Assaggio - Sillabe, casa editrice
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Assaggio - Sillabe, casa editrice
Nelle antiche cucine Villa medicea di Poggio a Caiano Nelle antiche cucine a cura di Maria Matilde Simari sillabe Villa medicea di Poggio a Caiano Nelle antiche cucine 4 luglio - 25 ottobre 2015 Istituzioni ed Enti promotori Segretariato Regionale del Ministero dei beni e le attività culturali e del turismo della Toscana Segretario Paola Grifoni Polo museale regionale della Toscana Direttore Stefano Casciu Villa medicea di Poggio a Caiano Direttrice Maria Matilde Simari Direzione della mostra Maria Matilde Simari Curatela e progetto scientifico della mostra Maria Matilde Simari Comitato scientifico Cristina Acidini Stefano Casciu Elena Fumagalli Mina Gregori Maria Matilde Simari Rossella Vodret Segreteria scientifica Anna Floridia Segreteria Opera Laboratori fiorentini – Civita Group, Silvia Cresti, Chiara del Prete Ufficio mostre Sabrina Brogelli, Monica Fiorini Gabinetto fotografico Marilena Tamassia con Susi Piovanelli Direzione amministrativa e del personale Silvia Sicuranza con Silvio Daddioli e Patrizia Passeri Coordinamento personale di vigilanza Gianna Maggi e Giuseppe Salvadore Verifica conservativa delle opere in mostra Marina Ginanni e Elena Prandi Trasporti L’Arternativa Fine Art, Firenze Progetto di allestimento Maria Cristina Valenti Coordinamento tecnico Opera Laboratori Fiorentini – Civita Group, Sergio Gensini Collaborazione tecnica e organizzativa Maurizio Catolfi, Alessandra Di Curzio Realizzazione dell’allestimento Opera Laboratori Fiorentini – Civita Group Andrea Vannetti illuminazioni Produzione e gestione della mostra Opera Laboratori Fiorentini – Civita Group Comunicazione a cura di Opera Laboratori Fiorentini – Civita Group Coordinamento comunicazione e relazioni esterne Opera Laboratori Fiorentini – Civita Group Mariella Becherini Ufficio Stampa Opera Laboratori Fiorentini – Civita Group Salvatore La Spina Barbara Izzo e Arianna Diana – Civita Prestatori Castenaso (Bologna): Collezione Molinari Pradelli Fano: Quadreria della Collezione della Cassa di Risparmio Fano Firenze: Accademia della Crusca; ASP Firenze Montedomini; Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze; Cenacolo di Andrea del Sarto; Collezione privata; Collezione Romano; Galleria Corsini; Galleria d’arte moderna; Galleria degli Uffizi; Galleria Palatina; Museo Civico Stefano Bardini; Museo Horne; Museo Nazionale del Bargello; Soprintendenza Archeologia della Toscana; Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio per le Province di Firenze, Pistoia e Prato Imola: Fondazione Cassa di Risparmio di Imola Milano: Collezione privata Pesaro: Musei Civici di Pesaro Restauri e manutenzioni delle opere Firenze, Accademia della Crusca: Pala del Gramolato, cat. n. 21, Pala del Grattugiato, cat. n. 22, restauro di Lo Studiolo Firenze, Galleria Palatina: Il cuoco con un pollo spennato, cat. n. 27, Scena di vita domestica in una cucina, cat. n. 13, Cucina rustica, cat. n. 14, Scena domestica, cat. n. 15, manutenzioni di L’Atelier restauri Firenze, Museo di Casa Martelli: Inverno – Interno di cucina, cat. n. 2, restauro di Lucia Biondi Firenze, Museo Horne: Due coltelli, cat. nn. 22-23, manutenzione di Paolo Belluzzo Firenze, Soprintendenza Archeologia della Toscana: Ceramiche invetriate, cat. nn. 41, 42, 43, 50, 51, restauro di Araxi Mazzoni Pesaro, Musei Civici: Pollarola, cat. n. 40, restauro Isidoro e Matteo Bacchiocca & C.S.a.s. Restauro - Conservazione dei Beni Culturali. Presentazione Stefano Casciu 9 Le cucine a Poggio a Caiano: tra cucine storiche e cucine dipinte Maria Matilde Simari 11 Le cucine di Palazzo Pitti Laura Baldini 27 La cucina nella casa abitata: l’organizzazione di uno spazio di lavoro Claudio Paolini 35 Cibi freschi e “bere freddo” alla corte dei Medici. Testimonianze storiche e artistiche Cristina Acidini 47 La pittura di cucine: successo di un genere tra Fiandra e Italia Alberto Cottino 57 Un microcosmo di cuochi e ricettari Maria Pia Mannini 67 Catalogo