglio essere conformi a modelli mediatici e vivere nella ristrettezza degli orizzonti da essi prospettati o lasciare esplodere con vigore tutta la bellezza, la fantasia e l’intelligenza in noi intrinseche? La ricerca è un bisogno connaturato all’uomo. Siamo sempre alla ricerca di qualcosa e ci affanniamo per raggiungere il nostro obiettivo. Spesso questa ricerca è ciclica, senza conclusione, perché cambia traguardo prima del suo compimento. Abbiamo solamente una vita. La ricerca è senza fine, ma non per questo priva di valore. Prendiamo il testimone nella staffetta della conoscenza che la storia ci consegna e corriamo la nostra corsa. Non abbandoniamo la gara e non sminuiamo noi stessi evitando di partecipare. Stefano Scopa LA SCIATE OGNI PUDORE... VOI CHE ENTRATE! È questo il consiglio per coloro che sceglieranno l’aereo come mezzo di trasposto. Messi a nudo attraverso l’utilizzo di apparec- chiature in grado di effettuare un’ispezione corporale senza contatto fisico. Dopo lo scampato attentato sul volo diretto a Detroit, evitato solo grazie alla fortuna e alla prontezza dei passeggeri, si riapre il dibattito sull’introduzione negli aeroporti dei body scanner iniziato già nel 2008. Strumenti che permettono di guardare oltre gli indumenti e qualsiasi altro materiale organico mediante la trasmissione di onde millimetriche (ad altissima frequenza) o raggi x, in modo da fornire un’immagine tridimensionale del corpo. Misure di sicurezza necessarie secondo alcuni, ma fenomeni di violazione della privacy secondo altri. Nonostante la rassicurazione che le immagini vengono analizzate da un addetto in una stanza lontana da occhi indiscreti e, dopo il controllo, viene cancellata ogni traccia della loro esistenza, le polemiche non si placano. In Gran Bretagna si parla di violazione delle leggi per la tutela dei minori, di pedopornografia, si è quindi stabilito che, fino a quando non verrà chiarita la situazione, i minorenni saranno esentati dai controlli. Ormai è deciso, anche nei maggiori aeroporti italiani, entro pochi mesi, verranno introdotti i body scanner. Il Ministro degli Esteri, Franco Frattini, e quello dell’Interno, Roberto Maroni, concordano sulla necessità dell’utilizzo di queste apparecchiature nella lotta al terrorismo. Riguardo alla privacy, si è fiduciosi che si possa trovare una soluzione concreta ed equilibrata utilizzando scanner poco invasivi e che mostrino il corpo del passeggero opacizzato. A creare preoccupazione sono, inoltre, le possibili conseguenze sulla salute dell’esposizione alle onde emesse, soprattutto per donne in gravidanza, bambini e viaggiatori frequenti. Il Ministro della Salute, Ferruccio Fazio, ha garantito che verranno effettuati degli accurati controlli, ad opera di una commissione incaricata appositamente di effettuare le verifiche. Insomma, ci si pone la domanda se non sia opportuno tralasciare ogni polemica sul pudore, in una società in cui spesso non si sa cosa sia, in nome non solo della propria sicurezza, ma anche di quella degli altri. Michaela Cipollone Perché pagare tasse su tasse sulla benzina? In pochi conoscono la causa del notevole costo della benzina verde e in pochissimi sanno che il 70% di tale costo è costituito da accise ed imposte scandalose al giorno d’oggi: • 1,90 lire per la guerra in Abissinia del 1935; • 14 lire per la crisi di Suez del 1956; • 10 lire per il disastro del Vajont del 1963; • 10 lire per l’alluvione di Firenze del 1966; • 10 lire per il terremoto nel Belice del 1968; • 99 lire per il terremoto in Friuli del 1980; • 75 lire per il terremoto in Irpinia del 1980; • 205 lire per la missione in Libano del 1983; Matteo Di Giacomo • 22 lire per la missione in Bosnia del 1996; • 0,020 euro per il rinnovo del contratto autoferrotranvieri del 2004. Quest’ultima è la