La fisica del neutrino

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La fisica del neutrino
Numero speciale per la
Notte Europea dei Ricercatori
Settembre 2011
true
www.accatagliato.org
La fisica del neutrino
Ottantʼanni di sfide per carpire i segreti
della particella più sfuggente dellʼUniverso
Bruno Pontecorvo
La vita contraddittoria
di un grande scienziato italiano
Un tuffo nel cosmo
Tra galassie, particelle e pesci luminosi,
l'emozionante sfida di ANTARES
alla ricerca dei neutrini astrofisici
Cuor di neutrino
Passione e determinazione per sollevare il velo
del decadimento doppio beta
Borexino
Studiare il Sole... sotto terra!
I messaggeri dellʼUniverso
Prime analisi congiunte
tra onde gravitazionali
e neutrini di alta energia
Accastampato non è un periodico, pertanto non e registrato e non ha un direttore responsabile. Questo sesto numero è uno speciale dedicato alla Notte Europea dei Ricercatori 2011, con la collaborazione dell’associazione Frascati
Scienza, promotrice dell’evento a Frascati.
Impaginazione ed editing: Alessio Cimarelli
Grafica: Silvia Mariani
In copertina: “Super-Kamiokande Detector in Japan” (www.
thelivingmoon.com)
Gli articoli contenuti in questo numero sono protetti con
marca digitale grazie a patamu.com
La rivista è disponibile on-line all’indirizzo http://www.
accastampato.it, navigabile sia da computer che da
cellulare e scaricabile nei formati PDF ed ePUB.
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Attribuzione-Non commerciale-Condividi allo stesso modo
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Francisco, California, 94105, USA.
Indice
num. 6, Settembre 2011
EDITORIALE
Borexino
Ricercatori che lasciano il segno
di M. Buizza Avanzini
Milano, Università degli Studi, Dipartimento di Fisica.
Maggio 2005. In aula una ventina di studenti aspettano
di cominciare il terzo modulo del corso di Introduzione
all’Astrofisica. Oggi si comincia un argomento nuovo:
“Neutrini, i messaggeri dallo spazio”. . .
5
Secondo anno al fianco dell’associazione Frascati Scienza
per promuovere la ricerca scientifica nell’ambito della
Notte Europea dei Ricercatori
15
IL RICERCATORE ROMANO
La fisica del neutrino
6
Un tuffo nel cosmo
18
di A. Minotti
I neutrini sono particelle uniche tra tutte quelle conosciute e
gli enigmatici fenomeni di cui sono protagoniste spingono
un gran numero di fisici influenti a dedicare la propria
carriera al loro studio, valso finora ben tre premi Nobel
di G. De Bonis
Immerso nelle acque del Mar Mediterraneo, un apparato
costituito da fotomoltiplicatori e strumenti oceanografici
registra il passaggio delle particelle più sfuggenti del Modello Standard, giunte sulla Terra dai confini dell’Universo
LE SPALLE DEI GIGANTI
I messaggeri dell’Universo
Il professor Neutrino
9
di F. Close, S. Turchetti
Di Bruno Pontecorvo si sanno soprattutto due cose: nel
1950 scompare misteriosamente dall’Italia e pochi anni
dopo rispunta in Unione Sovietica in qualità di uno dei
massimi esperti mondiali di neutrini
21
di I. Di Palma
L’astronomia multi-messaggero, usando sonde come fotoni,
protoni, neutrini, onde gravitazionali, sta aprendo nuove
frontiere all’osservazione delle sorgenti astrofisiche più
lontane e dei fenomeni più violenti del cosmo
RECENSIONI
IL RICERCATORE ROMANO
Cuor di neutrino
12
di C. Tomei
Spingere al limite la tecnologia allo scopo di scoprire il rarissimo decadimento doppio beta, finora mai osservato, che
getterebbe nuova luce sulle proprietà ancora sconosciute di
questa elusiva particella chiamata neutrino
Scienza Express
23
di A. Cimarelli
Quest’anno ha visto la nascita di una creatura strana,
almeno per il nostro mercato: una casa editrice. Per di più
specializzata in scienza: con tanta saggistica, certo, ma
anche con generi al limite della narrativa o della poesia
accastampato num. 6, Settembre 2011
3
Attività della settimana 17-24 settembre
da sabato 17 a sabato 24
10:30-12:30 > Comune di Frascati - Sala Consiliare
Tecnologie e innovazioni vicine al territorio - il concetto di Smart
Cities. Vetrina di tecnologie, progetti e prodotti nel campo ambientale,
del risparmio energetico, delle energie rinnovabili, delle ICT e della mobilità.
Un evento organizzato da “Officina dell’Innovazione” della Provincia di Roma.
Attività notte
venerdi 23 Settembre
Per tutte le iniziative l’ingresso è libero
*Prenotazione consigliata sul sito www.frascatiscienza.it
** Per le descrizioni più dettagliate delle varie iniziative e per gli indirizzi degli
Enti di Ricerca è possibile fare riferimento al sito: www.frascatiscienza.it
20:30 > Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali
Università Roma Tre, Via della Vasca Navale, 84-Roma
La Notte europea dei ricercatori sotto il cielo di Roma (Tre)
Conversazioni scientifiche, osservazioni astronomiche
e attività hands on di matematica e scienze.
17:00-24:00 > Passeggiata Belvedere > Sun & Star Party
Osservazioni astronomiche con telescopi portatili per mostrare al pubblico
le meraviglie del cielo diurno e notturno, con l’aiuto di ricercatori
e appassionati astrofili.
22:00-23:30 > Scuderie Aldobrandini > La Chimica in Casa*
Spettacolo centrale, condotto da Riccardo Rossi, aperto a tutto il pubblico
della Notte. Il popolare attore e presentatore, con l'aiuto di un divulgatore
scientifico, mostrerà al pubblico, attraverso esperimenti interattivi realizzati
con materiali di uso comune, come la chimica faccia parte della nostra realtà
quotidiana più di quanto crediamo. (L’evento è realizzato dalla LUDIS con il
contributo della “BASF - The Chemical Company”).
17:00-24:00 > Stand in Passeggiata - Scuderie Aldobrandini
Hands on Experiments. Giovani laureati delle tre Università di Roma,
saranno a disposizione per stupire i curiosi di tutte le età con esperimenti
ed esibizioni dal vivo, ma anche per rispondere alle domande sulle diverse
discipline scientifiche. Matematica, Chimica, Fisica e Biologia vi lasceranno
a bocca aperta.
17:00-24:00 > Passeggiata Belvedere > European Corner
Un “angolo” dove incontrare i ricercatori e ricevere da loro informazioni
sulle attività scientifiche del territorio Tuscolano e sulle iniziative
della Commissione Europea, riguardanti la Ricerca.
16:00-20:00 > Info Point Piazza Marconi, Frascati
European Corner. Un “angolo” dove incontrare i ricercatori e ricevere
da loro informazioni sulle attività scientifiche del territorio Tuscolano e sulle
iniziative della Commissione Europea, riguardanti la Ricerca.
domenica 18
lunedì 19
19:00-23:00 > Lanificio 159 - Via di Pietralata 159, Roma
Evento lancio. Aperitivo/cena per presentare la Notte Europea dei
Ricercatori 2011. Il pubblico assisterà allo svolgimento di esperimenti scientifici
oltre che a un concerto di musica dal vivo.
15:00 e 16:30 > Area di Ricerca ARTOV, Tor Vergata
Visita guidata della fototeca NASA*
18:30 > Comune di Frascati, Sala degli Specchi
Conferenza del prof. Fulco Lanchester* Ordinario di Diritto Costituzionale
Comparato all’Università di Roma Sapienza, su: “Lo Stato di cultura e il futuro
del libro con l'e-book”
martedì 20
mercoledì 21
15:00-17:00 > Area di Ricerca ARTOV, Tor Vergata
Seminario* “La rosa dei venti e l’avventura dell’uomo”
18:30 >Comune di Frascati, Sala degli Specchi
Conferenza del prof. Paolo Simoncelli*, Ordinario di Storia Moderna
all’Università di Roma Sapienza, su: “Copernico e Galileo, oltre l'eliocentrismo”
15:00-16:00 > Area di Ricerca ARTOV, Tor Vergata
Visita del Campo sperimentale* dell’Istituto di Fisica dell’Atmosfera
e del Clima del CNR
18:30 > Comune di Frascati, Sala degli Specchi
Conferenza della prof.ssa Teresa Serra*, Ordinario di Filosofia
del Diritto all’Università di Roma Sapienza, su: “Tra Scienza e Filosofia”
giovedì 22
sabato 24
15:00-16:00 > Area di Ricerca ARTOV, Tor Vergata
Conferenza* “Attraverso la rivoluzione della Tecnologia e dell’Informatica”
18:30 >Comune di Frascati, Sala degli Specchi
Conferenza del dott. Mirko Di Bernardo*, ricercatore presso
l’Università di Roma Tor Vergata, su: “Teoria della complessità e scienze della
vita: oltre il riduzionismo e il determinismo”
Diversa…mente…Chimica > Centro di Riabilitazione Tangram, Roma
Spettacolo scientifico rivolto ai diversamente abili con l’obiettivo
di divulgare la conoscenza della Chimica. Un’iniziativa voluta e organizzata
dalla Regione Lazio-Assessorato Cultura, Arte, Sport e riservata ai ragazzi
dell’associazione Tangram e Special Olympics Italia.
17:00-24:00 > Passeggiata Belvedere, Frascati > European Corner
17:00-24:00 >Stand in Passeggiata, Frascati > Hands on experiments
Giovani laureati in biologia saranno a disposizione per stupire i curiosi
di tutte le età con esperimenti e laboratori per bambini, tra insetti e lenti
di ingrandimento.
17:00-20:00 > Scuderie Aldobrandini, Frascati > Premio Gratton
Premiazione della più meritevole tesi di Dottorato di Ricerca in Astronomia
o Astrofisica realizzata nell’ultimo biennio in un Istituto di ricerca italiano.
Attività Enti di Ricerca
venerdi 23 Settembre
14:00-23:00 Meet the researchers in the City of Science.
Visite, eventi e attività presso gli enti di ricerca che aderiscono all’iniziativa.
Per tutte le attività l’ingresso è libero ma è obbligatoria la prenotazione.
Per prenotarsi: www.frascatiscienza.it
Area Ricerca Tor Vergata ARTOV **
15:00-19:00 La Scienza in Piazza ARTOV. All’interno dell’Area di ricerca
verranno allestiti stand dove saranno esposti alcuni esperimenti dei ricercatori
CNR e INAF. Inoltre: mostre temporanee, proiezioni di filmati e misurazioni
atmosferiche in diretta attraverso il volo di un aquilone.
15:00-17:00 Apertura dei Laboratori CNR e INAF. L’organizzazione
e la partenza dei gruppi per le visite avverrà dalla Piazza ARTOV all’interno
dell’Area.
ENEA Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia
e lo sviluppo economico sostenibile **
16:00-24:00 Percorsi guidati tematici “la luce: dalla ricerca alle
applicazioni” e “la fusione nucleare e l’elettromagnetismo”. Il pubblico potrà
inoltre assistere ad applicazioni per le tecnologie ICT, alla visualizzazione 3D
per la conoscenza e la formazione sul patrimonio culturale e ad esperimenti
di superconduttività.
21:00 Spettacolo teatrale “Il Kyoto Fisso”.
INAF-OAR Istit. Naz. di Astrofisica-Osservatorio Astronomico di Roma
ASI-ASDC Agenzia Spaziale Italiana-ASI Science Data Center **
17:00-24:00 Osservazioni astronomiche insieme ai ricercatori; visite
all’Astrolab, il laboratorio interattivo dell’INAF-OAR; visite alla Cupola Scozzesi;
conferenze e presentazioni di libri.
INFN Istituto Nazionale di Fisica Nucleare **
14:15-18:30 LNF Laboratori Nazionali di Frascati
Tre turni di visite guidate e conferenze aperte al pubblico.
17:00-23:00 LNGS Laboratori Nazionali del Gran Sasso - Teramo
Museo della Fisica e dell’Astrofisica Galileium: ricco programma di visite
guidate, incontri con i ricercatori, attività didattiche, conferenze e spettacoli
di teatro scientifico.
17:00-23:00 EGO VIRGO (Pisa)**
Visite guidate e interattive, exhibits e caffè della scienza.
INGV Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia **
16:00-24:00 Visite guidate nella sala di monitoraggio sismico e alla mostra
sui terremoti e sul magnetismo.
Per i più piccoli giochi sui comportamenti da tenere in caso di terremoto e un
laboratorio di vulcanologia.
ESA ESRIN Agenzia Spaziale Europea **
16:30-24:00 Quattro sessioni di visite della durata di due ore ciascuna
per un massimo di 200 persone a sessione. Sarà presente l’ex-astronauta
dell'ESA Umberto Guidoni che racconterà l’avventura dell’uomo nello spazio.
A seguire i visitatori incontreranno i ricercatori ESA, ASI e dell’industria
spaziale italiana e saranno accompagnati in un giro virtuale dello Spazio.
