Beta vulgaris L. - CREA-CIN
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Beta vulgaris L. - CREA-CIN
Agroindustria RIVISTA QUADRIMESTRALE agosto 2002 volume 1, numero 2 SOMMARIO - CONTENTS Direttore responsabile: Paolo Ranalli 82 La barbabietola da zucchero: una sfida da vincere P. Ranalli 83 Relazioni source-sink in barbabietola da zucchero Source-sink relations in sugar-beet: a review P. Perata 87 Meccanismi fisiologici di controllo della prefioritura in barbabietola da zucchero Physiological mechanisms of floral stem elongation (bolting) control in sugar beet (Beta vulgaris ssp. vulgaris L.) C. Sorce, P. Stevanato, E. Biancardi, R. Lorenzi 92 Disponibilità azotata per la barbabietola da zucchero in suoli diversi della pianura padano-veneta Nitrogen available to sugar beet in different soils of the Eastern Po Valley R. Marchetti, E. Biancardi, P. Stevanato 98 Laggiustamento osmotico nella risposta della barbabietola da zucchero (Beta vulgaris L.) alla carenza idrica Osmotic adjustment reactions in drought-stressed sugar beet (Beta vulgaris L.) P. Bagnaresi, M. Bagatta, G. Mandolino, P. Ranalli 104 Caratterizzazione delle componenti di resistenza a Cercospora beticola Sacc. in linee parentali di barbabietola da zucchero Resistance components to Cercospora beticola Sacc. in sugar beet parental lines V. Rossi, P. Battilani 110 Determinazione di parametri colturali della barbabietola da zucchero a semina autunnale in ambiente a sussidio idrico limitato Crop parametrisation of autumnal sugar beet in a water-limited environment M. Rinaldi 115 Aspetti anatomici della resistenza a Cercospora beticola Sacc. in barbabietola da zucchero Anatomical aspects of resistance to Cercospora beticola Sacc. in sugar beet G. Bolli, P. Battilani, V. Rossi 121 Un metodo semplificato per caratterizzare genotipi di barbabietola da zucchero in base alle componenti di resistenza a Cercospora beticola Sacc. A simplified method for evaluating sugar beet genotypes on the basis of resistance components to Cercospora beticola Sacc. P. Battilani, V. Rossi 127 Utilizzo di cultivar resistenti e isolati di Trichoderma spp. nella difesa integrata dalla cercosporiosi della barbabietola da zucchero Disease resistance and selected Trichoderma isolates for controlling Cercospora leaf spot of sugar beet C. Cerato, S. Galletti, P. L. Burzi, R. Ghedini 132 Effetti della cercosporiosi sulla qualità estrattiva della barbabietola da zucchero Effects of cercospora leaf spot on processing quality of sugar beet P. Stevanato, E. Biancardi, M. De Biaggi, R. Telloli, M. Colombo 139 Stima della qualità in barbabietola di zucchero (Beta vulgaris L. var. saccharifera): prime esperienze con luso del modello CropSyst Estimating sugar beet quality: first approach with the CropSyst model S. Poggiolini, M. Donatelli, L. Barbanti, U. Peruch, C. Ribeyre,, G. Bellocchi 146 Assorbimento di NO3- in radici di barbabietola da zucchero (Beta vulgaris L. var. saccharifera): prima caratterizzazione NO3- uptake in sugar beet (Beta vulgaris L. var. saccharifera) roots: a preliminary characterization S. Cesco, A. Chiani, R. Pinton, Z. Varanini Redattore: Domenico Rongai Comitato Scientifico: Amedeo Alpi, Pisa; Bruno Casarini, Bologna; Luigi Cavazza, Bologna; David Chiaramonte, Firenze; Ciro De Pace, Viterbo; Bonaventura Focher, Milano; Carlo Leoni, Parma; Giorgio Mantovani, Ferrara; Nelson Marmiroli, Parma; Pietro Pasini, Ravenna; Mario Polsinelli, Firenze; Aldo Roda, Bologna; Paolo Sequi, Roma; Paolo Bondioli, Milano. © 2002 Istituto Sperimentale per le Colture Industriali Direzione, Redazione, Pubblicità, Abbonamenti, Amministrazione: Via di Corticella, 133 - 40128 Bologna Tel. (051) 6316811 - Fax (051) 374857 Web site: www.isci.it e-mail: [email protected] Reg. Tribunale Bologna n. 7192 del 08/02/2002 Tutti i diritti sono riservati: nessuna parte di questa pubblicazione può essere riprodotta, memorizzata o trasmessa in nessun modo o forma, sia essa elettronica, elettrostatica, ciclostile, senza il permesso scritto dellEditore. Revisione testi in inglese e impaginazione: Ic.Doc S.r.l. Web site: www.icdoc.com e-mail: [email protected] Stampa: Tipografia Gamberini s.a.s. via Curiel, 9 - 40013 Castel Maggiore (BO) Agroindustria / Agosto 2002 81 Norme per i collaboratori La Rivista Agroindustria è un periodico quadrimestrale edita dallIstituto Sperimentale per le Colture Industriali (Bologna); essa pubblica lavori originali a carattere scientifico riguardanti le colture che alimentano le varie filiere dellagroindustria (colture orticole, da energia, da biomassa, da fibra e cellulosa, da oli alimentari e industriali). I lavori proposti devono riguardare lagronomia generale, le agrotecniche, il miglioramento genetico con tecniche convenzionali e innovative, le tecnologie di trasformazione, gli impieghi dei prodotti industriali food e no-food. Agroindustria pubblica soltanto articoli redatti in lingua italiana; non vengono accettati lavori già pubblicati o in via di pubblicazione su altre riviste italiane o straniere. Gli articoli pubblicati dalla Rivista fanno riferimento alle seguenti due categorie: 1) Articoli di sintesi (Review). Comprende lavori che esaminano e discutono in maniera originale e con completezza un particolare problema scientifico del comparto dellagroindustria e forniscono un quadro esauriente e sintetico dello stato delle conoscenze su un determinato argomento. 2) Ricerche sperimentali. Comprende lavori che espongono e discutono i risultati di una ricerca originale mirante allo studio di un preciso problema scientifico o tecnico. 1. INVIO DEI LAVORI - Gli articoli devono essere inviati in tre copie su carta ed una su floppy disk (Microsoft® Word per Windows®) complete di testo, riassunto, summary, bibliografia, tabelle, didascalie delle figure e figure, al Direttore Responsabile della Rivista: Dr. Paolo Ranalli, Istituto Sperimentale per le Colture Industriali, Via di Corticella 133, 40128 - Bologna Tel. (051) 6316847 - Fax (051) 374857 e-mail: [email protected] - La versione definitiva dei lavori, cioè dopo aver apportato le correzioni suggerite dai Revisori, dovrà essere inviata su dischetto e come dattiloscritto sempre al Direttore della Rivista. 2. STESURA DEI LAVORI - I lavori devono essere scritti su carta formato A4, su una sola facciata del foglio, usando una interlinea a doppio spazio e con margini di almeno 3 cm per consentire le note dei Revisori. Le pagine vanno numerate ed ogni pagina deve contenere 43 righe (pagina standard). Il carattere tipografico utilizzato dovrebbe essere il Times o un carattere equivalente con 12 punti. Al fine di agevolare il lavoro dei revisori le righe di ogni pagina devono essere numerate. Si raccomanda che il testo non superi le 15 cartelle dattiloscritte per le ricerche sperimentali e le 35 cartelle per gli articoli di sintesi. - I dattiloscritti degli articoli relativi alle Ricerche sperimentali devono essere organizzati nel modo seguente: 1) Titolo, Autore/i, Istituzione/i di appartenenza; 2) Riassunto e Abstract; 3) Introduzione, 4) Materiali e Metodi; 5) Risultati o Risultati e discussione, 6) Discussione dei risultati o Discussione dei risultati e conclusioni; 7) Ringraziamenti; 8) Bibliografia, 9) Didascalie delle tabelle e delle figure; 10) Tabelle; 11) Figure. - Per gli articoli di sintesi (Review) non è richiesta alcuna particolare suddivisione del manoscritto. - Sulla prima pagina del manoscritto devono essere indicati: 1) il titolo dellarticolo; 2) il nome e cognome di ciascun Autore seguiti dal nome e dallindirizzo completo della Istituzione cui lAutore appartiene; 4) il cognome e liniziale del nome dellAutore a cui inviare tutta la corrispondenza con i relativi numeri di telefono e di fax e lindirizzo di posta elettronica; 5) la provenienza delleventuale contributo finanziario ottenuto per la ricerca. - Nelle successive pagine del manoscritto devono essere riportati il riassunto in lingua italiana e in lingua inglese, questultimo preceduto dal titolo dellarticolo e le parole chiavi. - Il riassunto in italiano deve avere la dimensione usuale, mentre il riassunto inglese (abstract) deve essere più ampio (almeno una pagina standard dattiloscritta) e deve contenere con chiarezza tutte le informazioni utili ai lettori di lingua inglese per la piena comprensione del lavoro. - Le citazioni bibliografiche nel testo vanno messe tra parentesi indicando il cognome dellAutore e lanno di pubblicazione. Nel caso di più Autori, al nome del primo seguirà labbreviazione et al. Nel caso di più lavori nello stesso anno dello stesso Autore, allanno si faranno seguire lettere progressive in minuscolo (es. 1980a, 1980b). - La bibliografia, dei soli lavori citati nel testo, deve essere elencata in ordine alfabetico, senza numerazione. I lavori di uno stesso Autore saranno disposti seconda la data di pubblicazione; per quelli pubblicati da uno stesso Autore in uno stesso anno verrà utilizzata una lettera dellalfabeto da inserire subito dopo lanno. - Alcuni esempi di citazione sono riportati di seguito: - Articolo pubblicato su di una rivista scientifica: Martin C., Smith A.M., 1995. Starch biosynthesis. The Plant Cell 7, 971-985. - Articolo contenuto in un libro o in unopera che ha un Coordinatore: Ziegler P. 1995. Carbohydrate degradation during germination. In: Kigel J., Galili G.(eds). Seed Development and Germination. Marcel Dekker, New York, pp. 447-474. - Libro con Autore: Eames A.J., 1961. Morphology of Angiosperms. McGraw Hill, New York. - Gli stessi dati non possono essere presentati in tabelle e in figura. Nel testo, le citazioni delle tabelle e delle figure se inserite tra parentesi tonde devono usare la abbreviazione Tab. e Fig., mentre se non inserite tra parentesi devono essere scritte in carattere minuscolo e non abbreviate. - Le didascalie delle tabelle e delle figure, dattiloscritte a parte, dovranno essere autoesplicative e scritte in lingua italiana ed inglese. - Le tabelle, presentate su foglio a parte, devono essere limitate al minimo indispensabile, devono riportare dati arrotondati alla prima cifra decimale, devono essere intelligibili senza dover ricorrere alla lettura del testo e numerate con numero arabo progressivo. Le unità di misura debbono essere chiaramente indicate. - Le illustrazioni, riportate separatamente dal testo su fogli singoli, saranno solo in bianco e nero, tutte indicate come figure (foto, disegni, grafici), numerate con numero arabo progressivo. - Le linee e le lettere dei grafici devono essere di colore nero e di dimensioni e nitidezza tali da essere riprodotte senza essere ridisegnate, tenendo conto che la base delle figure stampate potrà essere di 5.8 (1 colonna), 12.2 (2 colonne), 18.5 cm (tutta la pagina). 3. TERMINOLOGIA - Le unità di misura e relativi simboli devono essere quelle del sistema internazionale (S.I.). Il simbolo, senza punto, deve seguire il valore numerico da cui sarà spaziato da uno spazio. Nel riportare brevi formule matematiche nel testo, si deve fare uso dellesponente negativo invece del segno di frazione (g m-2 d-1 invece di g/m2 d). Le espressioni latine, i nomi delle entità sistematiche, le parole straniere, limitate a quelle per le quali non esiste il corrispondente termine italiano, saranno sottolineati perché siano stampati in corsivo o riportati direttamente in corsivo (es.: in situ; Cannabis sativa). Il nome italiano delle specie deve essere scritto con liniziale minuscola (es.: barbabietola). Il nome delle cultivar o di un ibrido va scritto con la prima lettera maiuscola, senza virgolette. Labbreviazione della cultivar è cv senza punto. 4. REVISIONE DEL MANOSCRITTO - Il Direttore responsabile della Rivista Agroindustria esamina larticolo appena ricevuto valutandone lattinenza agli scopi della Rivista stessa. Qualora ciò non si riscontrasse il Direttore si riserva la possibilità di rifiutarne la pubblicazione senza inviarlo ai Revisori. I lavori vengono inviati, a giudizio del Direttore, ad uno o più Revisori esperti degli argomenti in essi trattati. I rilievi dei Revisori vengono trasmessi allAutore corrispondente del lavoro. LAutore deve provvedere, nel più breve tempo possibile, ad apportare le modifiche proposte e ad inviare (entro 7 giorni) alla Redazione della Rivista due copie dellarticolo corretto su carta e una su floppy disk, nonché copie riviste dai Revisori con la scheda riportante le loro osservazioni. Qualora le bozze corrette non pervengano in tempo utile e il fascicolo sia già pronto per la stampa, le bozze verranno corrette dufficio limitatamente agli errori e ai reflui della tipografia. In questo caso la Redazione declina ogni responsabilità per le inesattezze di nomi, di simboli o di concetti che si potranno rilevare a stampa avvenuta. - Il lavoro accettato sarà pubblicato nella versione definitiva senza invio delle bozze per la correzione. 5. RESPONSABILITÀ - La responsabilità del contenuto dellarticolo spetta interamente allAutore. La barbabietola da zucchero: una sfida da vincere Nel panorama europeo la bieticoltura italiana è relegata agli ultimi posti, con rese inferiori a quelle dei Paesi del Centro-Nord Europa, tradizionalmente più vocati (per esempio, Francia e Germania), che superano ormai le 11 tonnellate di saccarosio per ettaro. Anche taluni paesi mediterranei, come la Spagna, hanno sviluppato una bieticoltura più avanzata della nostra. Comè noto, i motivi di inferiorità della nostra bieticoltura sono diversi: clima (le estati calde e siccitose sono pregiudizievoli per la coltura), terreno (i terreni prevalentemente argillosi e le conseguenti difficoltà di drenaggio impongono estirpamenti anticipati, spesso prima che la coltura raggiunga la massima produzione unitaria di saccarosio), fitopatie (la cercosporiosi e la rizomania sono più temibili rispetto agli altri paesi europei), organizzazione del comparto (trasferimento delle innovazioni più lento). Un contributo alla riduzione dei punti critici della filiera bieticolo-saccarifera ed allinnalzamento delle produzioni sarà fornito dal progetto nazionale di ricerca, finanziato dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali e coordinato dallIstituto Sperimentale per le Colture Industriali. Il progetto (Miglioramento della barbabietola da zucchero per lambiente mediterraneo), già in essere, si avvale della collaborazione dei gruppi di ricerca più avanzati esistenti in Italia e si propone di migliorare ladattabilità della barbabietola da zucchero nel nostro Paese e di elevarne le rese, in particolare al Sud. Tale obiettivo è perseguito attraverso i seguenti interventi: 1) miglioramento della resistenza a stress biotici (cercosporiosi e rizomania) ed a stress abiotici (prefioritura, alte e basse temperature, insufficiente dotazione idrica del suolo); 2) comprensione dei meccanismi chiave che controllano la produzione dei fotosintati, la loro ripartizione fra i vari organi della pianta e laccumulo nella radice (le conoscenze ottenute servono a identificare i criteri di selezione per migliorare lefficienza fisiologica della pianta); 3) sviluppo di metodi di breeding più efficaci e predittivi (selezione assistita con marcatori molecolari e tecniche di screening in vitro); 4) modellizzazione di accrescimento e sviluppo della barbabietola (per simulare gli effetti sulla produzione dei possibili nuovi scenari colturali); 5) identificazione di metodi di coltivazione a basso impatto ambientale, basati sulluso più razionale dellazoto (ampliamento delle conoscenze sulla distribuzione e dinamica dellazoto lungo il profilo del terreno, sullo sviluppo dellapparato radicale e sulle relazioni tra azoto minerale nel terreno e produttività quantiqualitativa della pianta); 6) studio dei fattori della retrogradazione zuccherina (con evidenziazione delle cause che regolano il rapporto sink/source fra radice e foglie e, di conseguenza, il flusso degli assimilati che, a causa di stress della pianta, può assumere la direzione fittone-foglie, opposta a quella 82 Agroindustria / Agosto 2002 convenzionale, con abbattimento del grado polarimetrico). I risultati ottenuti fino adesso dal progetto (al 2°anno di attività) sono riportati in questo numero speciale di Agroindustria. Tali lavori descrivono lo stato di avanzamento delle ricerche nelle varie tematiche affrontate dai gruppi di ricerca. La proiezione mediterranea del progetto pone in primo piano lo studio dei meccanismi che la pianta può porre in atto per far fronte agli stress di varia natura (fisiologici, biotici, abiotici) ai quali si trova esposta in aree colturali marginali, quali si devono ritenere molte di quelle del Sud-Italia. Approssimando, si può ritenere che la barbabietola da zucchero trovi nel nostro Paese condizioni relativamente buone a Nord e difficili (o molto critiche) al Centro ed al Sud. Queste ultime aree, in cui si pratica circa un terzo della nostra bieticoltura, in futuro potranno risultare ancora meno idonee ad una coltura di alto reddito, qualora i temuti cambiamenti climatici porteranno ad accentuare i connotati di clima mediterraneo che già le caratterizzano. La peculiarità della nostra bieticoltura, peraltro, rende in molti casi non importabili i risultati e le innovazioni ottenuti allestero, ove la ricerca è più avanzata. Le prospettive di questa pianta sono perciò legate alla nostra capacità di sviluppare cultivar attrezzate a vivere ed a produrre anche in condizioni difficili. Va detto, inoltre, che nei bacini meridionali lulteriore contrazione delle superfici a barbabietola provocherebbe lo spostamento degli investimenti verso colture (cereali e orticoli) già interessate da problemi di mercato o che mal si prestano a recuperare la fertilità di suoli depauperata da avvicendamenti colturali molto stretti (monosuccessione di frumento). Quale conseguenza diretta si avrebbe anche la chiusura degli ultimi quattro stabilimenti (ubicati a Celano, Termoli, Foggia-Incoronata e Cagliari-Villasor), essendo impensabile un approvvigionamento di materia prima da lunghe distanze. Peraltro, nelle aree in questione (a basso tasso di sviluppo economico) gli zuccherifici sono tra le poche realtà agroindustriali esistenti e forniscono un supporto produttivo socialmente importante. Per invertire tale tendenza occorre prima di tutto selezionare e mettere a punto ibridi adatti agli ambienti pedoclimatici meridionali; tali risultati devono inoltre essere integrati da interventi di portata più generale: i) ampliare la disponibilità delle risorse idriche (più efficienti sistemi di captazione di acqua e di reti di adduzione alle aziende); ii) migliorare le strutture irrigue in dotazione alle aziende bieticole, iii) identificare itinerari di coltivazione in grado di ridurre leffetto sulle piante di fattori ambientali avversi (la corretta gestione delle risorse idriche abbinata alla ricerca di un allungamento del ciclo colturale della barbabietola sono le leve utilizzate da Paesi, come la Spagna, per aumen- tare e stabilizzare le produzioni unitarie); iv) potenziare lassistenza agronomica. Si tratta, come si vede, di azioni che valorizzano i risultati della ricerca e della sperimentazione e che escono dai confini aziendali per assumere i connotati di scelte progettate ed attuate a livello di comprensorio e bacino di produzione. Alla loro promozione e gestione coordinata devono concorrere le Associazioni dei produttori, le Industrie saccarifere e le Regioni interessate in una unitarietà di intenti e in una ottica di piena collaborazione. Tali attese, unitamente al momento di grande travaglio per la barbabietola da zucchero, in cui si decide su riassetti industriali e societari, impongono di riconsiderare seriamente la costituzione della Società Unica di Ricerca. I vari Soggetti dellinterprofessione sono tutti forniti di strutture tecnicoagronomiche impegnate in attività sperimentali e di campagna. Le direttive tecniche che promanano da tali attività riflettono, talvolta, gli interessi di parte (per esempio, nella raccomandazione delle varietà). Il risultato è che, spesso, lagricoltore è alla mercé di interessi che passano sopra la sua testa, in nome dei quali la sua autonomia di scelte è molto limitata. Tale Società non è mai decollata anche per i veti incrociati di una interprofessione in cui ognuno è arroccato nella convinzione che sia più conveniente fare da solo. Tale posizione va superata, poiché la rilevanza dei problemi che la filiera bieticolo-saccarifera deve affrontare richiede il contributo coordinato dei centri di ricerca e di tutti i Soggetti impegnati nel comparto, ognuno nel ruolo che gli compete. Peraltro, la concreta possibilità di investire risorse accantonate per azioni di interesse del settore bieticolo dovrebbe accelerare tale progetto. Dal punto di vista politico, loperazione deve essere indirizzata e gestita dal MiPAF per il ruolo istituzionale di coordinamento degli interventi nel settore agricolo a livello nazionale che esso svolge. Peraltro, il MIPAF ha, tra gli istituti di ricerca della rete IRSA, anche un Centro (la Sezione di Rovigo dellIstituto Sperimentale per le Colture Industriali) che opera con elevata professionalità nel settore. Tale Centro, fondato come è noto da Munerati, è dedicato unicamente allo studio, ricerca e sperimentazione della barbabietola da zucchero ed ha dato al settore significativi contributi. Infine, fatto non trascurabile, la natura pubblica della struttura e del personale che vi opera rappresenta una sicura garanzia per la tutela degli interessi contrapposti espressi dalle varie Figure della filiera bieticolo-saccarifera che dovrebbero far parte e sostenere la Società. Paolo Ranalli Coordinatore del Progetto finalizzato MiPAF Miglioramento genetico della barbabietola da zucchero per lambiente mediterraneo Relazioni source-sink in barbabietola da zucchero Pierdomenico Perata Dipartimento di Scienze Agrarie, Università di Modena e Reggio Emilia, Via Kennedy 17, Reggio Emilia RIASSUNTO La pianta di barbabietola da zucchero ha la peculiare caratteristica di accumulare saccarosio nellapparato radicale. La fisiologia dei carboidrati è quindi particolarmente interessante in questa pianta di rilevante interesse economico. Per lagricoltore, il flusso di saccarosio dovrebbe idealmente essere unidirezionale, dalle foglie allapparato radicale. Tale unidirezionalità non è però garantita a priori dalla fisiologia delle relazioni source-sink, che prevedono leventualità di una inversione di ruoli tra tessuti della pianta. E quindi possibile che, in particolari condizioni climatico-colturali il flusso del saccarosio si inverta, con trasporto del saccarosio dalla radice verso lapparato fogliare, generando un calo nel contenuto in saccarosio nella radice. Tale fenomeno, noto come retrogradazione ha conseguenze negative per la bieticoltura italiana. Nel presente articolo vengono descritti alcuni possibili scenari relativi ai processi fisiologici verosimilmente connessi al processo di retrogradazione. Parole chiave: source-sink, barbabietola da zucchero. ABSTRACT Source-sink relations in sugar-beet: a review The sugar-beet plant accumulates sucrose in the root. This plant is of special interest for plant physiologists studying the physiology and biochemistry of plant carbohydrates. Sucrose is a disaccharide synthesized in plant tissues to allow transport of carbon units to other tissues through the phloem. In some plant species, sucrose is also the long-term storage carbohydrate, while the majority of plant species store starch. Sucrose is usually synthesized in source tissues such as leaves, loaded into the phloem, and unloaded to feed sink tissues. A number of enzymes are involved in the biochemical pathway leading to sucrose synthesis and sucrose degradation (sucrose-P synthase, sucrose-P phosphatase, sucrose synthase, invertases). Furthermore, sucrose transport proteins play a crucial role in the processes related to sucrose transport. The regulation of genes encoding enzymes and transporters is likely to play an important role in the regulation of source-sink relations in plants. Sugar-beets should ideally display a flux of sucrose from the leaf system (source tissue) to the root (sink tissue). This is not always what is observed, and under particular growing conditions some sucrose stored in the root can be lost due to a backflow from the root to the leaves. The physiological basis of this phenomenon is poorly understood. A reasonable hypothesis relates the sucrose-backflow to the production of new leaves after stressing conditions experienced during the summer season. Stressing conditions may include abiotic stresses (water and heat stress) as well as biotic stress such as leaves damage from diseases induced by Cercospora. Production of new leaves in plants that may have lost most of their photosynthetically-active leaves may require the translocation of sucrose (as an energy source) from the root, resulting in decreased sucrose content in the root itself. Furthermore, an excessive availability of nitrogen may enhance the production of new leaves, thus leading to elevated losses of sucrose from the root system. This phenomenon has negative economical consequences for the sugar-beet grower. In this review the physiology of source-sink relations in sugarbeet is described. Possible experimental approaches to the study of the sucrose backflow are proposed, and include experiments using molecular probes and enzymatic tests as markers of the source-sink status of the plant tissues. Key-words: Beta vulgaris, source-sink relations, sucrose, sugar-beet. INTRODUZIONE La maggior parte delle piante accumulano composti di riserva in organi sotterranei (radici, tuberi, rizomi) o in frutti e semi. Tali riserve nutritive sono usualmente costituite da composti polimerici, quali proteine di riserva, amidi e/o trigliceridi. Raramente le piante accumulano composti più semplici, ma ovviamente esistono eccezioni a questa regola. Le piante di barbabietola da zucchero (Beta vulgaris L.) hanno la peculiare caAutore corrispondente: Pierdomenico Perata Dipartimento di Scienze Agrarie Università di Modena e Reggio Emilia, Via Kennedy 17, Reggio Emilia Tel: 0522-383232- Fax: 0522-301482 E-mail: [email protected] Lavoro svolto nellambito del Progetto Finalizzato Miglioramento della barbabietola da zucchero per lambiente mediterraneo, finanziato dal MiPAF. ratteristica di accumulare notevoli quantità di saccarosio nella radice. Il saccarosio è un disaccaride molto comune nei tessuti vegetali composto da glucosio e fruttosio legati da legame 1→2. Anche se gli zuccheri prodotti attraverso lattività fotosintetica sono carboidrati composti da 3 o 6 atomi di carbonio, tali forme non sono usualmente trasportabili a lunga distanza. La sintesi di saccarosio è quindi un evento comune nei tessuti fotosinteticamente attivi (le foglie) e precede il caricamento del saccarosio stesso nel tessuto conduttore deputato al trasporto della linfa elaborata, il floema. Il floema trasporta il saccarosio sino ai tessuti ove tale zucchero verrà accumulato come tale (barbabietola da zucchero) o degradato nei suoi costituenti (glucosio, fruttosio) per consen- tire la sintesi di amido. Saccarosio e amido vengono quindi accumulati nel vacuolo e negli amiloplasti rispettivamente, nei tessuti di accumulo (radici, semi, tuberi ecc.). LE RELAZIONI SOURCE-SINK I tessuti in grado di rappresentare una sorgente di carboidrati vengono definiti tessuti source, mentre i tessuti che, non avendo la capacità di produrre zuccheri li richiamano da altre parti della pianta (tessuti source) sono definiti tessuti sink. Le relazioni tra tessuti source e tessuti sink sono complesse, e buona parte di tale complessità deriva dalla possibilità che tessuti source divengano tessuti sink e viceversa anche più volte nel corso della vita della pianta. Un classico esempio di tessuto source è rappresentato dalle foglie: tali organi espansi hanno caratteristiche anatomiche e fisiologiche ottimali per lo svolgimento dellattività fotosintetica che, come noto, consente alla pianta di convertire lanidride carbonica presente nellatmosfera in carboidrati. La produzione di carboidrati per mezzo della fotosintesi è molto superiore alle esigenze della foglia stessa: i carboidrati eccedenti possono essere traslocati verso altre parti della pianta che, non svolgendo fotosintesi, o svolgendo unattività fotosintetica scarsamente efficiente necessitano di carboidrati per la propria crescita e mantenimento dellattività metabolica. Le foglie sono quindi organi source, a patto che siano fotosinteticamente efficienti al punto di produrre più carboidrati di quelli a loro stesse necessari. Organi sink sono invece tessuti come la radice che, non essendo in grado di svolgere attività di organicazione del carbonio sono dipendenti dai tessuti source per il proprio sostentamento. Le relazioni source-sink non sono però quasi mai unidirezionali per tutta la vita della pianta (ad esempio, Foglia → Radice, o Foglia→Tubero), ma tale flusso può invertirsi. Infatti le foglie rappresentano certamente un organo source per le piante di patata, e i tuberi delle stesse sono tipici organi sink, ma tale denominazione si inverte quando i tuberi germogliano per dare origine ad una nuova pianta: i tuberi degradano lamido in essi contenuto e lo inviano (sotto forma di saccarosio) verso i germogli in sviluppo. Solo quando i germogli avranno raggiunto pieno sviluppo morfologico e funzionale la relazione Foglia→Tubero si instaurerà nuovamente. Agroindustria / Vol. 1 / Num. 2 2002 83 RELAZIONI SOURCE-SINK IN BETA SPP In piante di barbabietola la foglia rappresenta lorgano source e la radice lorgano sink. Tale unidirezionalità Foglia→Radice dovrebbe garantire la massima efficienza nellaccumulo di saccarosio. In realtà non in tutte le barbabietole ciò avviene. La barbabietola bienne (Beta maritima) mantiene il flusso di saccarosio Foglia→Radice durante il primo anno di crescita, ma la direzione si inverte per divenire Radice → Foglia nella seconda stagione di crescita: gli zuccheri accumulati nella radice vengono mobilizzati e trasportati verso lapparato fogliare per garantire un efficace rifornimento di saccarosio (e quindi di energia) allo scapo fiorale in accrescimento (Taiz e Zeiger, 2002). Tale inversione Foglia→Radice/Radice → Foglia non avviene normalmente nelle varietà coltivate di Beta vulgaris: laccumulo di saccarosio aumenta nella radice con costanza, e la transizione alla fase di fioritura non comporta variazioni di rilievo. Le foglie infatti mantengono il loro ruolo source sia nei confronti della radice che nei confronti dello scapo fiorale in accrescimento, che viene a rappresentare un nuovo organo sink. In realtà anche nelle varietà di bietole coltivate i flussi di saccarosio possono non essere unidirezionali Foglia→Radice per tutto il ciclo vitale della pianta, come discusso nel paragrafo seguente. IL FENOMENO DELLA RETROGRADAZIONE La produzione di saccarosio nelle barbabietole rappresenta un importante processo fisiologico che, nellinteresse dellagricoltore, dovrebbe perdurare sino al momento della raccolta. Quale seconda opzione, qualora non sia possibile incrementare la quantità di saccarosio presente nella radice, è auspicabile che non si registrino cali nel contenuto in saccarosio della radice. In realtà cali di contenuto zuccherino sono osservati, soprattutto nel periodo successivo alla fine di agosto. Tale fenomeno è noto con il nome di retrogradazione. Il fenomeno della retrogradazione nelle barbabietole da zucchero è noto da tempo. Ottavio Munerati ne fa una dotta trattazione in una sua memoria pubblicata dalla Accademia dei Lincei nel 1920. Elencheremo di seguito alcune delle considerazioni proposte dal Munerati (1920). Retrogradazione reale o apparente? La retrogradazione è da considerarsi reale quando a diminuire è il contenuto assoluto di saccarosio nella radice, mentre la retrogradazione apparente altro non è se non una diluizione del saccarosio causata da entrata di acqua nella radice. Pur consapevoli che anche la semplice diluizione (abbassamento del titolo) può essere negativa dal punto di vista tecnologico, è ovvio che sul 84 Agroindustria / Agosto 2002 Figura 1 - Rapporti Source-Sink in barbabietola da zucchero: In condizioni ottimali di sviluppo (a sinistra in figura) le foglie SOURCE (adulte) sono presenti in maggiore quantità ed assicurano un flusso netto di saccarosio foglia → radice. In condizioni sub-ottimali (a destra in figura) le foglie SINK (giovani) sono presenti in maggiore quantità ed causano un flusso netto radice → foglia. Figure 1 - Source-sink relations in sugar-beet plants: under optimal growing conditions (left) source leaves (fully expanded leaves) are present and ensure sucrose synthesis and export to the root. Under sub-optimal growing conditions, fully expanded leaves may be missing due to biotic or abiotic stresses. New leaves are then produced (right), representing new sinks subtracting sucrose from the root. piano fisiologico i due fenomeni vadano considerati separatamente. La retrogradazione apparente è verosimilmente causata da repentine piogge alla fine del periodo estivo che portano ad un rapido assorbimento di acqua da parte della radice, presumibilmente reduce da un periodo di relativa carenza di acqua, con conseguente diluizione del contenuto in saccarosio. Più complesso è il caso di retrogradazione reale o effettiva. In questo caso la radice riduce il suo contenuto in zucchero e tale fenomeno può essere spiegato per mezzo di una delle due ipotesi seguenti: 1) degradazione del saccarosio in composti più semplici, destinati a supportare la respirazione della radice stessa; 2) mobilizzazione del saccarosio, che viene caricato nel floema e trasportato verso lapparato fogliare (inversione dei rapporti source-sink). Entrambe le ipotesi sono degne di considerazione. La possibilità che la radice consumi il saccarosio in essa contenuta è possibile qualora lapparato fogliare interrompa o riduca lexport di saccarosio verso la radice. Occorre infatti ricordare che il livello di saccarosio che ritroviamo nella radice è la risultante del flusso Foglia→Radice, ma anche del flusso di saccarosio che nella radice supporta la respirazione delle cellule radicali. Qualora i due flussi si eguaglino non si osserverà più accumulo netto di saccarosio nella radice nonostante le foglie continuino ad inviare sacca- rosio alla radice. Se invece il flusso di saccarosio Foglia→Radice è molto ridotto limpiego di saccarosio per la respirazione delle cellule radicali porterà ad una diminuzione netta del contenuto di saccarosio nella radice. Nel secondo caso prospettato la diminuzione di contenuto di saccarosio dovuto alla inversione del flusso Foglia→Radice che diviene quindi Radice→Foglia. Tale eventualità è verosimile, soprattutto qualora le piante abbiano un apparato fogliare ridotto o danneggiato da eventi climatici (siccità) o patologici (cercosporiosi). La presenza di un apparato fogliare danneggiato pregiudica lefficienza fotosintetica e pertanto il flusso di saccarosio Foglia→Radice diminuisce. Al contempo, il danneggiamento dellapparato fogliare, in concomitanza con condizioni climatiche post-estive (temperature più miti, maggiore disponibilità di acqua) favorisce la produzione di nuove foglie, che vengono a rappresentare un nuovo sink. Il flusso di saccarosio Foglia→Radice è quindi minimo, e contemporaneamente si crea una forte richiesta di saccarosio da parte delle giovani foglie in accrescimento: la radice da tessuto sink diviene tessuto source e il flusso di saccarosio diviene Radice→Foglia. Non potendo la radice fare affidamento sul saccarosio proveniente dalle foglie anche lattività respiratoria che si svolge nella radice sarà a carico del saccarosio accumulato nella radice. Una considerazione ovvia è quindi che la rivegetazione causi retrogradazione effettiva a causa dellinstaurarsi di una relazione source-sink del tipo Radice→ Giovani Foglie, concomitantemente con linterruzione del flusso Foglia→Radice (a causa dellapparato fogliare maturo assente o danneggiato) ed attività respiratoria nella radice sempre a carico del saccarosio di accumulo (Fig. 1). Non è inverosimile immaginare che retrogradazione effettiva ed apparente avvengano contemporaneamente, siccome la retrogradazione effettiva, se causata da rivegetazione è dipendente dalla disponibilità di acqua, che se abbondante può anche generare retrogradazione apparente. FISIOLOGIA DELLA SINTESI E DEGRADAZIONE DEL SACCAROSIO Il saccarosio viene sintetizzato nel citoplasma cellulare secondo le seguenti reazioni enzimatiche: sintesi di saccarosio operata da saccarosio fosfato sintasi. Questo enzima catalizza la reazione irreversibile sotto riportata: UDP-glucosio + fruttosio-6-fosfato → saccarosio-6-fosfato + UDP, cui fa seguito la reazione: saccarosio-6-fosfato + H2O → saccarosio + fosfato inorganico. Un altro enzima in grado di catalizzare la sintesi di saccarosio è la saccarosio sintasi, enzima che possiede però anche la capacità di degradare il saccarosio, questultima considerata comunemente la vera attività enzimatica in vivo: UDP-glucosio + fruttosio ↔ saccarosio + UDP. Infine occorre ricordare le invertasi, gruppo di enzimi a localizzazione diversificata (citoplasmatica, vacuolare, apoplastica), in grado di degradare il saccarosio secondo la reazione: saccarosio→glucosio + fruttosio. Mentre la saccarosio-P-sintasi ha un ovvio ruolo di sintesi del saccarosio, il ruolo della saccarosio sintasi è meno chiaro (sintesi o degradazione). Le invertasi sono unicamente coinvolte nei processi di degradazione del saccarosio. E verosimile immaginare che la saccarosio-P-sintasi sia soprattutto espressa (come gene e quindi presenza di mRNA, ma anche come proteina enzimaticamente attiva) nei tessuti source, mentre le invertasi dovrebbero essere localizzate soprattutto in tessuti sink, essendo la degradazione del saccarosio frequentemente osservata come evento enzimatico che influenza le capacità di sink di un determinato tessuto vegetale. La fisiologia e la biochimica della sintesi del saccarosio non si limitano però alle reazioni sopra elencate (Taiz e Zeiger, 2002). La sintesi biochimica del saccarosio è infatti solo il primo passo per linstaurarsi di una vera e propria relazione source-sink. Laccumulo di saccarosio nelle cellule deputate alla sintesi di questo disaccaride (cellule source quali quelle fogliari) crea il presupposto per la generazione di una disparità di concentrazioni di saccarosio tra parti della pianta. Laumentata concentrazione di saccarosio nelle cellule che lo sintetizzano genera un segnale dato dal saccarosio stesso (Loreti et al., 2001) che può modulare la trascrizione dei geni codificanti per trasportatori del saccarosio in grado di trasferire il saccarosio negli elementi conduttori (floema) (Matsukura et al., 2000). La necessità di specifici trasportatori dipende dalla necessità di inviare saccarosio nel floema contro gradiente di concentrazione: per quanto elevata possa essere la concentrazione del saccarosio nelle cellule source, la sua concentrazione è certamente maggiore nel floema, che riceve saccarosio da tutte le cellule source circostanti. Il trasporto contro gradiente richiede ovviamente energia, derivante dallattività respiratoria. Il saccarosio nel floema viene trasportato grazie al generarsi di un flusso idrico al suo interno: lacqua entra nel floema concomitantemente alla entrata del saccarosio in quanto laumentata concentrazione di questultimo richiama acqua per osmosi nel floema stesso. Lacqua uscirà poi dal floema ( e questo genera il flusso di acqua nel floema) quando anche il saccarosio uscirà dagli elementi cribrosi (floema), evento che si verifica negli organi incapaci di sintetizzare saccarosio e quindi in grado di richiamare questo zucchero. Il saccarosio che fuoriesce dal floema può indirizzarsi nelle cellule ove verrà accumulato (nei vacuoli) come tale, oppure può essere degradato in glucosio+fruttosio nellapoplasto immediatamente allesterno del floema. La degradazione del saccarosio in glucosio + fruttosio allatto delluscita dal floema può rendere più efficiente il processo di scaricamento del floema stesso. In questo caso è ovviamente necessaria una nuova sintesi di saccarosio in quei tessuti Organo Source/sink Processo fisiologico foglia foglia foglia picciolo radice radice source source source sink sink sink venga effettivamente nella radice, anche se la marcata espressione nella radice del gene codificante per la saccarosio-P-sintasi rende questa ipotesi verosimile (Hesse et al. 1995). Prospettive sperimentali per lo studio della retrogradazione in barbabietola da zucchero La trattazione delle relazioni sourcesink in barbabietola da zucchero e le logiche correlazioni con il fenomeno retrogradazione inducono a tracciare alcuni punti sintetici che riassumano la problematica e portino ad alcune proposte sperimentali. Problematica: il titolo in saccarosio diminuisce sensibilmente in barbabietole da zucchero nel periodo post-estivo. Cause scatenanti: maggiore retrogradazione osservata in colture soggette ad attacco da Cercospora ed in colture su terreni ad elevato contenuto azotato. Ipotesi fisiologica: la retrogradazione è causata dalla produzione di nuova vegetazione in piante di barbabietola il cui apparato fogliare è stato danneggiato dalla Cercospora. Lo sviluppo di nuovo apparato fogliare è avvantaggiato da ampie disponibilità di azoto. Si possono quindi proporre i seguenti approcci sperimentali per la ricerca di una soluzione al problema retrogradazione: Influenza produzione nuova vegetazione. Prova di campo con defogliazione controllata da fine agosto: computo nuove foglie prodotte in rapporto al livello di defogliazione ed impatto sulla retrogradazione. Eventuale asportazione manuale nuove foglie e verifica impatto su retrogradazione. Analisi enzimatiche e molecolari su foglie source e foglie sink. Influenza produzione nuova vegetazione: effetto concimazione azotata. Prova di campo con defogliazione controllata su parcelle con differente livello di concimazione: computo nuove foglie prodotte in rapporto al livello di defogliazione ed impatto sulla retrogradazione. Eventuale asportazione sintesi di saccarosio caricamento del saccarosio nel floema trasporto del saccarosio nel floema trasporto del saccarosio nel floema scaricamento del floema degradazione del saccarosio in glucosio+saccarosio per favorire lo scaricamento del floema radice sink nuova sintesi di saccarosio nelle cellule radicali radice sink entrata del saccarosio nelle cellule della radice e quindi nel vacuolo manuale nuove foglie e verifica impatto su sink che accumulano tale zucchero, come retrogradazione. nel caso della barbabietola da zucchero. Il Influenza produzione nuova vegetaziotutto può essere riassunto come segue: ne-cercospora. Prova di campo con comNon necessariamente tutti i passaggi avputo nuove foglie prodotte in rapporto al livengono anche in barbabietola da zucchero. vello di defogliazione derivante da Ad esempio non è noto se il passaggio deCercospora ed impatto sulla retrogradazione. gradazione-nuova sintesi del saccarosio avAgroindustria / Agosto 2002 85 Eventuale asportazione manuale nuove foglie e verifica impatto su retrogradazione. Influenza produzione nuova vegetazione ed impiego antigermoglianti. Prova di campo con defogliazione controllata: computo nuove foglie in rapporto al livello di defogliazione e con differenti trattamenti con antigermoglianti. Verifica impatto sulla retrogradazione. Ricerca sostanze chimiche con azione antagonistica nella determinazione di sink a livello della nuova vegetazione. CONCLUSIONI La retrogradazione rappresenta un problema per la moderna bieticoltura. E verosimile che buone pratiche colturali, soprattutto 86 Agroindustria / Agosto 2002 riguardo a fertilizzazione, irrigazione e difesa dalla Cercospora possano limitare il fenomeno. Purtroppo le nozioni disponibili non consentono di tracciare linee guida per lagricoltore tali da garantire lassenza del verificarsi di retrogradazione. E auspicabile che lintervento congiunto di agronomi, patologi vegetali e fisiologi vegetali possa consentire di determinare in tempi ragionevolmente brevi protocolli colturali tali da rendere la retrogradazione un fenomeno sporadico e di scarsa incidenza economica per la bieticoltura italiana. BIBLIOGRAFIA Hesse H., Sonnewald U., Wilmitzer L., 1995. Cloning and expression analysis of sucrose phosphate synthase from sugar-beet (Beta vulgaris L). Molecular and General Genetics 247: 515-520. Loreti E., De Bellis L., Alpi A., Perata P., 2001. Why and how do plant cells sense sugars? Annals of Botany 88: 803-812. Matsukura C., Saitoh T., Hirose T., Ohsugi R., Perata P., Yamaguchi J., 2000. Sugar uptake and transport in rice embryo. Expression of companion cell-specific sucrose transporter (OsSUT1) induced by sugar and light. Plant Physiology 124: 85-93. Munerati O., 1920. Osservazioni sulla barbabietola da zucchero. Reale Accademia dei Lincei, vol XIII, fascicolo V. Taiz L., Zeiger E. Fisiologia Vegetale, 2002 PICCIN editore. Meccanismi fisiologici di controllo della prefioritura in barbabietola da zucchero Carlo Sorce, Piergiorgio Stevanato1, Enrico Biancardi1, Roberto Lorenzi2 Dipartimento Biologia Piante Agrarie - Sezione Fisiologia Vegetale, Università di Pisa, via Mariscoglio, 34, 56124 Pisa 1 Istituto Sperimentale per le Colture Industriali, viale Amendola, 82, 45100 Rovigo 2 Dipartimento Scienze Botaniche, Università di Pisa, via Ghini, 5, 56126 Pisa RIASSUNTO La prefioritura rappresenta un problema per la coltura della barbabietola da zucchero, essendo causa di decurtazioni quali-quantitative delle rese. Le gibberelline sono ormoni endogeni che in diverse specie vegetali sono in grado di indurre la fioritura, per cui è stato condotto uno studio sulla barbabietola per identificare e quantificare le gibberelline presenti in questa specie ed evidenziare eventuali correlazioni con la fioritura. Le analisi di apici e giovani foglie di una linea ad habitus annuale, campionata prima dellallungamento dello stelo fiorale (bolting) e allinizio di tale processo, hanno permesso di identificare GA20, GA5, GA1 e GA8, da cui risulta che la principale via biosintetica di questi ormoni è quella in cui si verifica la precoce idrossilazione in posizione 13 delle molecole. La GA1 è nota per gli effetti di stimolo sullallungamento degli steli e i dati ottenuti mostrano una correlazione fra concentrazione di GA1 e bolting, poiché i livelli dellormone sono più elevati negli apici prima che il bolting abbia inizio. Anche i livelli di GA20, precursore della GA1, sono più alti negli apici pre-bolting, mentre nelle foglie sono maggiori dopo linizio del bolting. La GA8 non manifesta attività biologica, ma è uno dei principali cataboliti della GA1 ed è stata riscontrata solo negli apici in cui il bolting è già iniziato. Pur