più accettabile. Delle altre che dire? Il Governo italiano è ancora arretrato o finge di non vedere niente? Una cosa è sicura: il Governo applica su queste accise l’Iva. E’ assurdo, una tassa sulla tassa, come se non bastasse. Forse è il momento di cambiare questa economia, diminuendo le imposte o stabilendo altre tasse, dandone, però, una giustificazione accettabile (come la ricostruzione dell’Abruzzo terremotato). Questa rimane pur sempre un’ipotesi. Simone Bellucci La storia di Noé Un uomo di nome Noè era il preferito del Signore. Infatti, si comportava come voleva lui: non beveva, non fumava ed era sempre buono, generoso e gentile. I suoi coetanei molte volte si chiedevano il perché della sua perseveranza, ma poi lasciavano perdere. Un bel giorno, il buon Dio, spazientito dai continui dispetti che gli facevano gli umani, decise di sterminarli. Svegliò Noè che dormiva e gli disse: “Ehi tu!”. “S-sì, desidera?”, rispose il buon uomo, intimorito da quella voce potente. “Desidera, a me? Ma sai chi sono Io?”, tuonò di nuovo la voce. “Quello che riscuote le tasse? I soldi ce li ho! Te li porto domani, però fammi dormire, per favore”. Noè non aveva problemi economici, gli affari gli andavano bene. “Quanta pazienza!”, imprecò la voce con sconforto. “Non sei quello delle tasse. Ho sonno, lasciami dormire!”, disse così, mentre si rifugiava seccato sotto le coperte. “Oh, Signore! Oh, Dio! Che disgrazia essere Dio! Se impreco, offendo me stesso! Ma guarda tu quanta pazienza!”. “Sei Dio?”, chiese allora l’impaurito Noè. “Certo! Chi vuoi che sia? Il venditore di cocco? Secondo te, qualsiasi essere umano può apparire in sogno? Quanta pazienza!”. “Ohimè!”, esclamò Noè. “La terra non gira come io vorrei che girasse, dunque, distruggerò il genere umano”, sentenziò Dio. “Oddio!”, scappò detto a Noè. “Sto qua! Non me ne vado!”, il Signore iniziò a spazientirsi. “Sì, scusa, scusa, scusa…” “Il perdonare è divino, ma non abusatene! Tu dovrai costruire un’arca. Farò piovere per un po’ di giorni e altrettante notti, così che tutta la terra sarà sommersa dalle acque. Che te ne pare? Idea geniale”. “Indubbiamente!”. “Costruisci una grande barca, ma non chiamarla Titanic. Ci infilerai dentro una coppia di tutti gli animali della Terra, e ci starete pure tu, tua moglie e i tuoi figli”. “Che bella cosa! Sarà un piacere, mio Signore! Buonanotte”. La visione scomparve e Noè si ritrovò sveglio e sudato sul letto. Svegliò i figli e la moglie e disse loro: “Dio mi è apparso. Dobbiamo costruire una barca, perché lui farà piovere per parecchi giorni e altrettante notti. Moriranno tutti gli uomini”. Sentito ciò, la sua famiglia lo infilò in una camicia di forza e lo ricondusse a dormire. Ma il Signore riapparve di nuovo in sogno al buonissimo. “Che vuoi? La mia famiglia non mi appoggia”, disse scocciato Noè. “La mia famiglia non mi appoggia…”. “Allora? Io, Dio, Signore Onnipotente e bla, bla, bla… ho forse avuto qualche parente per creare il mondo? No! Per fare una barca non ci vuole niente in confronto! Quindi, muoviti!”, e sparì lasciando Noè di sasso. Questa volta, malinconicamente, la sua famiglia accettò di aiutarlo a costruire la nave e riuscirono a tirar su velocemente una bell’arca. L’Arca di Noè. Fecero la lista degli animali, li raggrupparono (non si sa ancora come) e, quando fu tutto pronto, Dio apparve di nuovo in sogno a Noè. “Ma non vuoi proprio farmi dormire?”, disse il pover’uomo sconsolato. “Vorrei vedere te a fare Dio! Che insolente!”. “Sì, sì… scusami”. “Hai fatto un bel lavoro, per questo non ti affogherò. Guida tutto sto ambaradan fino a quando non finirà di piovere”. “Appunto, quand’è esattamente che finirà di piovere?”. “Ah, beh, dipende, vediamo…”. “Dipende? Vediamo? Dopo avermi fatto sgobbare da schiavo?”