Il crepuscolo della ragione - "Enrico Mattei"

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Il crepuscolo della ragione - "Enrico Mattei"
Buona
la prima
Giornalino dell’Itis “E. Mattei”, Vasto
Anno II, Numero 1, Febbraio 2010
Perché siamo
tornati...
Eccoci!
Siamo di nuovo qui, carichi dell’impegno e della voglia ereditata dai
ragazzi che ci hanno preceduto nel
diploma, per dare ancora una volta
respiro e intraprendenza al nostro
giornalino d’Istituto. Buona la prima si è prefisso l’obiettivo di rendere
l’informazione viva ed efficace all’interno del nostro Istituto ed è su questa strada che intendiamo proseguire,
nella speranza che in tanti vogliano
collaborare al nostro piccolo-grande
progetto editoriale. In questo suo secondo anno di vita, Buona la prima
ha come simbolo l’immagine di un
pappagallo, il simpatico animale che
ha l’incessante bisogno di parlare,
accompagnato da un megafono, lo
strumento che consente alla voce di
espandersi e alle idee di raggiungere
le coscienze. Il pappagallo è la voce
impertinente con la quale vogliamo
arrivare a quanti preferiscono starsene in disparte e non partecipare alla
vita scolastica. Lunga vita a Buona
la prima, nella certezza che si possono anche non condividere le opinioni
altrui, ma esse meritano comunque
di essere espresse, perché il dialogo
e il confronto sono il sale della vita.
F.S.
“Le guerre negano la memoria dissuadendoci dall’indagare sulle loro
radici, finché non si è spenta la voce
di chi può raccontarle.
Allora ritornano, con un altro nome e
un altro volto, a distruggere quel poco
che avevano risparmiato”.
Carlos Ruiz Zafon,“L’ombra del vento”
L’incalcolabile tragedia dell’Olocausto e il vero volto del male che,
come disse la filosofa Hannah Arendt, troppo spesso “è banale”
Il crepuscolo della ragione
di Federico Scampoli
Lo scorso 25 gennaio, grazie all’intensa manifestazione La ba-
nalità del male. Il dovere di non dimenticare, organizzata dal nostro
Istituto per commemorare il Giorno della Memoria, abbiamo ripercorso orribili orme che macchiano tuttora il cammino della storia, quelle dell’Olocausto. Sono orme di follia, di gesta assurde e raccapriccianti, dettate dal fanatismo di un “mostro” che
ebbe, purtroppo, il potere di decidere la sorte di milioni di persone.
Nella prima parte della manifestazione è stato proiettato un filmato davvero drammatico, che descriveva il campo di sterminio di
Auschwitz, i suoi vari settori, le terribili punizioni alle quali erano sottoposti i deportati. Ogni persona diveniva un numero, la sua
dignità veniva soppressa, l’aria era satura dell’odore della morte.
Celle con una base di 80x80 centimetri e un’altezza di 2 metri, nelle
quali si accedeva solo strisciando e nelle quali trovavano sfogo la
follia e la depravazione umana. Le Ss, infatti, vi pressavano dentro
a bastonate quattro prigionieri e li facevano rimanere dentro per
ore, a morire di freddo e di fame. Il pretesto che un’etnia fosse superiore ad un’altra, la “banalità del male”, appunto.
continua a pag. 2
Il sonno della ragione,
la cancellazione di ogni
forma di umanità è ciò
che caratterizza persone che sono capaci di
compiere gesti simili.
Il vero e proprio crepuscolo della ragione
di sonnambuli del giorno e della notte.
segue dalla prima
Concetto attorno al quale si è svolta la riflessione dello storico Marco
Patricelli, relatore della manifestazione, che ci ha narrato l’incredibile
storia di un uomo, Witold Pilecki,
fattosi deportare volontariamente
ad Auschwitz, dove riuscì a creare una organizzazione clandestina
grazie alla quale poter denunciare
all’esterno le atrocità che si commettevano nel campo di sterminio.
Patricelli ha concluso il suo intervento con un particolare davvero
scioccante: l’ospedale dove, nel
2004, morì il viceprocuratore militare che condannò ingiustamente a
morte un eroe come Pilecki sorge
proprio in via Witold Pilecki. Parole che hanno lasciato emozioni
forti e, forse, anche un po’ di senso
di giustizia. Un paradosso davvero
profondo, che ci fa capire il percorso circolare che compie il male.
Quel che è certo è che dobbiamo
proseguire il nostro cammino di vita
con il dovere di non dimenticare, di
non lasciare che le tragedie commesse nel corso della storia diventino solo ricordi offuscati, arrivando persino a dubitare di esse, come
sta accadendo, in alcune parti del
mondo, per il genocidio degli ebrei.