Potranno osservare la Terra dall’alto, vedere pianeti e satelliti e realizzare
esperimenti.
www.frascatiscienza.it
PROGRAMMA
accastampato
Rivista degli Studenti di Fisica
dell’Università Sapienza di Roma
www.accatagliato.org
EDITORIALE
R EDAZIONE
[email protected]
Ricercatori che lasciano il segno
Alessio Cimarelli
[email protected]
Carlo Mancini
È passato un anno dalla scorsa Notte Europea dei Ricercatori, la prima occasione in cui una neonata
Accastampato ha avuto il suo battesimo di carta. Un anno in cui si sono succeduti i quattro numeri
previsti, con il coinvolgimento di ben 19 autori di ogni età: studenti della triennale, dottorandi, giovani
ricercatori e docenti. Un grande successo dell’iniziativa nata verso la fine del 2009 per opera di un
gruppo di giovani studenti di fisica di Roma e resa possibile dall’appoggio della comunità on-line di
Accatagliato e dell’omonima associazione di volontariato. Un’iniziativa con l’obiettivo dichiarato di
costruire una rete di giovani studenti e ricercatori che si impegnassero, accanto al proprio lavoro di
studio e ricerca, nella comunicazione della propria passione e di quella straordinaria avventura che è
la ricerca scientifica costruita giorno per giorno.
Anche quest’anno l’associazione Frascati Scienza ne ha riconosciuto e ha rinnovato il proprio impegno a stampare e diffondere un numero di Accastampato a tema, tutto dedicato a uno dei grandi enigmi
della fisica contemporanea, ponte tra il mondo dell’infinitamente piccolo e quello dell’immensamente
grande: il neutrino. Una particella difficile, prima teorizzata per giustificare un’anomalia osservativa
e poi individuata con enormi difficoltà. Un mattone apparentemente secondario della materia conosciuta, ma attorno al quale ruota la sorte stessa della teoria più avanzata di tutto ciò che conosciamo:
il Modello Standard. Un protagonista indiscusso della fisica delle particelle, che ha posto sfide ai
fisici di tutto il mondo per almeno settant’anni e le cui proprietà più nascoste ancora sfuggono alla
comprensione. Tra masse quasi nulle, oscillazioni e interazioni debolissime, Alessandro Minotti ci
svela alcune peculiarità uniche della fisica del neutrino, la cui storia è strettamente intrecciata a quella biografica di uno dei massimi scienziati italiani del ’900: Bruno Pontecorvo, ovvero il professor
Neutrino, tratteggiato da due penne d’eccezione come Frank Close e Simone Turchetti.
[email protected]
Silvia Mariani
[email protected]
Leonardo Barcaroli
[email protected]
Erica Chiaverini
[email protected]
Roberto Garra
[email protected]
Niccolò Loret
[email protected]
Isabella Malacari
[email protected]
Massimo Margotti
[email protected]
Angela Mecca
[email protected]
Kristian A. Gervasi Vidal
[email protected]
C OMMISSIONE
Giorgio Parisi
SCIENTIFICA
[email protected]
La quasi evanescente esistenza del neutrino ne fa una delle entità materiali più difficili da osservare e quindi studiare. Vi è un apparente paradosso nella necessità di costruire apparati sperimentali
giganteschi per intercettare la particelle più minuta e analizzarne il comportamento e le principali
caratteristiche, ma proprio quest’inedita sfida ha richiesto di dar fondo a tutta la fantasia dei ricercatori per ottenere risultati affidabili: Claudia Tomei ci fa scendere nelle profondità del massiccio del
Gran Sasso fino a CUORE, un esperimento che come spesso accade cerca di osservare un fenomeno
apparentemente proibito, il decadimento doppio beta.
Giovanni Battimelli
Sempre nei Laboratori Nazionali del Gran Sasso, tra i più grandi e importanti al mondo per questo tipo
di esperimenti, si trova anche Borexino, un’enorme sfera cava d’acciaio in grado di intercettare i neutrini provenienti dalla nostra stella, il Sole. Da autentica appassionata del proprio lavoro, Margherita
Buizza Avanzini ci racconta il mistero dei neutrini solari mancanti che ha tenuto in scacco la comunità
scientifica mondiale per ben 35 anni e alla cui soluzione proprio Borexino potrebbe aggiungere gli
ultimi dettagli.
Francesco Piacentini
Ma la caccia al neutrino non si dà solo sotto terra, anche le profondità marine sono utili allo scopo.
Giulia De Bonis, in un affascinante tuffo nel cosmo, ci immerge nelle strutture fluttuanti di ANTARES
e ci lascia intravedere la strada verso il futuro progetto KM3NeT e l’installazione di un incredibile
telescopio sottomarino di un chilometro cubo di volume.
Là fuori, sopra le nostre teste, dalle zone più remote dell’Universo, però, non provengono solo i neutrini: anche le onde gravitazioni sono oggetti altrettanto sfuggenti e Irene Di Palma ci spiega come proprio l’osservazione congiunta di questi messaggeri dell’Universo può fornire preziose informazioni
su entrambi.
Buona lettura e buona Notte a tutti!
[email protected]
Fabio Bellini
[email protected]
Lara Benfatto
[email protected]
Riccardo Faccini
[email protected]
[email protected]
Antonio Polimeni
[email protected]
Antonello Polosa
[email protected]
H ANNO CONTRIBUITO
M. Buizza Avanzini, G. De Bonis, A.
Cimarelli, A. Minotti, I. Di Palma, C.
Tomei, F. Close.S. Turchetti.
S I RINGRAZIANO ANCHE
Donald E. Knuth, Leslie Lamport, il
TEX Users Group (www.tug.org)
e Gianluca Pignalberi
Con il patrocinio del
accastampato num. 6, Settembre 2011
La fisica del neutrino
Ottant’anni di sfide per carpire i segreti
della particella più sfuggente dell’Universo
Alessandro Minotti
(Dipartimento di Fisica dell’Università Sapienza di Roma)
esistenza del neutrino fu postulata per la prima
volta nel 1930 dal fisico austriaco Wolfgang Pauli, uno dei padri della meccanica quantistica, per
spiegare il fenomeno dello spettro continuo del
cosiddetto decadimento β. Un decadimento è un processo fisico nel quale una particella perde la sua natura trasformandosi in
altre particelle più piccole. La differenza tra la massa della particella che decade e la somma delle masse delle particelle prodotte
è trasformata in energia di queste ultime, che non sono quindi ferme ma in movimento. Nel decadimento β un neutrone, particella
L’
Elettrone
Neutrone
Protone
Fotone
Neutrino
elettronico
che vive nei nuclei degli atomi insieme al protone, si trasforma
in un protone e un elettrone. Quest’ultimo, essendo molto più
piccolo dei primi due, trasporta la maggior parte dell’energia data dalla differenza delle masse e quindi viene espulso a grande
velocità. Per questo motivo è l’elettrone a essere osservato nel
decadimento: in questo caso prende il nome di raggio β. Possiamo immaginare il tutto come una bottiglia di spumante che viene
stappata. La bottiglia integra rappresenta il neutrone, il tappo e
la bottiglia sono rispettivamente l’elettrone e il protone. Quando si stappa lo spumante, il tappo schizza via mentre la bottiglia,
a causa del suo peso, resta praticamente ferma, come raffigurato
schematicamente in Figura 1.
Per via di questo fenoSpettro
dell'energia
meno l’energia con cui
atteso in
viene espulso l’elettroassenza di
neutrino
ne nel decadimento β
dovrebbe essere sempre
uguale e di poco infeSpettro
riore alla differenza di
dell'energia
osservato
massa tra il neutrone iniziale e il protone finale.
Tuttavia i fisici che stuEnergia dell'elettrone
Punto finale
diarono questo processo
dello spettro
all’inizio del XX secolo notarono che le energie degli elettroni prodotti in queste reazioni non sono concentrate attorno a un
unico valore, ma sono distribuite su un insieme ampio, ciò che
in fisica viene detto spettro continuo. Questo risultato si spiega
facilmente se si ammette la produzione di un’ulteriore particella
leggera come (o più) dell’elettrone: l’energia liberata metterebbe
infatti in modo entrambe le particelle prodotte, distribuendosi in
maniera sempre diversa tra l’una e l’altra (cfr. Figura a lato). Fu
proprio questa ipotesi che avanzò Pauli nel 1930.
Numero di elettroni
Da
giù
a su.
Pacata,
nel tuo piccolo,
trasformi la mia natura
dandomi carica e nuovi sapori.
(Marco Fulvio Barozzi, Ti amo in Giovanni Keplero aveva un
gatto nero, Scienza Express 2011)
Quest’eventuale particella deve soddisfare alcuni requisiti: essere elettricamente neutra, altrimenti si vedrebbe come prodotto del
decadimento assieme all’elettrone, dato che le particelle cariche
sono facilmente osservabili perché interagiscono elettricamente
con gli atomi della materia; essere piccola almeno quanto l’elettrone. Per queste ragioni Enrico Fermi, che a lungo studiò i decadimenti β, la battezzò neutrino, ovvero una versione molto piccola del neutrone. In realtà, come venne alla luce poi, il neutrino
è una particella molto diversa non solo dal neutrone, ma anche da
qualsiasi altra particella conosciuta.
Figura 1 – Rappresentazione grafica del decadimento β. Clip art da
nipic.com.
6
accastampato num. 6, Settembre 2011
IL RICERCATORE ROMANO
Scoperta del neutrino
Dagli studi di Fermi del 1934 dovettero passare ben 26 anni prima
che il neutrino fosse effettivamente scoperto. Nel 1956, infatti,
i fisici Clyde Cowan e Fred Reyes nel corso di un esperimento
eseguito presso il reattore a fissione di Savannah River, nel sud-est
degli Stati Uniti, osservarono reazioni indotte da neutrini liberi.
Il motivo di questo ritardo sta nel fatto che i neutrini non solo sono immensamente più piccoli di neutroni e protoni, ma sono molto più piccoli anche degli stessi elettroni. In effetti le masse dei
neutrini sono a tutt’oggi sconosciute, ma si sa per certo che non
superano la cinquantamillesima parte della massa dell’elettrone
(o la centomilionesima parte della massa del protone e del neutrone). Come se non bastasse, delle tre forze fondamentali della
fisica delle particelle (Forte, Debole ed Elettromagnetica), che insieme alla gravità costituiscono tutte le forze esistenti, i neutrini
sono coinvolti solo nella più debole delle tre (la Forza Debole appunto), mentre sono insensibili alle altre due. Questo fatto, oltre a
rendere i neutrini particelle uniche, fa sı̀ che siano estremamente
sfuggenti. Per capire l’entità di quanto detto bisogna pensare che
occorrerebbe un ipotetico muro di piombo spesso un anno-luce
per fermare solo la metà dei neutrini che lo attraversano! Com’è
possibile quindi vedere queste inafferrabili particelle? La risposta
è molto semplice: bisogna avere un enorme apparato sperimentale e tantissimi neutrini, aspettando che una piccolissima parte
di essi interagisca con la materia di cui è composto l’apparato,
venendo quindi osservata. È quello che fecero Cowan e Reines
mettendosi vicino a una centrale nucleare, dove vengono prodotti
ogni giorno miliardi di neutrini. È quello che si fa anche oggi,
con fasci intensissimi di neutrini prodotti in grandi acceleratori di
particelle come quello del CERN in Europa, del Fermilab negli
Stati Uniti o di Tokai in Giappone.
Sorgenti di neutrini
Oltre alle sorgenti artificiali di neutrini a cui abbiamo accennato
(i reattori termonucleari e gli acceleratori) ne esistono anche e soprattutto di naturali. I neutrini vengono infatti prodotti in grande
quantità nel Sole (che è in effetti un gigantesco reattore nucleare) o nelle esplosioni di supernovae, oppure sono prodotti nell’atmosfera dai raggi cosmici1 . Esiste inoltre un’enorme quantità di
neutrini prodotti durante il Big Bang che viaggiano ancora indisturbati nello spazio, il cosiddetto fondo cosmico di neutrini, ma
anche un discreto numero di neutrini provenienti da decadimenti
nella roccia naturale del sottosuolo, il fondo geologico di neutrini.
In verità siamo invasi dai neutrini, specialmente da quelli solari:
ogni secondo, infatti, per ogni centimetro quadrato della superficie terrestre (ma anche della superficie del nostro corpo) passano
1
I raggi cosmici sono particelle di vario tipo provenienti dallo spazio
che interagendo con l’atmosfera possono produrne altre, creando
sciami di particelle che arrivano fin sulla superficie terrestre.
Figura 2 – Aspetto tipico di un rivelatore di neutrini sotterraneo. In questo caso si tratta del Sudbury Neutrino Observatory in Ontario, Canada.
Da interactions.org.
65 miliardi di neutrini provenienti dal Sole! Il problema di questi
neutrini naturali è che trasportano molta meno energia di quelli
da reattore. Poiché la probabilità che interagiscano con la materia
dipende proprio dalla loro energia, questo fa sı̀ che siano ancora
più difficili da vedere, richiedendo una tecnologia molto sofisticata per la loro identificazione. Per questo motivo la fisica dei
neutrini solari ha dovuto aspettare gli anni Sessanta del ’900 per
vedere la luce. Anche i neutrini del fondo cosmico, benché abbiano un flusso molto elevato, sono a tuttora invisibili per via della
loro bassissima energia, mentre le misure recenti sul fondo geologico, anch’esso di difficile rilevazione, stanno aprendo frontiere
pionieristiche alle ricerce sulla struttura interna della Terra.
Neutrini in vari sapori
Quanto detto finora basta per capire come i neutrini siano
particelle uniche tra tutte quelle conosciute e perché un grande
numero di fisici influenti abbia dedicato parte della propria
carriera al loro studio, che finora è valso l’assegnazione di ben tre
premi Nobel nel 1988, 1995 e 2002. Non abbiamo però ancora
parlato del fenomeno più particolare che caratterizza queste
particelle: il fenomeno dell’oscillazione dei neutrini.
Per cominciare, non esiste un solo tipo di neutrino, ma ben tre.