non essendo mai stata dimostrata unazione della GA5 sullallungamento dello stelo, fra quelle rilevate essa è la gibberellina più abbondante negli apici, particolarmente prima del bolting, mentre nelle foglie non è rilevabile a bolting iniziato. Trattamenti con GA3 alla linea ad habitus annuale ed a piante di una cv biennale, vernalizzate e non, hanno avuto il solo effetto di accelerare il bolting nelle piante biennali vernalizzate senza produrre effetti significativi nelle altre due tesi. I risultati incoraggiano ulteriori ricerche per il raggiungimento della piena comprensione dei meccanismi di controllo della prefioritura, con lobiettivo di isolare i geni che controllano questo fondamentale passaggio dello sviluppo. Parole chiave: barbabietola, GC-MS, gibberelline, prefioritura, trattamento. ABSTRACT Physiological mechanisms of floral stem elongation (bolting) control in sugar beet (Beta vulgaris ssp. vulgaris L.) The development of the floral stem (bolting) in sugar beet (Beta vulgaris L. subsp. vulgaris, Sugar Beet Group) is a problem that mainly affects cultivations in southern European countries, where sowing is anticipated to early spring or autumn to allow plants to partly escape summer drought. One of the consequences of early sowing may be the exposure of the crop to low temperatures, resulting in plant vernalization and bolting induction. This phenomenon is detrimental to crop yield because it lowers the sucrose reserves of the root and also enhances its fiber content, thus hampering processing quality. The physiology of bolting is regulated by several factors, both exogenous and endogenous. Among the latter, plant hormones and mainly gibberellins play a pivotal role, as has been demonstrated for several species (Bernier et al., 1993; Blazquez et al., 1998; Gilmour et al., 1986; Zeevaart e Gage, 1993). An investigation on gibberellins in sugar beet was therefore carried out, in order to identify and quantify the main gibberellin molecules characteristic of this species. The aim was to assess the putative correlation between the levels of endogenous, bioactive gibberellins and bolting induction. Analytical methods included HPLC purifications and hormone identification and quantification by GCMS with the aid of deuterated internal standards. The effect of GA3 on bolting induction and time course was also evaluated by treating plants from annual and biennial lines of sugar beet. All plants were grown outdoors at a site in Northern Italy. For hormone analyses, apices and leaflets (30-60 mm length) from plants of an annual line (CMS 7500) of sugar beet were sampled before (30 days after sowing) and at the beginning of bolting (45 days after sowing). The most abundant gibberellins were GA20, GA5, GA1 and GA8 in both kind of samples, thus demonstrating that the predominant branch of the biosynthetic pathway in sugar beet is the one involving early 13-hydroxylation of the precursor molecules. GA1, which is known to enhance stem elongation, is more abundant in apices and leaflets before bolting. A positive correlation therefore exists between the levels of this active gibberellin and the induction of floral stem elongation. Also GA20 concentration is higher before bolting in apices, whereas in leaflets it accumulates afterwards. It is possible that this gibberellin, being a precursor of GA1, is synthesized and metabolized more slowly once bolting has started and thus its levels increased in those tissues, such as leaves, which are not directly involved in stem development but might be a source of precursors for the apex. Current literature states that GA5 does not enhance stem elongation, however it is the most abundant gibberellin in apices, both before and after bolting has begun. Several authors ascribe GA5 with a central role in floral induction, at least in some species: our data agree with such conclusions, because GA5 levels in apices are considerably high before bolting and drop thereafter. In leaves, although it follows the same time course as in apices, the GA5 concentration is much lower and it is no longer detectable once bolting has started. Despite its lack of biological activity, GA8 is a very important molecule because it is the main catabolite of GA1. GA8 has been detected only in bolted apices; in such tissues the stimulating signal borne by GA1 must be gradually attenuated, therefore this latter hormone is metabolized at a higher rate and the concentration of GA8 rises to detectable levels. Treatments with GA3 were carried out on the CMS 7500 line and on plants of a biennial, cultivated line (cv Monodoro), some of which were previously vernalized by growing them outdoors during winter. The results show that GA3 can only accelerate the development of the floral stem in Monodoro vernalized plants, which anyhow are committed to bolt even in the absence of the hormone treatment. In the other two experiments this hormone did not affect either the induction, or the time course of bolting. However, this evidence does not allow us to draw any conclusion, because it must be borne in mind that GA3 has never proved to be an endogenous gibberellin of sugar beet and for this reason it might not be a suitable molecule for such treatments. Unfortunately, pure standards of other gibberellins, and particularly of GA1, are too expensive to allow field treatment to be carried out. The present results add more to our knowledge on the control of bolting in sugar beet and represent the starting point for further physiological investigations and for achieving the control of this developmental phase by genetic manipulation of plants. Key words: bolting, GC-MS, gibberellins, sugar beet, treatment. INTRODUZIONE La barbabietola da zucchero (Beta vulgaris L. subsp. vulgaris) è una specie Autore corrispondente: Sorce C. - Dipartimento Biologia Piante Agrarie - Sezione Fisiologia Vegetale, Università di Pisa, via Mariscoglio, 34, 56124 Pisa - Tel. 050 945551Fax 050 945532 - E-mail: [email protected] Lavoro svolto nellambito del Progetto Finalizzato Miglioramento della barbabietola da zucchero per lambiente mediterraneo, finanziato dal MiPAF. biennale, che durante la prima stagione di crescita produce radici fittonanti di grosse dimensioni e nellannata successiva sviluppa lo stelo fiorale. Il passaggio dalla fase vegetativa a quella riproduttiva ha luogo se vengono soddisfatte due esigenze fondamentali: un periodo di vernalizzazione (normalmente di 10-14 settimane a 4°-8°C) e, di seguito, un regime di fotoperiodo lungo (14-16 ore) Abe et al. (1997). La durata e le temperature del periodo di vernalizzazione, la lunghezza del giorno, il genotipo e letà della pianta rappresentano altri fattori che influenzano il passaggio di fase (Lexander, 1980). Frequentemente, però, le piante possono fiorire già durante la prima stagione di crescita e questo costituisce un grave problema per le coltivazioni saccarifere. La fioritura anticipata può causare anche il dimezzamento delle rese, in termini di peso Agroindustria / Vol. 1 / Num. 2 2002 87 di radici prodotte; inoltre, le radici hanno un minor contenuto di zuccheri e risultano più fibrose, per cui i processi di estrazione del saccarosio sono resi più difficoltosi con un conseguente aumento dei costi di produzione (Bürcky, 1986; Nelson e Deming, 1952). La raccolta meccanica è ostacolata dalla presenza degli steli fiorali e la disseminazione spontanea in campo crea problemi di infestazione per le colture successive (Sadeghian e Johansson, 1993). La comprensione dei meccanismi fisiologici che determinano lhabitus (biennale o annuale) della barbabietola da zucchero diventa quindi di fondamentale importanza ai fini di una maggior redditività della coltura. Alcuni eventi biochimici, che coinvolgono sia fattori ormonali, sia nutrizionali, sono stati chiamati in causa per spiegare il fenomeno della fioritura anticipata, ma la letteratura scientifica sullargomento è particolarmente scarsa e indicazioni di un certo rilievo si possono trarre quasi esclusivamente da pubblicazioni riguardanti altre specie vegetali. Per quanto concerne la regolazione ormonale è stato accertato che lapplicazione di gibberelline esogene a specie rosettiformi (quindi simili per tipo di sviluppo alla barbabietola), poste in condizioni che sfavoriscono la fioritura, sono in grado di indurre il passaggio alla fase riproduttiva (Bernier et al., 1993). Nello spinacio le condizioni di fotoperiodo lungo (14-16 ore), che inducono la fioritura, determinano un cambiamento nel metabolismo delle gibberelline, tale da portare allaumento della concentrazione delle forme biologicamente più attive dellormone nelle foglie più giovani (Gilmour et al., 1986). Sempre nello spinacio è stato dimostrato, in condizioni di fotoperiodo lungo, un aumento della conversione del geranilgeranil pirofosfato a ent-kaurene, reazione che costituisce il primo passaggio della via biosintetica delle gibberelline (Zeevaart e Gage, 1993). Anche in Arabidopsis thaliana, unaltra specie rosettiforme, è stato dimostrato il ruolo determinante delle gibberelline nellinduzione della fioritura (Blazquez et al., 1998; Blazquez e Weigel, 2000; Wilson et al., 1992). Gli studi riguardanti la barbabietola da zucchero, invece, si sono focalizzati recentemente sui meccanismi genetici di controllo della fioritura (Abe et al., 1997; Boudry et al., 1994), ma niente di nuovo è emerso sotto laspetto fisiologico e biochimico. Pocock e Lenton (1980) hanno però evidenziato, in apici di piante di barbabietola al termine del periodo di vernalizzazione, quindi subito prima della fioritura, un aumento seguito da una diminuzione della concentrazione di gibberelline (forse di GA1): queste variazioni invece non si verificavano nelle piante che non fiorivano, cioè in linee resistenti al fenomeno della fioritura anticipata. A parte questi risultati, tuttavia, si deve 88 Agroindustria / Agosto 2002 sottolineare la mancanza di dati sulla presenza qualitativa e quantitativa delle gibberelline nella barbabietola, sia nella fase vegetativa, sia nel passaggio da questa alla fase riproduttiva. La necessità di approfondire le conoscenze sul ruolo degli ormoni nella fioritura nella barbabietola riveste quindi una particolare importanza e per questo motivo abbiamo effettuato uno studio comprendente la determinazione qualitativa delle gibberelline presenti in questa specie e lanalisi della variazione delle concentrazioni delle gibberelline tipiche della barbabietola nel passaggio dalla fase vegetativa a quella riproduttiva. A parziale conferma dei risultati ottenuti con le indagini suddette sono stati studiati gli effetti dellapplicazione di gibberelline esogene. MATERIALI E METODI Materiale vegetale. Tutto il materiale vegetale è stato coltivato presso lIstituto Sperimentale per le Colture Industriali (ISCI), Sezione di Rovigo. I campioni erano prelevati da piante di una linea ad habitus annuale (CMS 7500) seminata in due differenti date: il 16/05/2001 (piante in cui si verificava il bolting) e il 30/05/2001 (piante campionate prima del bolting). I campioni erano così prelevati alla stessa data (il 30/06/2001), con le piante allo stadio di 6 foglie ma in fasi dello sviluppo ben diverse (piante bolting, seminate il 16/05; piante pre-bolting, seminate il 30/05). Da una parcella di 135 m2, comprendente 1350 piante, venivano raccolti separatamente gli apici con le annesse foglioline (di lunghezza massima inferiore a 30 mm) e le circostanti foglioline con dimensioni fra 30 e 60 mm. Il bolting si considerava iniziato quando labbozzo di stelo fiorale era visibile, cioè lungo almeno 10 mm. Questo materiale veniva sigillato in buste di plastica e congelato mediante immersione in etanolo a 40 °C e successivamente conservato per pochi giorni a 20 °C fino al momento delle analisi, che venivano effettuate presso il Dipartimento di Biologia delle Piante Agrarie dellUniversità di Pisa. I trattamenti con GA3 erano eseguiti sia su una linea annuale (CMS 7500) seminata in data 08/03/2002, sia su una linea biennale (cv Monodoro) in parte seminata il 16/11/ 2001 (e quindi già vernalizzata allepoca del trattamento) e in parte seminata il 08/03/2002 (non vernalizzata). Le parcelle trattate, anchesse situate presso lISCI di Rovigo, avevano ciascuna una superficie di 30 m2 e comprendevano 262 piante ciascuna. Determinazione quali-quantitativa delle gibberelline. Circa 25 g peso fresco di tessuto venivano polverizzati in mortaio sotto azoto liquido ed omogeneizzati in 10 mM ditiotreitolo (Sigma-Aldrich, Milano, Italia) in metanolo 80% (rapporto peso campione/ volume solvente = 1:5). Allomogeneizzato venivano aggiunti 200 ng di ciascuno dei seguenti standard interni: D2-GA1, D2-GA5 e D 2-GA20 (acquistati dal professor L.N. Mander, Research School of Chemistry, Australian National University, Canberra, Australia). Il campione veniva sottoposto a 4 estrazioni, la prima delle quali durava 20 ore e le successive 4 ore ciascuna. Le singole estrazioni erano intervallate da una centrifugazione a 1800 xg di 15 min. Al termine gli estratti venivano riuniti e ridotti a fase acquosa mediante evaporazione a bassa pressione e centrifugati a 13000 xg per 30 min a 4 °C. Aggiustato il pH a 2.8, ogni campione era sottoposto a 4 partizioni con acetato di etile saturo di acqua. Al termine le fasi organiche erano poste in congelatore per qualche ora in modo da congelare e decantare i residui di acqua. I campioni venivano essiccati sotto bassa pressione, ridissolti in 1 mL di metanolo 50 % e purificati mediante colonne Bakerbond SPE C18 (Baker, Phillipsburg, New Jersey, USA), precedentemente condizionate con 1 mL di metanolo 50 %. Dopo aver caricato il campione le colonne venivano lavate con 1 mL di metanolo 50 % ed eluite con 3x 1 mL metanolo 80 %. I campioni erano essiccati sotto bassa pressione, rieluiti con 1 mL metanolo 50 % e la suddetta procedura di purificazione veniva ripetuta con nuove colonne. Al termine i campioni erano essiccati sotto bassa pressione, rieluiti con acetonitrile 5 % in acqua a pH = 8 (aggiustato aggiungendo 300 µL L-1 di NH4OH al 28-30 %) e purificati mediante HPLC preparativa. Questa era effettuata mediante uno strumento LDC (LDC Analytical, Riviera Beach, Florida, USA) munito di un detector operante ad una lunghezza donda di 214 nm e di una colonna Prepsil ODS 8 µ 150 x 10 mm ID (Jones Chromatography, Lakewood, Colorado, USA), eluita ad un flusso di 4 mL min-1 nel modo seguente: acetonitrile 5 % in acqua a pH = 8 per 8 min, seguito da un gradiente lineare dal 5 % al 20 % di acetonitrile in 20 min, 20 % acetonitrile per 2 min, poi secondo gradiente lineare dal 20 % al 100 % acetonitrile in 10 min. In queste condizioni gli standard puri di gibberelline (GA1, GA5, GA8 e GA20) mostravano volumi di eluizione fra 4 e 28 mL, per cui durante la purificazione dei campioni si raccoglievano frazioni il cui volume di eluizione era compreso fra 0 e 36 mL. Queste venivano essiccate sotto bassa pressione, rieluite con metanolo allo 0.1 % (v/v) di acido acetico e purificate mediante HPLC con uno strumento Waters 501 (Waters, Milford, Massachusetts, USA) munito di un detector operante ad una lunghezza donda di 214 nm e di una colonna Nucleosil 100-5 N(CH3)2 5 µ 250 x 4.6 mm ID (Macherey-Nagel, Düren, Germania), eluita ad un flusso di 1 mL min-1 in isocratica con metanolo allo 0.1 % di acido acetico. In queste condizioni gli standard puri delle Concentrazione ng⋅g-1 160 140 $ 120 100 pre-bolting bolting 80 60 40 20 0 % 50 40 30 20 10 0 GA1 GA5 GA20 Figura 1 - Concentrazioni delle principali gibberelline negli apici (A) e nelle foglioline di dimensioni fra 30 e 60 mm (B) di piante di barbabietola annuale (CMS 7500). I campioni erano prelevati 30 (prebolting) e 45 (bolting) giorni dopo la semina. Ogni dato rappresenta la media di 6 valori ± ES. Figure 1 - Concentrations of the main gibberellins in apices (A) and leaflets 30-60 mm long (B) of annual sugar beet (CMS 7500). Samples were collected 30 (pre-bolting) and 45 (bolting) days after sowing. Each datum represents the mean of 6 values ± SE. gibberelline suddette mostravano volumi di eluizione compresi fra 28 e 48 mL, per cui durante lHPLC dei campioni venivano raccolte frazioni il cui volume di eluizione era compreso fra 26 e 52 mL. Queste venivano essiccate sotto bassa pressione, rieluite con metanolo, trasferite in capillari di vetro, essiccate e ridissolte in 20 µL di bis-silil trifluoroacetammide + 1 % trimetilclorosilano (Pierce, Rockford, Illinois, USA) e riscaldate a 70 °C per 1 ora. Lanalisi qualiquantitativa finale era effettuata mediante GCMS, con uno spettrometro di massa VG Trio 2000 (Micromass, Altrincham, Inghilterra) accoppiato ad un gascromatografo HP 5890 Series II (Hewlett-Packard, Palo Alto, California, USA), il quale era munito di una colonna capillare MEGA 5 MS (MEGA, Legnano, Italia) 25 m x 0,32 mm ID rivestita internamente di una fase stazionaria costituita da un film cross-linked, spesso 0.45 µm, di poli (5%-difenil-95%-dimetilsilossano). Il gas di trasporto era elio, essiccato e deossigenato, che fluiva in colonna ad una velocità lineare di 0.5 m sec-1. Gli spettri di massa erano prodotti per impatto elettronico, ad un potenziale di 70 eV ed erano acquisiti in full scan fra 50 e 700 u, ad una velocità di scansione di 600 u sec-1. Il limite di sensibilità dello strumento per le gibberelline analizzate era inferiore ai 500 pg. La quantificazione di GA1, GA5 e GA20 era effettuata per confronto diretto con i rispettivi standard interni, mentre per la GA8 si utilizzava un valore di recupero medio calcolato per ciascun cam- pione sulla base della percentuale di recupero degli standard interni deuterati. Ogni campione era suddiviso in due sottocampioni allinizio dellanalisi e ciascuno di questi era analizzato per tre volte alla GC-MS, per cui ogni dato rappresenta la media di 6 valori ± errore standard (ES). Trattamenti con gibberelline esogene. Le piante in campo erano irrorate con una soluzione acquosa di GA3 10-5 M (SigmaAldrich, Milano, Italia) distribuita con un irroratore a spalla. I volumi distribuiti erano tali che ogni pianta riceveva approssimativamente 6 mL di soluzione, così da bagnare uniformemente lapparato fogliare minimizzando lo sgocciolamento. Il trattamento veniva effettuato il 22/04/2002 con piante allo stadio di 4 foglie sulla CMS 7500 e sulla cv Monodoro non vernalizzata e di 10 foglie sulla cv Monodoro vernalizzata e veniva ripetuto quotidianamente nei giorni successivi per un totale di 10 applicazioni per tesi. Gli effetti dei trattamenti erano rilevati visivamente e il bolting si considerava iniziato quando si verificavano le condizioni già descritte per le piante sottoposte ad analisi ormonale. Il confronto fra i dati delle piante trattate ed i relativi controlli era effettuato mediante il test di Fisher sui rilevamenti effettuati 1 e 2 settimane dopo lultimo trattamento con GA3. RISULTATI Analisi delle gibberelline. Il procedimento per la determinazione quali-quantitativa delle gibberelline endogene ha richiesto una fase di messa a punto a causa dellelevato livello di impurezze presenti negli apici e nelle foglie. A tale scopo sono state usate piccole quantità del materiale campionato. Lefficienza media assicurata dal protocollo utilizzato è stata del 45 %, valutata in base al recupero degli standard interni deuterati di GA1, GA5 e GA20. Le analisi dei nostri campioni hanno permesso di identificare quattro gibberelline: GA20, GA5, GA1 e GA8. Data la loro presenza a livelli relativamente elevati in tutti i campioni analizzati (con qualche eccezione solo per GA5 e GA8) e poiché altri tipi di gibberelline non erano presenti in concentrazioni rilevabili, appare chiaro che la principale via biosintetica nella barbabietola da zucchero è quella in cui si verifica lidrossilazione dei precursori in posizione 13 sulla molecola. Per quanto riguarda le singole gibberelline il quadro è piuttosto vario, ma i dati forniscono indicazioni degne di rilievo. La GA1 è una delle gibberelline a più elevata attività biologica nei confronti dellallungamento degli steli ed è presente in concentrazioni maggiori negli apici pre-bolting, per diminuire quando il bolting ha inizio (Fig. 1A). Lo stesso tipo di andamento, con valori molto simili, viene rilevato anche nelle foglioline di 3060 mm di lunghezza (Fig. 1B), in cui la GA1 è la gibberellina più abbondante fra quelle rilevate. Anche la GA20, precursore di GA1 e GA5, negli apici è più abbondante prima del bolting, mentre nelle foglioline la situazione è invertita. La GA8, pur non possedendo attività biologica, è una molecola molto importante dal punto di vista fisiologico, perché rappresenta il principale catabolita di GA1. La presenza di GA8 a livelli analizzabili è stata riscontrata solo negli apici dopo linizio del bolting. I dati della GA5 sono piuttosto sorprendenti. Essa è risultata la gibberellina più abbondante negli apici, sia prima sia dopo linizio del bolting, anche se la sua concentrazione subisce un forte calo quando lo stelo fiorale inizia a svilupparsi. Nelle foglioline i suoi livelli sono molto più bassi e con linizio del bolting essi scendono a valori inferiori ai limiti di sensibilità del metodo analitico. Trattamenti con GA3. I trattamenti sono stati eseguiti sia su piante indotte al bolting costituzionalmente (linea annuale CMS 7500), sia mediante esposizione al freddo invernale (cv biennale Monodoro vernalizzata), così come su piante non indotte (cv Monodoro non vernalizzata). Lo scopo era di verificare se questi trattamenti fossero in grado di causare il bolting in assenza di altri segnali endogeni ed esogeni (come nel caso della cv Monodoro non vernalizzata) oppure se potessero accelerarlo integrando lazione dei fattori che in precedenza lavevano indotto. Nel caso delle piante biennali vernalizzate la GA3 ha accelerato il bolting: una settimana e due settimaAgroindustria / Agosto 2002 89 Tabella 1 - Effetto dei trattamenti con GA3 10-5 M su barbabietole biennali vernalizzate (cv Monodoro). I dati, espressi come numero di piante prefiorite o meno, sono stati rilevati 1 e 2 settimane dopo lultimo di una serie di 10 trattamenti. Il confronto fra trattamento e controllo è stato effettuato mediante il test di Fisher. In ciascuna colonna, lettere diverse indicano valori significativamente differenti (P < 0.01). Table 1 - Effect of GA3 treatments on field-grown, vernalized biennial sugarbeet (cv Monodoro). Plants were sprayed daily with a 10-5 M GA3 aqueous solution for 10 days and bolting was assessed 1 and 2 weeks after the last treatment. Results are expressed as number of bolted and unbolted plants. Data from treated and control plants were compared by Fishers exact test. For each column, different letters indicate that differences between values are statistically significant (P < 0.01). 1 settimana dopo i trattamenti 2 settimane dopo i trattamenti bolting no bolting bolting no bolting Trattato 163 A 99 A 204 A 58 A Controllo 108 B 154 B 163 B 99 B ne dopo lultimo trattamento il numero di piante che hanno subito il bolting è significativamente più alto nel trattato rispetto al controllo (Tab. 1). Non si riscontravano invece differenze fra il trattato e il controllo né nelle piante annuali, né nella cv biennale non vernalizzata (dati non riportati). DISCUSSIONE DEI RISULTATI E CONCLUSIONI I dati ottenuti con questo lavoro hanno permesso innanzitutto di identificare le principali gibberelline della barbabietola e di conseguenza di individuare quale diramazione della via biosintetica è maggiormente attiva in questa specie. Inoltre è possibile avanzare delle fondate ipotesi sul controllo dello sviluppo dello stelo fiorale. Abbiamo visto come la GA1, che ha un forte effetto positivo sullallungamento degli steli (Lange, 1998), sia presente in concentrazioni più elevate prima che il bolting abbia inizio, sia negli apici, sia nelle foglie. Possiamo quindi concludere che uno dei principali fattori di controllo del bolting è la concentrazione di GA1 nellapice: concentrazioni superiori a circa 40 ng g-1 inducono lallungamento dello stelo. Landamento della concentrazione di GA20 negli apici sembra rafforzare questa ipotesi. La diminuzione dei livelli di questo precursore potrebbe infatti derivare da un rallentamento della sua produzione, dal momento che non è più necessario alimentare la biosintesi dei suoi derivati (soprattutto GA1 e GA5). Nelle foglioline la GA20 mostra invece un leggero aumento dopo linizio del bolting. Le foglie formano una massa di tessuto molto abbondante rispetto ai tessuti dellapice e potrebbero costituire una sorgente di gibberelline per lapice stesso. In tal modo quando lo stelo inizia ad allungarsi e la richiesta di GA1 da parte dellapice diminuisce, il rifornimento del precursore GA20 dalle foglioline verso lapice diminuisce a sua volta e questa gibberellina inizia ad accumularsi nelle foglie. Laccumulo può anche essere dovuto al suo rallentato 90 Agroindustria / Agosto 2002 metabolismo, perché anche nelle foglie la sintesi dei principali derivati della GA20 (cioè GA1 e GA5) diminuisce dopo linizio del bolting. La presenza della GA8 è stata riscontrata soltanto negli apici dopo linizio del bolting, ma ciò è plausibile se pensiamo che essa è il principale prodotto di disattivazione della GA 1. I livelli di questultima gibberellina nellapice devono essere riportati su livelli fisiologicamente più normali dopo che essa ha svolto la sua funzione di stimolo sullo sviluppo dello stelo. La diminuzione della concentrazione di GA1 che abbiamo riscontrato negli apici in questa fase può quindi essere imputabile anche ad una più intensa disattivazione attraverso la sua conversione a GA8. Abbiamo visto che la GA5 è la gibberellina più abbondante negli apici e che subisce un forte calo dopo linizio del bolting. Essa non è un precursore di GA1, né possiede attività biologica propria (Evans et al., 1994), tuttavia si può ipotizzare che svolga un importante ruolo nel processo di sviluppo dello stelo fiorale, in analogia con quanto è stato dimostrato in Lolium temulentum. Ricerche compiute in questa specie hanno dimostrato che la concentrazione di GA5 negli apici è molto elevata nella fase di induzione a fiore, mentre diminuisce nelle successive fasi di differenziazione e accrescimento dellinfiorescenza, quando invece aumentano i livelli di GA1 e GA4. Ciò ha portato a concludere che la GA5 è determinante nellindurre a fiore lapice, mentre i principali fattori di controllo delle fasi successive della fioritura sarebbero la GA1 e la GA4 (King et al., 2001). I nostri risultati non permettono di accertare se anche nella barbabietola si verifica questa sorta di successione fra GA5 e GA1, perché sarebbe stato necessario effettuare un gran numero di campionamenti intermedi, in tempi molto ravvicinati. Tuttavia, possiamo ipotizzare che anche nella barbabietola le due principali gibberelline, cioè GA1 e GA5, abbiano le stesse funzioni che in Lolium temulentum. Le analisi effettuate confermano quanto era sta- to visto da Pocock e Lenton (1980) in barbabietola: essi avevano dimostrato che la GA1 negli apici di barbabietola aumenta dopo un trattamento vernalizzante, ma non avevano rilevato la presenza della GA5. Il nostro lavoro quindi aggiunge un importante tassello alla conoscenza del controllo della fioritura in barbabietola e può rappresentare la base per ulteriori indagini biochimiche, ad esempio per determinare le variazioni nel tempo delle concentrazioni di GA1 e GA5 durante i passaggi di fase (fase vegetativa induzione fiorale - differenziazione fiorale), facendo anche un confronto fra linee con differenti habitus (annuali e biennali, vernalizzate e non). Come si è visto, i trattamenti con GA3 hanno avuto il solo effetto di accelerare la comparsa del bolting nelle barbabietole biennali precedentemente vernalizzate, mentre nessun esito hanno avuto sulle biennali non vernalizzate, né sulle annuali. La GA3 dunque manifesta solo un aspecifico e parziale effetto di stimolo sullallungamento dello stelo nelle piante che sono già indotte alla fioritura. Il risultato non è sorprendente, perché non è mai stata rilevata la presenza della GA3 in barbabietola. È ovvio che sarebbe stato più interessante verificare gli effetti di trattamenti con GA1 e GA5, ma il costo di questi standard è talmente elevato da scoraggiare una sperimentazione di dimensioni sufficienti, che deve necessariamente essere condotta in campo. I dati ottenuti indicano chiaramente quali siano le gibberelline fisiologicamente più rilevanti nella barbabietola e quale via biosintetica, fra quelle conosciute, sia più attiva in questa specie. Le gibberelline sono una classe di ormoni il cui ruolo nel controllo della fioritura è sempre più evidente, come dimostrato dalle pubblicazioni più recenti, anche se gli effetti appaiono contrastanti a seconda della specie considerata (Boss e Thomas, 2002). Partendo dai risultati illustrati si può studiare in modo più approfondito il ruolo delle gibberelline nella fioritura per arrivare, in prospettiva, al controllo di questa fondamentale fase fisiologica. Un futuro programma di lavoro potrebbe comprendere lisolamento dei geni che controllano la biosintesi di questi ormoni. Si tratta di diversi geni, che controllano più passaggi biochimici attraverso i quali la via biosintetica è sottoposta a regolazione. Per ciascun passaggio possono esistere più enzimi, codificati da geni differenti, ognuno dei quali risponde a diversi fattori. È necessario anche superare il problema della regolazione endogena della concentrazione di questi ormoni, le cui fluttuazioni nei tessuti sono sempre mantenute sotto un rigido controllo metabolico. Qualsiasi tipo di manipolazione genetica della biosintesi può essere realizzato solo disponendo di promotori molto forti, in grado di vincere i mecca- nismi di regolazione endogeni della pianta. Tali promotori, però, devono anche essere tessuto-specifici, perché uninibizione della biosintesi delle gibberelline estesa a tutta la pianta avrebbe conseguenze negative forse letali per lintero organismo. Quindi, sia nel caso in cui si cerchi di inibire la biosintesi, sia nel caso in cui si cerchi di aumentare la disattivazione catabolica delle gibberelline (Hedden e Phillips, 2000) sono molte le difficoltà da superare, ma le prospettive sono decisamente interessanti. BIBLIOGRAFIA Abe J., Guan G.P., Shimamoto Y., 1997. A gene complex for annual habit in sugar beet (Beta vulgaris L.). Euphytica 94, 129-135. Bernier G., Havelange A., Houssa C., Petitjean A., Lejeune P., 1993. Physiological signals that induce flowering. The Plant Cell 5, 1147-1155. Blazquez M.A., Green R., Nilsson O., Sussman M.R., Weigel D., 1998. Gibberellins promote flowering of Arabidopsis by activating the LEAFY promoter. The Plant Cell 10, 791-800. Blazquez M.A., Weigel D., 2000. Integration of floral inductive signals in Arabidopsis. Nature 404, 889-892. Boss P.K., Thomas M.R., 2002. Association of dwarfism and floral induction with a grape green revolution mutation. Nature 416, 847-850. Boudry P., Wieber R., Saumitou-Laprade P., Pillen K., Van Dijk H., Jung C., 1994. Identification of RFLP markers closely linked to the bolting gene B and their significance for the study of the annual habit in beets (Beta vulgaris L.). Theor. Appl. Genet. 88, 852-858. Bürcky K., 1986. Ertrag und qualität von zuckerrüben bei unterschiedlichem anteil an schossern im bestand. Zuckerindustrie 111, 862-868. Evans L.T., King R.W., Mander L.N., Pharis R.P., Duncan K.A., 1994. The differential effects of C-16,17 dihydro gibberellins and related compounds on stem elongation and flowering in Lolium temulentum L. Planta 193, 107-114. Gilmour S.J., Zeevaart J.A.D., Schwenen L., Graebe J.E., 1986. Gibberellin metabolism in cell-free extracts from spinach leaves in relation to photoperiod. Plant Physiol. 82, 190-195. Hedden P., Phillips A.L., 2000. Gibberellin metabolism: new insights revealed by the genes. Trends Plant Sci. 5, 523-530. 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RIASSUNTO La definizione della dose di N più appropriata per la fertilizzazione della barbabietola è complicata dalla necessità di stimare la quantità di N già disponibile nel terreno. Poiché è stato accertato che le radici di barbabietola possono spingersi fino a 3 m di profondità, obiettivo di questo lavoro è stato di determinare la distribuzione di N disponibile nel profilo fino alle profondità raggiungibili dagli apparati radicali, in siti diversi dellareale padano-veneto di produzione di questa coltura, per suoli diversi, spesso caratterizzati da presenza di falda nel profilo. I campioni di terreno sono stati raccolti in 22 aziende, in appezzamenti coltivati a barbabietola, nel maggio 2000 e nel giugno 2001. Carote di terreno sono state prelevate mediante trivella manuale, fino a 3 metri di profondità, per strati di 0.25 m, e analizzate per contenuto di N minerale e totale. Sono stati inoltre determinati lumidità e il contenuto di C organico, P assimilabile, K scambiabile, calcare totale, capacità di scambio cationico, pH e granulometria. Per lintero set di dati (n = 256) il contenuto mediano di N organico era uguale a 0.78 g kg-1; di C organico, 4.7 g kg-1; e di P assimilabile, 2.7 mg kg-1. Nel primo metro di profilo l83% dei suoli esaminati ha presentato quantità di questi nutrienti superiori al valore mediano di tutti i campioni analizzati. Il 49% ha presentato quantità di nutrienti superiori al valore mediano anche in profondità, a partire da 2.25 m. La percentuale di profili con valori di N nitroso e nitrico superiori a quello mediano (rispettivamente uguale a 0.121 e 5.47 mg kg-1), si è ridotta quasi linearmente allaumentare della profondità; per contro, la maggior percentuale di profili con contenuto di N ammoniacale superiore al valore mediano (0.421 mg kg -1) è stata riscontrata al di sotto dei 2.25 m di profondità. Si è ipotizzato che lN minerale rinvenuto in profondità sia derivato da mineralizzazione della sostanza organica, la cui presenza, a queste profondità, sarebbe spiegabile su base pedogenetica. Si conclude che notevoli quantità di N possono essere potenzialmente disponibili, negli strati profondi del terreno, per lassorbimento da parte delle radici di barbabietola. Per la definizione della dose di fertilizzante più appropriata è opportuno tener conto che la disponibilità di N può variare anche dipendentemente dalle caratteristiche intrinseche del suolo. Parole chiave: barbabietola da zucchero, azoto, suolo. ABSTRACT Nitrogen available to sugar beet in different soils of the Eastern Po Valley The definition of the most suitable N rate for sugar beet fertilization is hampered by the need to define the amount of N already available in the soil. Since it has been demonstrated that sugar beet roots can deepen in soil to a depth of 3 m, the aim of this work was to evaluate the amount of N available in the soil profile, which can potentially be explored by the sugar beet roots. Soil samples were collected in sugar beet fields during active crop growth, in years 2000 (May) and 2001 (June), in 22 farms distributed in the Eastern Po Valley, Italy. The soil profiles of this region are usually affected by water table fluctuations. Soil samples were taken to a depth of 3 m, with increments of 0.25 m, and analyzed for their content of inorganic and total N. Organic C, Olsen P, exchangeable K, and carbonate content, as well as cation-exchange capacity, pH, texture and moisture, were also determined. Within the whole dataset, the organic N median value was equal to 0.78 mg kg-1; that of organic C, 4.7 g kg-1; Olsen P, 2.7 mg kg-1. Eighty-three percent of soils had a higher amount of nutrients than the median value, in the top soil layer (to 1-m depth); 47% of soils had a higher nutrient content than the median value also in the 2.253-m soil layer. The percentage of soils having higher NO2 and NO3N content than the median value (0.121 and 5.47 mg kg-1, respectively) decreased almost linearly with depth. On the contrary, the majority of soils having more than the median NH4N amount (equal to 0.421 mg kg-1) was located in the 2.253 m soil layer. It was hypothesized that the inorganic N found in the deep soil was derived from organic matter mineralization. High organic matter levels in the deepest layers of the considered soil profile may be explained on a pedogenetic basis. It was concluded that important amounts of soil N could be potentially available to sugar beet roots, also at a depth of 3 m. This, soil type-dependent, N availability should be taken into consideration when estimating the most suitable N fertilizer rate for sugar beet growth needs. Key words: sugar beet, nitrogen, soils Autore corrispondente: Rosa Marchetti - Istituto Sperimentale Agronomico, Sezione di Modena, Viale Caduti in Guerra 134, I-41100, Modena. Tel.: 059 230454 - Fax: 059 214957 - E-mail: [email protected] Lavoro svolto nellambito del Progetto Finalizzato Miglioramento della barbabietola da zucchero per lambiente mediterraneo, finanziato dal MiPAF. 92 Agroindustria / Vol. 1 / Num. 2 2002 INTRODUZIONE La barbabietola da zucchero (Beta vulgaris L., subsp. vulgaris) richiede unaccurata valutazione della quantità di N da apportare con la fertilizzazione. Infatti, se da un lato lelemento è indispensabile per la crescita della pianta, dallaltro influisce negativamente sulla produzione di saccarosio e sulla qualità tecnologica delle radici (Roberts et al., 1981; Machet e Hebert, 1983). Gli effetti di un eccessivo apporto di N sono negativi anche sotto il profilo economico ed ambientale (Shepard, 1992). La definizione della dose di N più appropriata da somministrare alla barbabietola (Boon e Vanstallen, 1983; Lindén e Nouno, 1983; Neeteson, 1989; Houba, 1995; Geypens et al., 1998) è complicata dalla necessità di includere nella valutazione la stima dellN già disponibile nel terreno al momento dellassorbimento da parte della coltura. La quantità di N disponibile può variare in relazione a numerosi fattori, quali la precessione colturale (Martin Olmedo et al., 1999; Christenson e Butt, 2000; Shock et al., 2000), lepoca di distribuzione (Draycott et al., 1983), landamento meteorologico e la disponibilità idrica, questi ultimi influenti sulla mineralizzazione della sostanza organica del terreno. Peterson et al. (1977), in Nebraska, hanno verificato la capacità da parte di barbabietola irrigata di assorbire nitrati fino a 2.4 m. Poiché, nei nostri ambienti, le radici di barbabietola hanno mostrato di potersi approfondire fino a 3 m (Biancardi et al., 1997; Morselli e Biancardi, 1997), un ulteriore elemento dincertezza nella definizione della dose più adeguata di fertilizzante è dato dalleventuale disponibilità di N nel profilo a queste profondità, potenzialmente esplorabili dalle radici e usualmente non considerate. Obiettivo di questo lavoro è stato di determinare la distribuzione di N assimilabile nel profilo fino alle profondità raggiungibili dagli apparati radicali della barbabietola. Questa distribuzione è stata considerata per un numero elevato di suoli diversi, situati nellareale padano-veneto di produzione di questa coltura. MATERIALI E METODI Campionamento. I campioni di terreno sono stati raccolti, in appezzamenti coltivati a barbabietola, nella tarda primavera del 2000 (9-12 maggio) e del 2001 (28 maggio4 giugno). In 23 siti delle 22 aziende interessate dal campionamento sono state prelevate carote di terreno mediante trivella manuale, generalmente fino a 3 metri di profondità, per strati di 0.25 m. In qualche caso, per i campioni a prevalenza di sabbia, non è stato possibile campionare gli strati più pro- 3HUFHQWXDOHGLSURILOL 0 25 50 75 100 3URIRQGLWjP 0.0 N organico C organico P assimilabile -0.5 -1.0 -1.5 -2.0 -2.5 -3.0 Figura 1 - Distribuzione di nutrienti nei 23 profili campionati nelle aziende del comprensorio bieticolo della pianura padano-veneta, nel 2000 e nel 2001. Valori mediani sullintero set di dati (n = 256): N organico (N organico = N totale NNH4), 0.78 g kg-1; C organico, 4.7 g kg-1; P assimilabile, 2.7 mg kg-1, con n = 256. Figure 1 - Nutrient distribution in the 23 soil profiles sampled at different depths from sugar beet fields in the Eastern Po Valley, in May 2000 and in June 2001. Median values of the whole dataset were: organic N (organic N = total N NH4N), 0.78 g kg-1; organic C, 4.7 g kg-1; Olsen P, 2.7 mg kg-1, for n = 256. fondi, per la tendenza del campione a disgregarsi durante lestrazione. I suoli campionati derivano da depositi alluvionali del Quaternario e sono rappresentativi dei tipi più diffusi nella regione. In molti dei suoli esaminati è presente la falda freatica ipodermica, più profonda, nel periodo estivo, e più superficiale, in inverno. I campioni sono stati congelati per lanalisi dellN minerale. Analisi dei terreni. I terreni, essiccati al- laria, sono stati analizzati secondo i metodi ufficiali di analisi (MiRAAF, 1994). In particolare, la granulometria è stata determinata per setacciatura a umido e sedimentazione, previa distruzione della sostanza organica con H2O2 in caso di contenuto di C organico > 2%. Il C organico è stato determinato col metodo Walkley e Black; lN totale col metodo Kjeldahl; il P assimilabile col metodo Olsen; il complesso di scambio (C.S.C.) usando ammonio acetato. 3HUFHQWXDOHGLSURILOL 0 25 50 75 100 3URIRQGLWjP 0.0 -0.5 N-NO3 N-NO2 -1.0 N-NH4 -1.5 -2.0 -2.5 -3.0 Figura 2 - Distribuzione dellN nitrico, nitroso e ammoniacale nei 23 profili campionati nel 2000 e nel 2001 nelle aziende del comprensorio bieticolo della pianura padano-veneta. Valori mediani sullintero set di dati (n = 256): NNO3, 5.47 mg kg-1; NNO2, 0.121 mg kg-1; NNH4, 0.421 mg kg-1. Figure 2 - Nitrate, nitrite and ammonium distribution values in the 23 soil profiles sampled at different depths from sugar beet fields in the Eastern Po Valley, in May 2000 and in June 2001. Median values of the whole dataset were: NO3N, 5.47 mg kg-1; NO2N, 0.121 mg kg-1; NH4N, 0.421 mg kg-1, for n=256. Lazoto minerale (assimilabile) è stato estratto con KCl 2 mol L-1 (rapporto terreno/estraente, 1:5) dopo scongelamento dei campioni a temperatura ambiente. I nitrati sono stati ridotti a nitriti mediante passaggio su colonna di cadmio; i nitriti e lammonio sono stati determinati colorimetricamente (rispettivamente con sulfanilide e acido dicloroisocianurico) mediante Autoanalyzer Technicon III. Lumidità è stata determinata per gravimetria. Analisi dei dati. Per le analisi di statistica descrittiva e di correlazione è stato utilizzato il pacchetto SAS (SAS Institute, 1987). Sulla base dei valori di skewness e di kurtosis la distribuzione dei valori dei parametri esaminati è risultata non normale, il che ha potuto in parte essere attribuito alla presenza di outliers, associati a campioni di suolo assimilabile a suolo organico, negli strati più profondi del profilo di qualche sito. Per descrivere la distribuzione quantitativa delle proprietà esaminate sono stati quindi usati, anziché la media e lerrore standard, la mediana e i valori misurati massimi e minimi (Tab. 1). Per lanalisi di correlazione tra le proprietà di tabella 1 i valori dei parametri sono stati trasformati in logaritmi naturali. Sulla base dellispezione visiva dei grafici di coppie di variabili statisticamente correlate con un apparentemente elevato grado di probabilità (P < 0.001), sono state considerate effettivamente correlate solo le coppie di variabili con coefficiente di correlazione r |>| 0.65. RISULTATI Caratterizzazione dei suoli. Alcuni suoli hanno una composizione granulometrica complessivamente uniforme nel profilo (Fusignano, Minerbio, Mirabello, Rovigo, SantAntonio in Medicina), con netta prevalenza delle frazioni fini; altri presentano strati più sabbiosi negli strati intermedi o in profondità (Albettone, Castagnaro, Ceregnano, Monselice, San Pietro in Casale); in altri infine le frazioni fini aumentano allaumentare della profondità (Cadriano, Montagnana) (Tab. 2). Dotazione di nutrienti nel profilo. La maggior parte dei suoli esaminati (l83% dei profili, in media) ha presentato una quantità di C organico, N totale e P assimilabile superiore al valore mediano dellintero set di dati (n = 256) negli orizzonti/strati superiori, prevalentemente esplorati dalle radici delle colture (fino a 1 m di profondità). Una percentuale discreta di profili (49%, in media) ha presentato quantità di questi nutrienti superiori al valore mediano dellintero set di dati anche in profondità, sotto i 2.25 m (Fig. 1). In pochi profili (21%) si sono rinvenuti contenuti di nutrienti superiori al valore mediano, nello strato intermedio (1-2.25 m). In due siti sono stati rilevati strati caratAgroindustria / Agosto 2002 93 Tabella 1 - Valori caratteristici di alcune proprietà per i profili di suolo campionati nel 2000 e nel 2001 in 23 siti a barbabietola della pianura padano-veneta, con riferimento allintero set di dati (23 profili 6-12 strati; n = 256). Table 1 - Selected soil properties values in the 23 profiles sampled to 3 m depth from sugar beet fields of the Eastern Po Valley at 6 to 12 depth levels (n = 256), in years 2000 and 2001. Parametro e unità di misura Mediana Valore minimo Valore massimo Sabbia, % 14 1 94 Limo, % 47 5 76 Argilla, % 30 1 71 4.7 0.5 135 0.8 0.1 10.6 P assimilabile, mg kg-1 2.7 0.1 53.4 -1 K scambiabile, mg kg 84 0 536 Calcare totale, g kg-1 C organico, g kg-1 -1 N totale, g kg 160 3 626 -1 C.S.C., cmol(+) kg 15 0 55 pH in H2O a 20° C 8.3 6.2 8.9 Umidità, % su peso terreno secco 29.7 14.3 257 N-NO3, mg kg-1 5.5 0.0 59.0 N-NO2, mg kg 0.12 0.03 1.25 N-NH4, mg kg-1 0.4 0.0 76.4 -1 terizzati da contenuto di sostanza organica molto elevato (Corg > 11%) in profondità (Tab. 2). Distribuzione dellN minerale nel profilo. La percentuale di profili esaminati con valori di N nitrico superiori a quello mediano si è ridotta quasi linearmente allaumentare della profondità. Un contenuto di N nitroso superiore a quello mediano era più frequente nello strato da 0.25 a 0.50 m, e in quello da 1.5 a 2 m di profondità. Per contro, la maggiore percentuale di profili con contenuto di N 0 30 60 90 120 150 ammoniacale superiore al valore mediano è stata riscontrata sotto i 2.25 m di profondità (Fig. 2). Correlazione tra dotazione di N assimilabile e proprietà chimiche dei suoli. Il contenuto di N totale è risultato significativamente correlato a quello di C organico e di K scambiabile e alla C.S.C., a sua volta correlata al tenore in argilla (Tab. 3). Con la procedura di analisi dei dati adottata non è stata trovata nessuna correlazione significativa tra N minerale e proprietà del suolo esaminate. 