L’uomo non ripeta gli stessi errori che lo hanno portato a toccare l’apice del male.
Come si può arrivare a pensare
alla discriminazione, alla sottomissione di un altro essere
umano? Come si può spogliare
una persona, in tutto simile a te,
della propria dignità, di ogni tipo
di libertà e trattarla peggio di
come tratteresti un oggetto?
A volte pensiamo alla Shoah coma
a un film, come a un qualcosa che
“forse” è accaduto. Ma quei corpi, quelle ossa c’erano davvero.
Dopo la manifestazione
gli studenti hanno detto:
Andando al cinema ero tranquilla. Pensavo che sarei andata a vedere uno “spettacolo”
come tanti altri, che proponeva vaghi ricordi, ma arrivando
al cinema e sedendomi ho cominciato a sentire dentro un
qualcosa che, in qualche modo,
mi coinvolgeva totalmente.
Crudele, straziante, fuori dal
pensabile ciò che è stato fatto a
milioni di vittime innocenti. Vittime dell’egoismo, dell’irrazionalità e dell’egocentrismo portato ai massimi livelli dell’uomo,
che non è stato in grado di provare alcuna pena e sensibilità.
Nella sala scorrevano le immagini e nella testa scorrevano i
pensieri…
L’uomo privo di ragione non è
più un uomo.
Uno strazio senza fine
che dal 1940 ad oggi e
per sempre traccerà
i confini di un ricordo
amaro. Un ricordo che
quasi ci fa vergognare
di essere uomini. La
vendita ad un mercato, dove i venditori
sono folli e pazzi fanatici.
L’interesse di noi ragazzi e le discussioni
che si sono create
durante le proiezioni
sono la testimonianza chiara di quanto
la manifestazione sia
riuscita nel suo scopo: quello di rendere
il Giorno della Memoria un “vero” Giorno
della Memoria, non
solo sul calendario.
La verità ti arrivava
dritta come un pugno
in faccia e la sua forza stava, a mio avviso,
proprio nel fatto che
nessuno commentava i filmati proiettati. Nessuno poteva in
qualche modo deviare
la tua opinione con
giustificazioni fasulle. La realtà era lì.
Davanti a tutti.
Grazie alla manifestazione
La banalità del male. Il dovere di non dimenticare, ho
capito veramente cosa significhi il Giorno della Memoria.
Ma credo che non sia stato
solo io a capirlo.
Come si può privare un uomo
di tutto e farlo diventare un
numero? Anche un cane o un
semplice pesciolino hanno un
nome. I deportati, invece,
erano un numero.
Se ci fossimo trovati al posto dei tedeschi, l’avremmo
fatto anche noi?
Davanti alle immagini drammatiche dei fatti accaduti, si
prova un grande senso di angoscia, che rimane impresso
dentro di noi.
Il volontario
Il tenente di cavalleria Witold Pilecki nel 1940 ha 38 anni. Sotto falso
nome si lascia arrestare, come fosse per caso, nel corso di una retata
della Gestapo ed entra ad Auschwitz per raccontare al mondo cosa accade: il suo è il primo documento dai campi di sterminio arrivato agli
alleati che, paradossalmente, bollarono il contenuto del documento
come “troppo esagerato”. Condannato tre volte a morte, Pilecki viene
giustiziato il 25 maggio 1948. Su di lui e su quello che ha fatto cala il
silenzio. La damnatio memoriae è assoluta, vietato persino pronuncia-
La quotidiana “distrazione”
La manifestazione è stata un’occasione per riflettere sull’incalcolabile tragedia dell’Olocausto e, più in generale, sul vero volto del
male che, come disse la filosofa Hannah Arendt, troppo spesso “è
banale”, perché nasce dall’incapacità di interessarci alla vita e alla
sorte dell’altro, in quanto completamente ripiegati su noi stessi.
E’ quasi ovvio che ciascuno di noi sia più interessato ad un solo dito della
propria mano che all’esistenza di uno sconosciuto che vive a centinaia di
chilometri di distanza, ma è pur vero che questa quotidiana “distrazione”
è la fonte di una irrazionalità etica che sfocia nel disimpegno, nell’indifferenza e nel “pressapochismo”, oggi, purtroppo, tanto di moda.