Nel 1962, infatti, i tre fisici Leon Lederman, Melvin Schwartz
accastampato num. 6, Settembre 2011
7
IL RICERCATORE ROMANO
e Jack Steinberg scoprirono l’interazione del neutrino muonico,
ovvero il neutrino che viene prodotto assieme al muone (o µ),
una particella del tutto simile all’elettrone, ma circa 200 volte più
massiva. Si tratta di un processo del tutto analogo a quello del
vecchio neutrino (che da ora sarà identificato come neutrino elettronico), che viene prodotto insieme all’elettrone nel decadimento
β. Nel 1975 una terza particella simile, ma più grande di muone
ed elettrone, venne scoperta e chiamata tauone (o τ) e tutti credettero che sarebbe stato presto trovato il suo rispettivo neutrino,
cosa che puntualmente avvenne nel 2000. La particolarità delle
tre famiglie di neutrini associate ai diversi leptoni (cosı̀ vengono
chiamati insieme elettrone, muone e tau) è che ogni tipo diverso
di neutrino viene creato solo insieme al proprio leptone di riferimento e interagisce prevalentemente con esso. Il motivo di ciò sta
nell’esistenza di due diversi tipi di interazione debole, che come
abbiamo detto è l’unica forza fondamentale che coinvolge i neutrini: una più probabile, detta di Corrente Carica, sensibile alla
famiglia della particella; l’altra, detta di Corrente Neutra, insensibile alla famiglia della particella. In altre parole i neutrini di
una famiglia interagiscono con i leptoni della stessa famiglia in
Corrente Carica e, meno frequentemente, con tutti e tre i leptoni
in Corrente Neutra. Le tre famiglie (elettrone e neutrino elettronico, muone e neutrino muonico, tauone e neutrino tauonico) sono
chiamate in fisica flavour, che si traduce in italiano come sapore.
Creazione
(interazione debole)
Propagazione
(tempo / distanza percorsa)
Rivelazione
(interazione debole)
Neutrino di tipo definito
(per es. muone)
Tipo indefinito
Neutrino di tipo definito
(per es. elettrone)
Figura 3 – Rappresentazione logica del fenomeno dell’oscillazione dei
neutrini.
Oscillazione dei neutrini
Il fenomeno dell’oscillazione del neutrino, di cui vediamo una
schematizzazione in Figura 3, si inserisce in questo contesto.
Quello che si osserva è che neutrini di una famiglia durante la
loro vita non restano tali, ma possono trasformarsi in neutrini di
un’altra famiglia. Si tratta di un fenomeno di meccanica quantistica simile all’interferenza della luce, la cui comprensione ha
richiesto un intenso e lungo lavoro di una parte della comunità
della fisica delle particelle. Tutto cominciò verso la fine degli anni ’60, quando alcuni fisici guidati da Raymond Davis e John Bahcall decisero di studiare nella miniera di Homestake, negli Stati
Uniti, i neutrini provenienti dal Sole. Essi notarono che il flusso di neutrini che arrivava a terra era circa un terzo di quello che
si aspettavano dalle loro conoscenze sulle reazioni termonucleari
che avvengono nel Sole, dando vita a ciò che allora venne chiamato il problema dei neutrini solari. Lo stesso risultato fu più o
8
meno confermato da altri esperimenti che seguirono per indagare
sui risultati di Homestake, tra cui un esperimento italiano posto
nei Laboratori Nazionali del Gran Sasso chiamato GALLEX.
Il motivo della discrepanza che tutti riscontrarono tra numero di
eventi osservati e numero di eventi aspettati risiedeva nel fatto che
si osservavano le interazioni dei neutrini del Sole con gli elettroni
contenuti nei rivelatori e si era quindi in grado di vedere tutti i
neutrini interagenti in Corrente Neutra, ma solo i neutrini di tipo
elettronico interagenti in Corrente Carica. I neutrini prodotti nel
Sole sono sı̀ tutti di tipo elettronico, ma il fenomeno dell’oscillazione fa sı̀ che alcuni di essi si trasformino in neutrini muonici
e tauonici, che non possono interagire in Corrente Carica con gli
elettroni a terra, ma solo in Corrente Neutra che, come abbiamo
detto, ha una frequenza minore.
Prima di ipotizzare il fenomeno dell’oscillazione del neutrino
però ci volle del tempo. Inizialmente infatti molti pensarono a
errori nel modello solare che prevedeva il numero di neutrini prodotti nella stella. Fu grazie all’esperimento SNO (Sudbury Neutrino Observatoryi, visibile in Figura 2), che operò in Canada a
partire dal 1999, che il problema dei neutrini solari ebbe la sua soluzione definitiva. L’esperimento SNO, infatti, fu il primo a poter
distinguere gli eventi in Corrente Neutra da quelli in Corrente Carica, mostrando che i primi erano compatibili con le ipotesi sulle
reazioni del Sole, mentre solo i secondi mostravano un numero
minore di dati per via del cambiamento di famiglia dei neutrini
elettronici del Sole, ovvero per l’oscillazione di tali neutrini.
La ricerca sui neutrini oggi
La scoperta dell’oscillazione del neutrino ha chiuso il problema
dei neutrini solari, ma ha aperto dibattiti più numerosi e complessi. Oltre infatti alle molte questioni ancora aperte, tra cui le masse
dei neutrini che a tuttora restano sconosciute, si è avviata la ricerca dei parametri che regolano l’oscillazione, che sono molti e di
non facile determinazione. I neutrini, poi, sono un punto cruciale per l’Astrofisica, e lo studio delle loro caratteristiche influisce
su alcune importanti questioni della cosmologia attuale. Si tratta
di un panorama molto ampio che costituisce una delle principali linee di ricerca della fisica delle particelle elementari e di cui
troverete alcuni punti fondamentali nel seguito di questo numero.
Sull’autore
Alessandro Minotti ([email protected]) si è laureato in Fisica presso l’Università Sapienza di Roma nel
2009.
accastampato num. 6, Settembre 2011
Il professor Neutrino
Bruno Pontecorvo: la vita contraddittoria di un grande scienziato italiano
Frank Close, Simone Turchetti
(Università di Oxford e Manchester)
i Bruno Pontecorvo (1913-1993) si sanno soprattutto due cose. La prima è che nel Settembre 1950
l’allievo del premio Nobel Enrico Fermi scompare
misteriosamente durante una vacanza in Italia. Dietro la sua scomparsa si cela una rocambolesca fuga verso l’Unione Sovietica, proprio nel momento in cui il mondo è diviso dalla
Cortina di Ferro e nei paesi anglosassoni sono in corso diverse
inchieste di spionaggio atomico. La seconda è che sia prima che
dopo la misteriosa fuga,
Pontecorvo è uno dei pochi esperti al mondo nello
studio dei neutrini. Queste
enigmatiche particelle sono al centro dei suoi interessi di ricerca, tanto che
sviluppa importanti ipotesi circa le loro interazioni.
C’è quindi un fondo di ironia nelle vicende personali
e professionali di Pontecorvo, noto per una fuga che
gli cambiò la vita e per una
vita dedicata alla caccia di
sfuggenti particelle.
D
Una piscina piena di cloro
Non è ben chiaro quando Pontecorvo cominciò a occuparsi del
neutrino. Nel 1933 Wolfgang Pauli aveva ipotizzato la sua esistenza per spiegare le interazioni deboli alla luce del principio
di conservazione dell’energia, mentre nel 1945 Pontecorvo aveva
già indirizzato i suoi interessi in quella direzione, impegnandosi
in una ricerca che lo avrebbe accompagnato per il resto della sua
carriera scientifica. Proprio in quegli anni, lavorando presso la
stazione nucleare di Chalk River, in Canada, Pontecorvo si rese
conto di avere i mezzi giusti per iniziare a indagare. Il laboratorio
era dotato del primo reattore al mondo ad acqua pesante e produceva reazioni nucleari di grande intensità. Il ragionamento di
Pontecorvo fu molto semplice: nella zuppa di particelle venivano prodotti probabilmente qualcosa come 10 milioni di miliardi
di neutrini al secondo. Con un po’ di pazienza e gli strumenti
giusti, forse avrebbe potuto prenderne qualcuno. Ma all’epoca
catturare neutrini con un rivelatore era come cercare di prendere una farfalla con una rete da pesca: praticamente impossibile.
Pertanto decise di registrare la presenza non tanto dei neutrini,
quanto piuttosto degli elementi chimici prodotti dalla loro interazione con la materia. Enrico Fermi aveva ipotizzato poco tempo
prima, infatti, che quando un neutrino urta un nucleo, quest’ultimo si carica elettricamente. La cattura dell’elettrone prodotto da
parte del nucleo provoca poi la trasmutazione dell’elemento. Pontecorvo aveva quindi pensato a un modo per verificare l’ipotesi di
Fermi congeniando un esperimento in cui l’interazione dei neutrini con l’isotopo 37 del cloro avrebbe permesso la produzione
di una minuscola quantità dell’equivalente isotopo di argon. L’argon radioattivo avrebbe quindi funzionato nell’esperimento come
una specie di antenna per registrare la presenza di neutrini.
L’idea valse a Pontecorvo importanti riconoscimenti nella piccola
comunità di ricerca canadese, ma realizzarla risultò impossibile.
Avrebbe avuto bisogno di una piscina contenente diversi metri cubi di tetracloruro di carbonio oppure alcune tonnellate di clorina
per poter sperare di ottenere qualche atomo di argon: il ritrovamento del classico ago nel pagliaio o la vincita di un terno al
lotto. Quando nel 1948 Pontecorvo informò Fermi dei suoi piani, il premio Nobel lo considerò una sorta di Don Chisciotte in
lotta con i neutrini invece che con i mulini a vento. Ma il testardo Pontecorvo aveva capito che un elemento inerte come l’argon
non poteva reagire con altri elementi e si sarebbe potuto estrarre
semplicemente attraverso ebollizione. Oppure la sua presenza poteva registrarsi attraverso la misurazione dei livelli di radioattività.
Che avesse in parte ragione fu dimostrato tuttavia da alcuni suoi
colleghi americani pochi anni dopo. Nel 1954 Raymond Davis
Jr. tentò senza successo di rivelare l’esistenza del neutrino presso
il reattore nucleare di Savannah usando proprio il metodo congeniato dall’italiano. Nel 1956, invece, gli scienziati americani
Clyde Cowan e Frederick Reines dimostrarono finalmente l’esistenza dell’anti-neutrino usando un rivelatore a scintilla presso il
reattore di Hanford. Non c’è dubbio che quest’ultima scoperta
ebbe poco a che fare con l’intuizione di Pontecorvo, ma sia lui
che Davis avrebbero potuto anticiparla se solo i reattori avessero
prodotto neutrini invece di anti-neutrini. E quando Davis usò lo
stesso metodo per i neutrini solari ebbe successo visto che il sole
produce neutrini e non anti-neutrini.
Va sottolineato che Davis iniziò le sue ricerche pochi anni dopo la
fuga di Pontecorvo in Russia, quando ancora non si sapeva dove
l’allievo di Fermi fosse finito. Al tempo egli già lavorava al centro
nucleare di Dubna (cfr. Figura 1), dove gli fu negata la possibilità
di usare reattori nucleari. Quando Cowan e Reines completarono
le loro ricerche sull’anti-neutrino, di Pontecorvo si sapeva sola-
accastampato num. 6, Settembre 2011
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LE SPALLE DEI GIGANTI
Figura 1 – Un foto aerea del complesso del Joint Institute for Nuclear
Research di Dubna, in Russia. Da wwwinfo.jinr.ru.
mente che viveva in Russia visto che nel 1955 aveva scritto due
articoli sulla Pravda e l’Izvestia facendo chiarezza sulla scomparsa di cinque anni prima. Dunque le circostanze molto particolari
della sua emigrazione in Unione Sovietica ebbero un impatto non
indifferente sulle sue ricerche, visto che non poté approfondire i
suoi studi in articoli di ricerca pubblicati su riviste internazionali
o commentare i risultati dei ricercatori americani. Alla fine Reines e Davis ricevettero il premio Nobel per le loro scoperte nel
1995, mentre Pontecorvo dovette accontertarsi del premio Stalin.
Particelle con un’identità multipla
Pontecorvo continuò a occuparsi per molti anni di neutrini. Già
prima della sua partenza per l’Unione Sovietica aveva studiato
i mesoni, le particelle cariche instabili che costituiscono i raggi
cosmici. In Russia Pontecorvo pensò quindi che il decadimento
dei mesoni presentasse delle analogie con quello dei neutrini e,
dato che proprio in quegli anni si era ormai compreso che i mesoni esistono in diverse tipologie (oggi meglio conosciuti come
pioni, o mesoni π, e muoni, o mesoni µ), egli concluse che anche i neutrini costituissero una famiglia di particelle (l’analogia
fu poi formalizzata da Giampiero Puppi). Anche in questo caso
tuttavia, Pontecorvo non riuscı̀ mai a dimostrare le sue ipotesi. Il
centro di Dubna non era dotato di adeguati strumenti di ricerca
per investigare le differenze tra i diversi tipi di neutrini e quando
Pontecorvo chiese di poter partecipare alle ricerche di altri gruppi europei che disponevano di tali strumenti, come il CERN ad
esempio, gli fu sempre negata questa possibilità. Furono quindi
Mel Schwartz, Jack Steinberger e Leon Lederman, negli anni Settanta, a provare l’esistenza di diverse varietà di neutrini attraverso
un esperimento con l’acceleratore del laboratorio americano di
Brookhaven. E anche loro ricevettero il premio Nobel nel 1988
per queste ricerche.
