TENSIONI, DUBBI... COMPAGNI DI VIAGGIO Le resistenze alla

Transcript

TENSIONI, DUBBI... COMPAGNI DI VIAGGIO Le resistenze alla
1
Vita consacrata 31, 1995/3, 302-312
TENSIONI, DUBBI... COMPAGNI DI VIAGGIO
Le resistenze alla crescita
PAOLA MAGNA, SA
LE RADICI DELLE RESISTENZE ALLA CRESCITA: LA DIREZIONE SPIRITUALE
SI INNESTA NELLA NATURA AMBIVALENTE DELLA PERSONA UMANA
Dinamica antropologia
Come è già emerso negli articoli precedenti, è importante inquadrare qualsiasi discorso che
riguardi la persona umana nel contesto più ampio dell'antropologia a cui ognuno si rifà, anche
facendo direzione spirituale.
Per noi si tratta di un'antropologia cristiana, che vede l'uomo come "mistero"1, non totalmente
libero, ma «libero di liberarsi» (secondo l'espressione del pedagogista francese Laberthonnier), che
tende ad andare al di là di sé (autotrascendenza) per l'incontro finale con Dio.
Potrebbe sembrare ovvio che la direzione spirituale abbia questo presupposto di base, ma
vedremo più avanti che ci sono diverse posizioni da cui può partire un direttore spirituale.
La dialettica di base
Ontologicamente l'uomo vive in sé una divisione, proprio come conseguenza di quella
tensione ad andare al di là di sé verso l'Infinito. Si tratta di «una relazione tra termini opposti, una
opposizione di forze motivazionali»2.
«È una delle caratteristiche profonde dell'uomo di desiderare, di essere confrontato con qualcosa
che va al di là della sua limitatezza, della sua finitezza, dell'ordine sensibile o intuitivo-emotivo. Questo
anelito per l'Infinito, per l'Oggetto abbraccia il nostro spirito senza distruggere però quanto di finito, di
limitato è in noi. Di qui la dialettica presente nel nostro essere tra l'infinito a cui tendiamo con i nostri
ideali ed il finito della nostra realtà. Anzi, è l'autotrascendenza per se stessa che, [...] comporta tensione
tra il self (l'Io) come trascendente e il self come trasceso». Questa dialettica è ontologica, è inerente
all'uomo, al suo essere».3
Possiamo definire tale dialettica "di base" proprio perché viene prima di qualunque altra
tensione o conflitto interno: è un appuntamento inevitabile per ogni persona umana. Questa presa di
coscienza è molto importante per il direttore spirituale, perché spesso chi chiede un cammino di
direzione chiede illusoriamente e implicitamente come fare per acquietare quella tensione profonda
tra le sue aspirazioni-valori-ideali e le esigenze-bisogni della sua umanità.
Già qui possono entrare delle resistenze del discepolo, quando il direttore spirituale lo
confronta con l'inevitabile necessità di accogliere in sé e accettare questa tensione e lotta interna.
Divisione tra limiti e desideri
Possiamo ora esprimere lo stesso concetto della dialettica di base secondo l'osservazione che
ognuno di noi può fare sulla persona umana. Essa vive contemporaneamente due realtà: quella dei
limiti e quella del desiderio. Hanno caratteristiche contrastanti, quindi la persona vive necessaria
mente una tensione interna. Molto dipende se la tensione viene risolta e come viene risolta4.
1
Cf F. IMODA, Sviluppo umano. Psicologia e mistero, Piemme, Casale Monferrato 1993. Scopo del libro è «invitare a
pensare criticamente e a cercare di definire il compito educativo in relazione al processo di sviluppo, indicando una via
che eviti le diverse forme possibili di riduzionismo psicologico "dal basso", o di riduzionismo filosofico, teologico,
spirituale "dall'alto"» (p. 13).
2
L.M. RULLA, Antropologia della vocazione cristiana, vol. I, Piemme, Casale Monferrato 1985, p. 109.
3
L. cit.
4
Cf B. KIELY, Psicologia e teologia morale. Marietti, Casale Monferrato 1982. pp. 206-237.