Cucine Cuochi Dispense 75 77 115 167 Le tavole didattiche del celebre cuoco “segreto” Bartolomeo Scappi 209 Bibliografia 224 Nel progettare e realizzare il Museo della Natura Morta nella Villa di Poggio a Caiano, inaugurato nel 2007, il suo allestimento nella grandiosa villa voluta da Lorenzo de’ Medici e una delle preferite dal Cinquecento in poi dai Granduchi Medici e Lorena, nonché dai Savoia per il breve periodo di Firenze capitale, è stato ritenuto sin dall’inizio un valore aggiunto. Gli spazi della villa non solo si prestavano perfettamente ad accogliere la numerosa raccolta di dipinti (sino ad allora conservati nei depositi e in origine spesso collocati proprio nelle ville) raffiguranti oggetti in posa ed elementi della natura e che erano stati collezionati soprattutto dai Medici a partire dalla fine del Cinquecento e per tutto il Sei-Settecento, ma offrivano anche un contesto perfetto per rievocare e amplificare l’eco di molti dei soggetti dipinti, legati all’illustrazione di fiori, piante e animali, alla caccia e, strettamente legate a quest’ultima, alle attività che si svolgevano quotidianamente nelle cucine e nelle dispense dei nobili palazzi e delle dimore di città e di campagna. Per tutti questi motivi l’iniziativa della mostra “Nelle antiche cucine”, promossa e realizzata da Maria Matilde Simari con grande impegno, profuso anche per superare le molte difficoltà organizzative che si sono via via presentate, si inserisce perfettamente in quel percorso di valorizzazione della villa e delle sue raccolte che procede da anni e che riscontra un vasto interesse da parte del pubblico. La mostra si configura in realtà come un ampio e articolato progetto di valorizzazione generale del monumento e delle sue collezioni museali. Si sviluppa infatti come percorso all’interno del Museo della Natura Morta, focalizzando molte opere già esposte nelle quali sono raffigurate scene di cucina, dispense o vari tipi di cibo, ed esponendo in aggiunta ad esse molti altri dipinti e oggetti legati al tema, ottenuti in prestito da altri musei e istituzioni culturali, che ringrazio per la generosità e la disponibilità. Motivo di particolare interesse e novità è però l’eccezionale riapertura, dopo un necessario riordino e in attesa di un restauro complessivo, delle antiche cucine segrete della villa, ambienti risalenti ai primi decenni del Seicento e ricchi di un fascino ancora intatto. Visitando questi spazi meravigliosi sarà possibile rievocare, almeno con la fantasia aiutata dalle immagini dei dipinti in mostra e dagli oggetti esposti, la frenetica attività quotidiana che si svolgeva al servizio della corte medicea sin dal tempo del granduca Cosimo II, quando l’edificio, noto come “Cucinone”, fu costruito secondo il progetto dell’architetto Gherardo Mechini. L’occasione di accedere a questo luogo è unica, ed è ulteriormente interessante e preziosa sapendo che anche a Palazzo Pitti, dall’inizio del mese di giugno, è aperto alle visite l’antico Cucinone restaurato e nuovamente allestito. Non solo quindi le fastose sale della reggia e delle ville, e le loro splendide collezioni d’arte, ma anche gli spazi della vita quotidiana, non meno affascinanti e ricchi di stimoli per la curiosità e per la conoscenza della storia di queste nobili dimore. Come è noto, la Villa di Poggio a Caiano fa parte dal 2013, con le altre Ville medicee, del patrimonio Unesco, e dal 2015 è uno dei siti del nuovo Polo museale regionale della Toscana. In questo nuovo contesto tutte le iniziative volte alla sua valorizzazione potranno trovare ulteriore sviluppo e maggiore risonanza, in collegamento anche con gli altri luoghi medicei e in generale col sistema museale toscano. Ringrazio quindi la direttrice Maria Matilde Simari per aver ideato e realizzato questa bella iniziativa, l’architetto Cristina Valenti per il lavoro fatto per la riapertura delle cucine e per l’allestimento della mostra, Opera Laboratori Fiorentini – Civita Group che ha prodotto e gestito la mostra, e con loro tutti gli autori del bel catalogo, che offre saggi e