0 3 6 9 12 0 15 DISCUSSIONE DEI RISULTATI E CONCLUSIONI I campionamenti svolti nelle due annate di prova hanno consentito di avere una prima stima della distribuzione dellN nel profilo del terreno coltivato a barbabietola, fino a 3 m di profondità. La distribuzione rilevata in maggiogiugno è il risultato di quanto successo a monte del prelievo, per influenza di fattori climatici (precipitazioni, evaporazione), colturali (assorbimento idrico e di nutrienti da parte delle radici) e agrotecnici (fertilizzazione, irrigazioni). Tenuto conto della variabilità indotta da questi fattori (con tutta probabilità efficaci prevalentemente nello strato lavorato) sui parametri misurati, dai risultati ottenuti è tuttavia possibile ricavare alcune considerazioni. Quantità elevate di C e N organico e di P assimilabile in profondità sono associabili con la presenza, in alcuni suoli, di strati ricchi in materiale organico. Anche se la percentuale di C organico riscontrata non è sufficiente a consentire di classificarli come organici (in base alla definizione data per gli orizzonti organici dalla Soil Taxonomy, Soil Survey Staff, 1999), è tuttavia indubbio che alcuni orizzonti/strati hanno un contenuto di C e di N organico prossimo al limite inferiore per linclusione in questa categoria. Gli strati organici daltra parte sono una caratteristica frequente dei suoli situati nelle depressioni morfologiche della pianura alluvionale, e la loro presenza è da ricondursi a quella di antiche paludi coperte da successive deposizioni di sedimenti fluviali (Filippi e Sbarbati, 1994). A prescindere da questi casi particolari, discrete quantità di N ammoniacale sono state misurate con frequenza a 3 m di profondità. LN ammoniacale e il P assimilabile non possono essere arrivati in profondità per migrazione dalla superficie poiché, notoriamente, queste due specie chimiche sono poco 20 40 60 80 100 0 0.0 0.0 0.0 0.0 -0.5 -0.5 -0.5 -0.5 -1.0 -1.0 -1.0 -1.5 -1.5 -1.5 -2.0 -2.0 -2.0 -2.5 -2.5 -2.5 P j-1.0 LW GQ-1.5 RI RU -2.0 3 -2.5 -3.0 -3.0 -3.0 &RUJDQLFRJNJ 1WRWDOHJNJ 20 40 60 80 100 -3.0 1DVVLPLODELOHPJNJ $UJLOOD Figura 3 - Distribuzione nel profilo dei valori di alcune proprietà del suolo per il sito di Fusignano (RA), nel campionamento 2001. N assimilabile = N-NO3 + N-NO2 + N-NH4. Figure 3 - Distribution pattern for selected properties, across the soil profile, at Fusignano (Ravenna), in the 2001 soil sampling campaign. 94 Agroindustria / Agosto 2002 Tabella 2 - Classi granulometriche di appartenenza dei campioni di terreno prelevati a diverse profondità, nel 2000 e nel 2001, nei 23 siti a barbabietola della pianura padano-veneta. C, argilla; L, franco; S, sabbia; Si, limo (schema di classificazione USDA). Table 2 - Textural classes of the 23 soil profiles sampled at different depths, from sugar beet fields in the Eastern Po Valley, in May 2000 and in June 2001. C, clay; L, loam; S, sand; Si, silt (USDA classification). Sito Profondità di prelievo dei campioni di terreno (m) 0-0.25 0.25-0.5 0.5-0.75 0.75-1 1-1.25 1.25-1.5 1.5-1.75 1.75-2 2-2.25 2.25-2.5 2.5–2.75 2.75–3 Albettone (VI) SiCL SiCL SiCL CL C SL LC S S S Az. Agr. Cà Bosco (RA) SiCL SiCL SiCL SiC SiCL SiCL SiCL SiCL SiCL SiCL SiC SiC L L CL CL CL CL SiCL SiCL L SiCL SiC SiCL Castagnaro (VR) SiC SiC CL L LS S S S Ceregnano (RO) L L L L L L S LS LS SL CL L SiL SiL SiL SiL SiCL SiCL SiCL SiC SiC SiC SiC SiC Fossa di Concordia (MO) SiCL SiC SiC C C SiC C C C SiCL SiCL SiC Fusignano (RA) SiC SiC C C C C C C C1 C1 C C Godo (RA) CL CL CL SL L L L L SL SL Imola (BO) SiCL SiC SiCL SiCL SiCL SiC SiC SiCL L SiL SiCL SiCL Lavezzola (RA) SiC SiC C SiC SiC SiC SiC SiCL SiL SiL L SiL Minerbio (BO) SiC SiC SiC C C C C C C C C C Mirabello (FE) SiCL SiCL SiCL SiCL SiCL SiL SiL SiL SiL SiCL SiCL SiC Monselice-Cà Oddo (PD) CL L SL SL SL LS LS SL S Montagnana (PD) SiC C SiCL SiCL SiCL SiL SiL SiL SiCL SiC SiC SiC Ostellato (FE) SiL SiL SiCL SiCL SiL SiL SiL SiL SiCL SiL L SiL Rovigo, I SiL SiCL SiL SiCL SiCL SiL SiL SiCL SiCL SiL SiL SiCL Rovigo, II L L SiL SiL SiL SiL SiL SiL L SiL SiL SiL San Pietro in Casale (BO) L L LS S S S S.Antonio Medicina (BO) CL CL SiCL L SiL SiL SiL SiL SiL SiL SiL SiL San Martino (FE) SiL SiL SiCL SiL L L L L SiL SiL SiL SiL Trecenta (RO) SiCL SiCL SiCL SiC SiC SiCL SiC SiC C C1 C SiC Villadose (RO) SiC SiC CL SiCL SiC SiCL SiL SiL LS Cadriano (BO) Filetto (RA) 2 1 2 Strato contenente più dell’11% di C organico (percentuale corrispondente al 99° percentile, per n=256) Campioni prelevati in due appezzamenti (I e II) e anni diversi (2000 e 2001) nell’azienda dell’Istituto Sperimentale per le Colture Industriali, Sezione di Rovigo. mobili. Si deve quindi supporre che si siano formate in loco da mineralizzazione della sostanza organica. L'analisi dei dati trasformati, pur avendo evidenziato correlazioni significative, peraltro prevedibili, tra dotazione organica, contenuto di argilla e C.S.C., non ha tuttavia consentito di mettere in luce una relazione significativa tra N ammoniacale e dotazione di N organico nel profilo. I nitrati, a differenza dellammonio e del P, sono molto mobili. Poiché, nel periodo di campionamento, non se nè rilevata la presenza in profondità, è presumibile che quelli formatisi sotto la coltura precedente e in eccesso rispetto ai fabbisogni colturali, o siano già lisciviati al di sotto del profilo esaminato, o siano andati incontro a denitrificazione per opera dei microrganismi dellinsaturo. I nitriti, che in genere rappresentano una forma intermedia della riduzione dei nitrati ad N2, sono stati più frequentemente abbondanti in due zone del profilo: nello strato lavorato subsuperficiale e in profondità. Poiché la riduzione dei nitrati avviene in condizioni di difetto dossigeno, ed i microrganismi denitrificanti hanno bisogno di C organico come fonte di energia, la distribuzione dei nitriti riflette la presenza di condizioni favorevoli alla denitrificazione (alla suola daratura e nella zona di frangia capillare sopra il livello di falda). Numerosi gruppi microbici, inclusi microrganismi chemioeterotrofi (re- sponsabili della mineralizzazione della sostanza organica) e denitrificanti, sono stati rilevati negli habitat subsuperficiali. Inoltre è stato osservato che la carica microbica nel profilo del terreno aumenta considerevolmente proprio in corrispondenza col livello di falda e appena al di sopra di esso, nella zona della frangia capillare (Madsen, 1995). Le fluttuazioni del livello di falda, modificando lo stato di umidità e il potenziale ossido riduttivo del suolo, potrebbero influenzare periodicamente lattività microbica subsuperficiale. Se si considera il caso del profilo di Fusignano (Fig. 3) come critico, poiché caratterizzato sia da ricchezza di nitrati in suAgroindustria / Agosto 2002 95 Tabella 3 - Coefficienti di correlazione tra proprietà dei suoli, risultati altamente significativi (P < 0.001, n = 256, dati trasformati in logaritmi naturali). Table 3 - Highly significant values of the correlation coefficients between soil properties (n = 256, log-transformed data). Parametro N totale C organico 0.92 K scambiabile 0.71 0.65 C.S.C. 0.77 0.72 pH Argilla C organico K scambiabile C.S.C. Sabbia 0.70 –0.65 0.74 0.65 Sabbia perficie, sia da abbondante sostanza organica in profondità; e nellipotesi che i livelli di N minerale monitorati in superficie nel mese di giugno includano già gli apporti (50120 kg N ha-1, come intervallo di valori più probabile in questa zona di produzione) si può supporre che lN disponibile nel profilo ecceda largamente la quantità di N asportabile dalla barbabietola nei nostri areali (indicativamente, 100200 kg N ha-1, in relazione alla produzione di biomassa). Unaltra considerazione è che le radici di barbabietola possano arrivare alle profondità di maggiore disponibilità azotata proprio in prossimità della raccolta, il che potrebbe costituire una delle cause del fenomeno di retrogradazione (Biancardi et al., 2001). Allaccertata disponibilità di N assimilabile a profondità elevate si contrappone la questione se la barbabietola sia in grado di utilizzarlo, e se questa disponibilità possa avere riflessi sulle rese e sulla qualità tecnologica delle radici. Se è vero che lN ammoniacale può essere utilizzato dalle colture con facilità uguale o superiore a quella del nitrato, secondo alcuni Autori tuttavia la barbabietola, pur in grado di utilizzare lN a profondità maggiori, concentrerebbe lassorbimento nello strato di terreno più superficiale (primi 0.3 m, Zinati et al., 2001). Si conclude che notevoli quantità di N possono essere potenzialmente disponibili, negli strati profondi del terreno, per lassorbimento da parte delle radici di barbabietola. La correlazione tra sostanza organica e disponibilità di N minerale negli strati profondi, nonché la possibilità per la coltura di usare questo N, devono essere verificate con ulteriori indagini, attualmente in corso. Qualora siano confermate, per la definizione della dose di fertilizzante più appropriata può 96 Agroindustria / Agosto 2002 0.69 0.77 -0.81 –0.65 essere opportuno tenere conto che la disponibilità di N può variare anche a seconda delle caratteristiche intrinseche del suolo, dovute alla sua pedogenesi. RINGRAZIAMENTI Si ringraziano le signore Anna Orsi e Lidia Sghedoni per la collaborazione tecnica di laboratorio. BIBLIOGRAFIA Biancardi E., Mandolino G., Boschetti W., 1997. A study of the sugar beet root system by endoscopic techniques. Atti 29 th Biennal Meeting Agric., Phoenix, Arizona, 2-5 marzo, Am. Soc. Sugar Beet Technologists, pp. 73 81. Biancardi E., Marchetti R., Stevanato P., De Biaggi M. 2001. Barbabietola e azoto: un equilibrio difficile. LInformatore Agrario 48, 6566. Boon R., Vanstallen R. 1983. Avis de fumure azotée pour betteraves sucrières sur base de lanalyse de terre. Atti Simp. Nitrogen and sugar beet, Bruxelles, Belgio, 16-17 febbraio. Intern. Inst. 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Sono state esaminate alcune accessioni di Beta per evidenziare alcuni meccanismi di tolleranza quali laggiustamento osmotico (OA), mediante misura su dischetti fogliari dellInjury Index e dellandamento del Relative Water Content (RWC) in seguito a sospensione dellapporto idrico in piante di Beta allevate in condizioni controllate. Risultati preliminari non hanno evidenziato variabilità per questi parametri nel germoplasma esaminato finora. Sono stati riscontrati significativi aumenti di peso secco nelle piante stressate rispetto ai controlli, in accordo con linsorgenza, in seguito a sospensione dellapporto irriguo, di meccanismi di OA che portano ad accumulo di composti inorganici o organici. E stato sviluppato un saggio veloce di misura della conduttività in seguito a rilascio di elettroliti da dischetti fogliari, i cui risultati suggeriscono che la maggior parte dellOA rilevato sia attribuibile a ioni inorganici, in accordo con la natura alofita di Beta vulgaris ssp. maritima. Parole chiave: bietola da zucchero; siccità; disidratazione; aggiustamento osmotico. ABSTRACT Osmotic adjustment reactions in drought-stressed sugar beet (Beta vulgaris L.) In this manuscript we review recent advances in plant drought stress research with special emphasis on Beta ssp. We also report preliminary data on the development of quick and reliable assays for largescale screening of Beta germplasm for drought resistance traits. We first tested some Beta accessions from the germplasm bank for dehydration tolerance mechanisms by measuring the Injury Index (I%). In these tests, leaf discs from well-hydrated plants are exposed to Polyethylenglycol (PEG; 30%, stressed) or water (control) and the resulting differential electrolyte leakage is used to estimate tissue/protoplasmic resistance to quick dehydration. Due to the fast dehydration (4 h) and the fact that discs are detached from plants before the onset of stress, no inducible adjustment mechanisms are likely to occur; I% can therefore be regarded as a measure of constitutive, phylogenetically fixed protoplasm resistance to dehydration. Despite the fact that significantly different values were observed in distant taxa (in good agreement with their reputed drought tolerance) no relevant intraspecific I% variations were detectable among Beta ssp. We thus resorted to devise experiments aimed at revealing inducible resistance mechanisms (as opposed to constitutive resistance mechanisms). We therefore first defined conditions and irrigation parameters for optimal growth of different Beta accessions in a controlled environment and subsequently started monitoring relative water content (RWC) and related parameters of various wild beet accessions. Special attention was paid to parameters suggesting osmotic adjustment. Osmotic adjustment (OA) is the capability of a plant to increase net endocellular solute concentration by active mechanisms. A lowered osmotic potential (Ψo ) enhances water absorption and counteracts turgor loss and stomatal closure. OA can result from accumulation of organic compounds (e.g. polyols, quaternary ammonium compounds, amino acids) and/or inorganic compounds as K+ or the toxic Na+ and other ions. Organic compounds can also exert their beneficial effect at low concentrations (with no relevance to lowering in Ψo) by acting as ROS (Reactive Oxygen Species) scavengers or by stabilization of lipoproteic complexes at discrete subcellular locations. Inorganic compounds such as Na + can also play a part in OA by significantly lowering the Ψo provided that detoxification mechanisms such as vacuolar sequestration are present. A strong inorganic OA appears to be a promising drought tolerance trait to screen in Beta germplasm. Our preliminary experiments focusing on several wild beet accessions revealed similar RWC patterns after suspension of irrigation. Significant increases of dry weight in stressed plants versus control were also detected, consistent with the onset of a strong OA mechanism leading to accumulation of inorganic and/or organic compounds. A quick assay based on measurement of conductivity after release of total electrolytes from leaf discs was developed. The assay suggests that a major part of the detected OA is attributable to inorganic ion accumulation. This would be in agreement with the halophytic nature of wild beet as well as with the established presence in some beets of the machinery of salt vacuolar compartmentalization/detoxification. Recent transgenesis experiments have succeeded in dramatically enhancing drought/salinity tolerance in various species by overexpression of single genes involved in salt accumulation/detoxification. It thus appears possible that inorganic OA is linked to a few or single traits whose introgression in droughtsensitive crops appears a feasible and promising approach. Further examination and comparison of wild beet germplasm as well as commercial sugar beets will soon reveal whether the inorganic OA trait presents significant intraspecific variations in Beta spp. Key words: sugar beet; drought; dehydration; osmotic adjustment. Autore corrispondente: Mandolino G. - Istituto Sperimentale per le Colture Industriali, Via di Corticella 133 - 40129 Bologna - Tel.: 051 6316832 Fax: 051374857 - E-mail: [email protected] Lavoro svolto nellambito del Progetto Finalizzato Miglioramento della barbabietola da zucchero per lambiente mediterraneo, finanziato dal MiPAF. 98 Agroindustria / Agosto Vol. 1 / 2002 Num. 2 2002 INTRODUZIONE Fra gli stress quello da carenza idrica sta diventando sempre più importante soprattutto nellottica di unespansione verso le latitudini più meridionali della barbabietola da zucchero. In effetti, la siccità ricorrente è diventato un problema che riguarda da vicino la maggior parte delle regioni produttive dal punto di vista agricolo. Lo stress idrico è la maggiore limitazione alla produttività su scala mondiale (Boyer, 1982). Lo sviluppo di conoscenze che possano portare a reperire caratteri che correlino positivamente con la tolleranza alla carenza idrica sembra una delle prospettive più promettenti, specialmente se portata avanti di pari passo con la conoscenza dei meccanismi fisiologicomolecolari che hanno luogo nella pianta, e con lanalisi di germoplasma esotico, ancora poco sfruttato dai breeders e sessualmente compatibile con quello coltivato. Si desidera sottolineare alcuni concetti sullo stress idrico, con particolare risalto ad aspetti legati ai soluti compatibili e allaggiustamento osmotico. I meccanismi più diffusi sviluppati dalle piante per contrastare i danni ossidativi da stress idrico comprendono linduzione di proteine plastidiali con un ruolo di preservazione strutturale e la sintesi di enzimi antiossidanti come superossido dismutasi, catalasi, glutatione riduttasi ed ascorbato perossidasi (Rey et al., 2000; Vishnevetsky et al., 1999). In alcune piante, varietà più efficienti in tali risposte enzimatiche si sono dimostrate maggiormente resistenti alla siccità (Iturbe-Ormaetxe et al., 1998; Martinez et al., 2001). Allazione di questi sistemi enzimatici si aggiunge leffetto di molecole antiossidanti/scavenger come ascorbato, glutatione ridotto (GSH), tioredossine e carotenoidi. I soluti compatibili sono unampia categoria di composti tra cui figurano amminoacidi (come prolina), composti dellammonio quaternario (come glicinabetaina), polioli (come mannitolo, ononitolo, sorbitolo, pinitolo) e zuccheri (come saccarosio, trealosio e fruttani). I soluti compatibili sono così denominati per la prerogativa di potersi accumulare nel citosol senza esplicare azioni nocive, quali risultano, ad esempio, dallaccumulo di Na+ che può denaturare le proteine. La natura del meccanismo di protezione consisterebbe, nei casi di forte accumulo, in un abbassamento del potenziale osmotico (Ψo) e nellesclusione preferenziale dalla sfera di idratazione delle macromolecole (nei primi stadi di disidratazione) con relativa protezione della configurazione polipeptidica nativa (Hoekstra et al., 2001). Per alcuni soluti dimostratisi protettivi a concentrazioni assai modeste (come la betaina, che in piante ingegnerizzate non supera le 0.05-5 µmol g FW-1 rispetto alle 4-40 µmol g FW-1 degli accumulatori naturali) si propone invece un ruolo stabilizzatore sui complessi lipoproteici plastidiali (Sakamoto et al., 2000). La prolina sarebbe un potente scavenger, come recentemente indicato dai ridotti livelli di malondialdeide (sostanza citotossica indicatrice del grado di perossidazione lipidica) ottenuti ingegnerizzando piante di tabacco tramite abolizione dellinibizione a feedback dellenzima biosintetico chiave (Nanjo et al., 1999; Hong et al., 2000). Infine, alcuni ricercatori individuano il ruolo benefico di vari soluti compatibili nellattivazione di vie anaboliche e/o cataboliche specifiche: ad esempio, il consumo di NAD(P)H potrebbe ripristinare uno stato redox cellulare ottimale e/o consentire la rigenerazione di cofattori ossidati (Shen et al., 1997). Per quanto riguarda laggiustamento osmotico, allabbassarsi del potenziale idrico (Ψw) del suolo, sia esso causato da una diminuzione dellumidità (abbassamento del potenziale di matrice) o da un aumento della salinità (diminuzione del Ψo) la pianta tollerante può rispondere con un parallelo aggiustamento del suo Ψw onde mantenere il gradiente di potenziale idrico per lassorbimento dacqua e conservazione del turgore, necessario alla fotosintesi ed alla crescita. Laggiustamento osmotico (OA) propriamente detto non risulta dalla mera concentrazione dei soluti causata dalla disidratazione ma bensì consiste in un accumulo attivo di composti in concentrazione tale da contribuire apprezzabilmente alla diminuzione del Ψo. LOA può essere messo in atto dalla pianta utilizzando ioni tossici ma relativamente abbondanti nei suoli come il Na+. Per quanto nelle glicofite (piante poco tolleranti la salinità) come Arabidopsis siano stati identificati raffinati sistemi desclusione apolastica del Na+ (Zhu , 2001), tutte o quasi le piante sembrano in grado di attivare strategie di compartimentazione vacuolare dello ione. Tali strategie di detossificazione sono ben sviluppate, soprattutto nelle alofite (piante tolleranti la salinità) e consistono nel mantenere il sale nel simplasto (e quindi profittare dellabbassamento del Ψo per assorbire/trattenere H2O) tramite traslocazione nel vacuolo via specifici antiporti Na+/H+. Talora, concentrazioni vacuolari di Na+ dellordine di 400-500 mM sono state registrate e, in casi estremi, si possono raggiungere accumuli prossimi a 1 M, laddove concentrazioni citosoliche di 100 mM risultano già tossiche (Apse et al., 2002). La reazione endoergonica di accumulo vacuolare è energizzata, tramite un gradiente elettrochimico protonico (∆µH + ) del tonoplasto, da H+-ATPasi e H+-pirofosfatasi tonoplastiche, spesso inducibili da stress salino e idrico (Blumwald et al., 1987; Drozdowicz e Rea, 2001; Kirsch et al., 1996; Dietz et al., 2001). Per quanto lenergizzazione del tonoplasto comporti un indubbio dispendio energetico, labbassamento del Ψo attraverso lOA inorganico può rappresentare unalternativa economica alle spese di ATP e potere riducente sovente necessarie per la sintesi di osmoliti organici (Zhu, 2001). Di fatto, in Arabidopsis, la sovraespressione dellH+pirofosfatasi AVP1 ha reso le piante notevolmente resistenti a stress idrico e salino (fino a 250 mM di NaCl; Gaxiola et al., 2001). Tale sovraespressione determina un forte aumento di Na+ e K+ nei tessuti, probabilmente in seguito alla stimolazione dellantiporto Na+/H+ che a sua volta è alimentato dal ∆µH+ tonoplastico. Risultati altrettanto soddisfacenti sono stati ottenuti sovraesprimendo lantiporto Na + -H + (AtNHX1) di Arabidopsis in Arabidopsis stessa (Apse et al., 1999), in Brassica napus (Zhang et al., 2001) ed in pomodoro (Zhang e Blumwald, 2001). È degno di nota che le prime caratterizzazioni fisiologiche dei componenti del sistema di compartimentazione del sodio (vale a dire, H + -ATPasi, H + -pirofosfatasi e antiporto Na+/H+ tonoplastici) sono state riportate per membri del genere Beta (Blumwald e Poole, 1987; Blumwald e Poole, 1985). Tali pompe e antiporti sono inoltre indotti da stress (Kirsch et al., 1996 Ghoulam et al., 2002; Dietz et al., 2001). Il meccanismo delluptake del sodio sembrerebbe consistere in parte nellassunzione aspecifica da parte di canali per il K+ voltaggio-dipendenti a bassa ed alta affinità, ma non si esclude un ruolo di canali specifici per il Na+ (Blumwald et al., 2000). La barbabietola da zucchero deriva con tutta probabilità dalla sottospecie Beta vulgaris ssp. maritima, una pianta annuale e spontanea, che cresce in molte zone costiere anche della nostra penisola. Al ricordo di questo habitat originario viene da vari autori attribuita la capacità della bietola di adattarsi più e meglio di altre colture importanti, alle condizioni di salinità e di sopravvivenza in condizioni di potenziale idrico sfavorevole (Dunham, 1993). Tale capacità non sembra peraltro interamente conservata nel pool coltivato, se è vero che attualmente solo l8% della superficie mondiale coltivata a bietola da zucchero ha sede nellarea del Mediterraneo, centro di maggior diffusione della bietola marittima selvatica (Ranalli, 1999). Alcune informazione sui parametri di base in grado di descrivere lo stato idrico della pianta sono state raccolte in esperimenti riguardanti la barbabietola, sia in prove di campo che in condizioni controllate. Labbassamento del potenziale idrico del suolo provoca un decremento proporzionale della traspirazione, ma lentità di tale decremento è anche funzione dellumidità dellaria, almeno entro certi limiti. Al calare del potenziale idrico del suolo, i livelli di traspirazione calano a valori di circa il 15% di quelli iniziali passando a potenziali da 0 a - 4 bar; negli ultimi anni peraltro si è avuta la possibilità di misurare in loco lo sviluppo radicale della bietola, ed è stato riscontrato che la pianta è in grado di spingere le sue radici fino a profondità di circa 3 metri, dato questo che fornisce una prima spiegazione della buona capacità di adattamento della bietola alla carenza di acqua. La profondità dellapparato radicale è quindi certamente uno dei sistemi costitutivi di resistenza allo stress idrico, anche se non sembra che per questo specifico tratto esista una significativa variabilità fra cv diverse (Biancardi et al., 1997). Come già discusso, uno dei meccanismi fondamentali coinvolti nella tolleranza allo stress idrico è laggiustamento osmotico. Alcuni dati fanno ritenere che la bietola sia una pianta con un buon grado di aggiustamento osmotico: durante i periodi di deficit idrico, la diminuzione del potenziale osmotico dovuta allaccumulo netto di soluti consente il mantenimento del turgore e lapertura stomatica, permettendo così la continuazione della fotosintesi. Laggiustamento osmotico presenta peraltro anche un possibile svantaggio per la coltura, in quanto la capacità di accumulare soluti e continuare a fotosintetizzare peggiora nettamente la qualità della radice, pur incidendo positivamente sulla resa in radici e in zucchero totale. Va tuttavia rilevato che, in bietola, lOA risulta in un accumulo preferenziale di ioni nelle foglie rispetto alle radici (Ghoulam et al., 2002). Inoltre, in esperimenti di transgenesi, laccumulo di Na+ interessa solo marginalmente le radici e in certi casi si registra una diminuzione del K+ radicale (Zhang et al., 2001; Zhang e Blumwald, 2001). Negli ultimi anni si è iniziato un sistematico screening del germoplasma conservato come seme presso le banche europee, americane o giapponesi. Una delle priorità individuate a livello europeo è stata lanalisi di tale germoplasma, allo scopo di reperire eventuali fonti di resistenza ad alcuni importanti stress biotici, ed allo stress idrico, ritenuto particolarmente importante come principale stress abiotico limitante la produttività in Europa. Tale screening ha individuato alcune accessioni putativamente maggiormente tolleranti la carenza idrica di altre, almeno a giudicare da una crescita meno ritardata rispetto ai controlli in condizioni controllate. Su alcuni di tali genotipi, appartenenti sia alla specie B. vulgaris (ssp. vulgaris o maritima) che ad altre specie (B. webbiana) sono stati effettuati esperimenti preliminari per descrivere il comportamento di queste piante in condizioni di carenza idrica indotta in camere di crescita, allo scopo di individuare eventuale variabilità per tali parametri e metterli in relazione con una Agroindustria / Agosto 2002 99 maggiore tolleranza la carenza idrica. La bietola avrebbe ampie potenzialità per difendersi efficacemente da stress idrici e/o salini tramite lOA inorganico. In questo lavoro preliminare presentiamo, assieme alla valutazione di parametri tipici della risposta allo stress idrico quali LRWC o il danno tissutale misurato come rilascio di elettroliti (Injury Index; I% ), la messa a punto di test di monitoraggio rapidi e sensibili per stimare la variabilità intraspecifica per l OA in bietola. In particolare, è stata osservata una correlazione tra parametri indicatori di OA come il peso secco e il rilascio di elettroliti. Il raffinamento e la standardizzazione di tali metodi potrà verosimilmente consentire screening su vasta scala del germoplasma di bietola, permettendo di evidenziare - ove sussista - variabilità intraspecifica per LOA come premessa per approcci di breeding. MATERIALI E METODI Germoplasma. Il seme delle accessioni di Beta utilizzato proviene dalla banca di germoplasma dellInstitut für Pflanzengenetik und Kulturpflanzenforschung (IPK) di Gatersleben, Germania. Le accessioni citate in questo lavoro (280: Beta vulgaris ssp maritima, sito di origine Almirita, Creta; 326: Beta vulgaris ssp maritima sito di origine Monastiraki, Creta; 157 6309: Beta vulgaris ssp vulgaris leaf beet sito di origine Sepino Campobasso) sono elencate, con le loro caratteristiche, al sito www.genres.de/ beta/. Il seme della cv commerciale Bianca è stato ottenuto dalla Sezione Operativa Periferica di Rovigo dellIstituto Sperimentale per le Colture Industriali. Determinazione del Relative Water Content (RWC). Le accessioni o varietà da esaminare sono state seminate in vasi di 10 x 10 x 17 cm contenenti 1 parte di sabbia e 2 di torba (900 g per vaso), e la cui capacità di campo è stata determinata con esperimenti preliminari. Le piante di controllo sono state mantenute durante tutti gli esperimenti al 65% della capacità di campo, pesando prima di ogni apporto idrico ciascun vaso. A tale valore era stato infatti verificato, mediante esperimenti preliminari, il RWC dei controlli rimaneva costante durante tutta la durata dellesperimento. Le piante di ogni genotipo, sia di controllo che sottoposte a stress (almeno 12 piante per trattamento) sono state allevate in un fitotrone Sanyo Gallenkamp modello SGC097 alla temperatura di 23°C (giorno) o 19°C (notte), con un fotoperiodo di 16 ore di luce e ad umidità relativa mantenuta costante al 60%. Tutte le piante sono state mantenute al 65% della capacità di campo fino allo stadio di 5a-6a foglia (circa 40-45 giorni dopo la semina), quando ad un gruppo di 16 piante per genotipo è stato sospeso il trattamento irriguo, mentre alle 16 piante di controllo si è continuata la somministrazione di acqua. 100 Agroindustria / Agosto 2002 Dallo stadio di 3a-4a foglia in avanti, ogni 7 giorni il valore di RWC è stato misurato su tutte le piante nel modo seguente: un dischetto del diametro di 7 mm è stato escisso dalla lamina della terzultima foglia, subito inserito allinterno di un tubo Eppendorf da 0,2 ml prepesato allo scopo di limitare al massimo la perdita dacqua, e ne è stato determinato il peso fresco (FW) con una bilancia Sartorius 4503 Micro. Ogni dischetto è stato poi lasciato galleggiare in acqua distillata per 24 ore a 4°C e pesato per determinarne il peso turgido (TW); infine, i dischetti sono stati essiccati a 80°C per 16 ore e pesati ancora per la determinazione del peso secco (DW). Il Relative Water Content è stato calcolato come: RWC = (FW - DW) / (TW - DW) x 100. Injury Index. Sulla base della procedura descritta da Vasquez-Tello et al., (1990) quattordici dischetti (diametro 9 mm) per replica sono stati prelevati da foglie giovani completamente sviluppate di piante ben irrigate. Gli elettroliti derivanti dalla lacerazione meccanica del tessuto sono stati eliminati con abbondanti lavaggi (4 x 20 min) con acqua deionizzata (µSiemens cm-1 <1). Successivamente, 7 dischetti sono stati incubati in 10 ml di H2O deionizzata (controllo) e altri 7 dischetti in 10 ml PEG 6000 30 % (w/v) per il trattamento disidratante (4 h a 25 °C con mescolamenti occasionali). I dischetti di controllo e trattati sono poi stati lavati rapidamente con acqua deionizzata (3 x 5 sec) e sono stati aggiunti a 15 ml di H 2O deionizzata per la misura del rilascio di elettroliti. La conduttività dell acqua di rilascio dei dischetti di controllo (Cc) e dei dischetti stressati (Cs) è stata misurata dopo 18 h di incubazione al buio (25 °C). Senza sostituire la soluzione di rilascio, i tubi con i dischetti di controllo e trattato sono stati poi incubati in un bagno termostatato a 83 °C per 1 h. Dopo raffreddamento a 25° C è stata misurata la conduttività totale (Ct). Tutte le misure di conduttività sono state effettuate con un conduttimetro DeltaOhm HD 9213. LInjury Index (I%) è stato così calcolato: [1-(Ct - Cs)/(Ct - Cc)] x100. Misura elettroliti totali. Tre dischetti (diametro 11 mm) sono stati prelevati dalla terza-quarta foglia completamente sviluppata per ogni pianta (minimo 4 piante per misurazione) e lasciati galleggiare in 15 ml di acqua deionizzata (µSiemens cm-1 < 1). La conduttività è stata misurata come sopra descritto dopo incubazione a 83 °C per 1h e raffreddamento a 25 °C (Vasquez-Tello et al., 1990). RISULTATI E DISCUSSIONE Injury Index. Linjury index (I%) è un parametro legato alla resistenza tissutale alla disidratazione, e, causa la rapidità dello stress imposto, si ritiene misuri caratteri di resi- stenza allo stress costitutivi e quindi in certa misura filogeneticamente fissati. Si determina tramite il rilascio di elettroliti da dischi fogliari sottoposti a Ψw dellordine di -1,4 MPa (PEG 30%; Steuter et al., 1981). Poiché piante di assodata resistenza allo stress idrico sovente esibiscono un I% inferiore a piante suscettibili, il test è considerato predittivo di resistenza (Vasquez-Tello et al., 1990; Costa Franca et al., 2000). Nella figura 1 è mostrato un esperimento tipico di Injury Index effettuato in parallelo su specie tassonomicamente distanti dalla bietola (Triticum ssp, Smilax ssp) oppure in accessioni del gruppo Beta (vedi legenda). Nonostante lI% esibito da Smilax ssp. sia significativamente basso, specialmente se rapportato allI% di Triticum ssp., la variazione intraspecifica nel gruppo Beta si assesta sul 6-7%, suggerendo scarsa variabilità per questo carattere. RWC e aggiustamento osmotico. La percentuale della capacità di campo che permettesse uninsorgenza della carenza idrica in tempi relativamente brevi e compatibili con lo sviluppo che la pianta può raggiungere allinterno della camera di crescita è stata determinata con esperimenti preliminari sulla cv Bianca (Beta vulgaris ssp. vulgaris). Piante di questa cv sono state mantenute al 65, 80 o 100% della capacità di campo (CC), e i valori di RWC sono stati registrati nellarco di un periodo di 35 giorni; a partire dal 42° giorno dalla semina (DAS; stadio di 5a-6a foglia) lacqua non è più stata somministrata. Poiché a tutte e tre le percentuali di capacità di campo i valori di RWC sono risultati costanti (85-90%), è stato determinato che il 65% della capacità di campo è sufficiente a mantenere la pianta in uno stato idrico vicino allottimale. Tali condizioni di crescita e umidità del substrato (65% di CC) sono state perciò correntemente utilizzate per monitorare landamento dellRWC ed altri parametri in condizioni di stress (sospensione dellirrigazione) oppure controllo (CC mantenuta a 65%) di accessioni selvatiche. Particolare attenzione è rivolta allanalisi delle variazioni del peso secco; è stato altrove osservato che laccumulo di soluti conseguente allaggiustamento osmotico si traduce in una diminuzione del rapporto TW/ DW attribuibile allaumento del peso secco (Turner et al., 1987). Infatti, il rapporto TW/ DW è considerato da vari autori una stima veloce ed efficace dellentità dellOA, e si ipotizza possa essere conseguenza di un ispessimento delle pareti e soprattutto di accumulo di osmoliti (Liu e Stutzel, 2002). A titolo esemplificativo della sperimentazione in corso, riportiamo landamento dell RWC di alcune accessioni di Beta vulgaris ssp. maritima (280 e 326; Fig. 2A). Come visibile nella figura 2B, in cui si analizza il dettaglio dellandamento del peso secco, con il progredire dello stress si 5 LOD V F LR ( OH W WU R OLWL 14 12 10 [ H G Q L \ U X M % YXOJDULV%LDQF D % YXOJDULV % P DULWLP D % P DULWLP D 6 P LOD[ VSS 7ULWLFXP VSS 8 6 Q L 4 2 0 $ F F HV V LRQ L Figura 1 - Injury Index (I%) misurato su specie tassonomicamente distanti dalla bietola (Triticum spp., Smilax spp.) e in accessioni del gruppo Beta (B. vulgaris 157; B. maritima 326; B. maritima 280; B. vulgaris cv Bianca). Dischetti prelevati da piante ben idratate sono stati sottoposti a rapida disidratazione tramite incubazione in PEG 30% per 4 h ed il rilascio di elettroliti rispetto a dischetti di controllo (trattati con acqua deionizzata) è stato misurato con un conduttimetro. LI% rappresenta la percentuale degli elettroliti rilasciati dopo trattamento con PEG rispetto agli elettroliti totali (confrontato con i controlli) ed è calcolato in dettaglio come descritto nei materiali e metodi. È mostrato un esperimento tipico, risultati simili sono stati ottenuti in tre esperimenti indipendenti Figure 1 - Injury Index (I%) was measured in species taxonomically distant from beet (Triticum spp, Smilax spp) and in accessions belonging to Beta group (B. vulgaris 157; B. maritima 326; B. maritima 280; B. vulgaris cv Bianca). Leaf discs collected from well-hydrated plants were subjected to quick dehydration by treatment with PEG 30% (4 h) and electrolyte leakage as compared to discs treated with water (control) was measured with a conductimeter. I% indicates the percent of electrolytes released following PEG treatment in relation to total electrolytes as compared to controls and is calculated as detailed in materials and methods. A typical experiment representative of three is shown. evidenzia una relazione di proporzionalità inversa tra RWC e peso secco cm-2, suggerendo linsorgenza di un OA teso a contrastare la disidratazione. Tale incremento di peso secco è stato verificato in varie altre accessioni selvatiche (dati non presentati). Per meglio comprendere la natura di tale fenomeno, parallelamente ai rilievi di RWC è stato stimato il contenuto totale di elettroliti per unità di superficie fogliare. Come mostrato nella figura 2C, dopo rilascio degli elettroliti totali si rileva un progressivo aumento di conduttività per cm2 nelle foglie di piante stressate, indicativo di un accumulo di elettroliti. Tale aumento di conduttività correla con lincremento di peso secco nelle piante stressate, e sarebbe perciò consistente con linsorgere di un OA di tipo inorganico. È interessante notare quindi che la misurazione degli elettroliti totali sembrerebbe prestarsi a stime rapide ed accurate sulla capacità di OA inorganico. Qualora la capacità di OA di bietole coltivate risultasse meno pronunziata di quanto rilevato per il germoplasma selvatico, approcci di breeding tesi allintrogressione del carattere OA parrebbero di notevole interes- se agronomico. Screening in tal senso di cultivar sono in corso al fine di chiarire questa importante questione. CONCLUSIONI Nella sua classica review del 1982 sulla produttività delle piante di interesse agrario in rapporto alle problematiche ambientali che la limitano, Boyer conclude che sono possibili notevoli miglioramenti della produttività, e che una strada per conseguirli è lo studio dei meccanismi di risposta della pianta agli stress, studio dal quale spesso si apprende che le piante hanno evoluto metodi per cambiare i processi coinvolti ed arrivare alladattamento, e che inoltre tali tratti di valore adattativo sono ereditabili. Boyer conclude che dal momento che gli input agricoli stanno diventando costosi e scarsi, le piante che avessero adattamenti genetici che migliorino la loro performance in condizioni ambientali avverse sarebbero rapidamente accettate per la loro convenienza economica e necessità ambientale. È interessante notare come Boyer scrivesse alla vigilia di quella che molti oggi chiamano la seconda rivoluzione verde, quel- la portata dalle biotecnologie vegetali. Nonostante nel 1982 gli straordinari progressi della genetica molecolare vegetale e le sue applicazioni biotecnologiche fossero appena agli inizi, resta valida ancora nel 2002 la necessità di ulteriori investimenti nella ricerca sugli stress abiotici per chiarire i complessi meccanismi che ne sono alla base. Inoltre, negli ultimi anni la comunità scientifica è diventata sempre più consapevole della necessità di valorizzare le risorse genetiche vegetali, sia quelle provenienti da banche di germoplasma sia quelle conservate o moltiplicate in situ. Tali risorse sono ancora poco conosciute e sfruttate, ed è prevedibile che il loro studio ed utilizzo anche per il miglioramento per gli stress abiotici sia potenzialmente in grado di produrre una terza rivoluzione verde. Il presente lavoro pone le basi per uno studio sistematico della possibile variabilità genetica presente nel germoplasma di Beta relativamente ad alcuni indicatori fisiologici di stress idrico e di tratti inducibili quali la capacità di OA. I risultati preliminari mostrano un buon OA nelle accessioni selvatiche (B. vulgaris ssp. maritima); occorrerà nel prosieguo del lavoro comparare sistematicamente tali indicatori nel germoplasma selvatico e in quello coltivato (B. vulgaris ssp. vulgaris), allo scopo di fornire strumenti statisticamente significativi al selezionatore interessato a sviluppare materiali più tolleranti lo stress idrico. BIBLIOGRAFIA Apse M.P., Blumwald E.U., 2002. Engineering salt tolerance in plants. Current Opinion in Biotechnology 13, 146-150. Apse M.P., Aharon G.S., Snedden W.A., Blumwald E., 1999. Salt tolerance conferred by overexpression of a vacuolar Na+/H+ antiport in Arabidopsis. Science 285, 1256-8. Biancardi E., Mandolino G., Boschetti W., 1997. A study of the sugar beet root system by endoscopic techniques. Proc. of the 29 th General Meeting of American Society of Sugar Beet Technologists, Phoenix U.S.A.) 2-5 marzo 73-81. Blumwald E., Poole R.J., 1985. 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Tre dischetti per replica (diametro 11 mm) sono stati incubati in 15 ml di acqua deionizzata per 1 h a 83°C . Dopo raffreddamento, la conduttività (elettroliti totali) della soluzione è stata misurata ed espressa in µSiemens cm-1 per unità di superfice fogliare (cm2). I dischetti sono stati prelevati a 0, 7 e 14 giorni dalla sospensione dellirrigazione. Sono riportate le medie (± SD) di almeno 4 repliche, ove ciascuna replica rappresenta una pianta distinta. Figure 2 - Drought stress response in B. maritima 326 e 280 A) The Relative Water Content (RWC) was measured at 0, 7, 14 and 21 days starting from irrigation suspension in stressed plants. Means (± SD) of at least 12-18 replicates. B) Dry weights of 7 mm diameter leaf discs collected from stressed and control plants at 0, 7, 14 and 21 days after suspension of irrigation. Values and error bars are as described in section A. C) Conductivity cm-2 of leaf surface following total electrolyte release. Three discs per replicate (11 mm diameter) were incubated in 15 ml of deionized water for 1 h at 83°C. Upon cooling to room temperature, conductivity (total electrolytes) of the bathing solution was measured and reported in µSiemens cm-1 cm-2). Leaf discs were harvested at 0, 7 and 14 days after water withholding. Data represent means of at least four replicates (± SD), and each replicate represents a distinct plant. 102 Agroindustria / Agosto 2002 Dietz K.J., Tavakoli N., Kluge C., Mimura T., Sharma S.S., Harris G.C., Chardonnens A.N., Golldack D., 2001. Significance of the V-type ATPase for the adaptation to stressful growth conditions and its regulation on the molecular and biochemical level. J Exp Bot 52, 1969-80. Drozdowicz Y.M., Rea P.A., 2001. Vacuolar H(+) pyrophosphatases: from the evolutionary backwaters into the mainstream. Trends Plant Sci 6, 206-11. Dunham R.J., 1993. Water use and irrigation. In: Cooke D.A., Scott R.K. (eds.). The sugar beet crop. 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Agroindustria / Agosto 2002 103 Caratterizzazione delle componenti di resistenza a Cercospora beticola Sacc. in linee parentali di barbabietola da zucchero Vittorio Rossi, Paola Battilani, Istituto di Entomologia e Patologia vegetale, Università Cattolica del Sacro Cuore RIASSUNTO Sei linee parentali di barbabietola da zucchero (tre maschio sterili e tre impollinanti), impiegate in programmi di miglioramento genetico per la resistenza a Cercospora beticola da due società sementiere, sono state caratterizzate per il livello di resistenza e per le varie componenti di resistenza (RC). In particolare, mediante esperimenti condotti in condizioni controllate con inoculazioni artificiali, sono state determinate le seguenti RC: efficienza dinfezione dei conidi (INF), durata del periodo dincubazione (IP), dimensione delle macchie necrotiche (LS), produzione di spore sulle macchie necrotiche (SY). Il livello di resistenza delle sei linee è risultato assai variabile; tanto fra gli impollinanti che fra i maschio sterili sono state reperite linee con buona resistenza. Alcune linee sono risultate portatrici di caratteri che riducono fortemente INF e che allungano IP; altre sono risultate caratterizzate da una minore LS. Al contrario, il livello di SY delle diverse linee è stato dello stesso ordine di grandezza. La variabilità fenotipica fra linee è risultata elevata per INF, molto modesta per IP e SY; la variabilità fra piante entro linea è risultata generalmente ampia e non sempre distribuita in modo uniforme, sia perché alcuni fenotipi sono risultati più rappresentati rispetto a quanto atteso, sia per la presenza di piante con caratteristiche estreme. Parole chiave: Cercospora beticola, componenti di resistenza, infezioni artificiali, variabilità fenotipica. ABSTRACT Resistance components to Cercospora beticola Sacc. in sugar beet parental lines Six sugar beet parental lines (three male sterile lines and three pollinators) used by two seed companies (Agra, hereinafter AG, and Produttori Sementi, hereinafter PS) in their breeding programs aimed at improving resistance to Cercospora beticola were characterized for both the resistance level and the resistance components (RC). Two male sterile lines were supplied by AG, one for autumn seed (AG_Ms1) and one for spring seed (AG_Ms2), and one pollinator (AG_Im1). The pollinator was obtained with massal selection, followed by half-sib selection, with plants cloned and auto-pollinated. PS provided a male sterile (PS_Ms1) and two pollinators (PS_Im1, PS_Im2); PS_Ms1 is a population and no selection was operated on it, while the pollinators are the result of a massal selection. By environment-controlled monocyclic infection experiments the following RC were measured: infection efficiency of conidia (INF), length of incubation period (IP), size of necrotic lesions (LS), spore yield on necrotic spots (SY). The resistance level of the six lines ranged between susceptible and very resistant; highly resistant lines were found in both male sterile and pollinators. Some lines were characterized by low INF and long IP, while other lines by a low LS. On the contrary, SY showed lower variability. The phenotypic variability between lines was high for INF and very low for IP and SY. Variability within lines was generally high and frequently not normally distributed; some phenotypes were more frequent than expected according to a normal distribution, and outliers were frequently present. The variability of RC between plants, within lines, was highly influenced by the genetic structure of the line. AG_Im1, for example, obtained with massal selection followed by half-sib selection, with plants cloned and auto-pollinated, showed low variability. On the contrary, PS_Im1 and especially PS_Im2, obtained using only massal selection, showed high variability within lines, with several phenotypes represented. The results obtained in this study were in general agreement with the resistance level attributed by seed companies following empiric evaluations of the six parental lines in field. Regarding AG, AG_Ms1 was considered susceptible to C. beticola, as was AG_Ms2, even if with a lower level of susceptibility; on the contrary, AG_Im1 was classified as highly resistant. Regarding PS, PS_Im2 was considered as the most resistant line, followed by PS_Im1 and by PS_Ms1. In field observations, PS_Im1 was better evaluated than in this study. The behaviour of PS_Im1 was highly influenced by INF, the RC that showed a high variability between plants and several outliers with severe INF. The genetic heterogeneity of plants probably influenced the visual assessment and the role of outlier was considered differently during the visual assessment in field, where dominant behaviour was most considered. The picture of resistance characters obtained in this work represents an interesting basis for future research where RC will be evaluated in F1, F2 and back-cross. Keywords: Cercospora beticola, resistance components, artificial infection, phenotypic variability. Autore corrispondente: Rossi V. Istituto di Entomologia e Patologia vegetale, Università Cattolica del Sacro Cuore, via E. Parmense, 84 29100 Piacenza, Italia Tel 0523 599253 - Fax 0523 599256 E-mail: [email protected] Lavoro svolto nellambito del Progetto Finalizzato Miglioramento della barbabietola da zucchero per lambiente mediterraneo, finanziato dal MiPAF. 