2
Il mondo del desiderio (comprensivo anche dell'immaginazione e del mondo dell'indagine, del
porre questioni) è caratterizzato dall'assenza di limiti fissi. La persona vive una continua tensione e
movimento che la porta ad andare al di là di sé, esperienza che viene ben esplicitata nell'esempio
dell'amore vero che porta a dimenticarsi di sé.
Il mondo dei limiti fa scontrare con alcuni aspetti di sé e della vita che non possono essere
cambiati, ma accettati (per esempio il proprio sesso). Ci sono dei limiti che si devono affrontare:
anche se non inflessibili, impongono delle restrizioni nel realizzare i possibili desideri. Inoltre
questi limiti tendono a farsi sentire sempre più, man mano che la vita avanza (il tempo che passa, il
declino della vitalità fisica, la sofferenza, fino al grande limite della morte...). Quindi il mondo dei
limiti tende a restringere la vita col passar del tempo, mentre quello del desiderio si espande sempre
di più, perché tende all'Infinito.
Talvolta i contrasti sono particolarmente drammatici.
«È possibile vivere in un mondo di desideri e fantasie separato dal lato reale della propria vita, ma
questo rappresenterebbe una qualche forma di psicopatologia, e proprio una forma seria. Al contrario, in
una persona più o meno sana, i due mondi interagiscono: essi si mettono alla prova e si correggono a
vicenda e si sostengono a vicenda»5
Credo che tutto questo possa dare interessanti spunti per la direzione spirituale:
- è molto utile che il direttore sappia riconoscere nelle parole del discepolo la descrizione
dell'esperienza di questa tensione di fondo tra limiti e desideri.
- Di conseguenza il direttore saprà riconoscere le resistenze che la persona può portare ogni
volta che viene confrontata con il suo limite e le viene chiesto di saperlo accettare e integrare nella
sua vita. La resistenza infatti può nascere dall'aspettativa opposta che qualcuno dica come fare per
coprire il limite e addirittura eliminarlo!
- Funzione centrale del direttore spirituale è saper equilibrare nei suoi interventi i due
"mondi". Un rischio è spostarsi troppo e troppo presto sul mondo dei desideri e dei valori, senza
tener conto di quello dei limiti. Il rischio opposto è giustificare eccessivamente i limiti dell'umanità,
diminuendo la forza trainante dei valori.
Dinamiche psicologiche
Lotta interna tra bisogni e valori
La persona dovrebbe imparare via via dall'esperienza quali fantasie o desideri siano
realizzabili e possano quindi dar origine a progetti e piani d'azione definiti, e quali invece non siano
realistici e quindi da lasciare. Si tratta, cioè, di vedere quali desideri possano essere convertiti in
decisione.
Tutto questo prevede la capacità di saper distinguere dentro di sé ciò che proviene dalla
pressione dei bisogni e ciò che invece proviene dall'attrazione libera dei valori6. I bisogni saranno
sempre egocentrici e metteranno l'accento su ciò che è importante per la persona stessa (a volte la
frase "mi realizza" o "non mi realizza" è legata soprattutto alla gratificazione dei propri bisogni ed
esigenze).
I valori invece attraggono la persona ad andare al di là di sé, attraverso un movimento
centrifugo. Aprono quindi a ciò che è importante in se stesso, indipendentemente da ciò che la
persona può avere in cambio, dalla sua gratificazione immediata.
Come già dicevamo per la dialettica di base e per la lotta tra limiti e desideri, anche in questa
prospettiva la persona sperimenta una lotta interna, tra movimenti opposti.
Le dinamiche psicologiche personali possono ulteriormente complicare questa tensione,
rendendola tanto più insopportabile quanto più la persona presenta delle serie difficoltà
psicologiche. In quest'ultimo caso l'area inconscia è più grande e la persona fatica a conoscere se
5
Ibid., pp. 210-211. Sul rapporto limite/desiderio: cf A. MANENTI, Vivere gli ideali, EDB, Bologna 1988, pp. 59-71.
Per un approfondimento di questo: cf L.M. RULLA, Antropologia..., cit., pp. 96-98; 115-118 e A.M. RAVAGLIOLI,
Psicologia, Piemme, Casale Monferrato 1992, pp. 176-191.