schede di grande interesse sul tema delle antiche cucine e del cibo e sulla pittura di natura morta, e in generale tutti coloro che hanno collaborato alla realizzazione di questo evento, che potrà interessare un vasto pubblico anche per il suo collegamento con l’Expo 2015. Stefano Casciu Direttore del Polo Museale regionale della Toscana 9 Le cucine a Poggio a Caiano: tra cucine storiche e cucine dipinte Maria Matilde Simari Sul versante occidentale della Villa medicea di Poggio a Caiano la massa rettangolare di un edificio su due piani appare ben poco visibile allo sguardo del visitatore che inevitabilmente si indirizza all’imponente costruzione sopraelevata della villa ideata da Giuliano da Sangallo (fig. 1). Leggermente affossata rispetto al piano su cui si erge la villa e seminascosta da un muretto di cinta che delimita il largo prato aperto sul lato ovest del loggiato, questa struttura, che è vasta pur apparendo piccola rispetto all’edificio principale, contiene tuttora al suo interno ambienti che sono stati essenziali per la vita quotidiana della corte granducale a partire dal 1619-1620. Qui infatti si articolavano le antiche cucine granducali medicee rimaste attive e in funzione anche per tutto il periodo lorenese e oltre1. La struttura all’esterno si presenta semplice nella sua forma regolare, un parallelepipedo che al suo interno si apre nel senso della lunghezza su di un cortile. Se l’ala situata sul lato est del cortile è stata al suo interno completamente ristrutturata e modificata perdendo le caratteristiche antiche, il corpo opposto ha invece conservato gli spazi originali suddivisi in ambienti ampi dalle sorprendenti altezze che arrivano sino a 8 metri e stanze piccole con scalette di collegamento. Dall’interno della villa vi si accede percorrendo un lungo corridoio che si diparte dal criptoportico, gli immensi sotterranei che corrispondono ai loggiati esterni e che costituiscono una delle sue peculiarità architettoniche. Questo corridoio è in realtà una galleria seminterrata in leggera pendenza che si allunga per ben 35 metri, coperta da una volta a botte ribassata e illuminata da cinque alti finestroni. Altri ingressi consentivano di accedere alle cucine: un ampio varco esterno (ora chiuso da una cancellata) che è in collegamento con lo spazio tenuto a prato (lato ovest), e ancora piccoli varchi e scalette in comunicazione con l’esterno. L’articolazione e la vastità degli spazi, i collegamenti, le diverse vie di accesso già fanno capire che si entra in un organismo complesso progettato per ospitare una comunità numerosa e diversificata nei compiti assegnati. Una visione complessiva del grande corpo staccato delle cucine seicentesche si può avere dal secondo piano della villa guardando da alcune delle finestre del Museo 11 1-2. Villa medicea di Poggio a Caiano, veduta generale e veduta dell’edificio delle cucine dal secondo piano della villa. Catalogo 75 1 Bottega di Francesco Bassano (Bassano del Grappa, 1549-Venezia, 1592) Cristo in casa di Marta, Maria e Lazzaro 1576-1577 Olio su tela, cm 81 × 116 Firenze, Galleria Palatina, inv. Palatina 1912 n. 236 78 Si tratta di una delle numerose repliche di questo fortunato soggetto, il cui prototipo risale alla tarda produzione di Jacopo Bassano, in un periodo di stretta collaborazione col figlio maggiore Francesco (Houston, Sarah Campbell Blaffer Foundation). Oltre all’esemplare della Palatina, ricordato nel 1723 nell’appartamento di Violante di Baviera con l’attribuzione a Francesco o Girolamo Bassano, del Cristo in casa di Marta conosciamo diverse versioni, tra le quali una delle Gallerie Fiorentine (inv. 1890 n. 542) e altre a Kassel (Gemäldegalerie), San Pietroburgo (Ermitage) e Greenville (Bob Jones University Art Gallery). Infatti, a partire dal 1576 circa, i due Bassano si cimentano in questo tipo di composizioni seriali di formato medio, poi ampiamente divulgate dalla bottega bassanesca e particolarmente apprezzate dai collezionisti specialmente veneziani. In questo repertorio religioso-pastorale, i temi biblici, del Vecchio