10
Nel frattempo Davis si concentrò sui neutrini solari con risultati
piuttosto contraddittori. Notando la discrepanza fra il numero di
neutrini solari prodotti dal Sole previsti dalla teoria e quelli che
era possibile registrare sulla Terra, egli concluse persino che il
Sole stava per esaurire il suo carburante: il presagio di un imminente disastro cosmico! Oggi sappiamo che il Sole non aveva
colpa per lo strano fenomeno ed erano invece proprio i neutrini a esserne responsabili, visto che nel viaggio dal Sole alla Terra
cambiano sapore. In realtà già nel 1968 lo scienziato nato in Italia
e residente in Russia offrı̀ una scappatoia al problema dei neutrini
solari, che invece avrebbe occupato Davis per un altro decennio.
Insieme al suo collega Vladimir Gribov, infatti, Pontecorvo ipotizzò che il Sole produceva prevalentemente neutrini elettronici,
gli stessi rivelabili attraverso il metodo cloro-argon. Se avessero
viaggiato nella stessa forma fino alla Terra, se ne sarebbe potuta
naturalmente rivelare la presenza circa otto minuti dopo la loro
emissione, ma secondo i due ricercatori la gran parte di questi
neutrini cambiava stato nel tragitto, diventando neutrini muonici, in una forma in cui non potevano essere rivelati con lo stesso
metodo. Solo quei pochi che rimanevano elettronici nel tragitto
finivano dunque nella trappola di Davis. Pontecorvo aveva insomma intuito che i neutrini solari hanno una sorta di disturbo
della personalità e cambiano identità nel viaggio dal Sole alla Terra. Un’intuizione che però non ricevette supporto all’interno della
comunità dei fisici, anche perché al tempo contraddiceva la teoria
standard sulle particelle elementari. Gribov e Pontecorvo, infatti,
avevano anche capito che le leggi della meccanica quantistica autorizzano il neutrino a oscillare da uno stato all’altro solo a patto
che si rimetta in discussione l’assunto secondo cui il neutrino non
abbia una massa. Oggi sappiamo che effettivamente una massa,
seppur piccolissima, il neutrino ce l’ha.
Figura 2 – L’interno dell’osservatorio di neutrini di Baksan dell’istituto per le ricerche nucleari russo in una foto del 2005. Da www.awa.
tohoku.ac.jp.
accastampato num. 6, Settembre 2011
LE SPALLE DEI GIGANTI
Cosı̀ nel corso degli anni Settanta partı̀ la caccia al neutrino solare. Nel 1974 Pontecorvo e tre suoi colleghi annunciarono l’intenzione di costruire un tunnel sotto il Caucaso lungo 4 chilometri
come sede di un nuovo laboratorio per i neutrini contenente una
vasca con 2 milioni di litri di clorina, cioè circa cinque volte più
grande di quella usata da Davis. Per catturare tutti i neutrini solari, Pontecorvo pensò di usare il gallio, che, a differenza del cloro, consente la cattura anche di quelli di minor energia. Moissey
Markov, direttore della sezione di fisica nucleare dell’Accademia
delle Scienze sovietica, fu entusiasta del progetto e aiutò Pontecorvo a realizzare l’osservatorio dei neutrini di Baksan (cfr. Figura 2). Gli effetti dell’avvio di quest’avventura furono molteplici,
sia a breve che a lungo periodo. Le sessanta tonnellate di gallio
necessarie per l’esperimento prosciugarono tutte le risorse al tempo disponibili sulla Terra. Uno studio cosı̀ innovativo stimolò la
distensione fra superpotenze. Il Soviet American Gallium Experiment (SAGE) fu successivamente rinominato come esperimento
russo dopo il crollo dell’impero sovietico, ma l’acronimo rimase.
L’uso del gallio caratterizzò negli anni Novanta anche l’esperimento GALLEX, sviluppato da un consorzio europeo e capace
per la prima volta di rivelare i neutrini primari prodotti dal Sole.
Solo nel 2000 il mistero dei neutrini solari fu risolto, prima con
l’osservazione dei neutrini muonici e dopo con lo studio delle
cascate di neutrini prodotte dai raggi cosmici che consentirono
di avere la certezza della loro oscillazione. Davis fu protagonista e testimone di queste straordinarie scoperte e morı̀ nel 2006.
Purtroppo anche in questo Pontecorvo arrivò prima di altri ricercatori: morı̀ nel 1993 malato del morbo di Parkinson e non
poté quindi assistere alle imprese scientifiche che confermarono
clamorosamente alcune delle sue mirabili ipotesi.
no l’esistenza dell’enigmatica particella, Pontecorvo era ancora
ufficialmente scomparso. Dopo la sua ricomparsa egli propose
ipotesi convincenti circa l’oscillazione dei neutrini, ma si trattava
di congetture fin troppo innovative e, come spesso accade, furono accolte con indifferenza. Ma interpretando i neutrini solari
come particelle che non seguono le convenzioni, un po’ eccentriche, propense al cambio di identità, Pontecorvo dimostrò la sua
opposizione a un approccio dogmatico alla ricerca e l’intenzione
di rimettere in discussione anche principi della fisica assodati. E
chissà se in questa sua intepretazione non ci fosse anche un qualcosa di autobiografico, essendo stato lui stesso un po’ eccentrico
e avendo oscillato pericolosamente tra l’Occidente capitalista e il
Comunismo sovietico.
Bibliografia
[1] Close F. Neutrino. Oxford University Press (2010)
[2] Close F. Antimateria. Einaudi (2009)
[3] Turchetti S. Il Caso Pontecorvo. Sironi (2007)
[4] Pontecorvo B. Pages in the development of neutrino physics.
In Soviet Physics Uspekhi, vol. 26:1087 (1983)
[5] Pontecorvo B. e Bilenkij S. B. Pontecorvo selected scientific
works. Recollections on B. Pontecorvo. Soc. Ital. di Fisica (1997)
[6] Bonolis L. Un genio di Via Panisperna. In Sapere, pp. 24–34
(apr. 2004)
[7] Gribov V. e Pontecorvo B. Neutrino astronomy and lepton
charge. In Physics Letters B, vol. 28(7):493–496 (1969)
L’eredità di Pontecorvo
Gli uomini di scienza in genere si ricordano per quello che hanno
fatto e non per quello che non sono mai riusciti a fare. Per Pontecorvo però bisognerebbe fare un’eccezione, se non altro perché i suoi studi erano davvero meritevoli di un premio Nobel,
com’è dimostrato dal fatto che tutti coloro che si misero alla caccia dei neutrini seguendo intuizioni simili alle sue ne ottennero
uno: Schwartz, Steinberg e Lederman nel 1988, Reines nel 1995
e Davies nel 2002. Con il senno del poi si potrebbe anche dire
che Pontecorvo aveva avuto ragione due volte sui neutrini. La
prima quando aveva individuato il metodo giusto per rivelare i
neutrini solari. La seconda quando aveva mostrato che proprio
quel metodo non avrebbe consentito a Davis di registrarli tutti a
causa della loro oscillazione. Ma che avesse ragione lo sapevano in pochi visto che i risultati delle sue ricerche furono spesso
ignorati. Le straordinarie circostanze della vita e della carriera
di Pontecorvo furono in parte la causa di questa situazione paradossale. In Unione Sovietica non disponeva dei mezzi necessari
per completare le sue ricerche sui neutrini e mentre altri rivelava-
Sull’autore
Frank Close ([email protected]) è professore di fisica presso l’Università di Oxford e autore di numerosi saggi di fisica delle particelle tra cui il recente “Neutrino” (Oxford University Press, 2010) e il volume “Antimateria” (Einaudi, 2009, traduziona italiana a cura di Giorgio P. Panini). Simone Turchetti (simone.turchetti@
manchester.ac.uk) è ricercatore presso l’Università di
Manchester e autore del saggio “Il Caso Pontecorvo” (Sironi Editore, 2007) di prossima pubblicazione in inglese (“The
Pontecorvo Affair”, University of Chicago Press, 2011).
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Cuor di neutrino
Passione e determinazione per sollevare il velo del decadimento doppio beta
Claudia Tomei
(INFN di Roma)
gni volta che sento parlare di un nuovo risultato
sperimentale sulla fisica del neutrino, mi viene in
mente quando nel 1998 all’Università dell’Aquila
seguivo il corso di Fisica delle Particelle. Ho conosciuto qui il neutrino e ho percepito l’enorme interesse e l’entusiasmo dei fisici per questa elusiva particella: erano gli anni in
cui si cominciava a parlare con convinzione delle oscillazioni di
neutrini, oggi ormai universalmente accettate dalla comunità sperimentale, e si progettavano nuovi e ambizioni esperimenti che
oggi hanno già esaurito con successo il loro programma di ricerca, lasciando spazio a progetti ancora più avanzati. Nonostante
l’enorme sforzo sperimentale messo in campo, i grandi progressi
e i successi raggiunti, a tanti anni di distanza il neutrino nasconde
ancora molti misteri e le domande ancora aperte intrigano i fisici
e li spingono ad andare sempre più a fondo.
O
Il protagonista di questo articolo si chiama CUORE, un esperimento che spingerà al limite la tecnologia allo scopo di scoprire il decadimento doppio beta: un decadimento rarissimo, finora
mai osservato, che getterebbe nuova luce sulle proprietà ancora
sconosciute di questa elusiva particella chiamata neutrino.
I tre segreti del neutrino
Nella storia della fisica delle particelle è spesso successo che particelle nuove venissero scoperte durante gli esperimenti e poi studiate e classificate fino a trovare posto in una determinata teoria.
Per il neutrino è successo il contrario: la sua esistenza è stata prima ipotizzata teoricamente e poi, dopo quasi trent’anni, finalmente provata sperimentalmente. Tuttavia il neutrino presenta ancora
degli aspetti che sfuggono all’osservazione dei fisici e che impediscono una sua precisa descrizione teorica. I tre segreti ancora nascosti del neutrino sono quelli che i fisici più ostinatamente
cercano di svelare.
Massa e oscillazioni
Nel Modello Standard1 il neutrino è privo di massa, ma negli ultimi decenni i risultati di molti esperimenti hanno mostrato che
una massa deve pur averla, per quanto piccolissima. Si è infatti
osservato che i neutrini possono cambiare sapore durante il loro
1
12
Si tratta della teoria che attualmente descrive le interazioni elettromagnetica, nucleare forte e debole di tutte le particelle elementari
conosciute.
cammino dalla sorgente al rivelatore. La scoperta delle oscillazioni di sapore è stata di fondamentale importanza e questo spiega
anche l’eccezionale sforzo sperimentale messo in campo dai fisici di tutto il mondo per poter investigare questo fenomeno. Dagli
anni ’90 diverse generazioni di esperimenti si sono cimentate nello studio delle oscillazioni, ciascuna aggiungendo un piccolo o
grande pezzo all’intricato puzzle. Questo fino ai giorni nostri, dove ormai la conoscenza del meccanismo delle oscillazioni è quasi
completa. La probabilità per un neutrino di oscillare da un sapore
all’altro dipende dalla differenza delle masse al quadrato, quindi
per poter oscillare i neutrini devono esserne dotati. Allo stesso
tempo però gli esperimenti che hanno rivelato le oscillazioni di
sapore hanno potuto solo misurare queste differenze di massa al
quadrato, ma non il loro valore assoluto. Per questo serve una
misura indipendente che prescinda dalle oscillazioni e che si riferisca a un diverso fenomeno fisico, per esempio il decadimento
beta semplice oppure il decadimento doppio beta.
La gerarchia
Sempre dai risultati delle oscillazioni sappiamo che dei tre neutrini, due (che vengono indicati convenzionalmente con m1 e
m2 ) hanno una differenza di massa molto piccola, dell’ordine di
10−2 eV2 , mentre la massa del terzo differisce da quella degli altri
due di un valore circa cinque volte maggiore. Resta però da capire
se quest’ultimo, definito convenzionalmente m3 , sia il più pesante
o il più leggero. Nel primo caso si parla di gerarchia diretta delle
masse, perché hanno un ordine crescente come m1 , m2 e m3 , nel
secondo caso si parla di gerarchia inversa.
L’antineutrino
La scoperta di una massa del neutrino diversa da zero ha costretto i fisici a rivedere il Modello Standard aggiungendo una massa
per i neutrini e per gli antineutrini. Essendo il neutrino un fermione, cioè una particella di spin semi-intero come l’elettrone,
un modo di descriverlo sarebbe secondo la teoria di Fermi in cui
neutrino e antineutrino sono due particelle distinte. Tuttavia il fisico Majorana ha ipotizzato la possibilità per il neutrino di essere
l’antiparticella di se stesso. Questo è possibile solo se il neutrino
è massivo e ora sappiamo che lo è: molti fisici teorici sostengono
2
In fisica delle particelle è conveniente misurare le masse mediante
unità di misura di energia, sfruttando l’equivalenza massa-energia
della relatività speciale: 1, 0 eV ∼ 1, 6 × 10−22 g
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IL RICERCATORE ROMANO
che l’ipotesi di Majorana garantirebbe la descrizione più naturale
del neutrino massivo all’interno del Modello Standard.