6
3
stessa, gli altri e la realtà, in modo non distorto: il "filtro" soggettivo è molto forte, in più spesso è
sicura che il suo modo di vedere e percepire è quello giusto.
Per il direttore spirituale può essere utile sapere che, quando si trova di fronte a una persona
fortemente condizionata dai bisogni e caratterizzata dia una costante e abituale tendenza alla
mancanza di realismo, può ipotizzare che si tratta di possibile psicopatologia. In questo caso può
trovare molte resistenze e la possibilità di agire in modo efficace sarà più limitata. Il confronto con
la parola di Dio e quello con l'Amore del Signore, che si rivela sempre alla persona, possono essere
i punti più validi su cui far leva. Nascerà allora nel direttore spirituale una grande pazienza verso le
stesse resistenze della persona, saprà che non lo fa apposta, che non ce l'ha con lui, che quella
persona non può fare diversamente per le forti limitazioni psicologiche, umane. La grazia di Dio
troverà il modo di lavorare ugualmente.
Io-attuale e Io-ideale
L'identità di ogni persona è costituita da due componenti strutturali, che necessariamente
suscitano una tensione: l'Io-ideale e l'Io-attuale7.
Il primo è relativo a come la persona "vorrebbe essere", quali mete vuole raggiungere e quale
immagine di sé vorrebbe realizzare. E quindi composto sempre dalla dimensione del "vorrei" e del
"dovrei" essere, perché qualsiasi ideale che la persona si propone non è astratto, ma inserito in una
situazione precisa.
L'Io-attuale corrisponde invece a come la persona "è" e a come si percepisce essere:
comprende sia la parte di cui si è consapevoli, sia la parte subconscia, cioè quella parte di cui non si
è consapevoli, ma che invia messaggi e reazioni, che a volte stupiscono la persona stessa che li vive.
Anche in questo caso la persona sperimenta una tensione interna che può essere di crescita se
l'Io-ideale è proporzionato all'Io-attuale, per cui la persona progredisce attratta da valori che
gradualmente sa rendere efficaci nella sua vita.
Se invece l'Io-ideale è troppo alto, è irrealistico, perché non tiene conto delle reali possibilità
della persona; la tensione che ne deriva è di frustrazione, diventa insopportabile, la persona è
sempre insoddisfatta di quello che vive o realizza, perché l'Ideale a cui tende è troppo perfetto (è il
caso del perfezionismo)8.
Se il direttore spirituale non tiene conto di ciò, può aumentare la tensione di frustrazione,
ponendo egli stesso mete troppo alte per chi ha di fronte; altre volte può valutare come mancanza di
volontà (o, peggio ancora, di fede) alcune resistenze dell'Io-attuale, che invece sono completamente
inconsapevoli.
Una prova di questo può averla quando, pur avendo spiegato più volte un dato
comportamento o reazione, la persona torna come se non le fosse stato detto niente al riguardo: non
lo fa apposta e nemmeno ce l'ha con la guida, ma siamo di fronte alle resistenze dell'inconscio.
Tutto questo può portare il direttore spirituale a una maggior comprensione. Comprendere non
significa giustificare: continuerà a proporre valori e obiettivi alti, ma lo farà in un modo
completamento diverso.
La mediazione: il processo simbolico9
Esiste un passaggio che media la realizzazione e concretizzazione degli ideali. Si tratta del
processo simbolico. L'attività simbolica permette di esprimere il mondo interiore, altrimenti
inesprimibile e di dare concretezza e direzione al mondo del desiderio. In ciascuna persona, esso si
caratterizza, si personalizza.
7
Cf L.M. RULLA, Antropologia.... cit., pp. 121-123.
Cf A. MANENTI, Vivere gli ideali..., cit., pp. 73-86.
9
Per questa parte ho preso spunto da E TATA, Dinamiche psicologiche e spirituali nel cammino di crescita della
persona, in -Appunti di spiritualità. n. 16 - Supplemento al n. 3 (marzo) 1987 del mensile -Notizie dei Gesuiti d'Italia.,
pp. 13-16.