o del Nuovo Testamento, sono trattati come scene di genere, secondo un procedimento di inversione gerarchica già ampiamente sperimentato da pittori fiamminghi, quali Marten van Cleef e soprattutto Pieter Aertsen, inventore, poco dopo la metà del secolo, delle serie delle Cucine e dei Mercati. L’episodio di Cristo ospitato dalle sorelle Maria e Marta (Luca 10, 38-42; per l’errata interpretazione del passo evangelico, vedi Aikema 1996, nota 110, p. 195), è ambientato, senza soluzione di continuità tra interno ed esterno, tra un cortile e una vivace cucina rustica aperta su un ampio paesaggio al tramonto e perfettamente attrezzata con suppellettili di vario genere. Sulla destra, disposta a mo’ di quinta teatrale, una parete in tralice, con l’alzata coi piatti in ceramica bene in vista e i secchi di rame appesi insieme al pollame ivi collocato per la frollatura, ci introduce alla mensa indicata da Marta a Cristo e ai due apostoli che lo accompagnano. Sulla tavola è disposto un pasto frugale, con pietanze e oggetti forse allusivi all’Eucarestia, come la brocca e il calice con il vino, la pagnotta e l’uva (qui assente, ma presente in altre redazioni dello stesso soggetto) e i tovaglioli simili a paramenti liturgici che segnano il posto vuoto destinato a Gesù. In primo piano, Martilla, cuoca di Marta, è affaccendata presso il grande focolare, intenta a versare nella scodella una zuppa appena cotta, destinata al corpulento avventore seduto. Quest’ultimo, colto nell’atto di affettare una salsiccia nel piatto mentre è in attesa di essere servito, potrebbe alludere, per l’interesse esclusivo verso il cibo, alla bassezza della vita materiale rispetto ai valori spirituali portati da Cristo. Tale interpretazione sembra plausibile, specie se confrontata con un quadro di soggetto analogo dipinto pochi anni prima da Aertsen (Rotterdam, Museum Boijmans Van Beuningen), da leggere, grazie a un’iscrizione sulla tela tratta dal Vangelo di Luca, come un preciso invito a seguire l’esempio virtuoso di Maria, simbolo della vita contemplativa, scegliendo la parte migliore dell’esistenza umana, ovvero la parola di Gesù, in contrapposizione a Marta, che invece predilige la vita attiva, tanto da rimproverare la sorella per il mancato aiuto nei lavori domestici. In questo ambito moralizzante, la distesa di animali (pesci e volatili) disposti in primo piano, secondo uno schema tipicamente fiammingo, sembra una traduzione visiva del concetto di voluptas carnis, in contrapposizione con l’episodio cristologico relegato in secondo piano sulla sinistra. Tuttavia, se da un lato le ricche esposizioni di vettovaglie sottolineano il significato di monito contro gli appetiti carnali e mondani, nemici di una condotta di vita virtuosa improntata alla fede, dall’altro tali rappresentazioni di cose naturali o animali acquisteranno un ruolo sempre più svincolato dal contesto narrativo e dunque fondamentale per lo sviluppo autonomo del genere dalla natura morta. Elena Marconi Bibliografia: Arslan 1931, I, p. 195 (con bibliografia precedente); Rearick 1968, pp. 245-246; L.A. Vinco da Sesso, in Bassano del Grappa 1992, n. 61, pp. 164-165; Aikema 1996, pp. 105-109; E. Fumagalli, in Firenze 1998, n. 17, pp. 58-59; F. Paliaga, in Colorno 2000, n. 5, p. 95; S. Padovani, in Chiarini, Padovani 2003, pp. 24-25 n. 90. 79 33 Raffello di Simone del Voglia (Pistoia) Stampo per cialde con stemma Datato 1582 Ferro battuto e inciso, diametro cm 17, lunghezza cm 79 Provenienza: già presente al Museo Nazionale del Bargello di Firenze nel 1879 Firenze, Museo Nazionale del Bargello, inv. n. 33 Ferri battuti 144 Nei due piatti, entro un medaglione delimitato da una ghirlanda di foglie, è inciso un emblema nobiliare con albero nodrito su monte a sei cime (Panuzzi o Bindi di Firenze?). Sui due lunghi manici sono impresse la data (1582) e il nome dell’artefice: “maestro rafaello di simone del voglia da pistoia”. Nella fascia sul bordo quattro coppie di figure alate sorreggono altrettanti anelli diamantati; all’interno di tre di questi sono incise le probabili iniziali di uno o più nomi mentre nell’anello in alto compare uno stemma nobiliare (Fabroni di Firenze?). La presenza di due diverse armi gentilizie sullo stesso ferro potrebbe indicare che si tratti di un omaggio, una prassi attestata per occasioni speciali (matrimoni, alleanze ecc.). Proprio l’area pistoiese (soprattutto Lamporecchio) vanta già dal Rinascimento una tradizione nella produzione di cialde sia per le funzioni religiose che per festeggiamenti. Marino Marini Bibliografia: Fascetti 1997, p. 27. 