Il decadimento doppio beta
Nel 1939 F. Furry stabilı̀ che
l’esistenza del neutrino di Majorana implicava la possibilità
che si verificasse un processo
che battezzò con il nome di decadimento doppio beta. Come mostrato nella Figura a lato, il decadimento beta semplice produce un protone, un elettrone e un antineutrino. È tuttavia possibile anche il processo
inverso: un neutrino collide con un neutrone che emette un protone e un elettrone. Se il neutrino e l’antineutrino sono la stessa
particella, allora l’antineutrino prodotto dal primo decadimento
beta potrebbe a sua volta (nelle vesti di un neutrino) collidere con
un neutrone ed emettere un altro protone e un secondo elettrone. Complessivamente l’effetto del decadimento doppio beta è
quello di trasformare due neutroni del nucleo in due protoni con
l’emissione di due elettroni senza che compaia alcun neutrino.
Il decadimento doppio beta senza neutrini non è mai stato osservato sperimentalmente. È stato invece osservato il processo simile, denominato decadimento doppio beta con emissione di neutrini, in cui un nucleo per cui il decadimento doppio beta semplice
non è permesso per ragioni energetiche effettua invece due decadimenti beta contemporaneamente, con l’emissione di due elettroni e due neutrini. A dispetto della somiglianza tra i due processi le differenze dal punto di vista teorico sono fondamentali.
Perché il decadimento doppio beta accada il neutrino deve essere
di Majorana e dunque dotato di massa: questo decadimento non
può accadere all’interno della teoria del Modello Standard. Il decadimento doppio beta con emissione di neutrini, per quanto raro,
è invece perfettamente ammissibile e non necessita di un neutrino
dotato di massa per accadere. Fino a oggi è stato osservato sperimentalmente per diversi nuclei con una frequenza dell’ordine di
un evento ogni 1020 anni.
L’osservazione sperimentale del decadimento doppio beta senza
neutrini fornirebbe in un solo colpo la risposta alle tre domande
ancora aperte che abbiamo descritto prima. Misurando il tempo caratteristico di questo decadimento (una volta osservato) si
può ricavare il valore della cosiddetta massa di Majorana ovvero
una combinazione lineare dei tre autostati di massa dei neutrini.
La misura della massa di Majorana fornirebbe una misura diretta della scala di massa del neutrino, distinguerebbe il caso della
gerarchia inversa dal caso della gerarchia diretta delle masse e infine proverebbe la natura di Majorana del neutrino. Non c’è da
stupirsi che i fisici ritengano questa scoperta una delle sfide più
importanti della moderna fisica delle particelle.
La battaglia per il fondo zero
L’osservazione sperimentale del decadimento doppio beta senza
neutrini sarebbe quanto di più semplice ci si possa augurare in
fisica delle particelle. I due elettroni emessi nello stato finale portano via infatti tutta l’energia della transizione, che si chiama Qvalore ed è semplicemente la differenza tra la massa del nucleo
padre e quella del nucleo figlio. Se i due elettroni vengono rivelati entrambi danno luogo a un segnale proprio all’energia del
Q-valore, nota per ogni nucleo. L’approccio più semplice è dunque di concepire un rivelatore che contenga al suo interno grandi quantità di materiale emettitore doppio beta3 e attendere per
un tempo sufficientemente lungo fino a evidenziare un picco di
eventi all’energia del Q-valore del nucleo scelto. Data la bassissima probabilità prevista in questo caso, in media inferiore a un
evento ogni 1024 anni, avere a disposizione una grande massa è
necessario per avere un ragionevole numero di eventi (diciamo
circa 10) nel tempo di vita tipico di un esperimento (5 ÷ 10 anni).
La realtà purtroppo è assai più complicata del semplice scenario
che abbiamo illustrato a causa del problema del fondo, ovvero di
tutti quegli eventi che potrebbero dare un segnale indistinguibile da quello degli elettroni emessi nel decadimento doppio beta,
pur essendo di natura completamente diversa. Nel nostro caso si
tratta di decadimenti radioattivi4 di materiali vicini ai rivelatori
oppure interazioni di particelle provenienti dall’ambiente in cui il
rivelatore si trova a operare. È facile capire che se nella regione
di energia in cui aspettiamo il nostro segnale siamo sommersi da
fondo di altra natura, osservare pochi eventi sarebbe come cercare
di captare le note di un violino all’interno di uno stadio di calcio
al momento del gol. Le strategie per combattere il fondo sono
sostanzialmente due: schermi di materiali pesanti posti tutt’intorno al rivelatore in modo da assorbire le particelle provenienti
dall’esterno (muoni cosmici, neutroni, radioattività ambientale) e
scelta di materiali il più possibile radiopuri per la costruzione di
ogni singola parte dell’esperimento, con la massima attenzione
alle parti in stretto contatto con i rivelatori. Finora gli esperimenti
per la rivelazione del decadimento doppio beta hanno raggiunto
livelli di fondo dell’ordine di un conteggio ogni 5 kg, per keV e
per anno, ma per poter spingere la sensibilità degli esperimenti
futuri fino a testare i valori della massa suggeriti dagli esperimenti sulle oscillazioni di neutrini bisogna almeno ridurre il fondo di
un fattore 20, uno sforzo tecnico assolutamente non banale, visti
i livelli di partenza già eccezionalmente bassi.
3
4
Questo approccio in cui la sorgente del decadimento e il rivelatore
coincidono si dice calorimetrico ed è quello utilizzato nell’esperimento CUORE. Esiste anche l’approccio diverso in cui il materiale emettitore è contenuto in fogli sottili che vengono affacciati a
rivelatori traccianti in grado di rivelare gli elettroni emessi.
Sono fenomeni estremamente comuni che avvengono quando un
nucleo atomico è instabile e decade. In un normale mattone da un
chilo avvengono circa 1200 decadimenti al secondo!
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IL RICERCATORE ROMANO
L’esperimento CUORE
L’esperimento CUORE sarà costituito da 988 cristalli di ossido di
tellurio sistemati in 19 torri di 13 piani, ciascuno contenente quattro rivelatori tenuti insieme da cornici di rame ultrapuro (cfr. il riquadro in basso a destra della Figura 1). L’intero sistema di torri
è contenuto all’interno di un refrigeratore a diluizione, una specie
di enorme frigorifero capace di raffreddare l’apparato a una temperatura di ∼ 10 mK, ovvero di soli 10 millesimi di grado sopra lo
zero assoluto (cfr. Figura 1). I cristalli di ossido di tellurio, ognuno delle dimensioni di 5 × 5 × 5 cm3 , contengono al loro interno
un isotopo naturale del tellurio, il Te130, che è uno dei nuclei
emettitori doppio beta, con un Q-valore dell’ordine di 2530 keV.
La massa totale del sistema di rivelatori sarà dell’ordine di 740 kg,
di cui 204 kg di Te130. I cristalli funzionano come bolometri,
ovvero rivelatori di particelle che sfruttano come meccanismo di
rivelazione l’innalzamento di calore prodotto da una particella carica che attraversa un materiale assorbitore. Uno speciale sensore
di calore detto termistore, fatto di germanio e incollato alla superficie del cristallo, trasforma il segnale di calore in un segnale
elettrico rilevabile. L’innalzamento di calore dovuto al passaggio
di una particella carica è molto piccolo, dell’ordine di 200 µK
per MeV di energia rilasciata dalla particella, ma se la capacità
termica del materiale assorbitore è sufficientemente piccola, se la
temperatura del bolometro è sufficientemente bassa e se il sensore
che rivela la temperatura è sufficientemente sensibile è possibile
raccogliere, amplificare e rivelare il segnale con ottima efficienza.
I rivelatori bolometrici basati sull’ossido di tellurio sono usati con
successo da decenni per la ricerca del decadimento doppio beta
del Te130 e la loro affidabilità è tale che l’esperimento CUORE,
prosecuzione naturale degli esperimenti passati, è stato approvato ed è attualmente in costruzione presso i Laboratori Nazionali
del Gran Sasso dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN),
scavati accanto a una delle gallerie autostradali che attraversano
la montagna del Gran Sasso, in Abruzzo. Questi luoghi costituiscono un ambiente ideale per la ricerca di eventi rari come il
decadimento doppio beta. La roccia della montagna (uno spessore equivalente a più di 3500 m di acqua) assorbe le particelle di
origine cosmica creando la condizione di silenzio cosmico e riducendo drasticamente il contributo al fondo dovuto all’ambiente
esterno. Oltre allo schermo della montagna, CUORE è dotato di
una ulteriore schermatura, necessaria per limitare al massimo il
fondo dovuto alla radioattività ambientale residua presente all’interno del laboratorio. Questo schermo è composto nello strato più
esterno da polietilene borato, che modera e assorbe efficacemente
i neutroni, e successivamente da piombo, posizionato sia all’esterno che all’interno del refrigeratore. In particolare il piombo
posizionato più vicino ai rivelatori, all’interno del refrigeratore a
diluizione, è stato donato all’esperimento CUORE dalla Sopraintendenza Archeologica di Cagliari: proviene infatti dalla stiva di
una nave romana affondata nelle vicinanze della costa sarda che
l’INFN ha contribuito a recuperare (cfr. il riquadro in alto a destra
della Figura 1). Il piombo infatti rappresenta un materiale ideale
per la schermatura della radioattività, per la sua densità e il numero atomico elevato, però presenta un grave problema: la presenza
di un isotopo radioattivo naturale, il Pb210, che contribuisce al
fondo naturale. Fortunatamente il Pb210 si dimezza ogni 22 anni
circa, quindi in lingotti di piombo che riposano da secoli in fondo
al mare si può considerare praticamente scomparso.
Attualmente l’esperimento CUORE è in fase di allestimento e la
sua partenza è prevista per il 2014.
Bibliografia
Sito dell’esperimento CUORE: http://crio.mib.infn.
it/wigmi/pages/cuore.php
[8] Bilenky S. Introduction to the Physics of Massive and Mixed
Neutrinos, vol. 817. Springer Verlag (2010)
[9] Barabash A. 75 years of double beta decay: yesterday, today
and tomorrow URL http://arxiv.org/abs/1101.4502
[10] Fiorini E. Neutrino physics with cryogenic detectors. In
Progress in Particle and Nuclear Physics, vol. 64(2) (2010)
Sull’autore
Figura 1 – Schema della struttura di CUORE, con in evidenza tutti gli
accorgimenti per ridurre al minimo il rumore ambientale.
14
Claudia Tomei ([email protected]) è
ricercatrice presso l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare,
Sezione di Roma. Ha lavorato presso i Laboratori Nazionali
del Gran Sasso (dottorato e post-doc), collaborando a due diversi esperimenti per la rivelazione del decadimento doppio
beta. Dal 2007 è membro della collaborazione CUORE.
accastampato num. 6, Settembre 2011
Borexino
Studiare il Sole. . . sotto terra!
Margherita Buizza Avanzini
(Università degli Studi di Milano – Laboratorio APC di Parigi – Laboratori del Gran Sasso)
ilano, Università degli Studi, Dipartimento di Fisica. Maggio 2005. In aula una ventina di studenti aspettano di cominciare il terzo modulo del
corso di Introduzione all’Astrofisica. Oggi si comincia un argomento nuovo: “Neutrini, i messaggeri dallo spazio”. Entra il prof. Pizzochero: di quest’uomo colpiscono subito l’energia, la passione con cui carica le parole, le spiegazioni.
Pendo dalle sue labbra. Tutto quello che dice è meraviglioso, affascinante, mi incuriosisce tremendamente. Ascolto avida ogni
sillaba, scrivo paginate di appunti, mi entusiasmo per ogni cosa
nuova che sento. Fine della lezione. Esco dall’aula un po’ stordita. Non ho perso una parola, non ho saltato un passaggio. La
stessa scena si ripete per altre quattro lezioni e alla fine del ciclo
sui neutrini sono palesemente innamorata. Ma non del professore
(forse. . . ), bensı̀ di quello che mi ha fatto scoprire.
M
Il neutrini solari
Le caratteristiche salienti dei neutrini sono fondamentalmente tre:
massa piccolissima (milionesimi di quella dell’elettrone), nessuna
carica elettrica e pochissima capacità di interazione con la materia. Ciò rende i neutrini delle particelle alquanto singolari, misteriose e quasi invisibili. Chiariamoci, ovviamente l’occhio umano
non può letteralmente vedere le particelle elementari: non si vedono nemmeno al microscopio. Però esiste quasi sempre un modo di osservare indirettamente queste particelle, studiando ciò che
esse producono quando interagiscono con la materia. Nel caso dei
neutrini anche questo è difficile1 .
Ma andiamo con ordine. Perché neutrini solari? I neutrini vengono prodotti in diversi tipi di reazioni, tra cui anche quelle di
fusione nucleare che avvengono nel Sole. È grazie a queste reazioni che il Sole brucia l’idrogeno (H) di cui è per lo più costituito
e lo trasforma in elio (He). Questi processi producono energia e
per questo il Sole ci scalda. La trasformazione di H in He non
è diretta, ma avviene attraverso una serie di reazioni intermedie,
durante le quali vengono prodotti i neutrini solari. A seconda della reazione che li ha prodotti, i neutrini prendono nomi diversi.
Per esempio, ci sono i neutrini da Berillio (7 Be), da Boro (8 B),
1
In un certo senso dovremmo dire per fortuna visto che siamo perennemente bersagliati da miliardi di neutrini che vengono dal Sole!
Il loro flusso è infatti di circa 1011 cm−2 s−1 , il che significa che
quando vi sdraiate siete trapassati da circa 5 × 1015 neutrini al secondo! E questo anche se vi nascondete in cantina, in una grotta o
al centro della Terra!
dalla reazione protone+elettrone+protone (pep) e cosı̀ via. Tenete presente che i neutrini prodotti dal Sole sono solo di tipo
elettronico2 .