. “Vediamo un po’, fammi consultare l’agenda. Quante pretese! Zeus aveva Apollo come segretario! Ma guarda tu, io, invece, devo fare tutto da solo. Ma dimmi tu!”, borbottò il Signore mentre sfogliava l’agenda. “Ah, ecco! Avrei un buco tra una quarantina di giorni. Ma non ti prometto niente”. “Una quarantina di giorni?”. Così avvenne come Dio disse. Diluviò per quaranta giorni e quaranta notti. La quarantesima notte, Noè, impaziente, volle mandare un piccione fuori dall’arca, ma questo non ne voleva sapere. Allora, si rivolse alla colomba, che stava tubando oziosamente. Questa tornò il giorno dopo, scocciata, con un ramo secco. Noè ne fu deluso, sperava nell’ulivo. Ma di notte Dio gli riapparve per l’ennesima volta in sogno e gli ordinò di abbandonare l’arca, perché ormai aveva smesso di piovere. Noè, ancora pieno di sonno, la sua famiglia, con al seguito tutti gli animali, uscirono. Il Signore apparve loro, ma sotto forma di un fascio di luce. “Non maledirò più il mondo a causa dell’uomo né colpirò più ogni vivente!”. “Ma puoi apparire in forma diversa?”. “Certo, sono Dio!”. “Ma… vabbè! Ti ringrazio. Non vorrei che ricominciasse a piovere”. Martina Dell’Orco La Banca del Tempo Immagina che esista una Banca che ogni mattina accredita la somma di 86.400 euro sul tuo conto. Attenzione, però, non conserva il tuo saldo giornaliero. Ogni notte cancella qualsiasi quantità del tuo saldo che non sia stata utilizzata durante il giorno. Che faresti? Ritireresti fino all’ultimo centesimo ogni giorno, ovviamente! Ebbene, ognuno di noi possiede un conto in questa Banca. Il suo nome? TEMPO. Ogni mattina questa Banca ti accredita 86.400 secondi. Ogni notte questa Banca cancella e dà come perduta qualsiasi quantità di questo credito che tu non abbia investito in un buon proposito. Questa Banca non conserva saldi né permette trasferimenti. Ogni giorno ti apre un nuovo conto. Ogni notte elimina il saldo del giorno prima. Se non utilizzi il deposito giornaliero, la perdita è tua. Non si può fare marcia indietro. Non esistono accrediti sul deposito di domani. Devi vivere nel presente con il deposito di oggi. Investi in questo modo per ottenere il meglio nella salute e felicità. L’orologio continua il suo cammino. Ottieni il massimo da ogni giorno. Per capire il valore di un anno, chiedi ad una persona che è rimasta in coma per dodici mesi. Per capire il valore di un mese, chiedi ad una madre che ha partorito prematuramente. Per capire il valore di una settimana, chiedi all’editore di un settimanale. Per capire il valore di un’ora, chiedi a due innamorati che attendono di incontrarsi. Per capire il valore di un minuto, chiedi a qualcuno che ha appena perso il treno. Per capire il valore di un secondo, chiedi a qualcuno che ha appena evitato un incidente. Per capire il valore di un milionesimo di secondo, chiedi ad un atleta che ha vinto la medaglia d’argento alle Olimpiadi. Dai valore ad ogni momento che vivi, e dagli ancora più valore potendolo condividere con una persona speciale, quel tanto speciale da dedicarle il tuo tempo, e ricorda che il tempo non aspetta nessuno. Ieri? Storia. Domani? Mistero. E’ per questo che esiste il presente! Ricorda ancora, il tempo non ti aspetterà. Dai valore ad ogni momento a tua disposizione. Lo apprezzerai ancora di più se potrai condividerlo con qualcuno che sia speciale. segnalato da Quinzia Palazzo Cresce la febbre del poker In questi ultimi anni, si sta assistendo in Italia (e non solo) alla vorticosa espansione di un fenomeno che appassiona tutti, giovani e meno giovani, uomini e donne, operai e imprenditori. Parliamo della variante del Poker importata dagli Usa e chiamata Texas Hold’em. Oggi il Poker è considerato un’occasione di aggregazione, infatti, molteplici sono le manifestazioni agonistiche e non sparse su tutto il territorio