Nel corso della nostra manifestazione La banalità del male. Il
dovere di non dimenticare, lo storico, nonché giornalista, docente
di Storia dell’Europa contemporanea all’Università “G. d’Annunzio” e consulente del Tg1 Storia,
Marco Patricelli (a sinistra nella
foto) ha presentato il suo nuovo
libro Il volontario (Editori Laterza). Un’opera assai significativa,
che affronta un argomento finora rimasto nascosto nelle pieghe
della storia, in quanto è dedicata
a Witold Pilecki, l’unico uomo
fattosi rinchiudere volontariamente ad Auschwitz, riuscendo
poi ad evaderne per finire stritolato, dopo aver combattuto il nazismo, tra le fauci dello stalinismo.
L’AFRICA: COLORI E CONTRASTI
Poco meno di 7000 chilometri, poco più di 8 ore di volo per giungere in Kenya, con destinazione Nairobi, la capi-
tale, che si presenta con grandi palazzi e alberghi, strade asfaltate,
gran frastuono di automobili, smog asfissiante. Allontanandoci dalla città, iniziano a comparire capanne di legno, scompare l’asfalto,
l’auto sobbalza ad ogni buca, appare la terra rossa. Si fa sempre
più denso il passeggio dei kenioti, di chi a passo svelto torna a casa
prima del tramonto, carico di legna o acqua potabile distribuita a
chilometri di distanza. I matato, piccoli furgoncini stracolmi di persone paragonabili ai nostri autobus di linea, diventano più rari. Il
buio avvolge le fitte foreste costellate di luci che illuminano le capanne nascoste dalla vegetazione. Attraversiamo l’equatore per
raggiungere Tuuru, un piccolo villaggio, lo spettacolo è unico:
su un versante tramonta il sole trascinandosi dietro l’abbagliante
arancio, sull’altro è già alta la luna, circondata da stelle che occupano il cielo ormai scuro. Per strada incontriamo grandi mercati, che regalano una policromia data dai forti colori
dei frutti distesi su casse di legna intrecciata, che spezzano la monotonia dei colori della rossastra terra, arida e spinosa. Casette a ridosso della strada con bambini che vi giocano davanti, mucche che attingono acqua in una pozza, la stessa che per pranzo o cena disseterà anche gli uomini. Di giorno, sulle colline si intravedono donne piegate a 90° nel coltivare piccoli terreni e si incontrano bambini che portano chili di legna sulla schiena o qualche
recipiente vuoto da riempire con acqua potabile distribuita dalle autocisterne; gli uomini bivaccano sui cigli delle
strade masticando erba. Di sera, poi, si sente in lontananza sempre un gran frastuono, tra balli e musiche etniche.
C’è poi quella realtà invisibile che non è dato conoscere: bambini denutriti abbandonati in foresta, donne e uomini malati
di poliomielite, bimbi sui cui occhi scorre la sigla Hiv, madri che partoriscono figli il cui peso fatica a raggiungere il chilo.
Acqua assente, luce ancora lontana dai più sperduti villaggi, eppure, passando per strada, ti senti avvolto da questa giocosità,
vivacità con cui vivono tra mille difficoltà che, senza dubbio, deriva da una totale rassegnazione e inconsapevolezza di migliorare, che ti fa dimenticare di essere complice di questa arretratezza. Giochi di colore, sofferenza, frastuono, sono parte
integrante di questo paese in cui convivono due realtà opposte e parallele. Passando per Nairobi, in una delle più trafficate
strade, infatti, si affacciano su un lato i grandi alberghi, sull’altro interminabili bidonville; attraversano insieme la strada, allo
scattare del verde del semaforo, il ricco politico o impiegato e il povero masai, che sposta il suo gregge alla ricerca di cibo.
Federica Di Pietro
A proposito di fame nel mondo...
Il “prima possibile”
Dopo tutte le promesse fatte dai governi dei Paesi più ricchi nel corso
del 2009, secondo le quali si prevedevano 44 miliardi di dollari come
fondo per sconfiggere la fame nel mondo, dobbiamo accontentarci delle
sole promesse fatte al vertice Fao tenutosi a Roma nello scorso mese di
novembre. Il summit sulla “sicurezza alimentare” ha visto riuniti i leader
dei Paesi partecipanti all’organizzazione e anche Papa Benedetto XVI.