Il Modello Solare Standard
Il Sole è la stella più vicina alla Terra ed è quindi quella che conosciamo meglio. Basandosi su misure di massa, luminosità, temperatura, raggio, ecc. è possibile capire da cosa precisamente è
costituito il Sole, prevedere con modelli teorici come evolverà e
stimare quanti e quali neutrini (da 7 Be, da 8 B, ecc.) vengono prodotti e con quale energia. Dagli anni Sessanta il modello solare
più gettonato è il Modello Solare Standard (SSM). In Figura 1
potete vedere le previsioni per il flusso in funzione dell’energia
dei vari tipi di neutrini. Soffermatevi a considerare le due righe
verticali (significa che sono monoenergetici) dei neutrini da 7 Be
e pep e la curva (non sono monoenergetici) dei neutrini da 8 B.
Una volta verificata la possibilità di rivelare i neutrini solari [11],
si è naturalmente pensato di usarli per verificare la correttezza del
SSM, con molti vantaggi rispetto al solo uso dei fotoni. Avendo
massa piccolissima e interagendo poco con la materia, in circa otto minuti i neutrini che sono prodotti al centro del Sole arrivano a
noi. Forse la cosa non vi sembra cosı̀ entusiasmante, ma lo diventa certamente se pensate che la luce, prodotta anch’essa al centro
del Sole, impiega 10 mila anni per raggiungerne la superficie!
Benché i neutrini interagiscano molto poco con la materia, l’unico modo per vederli è comunque cercarne le interazioni con le
altre particelle. In primo luogo bisogna avere rivelatori di grande massa, in modo da aumentare la probabilità di interazione. In
secondo luogo bisogna proteggersi dai raggi cosmici che vengono dall’atmosfera, per evitare falsi segnali: l’unico modo è andare
sotto terra, dove il flusso dei raggi cosmici è fortemente abbattuto.
E infine bisogna proteggersi dalla radioattività naturale, utilizzando per la costruzione del rivelatore materiali estremamente puliti.
Questa è la ricetta per un buon rivelatore di neutrini.
Proprio seguendo le indicazioni appena descritte, venne costruito un rivelatore di neutrini elettronici nella miniera di Homestake, in South Dakota, già nel 1965. Il risultato di quella misura
causò un certo stupore: il flusso di neutrini misurato era circa un
2
Questo è abbastanza intuitivo se pensate che l’elettrone fa parte della materia ordinaria, quella che ci circonda quotidianamente. Considerando che l’e− fa coppia con il νe è facile capire che in reazioni in cui è coinvolta la materia ordinaria (come H o He) vengano
prodotti νe e non neutrini di altri sapori.
accastampato num. 6, Settembre 2011
15
IL RICERCATORE ROMANO
SSM, ma il numero di νe da 8 B rivelati a Terra è circa un terzo
del totale. Ciò significa che circa il 60% dei νe prodotti nel Sole
sono oscillati in un altro sapore.
L’esperimento Borexino
Figura 1 – Previsioni per il flusso in funzione dell’energia dei vari tipi di
neutrini solari in base al Modello Solare Standard. Da [12].
terzo di quello atteso in base al SSM! Subito ci si preoccupò di
verificare che non ci fossero inefficienze di rivelazione. Scartata,
insieme a questa ipotesi, anche la possibilità che il SSM fosse ampiamente sbagliato3 , non restava che rivedere la teoria del neutrino. Ed è qui che questa particella passò dall’essere oggetto-sonda
dell’interno del Sole a oggetto di studio vero e proprio.
Le oscillazioni di neutrino
Il fisico italiano Bruno Pontecorvo aveva già ipotizzato nel ’57
che i neutrini non avessero massa nulla e cosı̀ elaborato una teoria in base alla quale è possibile che i neutrini cambino sapore
mentre si propagano. Ciò significa che i neutrini nati come νe
nel Sole possono trasformarsi durante il viaggio verso la Terra in
νµ o ντ . Si parla di oscillazioni di neutrino perché è come se i
neutrini oscillassero l’uno nell’altro4 . Vennero quindi progettati
altri esperimenti per la misura del flusso dei neutrini solari con
la possibilità di rivelare i neutrini in tempo reale, il che significa
misurare l’energia e la posizione di ogni interazione di neutrino,
cosa impossibile a Homestake. L’esperimento che segnò la svolta fu il Sudbury Neutrino Observatory (SNO) in Canada: grazie
all’osservazione di diverse interazioni, SNO era in grado di rivelare tutti i tipi di neutrino e di distinguere, tra essi, i νe . Nel
2001 SNO diede conferma di quanto ipotizzato [13]: il flusso totale (νe +νµ +ντ ) corrisponde a quello effettivamente predetto dal
3
4
16
Le previsioni del SSM erano perfettamente in accordo con le misure
della eliosismologia, una disciplina che studia la propagazione delle
onde sonore nel Sole.
Ciò significa che il νe diventato νµ può ridiventare νe successivamente.
L’esperimento Borexino nasce con lo scopo di rivelare per la prima volta in tempo reale i neutrini del 7 Be, impresa non da poco
se si pensa che hanno energia di 0, 86 MeV e che gli altri esperimenti in tempo reale hanno normalmente, per cause di forza
maggiore, una soglia energetica intorno ai 5 MeV (cfr. Figura 1).
Chiaramente anche Borexino è schermato da metri di roccia (per
la precisione da 3, 8 km di acqua equivalente) sotto la montagna
del Gran Sasso, in centro Italia: i Laboratori Nazionali del Gran
Sasso, infatti, sono i più grandi laboratori sotterranei attualmente esistenti e ospitano vari esperimenti sui neutrini, sulla materia
oscura e sull’astrofisica nucleare.
Ma la vera forza di Borexino sta nell’accuratezza della scelta dei
materiali per costruire il rivelatore e soprattutto nella loro successiva purificazione. Sono state impiegate numerosissime tecniche
innovative per pulire i materiali (si parla di radiopurezza) in modo
da eliminare il maggior numero di contaminanti presenti5 . Il rivelatore è anche costruito in modo da fungere da ulteriore schermo
contro la radiazione della roccia o i raggi cosmici che sopravvivono sottoterra. Come vedete in Figura 2, Borexino ha una struttura
che possiamo dire a cipolla per proteggere il cuore del rivelatore, creando un ambiente pulito in cui le interazioni di neutrino
di bassa energia possano essere rivelate. Grazie a questo enorme
sforzo per la purificazione, la soglia energetica di Borexino è di
circa 0, 25 MeV, ovvero circa un ventesimo di quella standard per
gli altri esperimenti in tempo reale!
Procedendo dall’esterno della struttura, troviamo una tanica d’acqua ultra pura che contiene una sfera di acciaio inossidabile dentro cui si trova un liquido detto buffer. Scopo di acqua e buffer
è fermare le particelle di fondo (ovvero non neutrini) che minacciano di entrare nel vessel. Il vessel è ciò che contiene la parte
sensibile del rivelatore, lo scintillatore liquido. Come dice il nome stesso, questo materiale, costituito da idrocarburi (una sorta
di petrolio, per intenderci), scintilla. Quando un neutrino urta
un elettrone degli atomi dello scintillatore, viene prodotta energia
(come in un qualunque tipo di urto). Nei materiali scintillanti l’energia viene trasformata in luce che viene rivelata dai cosiddetti
fotomoltiplicatori (attaccati alla sfera di acciaio), capaci di trasformare la luce in un segnale elettrico. È questo segnale che contiene l’informazione sull’evento, cioè posizione in cui è avvenuta
5
Per darvi un’idea, in un litro d’acqua normale avvengono 1, 2 ×
10−3 decadimenti al secondo; in un litro dell’acqua purificata per
Borexino, 1, 2 × 10−7 , ovvero l’acqua di Borexino è diecimila volte
più pulita di quella che beviamo quotidianamente!
accastampato num. 6, Settembre 2011
IL RICERCATORE ROMANO
Figura 2 – Rappresentazione grafica del rivelatore Borexino, situato
nella Hall C dei LNGS. Da www.lngs.infn.it.
l’interazione ed energia rilasciata, questa direttamente connessa
all’energia del neutrino incidente.
Borexino ha cominciato a prendere dati nel Maggio 2007 e già
nell’Agosto di quell’anno abbiamo pubblicato i primi risultati sui
neutrini da 7 Be. Nel corso degli anni questa misura è diventata via
via più precisa, fino alla recentissima sottomissione dell’articolo
[14] nel maggio scorso.
Con Borexino siamo anche riusciti (e di ciò vado particolarmente orgogliosa, dato che ci ho lavorato personalmente) a misurare
il flusso dei neutrini da 8 B con la soglia più bassa mai raggiunta
da esperimenti in tempo reale: una soglia a 3 MeV [15]. Abbassare la soglia di rivelazione dei ν da 8 B significa avvicinarsi a
una zona ancora inesplorata delle oscillazioni dei neutrini solari,
quella delle energie intermedie. Risulta chiaro che questa regione
rimane tuttora un po’ misteriosa. Ma stiamo già lavorando per
questo: attualmente in Borexino stiamo cercando di abbassare la
soglia di rivelazione dei ν da 8 B a 2 MeV (mi ci sono dedicata per
tutto il dottorato) e di rivelare i neutrini da pep, che come ricorderete dalla Figura 1, la cui energia sta esattamente nella regione
inesplorata. Insomma prossimamente su questi schermi!
Bibliografia
Sito ufficiale dei Laboratori Nazionali del Gran Sasso: www.
lngs.infn.it
[12] Bahcall J.N. e Pinsonneault M.H. What do we (not) know
theoretically about solar neutrino fluxes? In Phys.Rev.Lett.,
vol. 92:121301 (2004). URL http://arxiv.org/abs/
astro-ph/0402114
[11] Cowan C. et al. Detection of the Free Neutrino: a Confirmation. In Science, vol. 124(3212):103–104 (1956)
[16] Davis Jr R. et al. Search for neutrinos from the sun. In Physical Review Letters, vol. 20(21):1205–1209 (1968)
[17] Mikheev S. e Smirnov A. Neutrino oscillations in a medium
with variable density. In Soviet Physics Uspekhi, vol. 29 (1986)
[18] Wolfenstein L. Neutrino oscillations in matter. In Physical
Review D, vol. 17(9):2369 (1978)
[13] Ahmad Q. et al. Measurement of the Rate of νe +d→p+p+e−
Interactions Produced by 8 B Solar Neutrinos at the Sudbury Neutrino Observatory. In Physical Review Letters, vol. 87(7) (2001)
[14] Bellini G. et al. Precision measurement of the 7 Be solar neutrino interaction rate in Borexino. In arXiv (apr. 2011). URL
http://arxiv.org/abs/1104.1816
[15] Bellini G. et al. Measurement of the solar 8 B neutrino rate
with a liquid scintillator target and 3 MeV energy threshold in
the Borexino detector. In Physical Review D, vol. 82(3) (2010)
[19] Serenelli A. New Results on Standard Solar Models. In
arXiv (ott. 2009). URL http://arxiv.org/abs/0910.
3690v1
[20] Holanda P. e Smirnov A. LMA MSW solution of the solar neutrino problem and first KamLAND results. In Journal of
Cosmology and Astroparticle Physics (2003)
Sull’autore
La passione di Margherita (margherita.buizza@mi.
infn.it) per i neutrini è iniziata nel 2005 ed è proseguita
fino a oggi attraverso diverse tappe: tesi di Laurea Triennale
(ottobre 2005) sulla teoria delle oscillazioni dei neutrini solari, tesi di Laurea Magistrale sulla misura dei neutrini solari
da 8 B in Borexino con soglia a 3 MeV (luglio 2008) e Dottorato di Ricerca in Borexino e Double Chooz (un esperimento
sui neutrini da reattore nucleare) da terminare nel 2012.
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17
Un tuffo nel cosmo
Tra galassie, particelle e pesci luminosi,
l’emozionante sfida di ANTARES alla ricerca dei neutrini astrofisici
Giulia De Bonis
(Dipartimento di Fisica dell’Università Sapienza di Roma)
... like the moon, whose orb
through optic glass the Tuscan artist views
at ev’ning, from the top of Fesole,
or in Valdarno, to descry new Lands,
Rivers or Mountains in her spotty Globe.
(John Milton, Paradise lost, 1667)
olta strada è stata percorsa da quando il celebre
scienziato pisano Galileo Galilei ha avvicinato i
suoi occhi al telescopio, puntando lo strumento
al cielo stellato e ottenendo per la prima volta
una visione ingrandita della Luna, di Giove e dei suoi satelliti. Da
allora l’immagine tradizionale dell’astronomo è stata sostituita da
figure professionali più articolate, gli strumenti di osservazione
sono diventati multiformi e complessi e l’oggetto di indagine si
è spinto ben oltre il Sistema Solare e la scia luminosa della Via
Lattea, fino alla scala del mega-parsec1 .
M
Ma non è tutto: si può fare astronomia anche senza fotoni, cioè
senza radiazione elettromagnetica. Altre particelle possono essere incluse, infatti, nella lista delle possibili sonde in grado di
trasportare informazione dalle regioni più remote dell’Universo,
seguendo l’approccio multi-messenger (multi-messaggero) della
ricerca astronomica. Tra questi nuovi messaggeri dal Cosmo, un
posto d’onore spetta ai neutrini: privi di carica elettrica e debolmente interagenti con la materia, si propagano nell’Universo senza essere deviati da campi magnetici e senza essere assorbiti, a
differenza di quello che accade a protoni, nuclei e fotoni (cfr.