8
4
«Poiché "sta per qualcosa d'altro", il simbolo può anche essere la rappresentazione cosciente di contenuti
inconsci: esprime in immagini l'attività dell'inconscio. Un esempio è il cosiddetto panico pseudoomosessuale di chi teme di essere omosessuale pur non avendone conferma né da esperienze, né da
desideri erotici in tale direzione; tuttavia accusa delle rappresentazioni con contenuti omosessuali e ne è
terrorizzato. Non si tratta di devianza sessuale, ma di problemi di tutt'altro genere però inconsci (di solito
legati alla stima di sé); il vero problema è il dubbio di non valere, rappresentato in fantasie omosessuali
simboliche»10.
Definizione
A grandi linee si può dire che il simbolo è un'idea carica di affetto (si tratta di "idea" in senso lato,
pensieri e immagini che nascono dalla persona stessa o che le vengono suggerite dall'esterno). La
specificità del simbolo è proprio la compenetrazione di due elementi: un'idea a cui è associato un
affetto corrispondente. Per esempio un ricordo del passato, anche piccolo e banale, può condensare
in sé tutto il significato di un certo periodo della vita o di una relazione. Il ricordo sarà allora carico
di affetto, piacevole o spiacevole, a seconda di come ci si rapporta a quel certo periodo.
Il simbolo può essere descritto anzitutto come una o più immagini, oppure uno o più oggetti
che rimandino ad altri oggetti reali e contemporaneamente evochino o vengano evocati da
emozioni11.
La rappresentazione simbolica non riguarda solo qualcosa del passato, ma anche relazioni
presenti o future anticipate.
Le ambivalenze nella vita spirituale
L'attività simbolica permette di rendere presente e di personalizzare il mondo del desiderio.
Però le immagini e proiezioni sia del passato che del futuro possono essere deformate per
un'associazione indebita tra affetto e immagine stessa.
«Ritorna così la dinamica di relazione tra io-ideale e io-attuale: la proiezione verso la meta da
raggiungere, l'ideale che ci si propone, è adeguato o no? Se non è adeguato, alla fine crea tensione e
costituisce una fonte di desolazione; se invece è un ideale adeguato; spinge ad andare sempre più in là,
rimanendo però aderenti alla realtà».12
Al direttore spirituale spetta il compito di distinguere se il simbolo usato è un «simbolo
progressivo» o «regressivo»13 cioè se aiuta a progredire realisticamente e a incontrare il Signore,
oppure è un simbolo che rimanda a se stessi e che causa quindi delle resistenze alla crescita.
Quando il simbolo è "progressivo" favorisce la decisione e orienta a decidere nella direzione
del Vangelo. Possiamo trovarne un esempio nella vita di sant'Ignazio di Loyola: egli immagina e
aspira ad andare a Gerusalemme. Decide di andare e sperimenterà che «andare a Gerusalemme, è
simbolo ulteriore di una realtà più interiore (cf Autobiografia nn. 29 e 99).
Dato che il simbolo è un'elaborazione tipicamente personale, il direttore spirituale dovrà fare
attenzione a non dare per scontato il significato di un'immagine che usa nel dialogo spirituale: la
stessa immagine infatti può avere significati o evocazioni differenti nelle diverse persone che
incontra.
«Non si può generalizzare il significato di un simbolo; esso va visto e compre-so nel contesto della
persona, della sua vita, della sua storia, dei suoi interessi, del suo mondo conscio ed anche subconscio».14
Il significato personale dell'elaborazione simbolica corrisponde alla pedagogia del Signore:
l'opera di salvezza e di amore durante la direzione spirituale può essere presentata e sentita come
fatta "per me" e porta a dire ed esclamare «e tutto questo per me!»15.
10
A. CENCINI - A. MANENTI, Psicologia e formazione, EDB, Bologna 1985, p. 222. Cf anche pp. 226-235 sul
rapporto tra simbolismo e sessualità.