nazionale, nei circoli privati e nei casinò. E’ occasione di divertimento e, inoltre, trattandosi di un gioco di abilità, può trasformarsi in una vera e propria fonte di guadagno. Neanche i grandi media sono rimasti indifferenti dinanzi al successo del Poker, se si fa riferimento alle diverse trasmissioni televisive che spopolano su Mediaset e Sky. Insomma, diciamola tutta, “la febbre del Poker sta salendo”. Nel Texas Hold’em, in linea teorica, visto che vengono distribuite solo 2 carte a testa, potrebbero sedersi al tavolo anche 20 giocatori, ma la situazione sarebbe ingestibile. Durante la partita viene utilizzato un mazzo da 52 carte e, come dicevamo, si può giocare da un minimo di 2 (in questo caso il termine tecnico è Heads-up, ovvero “testa a testa”) fino ad un massimo di 10 giocatori (numero consigliato). Nel Texas Hold’em vince chi fa il punto più alto utilizzando qualsiasi combinazione tra le 2 carte personali che ha in mano (Hole cards) e le 5 carte comuni scoperte sul tavolo (Board). Elenchiamo ora i punti del Texas Hold’em in valore crescente: High Card (carta alta): se non si riesce a legare neanche una coppia sul board, il punto viene determinato dalla carta più alta; Pair (coppia): 2 carte dello stesso valore; Two Pair (doppia coppia): 2 coppie; Tris: 3 carte dello stesso valore; Straight (scala): 5 carte consecutive; Flush (colore): 5 carte dello stesso seme; Full House (full): 1 coppia+1 tris; Poker: 4 carte dello stesso valore; Straight Flush (scala colore): 5 carte di valore consecutivo dello stesso seme; Royal Flush (scala reale): 10-J-Q-K-A dello stesso seme. E’ importante fare questa precisazione: nel Texas Hold’em, a differenza del Poker all’italiana, il Full batte il colore in quanto, giocando con un mazzo di 52 carte, le probabilità che quest’ultimo si realizzi sono superiori alle probabilità che si realizzi il Full House. Soprattutto nel gioco on-line e nei tornei ufficiali, il linguaggio tecnico fa uso di parole inglesi. E’ bene, quindi, conoscere i principali termini: “Call” e “Fold”, in italiano, rispet- tivamente, “vedere” e “passare” la mano; “Bet” e “Raise” ovvero “puntare” e “rilanciare”; “Check”, che significa in italiano “cip”, permette di restare in gioco senza puntare e di vedere una carta gratis nel caso nessun giocatore decida di puntare e, infine, “All in”, che significa “tutto dentro”, cioè il giocatore investe tutte le sue chips per poter vincere il piatto. Oggi il Poker è diventato un gioco alla portata di tutti ed ha perso quell’immagine un po’ negativa tipica da bisca di retrobottega, diventando una vera e propria disciplina sportiva riconosciuta a livello internazionale. Basti pensare al famosissimo Wpt (World Poker Tour) e al recente Ept (European Poker Tour), nato nel 2004 e che ogni anno si preannuncia ancora più ricco e spettacolare delle precedenti edizioni. Antonio Benedetto Chi si cela dietro gli alieni con la pelle blu? Con la meraviglia di un pubblico ancora inesperto e inconsapevole di quanto il progresso tecnologico abbia potuto perfezionare la qualità di un film che conquista la tridimensionalità, divenendo praticamente materializzazione reale della storia davanti ai nostri occhi, in questi giorni, nelle sale cinematografiche del mondo, viene proiettato il film più discusso degli ultimi anni: Avatar. Nuovi strumenti per la sua realizzazione, tempi di meditazione della trama e di produzione molto prolungati e, sicuramente, il marchio impresso dal regista James Cameron fanno pensare ad Avatar come al primo grande kolossal in 3D destinato anche a sormontare la vetta raggiunta da altri capolavori del regista americano (non si può non citare il celebre Titanic). La storia fantascientifica cela dietro sé tematiche molto attuali e di spessore. Tutta la vicenda, denaturata