Figura 1). Viaggiando quasi del tutto indisturbati per distanze
cosmologiche, i neutrini conservano l’informazione sulla direzione di provenienza (puntamento), estendendo l’orizzonte di osservabilità degli eventi e rendendo accessibili regioni dell’Universo
dense e compatte, opache alla radiazione elettromagnetica. La
neutrino-astronomia, pertanto, offre non solo complementarietà
alle osservazioni dell’astronomia tradizionale, ma permette anche
di aprire nuove possibilità di indagine, introducendo connessioni
con l’astrofisica, la cosmologia e la fisica delle particelle.
La sfida dei neutrini astrofisici
Figura 1 – Un acceleratore cosmico emette fotoni, neutrini e nuclei, ma
solo i neutrini possono attraversare distanze cosmologiche senza essere
assorbiti o deflessi. I neutrini permettono anche di indagare la natura di
oggetti densi e compatti, opachi alla radiazione elettromagnetica.
La parola chiave della moderna astronomia è multi-wavelength,
lunghezze d’onda multiple: le osservazioni astronomiche sono
eseguite su tutto lo spettro elettromagnetico, dalle radio frequenze
ai raggi gamma, utilizzando sia apparati posti sulla superficie terrestre che strumenti a bordo di satelliti e stazioni spaziali. Combinando diverse tecniche sperimentali si colleziona cosı̀ una grande
varietà di dati per ricostruire un’immagine completa e dettagliata
dell’oggetto di studio.
1
18
Il parsec (pc), pari a circa 3, 1 × 1016 m, è un’unità di misura di
distanza basata su tecniche trigonometriche, utilizzata per definire
la distanza tra la Terra e le stelle su scala galattica. Il mega-parsec
(Mpc, un milione di parsec) è invece la scala comunemente usata
per le distanze extragalattiche.
I neutrini sono le particelle più deboli del Modello Standard e la
loro probabilità di interazione con la materia è piccolissima; come se non bastasse, le previsioni teoriche suggeriscono un flusso
di neutrini astrofisici molto ridotto, che si traduce in un numero
estremamente piccolo di eventi osservabili a terra. Per la rivelazione dei neutrini astrofisici di alta energia è richiesto quindi un
volume di rivelazione dell’ordine di 1 km3 , realizzabile solo sfruttando risorse naturalmente disponibili, quali l’acqua degli oceani
o il ghiaccio delle calotte polari. Nessun laboratorio tradizionale, infatti, potrebbe contenere la massa necessaria a costituire un
bersaglio per la raccolta di un numero sufficiente di interazioni.
La principale tecnica di rivelazione adottata nei telescopi per neutrini astrofisici sfrutta il fenomeno noto come effetto Cherenkov
dal nome del suo scopritore, il fisico russo P.A. Cherenkov (19041990), vincitore del premio Nobel per la Fisica nel 1958. Il fenomeno consiste nella formazione di un’onda coerente di radiazione
elettromagnetica (luce Cherenkov) in conseguenza del passaggio
di una particella carica ultra-relativistica in un mezzo trasparente,
come l’acqua o il ghiaccio. In queste condizioni la particella si
muove più velocemente della luce nel mezzo, causando la formazione di un cono di luce, in analogia con il fenomeno dell’onda
d’urto acustica nel caso di moto supersonico. L’angolo di emis-
accastampato num. 6, Settembre 2011
IL RICERCATORE ROMANO
sopra l’apparato funge da schermo, riducendo gli eventi di fondo. Il campione di tracce up-going contiene sia neutrini atmosferici che neutrini astrofisici; la distinzione tra fondo atmosferico
e segnale astrofisico richiede, in questo caso, un’analisi statistica approfondita, che include la stima dell’energia dell’evento e
la ricostruzione della posizione della sorgente. La rivelazione dei
neutrini astrofisici costituisce quindi una sfida affascinante, sia dal
punto di vista della ricerca tecnologica, sia per quanto riguarda lo
sviluppo degli algoritmi di analisi dei dati.
c
t
n
θ
βct
ANTARES, un rivelatore in azione
Figura 2 – Schema di emissione di radiazione Cherenkov: la traiettoria della particella è indicata con una freccia rossa, quella della luce
Cherenkov con le frecce blu. Da Wikipedia.
sione della radiazione dipende dall’indice di rifrazione del mezzo n (cfr. Figura 2) e il fatto che la geometria di emissione sia
definita una volta che siano note le proprietà del mezzo permette di ricostruire le tracce delle particelle dalla distribuzione nello
spazio della luce Cherenkov emessa. Nei telescopi sottomarini,
la luce Cherenkov è raccolta per mezzo di dispositivi chiamati
fotomoltiplicatori (cfr. Figure 3 e 4).
Dal momento che la capacità di puntamento del telescopio dipende dalla corretta ricostruzione delle tracce, e quindi dalla precisa
mappatura della distribuzione della luce emessa, per ottenere una
buona risoluzione angolare è essenziale la calibrazione, in tempo
e in carica, dei sensori e la conoscenza della posizione di ciascun
fotomoltiplicatore. Nel caso di un telescopio sottomarino, in cui
gli elementi che costituiscono l’apparato sono sı̀ ancorati al fondo del mare, ma hanno una struttura semi-rigida e quindi oscillano
per effetto delle correnti sottomarine, questo significa un costante
monitoraggio, con tecniche di triangolazione acustica, della geometria del rivelatore. Le interazioni di neutrini producono proprio
particelle cariche ultra-relativistiche, che si propagano in acqua
con emissione di luce Cherenkov.
Gli algoritmi di selezione e ricostruzione di eventi devono tenere
conto della separazione del segnale dal fondo: come l’apparato
sperimentale è immerso nelle acque del mare, cosı̀ il debole segnale atteso è affogato nel rumore, dovuto sia a cause ambientali,
sia alla presenza di tracce non associabili con eventi di segnale.
Il fondo luminoso ambientale è costituito dalla radioattività naturale e da fenomeni di bioluminescenza. Per quanto riguarda la
selezione dei neutrini astrofisici, il segnale è da ricercare tra gli
eventi ricostruiti come up-going, cioè provenienti dal basso; il
fondo è costituito da neutrini e muoni atmosferici, prodotti nelle interazioni dei raggi cosmici primari con l’atmosfera. I muoni
atmosferici provengono dall’alto (down-going) e possono essere
scartati selezionando le sole tracce up-going; la massa d’acqua
La sfida lanciata dai neutrini astrofisici è stata raccolta con successo dall’esperimento ANTARES (Astronomy with a Neutrino
Telescope and Abyss Environmental RESearch), il primo telescopio per neutrini operativo nel Mar Mediterraneo. L’esperimento
è realizzato da una collaborazione internazionale che include Italia, Francia, Spagna, Germania, Marocco, Romania, Paesi Bassi
e Russia. Il rivelatore è posizionato a circa 40 km a largo di La
Seyne sur Mer (Francia), a 2500 m di profondità. È costituito da
12 linee, ciascuna composta di 25 piani con 3 fotomoltiplicatori
per piano; le linee distano l’una dall’altra ∼ 70 m e sono disposte
secondo una geometria ottagonale, con un’area di ∼ 0, 1 km2 e
sensibilità per neutrini con energia nell’intervallo 1012 ÷ 1016 eV
(cfr. Figura 3). Posizionato nell’emisfero Nord, ANTARES offre
una buona visibilità del Centro Galattico e del Piano Galattico.
Con una risoluzione angolare di ∼ 0, 3◦ per neutrini con energia
maggiore di 1 TeV, inoltre, il telescopio offre ottime potenzialità
per l’astronomia. L’esperimento è stato completato nel giugno
2008 ed è in presa dati, l’analisi dei dati è in corso. Tra i risultati più significativi dell’esperimento citiamo l’aver posto limiti
competitivi al flusso di eventi da sorgenti puntiformi e al flusso di
neutrini diffusi.
Figura 3 – Tecnica Cherenkov per la rivelazione di tracce di muoni in telescopi sottomarini. I muoni sono prodotti nelle interazioni dei neutrini,
mentre la luce Cherenkov (cono blu) è raccolta per mezzo di un reticolo
tridimensionale di fotomoltiplicatori. A destra è visibile una traccia ricostruita come proveniente dal basso e quindi interpretabile come evento
di segnale. In evidenza i fotomoltiplicatori colpiti dall’emissione di luce
Cherenkov. Da antares.in2p3.fr.
accastampato num. 6, Settembre 2011
19
IL RICERCATORE ROMANO
Un telescopio al cubo
ANTARES costituisce il primo passo della neutrino-astronomia
nel Mediterraneo. Il futuro, cioè la prossima generazione di telescopi, è rappresentato da apparati il cui volume sia dell’ordine di
1 km3 , in modo da estendere la capacità di rivelazione ai neutrini
di alta energia. L’obiettivo è realizzare nell’emisfero Nord un osservatorio complementare a IceCube, un esperimento in presa dati nei ghiacci dell’Antartide, in modo che le osservazioni dei due
telescopi offrano una completa visione del cielo (cfr. Figura 5).
Procedere da ANTARES verso il km3 implica la ricerca di nuove
soluzioni meccaniche ed elettroniche, oltre che l’individuazione
di un sito sottomarino ottimale per l’installazione, caratterizzato
da stabilità delle proprietà geologiche, oceanografiche e fisiche.
Le soluzioni esaminate devono tener conto del compromesso tra i
vantaggi, in termini di efficienza di rivelazione, e le effettive difficoltà di implementazione derivanti dall’operare sott’acqua su larga scala. Nell’ambito di questi studi, a fianco ad ANTARES sono
attive le collaborazioni NEMO (NEutrino Mediterranean Observatory) e NESTOR (Neutrino Extended Telescope with Oceanographic Research). I tre esperimenti costituiscono il Consorzio
Europeo KM3NeT, con lo scopo di unificare le diverse proposte, traendo profitto dai risultati ottenuti con i diversi esperimenti
prototipo, e di coordinare le attività in vista di un unico grande
apparato nel Mediterraneo.
Bibliografia
Sito della collaborazione ANTARES: antares.in2p3.fr
Sito della collaborazione NEMO: nemoweb.lns.infn.it
Sito della collaborazione NESTOR: www.nestor.noa.gr
Sito del consorzio europeo KM3NeT: www.km3net.org
Figura 5 – Confronto tra la visibilità dell’esperimento IceCube, posizionato al Polo Sud, e quella del futuro telescopio KM3NeT, collocato
nell’emisfero settentrionale, considerando una copertura per i soli eventi
up-going. È in evidenza la perfetta complementarità tra i due esperimenti: il telescopio nel Mediterraneo offrirà una buona visibilità del Centro
Galattico e delle principali sorgenti galattiche (in rosso, mentre in nero
sono indicate le sorgenti extra-galattiche). Da www.km3net.org.
Sito dell’esperimento IceCube: www.icecube.wisc.edu
[21] Gaisser T. et al. Particle astrophysics with high energy neutrinos. In Physics Reports, vol. 258(3):173–236 (1995)
[22] Learned J. e Mannheim K. High-energy neutrino astrophysics. In Annual Review of Nuclear and Particle Science,
vol. 50(1):679–749 (2000)
[23] Semikoz D. e Sigl G. Ultra-high energy neutrino fluxes: New
constraints and implications. In Journal of Cosmology and Astroparticle Physics, vol. 2004:003 (2004)
[24] Chiarusi T. e Spurio M. High-energy astrophysics with neutrino telescopes. In The European Physical Journal C,
vol. 65(3):649–701 (2010). URL arxiv.org/abs/0906.
2634
[25] ANTARES Collaboration. ANTARES: the first undersea neutrino telescope URL arxiv.org/abs/1104.1607
[26] ANTARES Collaboration. Search for a diffuse flux of highenergy νµ with the ANTARES neutrino telescope. In Physics Letters B, vol. 696(1-2):16–22 (2011). URL arxiv.org/abs/
1011.3772
[27] ANTARES Collaboration. First Search for Point Sources
of High Energy Cosmic Neutrinos with the ANTARES Neutrino
Telescope URL arxiv.org/abs/1108.0292
Sull’autore
Figura 4 – Nell’immagine principale, rappresentazione schematica dell’esperimento ANTARES (autore: François Montanet). In basso a destra, dettaglio di un piano di rivelazione, costituito da una tripletta di
fotomoltiplicatori (in alto), orientati in modo da rivolgere verso il basso
la superficie fotosensibile. Immagini da antares.in2p3.fr.
20
Giulia De Bonis (http://www.roma1.infn.it/
people/debonis/) ha conseguito laurea e dottorato in
Fisica presso l’Università Sapienza di Roma e al momento
è assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Fisica
della stessa Università, occupandosi dell’analisi dei dati
dell’esperimento ANTARES. I suoi interessi di ricerca
includono la neutrino-astronomia e la rivelazione di neutrini
astrofisici in ambiente sottomarino.
accastampato num. 6, Settembre 2011
I messaggeri
dell’Universo
Prime analisi congiunte tra onde gravitazionali e neutrini di alta energia
Irene Di Palma
(Max Planck Institut für Gravitationsphysik, Hannover)
astronomia multi-messaggero, utilizzando differenti tipi di sonde come fotoni, protoni, neutrini,
onde gravitazionali1 , sta aprendo nuove frontiere
per l’osservazione delle sorgenti astrofisiche più
lontane e dei più violenti fenomeni osservati nel nostro Universo.