Abbiamo seguito i lavori con attenzione e proprio per questo ci siamo
resi conto che è stato ricco di belle parole e promesse, ma decisamente
povero di contenuti e di aderenza alla realtà. Per sintetizzare, di seguito i punti approvati. Stanziare fondi per i
Paesi più poveri; peccato, però, che la somma ventilata di 44 miliardi di dollari non sia stata neanche presa in
considerazione. Migliorare la cooperazione tra gli stati; non tutti i Paesi del G8, però, hanno voluto partecipare
al vertice. Eliminare la fame nel mondo... il prima possibile. Non è stata dunque fissata una data certa, improrogabile. Ci si può accontentare del “prima possibile”, mentre si continua a morire per fame? Noi giovani osservatori
ci troviamo ad esprimere la nostra amarezza nei confronti dei comportamenti di coloro che hanno nelle proprie
mani le redini del mondo. Ricchezza e benessere hanno valore se equamente distribuiti. E per raggiungere questo
obiettivo crediamo sia necessaria una cultura della solidarietà, che possa contribuire a sconfiggere la povertà.
Incoronata Marinucci
È ora di svegliarci!
È
ora di svegliarci! C’è tutto un mondo da scoprire. Vivere alla
ricerca di nuove emozioni e di nuovi interessi,
vivere con sapore. Non siamo passivi e sempre
ed indiscussamente conformi alla società, come
pecore al pascolo. Non lasciamo manipolare le
nostre teste da chi altro non vuole che farci
prestare attenzione più al contesto che al fatto
stesso, da chi, lasciandoci correre dietro questa
o quella moda subdola, scavalca i nostri diritti,
la nostra libertà, la nostra giustizia. Valorizziamo
noi stessi, la nostra anima! C’è molto altro oltre
alla banalità di pensieri che spesso affollano le
nostre teste. Da sempre è stato impedito alle
persone di pensare. Perché? Perché il pensiero
è forza, è libertà. Socrate disse: “Una vita senza
ricerca non è degna di essere vissuta”. Apriamo
gli occhi! Se, nel passato, veniva impedito
con la forza alle persone di pensare e di vivere intensamente la
realtà, oggi forse è stato messo in atto un più subdolo inganno: il
disinteresse nei confronti della realtà è di moda e non essere alla
moda è una forma di emarginazione sociale che, soprattutto nell’età
adolescenziale, è tanto temuta. Paradossalmente, viene
esaltato un non-valore con il fine di non
farci apprezzare ciò che, in realtà, conta. A
questo punto, la domanda nasce spontanea:
è meglio essere conformi a modelli mediatici e
vivere nella ristrettezza degli orizzonti da essi
prospettati o lasciare esplodere con vigore
tutta la bellezza, la fantasia e l’intelligenza
in noi intrinseche? La ricerca è un bisogno
connaturato all’uomo. Siamo sempre alla ricerca
di qualcosa e ci affanniamo per raggiungere il
nostro obiettivo. Spesso questa ricerca è ciclica,
senza conclusione, perché cambia traguardo
prima del suo compimento. Abbiamo solamente
una vita. La ricerca è senza fine, ma non per
questo priva di valore. Prendiamo il testimone
nella staffetta della conoscenza che la storia
ci consegna e corriamo la nostra corsa. Non abbandoniamo
la gara e non sminuiamo noi stessi evitando di partecipare.
Stefano Scopa
LA SCIATE OGNI PUDORE... VOI CHE ENTRATE!
È questo il consiglio per coloro che sceglieranno l’aereo come mezzo di trasposto. Messi a nudo attraverso l’utilizzo di apparec-
chiature in grado di effettuare un’ispezione corporale senza contatto fisico. Dopo lo scampato attentato sul volo diretto a Detroit,
evitato solo grazie alla fortuna e alla prontezza dei passeggeri, si riapre il dibattito sull’introduzione negli aeroporti dei body scanner
iniziato già nel 2008. Strumenti che permettono di guardare oltre gli indumenti e qualsiasi altro materiale organico mediante la
trasmissione di onde millimetriche (ad altissima frequenza) o raggi x, in modo da fornire un’immagine tridimensionale del corpo.
Misure di sicurezza necessarie secondo alcuni, ma fenomeni di violazione della privacy secondo altri. Nonostante la rassicurazione
che le immagini vengono analizzate da un addetto in una stanza lontana da occhi indiscreti e, dopo il controllo, viene cancellata
ogni traccia della loro esistenza, le polemiche non si placano. In Gran Bretagna si parla di violazione delle leggi per la tutela dei
minori, di pedopornografia, si è quindi stabilito che, fino a quando non verrà chiarita la situazione, i minorenni saranno esentati dai
controlli. Ormai è deciso, anche nei maggiori aeroporti italiani, entro pochi mesi, verranno introdotti i body scanner. Il Ministro
degli Esteri, Franco Frattini, e quello dell’Interno, Roberto Maroni, concordano sulla necessità dell’utilizzo di queste apparecchiature nella lotta al terrorismo. Riguardo alla privacy, si è fiduciosi che si possa trovare una soluzione concreta ed equilibrata utilizzando scanner poco invasivi e che mostrino il corpo del passeggero opacizzato. A creare preoccupazione sono, inoltre, le possibili
conseguenze sulla salute dell’esposizione alle onde emesse, soprattutto per donne in gravidanza, bambini e viaggiatori frequenti.