11
Cf B. KIELY, Consolation, Desolation and the Changing of Symbols: A Rflection on the Rules of Discernement in
the Exercises, in AA.VV., The Spiritual Exercises of St Ignalius Loyola in Present Day Application, C.I.S., Roma 1982,
pp. 127-128; cf L.M. RULLA, Antropologia..., cit., p. 148.
12
E TATA. Dinamiche psicologiche..., cit., p. 15. Il termine •desolazione• proviene qui dal linguaggio usato da
sant'Ignazio di Loyola negli Esercizi Spirituali. quindi tipico della spiritualità ignaziana.
13
Cf L.M. RULLA, Antropologia.... cit., p. 157.
14
P. TATA, Dinamiche psicologiche.... cit., p. 16.
5
In questo contesto nasce l'importanza del rapporto personale tra chi accompagna
spiritualmente e la persona accompagnata, in modo che si possa comprendere il suo linguaggio
proprio, il suo itinerario attuale, le sue resistenze alla crescita spirituale, e la si possa aiutare a
scoprire l'intervento personale che il Signore sta operando. Occorre quindi lasciar spazio all'azione
di Dio e all'originalità della persona, perché avvenga un'associazione corretta e ordinata tra pensieri
e affetti, sapendo smascherare gli inganni sotto apparenza di bene.16
COME AFFRONTARE LE RESISTENZE ALLA CRESCITA NEL CAMMINO
DELL'ACCOMPAGNAMENTO SPIRITUALE
Dopo aver considerato le possibili radici delle resistenze alla crescita spirituale, nella duplice
valenza della dinamica antropologica e psicologica, vediamo ora qualche elemento che possa offrire
un aiuto a come affrontare tali resistenze nel cammino dell'accompagnamento spirituale.
Il "realismo ottimista" dell'accompagnatore
contro il "pessimismo determinista" e l'eccessivo ottimismo
Occorre poter distinguere le resistenze che nascono dalle difficoltà del discepolo, da quelle
suscitate involontariamente dall'accompagnatore. Queste ultime possono scaturire
dall'atteggiamento di fondo che egli ha verso gli altri e la realtà. Possiamo schematizzare questi
atteggiamenti in tre posizioni fondamentali17
1) pessimismo determinista: si tratta di una visione dell'uomo che sottilmente manda il
messaggio che c'è ben poco da fare, che non si può cambiare veramente, ma che il proprio
temperamento, con limiti e difficoltà, continuerà nel tempo. Questa è la posizione che in psicologia
si rifà alla visione di Freud.
Sembra una visione contraddittoria con la visione cristiana, eppure può sussistere anche in
persone consacrate e sacerdoti. Può essere sottesa a una visione dell'intervento gratuito della Grazia
su una natura umana segnata dal peccato e schiava di esso. Qui l'uomo non è considerato libero.
Con questo atteggiamento di fondo è chiaro che il discepolo può facilmente aumentare la visione
negativa di sé e a volte resistere alla stessa azione della grazia, con la convinzione che è inutile
impegnarsi, perché tanto fa tutto il Signore!
2) eccessivo ottimismo: è l'atteggiamento opposto di chi considera la natura umana
essenzialmente libera, buona e tendente al Bene e che basti offrire delle occasioni e delle esperienze
positive, per suscitare la crescita.
Qui l'uomo è considerato totalmente responsabile delle sue scelte e il suo cammino è centrato
sulle capacità dell'io. L'ispirazione teorica di questa posizione è Rousseau, in pedagogia, e Rogers,
in psicologia.
Anche questa posizione può provocare delle resistenze nel discepolo: sentirsi oggetto di una
fiducia così grande gli può suscitare paura e non sentirsi all'altezza e, inconsciamente, può trovare
tutti gli espedienti per dimostrare che non è così e che non è in grado di migliorare, di cambiare.
3) realismo ottimista: è la tipica posizione cristiana, che vede l'uomo come "libero di
liberarsi", ferito nella sua natura, che ha in sé una continua lotta tra bene e male. La grazia
interviene aumentando la capacità di seguire il bene e dando la forza necessaria per combattere il
male: il cammino è centrato sulla collaborazione attiva della persona, anche se la conversione è
sempre iniziativa di Dio.