Soprattutto neutrini e onde gravitazionali sono complementari ai
fotoni perché in grado di attraversare mezzi molto densi senza
essere assorbiti o deviati su distanze cosmologiche, trasportando informazioni dalle regioni più recondite del cosmo. Questo
inedito angolo di osservazione può permettere di scoprire nuove
sorgenti galattiche ed extragalattiche fino a ora invisibili all’astronomia convenzionale e raccogliere informazioni preziosissime riguardanti i loro processi interni. Per far ciò è cruciale richiedere
consistenza nella rivelazione di onde gravitazionali e neutrini: un
telescopio per neutrini come ANTARES è in grado di fornire in
maniera accurata la direzione e il tempo associati agli eventi di
neutrini di alte energie, mentre una rete di interferometri come
LIGO e Virgo può determinare l’informazione temporale e di posizione per i segnali impulsivi di onde gravitazionali. La sfida sta
nel combinare le conoscenze di rivelatori cosı̀ diversi.
L’
sono quelli che hanno una durata inferiore ai due secondi, mentre
quella dei long GRB si estende per più di due secondi. Si pensa che gli short GRB siano originati dalla coalescenza di binarie
di buchi neri e/o stelle di neutroni e che possano emettere onde
gravitazionali rivelabili da grandi distanze oltre a un significativo
flusso di neutrini di alta energia. Anche il caso dei long GRB è
compatibile con l’emissione di onde gravitazionali durante il collasso della stella progenitrice in rapida rotazione, evento a cui può
essere associata l’espulsione di un getto di neutrini.
Rivelatori
L’analisi congiunta che prevede l’utilizzo di onde gravitazionali
e neutrini è la sfida più recente per la nuova generazione di ri-
Sorgenti astrofisiche
Le potenziali sorgenti di onde gravitazionali e neutrini di alta
energia (E> 1 TeV) devono avere un’intensa attività impulsiva
oltre che essere estremamente energetiche. Per queste ragioni i
plausibili meccanismi di emissione includono due classi di sorgenti che potrebbero essere accessibili per l’attuale generazione
di interferometri per onde gravitazionali e di telescopi per neutrini. La prima classe è quella dei Microquasar, che si ritiene siano
sistemi stellari binari in cui un oggetto compatto accresce la propria massa catturando il materiale espulso dalla stella compagna,
riemettendolo sotto forma di getti relativistici associati a intensi
flash. Questi oggetti possono generare onde gravitazionali sia durante la fase di accrescimento che quella di espulsione, mentre i
neutrini di alta energia sarebbero emessi durante l’espulsione dei
getti. I Gamma-Ray Bursts (GRB) sono l’altra promettente classe di sorgenti da cui ci si aspetta un flusso di neutrini di energia
compresa tra 105 e 1010 GeV. Si tratta di intensi flash di fotoni
associati a esplosioni estremamente energetiche osservate in galassie distanti e si dividono in due sottogruppi: gli short GRB
1
Increspature dello spazio-tempo che si propagano come un’onda.
Sono state predette da Einstein nel 1916 e sono diretta conseguenza
della sua Teoria della Relatività Generale.
Figura 1 – Formazione di short e long Gamma-Ray Bursts a partire dalle
loro più probabili sorgenti astronomiche. Da 3dastronomer.com.
accastampato num. 6, Settembre 2011
21
IL RICERCATORE ROMANO
velatori. ANTARES (Astronomy with a Neutrino Telescope and
Abyss environmental RESearch) è il più grande telescopio sottomarino per neutrini dell’emisfero boreale ed è operativo al pieno delle sue potenzialità dal Giugno 2008. Si trova a una profondità di circa 2500 metri nel Mar Mediterraneo, di fronte alle
coste di Tolone. La configurazione prevede 12 linee o stringhe,
su ognuna delle quali sono montate 25 triplette di moduli ottici
distribuiti regolarmente lungo 350 metri. La prima linea è posizionata a una distanza di 100 metri dal fondale marino. L’idea è
usare la Terra come uno scudo contro tutte le particelle eccetto i
neutrini, che interagiscono pochissimo con la materia ordinaria.
I rivelatori di onde gravitazionali Virgo e LIGO (Laser Interferometer Gravitational Wave Observatory) sono invece
interferometri costituiti da due
bracci orientati a circa 90◦ l’uno dall’altro. LIGO, il cui
schema è riprodotto qui accanto, utilizza tre di questi rivelatori
collocati in due siti differenti: un osservatorio è a Hanford, vicino Washington, e ospita due interferometri co-locati, uno con
bracci di 4 km chiamato H1 e l’altro con una lunghezza di 2 km
chiamato H2. Il secondo osservatorio si trova a Livingston, in
Lousiana, dove c’è l’interferometro L1 con bracci di 4 km. Virgo
è invece il rivelatore dell’Osservatorio Europeo di Onde Gravitazionali, ubicato a Cascina, vicino Pisa, con bracci della lunghezza
di 3 km. Grazie all’interferometria laser si misura il tempo che la
luce impiega per rimbalzare avanti e indietro tra gli specchi presenti nei bracci prima di giungere sul rivelatore di luce chiamato
fotodiodo. Data l’identica estensione dei bracci non si dovrebbe
registrare nessuna differenza nei tempi di percorrenza della luce, a
meno che non si sia verificato il passaggio di un’onda gravitazionale che, distorcendo il locale tessuto spazio-temporale, modifica
in maniera diversa la lunghezza dei due bracci. La misura di tale
spostamento infinitesimale degli specchi è proporzionale all’ampiezza dell’onda gravitazionale che lo ha prodotto. La presenza
di molteplici rivelatori in diverse posizioni geografiche è cruciale
per eliminare problemi strumentali e anomalie nei dati quando si
vuole condurre un’analisi in coincidenza (cfr. Figura 2).
massa
di test
massa
di test
fasc
massa
di test
massa
di test
io d
i luc
e
beam
splitter
sorgente
laser
Figura 2 – Posizione dei diversi rivelatori coinvolti nell’analisi.
photo
detector
i dati degli eventi associati alle onde gravitazionali in una finestra
temporale dell’ordine di circa mille secondi intorno al tempo del
neutrino e nella stessa posizione in cielo. Cosı̀ facendo si migliora la sensibilità dell’analisi per cercare eventi in coincidenza nei
dati di onde gravitazionali utilizzando l’informazione degli eventi di neutrini. Coincidenze accidentali in tempo e posizione in
cielo sono molto poco probabili, quindi se una coincidenza venisse osservata questa costituirebbe una solida evidenza che le onde
gravitazionali e i neutrini di alta energia sono stati osservati e che
sono stati originati dalla medesima sorgente.
Bibliografia
Sito dell’esperimento LIGO: www.ligo.caltech.edu
Sito dell’esperimento Virgo: wwwcascina.virgo.infn.it
[28] Pradier T. Coincidences between Gravitational Wave Interferometers and High Energy Neutrino Telescopes. In arXiv (lug.
2008). URL http://arxiv.org/abs/0807.2562
[29] Baret B. et al.
Bounding the Time Delay between
High-energy Neutrinos and Gravitational-wave Transients from
Gamma-ray Bursts. In Astroparticle Physics, pp. 1–7 (gen. 2011).
URL http://arxiv.org/abs/1101.4669
Analisi in coincidenza
Sull’autore
Gli interferometri di onde gravitazionali e i telescopi per neutrini
condividono la sfida di ricercare segnali deboli e rari nascosti tra
abbondanti eventi di rumore. L’analisi congiunta tra questi due
messaggeri prevede l’utilizzo di una lista di eventi di neutrini in
cui siano specificate le informazioni inerenti al tempo di arrivo e
alla posizione in cielo con i relativi errori. Ogni evento di tale lista
è ottenuto utilizzando uno specifico algoritmo di ricostruzione per
minimizzare le fonti di rumore ed evitare di includere falsi positivi. Utilizzando le informazioni della lista di neutrini si analizzano
22
Irene Di Palma ([email protected]) ha conseguito la laurea triennale in Astronomia e Astrofisica presso l’Università Sapienza di Roma con una tesi sperimentale sulle ottiche di Virgo e la laurea specialistica con l’analisi dei
dati da sorgenti puntiformi per ANTARES. Ora è dottoranda per la collaborazione LIGO al Max Planck Institut für
Gravitationsphysik, presso l’Albert Einstein Institut.
accastampato num. 6, Settembre 2011
RECENSIONI
Scienza Express
C OPERTINE
Leggere è un diritto nella società della conoscenza. Le questioni scientifiche, mediche e tecnologiche
sono al centro del dibattito democratico. Nonostante questo, la distanza dei cittadini dalla lettura e
dalle scienze è grande. Scienza express si propone di contribuire a ridurla.
Comincia cosı̀ il manifesto programmatico di una delle più interessanti novità del mondo dell’editoria
scientifica italiana. In un periodo storico in cui si discute incessantemente di crisi del mercato del libro
e si rincorrono le voci di una prossima, possibile morte del libro stesso, da qualche parte anche nel
nostro Paese, che non ha mai brillato né nell’ambito della lettura, né in quello della cultura scientifica,
emerge un briciolo di coraggio e nasce una nuova casa editrice di respiro nazionale tutta votata alla
scienza: Scienza Express. Questo primo anno di attività ha per ora visto un catalogo di undici libri con
stili e di generi molto diversi e nessuno di essi è realmente in tema con questo numero di Accastampato.
Tra tanti neutrini, però, volgere lo sguardo sul resto dello sfaccettato mondo della scienza non può che
essere utile per mettere tutto nella giusta prospettiva.
La blogosfera scientifica italiana è discretamente ampia e articolata, sempre più ricca di proposte
e idee: un esempio recentissimo è l’iniziativa di Moreno Colaiacovo (mygenomix.wordpress.
com) che punta a collegare blogger scientifici e ricercatori rigorosamente giovani per costruire una rete
di scrittori di scienza che si faccia vedere e sentire più efficacemente. Tra i blogger più conosciuti e
apprezzati c’è senz’altro Marco Fulvio Barozzi, in arte Popinga (keespopinga.blogspot.com),
insegnante di matematica e poeta con pochi fronzoli, che semplicemente ama raccontare la scienza per
versi e rime. Giovanni Keplero aveva un gatto nero è una divertente e leggera raccolta di limerick,
breve forma poetica inglese caratterizzata da contenuti umoristici o nonsense, tutti dedicati alla fisica,
alla matematica, alle forze fondamentali, alla didattica: un modo diverso di accostarsi alla scienza o
di ritrovare concetti ben noti espressi con parole e forme nuove.
Meno originale è forse la forma del dialogo per argomentare e insegnare, ma Roberto Zanasi è abile a
intessere un botta e risposta serrato tra un immaginario e paziente maestro e un altrettanto immaginario, ma questa volta tanto curioso quanto irritante, discepolo sulla matematica e i suoi fondamenti, in
Verso l’infinito ma con calma. Non per tutti i concetti l’espediente narrativo funziona al meglio, ma
sicuramente va dato merito al bellissimo titolo del volume.
Rimanendo nell’ambito della didattica alternativa, i ragazzi dell’associazione Tecnoscienza.it si cimentano invece in un compito senza dubbio difficile, ma di indubbio fascino e importanza: mostrare
e spiegare il metodo scientifico ai bambini più piccoli, quelli delle scuole materne. In Facciamo che
eravamo scienziati si susseguono dodici coinvolgenti esperimenti pensati e raccontati proprio per i
più piccoli a partire dalle due domande portanti dell’introduzione: “Che lingua parla la scienza?” e
“Che lingua parlano i bambini?”. Uno strumento prezioso per gli insegnanti e i genitori più attenti.
Tornando ai giovani ricercatori e comunicatori italiani, ma spostandosi sulla narrativa pura, Paolo
Magionami, giovane fisico di Perugia, affronta invece in La spia che veniva dal baseball alcune delle
questioni più spinose della fisica moderna, ambientando una storia d’intrighi e riflessioni sul rapporto
tra scienza e società negli anni della Seconda Guerra Mondiale.
Questo primo assaggio di Scienza Express fornisce un’idea chiara dell’impostazione editoriale adottata e mostra subito i suoi punti di forza e di possibile debolezza. Leggendo questi quattro libri,
molto diversi tra loro per stile e obiettivi, è inevitabile (e piacevole) sentire quel sapore di pura sperimentazione, condita da un pizzico di amatorialità e adagiata su di un letto di infinita passione per la
scienza.
I N BREVE
Titolo
Autore
Anno
Pagine
Prezzo
ISBN
Titolo
Autore
Anno
Pagine
Prezzo
ISBN
Titolo
A cura
Anno
Pagine
Prezzo
ISBN
Titolo
Autore
Anno
Pagine
Prezzo
ISBN
E DITORE
Alessio Cimarelli
(Responsabile della comunicazione del Laboratorio Europeo
di Spettroscopia Non-lineare di Sesto Fiorentino)
accastampato num. 6, Settembre 2011
Giovanni Keplero aveva un gatto nero
Matematica e fisica in
versi
Marco Fulvio Barozzi
2011
150
9.00 e
978-88-96973-02-8
Verso l’infinito ma con
calma
Un dialogo su matematica, insiemi e numeri
Roberto Zanasi
2011
144
12.00 e
978-88-96973-00-4
Facciamo che eravamo
scienziati
Esperimenti divertenti,
colorati e semplici, da
fare a casa e a scuola
con i bambini dai 3 ai 6
anni
Associazione
Tecnoscienza.it
2011
82
16.00 e
978-88-96973-10-3
La spia che veniva dal
baseball
Paolo Magionami
2011
230
16.00 e
978-88-96973-11-0
RICERCATORI...
GENTE CHE LASCIA IL SEGNO.
NOTTE EUROPEA DEI RICERCATORI - VENERDÌ 23 SETTEMBRE 2011 - A FRASCATI
Sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica
In collaborazione con
COMUNE DI GROTTAFERRATA
Con il patrocinio di
Comune di Monteporzio
Catone
Con la partecipazione di
PaPress•
Partners