del suo significato superficiale, ruota attorno alle risorse energetiche fautrici di un conflitto interplanetario su riflesso delle ultime guerre circoscritte al pianeta terra. Uno sviluppo sostenibile per il nostro pianeta, che da anni è l’obiettivo di tante battaglie ecologiche, è armoniosamente ottenuto dagli abitanti di Pandora, presentati come selvaggi e tecnologicamente inferiori. Anche l’aspetto ideologico della superbia di un popolo che si crede superiore ad un altro, e per questo si ritiene giustificato a poterlo dominare, trova parecchi riflessi nella realtà contemporanea (guerra in Iraq, antisemitismo, razzismo). Il regista propone un percorso di formazione attraverso cui il protagonista capisce il ristretto limite dei suoi valori e si schiera a favore della tolleranza e del rispetto. Egli incarna l’eroe epico narrativo ed ha il compito, attraverso la sua esperienza, di coinvolgere e sensibilizzare tutto il pubblico. Cameron, mascherando il suo lungometraggio come un’affascinante ed avventurosa battaglia interstellare, intende proporre un film impegnato alternativo che, tra la meraviglia del 3D e la curiosità della critica, possa attirare molti spettatori, instillando però nella loro testa una riflessione. Ma il neo mito del cinema contemporaneo fa parlare di sé, oltre che per il suo valore cinematografico indiscutibile, anche per le numerose polemiche che ha suscitato in persone importanti, soprattutto esponenti della politica, pungolati dai suoi messaggi subliminari. In Cina il film, che sarebbe dovuto rimanere nelle sale fino alla fine delle ferie del capodanno locale, è stato ritirato dopo solo alcuni giorni di proiezione. Il motivo più plausibile, escludendo l’allusione a contenuti violenti e scene sensuali giudicate poco educative, sembra essere l’affinità della lotta che i protagonisti del film ingaggiano per difendere la loro terra e la loro cultura con la resistenza che uiguri e tibetani portano avanti contro il regime cinese, che da decenni lavora per lo sterminio di queste popolazioni e la cancellazione progressiva della loro lingua e della loro cultura. In America, naturalmente, la lunga coda di paglia dei sostenitori della politica estera dell’ex presidente Bush, delle guerre per le risorse energetiche e delle spregiudicate tecniche inquinanti della nazione, che nel ’92 rinunciò al protocollo di Kyoto, è finita sotto i piedi di Cameron. Anche il presidente Obama è stato aspramente criticato dai suoi oppositori per aver portato le sue figlie a vedere il film, che non a caso lì è vietato ai minori di 13 anni, e hanno cercato in tutti i modi di svalutare la cruenta guerriglia agli occhi dell’opinione collettiva. Probabilmente Cameron, nel lungo periodo in cui ha lavorato alla realizzazione di Avatar, è stato costretto a proporre degli alieni con la pelle blu e le orecchie a punta; altrimenti questi sarebbero stati troppo simili a quanti sono sottoposti alle limitazioni e ai soprusi del potere sul nostro pianeta e il film sarebbe stato giudicato, pertanto, poco creativo e originale Stefano Scopa L’angolo della poesia... Redazione Vattene via Vattene via. Se tu parli ancora io farò mie tutte le tue parole e sai che non c'è posto in questo cervello per altre parole, parole, parole. Vattene via. Altrimenti… T'abbraccio! prof. Raffaele Bosco Direttore responsabile: prof.ssa Paola Cerella Avete articoli, commenti, vignette, foto simpatiche, tenere, originali o curiose che vi piacerebbe veder pubblicati su questo giornalino? Allora, che aspettate? Inviateli alla nostra redazione! Impaginazione di Stefano Scopa con la collaborazione di Quinzia Palazzo e Federico Scampoli e-mail: [email protected] indirizzo web: www.itivasto.it Itis “E. Mattei”, via San Rocco 1, Vasto tel. 0873/69218 - 0873/367770 fax 0873/361455