Il Ministro della Salute, Ferruccio Fazio, ha garantito che verranno effettuati degli accurati controlli, ad opera di una commissione
incaricata appositamente di effettuare le verifiche. Insomma, ci si pone la domanda se non sia opportuno tralasciare ogni polemica
sul pudore, in una società in cui spesso non si sa cosa sia, in nome non solo della propria sicurezza, ma anche di quella degli altri.
Michaela Cipollone
Perché pagare tasse su tasse sulla benzina?
In pochi conoscono la causa del notevole costo della benzina verde e in pochissimi sanno che il 70% di tale costo è costituito da
accise ed imposte scandalose al giorno d’oggi:
• 1,90 lire per la guerra in Abissinia del 1935;
• 14 lire per la crisi di Suez del 1956;
• 10 lire per il disastro del Vajont del 1963;
• 10 lire per l’alluvione di Firenze del 1966;
• 10 lire per il terremoto nel Belice del 1968;
• 99 lire per il terremoto in Friuli del 1980;
• 75 lire per il terremoto in Irpinia del 1980;
• 205 lire per la missione in Libano del 1983;
Matteo Di Giacomo
• 22 lire per la missione in Bosnia del 1996;
• 0,020 euro per il rinnovo del contratto autoferrotranvieri del 2004.
Quest’ultima è la più accettabile. Delle altre che dire? Il Governo italiano è ancora arretrato o finge di non vedere niente? Una cosa
è sicura: il Governo applica su queste accise l’Iva. E’ assurdo, una tassa sulla tassa, come se non bastasse. Forse è il momento di
cambiare questa economia, diminuendo le imposte o stabilendo altre tasse, dandone, però, una giustificazione accettabile (come la
ricostruzione dell’Abruzzo terremotato). Questa rimane pur sempre un’ipotesi.
Simone Bellucci
La storia di Noé
Un uomo di nome Noè era il preferito del Signore. Infatti, si comportava come voleva lui:
non beveva, non fumava ed era sempre buono, generoso e gentile. I suoi coetanei molte volte si
chiedevano il perché della sua perseveranza, ma poi lasciavano perdere. Un bel giorno, il buon Dio,
spazientito dai continui dispetti che gli facevano gli umani, decise di sterminarli. Svegliò Noè che
dormiva e gli disse: “Ehi tu!”.
“S-sì, desidera?”, rispose il buon uomo, intimorito da quella voce potente.
“Desidera, a me? Ma sai chi sono Io?”, tuonò di nuovo la voce.
“Quello che riscuote le tasse? I soldi ce li ho! Te li porto domani, però fammi dormire, per favore”.
Noè non aveva problemi economici, gli affari gli andavano bene.
“Quanta pazienza!”, imprecò la voce con sconforto.
“Non sei quello delle tasse. Ho sonno, lasciami dormire!”, disse così, mentre si rifugiava seccato sotto le coperte.
“Oh, Signore! Oh, Dio! Che disgrazia essere Dio! Se impreco, offendo me stesso! Ma guarda tu quanta pazienza!”.
“Sei Dio?”, chiese allora l’impaurito Noè.
“Certo! Chi vuoi che sia? Il venditore di cocco? Secondo te, qualsiasi essere umano può apparire in sogno? Quanta pazienza!”.
“Ohimè!”, esclamò Noè.
“La terra non gira come io vorrei che girasse, dunque, distruggerò il genere umano”, sentenziò Dio.
“Oddio!”, scappò detto a Noè.
“Sto qua! Non me ne vado!”, il Signore iniziò a spazientirsi.
“Sì, scusa, scusa, scusa…”
“Il perdonare è divino, ma non abusatene! Tu dovrai costruire un’arca. Farò piovere per un po’ di giorni e altrettante notti, così che
tutta la terra sarà sommersa dalle acque. Che te ne pare? Idea geniale”.
“Indubbiamente!”.
“Costruisci una grande barca, ma non chiamarla Titanic. Ci infilerai dentro una coppia di tutti gli animali della Terra, e ci starete
pure tu, tua moglie e i tuoi figli”.
“Che bella cosa! Sarà un piacere, mio Signore! Buonanotte”. La visione scomparve e Noè si ritrovò sveglio e sudato sul letto.