145 Le tavole didattiche del celebre cuoco “segreto” Bartolomeo Scappi Il nome di Bartolomeo Scappi ricorre più volte in questo volume dedicato alle cucine e alla pittura di cucine e due edizioni della sua famosa Opera, suddivisa in sei libri, sono esposte in mostra (vedi scheda n. 30 di Maria Pia Mannini). Grande cuoco al servizio di illustri cardinali prima a Venezia, poi a Roma, entrò nel 1564 al servizio di papa Pio IV come suo cuoco “segreto” cioè privato, incarico confermatogli dal successore Pio V. Nel 1570, regnante appunto papa Pio V, fu pubblicata la prima edizione del suo trattato che toccava i più svariati temi connessi alla cucina e alle tecniche culinarie con manifesti intenti didattici giacché lo Scappi si rivolge idealmente al suo giovane discepolo Giovanni che intende ammaestrare acciò che raggiunga la perfezione nella professione di cuoco. Si riproducono qui di seguito tutte le ventisette incisioni che arricchiscono il trattato dello Scappi e illustrano in modo dettagliato gli ambienti e l’organizzazione delle cucine signorili degli ultimi decenni del Cinquecento e la prima metà del Seicento. La “Cucina principale” (tavola VI) mostra quanto indispensabile per uno spazio ben attrezzato: il “banco”, diversi tavoli da lavoro e quello per predisporre le vivande “per imbandire”, la “colonna col mortaio” e il “murello per le pignatte” ovvero i fornelli, l’“ordegno” dove infilare i coltelli, una serie di mensole e nicchie, senza dimenticare la “lucerna” per illuminare gli ambienti solitamente alti e bui e l’indicazione di “un camerino per lì garzoni” adiacente la cucina. Annesso alla cucina vi è un luogo fresco “dove si lavorerà il latte” (tavola XVI) con la raffigurazione di tre garzoni dotati di cappelli e grembiuloni all’opera con i loro strumenti per preparare vari tipi di caci e creme. Altro ambiente è quello della “loggia” (tavola XX), uno spazio aperto dove si lavora all’affilatura dei coltelli, al lavaggio delle stoviglie e si dispongono le carni appena macellate o “il vaglio” con i pesci vivi. La struttura di una “cucina fatta a campana” è illustrata alla tavola XXI: su di un alto basamento di mattoni si innalza il luogo del focolare sovrastato da una grossa cappa circolare dotata di “molinelli da fumo” per l’areazione, e di grossi spiedi di varie dimensioni. All’organizzazione di una cucina all’aperto è dedicata invece la tavola IIII, col necessario corredo di pignatte e calderoni, ceste per le stoviglie (chiamate anche “cornute”) e una provvidenziale tenda a coprire il focolare provvisorio. Diverse incisioni spiegano come organizzarsi per trasportare durante i viaggi strumenti e vivande usando un’apposita sella dotata di molte tasche (tavola XIX) o ceste coperte da reti “per portar masseritie” (tavola X). L’illustrazione degli strumenti per cucinare occupano poi numerose tavole dove le attrezzature sono accompagnate dall’esatta nomenclatura, si potrà così capire la conformazione delle diverse pentole: “navicelle”, “stufatori”, “conserve” e padelle “per fare ovi frittolati” (tavola XV). I coltelli e gli strumenti da pasta sono elencati con cura in base alla funzione: ci sono i coltelli per battere, quelli per smembrare, quelli per raschiare e ancora i coltelli da torta, da pasta e dei piccoli coltelli chiamati “ostreghine” con la punta uncinata. Ciascuna delle ventisette tavole ci fornisce, dunque, informazioni curiose e interessanti su quanto doveva conoscere e saper usare un cuoco provetto che voleva raggiungere i vertici della sua arte. 209 210 Tav. I. Tav. II.