È la posizione che suscita, in genere, meno resistenze alla crescita cristiana che viene inserita
nella lotta che già la persona sperimentava in sé sia a livello ontologico sia psicologico (come
abbiamo sviluppato precedentemente).
In questa posizione più facilmente l'accompagnatore saprà dosare la proposta dei valori
secondo ciò che l'altro è e può essere in quel momento preciso del suo cammino umano-spirituale.
15
Cf IGNAZIO DI LOYOLA, Esercizi spirituali, nn. 53.60.104.108.197.234.235.236.316.
Cf ibid.: la 2° settimana e le regole del discernimento ad essa connesse.
17
L.M. RULLA. Antropologia.... cit., pp. 157 ss.
16
6
Le resistenze, soprattutto subconsce, ci saranno sempre, ma saranno meno complicate di quelle che
l'accompagnatore può suscitare col suo modo di fare o di parlare.
La capacità di discernimento
Il termine "discernimento" ha un'origine etimologica in un verbo che significa «esame per
distinguere una moneta vera da una falsa», operazione ancora più difficile se applicata a
"distinguere" la volontà di Dio.
Si tratta dello stile di vita di ascoltare per accogliere, e accogliere per discernere. Discernere
non è una attività professionale ma è allenarsi a penetrare con gli occhi del Signore la realtà
quotidiana, propria e altrui, entrare nella mentalità di Dio e cercarne traccia nella storia umana.
Questa ricerca non è un percorso di norme da seguire, ma una educazione all'affettività. Si
tratta di purificare i "disordini" che sono all'interno della persona e quelli che provengono dallo
spirito del mondo, per desiderare la familiarità col Vangelo, attaccarsi a Cristo, così che diventi il
centro della propria vita.
Le resistenze dell'affettività sono maggiori nel discernimento spirituale, rispetto a quello
morale. Quest'ultimo riguarda il bene e il male, mentre quello spirituale riguarda il "bene reale" e il
"bene apparente". Si tratta di un discernimento più sottile, che richiede una maggior sensibilità: vi
entrano più facilmente le disposizioni della persona, la sua realtà psichica, che è chiamata a
collaborare con la grazia divina18.
Le resistenze emergono proprio quando l'accompagnatore mostra al discepolo i suoi
attaccamenti disordinati, quindi la necessità di dire dei no, di operare dei distacchi da persone o da
abitudini di vita... Di solito, si vuole poter portare avanti tutto insieme, in una tipica ambivalenza,
che porta a non decidersi mai, per timore di far soffrire qualcuno o per non voler rinunciare a nulla.
A volte è una resistenza così profonda, che impedisce di fare una scelta di vita particolare.
Le resistenze nascono appunto quando tocchiamo questa assurda pretesa di concordismo e
facciamo notare alla persona che, anche quando proclama i valori evangelici, di fatto vive secondo
un'ottica di realizzazione di sé e di gratificazione. Confrontare la persona su questa ambivalenza
suscita irrigidimento e a volte negazione e abbandono.
ALLEANZA DELLA GUIDA CON L'I0 SANO DEL DISCEPOLO
Rapporto di lotta
Da quanto è stato delineato finora, emerge evidente che la relazione è un rapporto di lotta.
La guida, infatti, cerca di allearsi con quella parte "sana" dell'io del discepolo, cioè quella più
libera e attratta da valori e ideali, mentre il discepolo sente molto forte il suo io che resiste, anche se
non lo vorrebbe.
È un'alleanza con ciò che di psichicamente valido già c'è nel discepolo e che può servire come
occasione di trascendenza.
La guida deve dunque stare attenta a non instaurare un dialogo che si ponga solo a livello
etico e spirituale saltando a pie' pari le possibili mediazioni umane già presenti nel discepolo.
Credendo che la grazia può operare tutto ciò che vuole, si svaluta troppo la collaborazione umana
creando a volte dei grossi pasticci, con sofferenze e ferite di chi vogliamo aiutare.
Bisogna invece agire sulla componente umana, non per trattarla psicologicamente, come
farebbe uno psicoterapeuta, ma perché occasione e forza per l'apprendimento spirituale.