104 Agroindustria / Vol. 1 / Num. 2 2002 INTRODUZIONE La resistenza a Cercospora beticola Sacc. in barbabietola da zucchero si manifesta con una rallentamento della progressione temporale delle epidemie, così che, in ogni momento dellepidemia, la gravità della malat- tia sulle varietà resistenti è inferiore rispetto a quella delle varietà suscettibili (Rossi e Battilani, 1990; Rossi, 1995; Rossi, 1999). Questo tipo di resistenza è stato definito come quantitativa, parziale, durevole o rate-reducing (CAB, 1973; Nelson, 1978; Johnson et al., 1993); si tratta di una forma di resistenza nella quale la pianta riduce il tasso di sviluppo del patogeno (Jeger et al., 1983). In termini generali, questo tipo di resistenza si esplica attraverso una serie di componenti di resistenza (RC, resistance components), quali: i) una riduzione della capacità di ogni propagulo di causare nuove infezioni, ii) un allungamento dei periodi dincubazione e di latenza, iii) una diminuzione della velocità di espansione delle aree infette sulla pianta; iv) una minore capacità di produrre nuovi propaguli sulle aree infette; v) una riduzione del periodo di fertilità del patogeno (periodo infezioso) (Parlevliet, 1979). Studi condotti da Rossi et al. (1999a, 2000) hanno dimostrato che le RC che intervengono nella resistenza a C. beticola in barbabietola da zucchero sono: lefficienza dinfezione dei conidi, la durata del periodo dincubazione, la dimensione delle macchie necrotiche e la produzione di spore sulle macchie necrotiche. Tutte le suddette RC concorrono a determinare la resistenza, ma con pesi differenti da genotipo a genotipo; è stato infatti osservato che, mentre in certi genotipi lefficienza dinfezione ha un ruolo primario nel determinare il livello di resistenza, in altri genotipi prevalgono altre RC (Rossi, 2000). Le resistenze di questo tipo sono generalmente controllate da più geni: è noto che, in barbabietola da zucchero, ne sono coinvolti quattro o cinque (Saito, 1966; Smith e Gaskill, 1970; Smith e Ruppel, 1974; Koch, 1997; Koch, 2000; Skaracis e Biancardi, 2000), ma, al momento, non si conoscono le relazioni intercorrenti fra geni e RC (Rossi, 2000). Nellambito del progetto Miglioramento genetico della barbabietola da zucchero per lambiente mediterraneo è stata impostata una ricerca finalizzata ad acquisire conoscenze sul controllo genetico delle diverse RC. Sono stati quindi programmati incroci F1, F2 e back-cross fra linee parentali con diversi livelli di resistenza. In questo lavoro preliminare, vengono illustrate le caratteristiche di resistenza delle sei linee parentali impiegate nella ricerca. MATERIALI E METODI Linee di barbabietola. Sono state impie- Tabella 1 - Valori medi, intervalli di variazione (range) e varianze per quattro componenti di resistenza a C. beticola, in sei linee di barbabietola da zucchero: efficienza dinfezione dei conidi (INF), durata dellincubazione (IP), area delle macchie necrotiche (LS), produzione di spore (SY). Table 1 - Mean values, range of variation and variance of four resistance components to C. beticola, in six sugar beet parental lines: infection efficiency of conidia (INF), length of incubation period (IP), size of necrotic spots (LS), spore yield (SY). Componenti di resistenza INF -2 n cm IP °C LS SY 2 3 mm INF -2 -2 n10 cm $*B0V n cm IP LS °C SY 2 mm n103cm-2 36B0V Media 0.30 285 8.5 41.2 0.47 221 5.0 36.6 Range 0.98 288 15.8 137.0 1.35 263 9.9 102.1 Varianza 0.064 5009.7 0.21 711.59 0.144 5073.3 0.06 478.65 $*B0V 36B,P Media 0.14 329 12.4 37.0 0.66 217 5.5 34.5 Range 0.83 372 27.0 190.3 2.27 205 21.2 84.2 Varianza 0.038 10080.6 0.34 1502.02 0.373 2849.1 0.17 469.54 $*B,P 36B,P Media 0.08 278 15.5 28.1 0.35 225 5.4 31.9 Range 0.50 356 28.2 73.3 1.60 324 20.6 120.3 Varianza 0.011 9065.0 0.52 354.83 0.141 3654.2 0.18 623.27 nuovi conidi e le infezioni secondarie. Le piante sono state allevate in queste condizioni per 4 settimane, fino alla completa comparsa dei sintomi di malattia. In totale, sono state inoculate 300 piante, suddivise in 5 esperimenti. Rilievo delle RC. Sempre seguendo il metodo di Rossi et al. (1999a, 2000), sono state rilevate le seguenti RC su 4 foglie per ogni pianta: efficienza dinfezione dei conidi (INF, espressa come numero di macchie necrotiche per cm2 di superficie fogliare al termine del periodo di osservazione); durata del periodo dincubazione (IP, come 3,5 Area fogliare ammlata (%) gate sei linee di barbabietola da zucchero (Beta vulgaris L. var. saccharifera) utilizzate in programmi di miglioramento genetico per la resistenza a C. beticola da due società sementiere, Agra di Massalombarda (da qui in avanti siglata AG) e Produttori Sementi di Bologna (PS). AG ha messo a disposizione due linee maschiosterili, una a semina autunnale (siglata AG_Ms1) ed una primaverile (AG_Ms2), ed un impollinante (AG_Im1). Limpollinante è il risultato di una selezione massale per resistenza, seguita da una selezione half-sib, i cui individui sono stati clonati e riprodotti per autofecondazione. PS ha fornito un maschiosterile (PS_Ms1) e due impollinanti (PS_Im1, PS_Im2); PS_Ms1 è una popolazione sulla quale non è stata operata alcuna selezione, mentre i due impollinanti sono il risultato di selezioni massali. Allevamento delle piante ed infezione. Le piante sono state seminate ed allevate in vasi di plastica contenenti torba, in serra termocondizionata, sotto luce artificiale. Secondo quanto descritto da Rossi et al. (1999a), alla fase di 4-6 foglie vere, le piante sono state disposte entro appositi box e sottoposte ad inoculazione artificiale, nebulizzando in modo uniforme una sospensione di conidi (3x105 per ml) prodotti in vitro da tre ceppi di C. beticola. Le piante inoculate sono poi state mantenute in condizioni termo-igrometriche tali da favorire, prima, la germinazione dei conidi e linfezione, e da evitare, poi, la produzione di 3 2,5 2 1,5 1 0,5 0 AG_Ms1 AG_Im1 PS_Im1 AG_Ms2 PS_Ms1 PS_Im2 Figura 1 - Gravità media delle infezioni di C. beticola (espresse come % di area fogliare ammalata) in sei linee parentali di barbabietola da zucchero, al termine di un ciclo dinfezione artificiale in condizioni ambientali controllate. Le sigle AG e PS indicano la provenienza (Agra e Produttori Sementi, rispettivamente); Ms sta per maschiosterile, Im per impollinante. Figure 1 - Disease severity of C. beticola infections (as % of affected leaf area) in six sugar beet parental lines, at the end of an infection cycle developed under environment-controlled conditions. AG and PS indicate the origin (Agra and Produttori Sementi, respectively); Ms indicates a sterile male line, Im a pollinant. Agroindustria / Agosto 2002 105 Area fogliare ammalata (%) 100 80 AG_Ms1 (22.4) 60 AG_Ms2 (10.0) 40 20 AG_Im1 (4.2) Area fogliare ammalata (%) 0 100 80 PS_Ms1 (29.0) PS_Im1 (29.5) 60 40 PS_Im2 (15.5) 20 0 1 16 31 46 61 76 Giorni dell’epidemia Figura 2 - Andamento delle epidemie di C. beticola (espresso come valore giornaliero della % di area fogliare ammalata) in sei linee parentali di barbabietola da zucchero, simulato sulla base delle componenti di resistenza misurate, per ciascuna linea, mediante infezioni artificiali in ambiente controllato. I valori fra parentesi indicano lAUDPC (Area Under Disease Progress Curve). Figure 2 - Progress of C. beticola epidemics (as daily value of % affected leaf area) in six sugar beet parental lines, calculated on the basis of the resistance components measured in environment-controlled experiments. Values between parentheses indicate AUDPC (Area Under Disease Progress Curve). Tabella 2 - Percentuale di piante portatrici di caratteri favorevoli per la resistenza a C. beticola, in sei linee di barbabietola da zucchero, per le quattro componenti di resistenza: efficienza dinfezione dei conidi (INF), durata dellincubazione (IP), area delle macchie necrotiche (LS), produzione di spore (SY). Table 2 - Percentage of plants showing resistance to C. beticola, in six sugar beet parental lines, related to four resistance components: infection efficiency of conidia (INF), length of incubation period (IP), size of necrotic spots (LS), spore yield (SY). Componenti di resistenza Genotipi INF IP LS SY AG_Ms1 27.6 25.0 79.3 36.7 AG_Ms2 76.9 46.9 50.0 64.0 AG_Im1 87.5 34.4 31.3 70.0 PS_Ms1 57.5 25.0 67.6 50.0 PS_Im1 47.5 33.3 65.8 59.5 PS_Im2 65.0 37.5 73.7 71.1 106 Agroindustria / Agosto 2002 sommatoria termica giornaliera, con base 5°C, calcolata fra linoculazione e la comparsa dei sintomi sul 50% delle foglie sintomatiche a fine ciclo); area delle macchie necrotiche (LS, come superficie media di ogni macchia, in mm2, a fine ciclo); produzione di conidi (SY, come numero medio di conidi prodotti per unità di area necrotica dopo 48 ore di incubazione in aria satura, a 20°C). È stata inoltre determinata, foglia per foglia, la gravità dei sintomi di malattia al termine del ciclo dinfezione, espressa come percentuale di area fogliare ammalata: la superficie totale delle foglie e quella coperta da macchie necrotiche sono state misurate mediante Area Meter LI-COR 2000. Elaborazione dei dati. I dati relativi alle RC ed alla gravità di malattia sono stati espressi come media per pianta (4 foglie per pianta). Sono stati quindi calcolati i valori medi per le sei linee e, per valutare la loro variabilità entro, i relativi indici di dispersione. Per avere indicazioni circa la variabilità di ogni RC fra le sei linee, è stato calcolato il coefficiente di variazione (CV), come rapporto percentuale fra deviazione standard e media. Per determinare leffetto delle RC misurate in un unico ciclo dinfezione sulla progressione della malattia in campo, ove si susseguono numerosi cicli infettivi nel corso della stagione, è stato utilizzato un programma di simulazione delle epidemie di C. beticola, precedentemente elaborato e validato (Rossi et al., 1994, 1999b). Impiegando un insieme rappresentativo di dati meteorologici, rilevati a Diamantina (FE) nel 2001, è stato così calcolato, giorno per giorno fra il 20 Giugno ed il 3 Settembre, il valore di gravità della malattia per le sei linee, come pure lAUDPC (Area Under Disease Progress Curve) al termine delle epidemie (Zadoks e Schein, 1979). Per confrontare fra loro le RC delle sei linee si è proceduto nel modo seguente. I dati, originariamente espressi in differenti unità di misura, sono stati dapprima standardizzati: (xi xm)/ds, dove xi è la media per pianta, xm e ds sono rispettivamente la media e la deviazione standard per prova. In questo modo, sono stati ottenuti valori espressi nella medesima scala di misura, nellintervallo ± ∞: valori inferiori alla media hanno così assunto valori negativi, quelli superiori valori positivi, mentre quelli coincidenti con il valore medio sono risultati uguali a zero. Successivamente, sono state calcolate le distribuzioni di frequenza dei valori standardizzati per varie classi di ampiezza. Tali distribuzioni di frequenza sono state confrontate, mediante test X2, con la distribuzione normale, allo scopo di verificare lipotesi di uguaglianza fra le due distribuzioni (Snedecor e Cochran, 1973). Le linee sono state quindi caratterizzate in base alla frequenza di 0.4 AG_Ms1 X2 = 6,1 P = 0.013 media = 0.63 ds = 1.182 0.2 0 0.6 AG_Ms2 X2 = 23.7 P < 0.001 Frequenza 0.4 media = -0.14 ds = 0.885 0.2 0 0.8 AG_Im1 X2 = 20.4 P < 0.001 0.6 0.4 media = -0.42 ds = 0.568 0.2 0 -2 -1 0 1 2 3 4 INF (valori standardizzati) Figura 3 - Distribuzione di frequenza dei valori standardizzati dellefficienza dinfezione dei conidi di C. beticola (INF) in piante di tre linee parentali di barbabietola da zucchero. Gli istogrammi indicano le distribuzioni osservate, le linee le distribuzioni attese secondo distribuzioni normali aventi media e deviazione standard (ds) indicate; X2 e P indicano i valori della statistica chi-quadrato e delle corrispondenti probabilità, per lipotesi di uguaglianza fra distribuzioni osservate ed attese. Figure 3 - Frequency distribution of plants of three sugar beet parental lines according to the infection efficiency of C. beticola conidia (INF, as standardized values) inoculated on their leaves. Histograms indicate the observed distributions, lines are the distributions expected according to normal distributions with mean and standard deviations (ds) indicated; X2 and P indicate the values of chi-square statistic and the related probability, respectively, under the hypothesis of equality between observed and expected distributions. piante con valori standardizzati inferiori alla media (ossia con segno negativo) e superiori (segno positivo), per ognuna delle RC. RISULTATI Differenze fra genotipi. Le sei linee hanno mostrato valori differenti di gravità delle infezioni di C. beticola (Fig. 1). La linea AG_Im1 ha fatto registrare i valori più bassi di area fogliare ammalata al termine del ciclo dinfezione artificiale, seguita da AG_Ms2 e PS_Im2. La variabilità entro genotipi è risultata relativamente omogenea, con errori standard delle medie compresi fra 0,223 (AG_Im1) e 0,434 (AG_Ms2). Lanalisi delle RC ha però evidenziato variazioni più rilevanti fra ed entro linee (Tab. 1). INF è variato da un minimo di 0,08 macchie necrotiche per cm2 di foglia (AG_Im1) ad un massimo di 0,66 (PS_Im1); il CV per questa RC è stato del 75%. Le linee di AG hanno assunto valori inferiori rispetto a quelle di PS, con una minore variabilità entro: le varianze delle prime hanno assunto valori inferiori di circa 10 volte rispetto a quelle delle seconde, e gli intervalli di variazione sono risultati circa la metà. La linea PS_Im1 è risultata caratterizzata, oltre che dal valore medio più elevato, da una variabilità entro molto più alta rispetto alle altre linee: lintervallo di variazione è stato di 2,27 macchie necrotiche per cm2 di foglia, e la varianza di 0,373. IP è risultato meno variabile rispetto a INF, con un CV del 17%. IP è variato da un minimo di 217°C (PS_Im1) ed un massimo di 329°C (AG_Ms2). Anche in questo caso, le linee di AG hanno avuto valori più favorevoli, ossia incubazioni di maggiore durata, rispetto a quelle di PS; la loro varianza entro è risultata però più accentuata. LS ha avuto un CV del 46%. In questo caso, le linee di AG hanno avuto valori costantemente più alti e con maggiore variabilità rispetto a quelle di PS. Le macchie necrotiche di maggiore dimensione sono state osservate in AG_Im1 e AG_Ms2 (15,5 e 12,4 mm2, rispettivamente). SY è variato poco da un genotipo allaltro (CV pari a 14%); i valori più bassi sono stati rilevati sui tre impollinanti, con un minimo di 28,1 conidi(x103)/cm2 per AG_Im1. Linserimento delle RC nel modello di simulazione ha originato epidemie ben differenziate per le sei linee (Fig. 2), con CV pari a 48%. Le epidemie più gravi sono state quelle di PS_Im1 e PS_Ms1, con AUDPC di 29,5 e 29,0, rispettivamente. La quasi perfetta corrispondenza di queste due epidemie è dovuta alleffetto contrastante di INF e SY: PS_Ms1 ha infatti fatto registrare valori di INF più bassi di PS_Im1, ma valori di SY più alti; IP e LS sono risultati, al contrario, del tutto simili per le due linee. Seguono, per valori di AUDPC decrescenti, AG_Ms1 e PS_Im2, con 22,4 e 15,5, rispettivamente. Nellultima linea, tutte le RC sono risultate più basse rispetto alle due precedenti, ad eccezione di IP che è stato dello stesso ordine di grandezza. Per AG_Ms1 la situazione è risultata più articolata: INF è risultato più basso, mentre IP, LS e SY più elevati. Per AG_Ms2 il basso valore di AUDPC (10,0) è dovuto principalmente alla bassa INF, mentre per AG_Im1 (4,2) anche al basso valore di SY. Variabilità delle RC entro linea. La variabilità fenotipica fra pianta e pianta entro ciascuna linea è risultata generalmente elevata, come indicano le varianze e gli intervalli di variazione di tabella 1. Per le linee di AG, la standardizzazione dei dati ed il conAgroindustria / Agosto 2002 107 0.4 X2 = PS_Ms1 2.0 P = 0.510 media = -0.06 ds = 0.702 0.2 0 0.4 Frequenza PS_Im1 X2 = 6.3 P = 0.042 media = 0.35 ds = 1.294 0.2 0 0.4 PS_Im2 X2 = 4.4 P = 0.110 0.2 media = -0.29 ds = 0.783 0 -2 -1 0 1 2 3 4 5 INF (valori standardizzati) Figura 4 - Distribuzione di frequenza dei valori standardizzati dellefficienza dinfezione dei conidi di C. beticola (INF) in piante di tre linee parentali di barbabietola da zucchero. Vedi figura 3 per la legenda. Figure 4 - Frequency distribution of plants of three sugar beet parental lines according to the infection efficiency of C. beticola conidia (INF, as standardised values) inoculated on their leaves. See figure 3 for the legend. fronto delle distribuzioni standardizzate con la distribuzione normale ha quasi sempre portato a calcolare valori di X2 significativi; pertanto, nella maggior parte dei casi, le piante entro linea non sono risultate distribuite in modo normale. Gli scostamenti più rilevanti rispetto alla normalità sono stati originati dalla presenza di classi con frequenza molto più elevata rispetto a quella attesa, specie lungo lasse negativo della scala e di qualche valore estremo lungo lasse positivo della scala (Fig. 3). Rispetto ad una distribuzione normale, quindi, queste linee hanno mostrato una distribuzione meno dispersa intorno al valore medio, spesso con asimmetria negativa, e con alcuni soggetti abbastanza lontani rispetto alla media. Per le linee di PS, la distribuzione dei dati standardizzati è spesso risultata distribuita in modo normale. Nel caso di INF, per esempio (Fig. 4), la distribuzione dei valori delle singole piante delle linee PS_Ms1 e PS_Im2 non si è discostata in modo significativo da una normale, mentre PS_Im1 ha mostrato una distribuzione molto più dispersa, appiattita rispetto a quella normale, con alcuni individui caratterizzati da valori di INF molto 108 Agroindustria / Agosto 2002 alti (oltre 4 volte la ds). Ciò conferma lampia variabilità fra piante mostrata da questa linea. In considerazione del fatto che le piante entro linea hanno spesso mostrato distribuzioni non normali, le linee sono state caratterizzate anche per la frequenza di individui portatori di caratteri fenotipici di resistenza, ossia con valori standardizzati inferiori alla media per INF, LS e SY, e superiori per IP (Tab. 2). Tale valutazione è risultata sostanzialmente in linea con quella esposta in precedenza. Ad esempio, AG_Im1 e AG_Ms2 hanno avuto alte frequenze di individui portatori di caratteri favorevoli per INF, così come PS_Im2 e AG_Im1 per SY. DISCUSSIONE DEI RISULTATI E CONCLUSIONI I risultati di questo lavoro hanno in gran parte confermato le valutazioni sul livello di resistenza attribuito, in modo empirico, dalle società sementiere alle sei linee parentali. Per quanto concerne AG, AG_Ms1 era stata valutata come sensibile a C. beticola, così come AG_Ms2, seppure ad un livello minore di sensibilità; al contrario, AG_Im1 era stata considerata altamente resistente. Nel caso di PS, PS_Im2 era stata considerata la linea più resistente, seguita da PS_Im1 e da PS_Ms1. In realtà, le osservazioni di campo avevano portato a valutazioni più positive del livello di resistenza di PS_Im1 rispetto a quanto osservato in questo lavoro. Il comportamento di PS_Im1 è risultato influenzato sopratutto dallalto valore di INF, pari a 0,66 macchie necrotiche per cm2 di foglia. Questa RC è risultata però molto variabile fra una pianta e laltra, con una certa frequenza di individui con comportamento estremo (vedi Tab. 1 e Fig. 4): alcune piante sono arrivate a più di 2 macchie necrotiche per cm2. Tale eterogeneità fenotipica è originata verosimilmente da unampia variabilità genetica allinterno della linea, che è stata ottenuta per semplice selezione massale. In presenza di una così ampia variabilità, è possibile che nel campione impiegato per la valutazione delle RC (50 piante) non fosse rappresentata lintera struttura genetica della linea. Unaltra spiegazione della divergenza riscontrata per PS_Im1 fra i risultati di questo lavoro e quelli di campo può derivare dalle diversità metodologiche: le valutazioni di campo sono state eseguite su piccole parcelle, attraverso una stima visiva della gravità di malattia sullinsieme delle piante. Anche in questo caso, leterogeneità genetica del materiale vegetale può aver influenzato il risultato della stima, dato che lo stimatore tende a valutare il comportamento prevalente delle piante, escludendo i soggetti con comportamento anomalo che, nel caso specifico, sono caratterizzati da una maggiore suscettibilità alla malattia. La valutazione delle RC ha consentito una precisa caratterizzazione delle linee. È così emerso che i materiali vegetali si differenziano per alcune importanti caratteristiche. Alcune linee sono risultate portatrici di caratteri che riducono fortemente lefficienza dinfezione dei conidi di C. beticola e che allungano il periodo dincubazione; altre linee hanno mostrato una minore dimensione delle macchie necrotiche. Al contrario, il livello di produzione delle spore sulle macchie necrotiche delle diverse linee è risultato dello stesso ordine di grandezza. Nel complesso, la variabilità fenotipica osservata fra le diverse linee è risultata assai elevata per INF, molto modesta per IP e SY. La variabilità delle RC fra pianta e pianta entro ciascuna linea ha fortemente risentito della struttura genetica della linea stessa. Ad esempio, limpollinante AG_Im1, derivante da un lavoro di selezione massale, half-sib, clonaggio degli individui ed autofecondazione degli stessi, ha mostrato la minore variabilità entro, con più del 60% degli individui concentrati in un unico fenotipo (vedi Tab. 1 e Fig. 3). Al contrario, gli impollinanti PS_Im1 e sopratutto PS_Im2, ottenuti per sola selezione massale, hanno mostrato una variabili- tà entro assai superiore, con molti fenotipi rappresentati (vedi Tab. 1 e Fig. 4). Il quadro delle caratteristiche di resistenza che emerge da questo lavoro apre prospettive interessanti per la prosecuzione della ricerca. Sarà infatti possibile valutare le RC nelle F1, nelle F2 e nei back-cross derivanti dallincrocio fra un impollinante molto resistente a C. beticola, con valori molto bassi di INF e di SY (AG_Im1), con due maschiosterili, uno con resistenza molto scarsa, ma con macchie necrotiche relativamente piccole (AG_Ms1), ed uno con buona resistenza, anchesso con bassi valori di INF (AG_Ms2). Sarà inoltre possibile valutare le RC nelle discendenze degli incroci fra due impollinanti, con resistenza buona (PS_Im2) e molto scarsa (PS_Im1), ed un maschiosterile con resistenza molto scarsa (PS_Ms1). Un ulteriore motivo di interesse deriva dal fatto che le linee parentali fornite da AG e PS hanno origine genetica diversa e caratteristiche fenotipiche differenti per quanto concerne le RC. RINGRAZIAMENTI Lavoro svolto nellambito del progetto Miglioramento genetico della barbabietola da zucchero per lambiente mediterraneo, finanziato dal MiPAF (coordinatore P. Ranalli). Si ringraziano: la Dott.ssa Maria Fattori della Società Agra S.p.A. ed il Dott. Enzo DeAmbrogio della Società Produttori Sementi S.p.A., per aver fornito il seme delle sei linee di barbabietola da zucchero e preziose informazioni; il Dott. Paolo Fermi per la collaborazione nella realizzazione delle prove. BIBLIOGRAFIA CAB, 1973. A guide to the use of terms in plant pathology. Commonwealth Mycological Institute, Kew, Surrey, England. Koch G., 1997. Genetische Unteersuchung zur Cercospora beticola-Resistenz in Zuckerrüben. Vortr. Pflanzenzüchtung 37, 54-64. Koch G., Jung C., 2000. Genetic localization of Cercospora resistance genes. Advances in sugar beet research 2, 197-209. Jeger M.J., Gareth Jones D., Griffiths E., 1983. Components of partial resistance of wheat seedlings to Septoria nodorum. Euphytica 32, 575-584 Johnson R., Jacobs T., Parlevliet J.E., 1993. Durability of disease resistance in crops: some closing remarks about the topic and the symposium. In: Jacobs T (ed). Durability of disease resistance, Kluwer Academic Publisher, Dordrecht, The Netherlands, pp. 283-300. Nelson R.R., 1978. Genetics of horizontal resistance to plant diseases. Annual Review Phytopathology 16, 359-378. Parlevliet J.E., 1979. Components of resistance that reduce the rate of epidemic development. Annual Review Phytopathology 17, 203-222. Rossi V., 1995. Effect of host resistance in decreasing infection rate of Cercospora leaf spot epidemics on sugarbeet. Phytopathologia Mediterranea 34, 149-156. Rossi V., 1999. Effect of host resistance and fungicide sprays against Cercospora leaf spot in different sugar beet-growing areas of the Meditarranean basin. Phytopathologia Mediterranea 38, 76-88. Rossi V., 2000. Cercospora leaf spot infection and resistance in sugar beet. Advances in sugar beet research 2, 17-48. Rossi V., Battilani P., 1990. Dinamica delle epidemie di Cercospora beticola Sacc. su barbabietola da zucchero. III. Ruolo della suscettibilità varietale. Phytopathologia Mediterranea 29, 114-119. Rossi V., Racca P., Battilani P., 1994. A simulation model for Cercospora leaf spot on sugarbeet. Phytopathologia Mediterranea 33, 105-112. Rossi V., Battilani P., Chiusa G., Languasco L., Racca P., 1999a. Components of rate-reducing resistance to Cercospora leaf spot in sugar beet: incubation length, infection efficiency, lesion size. Journal of Plant Pathology 81, 25-35.. Rossi V., Giosuè S., Racca P., 1999b. A model integrating components of rate-reducing resistance to Cercospora leaf spot in sugar beet. Journal of Phytopathology 147, 339-346. Rossi V., Battilani P., Chiusa G., Languasco L., Racca P., 2000. Components of rate-reducing resistance to Cercospora leaf spot in sugar beet: conidiation length, spore yield. Journal of Plant Pathology 82, 125-132. Saito K., 1966. Studies on the cercospora leaf spot resistance in sugarbeet breeding. Mem. Fac. Agric. Hokkaido 6, 113-176. Skaracis G.N., Biancardi E., 1999. 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Agroindustria / Agosto 2002 109 Determinazione di parametri colturali della barbabietola da zucchero a semina autunnale in ambiente a sussidio idrico limitato Michele Rinaldi Istituto Sperimentale Agronomico, Bari RIASSUNTO Sono riportati i primi risultati di uno studio sulla barbabietola da zucchero a semina autunnale coltivata nel Sud Italia e sottoposta a due regimi irrigui: ottimale, intervenendo al 100 % dellevapotraspirazione reale (ETc) e ridotta, al 60 %. Sulla coltura è stata condotta lanalisi di accrescimento con il metodo distruttivo e la misurazione dellETc con lisimetri a pesata. Durante il ciclo colturale sono stati somministrati 360 e 248 mm di acqua irrigua, rispettivamente per la tesi ottimale e ridotta, mentre il consumo irriguo stagionale è stato di 738 e 625 mm. Dai risultati ottenuti si evidenzia come, ad un risparmio di circa il 30% del volume stagionale irriguo nella tesi ridotta ha fatto seguito una riduzione del 32% della produzione di saccarosio per ettaro. Lapparato fogliare è stato più ampio nella tesi meglio irrigata, mentre non significativamente diversa è risultata la sostanza secca dei fittoni. Tra i diversi parametri fisiologici calcolati, non sono apparse differenze significative per quanto riguarda larea fogliare specifica (in media 13.2 m2 kg-1), lefficienza duso dellacqua in sostanza secca (in media 3.2 kg ha-1 mm-1), mentre una leggera superiorità per lefficienza duso della radiazione nella tesi ottimale (2.5 vs. 2.1 µg J-1). I coefficienti colturali (Kc) calcolati giornalmente in base alla misura dellETc sono risultati leggermente inferiori a quelli proposti dalla FAO. Vengono mostrati i coefficienti di ripartizione della sostanza secca nelle diverse parti della pianta. Tutti i parametri colturali potranno essere utili per la calibrazione di modelli di simulazione della barbabietola autunnale. Parole chiave: Beta vulgaris L., evapotraspirazione, produzione, modelli di simulazione, irrigazione ABSTRACT Crop parametrisation of autumnal sugar beet in a water-limited environment Sugar beet (Beta vulgaris L. var. saccharifera) is an important crop in Europe for sugar production. Simulation of beet crop growth is difficult for the lacking of a specific model and for peculiar aspects related to evapotranspiration components and leaf growth dynamic. For a better use of a generic crop growth simulation model, the measurement of the main crop parameters need to be carried out in several environmental conditions. In Southern Italy, where sugar beet is usually an irrigated crop, the effects of water availability on crop characteristics need to be studied and analysed. The first results of an experimental activity carried out in Southern Italy (Capitanata Plain) are reported. The crop was sown in autumn and submitted to two irrigation regimes: "optimal" (100 % of real evapotranspiration) and "reduced" (60 %). Growth analysis during crop cycle with a destructive method and real evapotranspiration measurement with weighing lysimeters, were carried out. During the crop cycle 360 and 248 mm of irrigation water were applied to "optimal" and "reduced" treatments, while the seasonal water use was 738 and 625 mm, respectively. A saving of 30 % of seasonal irrigation water produced a reduction of 32 % of saccharose yield, but only 14 % of root yield (not significant). Leaf development was higher in the well-watered thesis, while no difference has been found in the storage organs dry matter. As far as the physiological parameters, the radiation use efficiency resulted higher in the "optimal" (2.5 vs. 2.1 µg J -1 of intercepted photosynthetically active radiation) for a more developed green leaf area and a higher dry matter yield in the "optimal" treatment. Similar values of water use efficiency (in average 3.2 kg ha-1 mm-1) and specific leaf area (in average 13.2 m2 kg-1) have been found. The crop coefficients (Kc), calculated daily measuring real evapotranspiration, resulted lightly lower than the proposed FAO paper 56 ones. The initial phase resulted longer and the development phase, shorter than the FAO suggestion. Partitioning coefficients of dry matter in the different plant organs are shown. All the measured crop parameters will be useful in the calibration of the simulation models of autumnal sugar beet. Key words: Beta vulgaris L., evapotranspiration, yield, simulation models, irrigation INTRODUZIONE La barbabietola da zucchero rappresenta Autore corrispondente: Michele Rinaldi, Istituto Sperimentale Agronomico, v. C. Ulpiani, 5 - 70125 Bari. Tel.: 080 5475016 - Fax: 080 5475023 E-mail: [email protected] Lavoro svolto nellambito del Progetto Finalizzato Miglioramento della barbabietola da zucchero per lambiente mediterraneo, finanziato dal MiPAF. 110 Agroindustria / Vol. 1 / Num. 2 2002 in Italia un importante fonte di reddito per molti operatori agricoli, sia al Nord sia al Centro-Sud. Specie nelle zone più meridionali, a causa del clima meno favorevole rispetto alle regioni del Nord dellEuropa, gli operatori sono costretti ad intervenire con lirrigazione, anche dove si adotta la semina autunnale, per ottenere produzioni più stabili ed elevate, con il conseguente aumento dei costi di produzione (Rizzo et al., 1983; DAmato e Giordano, 1985; Caliandro et al., 1996). Per contribuire efficacemente ad una maggiore redditività della coltura, nel rispetto delle risorse idriche disponibili è utile razionalizzare la pratica irrigua e della gestione dellacqua, specie nei comprensori meridionali. Ciò è percorribile stimando accuratamente i fabbisogni irrigui con una verifica dei coefficienti colturali (Kc) proposti dalla FAO (Doorenbos e Pruitt, 1977; Allen et al., 1998) e adottando strategie irrigue a maggior risparmio idrico che migliorano lefficienza delluso dellacqua (Brown et al., 1987). I modelli di simulazione svolgono a tale proposito un ruolo importante, in quanto consentono di simulare vari scenari di tecnica agronomica (per es. irrigazione, fertilizzazione ed epoca di semina), di fare previsioni di produzione in diversi ambienti pedoclimatici, nonché di valutare effetti tipicamente a lungo termine. Il limitato numero di modelli specifici per la barbabietola da zucchero, ha spinto i ricercatori ad utilizzare modelli matematici con submodelli colturali generici, i quali vengono opportunamente modificati e/o calibrati con parametri colturali caratteristici, così da adattarli alla coltura in esame. In letteratura si trovano sulla barbabietola solo risultati ottenuti in ambienti nord europei dove lacqua non è certo il fattore limitante le rese, mentre scarse sono le informazioni sulla modellizzazione della barbabietola in ambienti a clima mediterraneo (Vandendriessche e van Ittersum, 1995). Gli obiettivi della ricerca, in questo primo anno di attività, sono stati i seguenti: - studiare leffetto della riduzione dellacqua irrigua sulla produttività della barbabietola da zucchero a semina autunnale; - calcolare i coefficienti colturali usando lisimetri a pesata; - determinare parametri colturali e raccogliere dati sperimentali per la calibrazione e la validazione di alcuni modelli di simulazione. MATERIALI E METODI La ricerca è stata condotta nellazienda sperimentale dellIstituto Sperimentale Agronomico a Foggia, comprensorio bieticolo della Capitanata (lat. 41° 27" N; long. 15° 35" E; alt. 90 m slm). Il terreno è un vertisuolo di origine alluvionale limo-argilloso (typic chromoxerert, secondo la Soil Taxonomy, USDA), dotato di discreta fertilità agronomica: N tot. Tabella 1 - Sintesi dellagrotecnica adottata su barbabietola da zucchero in semina autunnale. Table 1 - Crop management of the autumnal sugar beet experiment. Operazione Ottimale Data di semina e marca Ridotto 18/10 - Suprema 17/10 Concimazione di fondo 138 kg ha-1 di P2O5 100 kg ha-1 di K20 6/12 - 46 kg ha-1 di N 25/1 - 50 kg ha-1 di N Concimazione di copertura Irrigazioni (n. e volumi) 7 - 80+280 mm 7 - 80+168 mm 21/11 Phenmediphan + Desmediphan + Etofumesate + Haloxifop-Etossietile + Cloridazon Trattamenti diserbanti Trattamenti antiparassitari 23/4 - Azinphos metile Data di raccolta 27/7 10 /1 8 11 / 01 /1 7 12 / 01 /1 7/ 1/ 01 16 / 2/ 02 15 / 3/ 02 17 / 4/ 02 16 / 5/ 02 16 / 6/ 02 15 /0 7/ 2 15 /0 2 & 40 35 30 25 20 15 10 5 0 'DWD Tmin Tmax LT Tmin LT Tmax PP 500 400 300 10 /1 11 8/0 /1 1 12 7/0 /1 1 7 1/ / 01 16 2/ /02 15 3/ /02 17 4/ /02 16 5/ /02 16 6/ /02 15 7/ /02 15 /0 2 200 100 0 'DWD LT Pioggia Pioggia OTT RID Figura 1 - Confronto tra temperature massime e minime registrate a Foggia e corrispondenti valori medi poliennali (1952-2000) (a) e confronto tra valori cumulati di precipitazioni dellannata e valori medi poliennali e tra le irrigazioni cumulate nelle due tesi irrigue (b). Figure 1 - Comparison between long term correspondent values (1952-2000) of maximum and minimum temperatures (a) and cumulated rainfall and water supply in the two irrigation regimes (b). (Kjeldahl) = 0.122 %; P2O5 ass. (Olsen) = 41 ppm; K2O scamb. (Schollemberger) = 1598 ppm; pH (acqua) = 8.33; s. o. (Walkley e Black) = 2.07 %; C/N = 10; capacità idrica di campo a -0.003 MPa = 0.396 m3 m-3; punto di appassimento a -1.50 MPa = 0.195 m3 m-3, determinati con piastre di Richards su terreno disturbato. Il clima è termomediterraneo accentuato (carte Unesco-FAO), con temperature che possono scendere sotto lo 0 °C in inverno e superare i 40 °C in estate. La pioggia è irregolarmente distribuita nel corso dellanno (piovosità media di 550 mm), essendo concentrata prevalentemente tra novembre e febbraio. I livelli evapotraspirativi sono elevati, con valori giornalieri anche superiori a 10 mm d-1 (da evaporimetro di classe A). La figura 1 riporta alcune variabili climatiche rilevate tra ottobre 2000 e luglio 2001 (epoca delle prove), confrontate con dati medi di lungo periodo. Lagrotecnica adottata è sinteticamente descritta nella tabella 1. La coltura di barbabietola è stata sottoposta a due regimi irrigui, definiti come ottimale con un soddisfacimento prossimo al 100% dellEtc e ridotto con un ripristino del 60% dellEtc. Il calcolo dei fabbisogni irrigui è stato effettuato misurando lEtc direttamente con i due lisimetri a pesata (2x2x1.5 m di profondità), posti al centro di un appezzamento di 1 ha coltivato a barbabietola. Ciascun lisimetro è dotato di un impianto di pesatura da 20 t, con pre-tara di 7 t, collegato con un sistema di leveraggi per scaricare solo una parte del peso sulla cella di carico (modello HBM). Questa converte il segnale da analogico in digitale, che viene acquisito da un data logger CR7 (Campbell Ltd.) ogni 30" e mediato in uscita ogni 30'. La risoluzione dello strumento è di 0.2 kg, pari a 0.05 mm di consumo idrico. La precisione nominale della misura, calcolata dalla precisione, dalla non linearità e dal range di funzionamento della cella di carico, dall'area del lisimetro e dalle caratteristiche meccaniche della bilancia (Marek et al., 1988) è dello 0.0015% del valore massimo di pesatura meccanica (2 t), ovvero di 0.075 mm. La precisione reale dello strumento, da noi valutata nel range 0 100 kg, con una taratura reiterata nel tempo, fornisce un valore di ± 0.15 mm di contenuto idrico del suolo. Si è intervenuto con lirrigazione al raggiungimento di una Etc cumulata, al netto delle piogge, di 60 mm con un volume di adacquamento di 60 mm nella tesi ottimale e di 36 mm in quella ridotta. I primi due interventi irrigui, uno alla semina e laltro dopo circa 7-10 giorni, sono stati uguali nelle due tesi per favorire lemergenza della coltura. Un riepilogo dei principali elementi del bilancio idrico e delle variabili irrigue è riportato nella tabella 2. Dal rapporto tra ETc giornaliera, misuraAgroindustria / Agosto 2002 111 Tabella 2 - Componenti del bilancio idrico e trattamenti irrigui nellesperimento su barbabietola da zucchero. Table 2 - Water balance and irrigation regime components in the sugar beet experiment. Ottimale Ridotto 7 7 Volume stagionale 360 248 Pioggia (*) 342 342 Variazione del contenuto idrico (**) 36 35 ET reale 738 625 ET potenziale (Penman-Monteith) 1062 1062 Numero di interventi irrigui (*) Tutte le precipitazioni dalla semina alla raccolta (**) Nello strato 0-60 cm %DUEDELHWRODDXWXQQDOH 3(62)2*/,(9(5',JP 350 300 250 200 OTT 150 RID 100 50 0 20/11/00 9/1/01 28/2/01 19/4/01 8/6/01 28/7/01 16/9/01 %DUEDLHWRODDXWXQQDOH /($)$5($,1'(;PP ta direttamente utilizzando i lisimetri a pesata ed ET potenziale, calcolata con la formula di Penman-Monteith in una stazione meteorologica con prato di riferimento, sono stati ricavati i coefficienti colturali giornalieri (Kc) relativi alla barbabietola autunnale. Lanalisi di accrescimento è stata condotta prelevando ogni tre settimane, 4 campioni da 1 m2 ciascuno di piante per ogni tesi. Le piante sono state suddivise in fittoni, piccioli, foglie verdi e secche; le varie parti sono state pesate e seccate in stufa per la determinazione della sostanza secca. Delle foglie verdi è stata determinata la superficie con un misuratore Delta T-Device. Lo Specific Leaf Area (m2 kg-1) è stato calcolato, per ogni rilievo, rapportando la superficie alla sostanza secca delle foglie verdi. Il WUE (water use efficiency, in kg ha-1 mm-1) è stato determinato come rapporto tra la sostanza secca totale alla raccolta e lEtc stagionale. Il valore del coefficiente di efficienza di utilizzazione della radiazione solare (RUE, in µg J-1) è pari al rapporto tra sostanza secca (in µg cm-2) e la radiazione intercettata fotosinteticamente attiva (IPAR, in J cm-2) (Charles-Edwards, 1982). LIPAR è stata stimata in funzione della radiazione globale (MJ m2 d-1), del coefficiente di estinzione della luce (k), pari per la barbabietola a 0.62 e dellindice di area fogliare. Dati meteorologici giornalieri temperatura, umidità, pioggia, velocità del vento e radiazione solare sono stati registrati nella stazione meteorologica presente in azienda. 5 4 3 OTT RID 2 1 0 20/11/00 9/1/01 28/2/01 19/4/01 8/6/01 28/7/01 16/9/01 %DUEDELHWRODDXWXQQDOH 3(626(&&25$',&,JP 2000 1600 1200 OTT 800 RID 400 0 20/11/00 9/1/01 28/2/01 19/4/01 8/6/01 28/7/01 16/9/01 Figura 2 - Andamenti della sostanza secca delle foglie verdi, dellindice di area fogliare (LAI) e della sostanza secca dei fittoni in funzione delle due tesi irrigue su barbabietola da zucchero. Le barre rappresentano gli errori standard (n=4). Figure 2 - Trends of green leaf dry matter, leaf area index and storage organs dry matter in the two irrigation regimes applied to sugar beet. Vertical bars are standard errors (n=4). 112 Agroindustria / Agosto 2002 RISULTATI E DISCUSSIONE Da un punto di vista climatico (Fig. 1) si evidenzia come il mese di marzo sia stato costantemente più caldo, sia per la temperatura massima sia minima, rispetto alla media pluriennale, mentre le precipitazioni sono state di circa 90 mm inferiori alla media. Dal confronto tra i due regimi irrigui è emerso come, ad una diminuzione del 30 % del volume irriguo stagionale (circa 110 mm in meno), è corrisposta una riduzione del 15 % della resa in radici e del 32 % del saccarosio per ettaro, a causa del più basso titolo zuccherino fatto registrare dalla tesi a regime irriguo ridotto. Significativamente diverso è risultato, infatti, sia il contenuto percentuale che la resa in saccarosio per ettaro, a favore della tesi ottimale (Tabella 3). Questo risultato conferma limportanza che un pieno soddisfacimento idrico ha nella produzione di saccarosio per ettaro da parte della barbabietola a semina autunnale (Caliandro et al., 1996). Lanalisi di accrescimento ha evidenziato differenze significative tra le due tesi dopo il mese di marzo a seguito della differenziazione delle irrigazioni (Fig. 1). Sia la superficie Tabella 3 - Principali parametri produttivi nellesperimento su barbabietola da zucchero. Lettere diverse in ciascuna colonna, indicano medie differenti per P > 0,05 (t test). Table 3 - Main yield results of sugar beet. Mean values followed by different letters in each column are different at P > 0.05 (t test). Regime irriguo Peso fresco radici -1 (t ha ) Sostanza secca totale -1 (t ha ) Contenuto in saccarosio (%) Produzione di saccarosio -1 (t ha ) 70.0 60.0 23.1 21.1 16.3 b 12.9 a 113.8 b 77.4 a Ottimale Ridotto Tabella 4 - Principali parametri colturali ottenuti nellesperimento su barbabietola da zucchero. Table 4 - Main crop parameters obtained in the sugar beet experiment. Parametro Ottimale Ridotto Media Semina – emergenza 185 185 185 Semina – massimo LAI 2290 2110 2200 Semina – raccolta 3300 3300 3300 3.9 3.3 3.6 13.3 13.0 13.2 2.5 2.1 2.3 3.3 3.1 3.2 Growth Degree Days (T base = +2 °C) Valore di massimo LAI 2 -1 Valore medio di Specific Leaf Area (m kg ) -1 Efficienza d’uso della radiazione (µ g J ) -1 -1 Efficienza d’uso dell’acqua (kg ha mm ) &RHIILFLHQWLFROWXUDOLJLRUQDOLHUL ,UULJD]LRQHRWWLPDOH 2.0 FAO 1.5 1.0 0.5 0.0 0 50 100 150 200 250 300 250 300 JLRUQLGDOODVHPLQD &RHIILFLHQWLFROWXUDOLJLRUQDOLHUL ,UULJD]LRQHULGRWWD 2.0 1.5 1.0 0.5 0.0 0 50 100 15 0 200 JLRUQLGDOODVHPLQD Figura 3 - Valori giornalieri dei coefficienti colturali (Kc) di barbabietola da zucchero a semina autunnale confrontati con quelli proposti dalla FAO. La freccia indica la copertura completa del terreno da parte della coltura. Figure 3 - Daily values of crop coefficients (Kc) of autumnal sowing sugar beet, compared with FAO proposal ones. The arrow indicates the complete soil cover with plant canopy. fogliare sia la sostanza secca sono state, in diversi rilievi, superiori nella tesi meglio irrigata (Fig. 2). Si segnala, inoltre, un valore massimo di LAI superiore nella tesi ottimale (4.0 vs. 3.3) ed un raggiungimento di questo valore circa 7 giorni prima della tesi ridotta (Tab. 4). Non sono emerse, invece, differenze per quanto riguarda laccumulo di sostanza secca nei fittoni nel corso del ciclo colturale, risultato peraltro confermato dalle produzioni di radici alla raccolta. Alcuni dei parametri colturali rilevati per lutilizzazione come input in vari modelli di simulazione della barbabietola, sono riportati nella tabella 4. Leggermente superiore è risultata lefficienza di utilizzazione della radiazione (RUE) della tesi ottimale rispetto a quella ridotta in virtù di un apparato fogliare più sviluppato (maggiore intercettazione della radiazione) e di una maggiore produttività di sostanza secca totale. Lefficienza duso dellacqua è stata sostanzialmente identica, con una minore evapotraspirazione reale e una minore produzione di sostanza secca della tesi ridotta e un conseguente valore di WUE non dissimile da quello della tesi ottimale. Larea fogliare specifica (SLA) è stata nel corso del ciclo colturale mediamente pari a 13.2 m2 kg-1, con minimi scarti tra le due tesi e un andamento costante nel corso del ciclo colturale (Rinaldi, 2002). I coefficienti colturali (Kc) determinati giornalmente grazie alla misura diretta, con i due lisimetri a pesata, dellevapotraspirazione reale, sono riportati in figura 3. Rispetto ai valori proposti dalla FAO (Allen et al., 1998) si evidenzia un maggior valore (0.5 vs. 0.35) nella fase iniziale, che risulta anche di maggiore durata. Il Kc della fase intermedia appare adottabile intorno all80% della copertura del terreno e con un valore prossimo allunità. Nella parte finale del ciclo i Kc appaiono così bassi a causa della sospensione dellirrigazione e quindi della riduzione dellevapotraspirazione. La ripartizione della sostanza secca prodotta nelle diverse parti di pianta riveste una certa importanza nei modelli del tipo SUCROS, in cui occorre inserire in una apposita tavola i coefficienti di ripartizione in funzione dello stadio di sviluppo (DVS, development stage). In figura 4 sono riportati graficamente questi coefficienti per le due tesi irrigue nel corso del ciclo colturale. Non emergono grosse differenze tra le due tesi, tranne una maggiore persistenza delle foglie verdi e dei piccioli nellultimo rilievo per la tesi ottimale. Luso dei modelli di simulazione a diverso grado di complessità, potrà avvantaggiarsi delle informazioni scaturite da questo primo anno di prova. I parametri colturali relativi alla dinamica di sviluppo fogliare, di accumulo di sostanza secca, di ripartizione nelle varie parti della pianta e l'efficienza con cui Agroindustria / Agosto 2002 113 spensabili per unadeguata calibrazione dei modelli di simulazione. Questa attività, che si prevede di proseguire nel secondo anno di attività, potrà essere meglio condotta utilizzando i parametri colturali e i data set raccolti nellattività sperimentale. 