Svegliò i figli e la moglie e disse loro: “Dio mi è apparso. Dobbiamo costruire una barca, perché lui farà piovere per parecchi
giorni e altrettante notti. Moriranno tutti gli uomini”. Sentito ciò, la sua famiglia lo infilò in una camicia di forza e lo ricondusse a
dormire. Ma il Signore riapparve di nuovo in sogno al buonissimo.
“Che vuoi? La mia famiglia non mi appoggia”, disse scocciato Noè.
“La mia famiglia non mi appoggia…”. “Allora? Io, Dio, Signore Onnipotente e bla, bla, bla… ho forse avuto qualche parente per
creare il mondo? No! Per fare una barca non ci vuole niente in confronto! Quindi, muoviti!”, e sparì lasciando Noè di sasso.
Questa volta, malinconicamente, la sua famiglia accettò di aiutarlo a costruire la nave e riuscirono a tirar su velocemente una
bell’arca. L’Arca di Noè. Fecero la lista degli animali, li raggrupparono (non si sa ancora come) e, quando fu tutto pronto, Dio
apparve di nuovo in sogno a Noè.
“Ma non vuoi proprio farmi dormire?”, disse il pover’uomo sconsolato.
“Vorrei vedere te a fare Dio! Che insolente!”.
“Sì, sì… scusami”.
“Hai fatto un bel lavoro, per questo non ti affogherò. Guida tutto sto ambaradan fino a quando non finirà di piovere”.
“Appunto, quand’è esattamente che finirà di piovere?”.
“Ah, beh, dipende, vediamo…”.
“Dipende? Vediamo? Dopo avermi fatto sgobbare da schiavo?”.
“Vediamo un po’, fammi consultare l’agenda. Quante pretese! Zeus aveva Apollo come segretario! Ma guarda tu, io, invece, devo
fare tutto da solo. Ma dimmi tu!”, borbottò il Signore mentre sfogliava l’agenda. “Ah, ecco! Avrei un buco tra una quarantina di
giorni. Ma non ti prometto niente”.
“Una quarantina di giorni?”.
Così avvenne come Dio disse. Diluviò per quaranta giorni e quaranta notti.
La quarantesima notte, Noè, impaziente, volle mandare un piccione fuori
dall’arca, ma questo non ne voleva sapere. Allora, si rivolse alla colomba,
che stava tubando oziosamente. Questa tornò il giorno dopo, scocciata, con
un ramo secco. Noè ne fu deluso, sperava nell’ulivo. Ma di notte Dio gli
riapparve per l’ennesima volta in sogno e gli ordinò di abbandonare l’arca,
perché ormai aveva smesso di piovere. Noè, ancora pieno di sonno, la sua
famiglia, con al seguito tutti gli animali, uscirono. Il Signore apparve loro, ma
sotto forma di un fascio di luce.
“Non maledirò più il mondo a causa dell’uomo né colpirò più ogni vivente!”.
“Ma puoi apparire in forma diversa?”.
“Certo, sono Dio!”.
“Ma… vabbè! Ti ringrazio. Non vorrei che ricominciasse a piovere”.
Martina Dell’Orco
La Banca del Tempo
Immagina che esista una Banca che ogni mattina accredita la somma di 86.400 euro sul tuo
conto. Attenzione, però, non conserva il tuo saldo giornaliero. Ogni notte cancella qualsiasi
quantità del tuo saldo che non sia stata utilizzata durante il giorno. Che faresti? Ritireresti
fino all’ultimo centesimo ogni giorno, ovviamente! Ebbene, ognuno di noi possiede un conto in questa Banca. Il suo nome? TEMPO.
Ogni mattina questa Banca ti accredita 86.400 secondi.
Ogni notte questa Banca cancella e dà come perduta qualsiasi quantità di questo credito che tu non abbia investito in un
buon proposito. Questa Banca non conserva saldi né permette trasferimenti. Ogni giorno ti apre un nuovo conto. Ogni
notte elimina il saldo del giorno prima.
Se non utilizzi il deposito giornaliero, la perdita è tua.
Non si può fare marcia indietro. Non esistono accrediti sul deposito di domani.
Devi vivere nel presente con il deposito di oggi. Investi in questo modo per ottenere il meglio nella salute e felicità.
L’orologio continua il suo cammino. Ottieni il massimo da ogni giorno.
Per capire il valore di un anno, chiedi ad una persona che è rimasta in coma per dodici mesi.
Per capire il valore di un mese, chiedi ad una madre che ha partorito prematuramente.