Questo modo di trattare il tessuto psicologico è ben espresso dagli esempi che prendo dallo
studio di F. Imoda.
«Il lamento può essere manifestazione esterna più o meno camuffata di un desiderio di
comprensione, di accettazione che non riesce a porsi apertamente in forma più "matura" di richiesta di
aiuto conscia, o come rinuncia. Quando dovesse risultare troppo penoso o minaccioso rischiare un rifiuto
ad una richiesta di aiuto o confrontarsi con il proprio senso di debolezza o di vuoto, ecco il ricorso ad un
18
Cf F. IMODA, Sviluppo umano…, cit., pp. 317 ss. "Psicologie" e discernimento.
7
"dire e non dire" e all'espressione piuttosto non verbale che verbale propria del lamento: si invoca aiuto,
nella speranza che l'altro possa "fare qualcosa", ma senza chiederlo esplicitamente»19. «Altri esempi
potrebbero essere quello dell'esibizione vanitosa, più o meno sofisticata e indisponente, dei propri pregi,
qualità e successi, o quello della competitività più o meno sottile: in questi casi non ci si trova
praticamente mai davanti [...] a qualcosa da trattare in sé e per sé, senza far riferimento ad una probabile
"base" generalmente subconscia di inferiorità, di dubbio circa il proprio valore»20.
Ogni lotta psicologica sottende una lotta spirituale
«La lotta religiosa è caratterizzata dall'incontro e dal confronto tra la persona libera e Dio. La lotta
umana, psicologica si svolge invece tra "attori" umani, tra un altro esterno (persona, circostanza,
avvenimento) e un altro interno alla persona stessa. Questa distinzione tra lotta umana e lotta religiosa
nella realtà non è naturalmente mai così chiara e netta»21.
Saper leggere il materiale psichico presente nel discepolo serve per integrare realtà umana e
realtà spirituale.
«È qui che si pone, in modo molto concreto, il dilemma tra uno "spiritualismo", da una parte, che rischia
di rimanere disincarnato ed astratto e, dall'altra uno "psicologismo" che, nella sua pretesa concretezza e
fedeltà al dato, rischia di rimanere senza un significato che "tenga", senza sbocco e senza riferimento alla
realtà ultima, a Dio»22.
Di fatto nel rapporto di direzione spirituale non sono coinvolti solo Dio e la persona libera,
ma
«il confronto si svolge anche tra due componenti umane della persona, un ideale che la persona si è dato
(o ha ricevuto) e la sua realtà concreta, attuale, rappresentata da bisogni e desideri. Perché la lotta umana
possa divenire lotta religiosa occorre non solo che l'ideale per cui si combatte sia in rapporto di armonia
[...] con il volere di Dio, ma occorre anche che i desideri e i bisogni non sfuggano per così dire alla
persona, ma vengano assunti dalla sua libertà»23.
In tutto questo si incontra una duplice linea di resistenza: quella con cui ci si oppone
consciamente a un volere più grande del proprio, e la resistenza che proviene da forze operanti
anche subconsciamente nell'io-attuale, come bisogni e desideri, risultanti da abitudini e da forze
radicate in fatti del proprio passato.
«È proprio questa duplice resistenza a rendere difficile, se non impossibile, la trasformazione della lotta
psicologica in lotta religiosa»24.
Possiamo concludere allora che la direzione spirituale tende alla trasformazione di una lotta
umana psicologica in lotta religiosa e spirituale, quindi non può «limitarsi all'aspetto esterno, di
esigenza, di ideale, di ruolo, per quanto esigente esso, sia» ma deve
«cercare di raggiungere sia i livelli più profondi della persona, sia le esigenze più elevate. Solo
così, diviene possibile mettere a confronto le domande (lotte e ansie) umane che sorgono dalla propria
storia di sviluppo, e quelle religiose»25.
19
Ibid., p. 353.
Ibid., p. 353-354.
21
Ibid., p. 369.
22
L. cit.
23
Ibid., p. 370, dove si trova anche una schema interessante del rapporto tra la lotta religiosa e la lotta psicologica.
24
L. cit.
25
Ibid., p. 371.
20