5LSDUWL]LRQHGHOODVRVWDQ]D ,UULJD]LRQHRWWLPDOH 1.0 0.8 0.6 0.4 BIBLIOGRAFIA 0.2 0.0 15/12/00 19/1/01 20/2/01 21/3/01 24/4/01 22/5/01 21/6/01 23/7/01 GDWD Foglie verdi Foglie secche Piccioli Fittoni 5LSDUWL]LRQHGHOODVRVWDQ]DVHFFD ,UULJD]LRQHULGRWWD 1.0 0.8 0.6 0.4 0.2 0.0 15/12/00 19/1/01 20/2/01 21/3/01 24/4/01 22/5/01 21/6/01 23/7/01 GDWD Foglie verdi Foglie secche Piccioli Fittoni Figura 4 - Ripartizione percentuale della sostanza secca nelle diverse parti di pianta, nel corso del ciclo colturale, per le due tesi irrigue su barbabietola da zucchero. Figure 4 - Percentage partitioning of dry matter in the different plant components, during the crop cycle, at two irrigation regimes applied to sugar beet. la pianta utilizza le varie risorse (acqua, radiazione, nutrienti) sono fondamentali nella fase di calibrazione di un modello. Questa attività è prevista in una fase successiva della ricerca, utilizzando modelli sia regressivi (modello sviluppato presso l'IACR di Broom's Barn, UK) che determistici (SUCROS e CropSyst). CONCLUSIONI Da questo primo anno di attività sperimentale sulla risposta allirrigazione della barbabietola a semina autunnale, è emerso come 114 Agroindustria / Agosto 2002 la disponibilità idrica sia il fattore determinante la produzione, specie di saccarosio. Una riduzione del volume irriguo stagionale intorno al 30 % ha portato ad unequivalente riduzione della resa in saccarosio per ettaro. Ciò evidenzia la necessità di garantire un buon rifornimento idrico per la coltura, specie nei periodi di massimo sviluppo fogliare (maggio-giugno). Utili informazioni sono scaturite, inoltre, per quanto riguarda la stima di parametri colturali, non sempre disponibili in letteratura per la barbabietola a semina autunnale. Questi parametri risultano indi- Allen, R.G., Pereira, S., Raes, M., Smith, M., 1998. Crop evapotranspiration. Guidelines for computing water requirements. FAO ONU, Rome, Irrigation and Drainage Paper no. 56, 300 pp. Brown, K.F., Messem, A.B., Dunham, R.J., Biscoe P.V., 1987. Effect of drought on growth and water use of sugar beet. J. Agric. Sci., Cambridge 109, 421-435. Caliandro, A., Zuffrano, M., Mastro, M.A., 1996. Risposta produttiva allirrigazione della barbabietola a semina autunnale in ambiente meridionale. LInformatore Agrario 23, 29-33. Charles-Edwards, D.A., 1982. Physiological Determinants of Crop Growth. 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Da piante sottoposte ad inoculazioni artificiali in condizioni ambientali controllate, sono stati prelevati dischetti fogliari, a tempi diversi da 8 ore fino a 16 giorni dallinoculazione, sui quali sono state condotte indagini microscopiche, mediante calchi di celloidina ed osservazione diretta di tessuti fogliari decolorati. Sono state condotte le seguenti osservazioni: conidi germinati, lunghezza del tubetto germinativo basale, numero dei tubetti germinativi laterali, penetrazioni attraverso gli stomi, sviluppo di ife intercellulari, presenza di reazioni istologiche dellospite. I risultati hanno evidenziato comportamenti differenti delle varietà, in linea con il loro livello di resistenza. Tutte le fasi epifitiche del ciclo infettivo, dalla germinazione dei conidi alla penetrazione attraverso gli stomi, sono state coinvolte nella resistenza. E stato osservato che, mentre le caratteristiche degli stomi risultano simili nelle diverse varietà, la germinazione dei conidi procede più lentamente su Break, e coinvolge un minor numero di conidi, i tubetti germinativi ed il promicelio invadono più lentamente il filloplano, ed anche il numero di penetrazioni risulta inferiore del 54% rispetto a Univers. Durante lo sviluppo endofitico delle ife sono stati rilevati due aspetti: i) laccrescimento ifale è inferiore in Break rispetto a Univers, ed il danno cellulare, che si manifesta con il collasso delle cellule, è più limitato; ii) la formazione di strati di cellule vegetali che isolano i tessuti invasi dal patogeno, e che impediscono ogni ulteriore invasione, è più rapida ed intensa in Break che in Univers. I risultati delle osservazioni microscopiche sono stati discussi in relazione alle diverse componenti coinvolte nella resistenza a C. beticola delle varietà considerate. Parole chiave: barbabietola da zucchero, Cercospora beticola, resistenza genetica, processo infettivo, microscopia. ABSTRACT Anatomical aspects of resistance to Cercospora beticola Sacc. in sugar beet Microscopic observations were carried out on the infection process of Cercospora beticola on four sugar beet varieties showing different resistance levels, from susceptible (Univers) to highly resistant (Break). Leaf discs were cut from plants artificially inoculated with a conidial suspension, at different times from 8 hours to 16 days after incubation under environment-controlled conditions. Microscopic observations were carried out on celloidin prints taken from the leaf surface and directly on discoloured leaf tissue. The following features were observed: conidial germination, length of germ tube grown from the conidium basal cell, number of germ tubes per conidium, penetration throughout the stomata, growth of intercellular hyphae, presence of histological host reactions. Results showed differences between sugar beet varieties, in agreement with their resistance level. All phases of the infection process developing on the leaf surface were involved in the resistance, from spore germination to penetration. Characters of stomata were similar in the different varieties, while fewer conidia germinated, at a reduced rate, on Break than on Univers; growth of both germ tubes and hyphae was also reduced. The number of penetrations was lower in the former variety by 54%. During the endophytic phases of the infection process, the mycelium growth was lower on Break than on Univers, and damage of the host cells was also less manifest. Production of host cell layers was faster and thicker for Break than for Univers; these cell layers were able to isolate the host tissue invaded by the pathogen and to prevent any further hyphal spread. Results from microscopic observations were discussed in relation to the different resistant components that are involved in the resistance of the sugar beet varieties considered. Key words: sugar beet, Cercospora beticola, genetic resistance, infection process, microscopy. INTRODUZIONE Il miglioramento genetico della barbabieAutore corrispondente: Battilani P. - Istituto di Entomologia e Patologia vegetale, Università Cattolica del Sacro Cuore, Via E. Parmense, 84 - 29100 Piacenza Tel. 0523 599254 - Fax. 0523 599256 E-mail: [email protected] Lavoro svolto nellambito del Progetto Finalizzato Miglioramento della barbabietola da zucchero per lambiente mediterraneo, finanziato dal MiPAF. tola da zucchero per resistenza a Cercospora beticola Sacc. riveste notevole importanza nella gestione integrata della coltura (Battilani et al., 1991 e 1992; Canova et al., 1996; Rossi, 1999). La resistenza a C. beticola si manifesta con un rallentamento della progressione delle epidemie, così che, in ogni momento, la gravità della malattia sulle varietà resistenti è infe- riore rispetto a quella delle varietà suscettibili (Rossi e Battilani, 1990; Rossi, 1995 e 1999). Vari studi hanno cercato di comprendere, a livello istopatologico, le differenze fra genotipi di bietola sensibili e resistenti. Sono state così indagate le caratteristiche morfologiche delle foglie (Pool e McKay, 1916; Burenin e Pilipenko, 1987; Ruppel, 1972), come pure il comportamento del patogeno sul filloplano ed allinterno dei tessuti dellospite (Kovacs, 1955; Solel and Minz, 1971; Rathaiah, 1977; Feindt et al., 1981; Whitney and Mann, 1981), con risultati spesso contrastanti. Allo stesso modo, sono state condotte ricerche sui possibili meccanismi di resistenza, sia a livello cito-istologico sia biochimico. Sono così state osservate modificazioni delle pareti delle cellule vegetali nei tessuti infetti (Feindt et al., 1981; Steinkamp et al., 1981; Srobarova e Brillova, 1982) e reazioni istologiche (Cunningham, 1928; Lieber, 1982), variazioni del metabolismo dei composti fenolici (Gardner et al., 1967; Harrison et al., 1967; Maag et al., 1967; Rautela e Payne, 1970; Brillova e Sladka, 1976; Srobarova e Brillova, 1982) e vari composti chimici ad attività antifungina, quali flavonoidi (Geiger et al., 1973; Johnson et al., 1976 ; Martin, 1977, 1990), chitinasi e pathogenesis-related proteins (PR) (Dixon and Harrison, 1990; Mikkelsen et al., 1992; Nielsen et al., 1993, 1994a, 1994b; Berglund et al., 1995; Nielsen et al., 1996; Nielsen et al., 1997), ed amminoacidi (Hecker et al., 1975). Nonostante i numerosi studi condotti sullargomento, non è ancora disponibile un quadro completo del fenomeno, con risultati univoci. Ciò perché i diversi Autori hanno utilizzato condizioni sperimentali differenti, per quanto concerne gli isolati fungini, i genotipi di bietola e le metodologie dindagine. Per questo motivo, nellambito del progetto Miglioramento genetico della barbabietola da zucchero per lambiente mediterraneo, si è ritenuto opportuno riprendere ed ampliare gli studi istopatologici, compiendo osservazioni microscopiche sullintero processo infettivo di C. beticola, dalla germinazione dei conidi sulle foglie di bietola fino alla comparsa dei sintomi di malattia, impiegando varietà note per le loro caratteristiche di resistenza (Rossi et al., 1999 e 2000). Agroindustria / Vol. 1 / Num. 2 2002 115 10 Conidi germinati 3 8 Univers Break 2 6 4 1 2 0 0 0 3 6 9 12 15 18 Giorni d’incubazione Univers Break Tubetto germinativo (µ) Figura 1 - Numero (per cm2) di conidi di Cercospora beticola germinati sulla superficie delle foglie di due varietà di barbabietola da zucchero, dopo vari giorni dallinoculazione () ed in totale (❐). Figure 1 - Number (per cm2) of Cercospora beticola conidia germinated on the leaf surface of two sugar beet varieties, on different days after inoculation () and in the aggregate (❐). 1 Univers Break 0.8 0.6 0.4 0.2 0 0 10 20 30 40 Ore d’incubazione 50 Figura 2 - Lunghezza del tubetto germinativo emesso dalla cellula basale dei conidi di Cercospora beticola germinati sulla superficie delle foglie di due varietà di barbabietola da zucchero, dopo varie ore dallinoculazione. Figure 2 - Length of the germ tubes grown from the basal cell of Cercospora beticola conidia germinated on the leaf surface of two sugar beet varieties, at different times after inoculation. Tubetti laterali 2.5 Univers Break 2 1.5 1 0.5 0 0 10 20 30 40 50 Ore d’incubazione Figura 3 - Numero di tubetti germinativi emessi, oltre a quello basale, dai conidi di Cercospora beticola germinati sulla superficie delle foglie di due varietà di barbabietola da zucchero, dopo varie ore dallinoculazione. Figure 3 - Number of germ tubes grown from cells, other than the basal one, of Cercospora beticola conidia germinated on the leaf surface of two sugar beet varieties, at different times after inoculation. 116 Agroindustria / Agosto 2002 MATERIALI E METODI Sono state considerate quattro varietà commerciali di barbabietola da zucchero caratterizzate da livelli crescenti di resistenza a C. beticola, da suscettibile a molto resistente: Univers, Bushel, Monodoro e Break, le quali erano state in precedenza caratterizzate per le loro componenti di resistenza (Rossi et al., 1999 e 2000). Allevamento delle piante ed infezione. Le piante, in numero di trenta per varietà, sono state seminate ed allevate in vasi di plastica, in serra termocondizionata, sotto luce artificiale. Secondo quanto descritto da Rossi et al. (1999), alla fase di 4-6 foglie vere, le piante sono state disposte entro appositi box e sottoposte ad inoculazione artificiale, nebulizzando in modo uniforme una sospensione di conidi (3 x 106 conidi per ml) prodotti in vitro da tre ceppi di C. beticola. Le piante inoculate sono poi state mantenute in condizioni termo-igrometriche tali da favorire la germinazione dei conidi e linfezione (temperature fra 16 e 28 °C; umidità relativa fra 100 e 40%). Osservazioni microscopiche. Sono state impiegate due tecniche di microscopia, il calco di celloidina e losservazione diretta di tessuti fogliari decolorati, adatte ad osservare le fasi epifitiche ed endofitiche del processo infettivo, rispettivamente. Losservazione delle foglie è iniziata 8 ore dopo linoculazione ed è terminata 18 giorni dopo, seguendo intervalli variabili da 16 ore a 3-4 giorni. Il metodo dei calchi di celloidina è stato applicato dopo 8, 24, 48, 72 e 96 ore dallinoculazione. Tasselli di foglia (12 mm di diametro) sono stati prelevati da 9 foglie per ciascuna cultivar e, utilizzando la celloidina, è stato ottenuto un calco della superficie fogliare. I calchi sono stati posti su vetrino da microscopia ed osservati utilizzando microscopio ottico (312 X). Sono state condotte le seguenti determinazioni: conidi germinati (ossia con un tubetto germinativo sviluppato dalla cellula basale del conidio), lunghezza del tubetto germinativo cresciuto dalla cellula basale del conidio, numero di tubetti germinativi laterali, penetrazioni attraverso gli stomi. Losservazione diretta dei tessuti fogliari è stata eseguita ad intervalli di 3-4 giorni a partire dallinoculazione, su due gruppi di piante coltivate in periodi differenti (settembre - novembre 1999 e febbraio- aprile 2000). I tasselli sono stati fatti bollire a temperatura non troppo elevata, in modo da non provocare turbolenze nel liquido, in alcol etilico al 70% per 30 minuti, al fine di ottenere la decolorazione del tessuto fogliare (Whitney e Mann, 1981). Successivamente, sono stati tenuti sotto vuoto per 5 minuti, al fine di eliminare i liquidi presenti negli spazi intercellulari, e quindi colorati in una soluzione alcolica di cotton blu in lattofenolo RISULTATI I risultati delle varie prove sono stati concordi fra loro, ed anche le osservazioni condotte con le due tecniche microscopiche hanno fornito indicazioni simili, anche se quella basata sullimpiego della celloidina ha permesso di rilevare solo il comportamento epifitico del fungo. Le varietà di barbabietola da zucchero hanno avuto comportamenti differenti; i vari aspetti del processo infettivo hanno mostrato una gradualità in linea con il livello di resistenza a C. beticola espresso dalle quattro varietà. Pertanto, in questo lavoro, sono stati descritti solo i risultati relativi ai due comportamenti estremi, quello di Univers, suscettibile, e quello di Break, altamente resistente. Densità degli stomi. Il numero di stomi per unità di superficie fogliare è risultato simile nelle due varietà, con 35 stomi per mm2 in Univers e 31 in Break; le osservazioni effettuate hanno portato a concludere che anche le dimensioni degli stomi delle due varietà non sono sostanzialmente diverse fra loro. Germinazione dei conidi. La germinazione dei conidi ha avuto un andamento simile in ambedue le varietà. Dopo 8 ore dallinoculazione, il 13% dei conidi ha emesso un tubetto germinativo dalla cellula basale; il processo germinativo è poi proseguito rapidamente, ed ha raggiunto il massimo, pari mediamente al 66% dei conidi, dopo 4 giorni. Dopo tale periodo la germinazione è proseguita più lentamente, per annullarsi in corrispondenza del 16° giorno (Fig. 1). Il numero di conidi germinati per unità di superficie fogliare è però risultata differente fra le due varietà: maggiore in Univers e minore in Break. Sulle foglie della prima varietà sono stati osservati in totale 9.4 conidi germinati per cm2, mentre sulla seconda ne sono stati osservati 6.7; la riduzione media del tasso di germinazione è stata quindi del A B Figura 4 - Sviluppo del promicelio prodotto da conidi di Cercospora beticola sulla superficie delle foglie di due varietà di barbabietola da zucchero, Univers (A) e Break (B), dopo 11 giorni dallinoculazione (625 X). Figure 4 - Growth of the hyphae produced by Cercospora beticola conidia on the leaf surface of two sugar beet varieties, Univers (A) and Break (B), 11 days after inoculation (625 X). (Shipton e Brown, 1962) per 48 ore. I tasselli sono stati lavati in soluzione alcolica (alcol etilico 70%), per eliminare il colorante in eccesso, e montati su vetrini da microscopia per losservazione al microscopio ottico, a vari ingrandimenti. Sono state condotte le seguenti osservazioni: presenza di penetrazioni; presenza di ife intercellulari, loro sviluppo; presenza, spessore e caratteristiche delle zone di delimitazione delle aree di tessuto fogliare invase dal patogeno. È stato inoltre rilevato il numero medio di stomi per unità di area fogliare e la loro dimensione. A 3 1 Univers 0.8 Penetrazioni 29% (Fig. 1). Anche la velocità di accrescimento del tubetto germinativo emesso dalla cellula basale del conidio è risultata minore per Break che per Univers (Fig. 2): dopo 48 ore dincubazione, i tubetti germinativi sono risultati lunghi 0.93 e 0.61 m, rispettivamente. Al contrario, le germinazioni laterali, prodotte dalle altre cellule dei conidi delle due varietà, non sono risultate sostanzialmente diverse (Fig. 3); pur non disponendo di misurazioni precise, la lunghezza delle germinazioni laterali è comunque apparsa inferiore per Break. Nel complesso, il promicelio prodotto dai conidi di Break è risultato decisamente e costantemente meno sviluppato rispetto a quello di Univers (Fig. 4). Penetrazione. Le modalità di penetrazione non sono apparse influenzate dalla varietà, e non si sono sostanzialmente discostate da quanto descritto da Canova (1959); non sempre sono state osservate le tipiche ife di penetrazione, né la differenziazione di un vero e proprio appressorio (Fig. 5). Le prime penetrazioni sono state osservate dopo 4 giorni dallinoculazione, sia su Univers che su Break. Landamento delle penetrazioni nelle due varietà è risultato però alquanto diverso (Fig. 6). In Univers, il numero delle penetrazioni per unità di superficie fogliare è progressivamente aumentato fino al 12° giorno dallinoculazione, momento in cui Break 0.6 2 0.4 1 0.2 0 B 0 0 3 6 9 12 15 18 Univers Break Giorni d’incubazione Figura 6 - Numero (per cm2) di penetrazioni da parte di Cercospora beticola su foglie di due varietà di barbabietola da zucchero, dopo vari giorni dallinoculazione () ed in totale (❐). Figure 6 - Number (per cm2) of penetrations by Cercospora beticola on leaves of two sugar beet varieties, on different days after inoculation () and in the aggregate (❐). Figura 5 - Penetrazione attraverso gli stomi mediante appressori (A) e corte ife di penetrazione (B), in Univers, 8 giorni dopo linoculazione (625 X). Figure 5 - Penetration throughout stomata by means of appressoria (A) and short penetration hyphae (B), on Univers leaves, 8 days after inoculation (625 X). Agroindustria / Agosto 2002 117 A B meristematiche (Fig. 8E). Dopo 16 giorni, le aree di tessuto fogliare colonizzate dal fungo risultavano delimitate da vari strati di cellule (Fig. 9); al centro di queste aree era possibile osservare solo residui di cellule collassate e la formazione di abbondanti ammassi stromatici. Lo strato di cellule più interno appariva come una linea scura, spesso discontinua, con apposizioni sulla parete cellulare e materiale elettro-denso negli spazi intercellulari; allesterno, erano presenti vari strati sovrapposti di cellule isodiametriche, privi di spazi intercellulari, con qualche cellula meristematica. Questi strati di cellule delimitavano larea invasa dal patogeno, dato che al loro esterno non sono mai state osservate ife fungine. A Figura 7 - Sviluppo delle ife di Cercospora beticola nel mesofillo di foglie di barbabietola da zucchero Univers (A), dopo 8 giorni dallinoculazione, e collasso delle cellule vegetali nelle aree invase (B) (625 X). Figure 7 - Growth of Cercospora beticola hyphae within the leaf cells of sugar beet leaves of Univers (A), 8 days after inoculation, and damaged host cells (B) (625 X). sono state osservate, in media, 0.8 penetrazioni per cm 2. In Break, le penetrazioni sono progressivamente calate, seppure molto lievemente, dopo l8° giorno, quando ne sono state rilevate 0.3 per cm2. In totale, sono state rilevate 2.4 penetrazioni per Univers e 1.1 per Break; pertanto, il tasso di penetrazione per la varietà resistente è stato il 45.8% di quella suscettibile. Invasione del mesofillo. Dopo 8 giorni dallinoculazione è stato possibile osservare lo sviluppo di ife allinterno del mesofillo fogliare di Univers. A questa data non erano ancora visibili macchie necrotiche sulle foglie e pertanto le ife osservate erano responsabili di infezioni latenti; nonostante lassenza di sintomi necrotici, le cellule vegetali in prossimità delle ife apparivano collassate (Fig. 7). Dopo 11 giorni, erano visibili le caratteristiche macchie necrotiche (Fig. 8A): le cellule nella parte interna della macchia apparivano collassate ed il tessuto era disorganizzato (Fig. 8B), con abbondante sviluppo ifale e formazione iniziale di stromi (Fig. 8C). Le aree invase risultavano delimitate da cellule scure (Fig. 8D), talvolta accompagnate da poche cellule 118 Agroindustria / Agosto 2002 In Break, lo sviluppo di ife nel tessuto fogliare era visibile solo dopo 11 giorni dincubazione; a differenza di quanto rilevato in Univers, erano presenti solo poche ife, con sviluppo ridotto; solo raramente erano presenti cellule vegetali collassate. Dopo 16 giorni lampiezza dellarea invasa, lo sviluppo ifale, la formazione di stromi ed il collasso delle cellule era decisamente inferiore rispetto a quello rilevato sulla varietà suscettibile (Fig. 9B). Larea invasa era comunque delimitata da strati di cellule, spesso più larghi e compatti di quelli di Univers (Fig. 10); in questi strati apparivano frequenti cellule meristematiche, di piccole dimensioni ed appiattite, prive di spazi intercellulari. A B C D E 39X 125 X 625 X 156 X 312 X B C D E Figura 8 - Aspetto di una macchia necrotica (A) prodotta da Cercospora beticola su foglia di barbabietola da zucchero Univers, dopo 11 giorni dallinoculazione, con diffuso collasso delle cellule (B), abbondante sviluppo di ife, con produzione iniziale di stromi (C), formazione di strati di cellule vegetali a delimitare il tessuto invaso (D), nei quali appaiono alcune cellule meristematiche (E). Figure 8 - A necrotic spot (A) produced by Cercospora beticola on a leaf of sugar beet Univers, 11 days after inoculation, with severe damage of host cells (B), strong growth of hyphae with initial production of stromata (C), host cell layers isolating the invaded leaf tissue (D), and some meristematic cells (E). A B Figura 9 - Macchie necrotiche prodotte da Cercospora beticola sulle foglie di due varietà di barbabietola da zucchero, Univers (A) e Break (B), dopo 16 giorni dallinoculazione (39 X). Figure 9 - Necrotic spots produced by Cercospora beticola on leaves of two sugar beet varieties, Univers (A) and Break (B), 16 days after inoculation (39 X). DISCUSSIONE E CONCLUSIONI Nel presente lavoro sono stati illustrati i risultati di una serie di osservazioni microscopiche relative al processo infettivo di C. beticola sulle foglie di bietola. A differenza di lavori già pubblicati sullo stesso argomento, sono state studiate, con il medesimo approccio metodologico, tutte le fasi dellinfezione, dalla germinazione dei conidi fino alla comparsa delle macchie necrotiche. Inoltre, le osservazioni sono state compiute, contemporaneamente, su varietà con caratteristiche note di resistenza, e ben caratterizzate per la varie componenti della resistenza. Ciò ha consentito di delineare un quadro sufficientemente chiaro dei fenomeni biologici legati alle diverse componenti di resistenza. Tutte le fasi del ciclo infettivo che si svolgono sulla superficie della pianta ospite, dalla germinazione dei conidi fino alla penetrazione attraverso gli stomi, sono state coinvolte nella resistenza. Sulla varietà altamente resistente, la germinazione procede più lentamente e coinvolge un minor numero di conidi, i tubetti germinativi ed il promicelio invadono più lentamente il filloplano; anche il numero di penetrazioni risulta inferiore. Questi risultati sono in sostanziale accordo con quelli ottenuti da altri autori (Kovacs, 1955; Whitney e Mann, 1981, Feindt et al., 1981). Nella varietà resistente Break, il tasso di riduzione di questi processi rispetto a quanto avviene sulle foglie della varietà suscettibile Univers varia dal 30% al 54%. Linsieme di questi fattori si dovrebbe tradurre in una riduzione delleffi- cienza dinfezione dei conidi, intesa come capacità di arginare con successo linfezione. Questa componente, infatti, è significativamente coinvolta nella resistenza a C. beticola (Rossi et al., 1999): lefficienza dinfezione in Break è infatti inferiore del 74% rispetto ad Univers (Rossi, 2000). Il confronto fra questi dati sembra evidenziare il fatto che i meccanismi di resistenza che agiscono nella fase epifita del processo infettivo svolgono un ruolo importante nel diminuire lefficienza dinfezione dei conidi, ma che non ne sono i soli responsabili. Sembrano quindi confermate le osservazioni di Solel e Minz (1971), relative alla presenza di ife che si sviluppano nel mesofillo fogliare senza riuscire a dare origine a sintomi necrotici. Le differenze rilevate fra quanto avviene sulla superficie delle foglie di Univers e di Break non paiono imputabili al numero ed alla dimensione degli stomi, che sono risultate simili nelle due varietà. Ciò non concorda con le osservazioni di alcuni autori (Pool e MacKay, 1916; Burenin e Pilipenko, 1987), che peraltro erano già state confutate (Kovacs, 1955; Solel e Minz, 1971; Ruppel, 1972). È probabile che la germinazione possa essere inibita dai composti chimici presenti sul filloplano (Kovacs, 1955), e che la penetrazione possa essere ridotta da una alterazione degli stimoli idrotropici esercitati dagli stomi (Solel e Minz, 1971). Durante lo sviluppo endofitico delle ife, dopo la penetrazione, risultano coinvolti due differenti aspetti. In primo luogo, laccrescimento delle ife è rallentato e ridotto nella varietà resistente rispetto alla varietà sensibile, ed il danno cellulare, che si manifesta visivamente con il collasso delle cellule, è decisamente più limitato. Pertanto, a parità di tempo intercorso rispetto allinoculazione, un minore numero di penetrazioni si evolve nella comparsa di necrosi, e quando le necrosi si manifestano, queste hanno una minor estensione. Osservazioni parziali di questi fenomeni erano state fornite da Whitney e Mann (1981) e da Solel e Minz (1971). Lo studio delle cause che portano alla riduzione dello sviluppo ifale nella fase endofitica dellinfezione non era oggetto di questa ricerca. Numerosi dei fenomeni citologici e biochimici, sia pre che post-infezionali, citati in letteratura, possono concorrere a fornire una spiegazione (vedi la rassegna di Rossi, 2000). Un secondo aspetto è la comparsa di strati di cellule vegetali che isolano i tessuti invasi dal patogeno, e che impediscono ogni ulteriore invasione; tale reazione risulta più rapida ed intensa in Break che in Univers. Reazioni istologiche simili a quelle osservate in questo lavoro sono già state descritte (Cunningham, 1928; Lieber, 1982), ma non erano stati effettuati confronti fra quanto avviene in varietà di bietola con diverso grado di resistenza. In riferimento alle componenti di resistenza, i fenomeni che avvengono nella fase endofitica dovrebbero trovare riscontro in una minore efficienza dinfezione dei conidi, per il minor tasso con cui le infezioni evolvono in necrosi, ed in una ridotta dimensione delle lesioni necrotiche. Tale riduzione pare imputabile ad ambedue gli aspetti descritti in precedenza: una pronta reazione istologica, infatti, viene a delimitare una porzione limitata di tessuto fogliare, dato che linvasione è proseguita a tasso ridotto. Anche la dimensione delle macchie necrotiche, così come lefficienza dinfezione, è unimportante componente della resistenza di Break (Rossi et al., 1999), sulla quale le macchie di C. beticola hanno mediamente unarea pari alla metà di quelle di Univers (Rossi, 2000). Unaltra componente della resistenza, lallungamento del periodo dincubazione (Rossi et al., 1999), trova riscontro con le osservazioni microscopiche. Il rallentamento dello sviluppo del patogeno, tanto nella fase epifitica che in quella endofitica, porta indubbiamente ad un allungamento del periodo di tempo che intercorre fra linoculazione e la comparsa delle macchie necrotiche. BIBLIOGRAFIA Figura 10 - Macchia necrotica prodotta da Cercospora beticola su foglia di barbabietola da zucchero Break, dopo 16 giorni dallinoculazione (125 X), con abbondante produzione di strati di cellule vegetali a delimitare il tessuto invaso e collassato. Figure 10 - A necrotic spot (A) produced by Cercospora beticola on a leaf of sugar beet Break, 16 days after inoculation, with a thick host cell layer isolating the invaded and damaged leaf tissue (125 X). Battilani P., Beltrami G., Meriggi P.L., Ponti I., Rossi V., Rosso F., Tugnoli V., Zocca A., 1991. La difesa anticercosporica della barbabietola da zucchero in rapporto alla suscettibilità varietale. LInformatore agrario 47 (27), 61-70. Battilani P., Beltrami G., Canova A., Ghedini R., Meriggi P.L., Ponti I., Rossi V., Rosso F., Tugnoli V., Zocca A., 1992. La difesa integrata della barbabietola da zucchero dalla cercosporiosi alla luce dei risultati ottenuti in un quadriennio di sperimentazione. LInformatore agrario 48 (30), 57-60. Berglund L., Brunstedt J., Nielsen K.K., Chen Z., Mikkelsen J.D., Marcker K.A., 1995, A Agroindustria / Agosto 2002 119 proline-rich chitinase from Beta vulgaris Plant Molecular Biology 27, 211-216. Brillova D., Sladka O., 1976. 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Paola Battilani, Vittorio Rossi Istituto di Entomologia e Patologia vegetale, Università Cattolica del Sacro Cuore, Piacenza RIASSUNTO Partendo da un protocollo per la caratterizzazione delle componenti di resistenza (RC) a Cercospora beticola in barbabietola da zucchero, è stato messo a punto un metodo che consente una semplificazione metodologica, pur mantenendo linformazione relativa alle diverse RC. Il metodo prevede: allevamento delle piante in condizioni controllate; inoculazione artificiale di conidi di C. beticola sulle foglie; prelievo di tasselli fogliari in posizioni predeterminate del lembo fogliare, dopo 20 giorni dallinoculazione; incubazione dei tasselli in condizioni ottimali per la sporulazione; conteggio del numero di conidi prodotti dopo 48 ore per cm2 di superficie fogliare (indice di resistenza). Per verificare il metodo sono state considerate 36 piante di barbabietola, caratterizzate da unampia variabilità fenotipica per la resistenza al patogeno. Per ciascuna pianta sono state determinate: le singole componenti di resistenza (efficienza dinfezione dei conidi INF, durata del periodo dincubazione IP, dimensione delle macchie necrotiche LS, produzione di spore sulle macchie necrotiche SY); lArea Under Disease Progress Curve (AUDPC) mediante un programma che integra le RC in un algoritmo di simulazione delle epidemie; la gravità di malattia (espressa come percentuale di area fogliare ammalata); lindice di resistenza. Il confronto fra i dati rilevati ha permesso di verificare che lindice di resistenza garantisce una migliore caratterizzazione del comportamento dei genotipi di barbabietola da zucchero resistenti a C. beticola rispetto alla gravità della malattia, largamente impiegata a questo scopo. Lindice mantiene unampia variabilità fra le piante e quindi permette di discriminare differenze anche piccole fra i genotipi. Lindice tiene conto di tutte le principali componenti di resistenza (INF, IP, LS e SY), mentre la gravità della malattia non considera SY. Infine, mentre la gravità di malattia è più precisa per valutare livelli medi e bassi di resistenza, lindice è più adatto per i livelli estremi, alta e bassa resistenza. Parole chiave: barbabietola da zucchero, C. beticola, componenti di resistenza, indice di resistenza ABSTRACT A simplified method for evaluating sugar beet genotypes on the basis of resistance components to Cercospora beticola Sacc. Starting from a protocol for measuring resistance components (RC) to Cercospora beticola in sugar beet, a simplified method was drawn up, able to maintain sufficient information regarding RC. The method consists of: plant growth under environment-controlled conditions; artificial inoculation of C. beticola conidia on leaves; collection of leaf tassels in pre-defined positions of the leaf, 20 days after inoculation; incubation of the leaf tassels under optimal conditions for sporulation; counting of conidia yielded per unit of leaf area, 48 hours later (resistance index). In order to evaluate this method, 36 sugar beet plants showing a wide phenotypic variability for disease resistance were used. The following parameters were determined on each plant: RC (infection efficiency of conidia, INF; length of incubation period, IP; size of necrotic spots, LS; spore yield on necrotic spots, SY); AUDPC (Area Under Disease Progress Curve), by integrating RC in an algorithm for epidemic simulation; disease severity, as percentage of affected leaf area; resistance index. The resistance index produces a better picture of the resistance level of the sugar beet plants than the disease severity, a parameter which is widely used for this purpose. The disease index maintains a wide variability between plants and consequently makes it possible to discriminate small differences between plants. The index takes into account all the main RC (INF, LS, SY), while disease severity does not consider SY. Finally, the disease index is more efficient in evaluating extreme resistance levels, high and low levels, while disease severity is more precise for the intermediate ones. Key words: sugar beet, C. beticola, resistance components, resistance index. INTRODUZIONE La Cercospora beticola Sacc., patogeno della barbabietola da zucchero presente in tutte le aree di diffusione della coltura, riveAutore corrispondente: Battilani P.- Istituto di Entomologia e Patologia vegetale, Università Cattolica del Sacro Cuore, via E. Parmense, 84 - 29100 Piacenza - Tel. 0523 599254 Fax. 0523 599256 - E-mail: [email protected] Lavoro svolto nellambito del Progetto Finalizzato Miglioramento della barbabietola da zucchero per lambiente mediterraneo, finanziato dal MiPAF. ste notevole importanza in Italia, soprattutto nelle aree bieticole centrosettentrionali (Battilani et al., 1996). Dagli anni 80 si sono progressivamente diffuse varietà resistenti a questo fungo, che hanno significativamente influenzato la bieticoltura, consentendo un buon livello produttivo anche con un numero ridotto di interventi fungicidi (Battilani et al., 1992, Canova et al., 1996; Rossi, 1999). Tra le varietà attualmente consigliate in Italia, quelle resistenti sono prevalenti (Zocca , 1994; Tugnoli et al., 1996; Meriggi e Cerrato, 2001). È noto che la resistenza a questa malattia riduce il tasso di sviluppo delle epidemie in campo (Rossi e Battilani, 1987). In termini epidemiologici, la resistenza riduce il tasso di infezione apparente (Nelson, 1978); ciò può essere dovuto a ridotta efficacia di ciascun propagulo nel causare nuove infezioni, a minore produzione di propaguli per lesione per unità di tempo, a più breve periodo di latenza (fase che intercorre tra larrivo di un propagulo su una pianta e la formazione della generazione successiva di propaguli) o a più lungo periodo infettivo (fase di produzione di spore per unità di area infetta). Quindi, le componenti di resistenza (RC) che riducono il tasso di sviluppo delle epidemie sono: frequenza di infezione, periodo di latenza, dimensione delle macchie, produzione di spore e periodo infettivo (Parlevliet, 1979). Studi svolti sulla barbabietola da zucchero hanno evidenziato che le componenti coinvolte nella resistenza sono: efficienza dinfezione dei conidi (INF), durata del periodo dincubazione (IP), dimensione delle macchie necrotiche (LS), produzione di spore sulle macchie necrotiche (SY) (Rossi et al., 1999a e 2000). Queste RC possono essere misurate mediante infezioni artificiali condotte in condizioni ambientali controllate, in un unico ciclo dinfezione. I valori delle RC risultanti da queste prove monocicliche possono poi essere inseriti in un modello che simula il loro effetto sullo sviluppo delle epidemie, dovuto alla successione dei cicli infettivi (Rossi et al., 1994; 1999b). Nel modello di simulazione la curva simulata della gravità di malattia può essere espressa mediante un unico valore, lArea Under Disease Progress Curve (AUDPC) (Zadoks e Schein, 1979). Prove condotte su linee e varietà commerciali hanno dimostrato che il valore di AUDPC calcolato a partire dalla caratterizzazione delle RC è strettamente correlato con il comportamento in campo del materiale vegetale (Battilani, non pubblicato). La caratterizzazione delle RC può fornire un valido supporto alle attività di miglioramento genetico della barbabietola da zucchero per la resistenza a C. beticola (Rossi, 2000). Rispetto alle valutazioni classiche, eseguite mediante prove di campo ripetute in più località, con valutazioni visive della gravità delle infezioni su piccole parcelle, essa presenta numerosi vantaggi: i) permette di valutare nel dettaglio il comportamento Agroindustria / Vol. 1 / Num. 2 2002 121 Tabella 1 - Valori medi, varianze, coefficienti di variazione (CV), valori minimi e massimi di quattro componenti di resistenza a C. beticola, dellArea Under Disease Progress Curve (AUDPC), della gravità di malattia e dellindice di resistenza in 36 piante di barbabietola da zucchero (INF: efficienza dinfezione dei conidi; IP: durata dellincubazione; LS: area delle macchie necrotiche; SY: produzione di spore). Table 1 - Mean values, variance, coefficients of variation (CV), minimum and maximum values of four resistance components to C. beticola, Area Under Disease Progress Curve (AUDPC), disease severity and resistance index, in 36 sugar beet plants (INF: infection efficiency of conidia; IP: length of incubation; LS: size of necrotic spots; SY: spore yield) IP °C LS 2 mm SY 3 -2 Nx10 cm AUDPC Gravità di malattia % Indice di resistenza nx103cm-2 0.13 0.017 101 0.01 0.67 239.6 4165.83 27 150.1 393.1 12.2 50.49 58 2.0 36.7 33.2 796.25 85 3.2 137.0 15.35 287.344 110 0.22 54.12 1.5 1.82 89 0.0 5.6 2.1 6.44 121 0.0 9.1 dei genotipi, in condizioni controllate e quindi ripetibili; ii) consente di abbreviare notevolmente i tempi (le valutazioni possono essere compiute nel periodo autunno-vernino anziché nellestate successiva); iii) elimina gli inconvenienti dovuti alla soggettività delle stime visive in campo; iv) annulla leffetto inter-plot dovuto alla presenza di altri genotipi nel campo sperimentale; v) riduce i costi. Il rilievo delle RC risulta comunque impegnativo, e ciò rappresenta un limite qualora debbano essere valutate molte linee in selezione. Pertanto, è stata studiata la possibilità di semplificare questo metodo di caratterizzazione del livello di resistenza a C. beticola in genotipi di barbabietola da zucchero. MATERIALI E METODI La ricerca è stata condotta in una serra termocondizionata, seguendo il metodo messo a punto da Rossi et al. (1999a e 2000). Materiali vegetali. Sono state utilizzate piante ottenute da seme, appartenenti a 6 linee di barbabietola da zucchero scelte per il diverso livello di resistenza a C. beticola, da buono a molto scarso; sono state considerate in totale 36 piante. Le piante sono state allevate in vasi a sezione quadrata (20x20 cm) contenenti torba, posti in un cassone di legno (cm 140x220x80), contenente 2.5 m3 di terreno e chiudibile con appositi pannelli. Le piante sono state allevate per 70 giorni, fino alla fase fenologica di 4-5 foglie vere, fase in cui sono state inoculate artificialmente. Sono state scelte 4 foglie per ciascuna pianta, le quali sono state numerate progressivamente. Preparazione dellinoculo ed inoculazione delle piante. Per la preparazione dellinoculo sono stati utilizzati tre ceppi di C. beticola isolati in altrettante zone: Piacenza (MPVP 058), Boara (RO) (MPVP 056) e Foggia (MPVP 062). I ceppi sono conservati presso la collezione dellIstituto 122 Agroindustria / Agosto 2002 di Entomologia e Patologia Vegetale dellUniversità Cattolica S. Cuore di Piacenza. I funghi presenti in collezione sono stati trasferiti su agar acqua ed incubati per 15 giorni a 25°C. Le colonie sono state trasferite in piastre Petri (∅ 5.5 cm) contenenti Czapek-V8 ed incubate per 7 giorni con alternanza di luce e buio (lampade UV, 12 ore/12 ore). Al termine del periodo di incubazione le piastre sono state lavate con 5 ml di acqua sterile; con lausilio di una spatola, è stata raccolta tutta la massa fungina cresciuta. La sospensione ottenuta è stata filtrata con 3 strati di garza, al fine di eliminare tutte le ife del fungo. La sospensione conidica così ottenuta è stata utilizzata per inoculare piastre Petri (∅ 9 cm) contenenti Czapek-V8, successivamente incubate per 5 giorni nelle condizioni precedentemente descritte. Al termine del periodo dincubazione le piastre sono state lava- te come descritto in precedenza, ma con 7 ml di acqua distillata sterile. La sospensione conidica, ottenuta per filtrazione con garza a 3 strati, è stata osservata al microscopio ottico con camera Burker al fine di determinarne la concentrazione; questa è stata aggiustata alla concentrazione di 3 x 105 conidi/ ml. Quindici piastre Petri hanno consentito la preparazione di 50 ml di sospensione conidica, utilizzata per inoculare le 36 piante della prova. Linoculo è stato nebulizzato in modo uniforme sulla pagina superiore delle foglie, utilizzando una spruzzetta a pressione. Prima dellinoculazione, il terreno contenuto nel cassone è stato bagnato abbondantemente; dopo linoculazione, il cassone contenente le piante è stato chiuso con gli appositi pannelli. Questi interventi hanno garantito il mantenimento dellumidità relativa al di 100 Area fogliare ammalata (%) media varianza CV min Max INF -2 n cm 80 60 40 20 0 1 11 21 31 41 51 61 Giorni dell’epidemia 71 Figura 1 - Andamento della gravità di malattia in alcune piante di barbabietola da zucchero con differenti livelli di resistenza a C. beticola. I valori giornalieri di gravità, espressi come percentuale di area fogliare ammalata, sono stati calcolati mediante un programma che integra le componenti di resistenza in un algoritmo di simulazione delle epidemie. Figure 1 - Disease severity progress in some sugar beet plants showing different levels of resistance to C. beticola. Daily values of disease severity, expressed as percentage of affected leaf area, were calculated by integrating resistance components in an algorithm for epidemic simulation. sopra del 90% nellambiente circostante le piante, condizione necessaria per la germinazione dei conidi. Dopo 24 ore, i pannelli sono stati leggermente aperti, al fine di abbassare lumidità e mantenerla nellintervallo 60-90%, condizione necessaria per la penetrazione del promicelio attraverso gli stomi. Dopo 48 ore i pannelli sono stati tolti per creare un ambiente sfavorevole allo sviluppo di infezioni secondarie (umidità relativa inferiore al 60%). Osservazione delle piante e rilievo dei dati. Dal terzo giorno dopo linoculazione, le piante sono state controllate quotidianamente per verificare la prima comparsa di macchie sulle singole foglie. Il controllo è proseguito fino a 28 giorni dallinoculazione; per tutto il periodo, le condizioni termoigrometriche della serra sono state rilevate con sensori elettronici. Al termine delle osservazioni sono state raccolte tutte le foglie numerate e ne è stata misurata larea totale (in cm2), mediante Area Meter LI-COR 2000. È stato contato il numero totale di macchie necrotiche per foglia ed è stata misurata la loro area totale (in cm2). È stata quindi determinata la gravità della malattia, come rapporto percentuale fra larea totale delle macchie e larea delle foglie. Successivamente, sono stati prelevati dischetti di lembo fogliare (area 1.1 cm2) ed è stata misurata larea delle macchie necrotiche presenti. I dischetti sono stati posti in beckers chiusi con garza e lavati con acqua corrente per 10 min. Dopo asciugatura su carta bibula, i dischetti fogliari sono stati posti, con la pagina superiore rivolta verso lalto, in camera umida (piastre Petri, ∅ 5.5 cm, con carta bibula sul fondo inumidita con 0.8 ml di acqua distillata) a 20±2°C, per 48 ore, con fotoperiodo di 12 ore di luce e 12 di buio. Al termine di tale periodo, i dischetti fogliari sono stati posti in provette, con aggiunta di 0.3 ml di acqua distillata e 2 palline di vetro, e sono stati agitati con agitatore da provette per 30 secondi; quindi, sono state prelevate 3 gocce (0.01 ml) di sospensione, poste separatamente su vetrino da microscopia. Sono stati osservati 10 campi a caso per ciascuna goccia, ad un ingrandimento di 125x, annotando il numero di conidi presenti. Attraverso le opportune conversioni, è stato quindi calcolato il numero di conidi prodotto da ciascun dischetto fogliare. Nellambito della medesima prova, 20 giorni dopo linoculazione, circa a metà del periodo di comparsa delle macchie necrotiche, sono stati prelevati 4 dischetti fogliari per foglia, del diametro di 2.1 cm. I prelievi stati effettuati in posizione definita a priori, al centro dei 4 settori della foglia ottenuti suddividendola idealmente seguendo la nervatura principale e la sua perpendicolare passante per il centro. Per ciascun dischetto fogliare è stata misurata larea delle macchie necrotiche e, con il metodo precedentemente descritto, è stato contato il numero di conidi prodotto. Calcolo delle componenti della resistenza. Sulla base dei dati rilevati sono state calcolate le seguenti RC: durata del periodo dincubazione, efficienza dinfezione dei conidi, dimensione delle macchie necrotiche, produzione di spore sulle macchie necrotiche. Il periodo di incubazione (IP), periodo che intercorre tra linoculazione e la comparsa dei sintomi, è stato determinato come sommatoria delle temperature medie giornaliere utili (>5°C) al momento in cui il 50% delle foglie ammalate ha presentato almeno una macchia necrotica. Lefficienza dinfezione dei conidi (INF) è stata calcolata come numero medio di macchie necrotiche per cm2 di superficie fogliare a fine esperimento. La dimensione