Per capire il valore di una settimana, chiedi all’editore di un settimanale.
Per capire il valore di un’ora, chiedi a due innamorati che attendono di incontrarsi.
Per capire il valore di un minuto, chiedi a qualcuno che ha appena perso il treno.
Per capire il valore di un secondo, chiedi a qualcuno che ha appena evitato un incidente.
Per capire il valore di un milionesimo di secondo, chiedi ad un atleta che ha vinto la medaglia d’argento alle Olimpiadi.
Dai valore ad ogni momento che vivi, e dagli ancora più valore potendolo condividere con una persona speciale, quel tanto
speciale da dedicarle il tuo tempo, e ricorda che il tempo non aspetta nessuno.
Ieri? Storia. Domani? Mistero. E’ per questo che esiste il presente!
Ricorda ancora, il tempo non ti aspetterà. Dai valore ad ogni momento a tua disposizione.
Lo apprezzerai ancora di più se potrai condividerlo con qualcuno che sia speciale.
segnalato da Quinzia Palazzo
Cresce la febbre del poker
In questi ultimi anni, si sta assistendo in Italia (e non solo) alla
vorticosa espansione di un fenomeno che appassiona tutti, giovani e meno giovani, uomini e donne, operai e imprenditori. Parliamo della variante del Poker importata dagli Usa e chiamata
Texas Hold’em. Oggi il Poker è considerato
un’occasione di aggregazione, infatti, molteplici sono le manifestazioni agonistiche
e non sparse su tutto il territorio nazionale,
nei circoli privati e nei casinò. E’ occasione di divertimento e, inoltre, trattandosi di
un gioco di abilità, può trasformarsi in una
vera e propria fonte di guadagno. Neanche
i grandi media sono rimasti indifferenti dinanzi al successo del Poker, se si fa riferimento alle diverse trasmissioni televisive
che spopolano su Mediaset e Sky. Insomma, diciamola tutta, “la
febbre del Poker sta salendo”. Nel Texas Hold’em, in linea teorica, visto che vengono distribuite solo 2 carte a testa, potrebbero
sedersi al tavolo anche 20 giocatori, ma la situazione sarebbe ingestibile. Durante la partita viene utilizzato un mazzo da 52 carte
e, come dicevamo, si può giocare da un minimo di 2 (in questo
caso il termine tecnico è Heads-up, ovvero “testa a testa”) fino
ad un massimo di 10 giocatori (numero consigliato). Nel Texas
Hold’em vince chi fa il punto più alto utilizzando qualsiasi combinazione tra le 2 carte personali che ha in mano (Hole cards) e
le 5 carte comuni scoperte sul tavolo (Board). Elenchiamo ora
i punti del Texas Hold’em in valore crescente: High Card (carta alta): se non si riesce a legare neanche una coppia sul board,
il punto viene determinato dalla carta più alta; Pair (coppia):
2 carte dello stesso valore; Two Pair (doppia coppia): 2 coppie;
Tris: 3 carte dello stesso valore; Straight (scala): 5 carte consecutive; Flush (colore): 5 carte dello stesso seme; Full House
(full): 1 coppia+1 tris; Poker: 4 carte dello stesso valore; Straight
Flush (scala colore): 5 carte di valore consecutivo dello stesso
seme; Royal Flush (scala reale): 10-J-Q-K-A
dello stesso seme. E’ importante fare questa
precisazione: nel Texas Hold’em, a differenza del Poker all’italiana, il Full batte il colore
in quanto, giocando con un mazzo di 52 carte, le probabilità che quest’ultimo si realizzi
sono superiori alle probabilità che si realizzi
il Full House. Soprattutto nel gioco on-line
e nei tornei ufficiali, il linguaggio tecnico fa
uso di parole inglesi. E’ bene, quindi, conoscere i principali termini: “Call” e “Fold”, in
italiano, rispet- tivamente, “vedere” e “passare” la mano;
“Bet” e “Raise” ovvero “puntare” e “rilanciare”; “Check”, che
significa in italiano “cip”, permette di restare in gioco senza
puntare e di vedere una carta gratis nel caso nessun giocatore
decida di puntare e, infine, “All in”, che significa “tutto dentro”, cioè il giocatore investe tutte le sue chips per poter vincere il piatto. Oggi il Poker è diventato un gioco alla portata
di tutti ed ha perso quell’immagine un po’ negativa tipica da
bisca di retrobottega, diventando una vera e propria disciplina
sportiva riconosciuta a livello internazionale. Basti pensare al
famosissimo Wpt (World Poker Tour) e al recente Ept (European Poker Tour), nato nel 2004 e che ogni anno si preannuncia ancora più ricco e spettacolare delle precedenti edizioni.