delle macchie necrotiche (LS) è stata calcolata in mm2, dividendo larea totale delle macchie necrotiche per il loro numero. La produzione di spore sulle macchie necrotiche (SY), espressa in numero di conidi per unità (cm2) di area necrotica, è stata ottenuta dividendo il numero di conidi prodotti per la superficie del dischetto coperta dalle macchie necrotiche. Calcolo dellindice semplificato di resistenza. Un indice semplificato di resistenza è stato calcolato come numero di conidi prodotti per unità (cm2) di superficie fogliare dopo 20 giorni dallinoculazione. Elaborazione dei dati. I dati relativi alle RC ed alla gravità di malattia sono stati espressi come media per pianta (4 foglie per pianta); sono stati quindi calcolati i valori medi per le 36 piante ed i relativi indici di dispersione. Per confrontare la variabilità allinterno di ciascuna delle variabili considerate, che sono espresse in differenti scale di misura, è stato calcolato il coefficiente di variazione (CV), come rapporto percentuale fra deviazione standard e media. Per determinare leffetto delle RC misurate in un unico ciclo dinfezione sulla progressione della malattia in campo, ove si susseguono numerosi cicli infettivi nel corso della stagione, è stato utilizzato un programma di simulazione delle epidemie di C. beticola, precedentemente elaborato e validato (Rossi et al., 1994; 1999b). Impiegando un insieme rappresentativo di dati meteorologici, rilevati a Diamantina (FE) nel 2001, è stato così calcolato, giorno per giorno fra il 20 giugno ed il 3 settembre, il valore di gravità della malattia per le 36 piante, come pure lAUDPC al termine delle epidemie. Per studiare il grado di associazione fra RC, gravità della malattia, AUDPC ed indice di resistenza è stato calcolato il coefficiente di correlazione di Pearson Tabella 2 - Coefficienti di correlazione di Pearson fra quattro componenti di resistenza a C. beticola, lArea Under Disease Progress Curve (AUDPC), la gravità di malattia e lindice di resistenza in 36 piante di barbabietola da zucchero (INF: efficienza dinfezione dei conidi; IP: durata dellincubazione; LS: area delle macchie necrotiche; SY: produzione di spore). Table 2 - Pearsons correlation coefficients between four resistance components to C. beticola, Area Under Disease Progress Curve (AUDPC), disease severity and resistance index, in 36 sugar beet plants (INF: infection efficiency of conidia; IP: length of incubation; LS: size of necrotic spots; SY: spore yield) AUDPC Gravità di malattia Indice di resistenza INF 0.46 (**) 0.79 (**) 0.40 (*) IP -0.04 (ns) 0.01 (ns) 0.00 (ns) LS 0.65 (**) 0.53 (**) 0.44 (**) SY 0.55 (**) 0.15 (ns) 0.51 (**) AUDPC - 0.75 (**) 0.77 (**) - 0.58 (**) Gravità di malattia (ns) non significativo; (*) significativo con P≤0.05; (**) significativo con P≤0.01 QVQRWVLJQLILFDQWVLJQLILFDQWDW3≤VLJQLILFDQWDW3≤ Agroindustria / Agosto 2002 123 18 Frequenza 16 14 12 10 8 6 4 2 >46 41-45 31-35 21-25 11-15 <5 0 AUDPC Figura 2 - Distribuzione di frequenza di 36 piante di barbabietola da zucchero con differenti livelli di resistenza a C. beticola, in funzione dei valori di Area Under Disease Progress Curve (AUDPC) calcolati in base allandamento della gravità della malattia (vedi Fig. 1). Figure 2 - Frequency distribution of 36 sugar beet plants showing different levels of resistance to C. beticola, based on the Area Under Disease Progress Curve (AUDPC) values calculated on the basis of disease severity progress (see Fig. 1). RISULTATI Le RC misurate sulle 36 piante hanno mostrato un ampio intervallo di variazione (Tab. 1); questo risultato era atteso, dato che le piante erano state scelte proprio in modo da rappresentare unampia casistica. INF ha avuto il CV più elevato, pari al 101%, ed una ampio intervallo di variazione: alcune piante hanno mostrato solo sporadici sintomi di malattia (0.01 macchie necrotiche per cm2 di area fogliare), altre valori medi pari a 0.67 macchie. SY è risultato pure assai variabile, con un CV di 85% ed una produzione massima di spore pari a 137000 conidi per cm2 di area necrotica. LS e soprattutto IP hanno mostrato una minore variabilità, con CV pari a 58% e 27% rispettivamente. Alcune piante hanno mostrato macchie necrotiche molto piccole (media di 2 mm2), altre macchie di notevoli dimensioni (fino ad una massimo di 37 mm2). IP ha avuto una durata minima pari a 150°C e massima pari a 393°C; ciò significa che, ad una temperatura costante di 20°C, lincubazione ha avuto una durata compresa fra 10 e 26 giorni. La gravità della malattia, che esprime la percentuale di tessuto fogliare coperto dalle macchie necrotiche, è variata da valori minimi assai prossimi allo zero fino ad un massimo di circa il 6%, con un CV di 89%. La gravità è risultata correlata in modo significativo sia ad INF sia a LS (Tab. 2). LAUDPC, che esprime landamento delle epidemie come risultato dellinterazione 124 Agroindustria / Agosto 2002 fra le varie RC, è variata da un minimo di 0.22 ad un massimo di 54.12 (Fig. 1); la variabilità fra piante è aumentata notevolmente rispetto alla gravità, con un CV del 110%. È stato possibile riscontrare la presenza di tre gruppi abbastanza omogenei di piante, un primo gruppo con valori di AUDPC inferiori a 15 (24 piante), un secondo con valori compresi fra 21 e 35 (10 piante) ed un terzo con valori superiori a 41 (4 piante) (Fig. 2). LAUDPC è risultata correlata in modo significativo (per P<0.01), a INF, LS e SY (Tab. 2), oltre che alla gravità della malattia al termine di un unico ciclo dinfezione. La Gravità di malattia (Snedecor e Cochran, 1973), e sono state calcolate le regressioni lineari fra le coppie di variabili più significative, usando il pacchetto statistico SPSS (1999). retta di regressione fra AUDPC e gravità, pur essendo significativa con P<0.01, ha mostrato una certa dispersione dei dati (Fig. 3); tale dispersione è risultata più marcata per i valori più bassi di AUDPC (49% del totale degli scarti dei valori osservati da quelli stimati con la regressione), rispetto a quelli intermedi (26%) e ed alti (25%). Lindice di resistenza è variato fra zero (nessuna spora prodotta per unità di area fogliare, a causa dellassenza di macchie necrotiche nei tasselli prelevati nelle posizioni predefinite del lembo fogliare) fino a 91000 spore per cm2 di area fogliare. La variabilità fra piante è risultata la più alta di quelle osservate, con CV pari a 121%. Anche lindice di resistenza è risultato significativamente correlato (con P<0.05 o 0.01) a INF, LS e SY; esso inoltre è risultato correlato alla gravità di malattia e, soprattutto, allAUDPC (Tab. 2). La retta di regressione fra AUDPC e lindice di resistenza è risultata significativa (con P<0.01), con una dispersione dei dati paragonabile alla retta fra AUDPC e gravità (Fig. 4). In questo caso, la dispersione è risultata minore per valori bassi ed alti di AUDPC (23% e 13% del totale degli scarti, rispettivamente) e molto superiore per i valori intermedi (64%). DISCUSSIONE E CONCLUSIONI In questo lavoro sono stati considerati due metodi per la caratterizzazione del livello di resistenza in piante di barbabietola da zucchero; la gravità della malattia sulle foglie, espressa come percentuale di area fogliare coperta da macchie necrotiche, e lindice di resistenza, espresso come numero di conidi prodotti per unità di superficie fogliare. Il primo metodo è largamente impiegato 6 y = 0.060x + 0.602 R2 = 0.57 4 2 0 0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50 55 AUDPC Figura 3 - Relazione intercorrente fra lArea Under Disease Progress Curve (AUDPC) e la gravità di malattia in 36 piante di barbabietola da zucchero con differenti livelli di resistenza a C. beticola. La linea tratteggiata indica landamento della retta di regressione fra le due variabili; R2 è lindice di determinazione della regressione. Figure 3 - Relationship between Area Under Disease Progress Curve (AUDPC) and disease severity, in 36 sugar beet plants showing different levels of resistance to C. beticola. Dotted line indicates the regression line between the two variables; R2 is the index of determination for the regression. 10 y = 0.116x + 0.327 8 Indice di resistenza per determinare il livello di resistenza a C. beticola in linee e varietà commerciali (Beltrami et al., 1994; Pfleiderer and Schaufele, 2000). Nella presente ricerca, la gravità della malattia è stata misurata sulle singole foglie, e quindi mediata per ciascuna pianta, mentre nella pratica comune la gravità viene stimata sullintera pianta, facendo riferimento ad apposite scale di stima (Rossi e Battilani, 1989a e 1989b; Battilani et al., 1991). Pertanto, la gravità di malattia è stata determinata in modo più accurato, e con maggiore capacità di risoluzione, rispetto a quanto avviene normalmente, dove la qualità delle stime è influenzata da vari fattori, fra i quali labilità dellestimatore, il portamento vegetativo delle piante, la presenza di porzioni di lembo disseccate per la vicinanza di varie macchie necrotiche. Il secondo metodo è stato sviluppato appositamente; esso valuta la quantità di spore prodotte su tasselli di lembo fogliare prelevati sulle foglie ammalate in posizioni predeterminate. I due metodi sono stati valutati per la capacità di caratterizzare il comportamento delle piante in rapporto alle loro RC, considerate singolarmente e combinate nellAUDPC; questultima variabile è stata considerata come il miglior modo di valutare il comportamento delle varietà, dato che, in prove precedenti, è sempre stata trovata una relazione molto stretta fra AUDPC e comportamento di campo (Battilani, non pubblicato). Sono stati considerati due aspetti, la capacità di risoluzione ed il grado di associazione con le singole RC e con lAUDPC. La capacità di risoluzione è stata valutata in base alla possibilità di distinguere differenze fenotipiche anche piccole fra le piante, ed è stata espressa come intervallo di variazione e CV dei dati misurati: tanto più ampie sono risultate queste statistiche, tanto maggiore è stato il grado di differenza fra le piante. Il livello di associazione fra le variabili è stato valutato per mezzo del coefficiente di correlazione di Pearson: tanto maggiore è risultato il valore del coefficiente, tanto più le variazioni di una variabile sono risultate associate a quelle dellaltra. Le 36 piante utilizzate hanno mostrato unampia variabilità per le diverse RC. In linea con quanto osservato in altri lavori (Rossi et al., 1999a e 2000), lintervallo di variazione è risultato più ampio per INF e SY, e limitato per IP. Il calcolo dellAUDPC ha consentito di avere una valutazione sintetica del livello di resistenza delle piante in base alleffetto combinato delle varie RC; lAUDPC ha mantenuto un elevato livello di variabilità fra le piante. La gravità di malattia ha mostrato un intervallo di variazione più contenuto rispetto allAUDPC ed anche ad INF. Lindice di resistenza, al contrario, ha incrementato la variabilità fra le piante rispetto a tutte le RC, ed anche allAUDPC. Questo risultato può essere spie- R2 = 0.60 6 4 2 0 0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50 55 AUDPC Figura 4 - Relazione intercorrente fra lArea Under Disease Progress Curve (AUDPC) e lindice di resistenza in 36 piante di barbabietola da zucchero con differenti livelli di resistenza a C. beticola. La linea tratteggiata indica landamento della retta di regressione fra le due variabili; R2 è lindice di determinazione della regressione. Figure 4 - Relationship between Area Under Disease Progress Curve (AUDPC) and the disease index, in 36 sugar beet plants showing different levels of resistance to C. beticola. Dotted line indicates the regression line between the two variables; R2 is the index of determination for the regression. gato con il fatto che, mentre la gravità delle malattia dipende solo dal numero di macchie necrotiche e dalla loro dimensione, lindice di resistenza è legato a tutte le RC. Infatti, il numero di spore prodotte per unità di superficie fogliare dopo un periodo di tempo pari alla metà del periodo totale di comparsa delle macchie necrotiche sulle foglie dipende dalla produzione di spore per unità di area necrotica (ossia SY) e dalla superficie occupata dalle macchie necrotiche sporulanti; questultima dipende, a sua volta, dallefficienza dinfezione dei conidi (INF), dalla dimensione di ogni macchia (LS) e dalla durata del periodo dincubazione (IP), dato che tanto maggiore è IP tanto minore è il numero di macchie comparse dopo 20 giorni. Lindice di resistenza ha dimostrato quindi una maggiore capacità di discriminare le differenze fra le piante rispetto alla gravità di malattia. Le variazioni della gravità di malattia sono risultate significativamente associate alle variazioni di INF e LS; quelle dellindice di resistenza sono risultate correlate anche con SY. Tale risultato concorda con quanto evidenziato in precedenza, e mette ulteriormente in evidenza il fatto che la gravità di malattia non ha alcuna relazione con la quantità di spore prodotte sulle macchie necrotiche. Nessuno dei due indici è risultato correlato con IP, verosimilmente come conseguenza del fatto che le 36 piante sono risultate abbastanza omogenee per questa RC. Il fatto che la gravità di malattia non prenda in considerazione la riduzione della produzione di nuove spore sulle macchie necrotiche ha notevole importanza pratica. Durante unepidemia in pieno campo, il numero di nuove infezioni dipende, a parità di condizioni ambientali, dal numero di spore deposte sulla superficie delle foglie e dalla capacità di ciascuna di queste di portare a compimento con successo il processo infettivo. La riduzione del numero di nuove infezioni in un genotipo resistente può quindi essere conseguita riducendo sia la produzione di spore sia la loro efficienza dinfezione. Pertanto, non considerare SY nella valutazione di un genotipo porta a sottovalutarne le caratteristiche di resistenza. Questo aspetto incide ancor più negativamente qualora, come normalmente accade, le stime di gravità di malattia vengano eseguite su piccole parcelle, in campi sperimentali in cui sono contemporaneamente presenti genotipi con differenti livelli di resistenza. In questo caso, infatti, le spore prodotte sulle piante meno resistenti si diffondono nellaria e si depositano numerose sulle foglie delle piante più resistenti. Sia la gravità di malattia che lindice di resistenza sono risultati correlati in modo significativo allAUDPC, con valori di R2 dello stesso ordine di grandezza. Lanalisi delle differenze fra i valori osservati delle due variabili ed i valori attesi sulla base della relazione con lAUDPC (Figg. 3 e 4) ha messo in evidenza che, mentre la gravità di malattia fornisce le stime più precise dellAUDPC in corrispondenza dei valori medi ed alti della scala di variazione dellAUDPC stesso, lindice di malattia è decisamente più preciso per i valori più bassi dellAUDPC, corrispondenti ai livelli più elevati di resistenza a C. beticola. Pertanto, lindice di resistenza si è dimostrato migliore della gravità di malattia nel valutare le piante più resistenti. In conclusione, lindice di resistenza messo a punto in questo lavoro permette una migliore caratterizzazione del comportamenAgroindustria / Agosto 2002 125 to dei genotipi di barbabietola da zucchero resistenti a C. beticola rispetto alla gravità della malattia, largamente impiegata a questo scopo. In particolare, lindice permette di discriminare differenze anche piccole fra i genotipi, tiene conto di tutte le principali componenti di resistenza ed è particolarmente idoneo ad individuare genotipi molto resistenti. Il fatto che lindice di resistenza venga valutato in condizioni ambientali controllate, e quindi altamente ripetibili, ed in tempi più brevi rispetto alle usuali valutazioni di campo, costituisce un ulteriore vantaggio. Lindice di resistenza è di più semplice e rapida determinazione delle singole componenti di resistenza; esso, pertanto, potrebbe essere impiegato per un primo screening del materiale in selezione, per riservare poi una caratterizzazione più approfondita solo alle linee di maggiore interesse. RINGRAZIAMENTI Lavoro svolto nellambito del progetto Miglioramento genetico della barbabietola da zucchero per lambiente mediterraneo, finanziato dal MiPAF (coordinatore P. Ranalli). Si ringrazia la Dott.ssa Maria Fattori della Società Agra S.p.A. per aver fornito i genotipi di barbabietola da zucchero. BIBLIOGRAFIA Battilani P., Beltrami G., Meriggi P.L., Ponti I., Rossi V., Rosso F., Tugnoli V., Zocca A., 1991. La difesa anticercosporica della barbabietola da zucchero in rapporto alla suscettibilità varietale. LInformatore agrario 47 (27), 61-70. Battilani P., Beltrami G., Canova A., Ghedini R., Meriggi P.L., Ponti I., Rossi V., Rosso F., Tugnoli V., Zocca A., 1992. La difesa 126 Agroindustria / Agosto 2002 integrata della barbabietola da zucchero dalla cercosporiosi alla luce dei risultati ottenuti in un quadriennio di sperimentazione. LInformatore agrario 48 (30), 57-60. Battilani P., Giosuè S., Nassisi A., Racca P., Rossi V., 1996. Use of geostatistics in geophytopathology: Cercospora leaf spot on sugarbeet in northern Italy as a case study. Phytopatologia Mediterranea 35 (3), 157-168. 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Zadoks J.C., Schein R.D., 1979. Epidemiology and plant disease management. Oxford University Press, Oxford, UK. Zocca A., 1994. Levoluzione del seme bietola negli ultimi 25 anni. Sementi elette 40 (3-4), 51-53. Utilizzo di cultivar resistenti e isolati di Trichoderma spp. nella difesa integrata dalla cercosporiosi della barbabietola da zucchero Claudio Cerato, Stefania Galletti, Pier Luigi Burzi e Roberta Ghedini Istituto Sperimentale per le Colture Industriali, Bologna RIASSUNTO La difesa della barbabietola da zucchero dalla cercosporiosi, provocata dal micete Cercospora beticola Sacc., viene attuata con la semina di cultivar dotate di parziale resistenza e con lesecuzione di 1-3 trattamenti fungicidi nel corso della coltivazione. Finora non vi sono stati tentativi di controllare la malattia con antagonisti biologici, contrariamente a quanto è avvenuto per altri sistemi pianta-patogeno. In questo lavoro si riportano i primi risultati sulla caratterizzazione di isolati di Trichoderma con attività specifica di antagonismo nei riguardi di C. beticola, si ipotizzano le modalità di intervento, si esaminano i possibili vantaggi e le reali difficoltà che ancora si frappongono allaffermazione del controllo biologico. Parole chiave: antagonisti, Cercospora beticola, controllo biologico, Trichoderma spp. SUMMARY Disease resistance and selected Trichoderma isolates for controlling Cercospora leaf spot of sugar beet Cercospora leaf spot, caused by Cercospora beticola Sacc., is one of the most common and destructive diseases of sugar beet in southern Europe. Disease control is generally achieved through the use of partially resistant genotypes and 1-3 fungicide applications. In recent years there has been a steady increase in the interest of finding alternatives to the use of fungicides, but nothing has been done regarding Cercospora leaf spot. In this study, the introduction of some isolates of Trichoderma spp. as possible biocontrol agents towards Cercospora leaf spot was investigated. Thirty-five Trichoderma isolates of various origins, mostly from sugar beet soil, were tested for antagonism towards C. beticola, measured as colony growth inhibition on Potato Dextrose Agar (PDA) amended with 25% (v/v) culture filtrate from each Trichoderma isolate. They were also tested for in vivo spore survival on sugar beet phylloplane. Eight isolates with the best values of inhibition and spore survival were selected for a preliminary field trial in 2001, under natural C. beticola inoculum. Sugar beets (cv Dorotea) were treated with Trichoderma spore suspensions in water at a concentration of 1 x 106 spores ml-1 every 20 days for five times, starting from the beginning of June until August 24th. The controls were water alone and ALTO BS (3% Cyproconazole and 9% Fentin acetate), sprayed on June 21st and July 10th at 2 Kg ha-1. Six out of the 35 Trichoderma isolates significantly differed from the control in inhibiting C. beticola in vitro growth and some also showed good survival on sugar beet leaves. In the field, three isolates were found to significantly reduce C. beticola sporulation per unit of necrotic area, compared to the untreated control, but they did not affect the disease incidence, which instead was well controlled by the fungicide. Based on these results, suggestions are made on some approaches to screening Trichoderma isolates, with special reference to some components of rate-reducing resistance in sugar beet. Key words: antagonists, Cercospora beticola, biological control, Trichoderma spp. INTRODUZIONE La cercosporiosi, causata dal fungo Cercospora beticola Sacc., è una delle più comuni e distruttive malattie dellapparato fogliare della barbabietola da zucchero nel Sud Europa e può causare gravi perdite produttive se non vengono messi in atto adeguati interventi di controllo (Rossi et al., 2000b). Attualmente i programmi di protezione prevedono lutilizzo di cultivar dotate di una Autore corrispondente: Cerato C. - Istituto Sperimentale per le Colture Industriali, Via di Corticella 133 - 40129 Bologna. Tel. 051 6316838 - Fax 051 6316856 E-mail: [email protected] Lavoro svolto nellambito del Progetto Finalizzato Miglioramento della barbabietola da zucchero per lambiente mediterraneo, finanziato dal MiPAF. parziale resistenza al patogeno (Canova et al., 1996) e di 1-3 trattamenti con fungicidi sistemici o più spesso con miscele tra loro e in combinazione con sali di stagno, in modo da evitare il rischio della comparsa di ceppi resistenti (Georgopoulos, 1982; Ioannidis e Karaoglanidis, 2000). Le modalità e i tempi di intervento, in particolare per lavvio dei trattamenti, si basano su scelte fatte a calendario o, più frequentemente, su indicazioni guidate da modelli previsionali (Battilani et al.,1990; Meriggi et al., 2000). Il comparto bieticolo dispone di un supporto tecnico adeguato, sia a livello pubblico regionale che associativo e industriale, tanto che i produttori che si attengono alle indicazioni tempestivamente divulgate sono in grado di proteggere efficacemente le loro coltivazioni. Negli ultimi trentanni la bieticoltura ha fatto progressi notevoli nellagrotecnica e nel miglioramento genetico, ma poco è cambiato nella difesa dalla cercosporiosi e nulla è stato tentato nella prevenzione e controllo della malattia con antagonisti biologici, contrariamente a quanto è avvenuto per altri sistemi pianta-patogeno. Tuttavia, sulla base delle indicazioni ottenute per altre patologie provocate da funghi epifiti necrotrofici (Köhl and Fokkema, 1998), sembra ragionevole pensare che anche per C. beticola sia possibile integrare trattamenti biologici e chimici, con lobiettivo di limitare la protezione chimica ad un solo intervento e di contenere la malattia, entro soglie compatibili con buoni livelli produttivi, attraverso il controllo biologico. Tra gli antagonisti fungini, il genere Trichoderma è risultato essere tra i più interessanti mezzi di biocontrollo, specialmente nei riguardi di diversi patogeni del terreno, ma anche dellapparato aereo come dimostrano le applicazioni contro Botrytis sp. (Elad et al., 1993; Bélanger et al., 1995). I meccanismi dazione consistono nella competizione per sostanze nutritive, antibiosi (produzione di metaboliti tossici) e micoparassitismo nei riguardi del patogeno (Tronsmo e Hjeljord, 1998), nonché promozione della crescita e induzione di resistenza nella pianta. Oltre allattività diretta di antagonismo, la capacità di colonizzare la rizosfera o la fillosfera della pianta ospite è un altro carattere estremamente importante. Linsediamento dellantagonista nel sito di infezione, o nelle sue immediate vicinanze, è un requisito preliminare allesplicazione dellattività di protezione (Tronsmo e Hjeljord, 1998; Ahmad e Baker, 1986). Ai fini applicativi, inoltre, risulta fondamentale una corretta formulazione del prodotto finale (nutrienti, adesivanti, ecc.), che deve favorire linsediamento e lo sviluppo dellantagonista, a scapito del patogeno, tenendo conto delle possibili interazioni con altri fattori biotici o abiotici (Tronsmo e Hjeljord, 1998). Spesso, infatti, isolati particolarmente attivi in vitro non hanno mostrato efficacia in vivo e viceversa, a causa della sottovalutazione di tali interazioni o della sopravvalutazione della potenziale attività osservata in laboratorio (Knudsen et al., 1997). Con riferimento a C. beticola, non disponendo a tuttoggi di dati sperimentali, è opportuno focalizzare lattenzione sulle caratteristiche del patogeno e sulle proprietà dellantagonista, in modo da evidenziare le fasi Agroindustria / Vol. 1 / Num. 2 2002 127 Figura 1 - Isolamento di Trichoderma da terreno su substrato selettivo TSM. Le frecce indicano le colonie del fungo che singolarmente sono state trasferite ancora su TSM (a destra) e successivamente su PDA. Figure 1 - Isolation of Trichoderma from soil on TSM. Colonies indicated by arrows were transferred again on TSM (on the right) and then on PDA. del processo infettivo che potrebbero essere più vulnerabili allattacco da parte dellagente di biocontrollo. Le strategie di intervento potranno mirare a prevenire linfezione, a rallentare il processo di invasione e colonizzazione dellospite, a ridurre la sporulazione e la disseminazione del patogeno. Il ciclo infettivo di C. beticola può essere suddiviso in quattro fasi: 1) fase epifitica infettiva: i conidi arrivati sulla foglia, in presenza di un velo dacqua, emettono una o più ife germinative che penetrano nei tessuti della foglia attraverso le aperture stomatiche; 2) fase endofitica di latenza: le ife si accrescono tra le cellule del parenchima fogliare ed interagiscono con lospite; 3) fase endofitica necrotica: i tessuti invasi dal fungo necrotizzano, formando le caratteristiche lesioni; si liberano nutrienti che il fungo utilizza per la crescita e per lorganizzazione delle strutture atte a pro- durre i conidi; 4) fase epifitica diffusiva: dalle lesioni necrotiche emergono i conidi che daranno origine ad un nuovo ciclo infettivo. La scelta e lutilizzazione di antagonisti biologici dovrà tener conto della vulnerabilità del patogeno e dellefficienza dellantagonista nelle diverse fasi della malattia. Nella fase epifitica potrebbero essere efficaci quegli isolati di Trichoderma che producono antibiotici. In considerazione della breve durata del processo infettivo sono da escludersi il micoparassitismo e lattività di enzimi che degradano le pareti cellulari del patogeno, come le chitinasi e ß-glucanasi, tipici enzimi di funghi iperparassiti (Elad et al., 1982), in quanto richiedono tempi relativamente lunghi. Così pure non sembra ipotizzabile una competizione per nutrienti da parte dellantagonista. Infatti, i conidi di C. beticola germinano prontamente in acqua distillata e supportano un discreto accresci- mento dellifa in assenza di nutrienti. La presenza di antibiotici sulla superficie delle foglie potrà, invece, agire sul micelio di C. beticola e in poche ore determinare la disorganizzazione del citoplasma e la morte delle cellule fungine, analogamente a quanto osservato nellinterazione tra T. harzianum e Botrytis cinerea (Bèlanger, 1995). Nella fase endofitica il micelio di C. beticola si trova allinterno dei tessuti e sfugge allazione diretta del Trichoderma. In questo caso potrebbe essere efficace solo la resistenza della pianta indotta da metaboliti liberati dallantagonista. La resistenza indotta da microrganismi, in particolare da batteri della rizosfera e da endofiti, è ben documentata. È sorprendente invece che sia stata riservata meno attenzione ai microrganismi della fillosfera (Schönbeck e Dehne, 1986; Elad et al., 1994a,b). Il biocontrollo attraverso la resistenza indotta potrebbe avere il vantaggio di non richiedere, una volta ottenuta linibizione, ripetuti interventi con lantagonista, come si rende necessario quando lantagonista ha poca competenza per la fillosfera e il patogeno svolge più cicli infettivi. Nella successiva fase del ciclo vitale del patogeno, una possibilità di intervento è ravvisabile quando sono presenti le lesioni cercosporiche. Rispetto alla superficie fogliare integra, poco ospitale per un fungo tipicamente tellurico come il Trichoderma, i tessuti necrotici delle lesioni sono sicuramente un substrato con nutrienti idonei a stimolarne la crescita. Lantagonismo nei riguardi di C. beticola si avrebbe prevalentemente come micoparassitismo (e sequestro di nutrienti?), con leffetto di rallentare il processo di sporificazione e di ridurre gli elementi di inoculo per i successivi cicli di Tabella 1- Isolati di Tricoderma spp. utilizzati nella prova in campo, inibizione in vitro del micelio di C. beticola e sopravvivenza sulle foglie dei propagoli di Trichoderma spp. Table 1 - Trichoderma spp. isolates selected for the field experiment, inhibition of C. beticola growth on amended PDA, measured as colony diameter, and survival of Trichoderma spp. spores, measured as Colony Forming Units (CFU) per mg of sugar beet leaf. Isolati di 7ULFKRGHUPD spp. Diametro delle colonie di &EHWLFROD Recupero propagoli di 7ULFKRGHUPD spp. (% del controllo) (CFU mg di foglia) -1 LT 2/99 78.8 g 10.0 a LT 1/99 80.3 fg 1.9 cd BA 12/86 82.6 efg 10.0 a 3 B 24 83.3 defg 2.2 cd LT 5/99 83.3 defg 4.3 abcd OR 6/99 85.6 cdefg 3.0 bcd 3B8 89.4 abcdefg 3.4 abcd ISCI 86/6 90.2 abcdef 10.0 a 100.0 ab 0.0 d Control Valori seguiti dalle stesse lettere non sono statisticamente diversi (l.s.d. test, P ≤ 0.05). 128 Agroindustria / Agosto 2002 infezione. Benchè siano molti i patogeni che sporificano su lesioni, sono state poco indagate le interazioni tra microrganismi che avvengono sulle lesioni necrotiche e mancano del tutto per C. beticola (Biles e Hill, 1988; Elad et al. 1994a,b). Sulla base di queste considerazioni sono state avviate ricerche allo scopo di individuare isolati di Trichoderma attivi in due delle fasi critiche della malattia, precisamente nella fase epifitica di germinazione dei conidi fino alla penetrazione attraverso gli stomi e sulle lesioni cercosporiche. MATERIALI E METODI Isolamento di Trichoderma spp. Gli isolati di Trichoderma sono stati ottenuti da diversi terreni agrari, da rizosfera e fillosfera di piante erbacee coltivate e spontanee. Per tutti gli isolamenti è stato utilizzato il substrato selettivo TSM (Trichodermaselective medium) (Elad et al., 1981), con lunica variante del propamocarb in sostituzione di p-dimethylaminobenzenediazo sodium sulfonate. I campioni di terreno sono stati essiccati allaria e risospesi in acqua distillata (1:102 w/v); aliquote di 0.5 ml sono state distribuite su TSM in piastre Petri da 90 mm. Le matrici vegetali (radici e foglie) sono state immerse in beute con acqua distillata (1-2 g/50 ml), mantenute in agitazione per 20 min e piastrate su TSM (0.5 ml) tal quali e alla diluizione di 1:20 e 1:40. Le piastre sono state incubate a 25-28 °C alla luce naturale per 4-6 giorni. Le singole colonie di Trichoderma sono state trasferite prima su TSM, poi su Potato Dextrose Agar (PDA) + streptomicina (100 µg ml-1) e infine su PDA in piastre Petri da 45 mm. Partendo da queste piastre ogni isolato è stato trasferito in tubo su PDA per la conservazione a 5°C e la liofilizzazione (in 10% di latte scremato + 5% inositolo). Una parte di isolati erano già presenti in collezione, come sospensione di conidi in azoto liquido, tutti provenienti da terreni coltivati a barbabietola da zucchero, e caratterizzati per antagonismo verso Sclerotium rolfsii (Cerato et al., 1990; 1991). Sopravvivenza di Trichoderma spp. sulla fillosfera di barbabietola da zucchero. Sospensioni di spore di 8 isolati di Trichoderma in 0.1% Tween 40 alla concentrazione di 1x106 spore ml-1 sono state spruzzate su piantine di bietola di 6-8 foglie (10 ml per pianta) mantenute in serra con luce naturale a 24-28 °C. Dopo due settimane, campioni di 1g di foglie, ciascuno costituito da frammenti di più foglie di due piante, sono stati immersi in 50 ml di acqua distillata e agitati a 150 rpm per due ore. Aliquote di 0.5 ml sono state distribuite su TSM e incubate a temperatura ambiente per due giorni. Per ciascun isolato è stato determinato il CFU mg-1 di foglia. Inibizione di C. beticola in vitro. Figura 2 - Inibizione di crescita del micelio di Cercospora beticola (a sinistra), un micete a lenta crescita, e di Sclerotium rolfsii (a destra), a rapida crescita, da parte di filtrati colturali di alcuni isolati di Trichoderma attualmente in valutazione. Le due immagini sono state riprese rispettivamente dopo 15 e 5 giorni dalla deposizione del tondello centrale di agar-micelio. Figure 2 - Cercospora beticola (on the left), a slow growing fungus, and Sclerotium rolfsii (on the right) on PDA amended with culture filtrates of a number of Trichoderma isolates. The photos were taken respectively 15 and 5 days from the beginning of the test. Trentacinque isolati di Trichoderma di varia origine, prevalentemente da terreno coltivato a barbabietola da zucchero, sono stati valutati per la capacità di inibizione della crescita del micelio di C. beticola su PDA ammendato con il 25% (v/v) di filtrato colturale di ciascun isolato. I filtrati sono stati preparati trasferendo due tondelli (ø 5 mm) di agar micelio in beute contenenti 50 ml di Potato Dextrose Broth (PDB) ed incubate a 28 °C al buio per una settimana. Le colture liquide sono state filtrate su garza sterile e centrifugate a 3000 rpm per 20 min. Il surnatante è stato poi trattato termicamente a 60 °C per 30 min per inattivare eventuali spore e frammenti di micelio e aggiunto al PDA in piastre Petri. Un tondello di agar micelio (ø 5 mm) di C. beticola è stato posto al centro delle piastre; dopo 15 giorni a 28 °C è stato misurato il diametro massimo delle colonie. La prova è stata impostata con tre ripetizioni e un controllo con acqua in sostituzione del filtrato. Inibizione della sporificazione di C. beticola in campo. Nel 2001, 8 isolati di Trichoderma dei 35 testati in vitro, sono stati utilizzati per una prova preliminare su barbabietola da zucchero (cv Dorotea) in campo a Rovigo, in condizioni di pressione medio-alta di infezione naturale di C. beticola. Parcelle di 9 m2, con due repliche, sono state trattate, ogni 20 giorni (dal 1 giugno al 24 agosto), con sospensioni di spore di Trichoderma in acqua alla concentrazione di 1x106 spore ml-1 (1l /parcella). I controlli sono consistiti in un pari numero di trattamenti con solo acqua e in due trattamenti con lanticercosporico Alto BS (3% cyproconazolo e 9% fentin acetato) alla dose di 2 Kg ha-1, in data 21 giugno e 10 luglio. Per ogni tesi, il 4 settembre sono state raccolte dal campo 10 foglie (5 x 2 parcelle), da ognuna delle quali sono stati prelevati 10 dischetti con una singola lesione cercosporica che sono stati vortexati in 0.3 ml di acqua per 2 min. I conidi passati in sospensione sono stati contati nellemocitometro di Bürker. I dischetti sono poi stati letti allo scanner ed è stata calcolata larea necrotica con lausilio del software ImageJ 1.23 (http://rsb.info.nih.gov/ij/). Lentità della sporulazione è stata espressa come numero di conidi per mm2 di area necrotica. RISULTATI Isolamento di Trichoderma. Il substrato selettivo TSM e la metodologia seguita si sono dimostrati adeguati per isolare lantagonista sia da terreno sia da matrici vegetali (Fig. 1). È risultato importante operare con campioni sufficientemente diluiti, sia per disperdere i componenti chimici e biotici che potevano inibire lo sviluppo di colonie di Trichoderma, sia per poter recuperare più agevolmente lantagonista. Inibizione di C. beticola in vitro. Nelle prove in vitro di inibizione della crescita del micelio di C. beticola, 6 dei 35 isolati si sono statisticamente differenziati dal controllo (Tab. 1). Tali isolati provengono tutti da terreno coltivato a barbabietola da zucchero del Centro Sud Italia, ad eccezione di uno (OR 6/99) che proviene da un fragoleto della Sardegna; in prove precedenti alcuni di questi isolati si erano dimostrati attivi anche nei riguardi di S. rolfsii. In figura 2 sono visualizzate le inibizioni dei filtrati colturali di alcuni isolati attualmente in prova, rispettivamente su C. beticola e su S. rolfsii, un micete a più rapida crescita. Sopravvivenza di Trichoderma sulla fillosfera di barbabietola da zucchero. A due settimane dal trattamento in serra delle piante di barbabietola da zucchero con le sospensioni di spore, sono stati recuperati propagoli di Trichoderma in concentrazioni variabili tra 1.9 e 10 CFU mg-1 di foglia (Tab. 1). Si deduce che in questo intervallo di tempo vi è stata sopravvivenza dellantagonista sulla fillosfera della barbabietola. Queste osservazioni sono state ripetute in pieno campo dove le variazioni di temperaAgroindustria / Agosto 2002 129 2000 bc 3B8 bc LT 2/99 c bc 3 B 24 c c LT 5/99 c LT 1/99 800 BA 12/86 1200 ALTO BS 0 OR 6/99 400 ISCI 86/6 Numero di spore mm-2 1600 ab CONTROL a ab Figura 3 - Sporulazione di C. beticola in campo rilevata il 4 settembre, dopo 5 trattamenti con Trichoderma e due con Alto BS. Figure 3 - C. beticola sporulation from necrotic spots of sugar beet leaves in the field after 5 Trichoderma applications and 2 fungicide treatments. tura e umidità sono più forti e le condizioni sono meno favorevoli allantagonista. Inibizione della sporificazione di C. beticola in campo. La prova parcellare di campo doveva fornire indicazioni preliminari su: -sopravvivenza in campo di Trichoderma su piante trattate con una formulazione minima, priva di adiuvanti e nutrienti (sospensione di spore in acqua); -incidenza della malattia; -interazioni tra C. beticola e Trichoderma sulle lesioni cercosporiche. Complessivamente sono stati eseguiti 5 trattamenti con Trichoderma, ad intervalli di 20 giorni e 2 trattamenti con lanticercosporico. Dopo il primo trattamento, sulle foglie campionate subito prima dei successivi trattamenti, erano ancora presenti propagoli vitali di Trichoderma, a conferma dei risultati delle prove di serra. Agli inizi di settembre tre isolati, BA 12/86, LT 1/99 ed ISCI 86/6, avevano ridotto di circa il 50% il numero di conidi di C. beticola per unità di area necrotica, rispetto al controllo non trattato (Fig. 3). È interessante notare che anche il fungicida, a distanza di oltre 50 giorni dallultimo trattamento, aveva agito sulla sporificazione di C. beticola al pari dei tre isolati. Per quanto riguarda lincidenza della malattia, stimata il 24 agosto (scala 0-9 KWS), gli effetti di inibizione osservati non si sono tradotti in maniera evidente sulla gravità della malattia, infatti, non cè stata differenziazione tra le tesi trattate con Trichoderma e il testimone non trattato (media di 7.3 contro 6.5), mentre il fungicida ha sufficientemente protetto le piante (media 3.5). DISCUSSIONE Nelle ricerche svolte sono stati rilevati 130 Agroindustria / Agosto 2002 effetti di inibizione di crescita del micelio di C. beticola (in vitro) e di riduzione della sporificazione (in vivo), che hanno interferito con il ciclo biologico del patogeno, ma che non sono stati sufficienti a incidere sullo sviluppo della malattia in campo. Valutando un numero più elevato di isolati e modificando le condizioni operative si potrà incrementare lentità di questi effetti. Tuttavia il primo grosso ostacolo è rappresentato dalla capacità di adattamento del Trichoderma alle difficili condizioni ambientali della superficie fogliare che, rispetto al terreno o alla rizosfera, presenta repentini cambiamenti di temperatura, umidità e di nutrienti. È fondamentale che gli isolati dotati di specifici caratteri di antagonismo siano valutati per capacità di adattamento alle condizioni di stress della superficie fogliare. I dati di sopravvivenza che sono stati misurati in campo dimostrano che cè variabilità per questo carattere. Unaltra osservazione, che in parte emerge dalle ricerche, riguarda le modalità di trattamento: difficilmente limpiego dellantagonista da solo potrà avere successo sul patogeno, in particolare nel caso di malattie fogliari con ripetuti cicli infettivi. Limpiego dellantagonista dovrà essere integrato con gli altri mezzi di lotta oggi disponibili: i fungicidi, la resistenza genetica e la tecnica agronomica. Si potrebbero selezionare isolati di Trichoderma (o altri antagonisti) in grado di integrare la resistenza delle cultivar di barbabietola da zucchero. Come noto la resistenza a C. beticola in barbabietola è di natura poligenica e parziale. Sono state messe in evidenza componenti che agiscono sullefficienza dellinfezione, la durata del periodo di latenza, le dimensioni delle lesioni e la sporificazione (Rossi et al., 1999; 2000a). È evidente il parallelismo con le tipologie di azione del Trichoderma. Si potrebbe, perciò, operare in maniera mirata attraverso la selezione di antagonisti con elevata attività specifica verso una fase del processo infettivo corrispondente ad una componente di resistenza che si considera più efficace. Il trattamento con questi isolati potrebbe incrementare la capacità complessiva di difesa della pianta. Labbinamento di cultivar resistenti, caratterizzate per componente di resistenza, e trattamenti con Trichoderma dotati di attività specifiche, potrebbe inserirsi nei programmi di difesa dalla cercosporiosi in sostituzione totale dei trattamenti fungicidi nei comprensori bieticoli a bassa pressione di malattia e, in sostituzione parziale, nei comprensori ad alta pressione. In questi ultimi lobiettivo sarebbe quello di eseguire un solo intervento chimico preventivo per abbattere la carica di inoculo e diradare i primi cicli infettivi, in modo da garantire unazione efficace dellantagonista. Le perplessità non sono poche, e in parte sono le stesse che riguardano il controllo biologico in generale. È indubbio che ci sono stati risultati importanti in questi ultimi anni, ma rimangono ancora molte difficoltà alla sua affermazione, principalmente dovute alla variabilità e allinaffidabilità del metodo. Se poi le alternative chimiche sono efficaci e affidabili, il produttore mostra ritrosia ad abbandonare un sistema che lo garantisce. Tuttavia, vi è una ragione per sperare che nel futuro il controllo biologico trovi meno difficoltà ad affermarsi: la sua variabilità e inaffidabilità dipendono da scarsa conoscenza dei meccanismi che regolano i rapporti tra comunità di microrganismi, le piante e i fattori esogeni. Il progredire delle conoscenze in questo campo ridurrà sicuramente larea di incertezza, aumentando lefficacia del controllo, e laccettabilità del metodo. BIBLIOGRAFIA Ahmad and Baker, 1986. Rizosphere competence of Trichoderma harzianum. Phytopathology 77, 182-189. Battilani P., Beltrami G., Meriggi P., Ponti I., Rossi A., Rossi V., Rosso F., Tugnoli V. e Zocca A., 1990. Nuovi indirizzi di difesa anticercosporica. LInformatore Agrario 23, 5370. Bélanger R. R., Dufour N., Caron J. and Benhamou N., 1995. 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Agroindustria / Agosto 2002 131 Effetti della cercosporiosi sulla qualità estrattiva della barbabietola da zucchero Piergiorgio Stevanato, Enrico Biancardi, Marco De Biaggi, Rodolfo Telloli1 e Mauro Colombo Istituto Sperimentale per le Colture Industriali-Sezione di Rovigo, viale Amendola 82, 45100 Rovigo. 1 Associazione Bieticoltori Italiani, via Hirsch 19, 44100 Ferrara. RIASSUNTO I danni causati dalla cercospora alla produzione di saccarosio e alla qualità tecnologica sono stati studiati con prove triennali svolte in due località. Per ottenere diverse situazioni dintensità di malattia, sono state impiegate sei varietà a diversa resistenza genetica alla cercospora e tre livelli di protezione con fungicidi: T1, come nella pratica corrente, ossia trattamento ogni 20 giorni con inizio alla prima comparsa delle macchie; T2, come T1 ma con trattamenti ogni 10 giorni. Era presente il testimone non trattato (T0). I dati produttivi e qualitativi sono stati valutati in tre epoche di raccolta. Le normali misure di lotta integrata, ossia limpiego del programma T1 e di varietà resistenti, hanno ridotto di circa l80% i danni totali causati dalla malattia. Le stesse misure hanno invece evitato completamente le riduzioni a carico della qualità tecnologica. Tra gli elementi melassigeni considerati, il sodio e lalfa-amminoazoto hanno dimostrato i maggiori incrementi associabili con la malattia. Parole chiave: barbabietola da zucchero, cercospora, lotta integrata, qualità tecnologica. ABSTRACT Effects of cercospora leaf spot on processing quality of sugar beet The impact of cercospora leaf spot on yield and processing quality was determined in trials carried out for three years in two localities of Northern Italy, under conditions of severe and uniform infection. To obtain different disease intensities, six commercial varieties endowed with different rates of cercospora l. s. resistance (susceptible, moderately resistant, resistant) were sprayed at two levels of fungicide protection: T1, as in normal farm practice, i. e. every 20 days from the beginning to the first appearance of the spots on the leaves; and T2, the same as T1, but the treatments were repeated every 10 days. T0 represented the untreated control. Production and processing quality were determined at three harvesting times. The use of fungicides applied as in normal practice (T1) indicated a 1.6 t ha-1 increase in sugar yield. The same treatment and the use of the more resistant varieties was able to reduce the total damage in sugar yield caused by the disease by about 80%. The juice purity calculated according to Carruthers and Oldfield increased by about 1.8 and 1.7 due to the T1 treatments and the use of the resistant varieties respectively. A reduction of the processing quality was completely avoided by the resistant varieties protected by normal fungicide treatments (T1). Therefore, as far as purity is concerned, the current levels of integrated disease control are very close to optimum. Among the main nonsucrose components, sodium and α-amino nitrogen showed the most significant increases associated with the degree of infection. The rating of cercospora l. s. severity based upon the diseased leaf area is positively correlated with the decrease of processing quality. Key words: sugar beet, cercospora leaf spot, integrated disease control, processing quality. INTRODUZIONE La cercosporiosi è tra le maggiori avversità della barbabietola da zucchero (Beta vulgaris L. subsp. vulgaris, Sugar Beet Group). Si manifesta sul lembo fogliare con caratteristiche macchie necrotiche che, nei casi dinfezione grave, si espandono fino a causarne la morte. La malattia, prodotta dal fungo Cercospora beticola Sacc., è diffusa con intensità variabili in tutte le zone a clima temperato; ne sono esenti solo alcuni paesi situati a nord o a sud dellareale di coltivazione (Holtschulte, 2000). I danni sulla Autore corrispondente: Biancardi E. - Istituto Sperimentale per le Colture Industriali-Sezione di Rovigo, viale Amendola, 82 - 45100 Rovigo. Tel. 0425 360113 Fax 0425 34681 - E-mail: [email protected] Lavoro svolto nellambito del Progetto Finalizzato Miglioramento della barbabietola da zucchero per lambiente mediterraneo, finanziato dal MiPAF. 132 Agroindustria / Vol. 1 / Num. 2 2002 produzione sono segnalati in aumento in diversi paesi centroeuropei prima interessati in modo marginale (Schäufele e Wewers, 1996; Jakubowska e Gasiorowska, 2000). In Italia, la fitopatia trova condizioni di sviluppo favorevoli su circa 80% della superficie coltivata a bietola, ma gli attacchi più gravi sono segnalati nei comprensori a nord del fiume Po (Rossi et al., 1995). Linfezione si manifesta ogni anno con intensità dipendente soprattutto dallandamento climatico; ma al danno produttivo finale contribuiscono altre variabili: i) la varietà usata; ii) la precocità dellinfezione; iii) la tempestività e lefficacia dei programmi di difesa; iv) le eventuali pratiche irrigue; v) lepoca di raccolta; vi) la presenza di stress abiotici o di altre fitopatie ecc. (Biancardi, 1998). Il controllo della malattia si basa sulle seguenti misure: i) utilizzo di varietà resisten- ti; ii) distribuzione di fungicidi ripetuta più volte; iii) rotazioni lunghe per ridurre linoculo presente nel terreno (Shane e Teng, 1992); iv) estirpamenti precoci per evitare il periodo di maggiore infezione. Con la difesa integrata, nelle normali condizioni operative, è possibile annullare circa due terzi dei danni potenziali (Biancardi, 1998). Le perdite di produzione dipendono soprattutto dalla diminuita funzione fotosintetica causata dalla riduzione della superficie assimilante. In un secondo momento, se lattacco sullapparato fogliare primario è grave, ha inizio unaccentuata emissione di nuove foglie indicata col termine rivegetazione (Shane e Teng, 1992; Rossi et al., 2000; Stevanato et al., 2001). Poiché il danno complessivo è superiore alla somma delle azioni dei due fattori elencati, alcuni autori hanno ipotizzato un effetto deprimente sulla fisiologia della pianta da parte di tossine emesse dallagente patogeno (Rossi et al., 1990). In questultimo caso, come per la rivegetazione, le interferenze sul processo produttivo non sono state quantificate (Rossi et al., 2000). Oltre ai danni sopra descritti, Smith e Ruppel, 1971, hanno verificato una maggiore sensibilità ai marciumi in fase di stoccaggio di bietole prima colpite da cercospora. Ciò sembra dipendere dal calo del grado polarimetrico (contenuto di saccarosio nella radice espresso in percento in peso), che è tra i primi effetti della malattia (Smith e Ruppel, 1973). La cercosporiosi causa inoltre la riduzione nel peso delle radici e, di conseguenza, della produzione di saccarosio (Smith e Ruppel, 1973). Kelber, 1977, ha calcolato una perdita in saccarosio del 0.3% per ogni incremento di 1% della superficie fogliare colpita. Altri stimano le stesse perdite variabili dallo 0.5 all1% (Shane e Teng, 1992). Linfezione induce laumento della concentrazione di numerosi elementi melassigeni presenti nella radice, tra questi il potassio (K), il sodio (Na) e lalfaamminoazoto (αN) sono i più importanti (Mantovani, 1977; Oltmann et al., 1984). Si ha quindi un abbassamento della qualità tecnologica e del rendimento nei processi industriali destrazione, perché aliquote di saccarosio proporzionali al contenuto di elementi melassigeni nella radice non sono in grado di cristallizzare (Mantovani, 1977). Ne deriva un sensibile danno economico, anche se dordine di grandezza inferiore a quello provocato dalla malattia sui parametri agronomici (Shane e Teng, 1992). Laumento 75HV DK W R FL UR HW RL VR UD FF D6 75HV soprattutto nelle raccolte tardive. Smith e Martin, 1978, hanno messo in evidenza sia la correlazione positiva tra grado dinfezione e contenuto di sodio (Na), di alfaamminoazoto (αN) e di altri composti azotati, sia il maggiore effetto protettivo dei trattamenti fungicidi rispetto alla resistenza genetica; non si hanno reazioni significative per il potassio (K) e per altri melassigeni (betaina, cloruri ecc.). Secondo Yoshimura et al., 1992, linfezione crescente aumenta il contenuto di alfa-amminoazoto (αN), mentre il sodio (Na) ed il potassio (K) hanno reazioni meno nette. Borrelli et al., 1990, hanno rilevato un effetto positivo sulla qualità estrattiva subito dopo il primo trattamento con fungicidi. Secondo gli stessi autori, lalfa-amminoazoto (αN) è la sostanza melassigena che più si differenzia nelle tesi a diverso livello di protezione chimica. Il potassio (K) aumenta in misura minore, mentre sul sodio (Na) lazione della malattia è meno chiara a causa dellelevata variabilità che caratterizza normalmente lelemento. Schäufele e Wewers, 1996, hanno osservato un aumento del sodio (Na) su tesi non trattate con fungicidi e quindi con superiori livelli dinfezione. Adams e Schäufele, 1996, hanno rilevato incrementi di alfa-amminoazoto per infezioni crescenti specialmente su varietà sensibili. Effetti significativi sia della resistenza sia dei trattamenti sono stati rilevati da Ros- 75HV 76HQV 76HQV 5 DSU P DJ JLX 5 DJR OXJ 5 VHWW Figura 1 - Andamento della produzione in saccarosio teorico (Zt) di varietà a diversa resistenza (vedi testo) sottoposte ai trattamenti T0, T1 e T2. Le differenze tra le curve sono significative (per P ≤ 0.05) dalla prima raccolta (R1) in poi. Figure 1 - Dynamics of sugar yield in varieties with different rates of cercospora l.s. resistance under T0, T1 and T2 fungicide programs. The differences are significant (for P ≤ 0.05) starting from the first harvest time (R1). di tali sostanze, verificabile anche a livelli bassi dinfezione, dipende da cause non ancora accertate (Finkner e Farus, 1968; Borrelli et al., 1990). Secondo Shane e Teng, 1992, il fenomeno può essere parzialmente associato al rallentato accrescimento radicale piuttosto che ad unaumentata sintesi di melassigeni indotta della malattia. Finkner e Farus, 1968, hanno verificato lazione del fungicida Maneb su varietà sensibili e resistenti alla cercospora. I trattamenti hanno provocato peggioramenti qualitativi nella radice, causati da un lieve aumento del sodio (Na) e la riduzione del glucosio (altro importante fattore melassigeno); la resistenza genetica ha migliorato diversi parametri, Tabella 1 - Schema riassuntivo dellanalisi della varianza. Table 1 - Outline of the analysis of variance. G .L. Fonte di variazione Zt K (t ha -1 ) Na αN RK (millim oli 100 g -1 ) Anni Località Raccolte (R) Trattam enti (T) Varietà (V) 2 1 2 2 5 ** ns ** ** ** ** ** ** ** ** ** ns ** ** ** ** * ** ** ** * * ** ** ** R R T R 4 10 10 20 ** ** ns * * * ns ns ** ** ns ns ** ns ** ns ** ** * ns xT xV xV xTxV * P ≤ 0.05 ** P ≤ 0.01 ns = Non significativo; amm inoazoto; RK = Coefficiente di purezza G.L. = Gradi di libertà; Zt = Saccarosio teorico; K = Potassio; Na = Sodio; α N = Alfa- 5DFFROWH 20 Agosto 10 Settembre 30 Settembre 9.92 c 10.41 b 10.84 a 4.27 a 4.07 b 3.98 b 1.98 a 1.78 b 1.97 a 3.38 a 3.28 a 2.83 b 90.35 a 90.41 a 90.00 b 9.01 c 10.67 b 11.50 a 4.04 b 4.04 b 4.25 a 2.32 a 1.75 b 1.66 c 3.33 a 3.07 b 3.10 b 89.04 b 90.82 a 90.90 a 9.86 c 10.49 b 10.83 a 3.92 c 4.41 a 3.99 b 2.36 a 1.95 b 1.43 c 3.24 a 3.27 a 2.99 b 89.57 c 89.89 b 91.30 a 7UDWWDPHQWL T0 T1 T2 9DULHWj Sensibili M ed. Resistenti Resistenti Lettere diverse indicano differenze significative fra le medie secondo il Test di Duncan (P ≤ 0.05) Agroindustria / Agosto 2002 133 si et al., 2000, soprattutto sulla riduzione del contenuto di sodio (Na) e di alfaamminoazoto (αN). Rispetto ai trattamenti, la resistenza ha maggiore effetto sul coefficiente di purezza. Lo scopo di questo lavoro è stato quello di: i) stabilire lefficacia della lotta integrata sui più importanti parametri tecnologici; ii) quantificare lefficacia, rispetto ai livelli teorici, degli attuali sistemi di lotta integrata; iii) verificare i dati non univoci sullargomento reperibili in bibliografia. . 5 D] ]H UX S LG H WQ HL FLI IH R & 75HVa75HV 75HV 76HQV 76HQV 5 DSU PDJ JLX OXJ 5 DJR 5 VHWW Figura 2 - Andamento del coefficiente di purezza (RK) delle varietà a diversa resistenza (vedi testo) sottoposte ai trattamenti T0, T1 e T2. Le differenze tra le curve sono significative (per P ≤ 0.05) dalla seconda raccolta (R2) in poi. Figure 2 - Dynamics of processing qualiy (RK) in varieties with different rates of cercospora l.s. resistance under T0, T1 and T2 fungicide programs. The differences are significant (for P ≤ 0.05) starting from the first harvest time (R1). J OL R P OLL P 1 D 1 . α . α1 5. 1D 5 5 .5 D] ]H UX SL G WHQ LHF LI IH R & 5 5DFFROWH Figura 3 - Andamento dei tre principali elementi melassigeni (K, Na, αN) e del coefficiente di purezza (RK) alle tre date di raccolta (R1 ≈ 20 agosto; R2 ≈ 10 settembre; R3 ≈ 30 settembre). Figure 3 - Dynamics of the main nonsugars (K, Na, αN) and processing quality (RK) at three dates of harvest. α J L OR P OLOL P 1 D 1 . 5. . α1 1D 7 7 . 5 D] ]H UX SL G WHQ HL FLI IH R & 7 7UDWWDPHQWL Figura 4 - Andamento dei tre principali elementi melassigeni (K, Na, αN) e del coefficiente di purezza (RK) a tre livelli di difesa T0, T1 e T2 (vedi testo). Figure 4 -Dynamics of the main nonsugars (K, Na, αN) and processing quality (RK) under three fungicide programs. 134 Agroindustria / Agosto 2002 MATERIALI E METODI Le prove si sono svolte negli anni 1998, 1999 e 2000 in due località, Rovigo e Ambrogio (Ferrara), nelle quali la cercospora ha diffusione endemica ed è mediamente di forte intensità. I terreni interessati dalle prove sono dorigine alluvionale con elevata percentuale dargilla. Con parziali adattamenti agli esperimenti parcellari, le operazioni colturali hanno seguito le tecniche usuali nelle rispettive zone. La semina di precisione è avvenuta su file distanti 0.45 m. Sono state impiegate 6 varietà commerciali dotate di diversa resistenza alla cercospora: Gabriela e Contact sensibili (Sens); Rizor e Adige intermedie (Med); Dorotea e Monodoro resistenti (Res). Le varietà sono state scelte anche per le caratteristiche produttive simili e per la loro buona resistenza alla rizomania. Lultimo accorgimento doveva limitare le interferenze sui dati produttivi in caso dinfezioni di scarsa intensità o irregolarmente distribuite e quindi non rilevabili allELISA. Con campionamenti ed analisi prima della semina, i campi di prova sono risultati indenni anche da Heterodera schachtii Schm. Nei tre anni, si è fatto uso degli stessi lotti di seme per evitare ogni altro fattore di variazione. Allo stadio di almeno 2 paia di foglie vere, le piantine sono state diradate a mano per ottenere una densità regolare di 10 bietole al metro quadrato. Per uniformare le condizioni dinoculo della cercospora, le prove sono state infettate artificialmente con una sospensione di conidi preparata e distribuita come descritto da Adams et al., 1995; Adams e Märländer, 1996. Per ottenere sulle prove diversi livelli dinfezione, sono stati adottati 3 programmi di difesa con fungicidi: T0 = non trattato; T1 = protezione normale, ossia ogni venti giorni con inizio dalla prima comparsa delle macchie; T2 = protezione doppia, ogni dieci giorni ad iniziare dalla stessa data e con le modalità di T1. Il livello T2 doveva simulare o almeno avvicinare le condizioni di assenza della malattia, da un lato per differenziare al massimo i livelli dinfezione, dallaltro per quantificare i danni inevitabili anche con i più efficaci mezzi di lotta oggi a disposizione. Con il programma T2, che ha richiesto fino a 9 trattamenti, sono stati rilevati danni fogliari ridotti, ma non trascurabili, special- J OL R P LO L P 1 D 1 . α mente nellultima parte della campagna. È sottinteso che a questo programma di difesa manca ogni requisito per essere adottato nella pratica coltivazione. Nel triennio di prova, le prime macchie sono comparse dal 18 al 20 giugno a Rovigo e 5-8 giorni più tardi a Mirabello. Alle stesse date sono iniziati i trattamenti. È stato impiegato il fungicida Alto BS, alla dose di 2 kg ha-1, distribuito in soluzione con 550 l ha-1 dacqua per mezzo di normali barre irroratrici ad ugelli conici. Per la valutazione dellintensità dei sintomi fogliari è stato fatto uso di una scala che attribuisce un punteggio proporzionale allarea fogliare interessata dalle macchie (Ghedini, 2000). La scala impiegata è accompagnata da disegni che riproducono infezioni a crescenti livelli (1, 5, 10, 20, 30 → 90% dellapparato fogliare primario). In accordo con Shane e Teng, 1992, questo sistema di valutazione è risultato più correlato con i dati produttivi rispetto ad altre scale usate nel miglioramento genetico, meno precisamente definite specialmente alle basse intensità della malattia (Miller et al., 1994). Delle tre osservazioni svolte ad intervalli bisettimanali e concluse il 15 settembre, è stata considerata quella di fine agosto, solitamente la più precisa (Graf e Biancardi, 1984). Le infezioni o infestazioni di altri parassiti potenzialmente dannosi (elateridi, altica, oidio, afidi, mamestra ecc.) sono state evitate con appropriati mezzi chimici. Nelle singole prove, le tesi ed i trattamenti sono stati ordinati a parcella suddivisa con quattro ripetizioni. Le parcelle intere erano destinate ai tre trattamenti fungicidi (T0, T1 e T2), le subparcelle alle sei varietà e le subsubparcelle alle tre epoche di raccolta (R1, R2 e R3). La parcella elementare era di almeno 6.3 m2, in modo da permettere la raccolta di un numero di radici sufficiente per le analisi produttive e tecnologiche (Amaducci et al., 1982). Le raccolte si sono svolte attorno al 20 agosto, 10 e 30 settembre, ossia nella parte centrale delle campagne saccarifere nelle zone considerate. La lavorazione dei campioni e la determinazione dei dati produttivi sulle radici è stata eseguita presso il laboratorio dellISCI di Rovigo. I dati elementari sono stati trasformati negli usuali parametri produttivi e tecnologici, facendo uso della formula di Carruthers e Oldfield, 1961, per il calcolo del coefficiente di purezza (RK). Come è noto, la buona qualità tecnologica è associata ad alti valori di RK, che a loro volta corrispondono a bassi contenuti di elementi melassigeni nelle radici. I dati del triennio, ordinati in uno schema fattoriale, sono stati sottoposti ad ANOVA per mezzo del programma Plabstat (Utz, 1991). Per ogni carattere e prima dellelaborazione cumulativa, è stata verificata lomogeneità delle varianze dellerrore delle 5. . α1 1D 6HQV 0HG .5 D] ]H UX SL G HW QH LF LI IH R & 5HV 5HVLVWHQ]DJHQHWLFD Figura 5 - Andamento dei tre principali elementi melassigeni (K, Na, αN) e del coefficiente di purezza (RK) nei gruppi di varietà a diversa resistenza alla cercospora (vedi testo). Figure 5 - Dynamics of the main nonsugars (K, Na, αN) and processing quality (RK) of the groups of varieties endowed with different rates of cercospora l. s. resistance. J LO R P OLOL P LRG R6 7 7 7 5 5 5 5DFFROWH Figura 6 - Effetti sul sodio (Na) dellinterazione raccolte x trattamenti. Linterazione è significativa per P ≤ 0.01. Figure 6 - Significant interactions of harvest dates x treatments for sodium (Na) content. J LO R P OLL P RW R] DR LQ P P DD IO $ 7 7 7 5 5 5 5DFFROWH Figura 7 - Effetti sull alfa-amminoazoto (αN) dellinterazione raccolte x trattamenti. Linterazione è significativa per P ≤ 0.01. Figure 7 - Significant interaction of harvest dates x groups of varieties for α-amminonitrogen (αN) content. Agroindustria / Agosto 2002 135 . 5 D ]] HU XS LG H WQ HL FLI IH R& 7 7 7 5 5 5 5DFFROWH Figura 8 - Effetti sul coefficiente di purezza (RK) dellinterazione raccolte x trattamenti. Linterazione è significativa per P ≤ 0.01. Figure 8 - Significant interaction of harvest dates x treatments for processing quality (RK). J OL R LP OL P RL GR 6 6HQV 0HG 5HV 5 5 5 5DFFROWH Figura 9 - Effetti sul sodio (Na) dellinterazione raccolte x varietà. Linterazione è significativa per P ≤ 0.01. Figure 9 - Significant interaction of harvest date x groups of varieties for sodium (Na) content. . 5 D] ]H UX SL GH WQ HL FLI IH R& 5HV 0HG 6HQV 5 5 5DFFROWH 5 Figura 10 - Effetti sul coefficiente di purezza (RK) dellinterazione varietà x epoche di raccolta. Linterazione è significativa per P ≤ 0.01. Figure 10 - Significant interactions of harvest dates x groups of varieties for processing quality (RK). 136 Agroindustria / Agosto 2002 singole annate. Nelle figure che rappresentano gli effetti delle interazioni (da figura 6 a figura 11), le barre verticali rappresentano lerrore standard (SE). Le differenze tra le medie ± SE sono significative al t-test. RISULTATI E DISCUSSIONE La figura 1 mostra levoluzione del saccarosio teorico in funzione dei livelli T0, T1 e T2 di trattamento con fungicidi, e dei gradi massimo e minimo di resistenza genetica delle varietà (Res e Sens). La parte delle curve a sinistra della prima raccolta (R1) è stata disegnata in base a precedenti prove svolte con campionamenti settimanali iniziati il 15 maggio (Borrelli et al., 1990), dalle quali è tra laltro emerso che gli effetti della resistenza genetica e dei trattamenti iniziano ad evidenziarsi dalla fine di giugno, ossia subito dopo il primo trattamento. Per semplificare la grafica, la curva T2-Sens ed il grado medio di resistenza (Med) sono stati omessi. La malattia, se non controllata né con la resistenza né con i trattamenti (curva T0Sens), è in grado di provocare, già dalla metà dagosto, una sensibile riduzione del saccarosio prodotto dalla coltura e contenuto nelle radici. Con i trattamenti ordinari (T1Sens), la riduzione dei danni causati dalla malattia (rappresentati nella figura 1 dalla differenza fra le ordinate della curva più alta e quelle della più bassa) è di circa il 40% in tutto il periodo considerato. La percentuale raddoppia con lutilizzo di varietà resistenti (T1-Res). Secondo valutazioni che saranno esposte in un successivo lavoro, la curva della massima produzione teorica (assenza o controllo completo della malattia) è molto vicina alla curva T2-Res, anche se i danni fogliari rilevati a fine campagna su queste parcelle non sono stati trascurabili. Si può osservare che la differenza tra la massima produzione raggiungibile con il controllo ordinario della malattia (T1-Res) e la curva della produzione massima teorica, vicina come si è detto alla curva T2-Res, si aggira ancora attorno al 20% circa. Questo valore può essere considerato una stima discretamente precisa della percentuale di saccarosio non recuperabile, e quindi perso, con gli attuali sistemi di lotta integrata al massimo della loro efficacia. La figura 2 illustra landamento del coefficiente di purezza (RK) nelle diverse combinazioni di lotta integrata utilizzate nelle prove. I tratti di curva antecedenti la prima raccolta (R1) sono stati tracciati come nella figura 1. Leffetto protettivo del trattamento T1 e della resistenza si equivalgono. Contrariamente alla produzione di saccarosio (Fig. 1), leffetto dei trattamenti normali e della resistenza (T1-Res) sulla qualità estrattiva è molto vicino a quello del trattamento T2-Res. Data la vicinanza della protezione ordinaria (T1-Res) con il massimo J LO R LP OL P R WR ]D RQ L P P D DIO $ 6HQV 0HG 5HV 7 7 7UDWWDPHQWL 7 Figura 11 - Effetti sullalfa-amminoazoto (αN) dellinterazione trattamenti x varietà. Linterazione è significativa per P ≤ 0.01. Figure 11 - Significant interactions of treatments x groups of varieties for alpha amino nitrogen (αN) content. teorico, è quindi probabile che leventuale impiego di trattamenti fungicidi più efficaci (per frequenza, dose o principio attivo) non avrebbe sostanziali benefici sulla qualità raggiungibile con i mezzi attuali. Appare infine evidente, anche nel caso della qualità estrattiva, lutilità delle misure di lotta integrata alla cercospora che, nella loro efficacia operativa, determinano incrementi di oltre due punti sul coefficiente di purezza (RK). La tabella 1 riporta una sintesi dellanalisi della varianza complessiva e gli effetti sui parametri qualitativi delle fonti di variazione e delle loro interazioni. I dati di produzione saranno considerati in un prossimo lavoro. Per brevità, si omette il commento dei fattori di variazione anno e località, in buona parte altamente significativi. Lassenza di differenze significative sulla produzione di saccarosio conferma lomogeneità delle reazioni della coltura ai fattori di variazione presenti nelle località, come rilevato da Smith e Martin, 1978 e da Smith, 1985. Le risposte dei parametri quanti-qualitativi alle epoche di raccolta (R), ai trattamenti (T) e ai gruppi di varietà (V) sono tutte altamente significative. Considerando le epoche di raccolta (R), accanto ad un incremento notevole della produzione di saccarosio in funzione del tempo, si notano piccole variazioni dei tre principali elementi melassigeni (K, Na e αN), che causano nella loro azione complessiva un lieve peggioramento di RK (Fig. 3). Il minor grado dinfezione causato dai trattamenti (Fig. 4) aumenta di circa 0.2 millimoli (mmol) la concentrazione di potassio (K), mentre lalfa-amminoazoto (αN) e soprattutto il sodio (Na) diminuiscono, come segnalato in altri lavori (Schäufele e Wewers, 1996; Adams e Schäufele, 1996). Il coefficiente di purezza (RK) aumenta di quasi due punti con il trattamento T1, confer- . 5 D] ]H UX SL GH WQ HL FIL IH R& U d 3 $UHDIRJOLDUHFROSLWD Figura 12 - Correlazione tra le valutazioni dellarea fogliare ammalata e la qualità tecnologica espressa come coefficiente di purezza (RK). Il coefficiente di correlazione r è significativo per P ≤ 0.01. Figure 12 - Correlation between the evaluations of diseased leaf area and processing quality (RK). The correlation coefficient r is significant for P ≤ 0.01. mando limportanza di unattenta difesa anticercosporica anche per il contenimento dei danni sulla qualità tecnologica. Lefficacia di T1 si dimostra molto vicina a quella di T2 e quindi al massimo teorico. La risposta delle varietà provviste di diversi livelli di resistenza è illustrata nella figura 5. È evidente leffetto migliorativo del crescente grado di resistenza sul sodio (Na) e sullalfa-amminoazoto (αN). Lincremento di questultimo parametro, rilevato da diversi autori (Smith e Martin, 1978; Adams e Schäufele, 1996), potrebbe dipendere dalla maggiore sintesi di glutammina indotta dalla malattia a livello fogliare (Burba, 1983). Si ricorda che i tre livelli considerati sono composti da due varietà ciascuno; è quindi probabile che le rese produttive e qualitative siano influenzate anche da fattori genetici diversi dalla resistenza alla cercospora. Per il potassio (K), si osserva un aumento significativo di concentrazione per le varietà a resistenza intermedia, probabilmente originata dalle altre caratteristiche appena ricordate. Il calo di due elementi melassigeni su tre causa un discreto incremento del coefficiente di purezza (RK), proporzionale al grado di resistenza alla cercospora posseduto dalle coppie di varietà. Nella tabella 1 sono riportate le interazioni tra le variabili considerate. Di seguito sono commentate le interazioni tra i parametri qualitativi risultate significative per P ≤ 0.01. Linterazione trattamenti (T) x raccolte (R) causa una lieve diminuzione del sodio (Na) alla seconda raccolta ed un aumento nella terza, ossia nel periodo di maggiore intensità della malattia (Fig. 6). T0 si differenzia statisticamente rispetto a T1 e T2, molto simili tra loro. Lalfa-amminoazoto (αN) cala con la data di raccolta (Fig. 7). Anche in questo caso, T1 e T2 non si differenziano. Il coefficiente di purezza (RK) migliora nettamente con lintensità dei trattamenti e tende a rimanere stabile nel corso delle raccolte, a differenza di T0 (Fig. 8). Per quanto riguarda linterazione gruppi di varietà (V) x epoche di raccolta (R), i diversi gradi di resistenza si differenziano nettamente per il sodio (Na), ma presentano limitate variazioni nel corso delle raccolte (Fig. 9). Il coefficiente di purezza (RK) cambia di poco in funzione del tempo (Fig. 10). Le varietà resistenti superano sempre di oltre un punto sia le sensibili sia le intermedie. I tre gruppi di varietà ed i tre livelli di trattamento (Fig. 11) hanno interazioni significative per lalfa-amminoazoto (αN). Le varietà resistenti (Res) hanno sempre un comportamento migliore delle altre due categorie. Il trattamento T2 non provoca incrementi sensibili sul coefficiente di purezza (figura non riportata), suggerendo che, per laspetto qualitativo, i trattamenti ordinari sono sufficienti per un controllo pressoché totale Agroindustria / Agosto 2002 137 dei danni causati dalla cercospora. Levoluzione dellinfezione sulle foglie è stata seguita con ripetuti rilievi. Il sistema adottato si è dimostrato altamente correlato con i cali di produzione e di qualità estrattiva che la cercosporiosi è in grado di provocare. Nella figura 12 è tracciata la retta di regressione riferita alla correlazione tra la qualità estrattiva e le valutazioni visive dellattacco. CONCLUSIONI I mezzi di lotta integrata oggi disponibili, se usati correttamente e tempestivamente, permettono il recupero di circa l80% delle perdite sulla produzione di saccarosio causate dalla cercospora. Questa percentuale è stata stimata con trattamenti chimici, eseguiti con frequenza doppia rispetto alla norma, che riducono quasi del tutto i sintomi della malattia. Con lo stesso sistema, si è accertato che limpiego della normale difesa chimica sulle varietà resistenti oggi sul mercato riduce in maniera pressoché totale il danno sulla qualità estrattiva. Impiegando al meglio gli odierni sistemi di lotta, si riducono le concentrazioni di sodio e di alfaamminoazoto e sinnalza di quasi due punti il coefficiente di purezza. Per limitare al massimo i danni produttivi e qualitativi della cercospora, si conferma la necessità di applicare rigidamente le varie misure operative di lotta integrata. Infine, occorre attenuare lattuale impatto ambientale della difesa anticercosporica con azioni volte non solo ad aumentare il livello di resistenza genetica delle varietà, ma anche ad affinare al massimo le tecniche di ed i calendari di trattamento. BIBLIOGRAFIA Adams H., Märländer B., 1996. Inoculation im Feld zur Resistenzbestimmung bei Zuckerrüben gegen Erreger von Blattflächenkrankheiten. Zuckerindustrie 8, 575-579. Adams H., Schäufele W.R., 1996. Untersuchungen zum Eifluss der Cercospora-Blattflechenkrankheit auf den Alpha-Amino-Gehalt der Zuckerrübe. Proc. 59 th IIRB Congress 129-132. 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Consortile, via del Lavoro 17, 44100 Ferrara; Centro Sperimentale, via S. Alberto 325, 48100 Ravenna 1 Istituto Sperimentale per le Colture Industriali, via di Corticella 133, 40128 Bologna 2 Eridania S.p.a., via del Lavoro 17, 44100 Ferrara RIASSUNTO Una prova sperimentale su barbabietola da zucchero è stata condotta a Ca Bosco (Ravenna) nellanno 2000 allo scopo di studiare la risposta quantiqualitativa della coltura a clima e agrotecnica. Lambiente di prova è stato caratterizzato mediante il rilievo di variabili climatiche e pedologiche. La coltura è stata seminata a febbraio e condotta sia in regime asciutto sia irriguo e applicando tre livelli di concimazione azotata: 0, 90, 180 kg ha-1. Sulla coltura sono stati eseguiti rilievi produttivi in due epoche di estirpamento (22 agosto e 18 settembre). Per ciascuna epoca sono stati rilevati: resa radici, polarizzazione, melassigeni (N alfa-amminico, Na, K), purezza del sugo denso (PSD). In particolare, sono state individuate relazioni empiriche tra due parametri della qualità (N alfa-amminico e PSD) e lindice medio di stress per la nutrizione azotata della coltura (NSI) prodotto dal modello di simulazione CropSyst. Le due relazioni (esponenziale e logaritmica rispettivamente) hanno dato valori di r2 superiore a 0.70. Il set di dati pedologici, climatici e colturali raccolti nel corso della prova ha permesso di calibrare il modello, che è stato utilizzato per simulare su un arco temporale esteso (50 anni) i due parametri qualitativi della barbabietola, inserita in avvicendamento biennale con il frumento tenero. Lobiettivo è stato quello di valutare la precisione di stima dei parametri qualitativi in rapporto alla variabilità climatica. I risultati non hanno messo in evidenza differenze tra le tesi asciutte e quelle irrigue mentre sensibili differenze sono state registrate tra i diversi livelli del fattore azoto (per es., nel 50% dei casi generati α-N è pari a circa 8.5 mmol %°S in assenza di fertilizzazione azotata, a circa 13.5 mmol %°S con il livello intermedio di azoto, a circa 18.5 mmol %°S con il livello più elevato). Da questo studio sono emerse le potenzialità di impiego del modello di simulazione per sistemi colturali CropSyst come strumento previsionale di parametri produttivi di tipo qualitativo. Parole chiave: CropSyst, modellazione, qualità, barbabietola da zucchero ABSTRACT Estimating sugar beet quality: first approach with the CropSyst model The CropSyst model was evaluated for its ability to simulate outputs associated with yield quality in sugar beet in response to different levels of water supply (rainfed and irrigated conditions) and nitrogen fertilisation (0, 90, 180 kg ha-1 N) at Ca Bosco (Ravenna), Northern Italy. This area is a critical environment, since weather variability may affect both crop yield and quality, via water and nitrogen availability. Experimental data collected during the 2000 growing season were used for this study. Soil features were analysed prior to crop sowing. A complete data set of daily weather data was recorded. Crop sampling regarded biomass components every week and yield data at two harvest dates (August 22 and September 18). With reference to yield samplings, the following were determined at both times: root yield, polarisation, non-sucrose components (alpha-amino-nitrogen, sodium, potassium), thick juice purity (PSD). The whole data set provided inputs for the Cropsyst model and made it possible to calibrate growth parameters. Close relationships (goodness-of-fit higher than 0.70) were identified between two parameters of sugar beet quality (i.e, alpha-amino-nitrogen and PSD) and the average nitrogen stress index (NSI), the latter estimated by means of the simulation model CropSyst. The greater the NSI, the smaller the amount of alpha-ammino-nitrogen in the sugar beet and the larger the juice purity. Fifty years of synthetic daily weather data, produced by the weather generator ClimGen, allowed CropSyst to simulate a long-term rotation sugar beet-winter wheat, in order to evaluate the impact of weather variability on quality parameter estimation. The variability of both alpha-amino-nitrogen and PSD was evaluated by means of probability of exceedence. No consistent difference emerged between rainfed and irrigated crops. On the contrary, the difference between fertilisation treatments was considerable. Taking for instance the probability of 50% for alpha-ammino-nitrogen, it occurred at about 8.5 mmol %°S when no nitrogen was applied, at about 13.5 mmol %°S when an intermediate level of nitrogen was applied, and at about 18.5 mmol %°S when the crops were well-supplied. Even if improvements in the model are required to simulate growth based on variable source-sink relationships, these preliminary simulation results are encouraging. A better knowledge of the relationship between nitrogen availability for the crop and sugar beet quality would make it possible to develop a modelling tool for quality prediction and farmer assistance. Key words: CropSyst, modelling, quality, sugar beet INTRODUZIONE Lareale di coltivazione della barbabietola da zucchero nel Nord Italia è inserito in un ambiente di transizione tra la situazione tipicamente mediterranea, a semina Autore corrispondente: Donatelli M., Istituto Sperimentale per le Colture Industriali, via di Corticella 133, 40128 Bologna. Tel.: 051 6316843 - Fax: 051 374857 E-mail: [email protected] Ricerca finanziata da Eridania S.p.a (prova sperimentale) e con il contributo del programma finalizzato del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali su Miglioramento della barbabietola da zucchero per lambiente mediterraneo. autunnale e con significativo supporto irriguo, e quella doltralpe, fino al limite nord del 60°-63° parallelo, dove la barbabietola viene seminata in primavera e la disponibilità idrica naturale è generalmente sufficiente per le esigenze della coltura (Cavazza et al., 1983). La produzione areica potenziale di saccarosio che emerge da una serie di riscontri oggettivi è elevata. Nella pratica si riscontra, invece, una differenza di produzione areica media con i Paesi dellareale più vocato, che testimonia la difficoltà di conseguire il potenziale produttivo (Casarini et al., 1999). Ne deriva un ristagno produttivo particolarmente pericoloso, perché allontana lItalia dal resto dellUnione Europea alla vigilia della liberalizzazione del commercio dello zucchero. La variabilità climatica che è tipica di questa zona è la principale responsabile delle altalenanti performance colturali (Peruch et al., 2000) e della difficoltà di tenere il passo con i Paesi a più spiccata vocazione bieticola: infatti, in queste condizioni si accentuano gli effetti negativi sulla produzione di una serie di fattori quali elementi patogeni, in particolare cercospora, nematodi e Agroindustria / Vol. 1 / Num. 2 2002 139 Tabella 1 - Caratteristiche della prova sperimentale. Table 1 - Experimental layout. )DWWRUH: Acqua (2 livelli) Fattori studiati 1.Asciutto 2.Irriguo (restituzione 100% ETo) )DWWRUH: Azoto (3 livelli) –1 1.N = 0 kg ha –1 2.N = 90 kg ha –1 3.N = 180 kg ha -1 -1 (90 kg ha alla semina + 90 kg ha in copertura) Schema sperimentale Blocco randomizzato con 4 ripetizioni Superficie parcellare 18.9 m Semina 22/02/2000 Raccolta 1° estirpamento (22/08/00) 2° estirpamento (18/09/00) Precessione: Frutteto Cultivar Dorotea (tipologia EN) Tolleranze genetiche Media (Cercopsora) Buona (Rizomania) 2 rizomania, dei problemi dellepoca di raccolta e dello stoccaggio in cumulo delle barbabietole. A questi si aggiungono una spesso errata nutrizione azotata e lincostante disponibilità idrica, che sono causa non marginale della variabilità produttiva (Draycott e Martindale, 2000; Gnudi, 2000; Barbanti et al., 2002). Lassorbimento di azoto, il suo impiego da parte della pianta e la sua allocazione nei diversi organi dipendono dallumidità del terreno, il cui andamento nel corso del ciclo non sempre corrisponde alle esigenze della pianta. In particolare, la fase più critica nel corso della campagna saccarifera è quella finale, che si identifica con il cosiddetto terzo modulo di raccolta (orientativamente dal 20 settembre in poi). In questa fase, in corrispondenza di una ripresa delle precipitazioni caratteristica della fine estate, avviene sovente una caduta del titolo polarimetrico non sufficientemente compensata da un aumento proporzionale di resa in radici, che si traduce quindi in un calo della produzione lorda vendibile (PLV) e in un peggioramento qualitativo. I livelli produttivi non elevati e il basso titolo zuccherino mettono a rischio sia il reddito del coltivatore sia lindustria saccarifera. Il fenomeno delle basse produzioni possiede una serie di sfaccettature che sfuggono al con- Figura 1 - Andamento delle principali variabili climatiche (precipitazioni, temperature massime e minime) durante il ciclo colturale 1999/2000. Figure 1 - Time course of the main weather variables (rainfall, maximum and minimum temperature) during the crop cycle 1999/2000. 140 Agroindustria / Agosto 2002 trollo dei mezzi tecnici in tutte le epoche di raccolta, come emerge anche dalla sperimentazione condotta finora. Lassistenza agli agricoltori richiede una chiara comprensione del sistema suolo-coltura in rapporto allinterazione acqua-azoto, condizionata dallagrotecnica e dalle precedenti colture. I modelli di simulazione, supportati dalla sperimentazione in campo, possono migliorare la comprensione del sistema, permettendo lo sviluppo di strumenti per lassistenza tecnica e per la stima della qualità del prodotto. Gli obiettivi di questo lavoro sono quindi: - studiare la risposta della coltura a clima e agrotecnica; - utilizzare un modello di simulazione per coltura/sistema colturale al fine di valutare leffetto dellagrotecnica sui parametri qualitativi. MATERIALI E METODI Prova agronomica. La sperimentazione è stata realizzata nellanno 2000 presso la stazione di ricerca di Agronomica S.r.l. di Cà Bosco (Ravenna) (lat.: 44° 28 Nord, long.: 12° 10 Est, alt. 3 m slm). La prova è stata effettuata in assenza di fattori limitanti per condizioni agronomiche generali, di parassiti, malattie e infestanti. Le caratteristiche della prova nonché le variabili rilevate nel corso del ciclo colturale sono riportate nelle tabelle 1 e 2 rispettivamente. Il modello CropSyst. Le simulazioni sono state effettuate con il modello per la simulazione di sistemi colturali CropSyst (Stöckle et al., 2002). Il modello CropSyst consente la simulazione di sviluppo e crescita delle colture anche in risposta alla concentrazione di CO2 nellaria, del bilancio idrico e dellazoto nel suolo, dellerosione e della salinizzazione del suolo, e dellagrotecnica (irrigazioni, lavorazioni e concimazioni). Il modello CropSyst è stato sviluppato con lobiettivo di rendere disponibile uno strumento che consentisse lo studio dei sistemi colturali in rapporto a clima, suolo e agrotecnica. Il modello ha un passo di integrazione giornaliero e rende disponibili in output valori giornalieri e annuali di variabili relative al ciclo della coltura. Per le simulazioni è stata utilizzata la versione 3.17 della suite di programmi CropSyst. Le simulazioni. Le simulazioni effettuate hanno avuto due scopi: 1) calibrare il modello sulla prova sperimentale e sviluppare relazioni empiriche tra nutrizione azotata e qualità del prodotto; 2) simulare scenari stimando la qualità del prodotto ottenibile in un avvicendamento barbabietola-frumento tenero per 6 trattamenti derivanti da 3 livelli di concimazione azotata e 2 livelli di disponibilità idrica (Tab. 1). Gli input giornalieri di precipitazione e temperatura (massima e minima) sono stati Tabella 2 - Variabili rilevate. Table 2 - Sampled variables. Variabile Periodicità Raccolta dati meteorologici: precipitazioni, temperature massime e minime, evaporato Giornaliera Disponibilità idrica nel suolo negli strati 0.00-0.30, 0.30-0.60, 0.60-0.90 e 0.90-1.20 m di profondità Settimanale (primo rilievo: 4 maggio) Caratteristiche chimico – fisiche del suolo negli strati 0.00-0.30, 0.30-0.60, 0.60-0.90 e 0.90-1.20 m di profondità: tessitura, pH, CSC, calcare tot. e att., sostanza organica, C/N, salinità, N tot. (Kjeldahl), N ass. (CaCl2 0.01 M), P ass. (Olsen), K sc., Fe ass., Mn ass., Zn ass., Cu ass., B ass. inizio ciclo Partizione della biomassa vegetale: peso fresco e sostanza secca di radici, colletti, 2 piccioli e lamine (sup. 2.25 m ) Settimanale Indice di area fogliare (LAI) (campioni di 5 piante) Settimanale Azoto totale (Kjeldahl) assimilato nei diversi organi (radici, colletti, piccioli e lamine) Azoto assimilabile (CaCl2 0.01 M) del suolo negli strati 0.00-0.30, 0.30-0.60, 0.600.90 e 0.90-1.20 m di profondità Settimanale 2 Parametri quanti–qualitativi della produzione in due epoche di raccolta (sup. 6.3 m ) Figura 2 - Anomalie delle temperature massime e minime mensili registrate nel 1999/2000 a Ravenna rispetto alla media 1978/1979 1998/1999 dellareale di sperimentazione. Figure 2 - Monthly maximum and minimum air temperature anomalies recorded at Ravenna during the crop cycle 1999/2000, compared to long-term average values (1978/1979 - 1998/1999) recorded in the experimental area. Figura 3 - Anomalie delle precipitazioni mensili registrate nel 1999/2000 a Ravenna rispetto alla media 1978/1979 - 1998/1999 dellareale di sperimentazione. Figure 3 - Monthly rainfall anomalies recorded at Ravenna during the crop cycle 1999/2000, compared to long-term average values (1978/1979 - 1998/1999) recorded in the experimental area. Settimanale 1° estirpamento (22/08/00) 2° estirpamento (18/09/00) rilevati mediante una stazione agro-meteorologica ubicata in prossimità del sito sperimentale. I dati giornalieri di radiazione solare sono stati stimati con il modello CampbellDonatelli (Donatelli e Campbell, 1998) implementato nel software RadEst (Donatelli et al., 2002). I valori dei parametri colturali sono stati estratti prevalentemente dal manuale di CropSyst. Alcuni parametri sono stati calibrati utilizzando i dati sperimentali. In particolare, il valore del coefficiente biomassa-traspirazione (K BT=9) è stato calibrato sui dati di crescita della biomassa aerea. Alcuni parametri idrologici del suolo (es. massa volumica apparente) sono stati stimati utilizzando funzioni di pedotransfer implementate nel software SOILPAR (Acutis e Donatelli, 2002). Relazioni empiriche sono state individuate tra lindice di stress azotato (NSI) prodotto da CropSyst e i due parametri qualitativi azoto alfa-amminico (α-N, mmol % °S) e purezza del sugo denso (PSD, %). La qualità della barbabietola è associata a bassi valori di α-N e ad alti valori di PSD. Da una serie di 10 anni di dati meteorologici giornalieri rilevati in prossimità del sito sperimentale (anche se pochi in relazione alla variabilità attesa delle precipitazioni in una località) sono stati ricavati i parametri utilizzati per generare 50 anni di dati sintetici attraverso il generatore di clima ClimGen (Stöckle et al., 2001). I dati climatici sintetici sono stati impiegati per simulare scenari di lungo periodo per un avvicendamento biennale barbabietola-frumento tenero mediante CropSyst. I parametri colturali per il frumento tenero sono stati ricavati da simula- Agroindustria / Agosto 2002 141 $6&,8772 ,55,*82 P P P P ro potenziale di azoto i = giorno del ciclo della coltura n = numero totale di giorni dallemergenza della coltura alla raccolta. I valori di NSI sono adimensionali e variano da 0 (assenza di stress) a 1 (assenza di crescita). Le relazioni empiriche che legano NSI a α-N e PSD hanno permesso di stimare la variabilità dei due parametri di qualità in rapporto ai sei trattamenti risultanti dalla combinazione di tre livelli di azoto per due livelli di disponibilità idrica. Per le variabili di output NSI, α-N e PSD sono stati presentati i grafici delle probabilità cumulate delleccedenza, ovvero la probabilità di ottenere dati eguali o superiori a un dato valore. Per ciascuna variabile, dopo aver ordinato tutti i valori dal più grande al più piccolo, la probabilità delleccedenza (Pe, %) è calcolata come (Weibull, 1961): JLRUQLGHOO DQQR JLRUQLGHOO DQQR . Figura 4 - Andamento della riserva idrica facilmente utilizzabile. Figure 4 - Available soil water content during the crop cycle. zioni precedenti (Donatelli e Bellocchi, comunicazione personale). La conduzione agronomica del frumento è stata implementata in conformità con lagrotecnica tradizionale della zona, con applicazione di 150 kg ha-1 N (40 kg ha-1 alla semina, 110 kg ha-1 in copertura). Lirrigazione è stata applicata alla barbabietola usando lopzione automatica di CropSyst, impostata in modo da approssimare un normale ciclo di irrigazione. I residui di entrambe le colture sono stati interrati 30 giorni dopo la raccolta. Ciascun trattamento è stato simulato senza reinizializzare le variabili di stato ogni anno, in modo da consi- derare levoluzione dello stato del suolo nel tempo. Loutput di riferimento delle simulazioni di lungo periodo è stato lindice medio di stress per la nutrizione azotata della coltura (NSI). Questo indice viene calcolato come: n NSI = 1 − ∑ i =1 Pe = m ⋅ 100 n +1 dove: m = numero dordine dei valori nella scala decrescente (m=1 corrisponde al valore più elevato) n = numero totale dei valori AEN i /i APN i dove: AEN = stima dellassorbimento giornaliero effettivo di azoto APN = stima dellassorbimento giornalie- RISULTATI E DISCUSSIONE Andamento climatico. Landamento climatico che ha caratterizzato lannata è ripor- Tabella 3 - Parametri quanti-qualitativi della produzione. Table 3 - Quanti-qualitative yield parameters. 1° Estirpamento 22/08/00 Resa radici -1 (t ha ) Fattore 1. irrigazione ASCIUTTO 85.6 IRRIGUO 100.4 Fattore 2. Azoto -1 83.1 N = 0 kg ha -1 93.4 N = 90 kg ha -1 102.4 N = 180 kg ha MEDIA 85.6 CV% 5.9 2° Estirpamento 18/09/00 TESI Fattore 1. irrigazione ASCIUTTO 91.8 IRRIGUO 113.0 Fattore 2. azoto -1 95.1 N = 0 kg ha -1 105.2 N = 90 kg ha -1 106.8 N = 180 kg ha MEDIA 102.4 CV% 5.0 Sacc. teorico -1 (t ha ) Pol. (%) K mmol (% °S) B 17.4 A 17.2 ns 14.8 ns 17.2 B A C 18.2 B 17.7 A 16.0 17.39 1.7 A B C 15.2 16.5 16.4 14.82 6.6 B 18.3 A 17.0 A B B 18.3 A 18.0 A 16.8 17.69 2.7 A A B 29.2 32.5 Na mmol (% °S) AK PSD (%) PLV -1 ( ha ) B 16.1 A 17.6 ns 2.23 ns 92.2 ns 2.48 ns 91.0 A 4467 B B 5165 A b 26.8 C 3.6 a 29.4 B 4.7 ab 36.3 A 11.6 29.23 4.69 6.2 30.0 B 11.6 B 14.8 A 24.2 16.13 17.5 C B A 2.69 a 2.34 ab 2.03 b 2.22 20.2 93.4 92.4 89.1 92.22 0.6 A 4648 ns B 5030 ns C 4777 ns 4471 6.9 16.8 19.2 B A B 18.3 A 21.5 b a 1.47 b 1.64 a 93.0 91.5 A 5165 B B 5753 A 17.4 18.9 17.8 18.03 6.8 ns 21.1 C 3.2 ns 23.0 B 4.1 ns 28.8 A 9.8 24.28 5.72 4.7 24.0 B 14.3 B 18.4 A 27.0 19.88 13.2 C B A 1.71 a 1.53 ab 1.43 b 1.56 11.8 93.9 92.9 90.0 92.24 0.8 A 5345 ns B 5753 ns C 5278 ns 5459 7.8 22.2 26.4 B 4.7 A 8.6 α-N mmol (% °S) B 4.0 A 7.4 Lettere diverse indicano differenze significative per P≤0.05 (lettere minuscole) e P≤0.01 (lettere maiuscole), ns indica differenze non significative (test di Student-Newman-Keuls di separazione delle medie). 