Antonio Benedetto
Chi si cela dietro gli alieni con la pelle blu?
Con la meraviglia di un pubblico ancora inesperto e inconsapevole di quanto il progresso tecnologico
abbia potuto perfezionare la qualità di un film che conquista la tridimensionalità, divenendo praticamente
materializzazione reale della storia davanti ai nostri occhi, in questi giorni, nelle sale cinematografiche
del mondo, viene proiettato il film più discusso degli ultimi anni: Avatar. Nuovi strumenti per la sua
realizzazione, tempi di meditazione della trama e di produzione molto prolungati e, sicuramente, il
marchio impresso dal regista James Cameron fanno pensare ad Avatar come al primo grande kolossal
in 3D destinato anche a sormontare la vetta raggiunta da altri capolavori del regista americano (non
si può non citare il celebre Titanic). La storia fantascientifica cela dietro sé tematiche molto attuali e di spessore. Tutta la vicenda,
denaturata del suo significato superficiale, ruota attorno alle risorse energetiche fautrici di un conflitto interplanetario su riflesso
delle ultime guerre circoscritte al pianeta terra. Uno sviluppo sostenibile per il nostro pianeta, che da anni è l’obiettivo di tante
battaglie ecologiche, è armoniosamente ottenuto dagli abitanti di Pandora, presentati come selvaggi e tecnologicamente inferiori.
Anche l’aspetto ideologico della superbia di un popolo che si crede superiore ad un altro, e per questo si ritiene giustificato a poterlo
dominare, trova parecchi riflessi nella realtà contemporanea (guerra in Iraq, antisemitismo, razzismo). Il regista propone un percorso
di formazione attraverso cui il protagonista capisce il ristretto limite dei suoi valori e si schiera a favore della tolleranza e del rispetto.
Egli incarna l’eroe epico narrativo ed ha il compito, attraverso la sua esperienza, di coinvolgere e sensibilizzare tutto il pubblico.
Cameron, mascherando il suo lungometraggio come un’affascinante ed avventurosa battaglia interstellare, intende proporre un film
impegnato alternativo che, tra la meraviglia del 3D e la curiosità della critica, possa attirare molti spettatori, instillando però nella
loro testa una riflessione. Ma il neo mito del cinema contemporaneo fa parlare di sé, oltre che per il suo valore cinematografico
indiscutibile, anche per le numerose polemiche che ha
suscitato in persone importanti, soprattutto esponenti della
politica, pungolati dai suoi messaggi subliminari. In Cina
il film, che sarebbe dovuto rimanere nelle sale fino alla
fine delle ferie del capodanno locale, è stato ritirato dopo
solo alcuni giorni di proiezione. Il motivo più plausibile,
escludendo l’allusione a contenuti violenti e scene sensuali
giudicate poco educative, sembra essere l’affinità della
lotta che i protagonisti del film ingaggiano per difendere
la loro terra e la loro cultura con la resistenza che uiguri
e tibetani portano avanti contro il regime cinese, che da
decenni lavora per lo sterminio di queste popolazioni
e la cancellazione progressiva della loro lingua e della
loro cultura. In America, naturalmente, la lunga coda
di paglia dei sostenitori della politica estera dell’ex
presidente Bush, delle guerre per le risorse energetiche
e delle spregiudicate tecniche inquinanti della nazione,
che nel ’92 rinunciò al protocollo di Kyoto, è finita sotto
i piedi di Cameron. Anche il presidente Obama è stato
aspramente criticato dai suoi oppositori per aver portato
le sue figlie a vedere il film, che non a caso lì è vietato
ai minori di 13 anni, e hanno cercato in tutti i modi di svalutare la cruenta guerriglia agli occhi dell’opinione collettiva.
Probabilmente Cameron, nel lungo periodo in cui ha lavorato alla realizzazione di Avatar, è stato costretto a proporre degli
alieni con la pelle blu e le orecchie a punta; altrimenti questi sarebbero stati troppo simili a quanti sono sottoposti alle
limitazioni e ai soprusi del potere sul nostro pianeta e il film sarebbe stato giudicato, pertanto, poco creativo e originale
Stefano Scopa
L’angolo della poesia...
Redazione
Vattene via
Vattene via.
Se tu parli ancora
io farò mie
tutte le tue parole
e sai che non c'è posto
in questo cervello
per altre parole, parole, parole.
Vattene via.
Altrimenti…
T'abbraccio!
prof. Raffaele Bosco
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