142 Agroindustria / Agosto 2002 Figura 5 - Valori della polarizzazione in funzione dellazoto, dellirrigazione e dellepoca di raccolta. Figure 5 - Sugar content in sugar beet (polarization) as affected by nitrogen supplied, irrigation water supplied and harvest date. 35 N180 Irr D1PPRO 30 D 1 25 H[S16, U N180 Asc 20 N0 Asc N90 Irr 15 N90 Asc 10 N0 Irr 5 0 0.00 0.05 0.10 0.15 0.20 0.25 16, 95 N90 A s c 94 N0 Irr N0 A s c N90 Irr 93 92 91 ' 6 3 90 N1 8 0 Asc 36 ' OQ16 , U 89 88 N180 Irr 87 0.0 0 0.0 5 0 .1 0 0 .1 5 0.20 0.2 5 16 , Figura 6 - Relazioni tra due parametri qualitativi della barbabietola (α-N e PSD) rilevati durante il ciclo colturale 1999-2000 e lindice medio di stress azotato (NSI) simulato con il modello CropSyst. Figure 6 - Relationships between two quality parameters in sugar beet (α-N and PSD) detected during the crop cycle 1999-2000, and the CropSyst-simulated average nitrogen stress index (NSI). tato nella figura 1. Prendendo come riferimento i dati di temperatura e di precipitazione storici di una stazione meteo rappresentativa dellareale di prova, si evidenziano gli aspetti che hanno caratterizzato landamento climatico nel 1999/2000 (Figg. 2 e 3). Le temperature massime indicano un momento di sensibile scostamento in diminuzione dai valori medi dellultimo ventennio nel mese di luglio, con valori inferiori fino a 6 °C. Le temperature minime indicano due momenti di scostamento dai valori medi della serie storica: aprile con variazioni di 2-3 °C in aumento e luglio con valori da 1 a 2.5 °C in diminuzione. Per quanto riguarda landamento delle precipitazioni, si rilevano condizioni di elevata piovosità nel periodo ottobredicembre 1999 (Fig. 1), con forte incremento rispetto alla media storica considerata (+182 mm) (Fig. 3). Nellarco di questi 3 mesi si è accumulato il 57% delle piogge dellannata. Nei periodi successivi, infatti, le precipitazioni registrate sono risultate inferiori (-75 mm a gennaio-marzo; -32 mm ad aprile-giugno; -51 mm a luglio-settembre 2000) rispetto alla media storica. Umidità del suolo. In corrispondenza delle parcelle non irrigue, lacqua disponibile si è esaurita nello strato 0.00-0.30 m a 80 giorni dalla semina (12 maggio), nello strato 0.30-0.60 m a 93 giorni dalla semina (25 maggio) e nello strato 0.60-1.20 m a 170 giorni (10 agosto) (Fig. 4). Gli apporti idrici dovuti alle precipitazioni hanno consentito un lieve recupero dellumidità solamente in corrispondenza del 181° e del 236° giorno dellanno (30 giugno e 24 agosto rispettivamente). In base al bilancio idrico calcolato su base evaporimetrica, dalla fase fenologica di 6 coppie di foglie vere (18 maggio) fino allepoca del 1° estirpamento (24 agosto), è risultato un deficit idrico pari a 380 mm. Nelle parcelle irrigue un volume utile di 190 mm suddiviso in 5 adacquamenti di 35 40 mm (5, 12, 19, 26 giugno, 10 luglio), ha sopperito alle esigenze idriche della coltura nella fase di maggior accumulo della biomassa, contrastando il progressivo disseccamento del suolo sia negli strati più superficiali (0.00-0.60 m), sia in quelli più profondi (0.60-1.20 m) (Fig. 4). Il deficit idrico cumulato dallinizio del computo (18 maggio) alla fine della stagione irrigua (10 luglio) è stato di 221 mm. Lirrigazione ha pertanto compensato l86% di tale deficit, poiché il primo intervento, programmato per il 2 maggio, è stato posticipato per stimolare lapprofondimento delle radici. La falda freatica superficiale si è mantenuta costantemente al di sotto di 2 metri dalla superficie del suolo, quindi difficilmente emungibile da parte della pianta. Caratteristiche del suolo. La tessitura è risultata limo-argillosa nello strato 0.00-0.30 Agroindustria / Agosto 2002 143 100 80 D ]Q HG 60 HF FH OO HG 40 ER U3 20 0 0.0 0.1 0.0 10.0 0.2 0.3 0.4 20.0 30.0 40.0 16, 100 80 D ]Q HG 60 HF FH OO HG 40 E RU 3 20 0 D1PPRO6 100 80 D ]Q HG 60 HF FH OO HG 40 E RU 3 20 0 75 80 85 90 95 100 36' 1 $ VF 1 $ VF 1 $ V F 1 ,U U 1 ,UU 1 ,UU Figura 7 - Simulazioni con il modello CropSyst dellavvicendamento barbabietola da zucchero-frumento tenero su 50 anni: probabilità cumulate delleccedenza dei valori di NSI, α-N e PSD su barbabietola. Figure 7 - Exceedence probability distributions of NSI, α-N e PSD in sugar beet for 50 years CropSyst simulations of the sugar beet-winter wheat rotation. m e argillosa nei due strati più profondi. Lungo il profilo considerato si verifica una progressiva sostituzione delle diverse componenti granulometriche, con una diminuzione del contenuto di sabbia che passa dal 28 all8%, un incremento del limo da 48 a 60%, e un aumento dellargilla da 24 a 32%. In base alle analisi chimiche, risulta un 144 Agroindustria / Agosto 2002 suolo a reazione alcalina (pH=8.4), sensibilmente calcareo (28% di calcare totale e 11% di calcare attivo), con una buona dotazione di sostanza organica, decrescente lungo il profilo da 2.88 a 1.32%. Anche il contenuto di azoto totale decresce lungo il profilo analizzato da 1.30 a 0.73%. Il rapporto C/N indica una tendenza allimmobilizzazione dellazoto per processi di organicazione, più marcata nello strato 0.00-0.30 m (C/N=13.3) rispetto ai due successivi (C/N=11). Il contenuto di fosforo assimilabile è buono nello strato più superficiale (17 mg kg-1, metodo Olsen), mentre è molto scarso in quelli più profondi (1 mg kg-1). In termini di azoto disponibile (N-CaCl2, somma delle frazioni estratte), a inizio prova è emersa una dotazione sufficiente (19 mg kg-1). Dalle analisi non risultano, infine, carenze di microelementi. Parametri quantiqualitativi della produzione. I risultati produttivi nei due estirpamenti (resa radici, polarizzazione, saccarosio, potassio, sodio, azoto alfaamminico, coefficiente di alcalinità dei sughi, purezza del sugo denso) sono riportati nella Tab. 3. Tra i due estirpamenti la resa in radici è incrementata come atteso, ma senza apprezzabili flessioni polarimetriche. La qualità interna del prodotto, espressa come PSD, migliora leggermente in virtù di un abbassamento del potassio. Il prolungamento della vegetazione si è quindi tradotto in un beneficio di reddito sia agricolo sia industriale, in contrasto con landamento tipico per la coltura. Allinterno dei singoli estirpamenti, lefficienza dei due fattori studiati, acqua e azoto, è risultata variabile: entrambi determinano aumenti di resa in radici dellordine del 1520%, ma la polarizzazione flette vistosamente per effetto dellazoto, assai meno per effetto dellirrigazione. Anche dal punto di vista qualitativo, lazoto induce un calo di PSD di circa 3.5 punti percentuali in entrambe le epoche, laddove la diminuzione legata allirrigazione è di poco più di un punto. In pratica, entrambi i fattori tecnici si confermano determinanti ai fini produttivi, ma il loro impiego richiede unattenta calibrazione per far fronte ai relativi costi (soprattutto lirrigazione) ed alle controindicazioni tecniche (soprattutto lazoto). Laspetto della polarizzazione, che è attualmente motivo di particolare attenzione sia da parte agricola sia industriale, merita un esame più approfondito. Linterazione irrigazione x azoto x epoche di raccolta (Fig. 5) evidenzia una sostanziale tenuta del dato in assenza di azoto, a prescindere dal regime irriguo e dallepoca di raccolta. Viceversa, con la dose più alta di azoto (180 kg ha-1), la polarizzazione regge apprezzabilmente rispetto al non concimato solo in asciutto nellestirpamento tardivo, mentre decresce nelle altre tre combinazioni (irriguo in entrambe le epoche e asciutto-precoce). Complessivamente, il contenuto calo della polarizzazione tra prima e seconda raccolta contrasta con i timori di fondo della bieticoltura legati alla retrogradazione del titolo nel corso della campagna, ma rispecchia fedelmente le caratteristiche dellannata, ca- ratterizzata anche a livello macroareico da un simile comportamento. Invece, il calo di polarizzazione indotto dallazoto, ben noto in letteratura (Draycott, 1993), risulta più accentuato in irriguo che in asciutto. Questo in conseguenza del fatto che la disponibilità effettiva di azoto per la coltura è correlata positivamente alla disponibilità idrica nel suolo nel corso del ciclo colturale (vedi in tabella 3 i valori di α-N). Relazioni empiriche tra indice di stress azotato e parametri qualitativi. I dati prodotti nel corso della prova hanno permesso di individuare relazioni tra i due parametri della qualità della barbabietola α-N, PSD e lindice medio di stress azotato (Fig. 6). Le relazioni trovate appaiono consistenti (r2>0.70) e in entrambi i casi è chiara la tendenza da parte della coltura a esprimere parametri di qualità migliori in presenza di livelli alti di stress da azoto simulati con il modello CropSyst. Simulazioni di lungo periodo. Le simulazioni condotte con il modello CropSyst su 50 anni hanno permesso di valutare la variabilità temporale dei valori di NSI e, di conseguenza, dei valori di α-N e PSD, in quanto correlati ai livelli di stress azotato. I risultati, nella forma di grafici della probabilità cumulata di eccedere un dato valore, sono riportati in figura 7. In generale non si osservano apprezzabili variazioni tra le tesi irrigue e quelle asciutte, sebbene una certa differenza si registri in presenza dei livelli più alti di fertilizzazione. Le probabilità di maggiori livelli di stress che si verificano in assenza di fertilizzazione azotata (50% di probabilità per le seguenti combinazioni: NSI~0.32 con N 0, NSI~0.23 con N 90, NSI~0.15 con N 180) si trasferiscono a entrambi i parametri qualitativi. Per α-N il 50% di probabilità si ottiene a circa 8.5 mmol %°S con N 0, 13.5 mmol %°S con N 90, 18.5 mmol %°S con N 180. Per PSD il 50% di probabilità si verifica approssimativamente intorno al 96% con N 0, 94% con N 90, 92% con N 180. In regime irriguo e per elevate dosi di azoto (N 180), la probabilità di avere valori molto bassi di NSI (<0.1) è alta (>80%), mentre gli stessi valori non si regi- strano nelle altre tesi. Di conseguenza, per le tesi molto concimate, risultano elevate sia la probabilità (>80%) di avere alti livelli di αN (>15 mmol %°S) sia la probabilità (>90%) di avere bassi valori di PSD (<90%). CONCLUSIONI La ricerca condotta, ancora in corso, ha consentito di quantificare la risposta produttiva della barbabietola da zucchero ai fattori acqua e azoto e di definire un data set di valori per i parametri del modello per sistemi colturali CropSyst. È stata valutata la possibilità di impiegare un modello per sistemi colturali nello studio di alcuni aspetti qualitativi della barbabietola da zucchero. I risultati presentati sono i primi del genere realizzati nelle aree bieticole della Pianura Padana. La calibrazione del modello appare critica in relazione ai parametri legati alle trasformazioni azotate, al fine di stimare correttamente lassorbimento azotato da parte della coltura. Anche le relazioni tra i due parametri di qualità considerati e lindice dello stress azotato soffrono dellempirismo legato alla limitatezza dei dati disponibili ma la loro robustezza (tra anni e suoli diversi) potrà essere incrementata con nuovi dati. In questo studio il modello CropSyst ha fornito risultati soddisfacenti, nella prospettiva di essere utilizzato come strumento previsionale della qualità delle produzioni bieticole. I dati sperimentali hanno permesso di evidenziare aree del modello che possono essere migliorate in rapporto a un suo uso per la coltura di barbabietola da zucchero. In particolare, si avverte la necessità di sviluppare un approccio concettuale per la simulazione della crescita colturale basata su relazioni source-sink variabili durante il ciclo della coltura. Lapproccio seguito in questo studio può orientare i futuri sviluppi del modello CropSyst nella prospettiva di un adattamento del modulo colturale alla stima degli aspetti qualitativi delle produzioni. 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Agroindustria / Agosto 2002 145 Assorbimento di NO3- in radici di barbabietola da zucchero (Beta vulgaris L. var. saccharifera): prima caratterizzazione Stefano Cesco, Alessio Chiani, Roberto Pinton e Zeno Varanini Dipartimento di Produzione Vegetale e Tecnologie Agrarie, Università degli Studi di Udine RIASSUNTO Sono stati caratterizzati i meccanismi di assorbimento del NO3- in piante di barbabietola da zucchero (Beta vulgaris L. var. saccharifera) con particolare riguardo agli effetti esercitati da alcuni fattori quali la concentrazione di NO3- e il tempo di contatto fra apparati radicali ed elemento nutritivo. A questo scopo sono state utilizzate piante di barbabietola di 57 giorni di età, cresciute in soluzione nutritiva e, 4 giorni prima dellesperimento, deprivate di NO3- (de-indotte). Il successivo contatto delle radici per 3 ore con soluzioni contenenti lanione a concentrazioni che sono variate da 0.2 a 2 mM, ha determinato un significativo aumento della velocità di assorbimento netto dellelemento nutritivo (misurata come scomparsa del NO3- dalla soluzione di assorbimento) con incrementi che, nel caso delle piante trattate con 1 mM NO3-, sono stati di circa 7 volte (Induzione). Il trattamento delle piante con una soluzione contenente NO3- 0.5 mM o 2.0 mM per tempi crescenti, ha determinato lo sviluppo di una maggiore velocità di assorbimento dellanione che è aumentato fino a 1.5 ore, nel trattamento a 2.0 mM NO3-, e fino a 3 ore nelle piante poste a contatto con 0.5 mM NO3-. Successivamente, la velocità di assorbimento del NO3- è diminuita gradualmente in entrambe i trattamenti. La caratterizzazione del sistema di trasporto del NO3- in funzione della concentrazione dellelemento nutritivo nella soluzione di assorbimento (da 0.048 a 0.33 mM NO3-), eseguita utilizzando piante indotte per 3 ore alla concentrazione di 0.5 mM NO3- ovvero per 1.5 ore a 2 mM di NO3-, ha evidenziato che in entrambe i trattamenti landamento manifesta caratteristiche di complessità, suggerendo la possibilità che più di un sistema di trasporto sia operante. I valori di Km sono stati molto simili tra i trattamenti e paragonabili a quelli calcolati da altri autori in altre specie coltivate. Diversamente, la Vmax è risultata significativamente più bassa nelle piante trattate per 1.5 ore con 2 mM di NO3- suggerendo linstaurarsi, in queste condizioni, di fenomeni di inibizione del trasporto da retroregolazione. I risultati ottenuti in questo lavoro indicano che le radici di barbabietola da zucchero sono dotate di sistemi di assorbimento del NO3- che permettono a questa pianta di adattarsi prontamente alle variazioni di disponibilità dellelemento nutritivo nella soluzione del terreno. Daltra parte, per meglio caratterizzare in questa specie vegetale i sistemi di trasporto del NO3- in condizioni più simili a quelle che si riscontrano nei terreni coltivati, sarà necessario estendere questo tipo di approccio anche per intervalli di concentrazione dellanione più ampi. Parole chiave: Beta vulgaris L., induzione, NO3-, assorbimento di nitrato, regolazione, barbabietola da zucchero. ABSTRACT NO 3- uptake in sugar beet (Beta vulgaris L. var. saccharifera) roots: a preliminary characterization Some characteristics of NO3- transport systems by roots of sugar beet were studied. Plants were grown in nutrient solution (NS) containing NO3- and then transferred for 4 days to a NO3- -free NS (de-induced). The measurement of net NO3-uptake (as depletion of the anion from the uptake medium) by roots exposed for 3 hours to NO3- at concentrations ranging from 0.2 to 2.0 mM showed that treated plants possessed an increased capacity to absorb the nutrient, thus indicating that induction of NO3- transport systems took place; the highest values (ca. 7 times higher than the control) were recorded in plants treated with 1.0 mM NO3-. Time course experiments run with plants treated with 0.5 or 2.0 mM NO3- showed that the net uptake rate increased up to 3 (0.5 mM) or 1.5 (2.0 mM) hours of contact with the nutrient; thereafter a decline of the transport rate was observed. The uptake kinetics were studied for a concentration range between 0.048 and 0.33 mM NO3- using plants pre-treated with 2.0 mM NO3- (1.5 hours of contact) or with 0.5 mM NO3- (3 hours contact). In both conditions a biphasic pattern was shown, possibly indicating the operation of more than one transport system. The values of Km were not significantly different between the two treatments and presented values similar to those already recorded for other crop species. Vmax was lower in roots exposed to 2.0 mM NO3-, thus suggesting that this treatment can determine the down-regulation of NO3- influx. Results indicate that NO3- transport systems of sugar beet roots can rapidly adjust to changes in the NO3- concentration of soil solutions; however, in order to gain information on the functioning of sugar beet NO3- transport systems in conditions closer to those found in agricultural soils, further investigations considering a wider range of NO3- concentration are necessary. Key words: Beta vulgaris L., induction, NO3-, nitrate uptake, regulation, sugar beet. Autore corrispondente: Z. Varanini - Dipartimento di Produzione Vegetale e Tecnologie Agrarie, Università degli Studi di Udine, via delle Scienze 208, I-33100 Udine. Tel. (0432) 558642 - Fax (0432) 558603 E-mail: [email protected] Lavoro svolto con finanziamento MiPAF nellambito del Progetto Miglioramento della barbabietola da zucchero per lambiente mediterraneo. 146 Agroindustria / Vol. 1 / Num. 2 2002 INTRODUZIONE È ben noto che per la barbabietola da zucchero una eccessiva fertilizzazione azotata può ridurre il quantitativo di saccarosio estraibile dal fittone a causa dellaumento di composti azotati solubili (prevalentemente amminoadi e betaine). Daltra parte, per sostenere la produzione da un punto di vista quantitativo, sono necessari apporti di azoto poiché è stato osservato che la dimensione del fittone è strettamente dipendente dalla disponibilità di questo elemento nutritivo. Questi problemi sono a tuttoggi affrontati con logica empirica (approccio dose-effetto) anche per la mancanza, almeno per quanto riguarda la specie in questione, di conoscenze specifiche sulla fisiologia e biochimica dellassorbimento e assimilazione dellazoto. Le radici dei vegetali possiedono meccanismi di trasporto in grado di assorbire dal terreno sia NH4+ che NO3- (Forde e Clarkson, 1999). In generale, le specie di interesse agrario mostrano una crescita ottimale in presenza di ambedue gli ioni (Marschner, 1995). Tuttavia, probabilmente come risultato delladattamento alle forme azotate predominanti nei diversi ambienti pedoclimatici, sono state dimostrate notevoli differenze nella preferenza delle specie vegetali rispetto alla forma cationica o anionica dellazoto inorganico con importanti implicazioni ecologiche e pratiche (Kronzucker et al., 1997). È stato anche evidenziato che la crescita delle piante, la loro morfologia e il loro metabolismo possono essere notevolmente modificati in funzione del rifornimento preferenziale di NH4+ o NO3- (Walch-Liu et al., 2000). Generalmente, nella soluzione del terreno di suoli agrari areati, la forma nitrica dellazoto risulta predominante su quella ammoniacale con un rapporto che può variare da 1/10 a 1/ 1000 (Marschner, 1995). Anche se per questi motivi lazoto nitrico è stato considerato come la maggiore fonte di azoto minerale per la nutrizione è possibile affermare che limportanza dellNH4+ per la crescita delle colture sia stata sottostimata. Infatti è da considerare che la concentrazione di NH4+ nella soluzione rappresenta, mediamente, solo il 10% dellNH4+ trattenuto dal complesso di scambio e che, in condizioni di assorbimento, questa riserva di NH4+ può essere rilasciata per mantenere costante la concentrazione dellelemento nutritivo in soluzione. Per quanto riguarda il NO3- un altro aspetto da considerare è quello legato allampia variabilità di concentrazione riscontrata nei diversi ambienti pedoclimatici e durante i diversi periodi dellanno. Le concentrazioni di questo elemento nutritivo più frequentemente riscontrate nelle soluzioni del suolo sono comprese fra 0.5 e 10 mM (Barber, 1995) con frequenti e ampie oscillazioni - che possono raggiungere anche tre ordini di grandezza - causate da fattori biotici (assorbimento da parte di apparati radicali, nitrificazione e denitrificazione microbica) abiotici (dilavamento a opera di acque percolanti) e nei terreni agrari, anche antropici (concimazioni). Data limportanza del NO3sia come elemento nutritivo, sia come segnale per la crescita della pianta - costituisce infatti un fattore di regolazione del metabolismo del carbonio e dellazoto e dei livelli di fitormoni - le piante hanno dovuto evolvere dei sistemi di assorbimento flessibili e dalla sofisticata regolazione per controllarne linflusso. I recenti progressi compiuti dalla fisiologia e della biologia molecolare hanno permesso di definire, attraverso luso di piante modello (prevalentemente cereali), alcune delle caratteristiche strutturali e di regolazione dei meccanismi preposti allassorbimento del NO3-. È stato dimostrato che il trasporto di questo elemento nutritivo è caratterizzato da una complessa rete regolativa che coinvolge: a) linduzione di una elevata capacità di assorbimento, determinata dal contatto fra apparati radicali e lanione, cui seguono b) le fasi di modulazione legate alle variazioni di concentrazione di NO3- intracellulare, o di un suo metabolita a valle, c) lo sviluppo di una componente di efflusso. Linsieme di questi processi, in presenza di un rifornimento dellanione protratta nel tempo, porta dopo un periodo più o meno lungo, in funzione della concentrazione, al decadimento della attività di assorbimento netto. È interessante osservare che lentità relativa di ciascuno dei tre processi sopra descritti è funzione della specie, della porzione di radice considerata e delle condizioni di nutrizione nitrica. Risulta così cruciale per comprendere il comportamento di un vegetale nei confronti della nutrizione azotata lanalisi di questi processi. La cinetica di assorbimento del NO3- mostra un andamento strettamente dipendente dalla concentrazione dellanione nella soluzione esterna alla radice (Siddiqi et al., 1990). A concentrazioni superiori a 0.25-0.5 mM, la cinetica di assorbimento risulta non saturabile anche a concentrazioni esterne estremamente elevate (50 mM). Lassorbimento in questo caso è mediato da un sistema di trasporto costitutivo, a bassa affinità per il substrato, definito LATS (low-affinity transport system). Nonostante la cinetica lineare, valutazioni Figura 1 - Velocità di assorbimento netto di NO3- in piante di barbabietola di 57 giorni di età de-indotte oppure indotte per 3 ore con diverse concentrazioni di NO3-. Il saggio è stato condotto ponendo le radici a contatto con una soluzione di KNO3 0.2 mM per 10 minuti. I dati sono Media ± E.S. di tre esperimenti indipendenti condotti in triplo. Figure 1 - Net NO3- uptake rates of de-induced 57-d-old sugar beet plants put in contact for 3 hours with solutions containing different concentration of NO3-. The assay was run by immersing roots of intact sugar beet plants in KNO3 0.2 mM for 10 min. Data are means ± S.E. of three independent experiments run in triplicate. termodinamiche dimostrano che si tratta di un processo di trasporto attivo (Glass et al., 1992; Glass e Siddiqi, 1995) il cui meccanismo deve ancora essere chiarito. A concentrazioni di NO3- inferiori a 0.250.5 mM, si osserva un andamento tipicamente bifasico, con cinetiche saturabili, mediate da sistemi di trasporto sia costitutivi, sia substrato-inducibili. Questi mostrano unalta affinità nei confronti del NO3- e vengono classificati come HATS (high-affinity transport systems). Il trasportatore costitutivo ad alta affinità (CHATS - constitutive high-affinity transport system) è caratterizzato da una bassa capacità di trasporto, ed una saturazione a basse concentrazioni di substrato. Esso comunque riveste una fondamentale importanza fisio- Tabella 1 - Valori dei parametri cinetici (Vmax e Km) ottenuti dai dati riportati in Figura 3, A e B. Table 1 - Values of Km and Vmax calculated from the data reported in Figure 3, A and B. - NO3 nella soluz. di induzione Tempo di induzione Vmax P0 2UH QPROLJ SIPLQ 0012 0.5 3.0 400 ± 20 0.120 ± 0.019 2.0 1.5 323 ± 16 0.129 ± 0.020 Km logica, poiché media un flusso di NO3- allinterno della cellula che permetterà linduzione di un sistema di trasporto ad alta affinità (IHATS - inducible high-affinity transport system) e capacità di trasporto. Linduzione da substrato risulta essere una caratteristica peculiare dellassorbimento del NO3-, differenziandosi quindi nettamente dal trasporto ad alta affinità di altri nutrienti fondamentali alla vita delle piante: il trasporto di questi ultimi infatti è di regola indotto dalla loro deprivazione (Clarkson e Lüttge, 1991). La piena capacità di trasporto può essere raggiunta solo dopo alcune ore o giorni di contatto tra lapparato radicale e lo ione: il periodo di tempo necessario dipende dalla specie o dalla cultivar considerata, come pure lentità della risposta. Si è osservato in piante di orzo (varietà Klondike) poste a contatto per 18 ore con una soluzione contenente NO3- un assorbimento 30 volte superiore rispetto a piante non indotte (Siddiqi et al., 1990). Daltra parte è stata anche osservata una notevole variabilità su base genetica: in altre varietà di orzo ed in Arabidopsis lincremento di influsso osservato era infatti relativamente scarso. Anche il sistema costitutivo ad alta affinità per il NO3- mostra segni di upregulation da substrato, con un aumento di attività di circa tre volte dopo il contatto con lanione. Agroindustria / Agosto 2002 147 Figura 2 - Velocità di assorbimento netto di NO3- in piante di barbabietola di 57 giorni di età (de-indotte) trattate per tempi crescenti con NO3- 0.5 o 2 mM. Condizioni sperimentali per la determinazione della velocità di assorbimento netto di NO3- ed elaborazioni statistiche come descritto in figura 1. Figure 2 - Net NO3- uptake rates in de-induced 57-d-old sugar beet plants during the period of contact with NO3- 0.5 or 2 mM. Net NO3- uptake assay and statistics as in figure 1. Se il vegetale è continuativamente rifornito di NO3- il sistema di trasporto IHATS può mediare lingresso allinterno della cellula di un quantitativo di elemento nutritivo superiore alle esigenze della pianta, e la sua attività viene quindi rapidamente repressa. Studi fisiologici e molecolari (Wang e Crawford, 1996) indicano che tale tipo di regolazione avviene a livello di trascrizione genica, con fenomeni di retroinibizione determinati da elevate concentrazioni interne di NO3- o di composti azotati ridotti tra i quali, con tutta probabilità, la glutammina svolge un ruolo predominante (Crawford e Glass, 1998). È stato inoltre osservato un effetto inibitorio in presenza di ione NH4+ nella soluzione esterna alla radice, ma è ancora una questione controversa se esso influisca sullinflusso o lefflusso del NO3-. È stato dimostrato da diversi autori (Aslam et al., 1996 ) che le radici presentano componenti di efflusso del NO3- che in alcune situazioni (es. alta concentrazione di NO3- esterno, condizioni di stress, presenza di NH4+) possono assumere un significato rilevante. Lesatto significato fisiologico di questo processo dissipativo non è conosciuto; recentemente è stato messo in evidenza che è anchesso un fenomeno indotto dal contatto delle radici con lanione e che è necessaria una sintesi proteica per supportarlo; le caratteristiche di regolazione sono tuttavia completamente diverse da quelle manifestate nei fenomeni di influsso indicando che le strutture molecolari preposte allefflusso a 148 Agroindustria / Agosto 2002 livello della membrana plasmatica delle cellule non sono le stesse dellinflusso. Come già osservato le conoscenze relative ai fenomeni sopra descritti sono totalmente assenti per la bietola da zucchero. Con questo lavoro si riferisce di una preliminare caratterizzazione dei meccanismi di assorbimento del NO3- esaminati avendo riguardo in particolare agli effetti esercitati da alcuni fattori quali il tempo di contatto fra apparati radicali ed elemento nutritivo e la concentrazione di NO3- disponibile. MATERIALI E METODI Allevamento delle piante. Glomeruli di barbabietola da zucchero (Beta vulgaris L., var. saccharifera, semente fornita dallIstituto per le Colture Industriali di Bologna, sez. di Rovigo) sono stati fatti germinare al buio e alla temperatura di 25°C in vasche di vermiculite precondizionata con CaSO 4 0.5mM. Dopo 4 giorni, le vasche sono state poste per 3 settimane alla luce (200µE/m2, fotoperiodo: 16/8 h di luce/buio) a 20/25 °C e 60%-70% UR. Dopo questo periodo, dieci mazzette di 4-5 plantule ciascuna sono state trasferite in vasi di 2.5 L contenenti una soluzione nutritiva (Jungk e Barber, 1974) dalla seguente composizione: (mM) KCl 1.5; Ca(NO3) 2 2.0, MgSO4 1.5, KH2PO4 1.0, (NH4) 2SO 4 0.25; (µM) NaFe-EDTA 75, H3BO3 46, MnCl2 9, ZnSO4 0.8, CuSO4 0.3, (NH4)6MoO7 0.5. Nelle prime fasi di allevamento, per evitare fenomeni di stress alle plantule, la soluzione nutritiva è stata utilizzata in forma diluita (10x). Dopo 4 settimane di allevamento in soluzione idroponica, le piante di barbabietola sono state deprivate della fonte azotata ponendole per 4 giorni in CaSO4 0.5mM in assenza di NO3-. Al termine di questo periodo, per indurre unelevata capacità di assorbire il NO3-, alcune piante sono state trasferite in una nuova soluzione di CaSO4 0.5mM contenente Ca(NO3)2 a concentrazioni variabili tra 0.1 mM e 1mM, pari ad un intervallo di concentrazione dellanione tra 0.2 e 2 mM, mentre altre sono state trasferite ad una nuova soluzione contenente CaSO4 0.5mM, ma priva di NO3-. Assorbimento del NO3-. Dopo trattamento con le diverse soluzioni di induzione, gli apparati radicali interi di 4-5 piante di barbabietola, lavati per 2 minuti con CaSO4 1mM, sono stati immersi in 40mL di una soluzione di KNO3 0.2mM e CaSO4 0.5mM (soluzione di assorbimento). La scomparsa del NO3- dalla soluzione è stata misurata in un intervallo di 10 minuti prelevando aliquote di 0.2mL di soluzione ogni 2 minuti. Il saggio è stato condotto alla temperatura di 25 °C. La concentrazione di NO3- è stata determinata per via spettrofotometrica seguendo il metodo proposto da Cataldo et al. (1976) e cioè dosando la luce assorbita a 410nm dallacido nitrosalicilico formatosi in ambiente acido a partire dal NO3- e dallacido salicilico. RISULTATI E DISCUSSIONE In figura 1 sono riportati i valori di assorbimento netto di NO3- misurato in radici di piante di barbabietola di 53 giorni di età, deprivate per 4 giorni di NO3- (deindotte) e successivamente poste a contatto per 3 ore con soluzioni contenenti lanione (indotte), a concentrazioni che variavano da 0.2 a 2 mM. Le piante di barbabietola deindotte mostravano una capacità di assorbimento netto dellanione pari a 35 nmoli NO3- g-1 p.f. min-1 che rappresenta la capacità costitutiva di assorbimento del NO3della pianta. Il contatto delle radici per 3 ore con soluzioni contenenti lanione determinava un significativo aumento dellattività di trasporto (induzione) con incrementi che si manifestavano fino al valore di 1 mM, concentrazione per la quale la velocità di trasporto era pari a circa 7 volte quella delle piante deindotte. Alla concentrazione di 2mM, pur sviluppandosi una velocità di assorbimento netto dellanione più elevata rispetto a quella delle piante deindotte, i livelli di assorbimento risultavano decisamente inferiori rispetto a quelli registrati in piante trattate a concentrazioni di NO3- inferiori (0.2, 0.3, 0.4 o 1 mM). Questo comportamento suggerisce che la componente substrato-inducibile della capacità radicale di assorbire il NO3- sia influenzata dalla concentrazione dellanione stesso nella soluzione che bagna le radici. La minor rispo- Figura 3 - A: Velocità di assorbimento netto di NO3- in funzione delle concentrazioni esterne dellanione. Piante di barbabietola di 57 giorni di età (de-indotte) sono state pre-trattate (indotte) per 3 ore con NO3- 0.5 mM ovvero per 1.5 ore con 2 mM di NO3-. Lesperimento di assorbimento è stato eseguito ponendo le radici a contatto con una soluzione contenente diverse concentrazioni di KNO3. I dati sono Media ± E.S. di tre esperimenti indipendenti condotti in triplo. B: Determinazione dei parametri cinetici dei sistemi di assorbimento netto di NO3- di piante di barbabietola applicando la trasformazione di Lineweaver-Burk. Figure 3 - A: Net NO3- uptake rates as a function of anion concentration in the root external medium. Roots of de-induced 57-d-old sugar beet plants were pretreated (induced) with 0.5 mM NO3- for 3 hours or with 2.0 mM NO3- for 1.5 hours. The assay was run by immersing roots of intact sugar beet plants in a solution containing different KNO3 concentrations. Data are means ± S.E. of three independent experiments run in triplicate. B: Determination of kinetic parameters of NO3- transport in sugar beet using the Lineweaver-Burk transformation. sta in termini di assorbimento netto misurato trattando le radici con una concentrazione di NO3- 2 mM può essere attribuita al manifestarsi di fenomeni di retro-regolazione dellassorbimento, conseguenti ad un rifornimento dellanione eccedente le necessità metaboliche delle piante. In figura 2 sono riportati gli andamenti dellassorbimento netto di NO3- in radici di piante deindotte oppure indotte per tempi crescenti alle concentrazioni dellanione di 0.5 o 2 mM. La figura mostra che le piante trattate con ambedue le concentrazioni di NO3- sviluppano una maggiore capacità di assorbire lelemento nutritivo; tuttavia la velocità di assorbimento è massima dopo 1.5 ore nelle piante trattate con NO3- 2 mM e dopo 3 ore per quelle trattate alla concentrazione di 0.5 mM NO3-. Prolungando il periodo di contatto tra anione e apparati radicali, la velocità di assorbimento netto del NO3- diminuisce gradualmente in ambedue i trattamenti senza tuttavia riportarsi al livello delle piante deindotte. Questi risultati mostrano che nella barbabietola da zucchero sono sufficienti tempi molto brevi di precontatto delle radici con NO3- per determinare linduzione dei sistemi di trasporto dellanione. Il processo di induzione appare dipendente dalla concentrazione, il livello massimo di velocità di assorbimento netto del NO3- non risulta significativamente influenzato dalla concentrazione di NO3- impiegata nei trattamenti e non supera le 220-230 nmoli NO3- g-1 p.f. min-1. Per una prima caratterizzazione del sistema di trasporto del NO3- si è proceduto alla misura della velocità di assorbimento netto dellanione in funzione della sua concentrazione nella soluzione di assorbimento. A questo scopo sono state utilizzate radici di piante poste a contatto con il NO3- per un periodo tale da garantire linstaurarsi dellinduzione dei sistemi di trasporto. In particolare, sulla base dei risultati mostrati precedentemente si è scelto di utilizzare piante indotte per 3 ore alla concentrazione di 0.5 mM NO3- ovvero per 1.5 ore a 2 mM di NO3. Tali piante sono state quindi poste in soluzioni di assorbimento contenenti il NO3- a concentrazioni comprese tra 0.048 e 0.33 mM, intervallo nel quale operano i sistemi di trasporto ad alta affinità. La figura 3 (A) mostra che landamento della velocità di trasporto del NO3- in funzione della concentrazione si presenta simile per le due condizioni di pretrattamento e manifesta caratteristiche di complessità, possibili indici delloperatività di più di un sistema di trasporto. Tuttavia, allo scopo di ottenere un dato indicativo dellaffinità del sistema di trasporto, in considerazione della tendenza alla saturazione rilevata alle concentrazioni di saggio più elevate si è ugualmente proceduto ad applicare la trasformazione di Lineweaver-Burk (figura 3,B). Sono stati così determinati i parametri cinetici Km e Vmax dellassorbimento netto di NO3- nelle due diverse condizioni di induzione delle piante. La tabella 1 mostra che i valori di Km ottenuti trattando le radici delle piante con 0.5 mM o 2 mM di NO3- erano molto simili tra loro suggerendo che i sistemi di trasporto operanti nelle radici trattate nelle due diverse condizioni siano gli stessi. Diversamente, la Vmax risultava significativamente maggiore quando linduzione avveniva con 0.5 mM di NO3-. Questo comportamento potrebbe essere attribuito a condizioni di disponibilità di NO3- eccedenti le necessità metaboliche della pianta che si verificherebbero trattando le radici di piante di barbabietola anche per sole 1.5 ore con 2 mM di NO3- e che conseguentemente causerebbero una caduta del valore della Vmax per fenomeni di inibizione del trasporto da retroregolazione. CONCLUSIONI I risultati di questo lavoro hanno evidenziato che, nella barbabietola da zucchero, lassorbimento di NO3- è regolato da meccanismi fisiologici simili a quelli già riscontrati in altre specie vegetali (Aslam et al, 1992; Aslam et al, 1996). Infatti, anche se lanalisi si è limitata a considerare la funzionalità dei sistemi di trasporto del NO3- che operano a basse concentrazioni (inferiori a 0.3 mM), sono osservabili anche in questa specie le tipiche dinamiche regolative dellassorbimento dellanione quali lo sviluppo di più elevate capacità di assorbire lelemento nutritivo in seguito al suo contatto con gli apparati radicali (induzione) e la retro-regolazione (regolazione a feedback). Rispetto ad altre specie vegetali, nella barbabietola da zucchero sono osservabili alcune caratteristiche peculiari. Ad esempio, un breve periodo di pre-contatto con il NO3- (1.5 o Agroindustria / Agosto 2002 149 3 ore in presenza rispettivamente di 2 o 0.5 mM NO3-) si dimostrava sufficiente a determinare la massima induzione dei sistemi di trasporto nelle radici. È da rilevare che in altre specie vegetali allevate in condizioni simili, quali ad esempio il mais, per ottenere lo sviluppo della massima capacità di assorbimento del NO3- sono necessarie da 8 a 12 ore (Locci, 1999). Daltra parte è stato anche dimostrato che linee pure di mais, individuate sulla base della diversa efficienza della nutrizione azotata, differiscono notevolmente nei tempi di risposta alla somministrazione dellanione (Locci et al., 2001). Questi dati suggeriscono che anche in barbabietola da zucchero possa essere presente variabilità su base genetica per questi aspetti, indicando la necessità di verificare i parametri da noi analizzati anche in marche diverse. I valori ottenuti per la Km e la Vmax, pur essendo da considerarsi solamente indicativi essendo stati ottenuti da dati che solo approssimativamente obbediscono alla legge di Michaelis-Menten, sono paragonabili a quelli osservati in orzo (Hasegawa, 1992) e cotone (Aslam et al., 1997). Nel loro complesso, questi risultati indicano che in barbabietola da zucchero è presente un sistema di assorbimento del NO3che permette a questa pianta di adattarsi in tempi brevi alle variazioni di concentrazione dellelemento nutritivo nella soluzione del terreno. In questo lavoro la maggior parte degli esperimenti sono stati condotti con concentrazioni di NO3- attorno allo 0.2 mM. Daltra parte, considerando che nei terreni agrari il NO3- può essere spesso presente anche a concentrazioni superiori, sarà necessario estendere questo tipo di approccio anche a tali situazioni. In prospettiva, i dati 150 Agroindustria / Agosto 2002 che emergeranno potranno essere un valido aiuto per lo sviluppo di più precisi modelli predittivi (Malagoli et al., 2001) suscettibili di notevoli ricadute nella pratica agronomica. BIBLIOGRAFIA Aslam M., R.L. Travis and R.C. Huffaker, 1992. 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I lavori proposti devono riguardare lagronomia generale, le agrotecniche, il miglioramento genetico con tecniche convenzionali e innovative, le tecnologie di trasformazione, gli impieghi dei prodotti industriali food e no-food. Agroindustria pubblica soltanto articoli redatti in lingua italiana; non vengono accettati lavori già pubblicati o in via di pubblicazione su altre riviste italiane o straniere. Gli articoli pubblicati dalla Rivista fanno riferimento alle seguenti due categorie: 1) Articoli di sintesi (Review). Comprende lavori che esaminano e discutono in maniera originale e con completezza un particolare problema scientifico del comparto dellagroindustria e forniscono un quadro esauriente e sintetico dello stato delle conoscenze su un determinato argomento. 2) Ricerche sperimentali. Comprende lavori che espongono e discutono i risultati di una ricerca originale mirante allo studio di un preciso problema scientifico o tecnico. 1. INVIO DEI LAVORI - Gli articoli devono essere inviati in tre copie su carta ed una su floppy disk (Microsoft® Word per Windows®) complete di testo, riassunto, summary, bibliografia, tabelle, didascalie delle figure e figure, al Direttore Responsabile della Rivista: Dr. Paolo Ranalli, Istituto Sperimentale per le Colture Industriali, Via di Corticella 133, 40128 - Bologna Tel. (051) 6316847 - Fax (051) 374857 e-mail: [email protected] - La versione definitiva dei lavori, cioè dopo aver apportato le correzioni suggerite dai Revisori, dovrà essere inviata su dischetto e come dattiloscritto sempre al Direttore della Rivista. 2. STESURA DEI LAVORI - I lavori devono essere scritti su carta formato A4, su una sola facciata del foglio, usando una interlinea a doppio spazio e con margini di almeno 3 cm per consentire le note dei Revisori. Le pagine vanno numerate ed ogni pagina deve contenere 43 righe (pagina standard). Il carattere tipografico utilizzato dovrebbe essere il Times o un carattere equivalente con 12 punti. Al fine di agevolare il lavoro dei revisori le righe di ogni pagina devono essere numerate. Si raccomanda che il testo non superi le 15 cartelle dattiloscritte per le ricerche sperimentali e le 35 cartelle per gli articoli di sintesi. - I dattiloscritti degli articoli relativi alle Ricerche sperimentali devono essere organizzati nel modo seguente: 1) Titolo, Autore/i, Istituzione/i di appartenenza; 2) Riassunto e Abstract; 3) Introduzione, 4) Materiali e Metodi; 5) Risultati o Risultati e discussione, 6) Discussione dei risultati o Discussione dei risultati e conclusioni; 7) Ringraziamenti; 8) Bibliografia, 9) Didascalie delle tabelle e delle figure; 10) Tabelle; 11) Figure. - Per gli articoli di sintesi (Review) non è richiesta alcuna particolare suddivisione del manoscritto. - Sulla prima pagina del manoscritto devono essere indicati: 1) il titolo dellarticolo; 2) il nome e cognome di ciascun Autore seguiti dal nome e dallindirizzo completo della Istituzione cui lAutore appartiene; 4) il cognome e liniziale del nome dellAutore a cui inviare tutta la corrispondenza con i relativi numeri di telefono e di fax e lindirizzo di posta elettronica; 5) la provenienza delleventuale contributo finanziario ottenuto per la ricerca. - Nelle successive pagine del manoscritto devono essere riportati il riassunto in lingua italiana e in lingua inglese, questultimo preceduto dal titolo dellarticolo e le parole chiavi. - Il riassunto in italiano deve avere la dimensione usuale, mentre il riassunto inglese (abstract) deve essere più ampio (almeno una pagina standard dattiloscritta) e deve contenere con chiarezza tutte le informazioni utili ai lettori di lingua inglese per la piena comprensione del lavoro. - Le citazioni bibliografiche nel testo vanno messe tra parentesi indicando il cognome dellAutore e lanno di pubblicazione. Nel caso di più Autori, al nome del primo seguirà labbreviazione et al. Nel caso di più lavori nello stesso anno dello stesso Autore, allanno si faranno seguire lettere progressive in minuscolo (es. 1980a, 1980b). - La bibliografia, dei soli lavori citati nel testo, deve essere elencata in ordine alfabetico, senza numerazione. I lavori di uno stesso Autore saranno disposti seconda la data di pubblicazione; per quelli pubblicati da uno stesso Autore in uno stesso anno verrà utilizzata una lettera dellalfabeto da inserire subito dopo lanno. - Alcuni esempi di citazione sono riportati di seguito: - Articolo pubblicato su di una rivista scientifica: Martin C., Smith A.M., 1995. Starch biosynthesis. The Plant Cell 7, 971-985. - Articolo contenuto in un libro o in unopera che ha un Coordinatore: Ziegler P. 1995. Carbohydrate degradation during germination. In: Kigel J., Galili G.(eds). Seed Development and Germination. Marcel Dekker, New York, pp. 447-474. - Libro con Autore: Eames A.J., 1961. Morphology of Angiosperms. McGraw Hill, New York. - Gli stessi dati non possono essere presentati in tabelle e in figura. Nel testo, le citazioni delle tabelle e delle figure se inserite tra parentesi tonde devono usare la abbreviazione Tab. e Fig., mentre se non inserite tra parentesi devono essere scritte in carattere minuscolo e non abbreviate. - Le didascalie delle tabelle e delle figure, dattiloscritte a parte, dovranno essere autoesplicative e scritte in lingua italiana ed inglese. - Le tabelle, presentate su foglio a parte, devono essere limitate al minimo indispensabile, devono riportare dati arrotondati alla prima cifra decimale, devono essere intelligibili senza dover ricorrere alla lettura del testo e numerate con numero arabo progressivo. Le unità di misura debbono essere chiaramente indicate. - Le illustrazioni, riportate separatamente dal testo su fogli singoli, saranno solo in bianco e nero, tutte indicate come figure (foto, disegni, grafici), numerate con numero arabo progressivo. - Le linee e le lettere dei grafici devono essere di colore nero e di dimensioni e nitidezza tali da essere riprodotte senza essere ridisegnate, tenendo conto che la base delle figure stampate potrà essere di 5.8 (1 colonna), 12.2 (2 colonne), 18.5 cm (tutta la pagina). 3. TERMINOLOGIA - Le unità di misura e relativi simboli devono essere quelle del sistema internazionale (S.I.). Il simbolo, senza punto, deve seguire il valore numerico da cui sarà spaziato da uno spazio. Nel riportare brevi formule matematiche nel testo, si deve fare uso dellesponente negativo invece del segno di frazione (g m-2 d-1 invece di g/m2 d). Le espressioni latine, i nomi delle entità sistematiche, le parole straniere, limitate a quelle per le quali non esiste il corrispondente termine italiano, saranno sottolineati perché siano stampati in corsivo o riportati direttamente in corsivo (es.: in situ; Cannabis sativa). Il nome italiano delle specie deve essere scritto con liniziale minuscola (es.: barbabietola). Il nome delle cultivar o di un ibrido va scritto con la prima lettera maiuscola, senza virgolette. Labbreviazione della cultivar è cv senza punto. 4. REVISIONE DEL MANOSCRITTO - Il Direttore responsabile della Rivista Agroindustria esamina larticolo appena ricevuto valutandone lattinenza agli scopi della Rivista stessa. Qualora ciò non si riscontrasse il Direttore si riserva la possibilità di rifiutarne la pubblicazione senza inviarlo ai Revisori. I lavori vengono inviati, a giudizio del Direttore, ad uno o più Revisori esperti degli argomenti in essi trattati. I rilievi dei Revisori vengono trasmessi allAutore corrispondente del lavoro. LAutore deve provvedere, nel più breve tempo possibile, ad apportare le modifiche proposte e ad inviare (entro 7 giorni) alla Redazione della Rivista due copie dellarticolo corretto su carta e una su floppy disk, nonché copie riviste dai Revisori con la scheda riportante le loro osservazioni. Qualora le bozze corrette non pervengano in tempo utile e il fascicolo sia già pronto per la stampa, le bozze verranno corrette dufficio limitatamente agli errori e ai reflui della tipografia. In questo caso la Redazione declina ogni responsabilità per le inesattezze di nomi, di simboli o di concetti che si potranno rilevare a stampa avvenuta. - Il lavoro accettato sarà pubblicato nella versione definitiva senza invio delle bozze per la correzione. 5. RESPONSABILITÀ - La responsabilità del contenuto dellarticolo spetta interamente allAutore.